la vecchia roghudi tra grecita' e ricostruzione - Joint.Longoservice.It
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“LA VECCHIA ROGHUDI TRA GRECITA’ E RICOSTRUZIONE”<br />
Comune di Roghudi<br />
Via: Roma-tel.0965.789140-fax.0965.771327.<br />
Internet: http://www.comunedi<strong>roghudi</strong>.it<br />
Dove<br />
Regione Ca<strong>la</strong>bria<br />
Provincia<br />
Reggio Ca<strong>la</strong>bria<br />
(RC)<br />
Zona <strong>It</strong>alia Meridionale<br />
Popo<strong>la</strong>zione Residente<br />
Totale 1.376<br />
Densità per Kmq 37,7<br />
Maschi 707<br />
Femmine 669<br />
Varie<br />
Numero Famiglie 533<br />
Numero<br />
Abitazioni 842<br />
Denominazione<br />
Abitanti roghudesi<br />
MAPPA STRADALE.<br />
Utili Link<br />
Tel. e fax- 0965-771119.<br />
Codici<br />
CAP 89060<br />
Prefisso<br />
Telefonico 0965<br />
Codice<br />
Istat 080068<br />
Codice<br />
Catasto H489<br />
1
Il termine Roghudi deriva dal greco Richùdi e significa “rupestre”, come si volesse<br />
indicare l’ambiente in cui è stato costruito.<br />
La <strong>vecchia</strong><br />
Roghudi sorge su<br />
uno sperone<br />
roccioso che come<br />
un’iso<strong>la</strong> si innalza<br />
sulle bianche<br />
ghiaie<br />
dell’immenso letto<br />
del<strong>la</strong> fiumara<br />
Amendolea .<br />
Tutto l’abitato è in<br />
posizione precaria<br />
,con le case<br />
edificate sull’orlo<br />
di precipizi,<br />
sovrastato dalle grandi masse del Monte Cavallo ,il quale raggiunge i 1331 metri<br />
di altezza. Nel 1084 apparteneva al feudo di Bova ma verso <strong>la</strong> fine del XII° secolo<br />
passò a far parte dello Stato dell’Amendolea.<br />
Nel 1624 dal Casato<br />
dei Mendoza veniva<br />
venduto ai Ruffo di<br />
Scil<strong>la</strong> rimanendo<br />
sotto il loro dominio<br />
sino al 1806. Vi si<br />
arriva partendo da<br />
Melito Porto Salvo<br />
dirigendo verso<br />
Roccaforte del<br />
Greco e superando<br />
questa ultima ,con<br />
una discesa di altri 8<br />
Km , <strong>la</strong> distanza<br />
complessiva è di 38<br />
Km.<br />
Un posto, <strong>la</strong> <strong>vecchia</strong> Roghudi, dove a quattro anni si incominciava ad apprendere<br />
l’arte del<strong>la</strong> pastorizia e dell’agricoltura ,sacrificando le possibilità di crescita<br />
culturale che si potevano apprendere a scuo<strong>la</strong>.<br />
Solo i corsi serali organizzati dagli insegnanti del tempo ,permettevano di superare<br />
solo in parte ,lo stato di analfabetismo in cui si trovava <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione rogudese.<br />
In paese si par<strong>la</strong>va il greco,una lingua che ha mantenuto <strong>la</strong> sua vitalità anche se le<br />
zone sono state oggetto di diverse culture (Greca,Romana,Bizantina e Latina),<br />
2
di diverse occupazioni e di molte influenze.<br />
Questa vitalità è stata persa da alcuni decenni rimanendo confinata in paesi di<br />
montagna dove <strong>la</strong> comunicazione era molto difficile ed i mezzi per poter<strong>la</strong> far<br />
crescere erano notevolmente scarsi.<br />
GHORIO DI ROGHUDI:Poco distante da Roghudi si trova <strong>la</strong> frazione di<br />
Ghorio ,un piccolo nucleo di case ormai anch’esse abbandonate.<br />
Da Ghorio è possibile scorgere un grosso masso con delle groppe”<strong>la</strong> Rocca tu Dracu”<br />
che secondo <strong>la</strong> leggenda le groppe paragonate a delle piccole caldaie<br />
“Caddareddhi”,servivano al nutrimento del drago,custode di un tesoro.<br />
“La leggenda”.<br />
Il drago, oltre ad essere cieco era custode di un tesoro, il quale veniva assegnato,<br />
a chi riusciva a superare una prova di coraggio.<br />
La prova consisteva nel sacrificio di tre esseri viventi di sesso maschile:<br />
un bambino appena nato,un capretto e un gatto nero ,senza nemmeno un pelo bianco.<br />
Per secoli nessuno si sognò di sfidare il drago, fino al giorno in cui in paese nacque<br />
un bambino malformato, l’ostetrica lo avvolse in un panno e lo consegnò a due<br />
uomini perché se ne sbarazzassero .<br />
Ma costoro vedendosi <strong>tra</strong> le mani quel<strong>la</strong> povera creatura si ricordarono del<strong>la</strong> leggenda<br />
e lestamente si procurarono anche il capretto e il gatto nero .<br />
Tutto era pronto per <strong>la</strong> sacrificazione , uccisero il capretto e il gatto nero ,ma quando<br />
arrivò il turno del bambino , si sollevò una tempesta di vento che scaraventò, quei<br />
sciagurati contro le rocce uccidendo uno di essi.<br />
Da allora nessuno pensò più al presunto tesoro, anche perché l’uomo sopravvissuto<br />
al<strong>la</strong> tempesta fu perseguitato dal diavolo sino al<strong>la</strong> sua morte.<br />
“Le Caldaie del <strong>la</strong>tte”.<br />
3
“La Rocca del Drago”.<br />
“Le anarade”.<br />
Secondo gli anziani abitanti di Roghudi, le anarade erano delle donne aventi i piedi<br />
a forma di zoccoli come i muli e vivevano nel<strong>la</strong> con<strong>tra</strong>da di “Ghalipò”<br />
di fronte Roghudi.<br />
Le anarade , cercavano di attirare le donne del paese, affinché si recassero al fiume a<br />
<strong>la</strong>vare i panni, con l’intento di ucciderle, così gli uomini del paese potevano<br />
accoppiarsi solo con loro.<br />
Si racconta che le anarade ,per attirare le donne , usavano ogni s<strong>tra</strong>tegia, come per<br />
esempio <strong>la</strong> <strong>tra</strong>sformazione del<strong>la</strong> voce.<br />
Per proteggersi dalle anarade gli abitanti del paese ,fecero costruire tre cancelli ,<br />
collocandoli in tre differenti en<strong>tra</strong>te : uno a “P<strong>la</strong>chi”, “uno a Pizzipiruni” e uno<br />
ad “Agriddhea” ,che in effetti ancora esistono.<br />
4
“L’ALLUVIONE DEL SETTANTA”.<br />
L’alluvione del Settanta rappresenta il peggior momento del<strong>la</strong> storia di Roghudi e<br />
Ghorio ,in quanto, dopo secoli di resistenza presso i vecchi centri abitati ,furono<br />
costretti ad andarsene, causa le frane inarrestabili.<br />
Così il sedici Febbraio del 1971 il Sindaco Angelo Romeo,firmava l’ordinanza con <strong>la</strong><br />
quale imponeva lo sgombero di tutte le famiglie presenti a Roghudi ,per pericolo di<br />
frane e di conseguenza per salvaguardare l’incolumità pubblica.<br />
5
RIPORTIAMO L’ORDINANZA DEL 16/02/1971<br />
COMUNE DI ROGHUDI<br />
89060 PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA.<br />
OGGETTO: ORDINANZA.<br />
IL SINDACO.<br />
lì 16-02-1971.<br />
- Vista <strong>la</strong> lettera inviata dall’Ing. Paolo Tripodi il 15-02-1971 con <strong>la</strong> quale<br />
s’invita il Comune a provvedere d’urgenza all’emanazione di un’ordinanza di<br />
sgombero per le famiglie le cui abitazioni ricadono nel<strong>la</strong> zona franosa ;<br />
-<br />
- Ritenuta l’urgenza di provvedere in merito facendo sgomberare le<br />
famiglie del<strong>la</strong> zona interessata costituendo tali fatti pericolo per<br />
l’incolumità di molte famiglie;<br />
- Visto l’art.153 del T.U.L.C.P. 4 Febbraio 1915 n.148;<br />
ORDINA<br />
-Ai Sig.Stelitano Giuseppe fu Marco,Pangallo Antonino fu Giovanni, Modaffari<br />
Francesco di Salvatore ,Romeo Salvatore fu Fabio,Zavettieri<br />
Sebastiano di Annunziato,Maesano Carmelo di Sebastiano,Stelitano Pietro<br />
fu Giov.Nico<strong>la</strong>,Favasuli Antonino fu Innocenzo,Maesano Innocenzo di Antonino<br />
,Modaffari Lorenza ved.Maesano,Pa<strong>la</strong>mara Bruno di Carmelo,<br />
Maesano Raffaele fu Rocco,Maesano Pietro fu Lorenzo,Stelitano Bruno<br />
fu Giovanni,Trapani Giovanni di Pasquale,Pa<strong>la</strong>mara Carmelo fu Andrea,<br />
Pa<strong>la</strong>mara Domenico fu Salvatore,Stelitano Giuseppe di Giacomo, Zavettieri<br />
Salvatore fu Domenico, con le rispettive famiglie di sgomberare<br />
immediatamente dalle proprie abitazioni per i motivi suddetti.<br />
- L’Amminis<strong>tra</strong>zione Comunale provvederà a mettere a disposizione i locali per<br />
far fronte a questa situazione di emergenza, a quelle famiglie che non sono in<br />
grado di trovare alcuna abitazione;<br />
-<br />
Le guardie municipali sono incaricate dell’esecuzione del<strong>la</strong> presente ordinanza.<br />
Copia del<strong>la</strong> stessa sarà rimessa al Prefetto per i provvedimenti di competenza.<br />
IL SINDACO<br />
Angelo Romeo.<br />
6
Per questi motivi tutti gli abitanti furono costretti a stanziarsi nei comuni limitrofi ,<br />
sembrava inesorabilmente una comunità destinata al<strong>la</strong> disgregazione , ma il senso di<br />
appartenenza,<strong>la</strong> voglia di <strong>ricostruzione</strong> di tutta collettività fu tanta , tantochè<br />
il 4 luglio del 1981 venne posta <strong>la</strong> prima pie<strong>tra</strong> per <strong>la</strong> <strong>ricostruzione</strong> de "<br />
“LA NUOVA ROGHUDI”<br />
7
Nel 1988 vennero assegnate al<strong>la</strong> collettività ,gli alloggi costruiti presso <strong>la</strong> zona<br />
San Leonardo nel comune di Melito PS, a due passi dal mare e di fronte al<strong>la</strong> bellezza<br />
ed imponenza dell’Etna che, con le sue cime innevate ,riesce molto spesso a far<br />
venire in mente le montagne dell’Aspromonte dove per secoli questa gente ha vissuto<br />
con sacrifici ,con notevoli difficoltà economiche, culturali,e interpersonali .<br />
La NUOVA ROGHUDI anche se si trova a due passi del Mar Jonio ,è abitato da<br />
persone che non hanno mai avuto il cuore al<strong>la</strong> marina ,loro sono rimasti legati al<strong>la</strong><br />
montagna ,al<strong>la</strong> ROGHUDI VECCHIA distesa sopra quei costoni di roccia <strong>la</strong>mbita<br />
dal<strong>la</strong> fiumara Amendolea ,in quelle case abbandonate che sembrano narrare al cielo<br />
il dolore di una madre dopo aver perso i suoi figli.<br />
“I ROGHUDESI UN POPOLO ISOLATO”<br />
Il mondo rurale è ancora un’iso<strong>la</strong>, anzi un arcipe<strong>la</strong>go, verso cui nessuno ha proiettato<br />
validamente un ponte per agganciarlo al<strong>la</strong> realtà dei tempi. E questo per due motivi di<br />
fondo: il primo perché i problemi del mondo rurale sono stati interpretati solo in<br />
chiave economica; il secondo ci è stato rive<strong>la</strong>to in modo illuminante dal<strong>la</strong> frase di un<br />
intervistato di cui in seguito parleremo: «Abbiamo par<strong>la</strong>to ai contadini, ma noi: li<br />
abbiamo fatti par<strong>la</strong>re. Abbiamo loro proposto un mondo che non avvertivano».<br />
Avevamo iniziato questo nostro servizio-inchiesta con altri programmi ed altri<br />
propositi: ma una volta en<strong>tra</strong>ti nel mondo contadino è stato come trovarci in al<strong>tra</strong><br />
dimensione di uomini e cose, di valori e di principi. Un mondo sconosciuto,<br />
sottovalutato, incompreso. Un mondo arroccato nel proprio iso<strong>la</strong>mento ai margini di<br />
una Ca<strong>la</strong>bria che si dice avviata verso <strong>la</strong> rinascita. Abbiamo girato a lungo nelle zone<br />
rurali , nelle con<strong>tra</strong>de: abbiamo par<strong>la</strong>to con questa gente di campagna che ci<br />
accoglieva con diffidenza, con rare parole, o che si limitava a guardarci al di là delle<br />
porte socchiuse, e dei vetri delle finestre. Come se avessero imparato a difendersi<br />
dagli intrusi con sguardi pieni di paurosi interrogativi. Abbiamo scavato un po’ sotto<br />
questa scorza e quel<strong>la</strong> stessa gente diffidente e scorbutica si è rive<strong>la</strong>ta in tutta <strong>la</strong> sua<br />
debolezza e <strong>la</strong> sua forza, in tutte le sue limitazioni e <strong>la</strong> sua profonda drammatica<br />
umanità.<br />
Quante volte li abbiamo <strong>la</strong>sciati al margine del nostro mondo con <strong>la</strong> so<strong>la</strong> espressione:<br />
«tamarri»!? Abbiamo <strong>la</strong>sciato per via i progetti e le intenzioni iniziali e ci siamo<br />
fermati per gettare uno sguardo nell’anima di questa gente. Il mondo rurale,<br />
dicevamo, è un’iso<strong>la</strong> che vive ai margini d’una Ca<strong>la</strong>bria avviata verso <strong>la</strong> rinascita. Ma<br />
cosa ha inizialmente determinato e poi aggravato tale stato di iso<strong>la</strong>mento? […] Da<br />
sempre i contadini hanno vissuto nel<strong>la</strong> cerchia impene<strong>tra</strong>bile del<strong>la</strong> propria famiglia<br />
che rimane ancora oggi una specie di santuario in cui non si ammettono intrusioni. Di<br />
qui l’impotenza di tutte le organizzazioni di assistenza sociale incapaci di frantumare<br />
l’involucro che avvolge ogni nucleo familiare insediato nelle campagne, involucro<br />
che lo rende incapace di affrontare alcuni elementari aspetti del<strong>la</strong> vita civile […]<br />
8
È proprio in tutte le più svariate esigenze del<strong>la</strong> vita quotidiana che si rive<strong>la</strong> <strong>la</strong><br />
necessità, per i contadini, di una guida che a poco a poco insegni loro a sganciarsi da<br />
certe condizioni ai limiti dall’accettabile. E <strong>la</strong> persistenza di tale stato di cose è<br />
aiutato dal<strong>la</strong> conformazione degli insediamenti rurali costituiti per il 90% di case<br />
sparse lungo le balze ed i colli iso<strong>la</strong>te dal resto delle con<strong>tra</strong>de, lontane dai centri.<br />
Tutto questo ha avuto un’influenza determinante anche nel campo economico. I<br />
contadini, i nostri contadini, <strong>tra</strong>nne qualche eccezione iso<strong>la</strong>ta in determinate zone,<br />
hanno sempre <strong>la</strong>vorato nei limiti del proprio podere o di quello del proprio padrone<br />
con metodi e criteri superati da almeno mezzo secolo. Producono un po’ di tutto, solo<br />
per le necessità del<strong>la</strong> propria famiglia, senza possibilità di scambi e di mercati […]<br />
Ma cosa rappresenta, da un punto di vista non esclusivamente economico, <strong>la</strong> terra<br />
per questi contadini? «Per me questa terra è tutto – ci dice Umile Benedetto – ho<br />
<strong>la</strong>vorato tutta <strong>la</strong> vita su questa terra. Ho fatto da sempre sacrifici per possedere poco<br />
più di un fazzoletto: ma mi basta per sapere di non essere schiavo di nessuno».<br />
Nel<strong>la</strong> terra c’è un legame, ma anche una redenzione. In altri si ritrova addirittura quel<br />
significato del<strong>la</strong> “roba” che ispirò a Verga tanti personaggi. Più “roba” si ha e più si è<br />
uomini: sembra di ritornare all’Ottocento borbonico quando solo chi possedeva delle<br />
terre poteva leggere sul proprio certificato anagrafico “di condizione civile”[…] La<br />
vita di questa gente si svolge sul<strong>la</strong> terra e per <strong>la</strong> terra, nei limiti dei suoi problemi e<br />
delle sue leggi. Limiti che a chi vive lontano da questo mondo possono sembrare<br />
angusti e soffocanti, ma non per i contadini che si attaccano ad essa con uno spirito<br />
quasi di sopravvivenza.<br />
“I GRECANICI”.<br />
Le varie dominazioni hanno creato, <strong>tra</strong> i boschi del<strong>la</strong> Si<strong>la</strong> Greca,nellAspromonte,<br />
lungo <strong>la</strong> costa Jonica e sulle pendici del<strong>la</strong> costa Tirrenica, delle vere eproprie isole<br />
linguistiche dal fascino antico,mantenendo vivi ,stili di vita e <strong>tra</strong>dizioni di una civiltà<br />
antichissima. In queste realtà ,si scopre ,il mondo arcaico delle comunità grecaniche,<br />
i discendenti diretti dei greci.<br />
Grande è stato lo stupore di quei soldati italo-grecanici, durante <strong>la</strong> seconda guerra<br />
mondiale ,di sentirsi in Grecia “ a casa sua “ e dei greci di trovare soldati italiani dalle<br />
stesse caratteristiche somatiche ,che portavano lo stesso cognome e par<strong>la</strong>vano <strong>la</strong><br />
stessa lingua.Oggi i , cioè i par<strong>la</strong>nti del dialetto greco che nel XVI secolo<br />
popo<strong>la</strong>vano ben venti paesi, sono solo 5000 e circoscritti a cinque comuni :<br />
Bova,Condofuri,Gallicianò ,Roccaforte del Greco e Roghudi.<br />
Le opinioni sul<strong>la</strong> origine del<strong>la</strong> loro par<strong>la</strong>ta sono fondamentalmente due:<br />
a) quel<strong>la</strong> che l’attribuisce al<strong>la</strong> dominazione bizantina (X-V secolo d.C.);<br />
b) quel<strong>la</strong> che l’attribuisce al<strong>la</strong> lingua par<strong>la</strong>ta dai coloni del V secolo a.C,<br />
cui si deve <strong>la</strong> splendida civiltà del<strong>la</strong> Magna Grecia e <strong>la</strong> fondazione di città<br />
famose nell’antichità come Reggio ,Locri ,Crotone e Sibari.<br />
Delle due teorie ,oggi, <strong>la</strong> seconda sembra più accettabile .<br />
9
”CENNI STORICO-URBANISTICI SULLA CITTA’ GRECA”.<br />
I Greci, come tutti i popoli del Mediterraneo, vivevano, per <strong>la</strong> maggior parte del loro<br />
tempo, all'aria aperta e, spesso, en<strong>tra</strong>vano nelle abitazioni solo per dormire: d'estate,<br />
inoltre, capitava che ci si coricasse sulle terrazze per avere meno caldo,nello stesso<br />
tempo, i Greci, permeati di profonda religiosità, preferivano abbellire i propri templi<br />
che le proprie dimore, per timore che gli dei potessero punire <strong>la</strong> loro sfrontatezza<br />
(Hubris): è noto che una delle massime preferite dai Greci era proprio il famoso<br />
motto "Medèn Agan, nul<strong>la</strong> di troppo".<br />
Le s<strong>tra</strong>de non erano <strong>la</strong>stricate, esisteva solo una canalizzazione a cielo aperto e,<br />
dunque, le case non erano rifornite d'acqua da un sistema di tubazioni: per risolvere il<br />
problema dell'approvvigionamento idrico si faceva ricorso alle fontane, che erano<br />
affidate ad un funzionario tanto portante da essere eletto direttamente dai suoi<br />
concittadini e non es<strong>tra</strong>tto sorte come <strong>la</strong> maggior parte dei suoi colleghi. La scarsità<br />
d’acqua e <strong>la</strong> difficoltà d’approvvigionamento favorirono l’insorgere di ma<strong>la</strong>ttie .<br />
GLI INTERNI : le case erano veramente modeste e solo poche decorose";<br />
sappiamo inoltre che venivano scavati veri e propri rifugi nel<strong>la</strong> roccia (nel<br />
quartiere di Coile, che significa appunto "scavato") e che molte abitazioni<br />
venivano semplicemente addossate al<strong>la</strong> roccia.Oltre a queste dimore<br />
primitive si estendevano i quartieri popo<strong>la</strong>ri, dove <strong>la</strong> maggior parte delle case<br />
erano di modestissime dimensioni e costituite so<strong>la</strong>mente da un unico piano<br />
con due o tre stanze, che, per lo più, venivano affittate agli s<strong>tra</strong>nieri. Questo<br />
tipo di abitazione era molto semplice, edificata in legno, pietre legate da<br />
calcina, oppure mattoni crudi: le pareti risultavano così facili da perforare che<br />
i <strong>la</strong>dri non si disturbavano a sfondare porte e finestre, ma praticavano<br />
direttamente un foro nell'esile muro (per questo motivo erano chiamati<br />
"toichorichoi", ovvero "foratori di muri").<br />
10
La fragilità di queste pareti, tuttavia, talvolta poteva risultare utile agli<br />
abitanti, come Tucidide afferma a proposito dei P<strong>la</strong>teesi: invasi dai Tebani,<br />
forarono i muri delle case contigue fra di loro e riuscirono a radunarsi in<br />
segreto (Tuc., 2,3).La porta, nel<strong>la</strong> descrizione che ci fornisce Plutarco, si<br />
apriva verso l'esterno e, prima di uscire, era opportuno bussare per evitare di<br />
investire il malcapitato passante. 1 tetti erano a terrazza e venivano sfruttati<br />
come veri e propri letti durante l'estate. Le finestre (thirides) erano di<br />
dimensioni veramente ridotte, poiché i Greci non conoscevano l'uso del vetro<br />
<strong>tra</strong>sparente e cercavano di ridurre al minimo i problemi legati al cattivo<br />
tempo: bastava un panno per otturare quei piccoli lucernari; l'uso di finestre<br />
piccole e di muri spessi serviva anche a limitare <strong>la</strong> calura estiva all'interno<br />
delle abitazioni.Quando il proprietario di queste abitazioni date in affitto non<br />
riceveva il rego<strong>la</strong>re pagamento, non si rivolgeva certo al suo avvocato per<br />
un'ingiunzione di sfratto: faceva togliere tutte le tegole del tetto, scandinava<br />
<strong>la</strong> porta di ingresso o chiudeva l'accesso al pozzo, finché il suo sgradito<br />
inquilino non si fosse deciso a saldare il debito o <strong>la</strong>sciare libera <strong>la</strong> casa. Per <strong>la</strong><br />
maggioranza dei cittadini ateniesi, i cibi dovevano essere cotti fuori casa,<br />
all'aperto, come avviene ancora in numerosi vil<strong>la</strong>ggi greci: prima del IV<br />
secolo a.C. non si ha notizia di abitazioni dotate di cucina e, comunque,<br />
mancava un braciere stabile in una stanza, a causa del problema<br />
dell'eliminazione del fumo. Si accendeva un fuoco all'esterno del<strong>la</strong> casa e lo si<br />
portava all'interno solo quando si era ormai prodotta <strong>la</strong> brace e si era ridotta<br />
<strong>la</strong> quantità di fumo; per eliminare quello residuo si aprivano i fori di<br />
aerazione (opai) o si utilizzavano i kapnodokè (condutture per il fumo).<br />
Oltre a queste abitazioni private, dovevano esistere anche veri e propri<br />
condomini (synoikia, case collettive), come possiamo desumere da Eschine<br />
nel<strong>la</strong> sua orazione "Contro Timarco".<br />
Per renderci conto di come potesse apparire una casa di cittadini facoltosi,<br />
però, è necessario uscire dall'Attica, dove non sono mai state trovate negli<br />
scavi, e recarsi ad Olinto: le abitazioni di questa città, infatti, ci sono giunte, in<br />
alcuni casi, in un re<strong>la</strong>tivamente ottimo stato di conservazione.<br />
11
Esse avevano una pianta approssimativamente quadrata e tutte le stanze si<br />
aprivano su un portico interno ( pàstas ), preceduto da un cortile ( aulè ) e da<br />
un vestibolo (protiron). Il portico interno era orientato in pieno mezzogiorno,<br />
come consiglia Socrate ( Xen., Memor. 3,8,9 ): "Il sole si infil<strong>tra</strong> negli<br />
appartamenti d'inverno, <strong>la</strong>sciandoci in ombra d'estate, perché passa sopra le<br />
nostre teste". Nei secoli successivi all'età di Pericle il pastas venne dotato di<br />
portici su più <strong>la</strong>ti ed un peristilio. Era presente un salotto ( diaiteterion, cioè<br />
"luogo per passare il tempo" ), collocato a nord, e <strong>la</strong> sa<strong>la</strong> decorata da mosaici<br />
dedicata esclusivamente agli uomini ( androon ), dove si tenevano i banchetti.<br />
Gli altri locali erano l'òikos, <strong>la</strong> sa<strong>la</strong> da pranzo per tutta <strong>la</strong> famiglia, <strong>la</strong> sa<strong>la</strong> da<br />
bagno e <strong>la</strong> cucina.<br />
Il pianterreno, talvolta, era fornito anche di un <strong>la</strong>boratorio o di una dispensa.<br />
Le carriere da letto, il tha<strong>la</strong>mos (camera nuziale), l'appartamento delle donne<br />
(gynaikèion) e le cellette per gli eventuali schiavi erano al primo piano. Il<br />
bagno veniva costruito accanto al<strong>la</strong> cucina, in modo che quest'ultima<br />
diffondesse nel locale attiguo il suo calore.Il primo piano delle case, talvolta,<br />
veniva dotato di balconi, che, però, lo stato considerava illegali, perchè<br />
sporgevano rispetto al<strong>la</strong> s<strong>tra</strong>da.La decorazione degli esterni e degli interni era<br />
molto semplice e consisteva solo in uno s<strong>tra</strong>to di calce, come ci conferma<br />
Plutarco, descrivendo <strong>la</strong> casa di Focione, che era "semplice e nuda" ( Plut.,<br />
Foc., 18 ); sappiamo, però, che le case di Olinto erano arricchite da mosaici ed<br />
il poeta Bacchilide (sicuramente esagerando) par<strong>la</strong> di abitazioni in cui<br />
splendevano oro ed avorio ( Ateneo, 2,39 ). Le case dei ricchi erano ricoperte<br />
da tappezzerie sul muri ed avevano soffitti decorati. Abitazioni di questo<br />
tipo, tuttavia, erano quasi inesistenti ad Atene nel V secolo: <strong>la</strong> maggior parte<br />
delle abitazioni assomigliava alle capanne descritte in precedenza e non<br />
conteneva nemmeno il bagno..<br />
Da: “La casa greca di Andrea Zoia”.<br />
12
“MELODIE ELLENOFONE”<br />
(LA VERA STORIA DELLA TARANTELLA)<br />
LA CALABRIA E’ STATA ABITATA FIN DALLA PREISTORIA E SUCCESSIVAMENTE<br />
OCCUPATA DAI GRECI, DAI ROMANI,DAI BIZZANTINI,NORMANNI E BORBONI, ED E’ QUINDI<br />
PASSATA ATTRAVERSO<br />
PERIODI STORICI DI GRANDE<br />
SPLENDORE E DI<br />
DECADENTE ABBANDONO,<br />
MA NONOSTANTE CIO’, LA<br />
GENTE DI CALABRIA HA<br />
SAPUTO CONSERVARE<br />
GELOSAMENTE FINO AD<br />
OGGI IL SUO IMMENSO<br />
PATRIMONIO STORICO,<br />
CULTURALE, NONCHE’<br />
MUSICALE.<br />
ALLA BELLEZZA DELLA<br />
NATURA, CHE E’ STATA<br />
DAVVERO PRODIGA PER LA<br />
CALABRIA, MA AVARA DI<br />
RISORSE PER GLI ABITANTI,<br />
SI AGGIUNGE PERO’, GRAZIE<br />
AL CIELO, ILFASCINO DI UN PATRIMONIO STORICO ED ARTISTICO DI ENORME INTERESSE<br />
E DI INCALCOLABILE VALORE.<br />
LA PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA, PROTESA NEL CUORE DEL MEDITERRANEO OFFRE<br />
L’INCATATA SUGGESTIONE DI PAESAGGI SOLARI E MITICI, PROFUMATI DI ZAGARE E<br />
BERGAMOTTI, E’ UNA TERRA CHE PARLA LA LINGUA DI OMERO E CHE CONQUISTA, CHI<br />
NON LA CONOSCE, PER LA MOLTEPLICITA’ DEI SUOI VOLTI:<br />
LA COSTA IONICA E TIRRENICA SI PRESENTANO RIDENTI, RICCHI DI CENTRI STORICI,<br />
QUASI SEMPRE DI ORIGINE GRECANICA, TRA I PIU’ SUGGESTIVI ED IMPORTANTI DEL<br />
MONDO E CERTAMENTE TRA I PIU’ PREZIOSI DELLA CALABRIA.<br />
UNA INFINITA’ DI VILLAGGI, L’AMBITI DA UN MARE ADAMANTINO E DALLE<br />
ORIGINI GLORIOSE E ILLUSTRI, QUALI SONO QUELLE DELLA CIVILTA’ DELLA<br />
MAGNA GRECIA, DOVE ANCORA OGGI IN ALCUNI SITI, SI PARLA IL GRECO ANTICO.<br />
UN ANTICO DETTO CALABRESE DICE:<br />
SU CALABRISI E CALBRISI SUGNU,<br />
SU CANUSCIUTU PI TUTTU LU REGNU,<br />
E SI VENISSI ‘CATUTTU LU MUNDU,<br />
L’ONURI DI CALABRIA LU MANTEGNU.<br />
13
DEL RESTO LE TESTIMONIANZE PIU’ IMPORTANTI DELL’ANTICA CIVILTA’ GRECA,SONO<br />
OGGI CONSERVATE AL MUSEO NAZIONALE DELLA MAGNA GRECIA A REGGIO CALABRIA,<br />
DOVE SI TROVA ANCHE QUANTO DI RECENTE IL MARE HA, GENEROSAMENTE,<br />
DONATO,UNA INEQUIVOCABILE TRACCIA DI ARTE E STORIA DEL NOSTRO GLORIOSO<br />
PASSATO, I BRONZI DI RIACE<br />
NON E’ COMPITO NOSTRO, MA DI ALTRI PIU’ QUALIFICATE ESPERTI, LEGGERE NEI<br />
MILLENNI DI STORIA DEL PASSATO E DEL PRESENTE.<br />
DI TUTTO QUESTO NOI NULLA FAREMO, LASCIAMO QUESTO COMPITO, AI FOLKLORISTI DI<br />
FAMA, ED AGLI STORICI IN GENERALE.<br />
OGGI TIMIDAMENTE RIFIORISCE LA LINGUA, LA VITA E L’ANIMA DEGLI ULTIMI<br />
ELLENOFONI DEL SUD ITALIA, PICCOLI CENTRI ,CITTA’,PAESI, NELLA PUGLIA,NEL<br />
VIBONESE, ROGHUDI-GHORIO DI ROGHUDI-ROCCAFORTE DEL GRECO-CONDOFURI-<br />
GALLICIANO’- BOVA.<br />
QUELLO CHE, INVECE, TENTIAMO E CI PREFIGGIAMO DI FARE IN QUESTA SEDE E’ DI<br />
SPOLVERARE BREVEMENTE LA STORIA DELLA MUSICA GRECO-CALABRA DEL NOSTRO<br />
GLORIOSO PASSATO, ALLA BUONA, SENZA TANTE PRETESE, STORIA SPICCIOLA, STORIA<br />
ELEMENTARE E CHE TUTTI POSSONO FACILMENTE CAPIRE :<br />
“LA VERA STORIA DELLA TARANTELLA”.<br />
SE DIAMO, UNO SGUARDO, SIA PURE RAPIDO, AGLI STUDI CONDOTTI SU QUESTO TEMA<br />
DAI MAGGIORI FOLKLORISTI ITALIANI E NON FRA QUESTI CITIAMO IL<br />
SATRIANI,BARRESI,RHOLFS, DAI QUALI APPRENDIAMO A CHIARE LETTERE CHE LA<br />
NOSTRA TARANTELLA GRECANICA, L’EREDE DELL’ANTICO KORDAX, NON E’ CHE UN<br />
BALLO GRECO, DI ALMENO TREMILA ANNI FA,CHE PARE EBBE INIZIO NELL’ANTICA<br />
REGIONE STORICA DELL’EPIRO,LA TRACCA GRECA. UN BALLO ED UNA MUSICA<br />
TREMILLENARIA ANTICHISSIMO CHE FAPARTE DEI PERIODI PIU’ FLORIDI DELLO<br />
SPLENDORE DELLA ANTICA CIVILTA’ GRECA; MUSICA E BALLO DIFFUSISSIMO IN TUTTA<br />
L’ELLADE.<br />
DI QUESTO BALLO, DI QUESTO RITMO,UNICO AL MONDO, MAI RIPRESO DA ALCUN<br />
MUSICISTA,NOI POPOLAZIONI DELLA MAGNA GRECIA,SIAMO OGGI GLI UNICI<br />
DEPOSITARI E CONSERVATORI,IN TUTTO IL MONDO.<br />
QUESTO NOSTRO BALLO E MUSICA GRECANICA NON E’ DA CONFONDERE, COME MOLTO<br />
SPESSO ACCADE,ANCHE FRA PERSONE CHE CREDONO DI ESSERE COLTI, ERUDITI E<br />
INTELLIGENTI,CON LA TARANTELLA,CHE INVECE E’ UN BALLO NELL’ARIA.<br />
QUANDO SI PARLA DI TARANTELLA, INFATTI, CHE SI SAPPIA O NO, CI SI RIFERISCE<br />
SEMPRE AD UN PARTICOLARE BALLO IN USO DAL 1300 NELLA CITTA’ DI TARANTO, CHE<br />
NULLA HA ACCHEFFARE CON IL NOSTRO BALLO, CHE E’ UN BALLO DI TERRA.<br />
LA TARANTELLA DI TARANTO, INFATTI E’ SEMPLICEMENTE UN SALTARELLO, COME LO E’<br />
IL SALTARELLO NAPOLETANO, IL TRESCONE, IL SALTARELLO ABRUZZESE,ECC…<br />
SALTERELLO O TARANTELLA CHE DERIVO’, ANTICAMENTE DA UNA VECCHIA FORMA DI<br />
TORTURA E CIOE’: IL MORSO DELLA TARANTOLA SOTTO I PIEDI DEI CONDANNATI, I<br />
QUALI PER CONSEGUENZA DI CIO’ SALTERELLAVANO, DI QUI IL SALTERELLO O VVERO<br />
LA TARANTELLA DI TARANTO; UN BALLO I CUI PASSETTI SI SVOLGONO TUTTI NELL’ARIA.<br />
LA NOSTRA NON E’ TARANTELLA PERCHE’ NON PROVIENE DA TARANTO, NON DERIVA<br />
DALLA TARANTOLA, NE’ DA QUELLA ANTICA FORMA DI TORTURA; E’ INVECE LA<br />
FAMOSISSIMA E GLORIOSA VIDDHANEDDHA DETTA ANCHE KRUNNEME O<br />
MEGALOCHORO GLI ANZIANI ANCORA RICORDANO QUESTA ANTICA TERMINOLOGIA .<br />
14
UN BALLO CUI PASSETTI SI SVILUPPANO SULLA TERRA PESTANDOLA COI PIEDI.<br />
PURTROPPO, COLPASSARE DEI SECOLI, PER UNA CERTA FORMA DI IGNORANZA, E<br />
PERCHE’ NEL SUD HA ALLIGNATO L’ANALFABETISMO ED IL SEMI-ANALFABETISMO DI<br />
RITORO, IL NOSTRO BALLO GRECANICO VENNE PER LUNGO TEMPO DEFINITO, COME DEL<br />
RESTO A TUTTOGGI, TARANTELLA, CREANDO COSI’ UNA GRANDE CONFUSIONE ED UN<br />
NOTEVOLE DISORIENTAMENTO GENERALE , TALCHE’ OGGI QUASI TUTTI LA CHIAMANO<br />
ERRONEAMENTE TARANTELLA, MOLTO RARAMENTE VADDHANEDDHA, KRUNNEME,<br />
MEGALOCHORO.<br />
IL TERMINE VADDHANEDDHA, PRESO IN PRESTITO DALL’ITALIANO VILLANELLA STA A<br />
SIGNIFICARE, MOLTO SEMPLICEMENTE, BALLO DEGLI ABITATORI DEI PICCOLI BORGHI .<br />
I PICCOLI BORGHI,QUI DA NOI, ALL’ EPOCA, ERANO LE COLONIE GRECHE.<br />
LA NOSTRA MUSICA HA UN PRECISO SIGNIFICATO, UNO SCOPO, UNA SUA FUNZIONE, CON<br />
QUESTO NON VOGLIAMO CERTO DIRE CHE GI ALTRI BALLI SIANO DA MENO,<br />
SEMPLICEMENTE CHE IL NOSTRO BALLO GRECANICO E’ MOLTO PARTICOLARE,<br />
DIFFERISCE MOLTISSIMO DA TUTTI GLI ALTRI BALLI A LIVELLO MONDIALE.<br />
STA DI FATTO, CHE LA NOSTRA MUSICA IL MEGALOCHORO E’ VERAMENTE UNICA AL<br />
MONDO ,COME, UNICA AL MONDO E’ STATA LA CIVILTA’ GRECA CHE L’HA PARTORITA.<br />
I PASETTI ED IL MODO DI MUOVERSI DEI BALLERINI, CHE VERAMENTE CONOSCONO IL<br />
BALLO, HANNO UN LORO FASCINO PARTICOLARE, E SI SVILUPPANO PESTANDO O<br />
CALPESTANDO LA TERRA COI PIEDI, PROPRIO COME FACEVANO NELL’ANTICA GRECIA<br />
MA LA NOSTRA VADDHANEDDHA, HA SOPRATTUTTO UN SIGNIFICATO ED UNA FUNZIONE<br />
PARTICOLARE E PECULIARE,CHE COMUNQUE IN QUESTA SEDE SAREBBE TROPPO LUNGO<br />
ELENCARE E DISCUTERE, CE NE ANDREMMO TROPPO PER LE LUNGHE, ED IL DISCORSO CI<br />
PORTEREBBE TROPPO LONTANO, MENTRE RIMANDIAMO AD ALTRA CIRCOSTANZA,<br />
ACCENNIAMO BREVEMENTE ALLA SUA FUNZIONE COSIDETTA LIBERATORIA .<br />
LA SUA FUNZIONE LIBERATORIA, CONSISTEREBBE IN UN EFFETTO PSICOLOGICO<br />
PRECISO:QUESTO BALLO E’ VERAMENTE CAPACE DI FARTI DIMENTICARE SIA PURE PER<br />
POCO TEMPO NON SOLAMENTE I TUOI PROBLEMI, MA DIMENTICARE PERFINO SE<br />
STESSI,UNA VOLTA CHE CI SI LASCIA PERDERE DAL RITMO INCALZANTE DEL SUONO?<br />
PARE DI SI! INFATTI QUESTO E’ QUANTO SUCCEDE NELLE PIAZZE ALL’APERTO, OPPURE<br />
NEI LOCALI CHIUSI, LA DOVE LE PERSONE BALLERINI O SEMPLICEMENTE SPETTATORI,<br />
SONO TUTTI DISPOSTI A FORMA DI RUOTA, GUARDANDO ED ASPETTANDO IL LORO TURNO<br />
DI BALLO SONO TUTTI PRESI, AVVILUPATI, LETTERAMENTE EBBRI,DAL RITMO<br />
INCALZANTE DEL SUONO DELL’ORGANETTO E TAMBURELLO, OPPURE DELLA<br />
CIARAMELLA E TAMBURELLO, TANT’E’ CHE SEMBRANO ESSERE VERAMEBTE EBBRI,<br />
UBRIACHI DEL BALLO VIDDHANEDDHA. QUESTO RITMO GRECANICO, INFATTI<br />
EVIDENTEMETE HA UN EFFETTO NON INDIFFERENTE SULLE PSICHE DELL’UOMO DI TUTTI<br />
I TEMPI, VENTESIMO E TERZO MILLENIO COMPRESO .<br />
APPARE QUINDI CHIARO CHE, O QUESTA MUSICA TI PIACE, L’ASCOLTI E BALLI,<br />
ANCHE SE NON SAI BALLARE, OPPURE NON LA TOLLERI PER NIENTE E DEVI<br />
ASSOLUTAMENTE SCAPPARE, PERCHE’ NON LA PUOI ASCOLTARE.<br />
POSSIAMO QUINDI AFFERMARE, SENZA TEMA DI ESSERE SMENTITI,CHE LA NOSTRA<br />
VADDHANEDDHA, QUESTO BALLO GRECANICO DI ALMENO TREMILA ANNI FA, HA<br />
UNA SUA PRECISA FUNZIONE SULLA PSICHE DELL’UOMO, QUELLA APPUNTO<br />
INDICATA DAI PIU’ EMINENTI PISCOLOGICI E FELICEMENTI DEFINITA:<br />
"FUNZIONE LIBERTATOIA" .<br />
15
LO STRUMENTO PIU’ ANTICO PER ESUGUIRE QUESTO BALLO GRECO VIDDHANEDDHA<br />
ERA STATO CHIAMATO DAI GRECI CHE LO AVEVANO ITERPRETATO:"AFLOS" CHE<br />
STA PER FLAUTI. INFATTI ERANO DUE FLAUTI DI OSSO DI ANIMALI, DI UNA CERTA<br />
LUNGHEZZA , BUCHERELLATI ALLA BISOGNA, SENZA OTRE- TIPICO STRUMETO A<br />
FIATO DELL’EPOCA- ACCOPPIATI E DI TONALITA’ DIVERSE FRA LORO, CIOE’<br />
MASCHIO E FEMMINA.<br />
VENIVANO MAESTREVOLMENTE SUONATI DA MOLTI ABILI SUONATORI DI AFLOS<br />
DELL’EPOCA, UNITAMENTE AL TAMBURELLO, DI FOGGIA QUASI UGUALI A QUELLO<br />
ODIERNO.<br />
L’AFLOS, AVEVA UN SUONO A DIRPOCO MERAVIGLIOSO E CONSENTIVA DI ESEGUIRE<br />
TUTTI I PASSAGGI DEL BALLO GRECANICO VIDDHANEDDHA, SI POTEVA SENTIRE ED<br />
APPREZZARE IL SUO SUONO CHIARO LIMPIDO ANCHE A DISTANZA CONSIDEREVOLE<br />
L’AFLOS PERO’ PRESENTEVA, COME TUTTI GLI STRUMENTI A FIATO,<br />
L’INCONVENTEMENTE VERTIGGINI, CAPOGIRE E SVENIMENTI.<br />
FU COSI’ COL PASSARE DEL TEMPO, CHE QUALCUNO VOLLE PROPORRE UNO<br />
STRUMENTO A FIATO MOLTO DIVERSO, CON RISERVA D’ARIA, CHIMATO<br />
CIARAMELLA ZAMPOGNA LAUNEDDAS ECCETERA.<br />
MA ANCHE LA CIARAMELLA,PRESENTA I SUOI PROBLEMI E QUINDI COME<br />
FACILMENTE SI EVINCIE, SI RENDEVA COSI’ COSI’ NECESSARIO INVENTARE, TROVA<br />
AL PIU’ PRESTO, LO STRUMENTO ADATTO, CHE CON POCA FATICA POLMONARE, O<br />
MEGLIO ANCORA SENZA ALCUNA FATICA POLMONARE, CONSENTISSE DI ESEGUIRE<br />
IL BALLO GRECO VIDDHANEDDHA BALLO A MUSICA GELOSAMENTE CONSERVATO<br />
OGGIGIORNO DALLE POPOLAZIONI DELLA MAGNA GRECIA. SENOCHE’ VERSO IL XV<br />
E IL XVII SECOLO, QUALCUNO IN EUROPA E PIU’ PRECISAMENTE LA’ DOVE C’E’ IL<br />
CUORE O LA CAPITALE DELLA MUSICA DI TUTTO IL MONDO-AUSTRI- INVENTO’ UNA<br />
FORMA DI STRUMENTO PARTICOLARE CHE IN SEGUITO VENNE CHIAMATO<br />
ORGANETTO.<br />
LA GRECIA, CHE, COME TUTTI SANNO E’ STATA UN LUMINARE DI CIVILTA’ IN<br />
TUTTO IL MONDO, CI HA LASCIATO IN EREDITA’ LA VIDDHANEDDHA O<br />
MEGALOCHORO O TARANTELLA GRECANICA CHE NOI DELLA MAGNA GRECIA<br />
OGGI ESEGUIAMO EGREGGIAMENTE ANZI IN MANIERA MOLTO ORIGINALE,<br />
COSI’ COME ERA AGLI ALBORI DELLA STORIA ELLENICA CON UNO<br />
STRUMENTO MODERNO, MEGLIO ANCORA: ARMONICA A DUE BASSI E TRE<br />
VOCETTE. L’ ORGANO DI CUI PARLIAMO RAPPRESENTA UN LUMINARE DI<br />
CIVILTA’,IN TUTTO IL MONDO CI HA LASCIATO IN EREDITA’LA<br />
VIDDHANEDDHA O MEGALOCORO TARANTELLA GRECANICA CHE NOI DELLA<br />
MAGNA GRECIA OGGI ESEGUIAMO EGREGGIAMENTE ANZI IN MANIERA<br />
MOLTO ORIGINALE, COSI’ COME ERA GLI ALBORI DELLA STORIA ELLENICA,<br />
CON UNO STRUMENTO MODERNO, O RELATIVAMENTE MODERNO, HIAMATO<br />
ORGANETTO, MEGLIO ANCORA ARMONICA DIATONICA A DUE BASSI E TRE<br />
VOCETTE INTERNE A TASTIERA.<br />
Tony Orvieto Cutrupi.<br />
16
Alcune poesie riferite al<strong>la</strong> storia di Roghudi.<br />
Oscìa Montagna<br />
Immo condà tin dha<strong>la</strong>ssi: Sono vicino al mare:<br />
tin cunno stin cardìa lo sento nel cuore<br />
pos o vorea stin oscia come il vento del<strong>la</strong> montagna<br />
tin cunno sta fiddha ton c<strong>la</strong>dia lo sento nelle foglie dei rami<br />
pos dhorò pessi sta pedia come vedo giocare i bambini<br />
tin cunno san vreghi lo sento quando piove<br />
pos o igghio san treghi come il sole quando corre<br />
tin cunno st’astia lo sento negli orecchi<br />
imera ce vradia giorno e notte<br />
tin dhorò sta di casu lucchi lo vedo nei tuoi occhi<br />
po c<strong>la</strong>dia sta melicucchi come rami di bago<strong>la</strong>ro<br />
ti cunno lo sento<br />
san vreghi stin campia quando piove nei campi<br />
ti cunno lo sento<br />
ce mu dighi olo oscìa. e mi sembra tutto montagna.<br />
____________________________________________________________________<br />
MIPAISE ME TO CHERO’ TI PAI . NON ANDARE VIA CON IL TEMPO.<br />
Curizze stecchìte panda tafattisa, Radici ve ne state andando,<br />
me to cherò ti peranni, come il tempo che passa,<br />
a<strong>la</strong>nza to atho, come il fiore,<br />
ti marattenni ce petheni, che appassisce e muore,<br />
afinni ti sporà pisteo, <strong>la</strong>scia il seme , forse<br />
ja na athizzi acomì per rifiorire ancora.<br />
Glossa ! Lingua!<br />
To cherò addhassi cadha polighima, Il tempo muta ogni silenzio,<br />
esù pase tu te ne vai,<br />
ma afinnise mia plighì, ma <strong>la</strong>sci una ferita ,<br />
ena acathi, una spina ,<br />
ti tripai tin cardia. che punge il cuore.<br />
Esù leghise jatì? Tu dici, perché?<br />
i gapisia poni, l’amore fa male e<br />
den cunni ti fonì ? non sente <strong>la</strong> voce ?<br />
Pisteo ti canena p<strong>la</strong>tei plè , Forse nessuno par<strong>la</strong> più,<br />
pose idhelese esù. come volevi tu.<br />
O mavrommu dendrò! O povera quercia!<br />
Ceri ti ghannise ti avvlespimia, Cande<strong>la</strong> che perde <strong>la</strong> luce,<br />
o potamò de su paleni plè , il fiume non ti bagna più ,<br />
ecottine o cosmo, si è prosciugato il mondo,<br />
menu ta c<strong>la</strong>dia cottimena, restano i rami secchi,<br />
ce ta fidda pelimena stovorea e le foglie sparse al vento<br />
ce esù clese. e tu piangi.<br />
17
Ta puddia sbarighendota, Gli uccelli confusi,<br />
deneghu pu ambatoi, non hanno rifugio,<br />
ta p<strong>la</strong>ja ,lidharia, i luoghi, le pietre,<br />
mute i campane, le mute campane,<br />
sto anuà to cherò, immaginano il tempo,<br />
ti <strong>la</strong>rga de nito. che lontano non fu.<br />
Ma to ghuma, Ma <strong>la</strong> terra,<br />
deleghi o<strong>la</strong> ta pramata, riprende ogni cosa,<br />
ce scemia athipia ti cardia, e in un battito di cuore,<br />
i zoì vaspi to sinertimato <strong>la</strong> vita dipinge il ricordo<br />
ti je<strong>la</strong>i. che ride.<br />
Condoferru ta puddia Ritornano gli uccelli<br />
sto mega aro, nel cielo infinito,<br />
pelù <strong>tra</strong>gudonda, s’inarcano cantando,<br />
ja viata ti glossa. l’eterno linguaggio.<br />
Tripodi Francesca.<br />
Concorso “Magna Graecia”.<br />
____________________________________________________________________<br />
Tipica canzone dialettale rogudese:<br />
Sugnu comu nu gneddareddu ammezzu ta lu mari<br />
chi su custrettu a cercari aiutu ,<br />
aiutami bel<strong>la</strong> se mi vo’iutari<br />
si non m’aiuti tu sugnu perdutu.<br />
Sugnu settatu supra ta na pe<strong>tra</strong>,<br />
ciangendu mi ndi vaju cu lu scuru,<br />
ciangiu chi li mei mi bbandunaru<br />
si mi bbanduni tu rimanu sulu.<br />
18
L’ECONOMIA.<br />
Roghudi fin dal<strong>la</strong> sua origine ha avuto un’economia basata sul<strong>la</strong> pastorizia di ovini,<br />
caprini e bovini.<br />
La pastorizia praticata in condizioni ambientali difficili,si adattava con il territorio<br />
roghudese prevalentemente montuoso.<br />
I pastori si dedicavano all’allevamento di pecore e capre ,mentre i bovini venivano<br />
prevalentemente utilizzati per <strong>tra</strong>inare l’aratro usato per i <strong>la</strong>vori di dissodamento del<br />
terreno e <strong>la</strong> sua preparazione per <strong>la</strong> semina.<br />
Oggi come un tempo dal<strong>la</strong> pecora si ottengono: carne,<strong>la</strong>na,<strong>la</strong>tte e formaggi.<br />
La <strong>la</strong>na del<strong>la</strong> pecora si ottiene dal suo vello ,formato da fibre e<strong>la</strong>stiche e resistenti e<br />
da fibre rigide che costituiscono <strong>la</strong> cosiddetta giara,utilizzata dalle mogli dei pastori<br />
per <strong>la</strong> realizzazione di maglioni,magliette e calze.<br />
La capra è un ruminante il cui vello è formato da peli lunghi ,possiede una forte<br />
adattabilità e sopravvive in condizioni estremi.<br />
L’allevamento di bovini,caprini e ovini veniva praticato nello stato brado, mentre<br />
oggi esistono allevamenti dotati di ricoveri e forme di stabu<strong>la</strong>zione per gli animali.<br />
Diffusa era <strong>la</strong> migrazione stagionale (cosiddetta <strong>tra</strong>nsumanza),le mandrie e le greggi<br />
rimanevano nelle vicinanze del paese dal mese di ottobre a maggio e in giugno<br />
venivano <strong>tra</strong>sferite nelle zone montane dell’Aspromonte ricche di foraggio.<br />
L’agricoltura a causa del<strong>la</strong> forte montuosità era poco praticata.<br />
Ciononostante era possibile ottenere una notevole quantità e varietà di prodotti:<br />
ortaggi,frumento,cereali,vino, olio d’oliva e agrumi.<br />
Di grande importanza per tutte le civiltà basate sull’agricoltura era l’aratro,<strong>la</strong> cui<br />
comparsa risale al IV millennio a . C., in Mesopotamia.<br />
In Europa , si cominciò a usare l’aratro solo dopo il II millennio a . C; ma le<br />
testimonianze risalgono all’Età del Bronzo.<br />
I roghudesi utilizzavano aratri rovesciatori ordinari ,i quali posseggono tre categorie<br />
di organi fondamentali ;organi operatori: coltro,vomere e versoio; organi di<br />
collegamento: bure,suo<strong>la</strong>,stego<strong>la</strong>; e organi di rego<strong>la</strong>zione ,che presiedono alle<br />
operazioni di interramento e sterramento degli organi di <strong>la</strong>voro e al<strong>la</strong> rego<strong>la</strong>zione<br />
del<strong>la</strong> profondità e <strong>la</strong>rghezza di <strong>la</strong>voro.<br />
Il coltro ha <strong>la</strong> funzione di operare il taglio verticale del<strong>la</strong> fetta del terreno; ha <strong>la</strong> forma<br />
di un robusto coltello di acciaio a bordo tagliente.<br />
Il vomere ha <strong>la</strong> funzione di operare il taglio orizzontale del<strong>la</strong> fetta e consiste in una<br />
robusta pias<strong>tra</strong> di acciaio di forma <strong>tra</strong>pezoidale.<br />
Il versoio ha il compito di produrre il rovesciamento di <strong>la</strong>to del<strong>la</strong> fetta in precedenza<br />
tagliata dal coltro e dal vomere. Vomere e versoio sono strettamente collegati <strong>tra</strong> loro.<br />
La bure ,consistente in una robusta <strong>tra</strong>ve rettilinea o curva verso il basso, è il<br />
principale organo di collegamento dell’aratro ; al<strong>la</strong> sua parte posteriore sono fissati<br />
gli organi operatori. La suo<strong>la</strong> ,una pias<strong>tra</strong> allungata di acciaio,collega <strong>la</strong> bure al corpo<br />
dell’aratro.<br />
19
La pesca ,come <strong>la</strong> caccia ,era praticata fin dai tempi più remoti.<br />
La forma principale era però quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> pesca di trote presso il fiume Amendolea e<br />
dell’anguil<strong>la</strong> presso il <strong>la</strong>go di Linna, mentre i cacciatori si dedicavano non solo a<br />
cacciare animali selvatici di cui era molto ricca <strong>la</strong> zona, ma soprattutto al<strong>la</strong> caccia del<br />
cinghiale con i cani addes<strong>tra</strong>ti dagli stessi cacciatori che a sua volta erano anche<br />
pastori. L’industria era ed è del tutto assente.<br />
Oggi a Roghudi sono state aperte le seguenti attività:<br />
Numero : 02 - Studi medici.<br />
Numero : 01 - Farmacia.<br />
Numero : 02 - Negozi.<br />
Numero : 01 - Tabacchino.<br />
Numero : 01 - Panificio.<br />
Numero : 01 - Macelleria.<br />
Numero : 04 - Studi tecnici.<br />
“Il Municipio”<br />
20
“Le Poste”<br />
“Le Scuole”<br />
21
L’ARTIGIANATO<br />
L’artigianato roghudese, è stato sempre legato al<strong>la</strong> storia,alle <strong>tra</strong>dizioni ,al<strong>la</strong> vita<br />
del<strong>la</strong> gente e agli aspetti ambientali ,naturali e artistici.<br />
Dal te<strong>la</strong>io a mano ,allo scalpello,al tornio a ruota,col coltellino,nascono unici e<br />
irripetibili oggetti artistici-<strong>tra</strong>dizionali,espressione del<strong>la</strong> vita contadina e rurale.<br />
Il “catojoi” era il luogo adibito a bottega artigianale,anche se i roghudesi amavano<br />
realizzare i loro oggetti mentre portavano il gregge a pasco<strong>la</strong>re.<br />
Oggi gli anziani e qualche giovane , si dedicano ancora a produrre oggetti<br />
artigianali e all’intaglio in legno.<br />
L’intaglio praticato dai roghudesi è di getto ,cioè spontaneo senza guida da disegno.<br />
Il legno dei boschi è stato sempre <strong>la</strong> più importante risorsa per <strong>la</strong> fabbricazione di<br />
coppe,cucchiai ,bastoni per <strong>la</strong> <strong>la</strong>vorazione del <strong>la</strong>tte o del<strong>la</strong> polenta,fusi,stampi<br />
per dolci e per formaggi come <strong>la</strong> musulupara.<br />
I motivi riprodotti sono denti di lupo. rombi,palmette,rosette,croci ,cerchi,<br />
anche se <strong>la</strong> figura femminile è quasi sempre ricorrente in questi oggetti.<br />
Oltre al<strong>la</strong> <strong>la</strong>vorazione del legno <strong>la</strong> produzione artigianale era rappresentata<br />
dal<strong>la</strong> tessitura a te<strong>la</strong>io ormai quasi scomparsa.<br />
L’arte del<strong>la</strong> tessitura, a Roghudi è antichissima.<br />
In ogni casa c’era un te<strong>la</strong>io e le madri insegnavano alle figlie i segreti del<strong>la</strong> fi<strong>la</strong>tura<br />
e del ricamo. Una <strong>tra</strong>dizione <strong>tra</strong>mandata fino ai giorni nostri, dove solo poche persone<br />
si dedicano al<strong>la</strong> <strong>la</strong>vorazione e al<strong>la</strong> decorazione dei tessuti,destinati a diventare coperte<br />
,tappeti,tovaglie,oppure capi di biancheria e di abbigliamento.<br />
Le tecniche di esecuzione erano le più diverse : tessuti lisci a stuoia ,ad arazzo ,a<br />
nodi. Molti anche i tipi di tessuto <strong>tra</strong>dizionale come per esempio,il damasco,<br />
il lino e in partico<strong>la</strong>r modo <strong>la</strong> gines<strong>tra</strong>.<br />
La <strong>la</strong>vorazione del<strong>la</strong>” GINESTRA”.<br />
Tenacemente abbarbicata sulle rupi, si emerge solitaria <strong>la</strong> odorosa GINESTRA,<br />
contribuendo a ravvivare di giallo vivo una costa talvolta arida e deso<strong>la</strong>ta .<br />
I suoi fusti rigidi e flessuosi ,carichi di graziosi fiori gialli,con <strong>la</strong> macerazione ,<br />
venivano <strong>tra</strong>sformati in materia tessile ,fibre ruvide ,forti adatte per <strong>la</strong> preparazioni di<br />
tessuti di tipo rustico.<br />
Dietro questo <strong>la</strong>vorio c’era <strong>la</strong> donna ,<strong>la</strong> quale non sempre aiutata dal marito si<br />
22
apprestava al<strong>la</strong> raccolta del<strong>la</strong> GINESTRA nel mese di agosto,per poi in<strong>tra</strong>prendere <strong>la</strong><br />
dura <strong>la</strong>vorazione del<strong>la</strong> stessa.<br />
Venivano raccolti i rami più teneri ,tagliati corti,si raccoglievano in fasci e si<br />
<strong>tra</strong>sportavano nel torrente più vicino.<br />
I fasci venivano bolliti in grande caldaie per facilitare il distacco del<strong>la</strong> corteccia e<br />
il tutto veniva fatto macerare nel torrente per circa dieci giorni.<br />
Durante questo torno di tempo <strong>la</strong> GINESTRA perdeva il suo colore originale.<br />
I singoli rami venivano strofinati con <strong>la</strong> sabbia fino a quando <strong>la</strong> corteccia si staccava<br />
dai rametti formando dei fi<strong>la</strong>menti chiamati “stuppa”,il tutto veniva ammucchiato<br />
per essere <strong>la</strong>vato .Si scartavano i fi<strong>la</strong>menti più grossi e robusti che si utilizzavano per<br />
fare corde,stoppini ecc, mentre quelli più sottili venivano cardati con uno strumento<br />
rudimentale che era costituito da due tavole rettango<strong>la</strong>ri di circa un metro di<br />
lunghezza e <strong>la</strong>rghe circa trenta centimetri da dove fuoriuscivano dei robusti chiodi.<br />
Una delle due tavole veniva fissata in un cavalletto e su questa si appoggiava un<br />
mucchietto al<strong>la</strong> volta di questa gines<strong>tra</strong>.,<strong>la</strong>na,seta o canapa ,già pronta per <strong>la</strong><br />
cardatura, fino a quando non si ricavava un mucchietto soffice.<br />
Iniziava così <strong>la</strong> fi<strong>la</strong>tura, <strong>la</strong> GINESTRA veniva raccolta in matasse ed era pronta per<br />
il te<strong>la</strong>io ricavando così del<strong>la</strong> te<strong>la</strong> molto resistente e ruvida.<br />
Venivano realizzate coperte, copriletto,lenzuo<strong>la</strong>,strofinacci,tovaglie e sacchi.<br />
23
LA GASTRONOMIA:<br />
La <strong>tra</strong>dizione gastronomica è ancora autentica basata soprattutto sul<strong>la</strong> frittura.<br />
Tra i piatti tipici vanno menzionati :<br />
<strong>la</strong> capra bollita/ in greco erga vrameni o al ragù; le frittole o cicciole;focacce;<br />
scardatelli/anavamèna;pitte con <strong>la</strong> ricotta ;maccaruni di casa;polenta con<br />
il <strong>la</strong>tte /curcudia;fichi secchi;ta plutaria o pe<strong>tra</strong>li, aggute o cuddhuredda o Ngute .<br />
Tra le conserve gustosi sono i pomodori e le varietà di olive sott’olio.<br />
I vari tipi di insaccati :sa<strong>la</strong>mi,da gustare con il pane di grano fatto con il<br />
forno a legna.<br />
Rinomata è <strong>la</strong> produzione di ricotta e di formaggi ,con il caglio ricavato dai<br />
capretti e con il legno dell’albero dei fichi.<br />
“ I MACCARUNI”.<br />
I maccaruni sono piccoli cilindri di pasta di grano tenero e duro, con una<br />
cavità cen<strong>tra</strong>le che si ottiene <strong>tra</strong>mite il 'ferretto'. ai maccaruni veniva riservata<br />
<strong>la</strong> farina più "bel<strong>la</strong>". Per ottenere i maccaruni si mesco<strong>la</strong> farina di grano<br />
tenero e duro, in parti uguali, e impastata con acqua tiepida. Si <strong>la</strong>vora<br />
l'impasto fino ad ottenere una massa di consistenza dura. Si formano dei<br />
cilindri di pasta, si esercita una leggera pressione sul bastoncino di pasta con<br />
il 'ferretto' (tipo ferri utilizzati per <strong>la</strong>vorare <strong>la</strong> <strong>la</strong>na) e si <strong>la</strong>vora avanti e<br />
indietro in modo tale da ottenere una cavità al centro del bastoncino di pasta e<br />
infine si sfi<strong>la</strong> il maccherone cosi' ottenuto. Si <strong>la</strong>sciano asciugare e quindi<br />
vengono cotti in abbondante acqua per almeno mezz'ora, quando sono ancora<br />
freschi.Poi si seccava al sole e <strong>la</strong> pasta così <strong>tra</strong>ttata durava due o tre anni,<br />
soprattutto quando venivano confezionati con <strong>la</strong> luna di agosto. Si consigliava<br />
di cuocer<strong>la</strong> in brodo di carne, condir<strong>la</strong> con abbondante cacio grattugiato,<br />
burro e spezie dolci. Per avere una giusta cottura si dovevano bollire per<br />
almeno due ore. Oggi i maccaruni vengono passati con il danaco di circa un<br />
millimetro di spessore, ricavato da una specie di canna con chiome taglienti<br />
che cresce lungo gli argini del<strong>la</strong> s<strong>tra</strong>da. In alternativa si usano i più comuni<br />
ferri per <strong>la</strong>vorare <strong>la</strong> <strong>la</strong>na.<br />
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“CURIOSITA’ E TRADIZIONI”<br />
Le feste patronali : continuano ad essere quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> Madonna delle<br />
Grazie ,per Roghudi , il due di luglio di ogni anno e per, Ghorio quel<strong>la</strong><br />
del<strong>la</strong> Madonna dell’Annunziata che ricorre il venticinque marzo ma è<br />
festeggiata <strong>la</strong> penultima domenica di settembre.<br />
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Tuttavia con <strong>la</strong> <strong>ricostruzione</strong> de “<strong>la</strong> nuova Roghudi”è venuta meno <strong>la</strong><br />
distinzione <strong>tra</strong> Roghudi comune e Ghorio frazione.<br />
Da ricordare che le ricorrenze festive vengono rigorosamente rispettate ,in<br />
quanto gli anziani raccontano che un anno si volle spostare <strong>la</strong> festa in<br />
onore del<strong>la</strong> Madonna delle Grazie in quanto tale festività cadeva in un<br />
giorno feriale ,determinando <strong>la</strong> perdita di una giornata di <strong>la</strong>voro nei campi.<br />
Questo proposito,si dice,non fu gradito dal<strong>la</strong> Madonna che mandò,per quel<br />
giorno,una terribile tempesta di vento fino a distruggere i raccolti e le<br />
stesse spighe di grano furono divelte al suolo.<br />
UCCISIONE DEL MAIALE: I mesi che vanno da novembre a marzo,<br />
sono impiegati,per l’uccisione del maiale ,antichissima <strong>tra</strong>dizione,nel<strong>la</strong><br />
quale si trovano ancora l’odore e il sapore del passato.<br />
La caratteristica del maiale è che tutte le parti del suo corpo, anche<br />
quelle cosiddette di scarto, si utilizzano per un qualche cosa.<br />
Do porcu nun si jietta<br />
nenti ( del maiale non si<br />
butta niente)”. Ad esempio,<br />
<strong>la</strong> lunga seto<strong>la</strong> è utile al<br />
calzo<strong>la</strong>io per infi<strong>la</strong>re lo<br />
spago nel<strong>la</strong> lesina e<br />
riparare le scarpe.<br />
Terminata <strong>la</strong> fase del<strong>la</strong><br />
spel<strong>la</strong>tura, che avviene con<br />
coltello ed acqua calda, il<br />
maiale viene appeso al soffitto negli appositi ganci. Segue ora un<br />
<strong>la</strong>voro accurato da parte delle donne che devono <strong>la</strong>vare per bene gli<br />
intestini con acqua e limone.<br />
La <strong>la</strong>vorazione del<strong>la</strong> carne inizia <strong>la</strong> mattina seguente con <strong>la</strong><br />
triturazione e l’impasto con sale e pepe rosso, indi si procede al<strong>la</strong><br />
preparazione di salsicce e soppressate.<br />
Queste prelibatezze vengono legate ben strette con degli spaghi e<br />
successivamente appese, possibilmente in cucina, in modo da potersi<br />
asciugare al fuoco del camino.<br />
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Dopo ventiquattro ore le soppressate vengono rimosse e messe sotto<br />
peso (da qui deriva il suo nome) poi di nuovo al suo posto e poi ancora<br />
sotto peso. La soppressata, insieme al<strong>la</strong> salsiccia, è uno dei simboli<br />
del<strong>la</strong> gastronomia ca<strong>la</strong>brese e si usa preparar<strong>la</strong> sia con pepe rosso che<br />
con pepe nero. Col maiale si preparano ancora prosciutti e capicolli<br />
(per <strong>la</strong> verità non all’altezza delle precedenti) ma anche <strong>la</strong> ‘nduja, detta<br />
“<strong>la</strong> salsiccia dei poveri” in quanto si prepara con <strong>la</strong> carne di scarto, <strong>la</strong><br />
pancetta che consiste in pezzi di costolette ben sa<strong>la</strong>te.<br />
E-book fotografico<br />
“L’ultimo abitante di Roghudi”<br />
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“Coledda”<br />
“Roccaforte del Greco”<br />
28
“Ghorio di Roccaforte”<br />
29
“Alcuni scorci di Roghudi”<br />
“La Gurna”<br />
30
“Le cascate di Linna”<br />
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