Le orchidee spontanee del piacentino - Osservatorio Trebbia
Le orchidee spontanee del piacentino - Osservatorio Trebbia
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Luciano Bongiorni<br />
<strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong><br />
<strong>spontanee</strong><br />
<strong>del</strong> Piacentino
Ringrazio il prof. Paolo Grünanger per i preziosi consigli e il<br />
determinante supporto bibliografico. Ringrazio Romina Bongiorni<br />
e Sandra Pareti per la battitura <strong>del</strong> testo.<br />
Ringrazio infine Adalgisa Torselli, Elena Schiavi e Fausta Casadei<br />
<strong>del</strong>la Provincia di Piacenza per il sostegno nella pubblicazione<br />
<strong>del</strong>l’opera.<br />
Testo e fotografie di Luciano Bongiorni<br />
Disegni di Loredana Bongiorni<br />
Grafica e impaginazione: Luca Gilli<br />
Coordinamento redazionale: Lisa Berté<br />
Planorbis editore<br />
ISBN 88-901385-2-1<br />
Studio<br />
Luciano B.<br />
LA PROVINCIA DI PIACENZA 7<br />
INQUADRAMENTO GEOLOGICO 8<br />
IL CLIMA DELLA PROVINCIA DI PIACENZA 10<br />
FLORA E VEGETAZIONE DEL PIACENTINO 12<br />
PREMESSA 16<br />
LE ORCHIDEE 17<br />
L’apparto radicale 17<br />
Il fusto 18<br />
<strong>Le</strong> foglie e le brattee 19<br />
Il fiore 19<br />
La resupinazione 20<br />
<strong>Le</strong> variazioni di colore 21<br />
<strong>Le</strong> anomalie di forma 21<br />
Gli organi riproduttivi 22<br />
L’impollinazione 23<br />
L’autoimpollinazione 23<br />
La germinazione 25<br />
Il ciclo vitale 25<br />
PROTEZIONE E CAUSE DI RAREFAZIONE 26<br />
Situazione nel <strong>piacentino</strong><br />
ed eventuali forme di prevenzione 27<br />
I GENERI PRESENTI NELLA<br />
PROVINCIA DI PIACENZA 29<br />
SISTEMA PER DETERMINARE I GENERI<br />
PRESENTI NEL PIACENTINO 39<br />
LE SCHEDE DELLE SPECIE 41<br />
Epipactis atrorubens 42<br />
E. distans 44<br />
E. gracilis 46<br />
E. helleborine 48<br />
E. leptochila 50<br />
E. microphylla 52<br />
E. muelleri 54<br />
E. palustris 56<br />
E. placentina 58<br />
E. viridiflora 60<br />
Cephalanthera damasonium 62<br />
C. longifolia 64<br />
C. rubra 66<br />
Limodorum abortivum 68<br />
Neottia nidus-avis 70<br />
Epipogium aphyllum 72<br />
Corallorhiza trifida 74<br />
Listeria cordata 76<br />
L. ovata 78<br />
Spiranthes spiralis 80<br />
Goodyera repens 82<br />
Platanthera bifolia 84<br />
P. chlorantha 86<br />
Gymnadenia conopsea 88<br />
G. odoratissima 90<br />
Pseudorchis albida 92<br />
Nigritella rhellicani 94<br />
INDICE<br />
Coeloglossum viride 96<br />
Dactylorhiza incarnata 98<br />
D. lapponica 100<br />
D. maculata 102<br />
D. majalis 104<br />
D. sambucina 106<br />
Traunsteinera globosa 108<br />
Orchis anthropophora 110<br />
O. coriophora subsp. fragrans 112<br />
O. laxiflora 114<br />
O. mascula 116<br />
O. militaris 118<br />
O. morio 120<br />
O. pallens 122<br />
O. papilionacea 124<br />
O. provincialis 126<br />
O. purpurea 128<br />
O. simia 130<br />
O. tridentata 132<br />
O. ustulata 134<br />
Himantoglossum adriaticum 136<br />
H. hircinum 138<br />
Anacamptis pyramidalis 140<br />
Serapias neglecta 142<br />
S. vomeracea 144<br />
Ophrys apifera 146<br />
O. benacensis 148<br />
O. fuciflora 150<br />
O. fuciflora subsp. elatior 152<br />
O. fusca 154<br />
O. insectifera 156<br />
O. sphegodes 158<br />
IBRIDAZIONE 160<br />
GLOSSARIO 162<br />
BIBLIOGRAFIA 163
Ad un anno dall’uscita <strong>del</strong> volume “<strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong> Piacentino” di Luciano<br />
Bongiorni, che tanto interesse ha suscitato tra botanici, appassionati e semplici<br />
cittadini, è con soddisfazione che mi accingo a presentare questa nuova edizione<br />
<strong>del</strong> volume, stampata in un nuovo formato, più pratico, maggiormente adatto ad un<br />
uso di campagna. D’altronde, ritengo che la funzione che più si addica ad un libro di<br />
botanica sia quella di accompagnare e guidare l’appassionato o il ricercatore nelle<br />
sue escursioni nell’ambiente naturale.<br />
Per quanto riguarda i contenuti, questa nuova edizione riporta fe<strong>del</strong>mente i testi e<br />
le immagini <strong>del</strong>la precedente che, mi preme ricordarlo, vide la stampa per iniziativa<br />
di colei che mi ha preceduto all’Assessorato Ambiente <strong>del</strong>la Provincia di Piacenza: la<br />
professoressa Adriana Bertoni. E proprio dalla presentazione che scrisse allora Adriana,<br />
ho tratto alcune considerazioni che non posso non fare mie:<br />
“… Fiori dalle forme molteplici e dai colori sgargianti, che ci affascinano per la bellezza<br />
e la rarità, suscitano grande interesse per il valore scientifico e naturalistico.<br />
Tutelati dalla legislazione comunitaria e regionale, sono minacciati dalle trasformazioni<br />
ambientali in atto (su tutto, la distruzione <strong>del</strong>le aree umide); dall’abbandono<br />
<strong>del</strong>le pratiche agricole e pastorali tradizionali (ad esempio il mancato sfalcio <strong>del</strong>le<br />
praterie montane); dall’incursione di alcuni animali selvatici (i cinghiali ne mangiano<br />
i tuberi).<br />
… <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> selvatiche costituiscono una parte di questo patrimonio naturale di<br />
cui la provincia di Piacenza è ancora ricca. Agli amministratori in primis il compito e la<br />
responsabilità di salvaguardarlo e valorizzarlo con la collaborazione e la cura di quanti<br />
ancora abitano, frequentano e amano questi ambienti così <strong>del</strong>icati e così importanti<br />
per il mantenimento <strong>del</strong>la biodiversità. Che, non scordiamolo, è l’assicurazione che<br />
abbiamo sulla vita e sul futuro.”<br />
Un sentito ringraziamento va naturalmente all’autore <strong>del</strong> libro, il signor Luciano<br />
Bongiorni, esperto “orchidofilo”, che tanta passione e tanto tempo <strong>del</strong>la sua vita<br />
dedica allo studio ed alla protezione <strong>del</strong>la flora piacentina. Un ringraziamento anche<br />
ai dipendenti <strong>del</strong> Servizio Ambiente <strong>del</strong>la Provincia di Piacenza che hanno collaborato<br />
a questa nuova edizione.<br />
L’ASSESSORE ALL’AMBIENTE<br />
DELLA PROVINCIA DI PIACENZA<br />
Gianluigi Ziliani<br />
4 5
LA PROVINCIA DI PIACENZA<br />
La provincia di Piacenza è collocata nel<br />
settore più occidentale <strong>del</strong>la regione<br />
Emilia-Romagna con la quale ha in<br />
comune anche i confini ad eccezione di<br />
quello orientale. Il confine settentrionale<br />
è <strong>del</strong>imitato dalle anse <strong>del</strong> Fiume Po che<br />
la separano dalla Lombardia e quindi<br />
dalle province di Pavia, Lodi, Cremona<br />
(procedendo da ovest verso est). La<br />
provincia di Pavia <strong>del</strong>imita poi tutto il<br />
confine occidentale fino a raggiungere<br />
il settore montano ove solo un piccolo<br />
lembo confina con il Piemonte (provincia<br />
di Alessandria). A sud troviamo la Liguria<br />
con la provincia di Genova che le contrappone<br />
la dorsale appenninica che si<br />
affaccia sul mare Tirreno; ad est, invece,<br />
troviamo la provincia di Parma.<br />
Il territorio provinciale si estende su<br />
circa 2.590 Kmq di superficie suddivisi<br />
in tre settori: pianura (27,3%), collina<br />
(36,7%), montagna (36%). Il settore<br />
pianeggiante è il meno rappresentato<br />
e termina approssimativamente sui 100<br />
metri di quota, mentre i rilievi interessano<br />
la maggior parte <strong>del</strong> territorio (73%).<br />
Nella zona di transizione tra l’alta e la<br />
bassa pianura sono presenti fenomeni di<br />
risorgenza che in provincia interessano<br />
soprattutto i comuni di Fiorenzuola<br />
d’Arda, Pontenure e Castelsangiovanni.<br />
Evidenti terrazzi fluviali, lembi <strong>del</strong>l’antica<br />
pianura, emergono dall’attuale area<br />
pianeggiante costituendo una fascia<br />
altocollinare-pedemontana. La collina<br />
inizia intorno ai 100 metri sul livello <strong>del</strong><br />
mare e si spinge fino a circa 600-800<br />
metri, dove inizia il settore montano. <strong>Le</strong><br />
vette più alte si trovano nell’alta Val Nure<br />
(M. Ragola 1.771 m, M. Nero 1.753 m,<br />
M. Bue 1.777 m) e nell’alta Val <strong>Trebbia</strong><br />
(M. Alfeo 1.650 m, M. <strong>Le</strong>sima 1.724 m,<br />
M. Carmo 1.640 m). <strong>Le</strong> quote più alte<br />
<strong>del</strong>la Val Nure sono state interessate da<br />
imponenti fenomeni glaciali che hanno<br />
caratterizzato gran parte di questi territori<br />
con la presenza di circhi glaciali,<br />
laghetti e morene. La presenza di laghi<br />
naturali infatti è concentrata principalmente<br />
in questa valle: Lago Nero, Lago<br />
Bino, Lago Moo.<br />
La provincia presenta quattro corsi d’ac-<br />
di Lisa Berté, naturalista<br />
qua principali che procedendo da ovest<br />
verso est sono: il Torrente Tidone, il Fiume<br />
<strong>Trebbia</strong>, il Torrente Nure e il Torrente<br />
Arda. Il Tidone nasce lungo le pendici <strong>del</strong><br />
Monte Penice (1.460 m) e sfocia nel Po<br />
presso Rottofreno. Lungo il suo corso<br />
riceve le acque dei torrenti Tidoncello<br />
e Luretta. Il Fiume <strong>Trebbia</strong> nasce dal M.<br />
Prelà, in provincia di Genova e dopo<br />
circa 114 km sfocia nel Po vicino alla città<br />
di Piacenza. Suoi principali affluenti sono<br />
i torrenti Brugneto, Pesca e Cassingheno<br />
in provincia di Genova; l’Avagnone in<br />
territorio pavese; l’Aveto e il Boreca in<br />
territorio <strong>piacentino</strong>. Il Torrente Nure<br />
nasce alle pendici <strong>del</strong> M. Ragola (1.771<br />
m) e <strong>del</strong> M. Nero (1.753 m) e dopo<br />
circa 60 km sfocia nel Po nei pressi di<br />
Roncaglia. Riceve le acque dei torrenti<br />
Lavaiana, Lardana e Grondana. L’Arda<br />
invece nasce di Monti Lama (1.335 m) e<br />
Menegosa (1.356 m) e prima di gettarsi<br />
nel Po nei pressi di Villanova si unisce al<br />
torrente Ongina.<br />
Il Tidone e l’Arda sono caratterizzati<br />
dalla presenza di due invasi artificiali:<br />
rispettivamente il lago di Trebecco e il<br />
lago di Mignano.<br />
6 7
INQUADRAMENTO GEOLOGICO<br />
<strong>Le</strong> rocce <strong>del</strong> <strong>piacentino</strong> possono essere<br />
suddivise, in base alla loro area di origine,<br />
in tre grandi “insiemi” geologici:<br />
il “Substrato Alloctono”, i “Depositi<br />
Neoautoctoni” e la “Copertura Autoctona”.<br />
Il SUBSTRATO ALLOCTONO, che comprende<br />
le “Unità Liguri” e le “Successioni<br />
Epiliguri”, è prevalentemente formato:<br />
- da rocce magmatiche, più o meno<br />
alterate da processi chimico-fisici<br />
e qui riferibili a serpentiniti (bran<strong>del</strong>li<br />
<strong>del</strong> “mantello” semifuso su cui<br />
galleggia la crosta terrestre), gabbri<br />
(derivanti dalla lenta solidificazione<br />
di lave all’interno <strong>del</strong>la crosta terrestre)<br />
e basalti (prodotti dalla rapida<br />
solidificazione di lave in ambienti<br />
subacquei);<br />
- da rocce sedimentarie,e per lo più costituite<br />
da estese formazioni argillose<br />
e da “flysch” (ritmiche alternanze<br />
di arenarie, calcari e marne derivanti<br />
dall’accumulo di materiali mobilitati<br />
da eventi franosi sottomarini).<br />
Nell’arco degli ultimi 140 milioni di<br />
anni queste rocce, che si formarono<br />
nell’antico oceano Tetide ubicato<br />
in corrispondenza <strong>del</strong>l’attuale<br />
area Tirrenica, sono state traslate<br />
e sollevate sino alla posizione attuale<br />
(da cui il termine “alloctone”)<br />
dalle forze compressive che hanno<br />
portato alla formazione (orogenesi)<br />
<strong>del</strong>l’appennino.<br />
Mentre nelle aree di crinale ai<br />
confini con il Parmense e la Liguria<br />
predominano le rocce magmatiche<br />
(note come ofioliti, dal greco<br />
ofio=serpente e litos=pietra, per il<br />
loro colore verde-scuro screziato di<br />
chiaro che ricorda la pelle di alcuni<br />
serpenti), nelle zone comprese tra<br />
il crinale ed il margine appenninico<br />
abbondano i flysch ed i grandi<br />
complessi argillosi alloctoni, da cui<br />
emergono per maggior resistenza<br />
all’erosione le ofioliti di Monte Tre<br />
Abati, M. S.Agostino, M. Capra, M.<br />
Pradegna, Pietra Parcellara, Pietra<br />
Perduca, Castello di Gropparello<br />
di Gianluca Raineri, Riserva Naturale Geologica <strong>del</strong> Piacenziano<br />
ed altre ancora; queste ultime, a<br />
differenza dei complessi di crinale,<br />
sono “sradicate” dal loro substrato<br />
originario ed inglobate nei complessi<br />
argillosi alloctoni.<br />
I DEPOSITI NEOAUTOCTONI sono in<br />
genere costituiti da potenti successioni<br />
di argille, limi e sabbie accumulatisi sui<br />
fondali <strong>del</strong>l’ampio golfo marino che,<br />
tra circa 5,3 e 1,2 milioni di anni fa,<br />
dall’Adriatico si estendeva verso Ovest<br />
occupando l’attuale pianura padana.<br />
La scarsa traslazione subita da questi<br />
sedimenti rispetto al luogo d’origine<br />
è sintetizzata nell’appellativo “neoautoctoni”;<br />
fanno parte di essi i depositi<br />
fossiliferi affioranti sul margine appenninico<br />
compreso tra la valle <strong>del</strong> Vezzeno<br />
e la valle <strong>del</strong>l’Ongina, le cui peculiarità<br />
geo-paleontologiche ben documentano<br />
l’evoluzione ambientale di questo settore<br />
<strong>del</strong> territorio <strong>piacentino</strong> tra 5,3 e 1,4<br />
milioni di anni fa (Pliocene – Pleistocene<br />
inferiore).<br />
La zona compresa tra Castell’Arquato<br />
e Lugagnano V. Arda in particolare è<br />
sede <strong>del</strong>lo stratotipo storico <strong>del</strong> Piacenziano,<br />
quel periodo di storia <strong>del</strong>la<br />
Terra compreso tra 3,6 e 2,6 milioni di<br />
anni fa, e costituisce da oltre due secoli<br />
un punto di riferimento fondamentale<br />
per coloro che studiano il Pliocene <strong>del</strong><br />
Mediterraneo e le variazioni climatiche<br />
che hanno accompagnato il progressivo<br />
raffreddamento <strong>del</strong> nostro emisfero;<br />
non a caso quindi questa porzione <strong>del</strong><br />
territorio <strong>piacentino</strong>, definibile a pieno<br />
titolo come “culla <strong>del</strong> Pliocene”, è oggi<br />
sede <strong>del</strong>la Riserva Naturale Geologica<br />
<strong>del</strong> Piacenziano.<br />
La COPERTURA AUTOCTONA, è principalmente<br />
costituita da ghiaie, sabbie<br />
e fanghi di origine alluvionale, fluviale o<br />
lacustre, accumulatisi nello stesso luogo<br />
(“autoctoni”) in cui oggi si rinvengono ed<br />
organizzati in successioni sedimentarie,<br />
o meglio in Sequenze Deposizionali, note<br />
come Sintemi.<br />
Questi ultimi sono tra loro suddivisi da<br />
evidenti discordanze riferibili a cicliche<br />
fasi di avanzamento (trasgressione) o<br />
arretramento (regressione) <strong>del</strong> mare<br />
rispetto alle terre emerse, riconducibili<br />
a sollevamenti <strong>del</strong>la catena appenninica<br />
e/o ad approfondimenti <strong>del</strong> bacino<br />
padano e/o alle marcate variazioni<br />
<strong>del</strong> livello di base <strong>del</strong> mare che hanno<br />
accompagnato le fasi glaciali (aumento<br />
dei ghiacci sulle terre emerse<br />
abbassamento <strong>del</strong> livello <strong>del</strong> mare<br />
incremento <strong>del</strong>le terre emerse) ed<br />
interglaciali (scioglimento dei ghiacci<br />
innalzamento <strong>del</strong> livello <strong>del</strong> mare<br />
riduzione <strong>del</strong>le terre emerse) <strong>del</strong><br />
Pleistocene medio-superiore (tra circa<br />
800.000 e 10.000 anni fa).<br />
L’accumulo di questi depositi, i più<br />
recenti in ordine di tempo, ha contribuito<br />
in modo determinante al definitivo<br />
colmamento <strong>del</strong> golfo marino padano<br />
ed alla formazione <strong>del</strong>l’attuale Pianura<br />
Padana.<br />
<strong>Le</strong> rocce di questi tre grandi raggruppamenti<br />
possono a loro volta essere<br />
suddivise in unità di rango inferiore in<br />
funzione <strong>del</strong>la loro genesi, composizione<br />
mineralogica, età, ecc. Assegnando ad<br />
ogni insieme roccioso un colore e riportando<br />
su base topografica la relativa<br />
estensione territoriale si ottiene uno<br />
strumento di fondamentale importanza<br />
per la gestione e la programmazione<br />
territoriale: la “Carta Geologica”.<br />
La Carta Geologica qui proposta ben evidenzia la distribuzione provinciale dei tre<br />
grandi insiemi rocciosi menzionati: il substrato alloctono si estende dalle cime più<br />
alte <strong>del</strong>l’appennino sino ai contrafforti collinari dove affiorano i soprastanti depositi<br />
neoautoctoni che a loro volta sono ricoperti, da qui sino al fiume Po, dai sedimenti<br />
<strong>del</strong>la copertura autoctona.<br />
8 9
IL CLIMA DELLA PROVINCIA DI PIACENZA<br />
Il clima <strong>del</strong> territorio <strong>piacentino</strong> può essere<br />
descritto come un clima temperato o di<br />
tipo “C” secondo Köppen (temperatura<br />
media <strong>del</strong> mese più freddo compresa<br />
tra -3°C e +18°C); più in particolare<br />
il territorio di pianura e collina risulta<br />
caratterizzato da un clima temperato subcontinentale<br />
(temperatura media annua<br />
compresa tra 10°C e 14,4°C, temperatura<br />
media <strong>del</strong> mese più freddo compresa tra<br />
-1°C e +3,9°C, da uno a tre mesi con<br />
temperatura media >20°C, escursione<br />
annua superiore a 19°C), mentre il territorio<br />
di montagna è caratterizzato da<br />
un clima temperato fresco (temperatura<br />
media annua compresa tra 6°C e 10°C,<br />
temperatura media <strong>del</strong> mese più freddo<br />
compresa tra 0°C e +3°C, media mese<br />
più caldo tra 15 e 20°C, escursione annua<br />
tra 18 e 20°C). Con riferimento alla<br />
serie di osservazioni dal 1958 al 1983<br />
pubblicata da Istat, la temperatura media<br />
annuale è di 12.2°C a Piacenza, scende<br />
a 11.5-12°C nelle località di media collina<br />
e di fondovalle (Bettola, Bobbio) e<br />
scende a 8.5°C nelle stazioni più elevate<br />
di fondovalle (Losso, comune di Ottone,<br />
416 m). Il mese più freddo è Gennaio, che<br />
fa registrare una media mensile di 0.8°C<br />
a Piacenza e di –1.1°C a Losso; il mese<br />
più caldo è Luglio, con una temperatura<br />
media di 22.9°C a Piacenza e di 18.1°C<br />
a Losso.<br />
I fattori geografici che contribuiscono<br />
maggiormente a determinare le caratteristiche<br />
termiche <strong>del</strong> clima <strong>del</strong> territorio<br />
<strong>piacentino</strong> sono essenzialmente due:<br />
la sua collocazione nel cuore <strong>del</strong>la Val<br />
Padana occidentale (lontano dalle masse<br />
d’acqua mediterranee) che determina<br />
soprattutto il carattere di continentalità<br />
(elevate escursioni termiche giornaliere e<br />
annuali); e la presenza <strong>del</strong> rilievo appenninico<br />
il quale, come confine meridionale<br />
<strong>del</strong>la Val Padana, contribuisce a fornire<br />
alla collina le caratteristiche climatiche di<br />
“versante”, mentre come spartiacque con<br />
il versante ligure fa giungere alla fascia più<br />
alta <strong>del</strong>la montagna piacentina l’influenza<br />
<strong>del</strong> clima sublitoraneo e temperato caldo<br />
<strong>del</strong>la Liguria.<br />
<strong>Le</strong> conseguenze climatiche di questi<br />
di Paolo <strong>Le</strong>ga, Servizio Programmazione Territoriale e Urbanistica<br />
Amministrazione Provinciale di Piacenza<br />
fattori geografici, assieme alla configurazione<br />
orografica più generale <strong>del</strong>la Valle<br />
Padana, sono estremamente rilevanti<br />
per il territorio <strong>piacentino</strong>: il carattere di<br />
continentalità è infatti accentuato nella<br />
fascia di pianura (a Piacenza si registra<br />
un’escursione annua media di 22.1°C e<br />
un’escursione giornaliera media in Luglio<br />
di 13.0°C), ma si riduce con la diminuzione<br />
<strong>del</strong>la latitudine e con l’avvicinamento<br />
al crinale ligure (a Losso escursione annua<br />
media di 19.2°C e giornaliera in Luglio di<br />
11.6°C); le valli piacentine più prossime<br />
alla regione ligure godono pertanto di<br />
un clima decisamente più temperato e<br />
meno continentale. Si può inoltre ben<br />
osservare che la fascia di media collina,<br />
indicativamente compresa tra i 150 e i<br />
400 m di altitudine, collocata al di sopra<br />
<strong>del</strong>la sommità media <strong>del</strong>le inversioni<br />
termiche <strong>del</strong>la Valle Padana, gode di un<br />
regime termico più temperato e mite sia<br />
di quello <strong>del</strong>la pianura che di quello <strong>del</strong>la<br />
montagna. In questa fascia infatti si hanno<br />
escursioni termiche annuali più ridotte<br />
(19.3°C a Castellana di Gropparello, con<br />
temperature invernali più elevate rispetto<br />
alla pianura, e temperature estive più<br />
basse) e più basse escursioni giornaliere<br />
medie (9.4°C in Luglio).<br />
Sotto il profilo pluviometrico, il clima <strong>del</strong><br />
territorio <strong>piacentino</strong> è caratterizzato dal<br />
tipico regime sublitoraneo appenninico o<br />
padano, che presenta due valori massimi<br />
<strong>del</strong>le precipitazioni mensili in primavera<br />
e in autunno, e due minimi in inverno e<br />
in estate: di questi, il massimo autunnale<br />
e il minimo estivo sono più accentuati<br />
degli altri due. L’altezza totale annua <strong>del</strong>le<br />
precipitazioni è pari a circa 850-900<br />
mm nella fascia <strong>del</strong>la pianura piacentina<br />
distribuiti su 80-85 giorni piovosi, mentre<br />
sale a 1000-1500 mm nella fascia <strong>del</strong>la<br />
media collina su circa 100 giorni piovosi,<br />
subendo un incremento mediamente<br />
proporzionale all’aumento di altitudine;<br />
a partire da questa fascia (intorno ai<br />
400-600 m di quota), l’altezza <strong>del</strong>le<br />
precipitazioni subisce, a parità di quota,<br />
un incremento inverso alla latitudine,<br />
in quanto fortemente influenzata dai<br />
sistemi frontali che traggono origine<br />
dalle depressioni che si vanno formando<br />
con elevata frequenza sul Mar Ligure e<br />
sull’alto Tirreno. Con riferimento al periodo<br />
1958-1983, Luglio è il mese meno<br />
piovoso <strong>del</strong>l’anno, con 45 mm a Piacenza<br />
distribuiti su 4.5 giorni piovosi, e 67 mm<br />
a Losso su 6.3 giorni piovosi; per contro,<br />
Ottobre risulta il mese più piovoso con<br />
107 mm su 7.8 giorni piovosi a Piacenza,<br />
e 187 mm su 9 giorni piovosi a Losso, seguito<br />
però a brevissima distanza dal mese<br />
di Novembre. Negli ultimi due decenni<br />
tuttavia il regime pluviometrico sembra<br />
essersi progressivamente modificato, a<br />
favore di una riduzione <strong>del</strong>le precipitazioni<br />
invernali (in particolare Febbraio) e di un<br />
aumento di quelle autunnali (in particolare<br />
Ottobre).<br />
<strong>Le</strong> intensità giornaliere medie di precipitazione<br />
vanno da valori minimi di 8-15<br />
mm/g in pianura, fino a 25 mm/g e oltre<br />
nelle zone più interne <strong>del</strong>la fascia di montagna;<br />
i valori massimi assoluti di pioggia<br />
giornaliera vanno invece dai 100-120<br />
mm/g registrati in pianura tra Agosto e<br />
Settembre, ai 100-170 mm/g <strong>del</strong>la media<br />
collina registrati in Agosto (temporali<br />
convettivi estivi), fino ai 150-220 mm/g<br />
registrati in montagna tra Settembre e<br />
Novembre (prodotti dai fronti freddi<br />
autunnali in transito da Ovest).<br />
Il bilancio idrico teorico annuale (precipitazioni<br />
meno evapotraspirazione<br />
potenziale) si chiude con un debole surplus<br />
nella fascia di pianura (30-60 mm),<br />
mentre raggiunge un saldo positivo di<br />
700-1000 mm nella fascia di montagna<br />
(Losso); in pianura il primo mese in cui il<br />
saldo <strong>del</strong> bilancio teorico risulta negativo<br />
è Aprile, mentre in montagna è Maggio;<br />
viceversa, dopo i mesi estivi in cui il<br />
bilancio mensile risulta costantemente<br />
deficitario, il primo mese in cui ritorna<br />
eccedentario è Settembre in montagna<br />
e Ottobre in pianura.<br />
10 11
FLORA E VEGETAZIONE DEL PIACENTINO<br />
Il patrimonio floristico <strong>del</strong>la provincia<br />
di Piacenza conta circa 1600 specie<br />
censite, comprese felci ed equiseti, con<br />
una spiccata diversificazione nelle diverse<br />
fasce altitudinali, da ricondurre sia alle<br />
variazioni dei parametri climatici, sia alla<br />
diversa incidenza <strong>del</strong>l’azione <strong>del</strong>l’uomo sul<br />
paesaggio e sugli ecosistemi naturali.<br />
L’attuale assetto vegetazionale e floristico<br />
<strong>del</strong> nostro territorio va fatto risalire alla<br />
fine <strong>del</strong>l’ultimo periodo glaciale, circa<br />
10.000 anni fa. Gli sconvolgimenti<br />
climatici <strong>del</strong> Quaternario, noti come glaciazioni,<br />
hanno letteralmente spazzato<br />
via dal continente europeo la flora <strong>del</strong><br />
Terziario, lasciando solo poche ma significative<br />
testimonianze: fra queste specie<br />
relitte ricordiamo, per il nostro territorio,<br />
l’Agrifoglio (Ilex aquifolium), la Felcetta<br />
lanosa (Notholaena marantae), esclusiva<br />
<strong>del</strong>le ofioliti, e il raro Astragalus sirinicus,<br />
piccolo arbusto spinoso presente, con<br />
un piccolo popolamento, sulla cima di<br />
Monte <strong>Le</strong>sima.<br />
Con l’aumento <strong>del</strong>la temperatura ed il ritiro<br />
dei ghiacciai, presenti anche sul nostro<br />
Appennino, diverse piante dei climi freddi<br />
(alpine ed artico-alpine) hanno trovato<br />
degli ambienti rifugio in poche stazioni<br />
in prossimità dei crinali più alti: è il caso<br />
ad esempio <strong>del</strong> Pino uncinato di Monte<br />
Nero, stretto parente <strong>del</strong> Pino mugo <strong>del</strong>le<br />
Alpi, che è riuscito a sopravvivere sino ai<br />
nostri giorni colonizzando i ghiaioni più<br />
scoscesi ed esposti.<br />
Durante il postglaciale, l’alternarsi di<br />
periodi più freddi e più caldi ha portato<br />
alla graduale sostituzione <strong>del</strong>la vegetazione<br />
microterma con quella attuale; in<br />
particolare un numeroso contingente di<br />
specie mediterranee è penetrato in diverse<br />
ondate, corrispondenti alle fasi più calde,<br />
nel nostro territorio e ne caratterizza<br />
tuttora la flora (circa il 14% <strong>del</strong>le specie),<br />
soprattutto nella fascia collinare. Fra le<br />
più tipiche specie stenomediterranee<br />
ricordiamo il Timo (Thymus vulgaris) e la<br />
Valeriana rossa (Centranthus ruber), diffusi<br />
sui versanti rocciosi <strong>del</strong>la Val <strong>Trebbia</strong>.<br />
Sull’Appennino uno degli aspetti più significativi<br />
è dato dalla relativamente recente<br />
(circa 400 anni fa) espansione <strong>del</strong> Faggio,<br />
di Enrico Romani, Museo Civico di Storia Naturale di Piacenza<br />
che oggi domina il paesaggio forestale fra<br />
i 1000 ed i 1700 m.<br />
Ma è stata soprattutto l’azione <strong>del</strong>l’uomo<br />
a caratterizzare il nostro attuale paesaggio<br />
vegetale, sia direttamente, con la<br />
messa a coltura dei suoli e le bonifiche,<br />
sia indirettamente, con l’introduzione,<br />
spesso involontaria, di specie esotiche.<br />
L’impronta <strong>del</strong>l’attività umana è massima<br />
nella pianura: già a partire dalla<br />
colonizzazione romana ha preso avvio la<br />
lenta ma inesorabile opera di distruzione<br />
<strong>del</strong>la foresta primigenia, dominata dalla<br />
Farnia (Quercus robur), che ricopriva l’intera<br />
pianura dal Piemonte all’Adriatico. Ad<br />
epoche ancor più remote va fatta risalire<br />
l’introduzione, dalle steppe <strong>del</strong> vicino<br />
oriente, <strong>del</strong>le colture di cereali (grano,<br />
orzo, segale): ad esse si accompagnava<br />
una ricca flora commensale (archeofite),<br />
in cui spiccavano Papaveri e Fiordalisi,<br />
oggi in buona parte relegata alla fascia<br />
collinare e <strong>del</strong>la bassa montagna a causa<br />
<strong>del</strong> massiccio uso di diserbanti.<br />
Attualmente sono pochi gli ambienti di<br />
pianura caratterizzati da un buon grado<br />
di naturalità, per lo più circoscritti agli<br />
alvei dei torrenti e alle poche aree golenali<br />
<strong>del</strong> Po non ancora alterate da opere di<br />
bonifica e regimazione. Fra i più interessanti<br />
ricordiamo gli ambienti dei conoidi<br />
dei nostri corsi d’acqua appenninici, e<br />
in particolare le ampie fasce di greto<br />
stabilizzato, su cui si insediano popolamenti<br />
xerici di erbe e piccoli arbusti,<br />
spesso provenienti dai versanti collinari e<br />
montani: riescono così a penetrare nella<br />
pianura piante diffuse a quote maggiori,<br />
come la Santoreggia (Satureja montana),<br />
l’Issopo (Hyssopus officinalis), l’Eliantemo<br />
(Helianthemum nummularium), il Salice<br />
ripaiolo (Salix eleagnos) e alcune <strong>orchidee</strong><br />
selvatiche.<br />
<strong>Le</strong> incisioni dei conoidi separano le propaggini<br />
collinari, i pianalti terrazzati,<br />
che si protendono sulla pianura e che<br />
in alcuni casi (La Bastardina, Bosco di<br />
Croara, Bosco Verani) ospitano estese<br />
coperture forestali, costituite da querceti<br />
più o meno termofili provvisti di un ricco<br />
ed interessante corteggio floristico.<br />
Il paesaggio collinare, ancora pesante-<br />
mente segnato dall’impronta antropica, si<br />
presenta come un complesso mosaico di<br />
ambienti artificiali (diffusi sono i vigneti,<br />
ma anche colture di cereali e foraggere) e<br />
naturali (boschetti, siepi, praterie postcolturali,<br />
alvei di torrenti, pendii scoscesi,<br />
zone franose); la diversificazione ambientale<br />
viene ulteriormente accentuata dalla<br />
presenza diffusa di incolti, aree marginali<br />
e fasce di transizione (ecotoni). La flora<br />
ne risulta arricchita rispetto alla pianura, e<br />
più termofila, almeno alle basse quote, soprattutto<br />
per l’incidenza di un significativo<br />
contingente di specie mediterranee.<br />
In alcune vallate (Val d’Arda, Valle Ongina)<br />
i versanti sono spesso contraddistinti da<br />
estese formazioni calanchive: qui l’instabilità<br />
e l’ostilità <strong>del</strong> substrato hanno<br />
impedito non solo la sua messa a coltura,<br />
ma anche l’affermarsi <strong>del</strong>la copertura<br />
vegetale naturale. L’ambiente presenta<br />
però aspetti di estremo interesse, sia per<br />
la presenza di specie caratteristiche, come<br />
la Scorzonera <strong>del</strong>le argille (Podospermum<br />
canum), sia per la diffusione, sui suoli<br />
un po’ più stabilizzati e meno acclivi, di<br />
lembi più o meno estesi di pratelli xerici<br />
ricchi di specie termofile e in cui crescono<br />
numerose <strong>orchidee</strong>. <strong>Le</strong> creste calanchive<br />
e le testate dei canaloni sono colonizzati<br />
dalla Ginestra (Spartium junceum), che<br />
con le sue vistose fioriture caratterizza il<br />
paesaggio primaverile di queste vallate.<br />
Salendo di quota i coltivi si fanno sempre<br />
più radi, lasciando sempre più spazio<br />
alla copertura forestale, qui rappresentata<br />
dal bosco misto caducifoglio, in<br />
cui predominano diversi tipi di Querce<br />
(Quercus pubescens e Q. cerris), il Carpino<br />
nero (Ostrya carpinifolia), l’Orniello<br />
(Fraxinus ornus), il Ciavar<strong>del</strong>lo (Sorbus<br />
torminalis) e l’Acero opalo (Acer opulifolium).<br />
Il querceto misto si presenta con<br />
diverse varianti, che dipendono dalla<br />
tipologia <strong>del</strong> substrato e dalle condizioni<br />
climatiche stazionali, ma tutte hanno in<br />
comune la modalità di sfruttamento da<br />
parte <strong>del</strong>l’uomo: la ceduazione. Questa<br />
forma di governo consente un utilizzo<br />
più intensivo <strong>del</strong> bosco, soprattutto per<br />
la produzione di legna da ardere, ma se i<br />
tagli sono troppo ravvicinati può portare<br />
ad un loro degrado, e comunque tende<br />
a favorire l’espansione di quelle essenze<br />
forestali, come il Carpino nero, in grado di<br />
ricacciare più vigorosamente, a discapito<br />
<strong>del</strong>le Querce e di altri alberi.<br />
Nel querceto troviamo un ricco corteggio<br />
floristico, con numerosi arbusti e piante<br />
erbacee; fra queste ultime ricordiamo<br />
le geofite, provviste di organi di riserva<br />
sotterranei e in grado di fiorire molto<br />
precocemente, prima che la volta <strong>del</strong>le<br />
chiome si chiuda; fra le più significative<br />
ricordiamo: le Anemoni (Anemone<br />
nemorosa e A. trifolia), il Dente di cane<br />
(Erythronium dens-canis), il Bucaneve<br />
(Galanthus nivalis), la Scilla (Scilla bifolia)<br />
e l’Erba trinità (Hepatica nobilis). Alcune<br />
specie consentono poi di caratterizzare<br />
meglio la tipologia <strong>del</strong> querceto: così la<br />
Felce aquilina (Pteridium aquilinum) e il<br />
Brugo (Calluna vulgaris) indicano un substrato<br />
acido, mentre il Pungitopo (Ruscus<br />
aculeatus), specie termofila, è limitato ai<br />
boschi collinari.<br />
Già dalla bassa collina e fino alla fascia<br />
montana sono molto diffusi i castagneti.<br />
Nonostante il Castagno (Castanea sativa)<br />
accompagni da sempre la storia <strong>del</strong>le<br />
nostre popolazioni montane, e per diversi<br />
secoli abbia costituito una risorsa preziosa<br />
per il loro sostentamento, occorre<br />
ricordare come la diffusione di questa<br />
pianta sia avvenuta ad opera <strong>del</strong>l’uomo,<br />
che già al tempo dei Romani la reintrodusse<br />
un po’ ovunque lungo tutta la penisola.<br />
Il Castagno è infatti una di quelle specie<br />
che vennero spazzate via dall’Europa nel<br />
corso <strong>del</strong>l’ultima glaciazione, e sopravvisse<br />
solo in alcune stazioni rifugio nei<br />
Balcani e forse nell’Italia meridionale. La<br />
coltura <strong>del</strong> Castagno ha subito da noi un<br />
drastico regresso, sia per lo spopolamento<br />
<strong>del</strong>le zone montane, sia per l’attacco<br />
di parassiti fungini. I castagneti da frutto<br />
sono divenuti piuttosto rari (ricordiamo<br />
quello di Castagnola, in Val d’Aveto) e<br />
sono stati sostituiti anch’essi dal ceduo.<br />
Dal punto di vista floristico e vegetazionale,<br />
il Castagno si sovrappone alla fascia<br />
dei querceti, fino a penetrare in quella<br />
<strong>del</strong>le faggete, prediligendo suoli profondi<br />
e sciolti, e mal tollerando quelli calcarei,<br />
argillosi e troppo umidi.<br />
Fra le zone di particolare interesse naturalistico<br />
spicca, nella fascia dei querceti,<br />
l’area di Rocca d’Olgisio, in Val Tidone:<br />
si tratta di una vera e propria “isola termofila”,<br />
caratterizzata da una orografia<br />
tormentata, in cui i boschi termofili di<br />
Roverella, Cerro e Castagno si alternano<br />
a dirupi rocciosi, forre, cespuglieti e coltivi,<br />
e in cui l’insediamento umano, molto<br />
antico, ha lasciato traccia anche nella<br />
flora, per la presenza di specie sfuggite<br />
12 13
alla coltivazione e completamente naturalizzate:<br />
fra queste ricordiamo il Fico<br />
d’India nano (Opuntia compressa), diversi<br />
Narcisi e lo Zafferanastro giallo (Sterbergia<br />
lutea); significativa è anche la presenza di<br />
specie molto rare come l’Asplenio maggiore<br />
(Asplenium onopteris), la Speronella<br />
lacerata (Delphinium fissum) e la Ballerina<br />
(Aceras antropophorum), orchidacea a<br />
distribuzione stenomediterranea.<br />
Uno degli elementi caratterizzanti il paesaggio<br />
collinare e montano <strong>del</strong>la nostra<br />
provincia è dato dalla diffusione degli<br />
affioramenti ofiolitici; queste rocce costituiscono<br />
un substrato particolarmente<br />
selettivo per le piante, sia per la composizione<br />
chimica che per le condizioni fisiche<br />
che vi si riscontrano (forte irraggiamento<br />
solare, accentuate escursioni termiche,<br />
carenza d’acqua, ecc.). La loro superficie<br />
è colonizzata da estesi popolamenti di<br />
licheni epilitici; essi contribuiscono alla<br />
formazione di quel minimo di terra fine<br />
che consente la crescita di poche piante<br />
specializzate; alcune sono esclusive di<br />
questo substrato, come la Felcetta lanosa<br />
(Notholaena marantae), l’Asplenio <strong>del</strong> serpentino<br />
(Asplenium cuneifolium) e l’Alisso<br />
di Bertoloni (Alyssum bertolonii); altre, pur<br />
non essendo esclusive, si presentano da<br />
noi solo su queste rocce: il Lino a campanelle<br />
(Linum campanulatum, in regione<br />
presente solo nella nostra provincia),<br />
l’Euforbia spinosa (Euphorbia spinosa<br />
ssp. ligustica), la Costolina appenninica<br />
(Robertia taraxacoides), la Linajola dei<br />
serpentini (Linaria supina) e, in alta Val<br />
Nure (uniche stazioni regionali) la Reseda<br />
pigmea (Sesamoides pygmaea).<br />
Dall’alta collina e fino a ridosso <strong>del</strong> crinale<br />
appenninico sono abbastanza frequenti i<br />
boschi di conifere, aghifoglie sempreverdi<br />
che spiccano con il loro verde cupo<br />
nel brullo paesaggio invernale; sono tutti<br />
impianti artificiali che hanno sostituito<br />
la copertura forestale naturale. <strong>Le</strong> principali<br />
specie utilizzate sono il Pino nero<br />
(Pinus nigra), soprattutto sui substrati<br />
rocciosi, l’Abete bianco (Abies alba) e<br />
l’Abete rosso (Picea excelsa), tutte specie<br />
estranee alla nostra flora, ad eccezione<br />
<strong>del</strong>l’Abete bianco, presente con una piccola<br />
popolazione autoctona sul Monte<br />
Nero; l’utilizzo di queste piante fuori dal<br />
loro areale è ormai stato abbandonato<br />
grazie ai nuovi indirizzi <strong>del</strong>la selvicoltura.<br />
La massiccia intrusione <strong>del</strong>le conifere nei<br />
nostri ambienti forestali ha comportato<br />
diversi effetti negativi (sostituzione <strong>del</strong>la<br />
vegetazione autoctona, maggior suscettibilità<br />
agli incendi, diffusione di parassiti<br />
come la Processionaria, alterazione <strong>del</strong>le<br />
caratteristiche <strong>del</strong>l’humus forestale), ma<br />
anche l’introduzione di alcune specie<br />
nuove, strettamente legate ai boschi di<br />
conifere e probabilmente giunte da noi<br />
con il materiale vivaistico; fra queste<br />
ricordiamo due rare <strong>orchidee</strong>: la Godiera<br />
(Goodiera repens) e la Listera minore (Listera<br />
cordata), quest’ultima recentemente<br />
scoperta in Val Nure.<br />
Sopra i 900-1000 m d’altitudine e fino<br />
alle quote maggiori, la copertura forestale<br />
è dominata dal Faggio. Questa pianta ha<br />
esigenze particolari in fatto di clima (predilige<br />
un ambiente fresco e con precipitazioni<br />
ben distribuite nell’arco <strong>del</strong>l’anno, ed è<br />
molto sensibile alle gelate primaverili), ma<br />
si adatta bene ai diversi substrati; si presenta<br />
con diverse varianti, che si differenziano<br />
soprattutto per il corteggio floristico. Alle<br />
quote inferiori abbondanti sono le specie<br />
provenienti dalla fascia dei querceti, sia<br />
legnose (Carpino nero, Acero campestre,<br />
Orniello, Corniolo) che erbacee (Primula,<br />
Erba trinità, Anemoni, Ellebori); nel suo<br />
aspetto più tipico, sopra i 1200-1300 m<br />
(fascia subatlantica) troviamo specie più<br />
spiccatamente montane, come il Sorbo<br />
degli uccellatori (Sorbus aucuparia) e<br />
l’Acero montano (Acer pseudoplatanus),<br />
ed una flora ebacea caratteristica; fra le<br />
specie più significative ricordiamo il Sigillo<br />
di Salomone (Polygonatum verticillatum), la<br />
piccola Moscatella (Adoxa moschatellina),<br />
la Dentaria (Cardamine heptaphylla), la<br />
Mercorella (Mercurialis perennis), l’Orchide<br />
macchiata (Dactylorhiza maculata), la<br />
Veronica (Veronica urticifolia), la Lattuga<br />
montana (Prenanthes purpurea), la Coralloriza<br />
(Corallorhiza trifida), la Felce maschio<br />
(Dryopteris filix-mas) e la Felce femmina<br />
(Athyrium filix-foemina); solo in un paio di<br />
stazioni è presente il rarissimo Epipogium<br />
aphyllum, orchidea saprofita dalla fioritura<br />
incostante. Sui suoli acidificati ed impoveriti<br />
è spesso molto abbondante il Mirtillo<br />
(Vaccinium myrtillus).<br />
Nelle radure e nelle superfici di recente<br />
ceduazione si sviluppa una rigogliosa<br />
vegetazione, ad indicare la presenza di un<br />
terreno ricco di nutrienti: qui spiccano le<br />
fioriture estive <strong>del</strong> Garofanino maggiore<br />
(Epilobium angustifolium), <strong>del</strong> Botton d’oro<br />
(Trollius europaeus), <strong>del</strong> Giglio martagone<br />
(Lilium martagon), le rosse bacche <strong>del</strong> Lam-<br />
pone (Rubus idaeus) ed isolati alberelli di<br />
Sambuco rosso (Sambucus racemosa).<br />
Lungo le forre dei versanti più acclivi<br />
<strong>del</strong>la Val Boreca, la vegetazione dei boschi<br />
mesofili arriva fino a lambire il greto <strong>del</strong><br />
torrente; questi ambienti freschi e umidi,<br />
quasi perennemente in ombra, sono il<br />
luogo elettivo per alcune rare felci, come<br />
il Capelvenere (Adiantum capillus-veneris),<br />
la Lingua cervina (Phyllitis scolopendrium)<br />
e l’Asplenio <strong>del</strong>le fonti (Asplenium fontanum).<br />
Nella fascia montana vasti settori di<br />
territorio, per lo più lungo i crinali, nelle<br />
aree meno acclivi e meglio esposte, sono<br />
stati disboscati fin da tempi remoti per<br />
fare spazio a praterie da destinare al<br />
pascolo. Questi prati, tutti originatisi<br />
grazie all’azione <strong>del</strong>l’uomo e per questo<br />
chiamate “praterie secondarie”, sono<br />
caratterizzati da un cotico erboso dominato<br />
da graminacee perenni (Festuca,<br />
Poa, Brachypodium, Phleum, Anthoxanthum,<br />
Dactylis, Cynosurus, ecc.) ed ospitano una<br />
flora molto ricca e dalle vistose fioriture;<br />
esse iniziano quando il manto nevoso<br />
non è ancora <strong>del</strong> tutto scomparso, con<br />
lo schiudersi <strong>del</strong>le corolle dei Crochi<br />
(Crocus spp.) e <strong>del</strong>le Genziane (Gentiana<br />
kochiana), per raggiungere il loro culmine<br />
con l’estate: fra le specie più significative<br />
e vistose ricordiamo numerose <strong>orchidee</strong><br />
(soprattutto Dactylorhiza sambucina, Orchis<br />
mascula, Traunsteinera globosa), diversi<br />
Trifogli, Garofani selvatici, Ranuncoli e<br />
Potentille, le Poligale (Polygala nicaeensis<br />
e P. vulgaris), l’Eliantemo (Helianthemo<br />
nummularium), alcune Viole (Viola tricolor<br />
e V. calcarata), la Vulneraria (Anthyllis vulneraria),<br />
la Pelosella (Hieracium pilosella),<br />
il Tulipano montano (Tulipa australis) e,<br />
circoscritta alla Val <strong>Trebbia</strong>, la Primula<br />
odorosa (Primula veris).<br />
Nei pascoli alle quote maggiori troviamo<br />
una flora particolarmente interessante, soprattutto<br />
dal punto di vista fitogeografico:<br />
sui crinali <strong>del</strong>la Val Boreca fioriscono la<br />
Nigritella (Nigritella rhellicani) e l’Orchide<br />
candida (Pseudorchis albida), la Genziana<br />
maggiore (Gentiana lutea), l’Arnica (Arnica<br />
montana); in alta Val Nure è possibile osservare<br />
il Garofano a pennacchio (Dianthus<br />
superbus), il Lino celeste (Linum alpinum),<br />
la Pulsatilla alpina e la rarissima Crotonella<br />
alpina (Lychnis alpina).<br />
Abbastanza diffusi sul nostro Appennino<br />
sono anche gli ambienti umidi; la loro tipologia<br />
è molto varia: si va dai veri e propri<br />
laghetti, come Lago Bino (ove è presente<br />
una abbondante popolazione di Nannufaro<br />
– Nuphar lutea) o Lago Nero, fino ad<br />
arrivare, passando attraverso i vari stati di<br />
interrimento (Lago Moo, Lago di Averaldi),<br />
ai prati umidi e più o meno torbosi (come<br />
Pramollo, in alta Val Nure). Flora e vegetazione<br />
si diversificano in relazione ai diversi<br />
stadi evolutivi di questi ecosistemi; poco<br />
comuni e frammentarie sono le torbiere<br />
vere e proprie, che ospitano specie molto<br />
rare, come la Drosera rotundifolia e la Viola<br />
palustris; più comuni sono i prati umidi<br />
e gli stagni con acque basse, con i loro<br />
densi popolamenti di Ciperacee (Carex,<br />
Eleocharis, Scirpus, Eriophorum, ecc.) che<br />
possono sfumare da una parte in canneti<br />
a Phragmites, dall’altra in specchi d’acqua<br />
con densi popolamenti a Trifoglio fibrino<br />
(Menyanthes trifoliata). Fra le specie più<br />
tipiche di questi ambienti ricordiamo<br />
alcune Orchidacee, come Dactylorhiza<br />
incarnata ed Epipactis palustris, la Genziana<br />
mettimborsa (Gentiana pneumonanthe),<br />
l’Angelica (Angelica sylvestris), la Salvastrella<br />
(Sanguisorba officinalis), la Saxifragacea<br />
Parnassia palustris, il Giuncastrello<br />
(Triglochin palustre) ed il rarissimo Salix<br />
rosmarinifolia, presente al Lago di Averaldi<br />
con l’unica stazione regionale.<br />
<strong>Le</strong> quote maggiori dei nostri monti superano<br />
raramente la quota di 1700 m<br />
(M. <strong>Le</strong>sima, M. Nero, M. Bue, M. Ragola),<br />
corrispondente al limite superiore di<br />
diffusione <strong>del</strong>la faggeta: la fascia culminale,<br />
quella oltre il “limite degli alberi”,<br />
viene così ad essere nella nostra provincia<br />
estremamente ridotta (pochi ettari) e<br />
frammentata. Il suo aspetto vegetazionale<br />
più tipico, quello dei Vaccinieti a Vaccinium<br />
gaultherioides e Hypericum richeri, è però<br />
relativamente diffuso e si spinge anche<br />
a quote più basse, presentandosi come<br />
fase evolutiva <strong>del</strong>le praterie secondarie.<br />
Due <strong>del</strong>le nostre cime più alte, M. Nero e<br />
M. Ragola, consistono in imponenti massicci<br />
ofiolitici, dove hanno trovato rifugio<br />
diversi relitti graciali, oltre alla flora tipica<br />
degli ambienti rocciosi e <strong>del</strong>le praterie<br />
d’altitudine, come il Pino uncinato, il<br />
Ginepro nano, il Bupleuro ranuncoloide<br />
(Bupleurum ranunculoides) e la Ginestra<br />
stellata (Genista radiata). Questi lembi<br />
di vegetazione culminale sono talmente<br />
circoscritti e così interessanti dal punto<br />
di vista fitogeografico, da meritare<br />
senz’altro il massimo <strong>del</strong>l’attenzione e<br />
<strong>del</strong>la salvaguardia.<br />
14 15
PREMESSA<br />
Questa seconda edizione <strong>del</strong> mio libro (la<br />
prima edizione uscì nel 1989) è il frutto<br />
di una ricerca (inizialmente inserita nel<br />
censimento <strong>del</strong>la flora spontanea protetta<br />
<strong>del</strong>l’Emilia Romagna) da me intrapresa<br />
circa 20 anni fa e si propone gli stessi<br />
scopi <strong>del</strong>la prima, cioè fornire un contributo<br />
alla conoscenza <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong><br />
<strong>spontanee</strong> <strong>del</strong> Piacentino, ma soprattutto<br />
far conoscere il grave stato di degrado<br />
degli ambienti in cui queste piante vivono.<br />
Essa, inoltre, deriva dalla consultazione<br />
<strong>del</strong>le maggiori pubblicazioni specifiche<br />
italiane ed europee, da cui ho appreso<br />
numerosissime informazioni sulla vita<br />
misteriosa di queste piante. Una sintesi<br />
sull’ecologia <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> viene fornita<br />
nella parte iniziale. Tuttavia si rimanda<br />
alla bibliografia finale chi intendesse<br />
approfondire tale argomento.<br />
Nel corso di questi ultimi anni ho raccolto<br />
numerosi dati. Al fine di avere il quadro<br />
<strong>del</strong>la situazione provinciale e per dare<br />
a questi dati una sistemazione di facile<br />
consultazione, essi sono stati inseriti nel<br />
reticolo <strong>del</strong>la cartografia floristica <strong>del</strong>l’Europa<br />
Centrale. Tale sistema è stato tratto<br />
da “Materiali per una cartografia floristica<br />
<strong>del</strong>l’Emilia Romagna” di A. Alessandrini e<br />
C. Ferrari. L’intervallo <strong>del</strong>la reticolazione<br />
è di 6’ di latitudine e di 10’ di longitudine.<br />
Questo modulo cartografico viene<br />
denominato area di base ed è identificato<br />
da due numeri relativi alla riga e da due<br />
numeri relativi alla colonna.<br />
Ogni area di base è suddivisa a sua volta<br />
in quattro quadranti (1.2.3.4) di 3’ di<br />
latitudine per 5’ di longitudine. I dati<br />
sono stati inseriti nel reticolo, usando<br />
tre simboli:<br />
un bollino nero per evidenziare le<br />
situazioni normali;<br />
un cerchietto rosso per evidenziare<br />
le situazioni dove<br />
la rarefazione ha assunto dimensioni<br />
preoccupanti;<br />
una croce rossa per evidenziare<br />
quelle specie che<br />
non vengono più ritrovate da diversi<br />
anni.<br />
Per la rappresentazione <strong>del</strong> territorio<br />
provinciale, è stata utilizzata l’ombreggiatura<br />
orografica elaborata dal Servizio<br />
Programmazione territoriale – urbanistica<br />
<strong>del</strong>l’Amministrazione provinciale<br />
di Piacenza.<br />
Per poter ottenere questo quadro ho<br />
eseguito numerosissimi controlli in vari<br />
periodi <strong>del</strong>le stagioni. È bene comunque<br />
precisare che questi dati non possono<br />
considerarsi definitivi, ma saranno sicuramente<br />
soggetti ad integrazioni nei<br />
prossimi anni.<br />
D’altronde, in una situazione complessa<br />
e variabile come l’ambiente di collina<br />
e di montagna, sarebbe pura utopia<br />
pensare di aver visto e controllato tutto.<br />
La nomenclatura si rifà a: “Orchidacee<br />
d’Italia” (Grünanger, 2001), salvo alcune<br />
varianti di cui mi sono servito per cercare<br />
di identificare meglio la situazione<br />
provinciale: di ciò ho dato spiegazioni<br />
all’interno <strong>del</strong>le Note relative alle varie<br />
specie. La descrizione di queste ultime è<br />
stata corredata il più possibile da misure,<br />
le quali non devono essere ritenute assolute,<br />
ma possono variare sensibilmente da<br />
un autore all’altro. A volte sono il frutto<br />
di medie, su cui può influire il luogo o<br />
l’andamento stagionale. La scheda è stata<br />
quasi sempre completata da una Nota<br />
e da uno Status; nella prima fornisco<br />
notizie tecnico-scientifiche di carattere<br />
generale o miei punti di vista sulla pianta<br />
descritta; nel secondo fornisco notizie<br />
sulla salute <strong>del</strong>la specie, inerenti al territorio<br />
provinciale.<br />
E stato escluso l’uso dei nomi volgari per<br />
diverse ragioni. Quasi sempre questi nomi<br />
non trovano riscontro nei dialetti locali e<br />
il più <strong>del</strong>le volte sono traduzioni fantasiose<br />
dal latino all’italiano. Altro motivo di<br />
questa scelta è stato quello di non creare<br />
confusione in coloro che si avvicinano per<br />
la prima volta al mondo <strong>del</strong>la botanica.<br />
Ho invece riportato, quando esistente,<br />
almeno un sinonimo.<br />
Per quanto riguarda le notizie riportate<br />
nelle schede (escluse quelle di carattere<br />
generale), esse sono tutte dedotte da osservazioni<br />
fatte sul territorio <strong>piacentino</strong>.<br />
LE ORCHIDEE<br />
Parlando di <strong>orchidee</strong>, subito balza alla<br />
mente l’immagine di grandi e vistosi fiori<br />
che con le loro molteplici forme e con i<br />
loro vividi colori sono sempre presenti<br />
nelle grandi occasioni. Queste specie<br />
vengono attualmente coltivate industrialmente<br />
nelle serre. Allo stato spontaneo<br />
vivono nelle foreste tropicali. Essendo il<br />
suolo di tali foreste immerso nelle tenebre<br />
eterne a causa <strong>del</strong>la vegetazione molto<br />
fitta, queste <strong>orchidee</strong> (epifite) si sono<br />
adattate a vivere sulle chiome degli alberi<br />
o nelle forcelle dei rami.<br />
Più modeste nella forma, ma non meno<br />
belle ed interessanti sono le <strong>orchidee</strong><br />
nostrane. Si tratta di piante terricole<br />
(geofite), che solo in alcuni casi superano<br />
i 50 cm di altezza. Nella maggioranza dei<br />
casi i loro fiori sono piccoli e bisogna<br />
osservarli da vicino per apprezzare tutta<br />
la loro bellezza.<br />
Si possono trovare un po’ dappertutto,<br />
purché non siano troppo pressanti le<br />
attività umane. I loro ambienti di elezione<br />
restano comunque i luoghi aridi e soleggiati,<br />
poveri di sostanza organica, su<br />
terreno prevalentemente calcareo.<br />
Fin dai tempi antichi queste piante hanno<br />
affascinato l’uomo, tanto da attribuirgli<br />
poteri magici e medicinali.<br />
<strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> sembra siano apparse sulla<br />
terra verso la fine <strong>del</strong>l’era terziaria, nel<br />
Pliocene Superiore. In quei tempi anche<br />
l’uomo muoveva i suoi primi passi verso<br />
l’evoluzione.<br />
Sono quindi piante molto giovani; l’enorme<br />
variabilità presente nella famiglia andrebbe<br />
pertanto messa in relazione ad un<br />
fenomeno evolutivo ancora in atto.<br />
La famiglia <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> annovera approssimativamente<br />
25.000 specie, divise<br />
in circa 700 generi. Si parla inoltre di<br />
moltissime specie ancora da classificare.<br />
Fra le piante con fiori (fanerogame spermatofite)<br />
è la seconda famiglia in ordine<br />
di grandezza dopo le composite.<br />
A seguito di forti cambiamenti di clima,<br />
all’inizio <strong>del</strong>l’era glaciale, furono costrette<br />
ad arretrare verso zone più calde. <strong>Le</strong><br />
condizioni climatiche diverse, ristabilitesi<br />
nei periodi successivi alle glaciazioni,<br />
permisero soltanto a poche specie di<br />
riconquistare il terreno perduto. Pertanto<br />
la grande maggioranza di queste piante<br />
vive nelle zone caldo-umide <strong>del</strong>la terra,<br />
pur essendo presenti in tutte le parti <strong>del</strong><br />
globo, escluse le zone più fredde.<br />
Morfologia<br />
L’apparato radicale<br />
Tutte le <strong>orchidee</strong> europee sono terrestri,<br />
vengono perciò comunemente chiamate<br />
“terricole” o “geofite”, al contrario <strong>del</strong>le<br />
specie esotiche che sono “epifite” vivono<br />
cioè nelle biforcazione degli alberi (le<br />
radici di queste piante hanno la primaria<br />
capacità di captare l’umidità <strong>del</strong>l’aria oltre<br />
che di assorbire le sostanze nutritizie accumulate<br />
in queste biforcazioni). Tuttavia<br />
non mancano le eccezioni: una di queste<br />
è rappresentata dai generi che appartengono<br />
alla tribù <strong>del</strong>le Lipariane (Liparis,<br />
Malaxis, Hammarbya), le quali vivono in<br />
luoghi solitamente umidi, fra cuscini di<br />
muschi, sfagni o aghi di abete; il loro apparato<br />
radicale è formato da pseudobulbi.<br />
Queste piante possono essere considerate<br />
epifite. Altra eccezione è rappresentata<br />
da Goodyera repens, specie considerata<br />
emicriptofita: infatti le sue gemme foliari,<br />
che si diramano dagli stoloni radicali, sono<br />
visibili tutto l’anno.<br />
<strong>Le</strong> radici <strong>del</strong>le specie terrestri svolgono<br />
principalmente due azioni fondamentali<br />
al fine di assicurare la sopravvivenza per<br />
via vegetativa <strong>del</strong>le specie. La prima è<br />
quella di ancorare saldamente la pianta al<br />
terreno opponendosi all’azione meccanica<br />
degli agenti atmosferici. La seconda ha<br />
certamente più importanza nell’ecologia<br />
di queste piante: è quella di permettere<br />
l’accumulo di notevoli quantità di sostanze<br />
di riserva.<br />
<strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong>, per loro natura, sono da<br />
considerare piante pioniere perchè vivono<br />
per lo più in terreni dove le condizioni di<br />
vita ideali sono ristrette a brevi periodi<br />
<strong>del</strong>l’anno. L’apparato radicale, pertanto, è<br />
strutturato in modo da poter accumulare<br />
nel più breve tempo possibile sostanze<br />
provenienti dalla costante elaborazione,<br />
16 17
Particolare <strong>del</strong>la radice di Neottia nidus-avis<br />
nelle foglie, di materiali organici, durante<br />
il periodo vegetativo.<br />
Se prendiamo, ad esempio, l’apparato<br />
radicale di una Orchis o di una Ophrys a<br />
fine fioritura, si noterà che è formato da<br />
due tuberi. Uno scuro e raggrinzito, che<br />
ha dato origine alla pianta <strong>del</strong>l’annata.<br />
L’altro, chiaro e turgido, darà vita ad una<br />
nuova pianta, l’anno successivo. All’inizio<br />
<strong>del</strong>l’autunno, epoca in cui molte <strong>orchidee</strong><br />
emettono i primi abbozzi, con un attento<br />
esame si potrà notare in questi la struttura<br />
<strong>del</strong>le foglie, <strong>del</strong> fusto e dei fiori già formati.<br />
A questo punto si può certamente<br />
affermare che gran parte <strong>del</strong>la vita <strong>del</strong>le<br />
<strong>orchidee</strong> avviene sottoterra. <strong>Le</strong> capacità<br />
<strong>del</strong>le radici non finiscono qui. Quando<br />
le condizioni ambientali sono sfavorevoli,<br />
possono sopravvivere per anni e anni senza<br />
o quasi tradire la loro presenza. Quando<br />
le condizioni di normalità vengono ristabilite<br />
(es. il bosco viene tagliato e i raggi<br />
<strong>del</strong> sole tornano a risplendervi), ecco che<br />
il ciclo normale riprende e si hanno abbondanti<br />
fioriture. Questi fenomeni sono<br />
dovuti alla scarsa quantità di sostanze di<br />
riserva accumulate. Si manifestano tutte le<br />
volte che qualche agente esterno agisce<br />
negativamente sul loro ciclo vitale.<br />
<strong>Le</strong> forme sono più o meno rotondeggianti<br />
nei generi Orchis, Ophrys, Himantoglossum,<br />
Serapias, Anacamptis, Platanthera e<br />
Traunsteinera; digitati o suddivisi in due<br />
Particolare <strong>del</strong>la radice di Dactylorhiza maculata<br />
Particolare <strong>del</strong>la radice di Corallorhiza trifida<br />
o quattro parti nei generi Dactylorhiza,<br />
Gymnadenia, Nigritella e Coeloglossum.<br />
Sono fusiformi nei generi Spiranthes e<br />
Pseudorchis. Nei generi Epipactis, Listera,<br />
Cephalanthera e Limodorum, le radici sono<br />
dei rizomi disposti orizzontalmente nel<br />
terreno con numerose radici carnose. Il<br />
rizoma in Corallorhiza e Epipogium è a<br />
forma di corallo.<br />
La forma certamente più curiosa è data<br />
dall’apparato radicale <strong>del</strong> genere Neottia.<br />
Esso infatti è costituito da numerose radici<br />
carnose fittamente intrecciate.<br />
Nell’antichità i tuberi di queste piante venivano<br />
mangiati e gli si attribuivano poteri<br />
magici. La presenza dei tuberi ovaliformi<br />
<strong>del</strong>le specie <strong>del</strong> genere Orchis ha suggerito<br />
originariamente il nome Orchis (dal greco<br />
= testicolo), da cui deriva anche il nome<br />
<strong>del</strong>l’intera famiglia.<br />
Il fusto<br />
<strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> sono piante erbacee perenni,<br />
pertanto il loro fusto alla fine di ogni ciclo<br />
vegetativo si dissecca e muore.<br />
In alcuni casi bastano meno di due mesi<br />
perché tale ciclo inizi, si sviluppi, si completi<br />
e sparisca senza lasciare tracce in superficie.<br />
Non è comunque raro osservare fusti<br />
rinsecchiti di annate precedenti accanto a<br />
nuovi individui in piena fioritura.<br />
Il fusto non è ramificato e si presenta<br />
costantemente eretto, cilindrico o angoloso.<br />
L’altezza è molto variabile, va dai 5<br />
ai 20 cm nelle specie alpine, dai 30-40<br />
ai 60-70 nelle altre specie. In alcuni casi,<br />
abbastanza rari, può superare il metro.<br />
Questo è il caso di Epipactis helleborine<br />
e di Gymnadenia conopsea var. densi flora.<br />
Il colore è generalmente verde o leggermente<br />
arrossato tranne che nelle specie<br />
mico-saprofite; in questo caso il colore è<br />
giallastro o bruno-violaceo. A volte è cavo,<br />
come ad esempio in Dactylorhiza majalis.<br />
<strong>Le</strong> foglie e le brattee<br />
Nelle <strong>orchidee</strong>, come in tutte le piante<br />
verdi, le foglie adempiono alla fondamentale<br />
funzione <strong>del</strong>la sintesi clorofilliana che<br />
consente, mediante l’energia <strong>del</strong>la luce<br />
solare, la trasformazione di sostanze semplici,<br />
quali l’acqua e l’anidride carbonica,<br />
in sostanze organiche complesse utili allo<br />
sviluppo <strong>del</strong> ciclo vitale. Pur mantenendosi<br />
nelle caratteristiche generali <strong>del</strong>le monocotiledoni<br />
a cui appartengono, le foglie<br />
<strong>del</strong>le orchidacee hanno una morfologia<br />
piuttosto variabile. La forma è sottile ed allungata<br />
nelle specie alpine, ovale e lanceolata<br />
nelle altre specie. Sono sempre intere<br />
e glabre e, a seconda <strong>del</strong>la posizione che<br />
occupano sul fusto, si distinguono in basali<br />
o caulinari. <strong>Le</strong> prime sono generalmente<br />
più grandi, le seconde sono più piccole e<br />
decrescono in grandezza dal basso verso<br />
l’alto. Il colore varia, dal verde più o meno<br />
scuro, al verde glauco <strong>del</strong>le Ophrys, al verde<br />
con macchie nerastre o bruno-violacee<br />
(es. Dactylorhiza maculata, Dactylorhiza<br />
majalis e Orchis provincialis).<br />
Fanno eccezione le foglie <strong>del</strong>le specie<br />
micotrofiche le quali sono ridotte a scaglie<br />
o guaine di colore violaceo o giallicce o<br />
grigiastre. Se si osserva con una certa<br />
attenzione una pianta di orchidea in fiore,<br />
si può notare che, in corrispondenza <strong>del</strong>l’ascella<br />
<strong>del</strong> peduncolo fiorale, vi è sempre<br />
una specie di fogliolina, a volte più lunga<br />
<strong>del</strong>lo stesso fiore, a volte ridotta a piccola<br />
scaglia: si chiama brattea. Questo organo,<br />
apparentemente insignificante, ha una<br />
funzione esclusivamente protettiva nei<br />
confronti <strong>del</strong> fiore, soprattutto quando<br />
questi è in boccio.<br />
La sua forma rapportata a quella dei fiori<br />
e degli ovari costitui-sce un importante<br />
elemento diagnostico al fine di determinare<br />
la specie.<br />
18 19<br />
e<br />
b<br />
h<br />
Apparato radicale di: a-Epipogium aphyllum,<br />
b-Orchis ustulata, c-Dactyloriza maculata,<br />
d-Goodyera repens, e-Oprhys fuciflora,<br />
f-Corallorhiza trifida, g-Epipactis helleborine,<br />
h-Spirantes spiralis.<br />
a<br />
d<br />
f<br />
g<br />
c<br />
Il fiore<br />
I fiori <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> sono ermafroditi, cioè<br />
sono formati da organi che producono<br />
polline e organi che producono cellule uovo.<br />
La struttura è di forma esclusiva, non ha<br />
riscontri infatti in altre famiglie <strong>del</strong> Regno<br />
Vegetale. L’involucro florale o perigonio<br />
è costituito da sei pezzi disposti su due<br />
piani di inserzione, in gruppi di tre. Tali<br />
elementi vengono chiamati tepali; esterni<br />
o interni a seconda <strong>del</strong>la posizione che<br />
occupano. Per semplicità alcuni autori usano<br />
chiamare sepali i tepali esterni e petali<br />
quelli interni. Il tepalo mediano interno è<br />
sempre diverso e rappresenta la parte più<br />
vistosa e più grande <strong>del</strong>l’intero fiore. Esso<br />
si chiama labello e può essere intero o più<br />
o meno lobato, come ad esempio nei generi<br />
Dactylorhiza, Orchis, Anacamptis, ecc.<br />
Può avere <strong>del</strong>le gibbosità e raffigurare le
sembianze di un insetto (es. nelle Ophrys)<br />
oppure ricordare la forma di un corpo<br />
umano (Aceras anthropophorum) o avere<br />
una forma allungata anche di diversi cm<br />
(Himantoglossum).<br />
La colorazione è quasi sempre diversa dagli<br />
altri tepali e può portare <strong>del</strong>le macchie o<br />
disegni più o meno complicati. Tali disegni<br />
concorrono ad accrescere la vistosità <strong>del</strong><br />
fiore ed una conseguente più facile individuazione<br />
da parte degli insetti impollinatori.<br />
Il labello infine è di primaria importanza<br />
per la identificazione <strong>del</strong>la specie.<br />
a<br />
c<br />
e<br />
b<br />
d<br />
Forme <strong>del</strong>le foglie: a-lineare, b-oblunga,<br />
c-lanceolata, d-ellittica, e-ovata,<br />
f-obovata.<br />
f<br />
6<br />
2<br />
9<br />
8<br />
Epipactis<br />
1-Sepalo mediano; 2-Sepalo laterale;<br />
3-Petalo; 4-Antera; 5-Rostello; 6-Stimma;<br />
7-Ipochilo; 8-Epichilo; 9-Pollinio.<br />
8<br />
4<br />
3<br />
6<br />
10<br />
9<br />
1<br />
Orchis<br />
1-Brattea; 2-Ovario; 3-Sperone; 4-Fauce<br />
<strong>del</strong>lo sperone; 5-Sepalo mediano; 6-Sepalo<br />
laterale; 7-Petalo; 8-Lobo laterale <strong>del</strong> labello;<br />
9-Lobo centrale <strong>del</strong> labello; 10-Ginostemio.<br />
La resupinazione<br />
Quando il fiore è in boccio, esso è parallelo<br />
al fusto e orientato verso l’alto, ma appena<br />
l’infiorescenza comincia ad allungarsi, il peduncolo<br />
o l’ovario si orientano in modo più<br />
o meno obliquo e nel contempo subiscono<br />
una torsione di 180° da sinistra verso<br />
destra, portando il fiore nella posizione<br />
che ci è più familiare, ossia con il labello<br />
girato verso il basso.<br />
Tale fenomeno si chiama resupinazione;<br />
tuttavia non avviene in tutte le specie. In<br />
Nigritella nigra e in Epipogium aphyllum,<br />
per esempio, il labello rimane girato verso<br />
l’alto. In Malaxis monophyllos, orchidea<br />
presente sulle Alpi, la rotazione è di 360°.<br />
Dei meccanismi che fanno scattare questa<br />
torsione non si sa ancora niente di preci-<br />
5<br />
7<br />
3<br />
1<br />
3<br />
4<br />
5<br />
2<br />
7<br />
2<br />
6<br />
9<br />
10<br />
Ophrys<br />
1-Sepalo mediano; 2-Sepalo laterale;<br />
3-Petalo; 4-Connettivo; 5-Becco; 6-Base<br />
<strong>del</strong> labello; 7-Disegno; 8-Lobo laterale <strong>del</strong><br />
labello; 9-Lobo centrale <strong>del</strong> labello;<br />
10-Appendice; 11-Stimma<br />
Serapias<br />
1-Casco perigoniale; 2-Ipochilo; 3-Epichilo;<br />
4-Pelosità <strong>del</strong> labello; 5-Brattea; 6-Ovario<br />
so, tuttavia è abbastanza evidente che la<br />
posizione assunta dal labello è certamente<br />
più comoda per gli insetti impollinatori e<br />
facilita le operazioni di tale funzione.<br />
Si può dire che funziona come sorta di<br />
pista d’atterraggio. Va comunque ricordato<br />
che anche nelle specie in cui non avviene la<br />
torsione (es. Nigritella) le visite degli insetti<br />
sono altrettanto abbondanti.<br />
<strong>Le</strong> variazioni di colore<br />
Se si osserva, ad esempio, una popolazione<br />
di Orchis morio o di Orchis purpurea, si<br />
potrà notare una sensibile variazione di<br />
colore tra i vari esemplari. Queste diverse<br />
intensità cromatiche sono dovute alla<br />
diversa concentrazione di pigmenti (antociani)<br />
e possono variare a causa di fattori<br />
esterni, quali l’intensità di luce o il tipo<br />
di substrato o anche per cause interne,<br />
di origine genetica; possono interessare<br />
solo parte <strong>del</strong> fiore (es. il labello) oppure<br />
tutto il perianzio.<br />
Si possono trovare esemplari completamente<br />
decolorati, bianchi o con qualche<br />
venatura giallastra o verdastra, dovuta alla<br />
presenza <strong>del</strong>la clorofilla. Anche le logge<br />
polliniche sono depigmentate e lasciano<br />
trasparire il colore dei pollinii.<br />
Questo caso di albinismo prende il nome<br />
di Apocromia e può interessare anche<br />
le foglie: ad esempio possono sparire le<br />
macule fogliari in Dactylorhiza fuchsii.<br />
Si possono trovare inoltre esemplari con<br />
colorazioni più intense di quella tipica<br />
<strong>del</strong>la specie: in questo caso il fenomeno<br />
è chiamato ipercromia. Un tempo queste<br />
forme, soprattutto quelle apocrome,<br />
venivano descritte come vere e proprie<br />
sottospecie o varietà e ricevevano nomi<br />
latini quali: alba, albiflora, nivea, viridis o<br />
virescens. Attualmente i ricercatori tendono<br />
ad attribuire scarsa importanza sistematica<br />
a tali fenomeni.<br />
<strong>Le</strong> anomalie di forma<br />
Altri fenomeni più rari, ma molto interessanti,<br />
sono le anomalie di forma: si trovano<br />
infatti individui in possesso di anomalie<br />
genetiche in grado di originare individui<br />
mostruosi detti lusus. Tali alterazioni si<br />
possono manifestare su alcune o su tutte<br />
le parti <strong>del</strong> fiore. Ad esempio, ogni parte<br />
<strong>del</strong> fiore può essere mancante o molti-<br />
Variazioni di colore: a-Epipactis muelleri depigmentata,<br />
b-Dactylorhiza maculata con colorazione<br />
più intensa rispetto alla forma tipica.<br />
a b<br />
20 21<br />
2<br />
8<br />
4<br />
3<br />
11<br />
2<br />
3<br />
1<br />
4<br />
6<br />
1<br />
5<br />
2<br />
8<br />
7<br />
5
a<br />
b<br />
c<br />
d<br />
plicata, saldata con altre o deformata. <strong>Le</strong><br />
cause di tali fenomeni sono da ricercarsi<br />
in fattori genetici interni, oppure sono<br />
originati da elementi esterni, quali una<br />
gelata tardiva, una malattia o danni provocati<br />
dall’inquinamento. Attualmente questi<br />
fenomeni vengono studiati attentamente<br />
dagli esperti perchè possono fornire importanti<br />
dati sulle tappe evolutive <strong>del</strong>le<br />
specie.<br />
Gli organi riproduttivi<br />
Come tutti i fiori <strong>del</strong>le angiosperme, anche<br />
quelli <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> contengono gli<br />
organi riproduttivi maschili (androceo) e<br />
femminili (gineceo).<br />
Tali organi sono fusi assieme (caratteristica<br />
unica <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong>), assumono una posizione<br />
colonnare centrale rispetto all’asse<br />
fiorale e sono collocati sopra il labello. Tale<br />
insieme è chiamato ginostemio (o ginostegio<br />
o ginandro). Quasi tutte le <strong>orchidee</strong><br />
italiane appartengono alla sottofamiglia<br />
<strong>del</strong>le Monandre, quelle specie cioè che a<br />
seguito <strong>del</strong>l’evoluzione si sono ridotte ad<br />
avere un solo stame fertile. L’unica orchidea<br />
italiana ad avere due stami fertili è la<br />
ben nota Cypripedium calceolus o Scarpetta<br />
di Venere e appartiene alla sottofamiglia<br />
<strong>del</strong>le Diandre.<br />
I grani di polline anziché pulverulenti sono<br />
agglutinati (salvo alcuni casi) e formano<br />
due piccole masse dette pollinii. Tali organi<br />
sono posti nelle logge <strong>del</strong>l’antera e sono<br />
collegati ad una ghiandola vischiosa detta<br />
viscidio o retinacolo, tramite due piccoli<br />
filamenti chiamati caudicole.<br />
Il viscidio ha lo scopo di fare aderire i<br />
pollinii al capo degli insetti, quando questi<br />
si posano sul fiore per succhiare il nettare.<br />
Il rostello, presente in quasi tutte le <strong>orchidee</strong>,<br />
ha il compito di impedire che i pollinii<br />
vengano a contatto con lo stimma evitando<br />
in questo modo l’autoimpollinazione.<br />
In certe specie autogame, il rostello è assente<br />
o rudimentale (es. in alcune specie<br />
di Epipactis). Lo stimma è una specie di<br />
fossetta posta alla base <strong>del</strong> ginostemio.<br />
L’ovario è intero, posto cioè alla base degli<br />
organi fiorali e può essere scambiato per<br />
un peduncolo; è monoculare, gli ovuli<br />
sono numerosissimi e sono fissi su tre<br />
placente; reca all’esterno da 3 a 6 costole<br />
longitudinali e per mezzo <strong>del</strong>la spaccatura<br />
di queste costole si ha la fuoriuscita dei<br />
semi maturi.<br />
Anomalie di forma in: a-Serapias vomeracea, b-<br />
Ophrys benacensis, c-Nigritella rhellicani, d-Himantoglossum<br />
adriaticum, e-Oprhys fuciflora.<br />
L’impollinazione<br />
Come si è già accennato, l’impollinazione<br />
avviene nella stragrande maggioranza dei<br />
casi per via entomofila. Gli insetti interessati<br />
a questo sono lepidotteri, imenotteri<br />
e ditteri. Per attirare tali insetti le <strong>orchidee</strong>,<br />
nel corso dei millenni, evolvendosi, hanno<br />
messo a punto dei meccanismi altamente<br />
specializzati; infatti questo compito viene<br />
demandato, a seconda dei generi o <strong>del</strong>le<br />
specie, a uniche o a poche specie di in-<br />
22 23<br />
7<br />
8<br />
e<br />
9<br />
10<br />
11<br />
Ginostemio di Orchis<br />
1-Connettivo; 2-Antera; 3-Loggia <strong>del</strong>l’antera;<br />
4-Pollinio; 5-Piega <strong>del</strong> rostello; 6-Caudicola;<br />
7-Retinacolo; 8-Bursicula; 9-Rostello;<br />
10-Stimma; 11-Fauce <strong>del</strong>lo sperone.<br />
1<br />
2<br />
3<br />
4<br />
5<br />
6<br />
setti. Ad esempio nei generi Anacamptis,<br />
Gymnadenia, Platanthera, certe farfalle<br />
in possesso di una lunga proboscide<br />
(spiritromba) nel tentativo di succhiare il<br />
nettare che si trova in fondo al lungo sperone,<br />
fanno pressione con il capo contro i<br />
retinacoli; questi faranno aderire i pollinii<br />
al capo <strong>del</strong>l’insetto.<br />
Dopo aver terminato la sua azione predatrice,<br />
l’insetto volerà via con i pollinii<br />
attaccati rivolti verso l’alto. Pochi secondi<br />
dopo le caudicole perdono di rigidità e<br />
si piegano in avanti portando i pollinii in<br />
posizione orizzontale; in questo modo<br />
entreranno facilmente in contatto con lo<br />
stimma di un altro fiore <strong>del</strong>la stessa specie,<br />
quando l’insetto tenterà di succhiare<br />
il nettare. Il metodo di attirare gli insetti<br />
con la produzione di sostanze zuccherine<br />
(nettare) o con la colorazione più o meno<br />
vistosa o con lo stesso profumo <strong>del</strong> fiore<br />
è un fenomeno assai diffuso anche in altre<br />
specie <strong>del</strong> Regno Vegetale.<br />
Un metodo invece estremamente interessante<br />
è quello messo a punto dalle specie<br />
<strong>del</strong> genere Ophrys. Tali specie, non avendo<br />
nettare, attuano un vero e proprio inganno<br />
ai danni di certi insetti.<br />
Il labello assomiglia nella forma, nella colorazione<br />
ed anche nell’odore emesso dal<br />
fiore, all’addome <strong>del</strong>la femmina di certe<br />
specie di imenotteri.<br />
I maschi, attirati da questa falsa femmina,<br />
ma soprattutto dall’odore emesso, tentano<br />
di accoppiarsi. Durante questo falso<br />
accoppiamento (pseudo-copulazione),<br />
il capo <strong>del</strong>l’insetto viene a contatto con<br />
i pollinii e avrà così inizio il meccanismo<br />
<strong>del</strong> trasporto dei pollinii che permetterà<br />
l’impollinazione di un nuovo fiore.<br />
Il merito di aver chiarito il fenomeno <strong>del</strong>l’impollinazione<br />
incrociata <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong>,<br />
va al grande naturalista inglese C. Darwin<br />
(1800-1882) padre <strong>del</strong>l’evoluzionismo.<br />
L’autoimpollinazione<br />
In certe specie di Epipactis (es. E. muelleri),<br />
l’impollinazione avviene con il polline<br />
prodotto dallo stesso fiore (autoimpollinazione).<br />
Queste specie sono caratterizzate<br />
dalla mancanza o dalla riduzione <strong>del</strong><br />
rostello; i pollinii inoltre, anzichè essere<br />
compatti, sono pulverulenti: in tal modo<br />
possono cadere sullo stimma.<br />
Altra specie dove può avvenire l’autoimpollinazione<br />
è Ophrys apifera; quando i
fiori sono aperti, se non vengono visitati<br />
dagli insetti in un tempo piuttosto breve,<br />
le caudicole, essendo molto sottili, si<br />
seccano e si ripiegano, facendo uscire i<br />
pollinii dalle loro logge; a seguito di questo<br />
ripiegamento i pollinii andranno a toccare<br />
lo stimma.<br />
Osservare questo fenomeno da noi non<br />
è molto comune: infatti questa specie<br />
viene spesso visitata dagli insetti. Sembra<br />
tuttavia che tale fenomeno sia l’unico a<br />
garantire l’impollinazione degli individui<br />
presenti a nord <strong>del</strong>le Alpi, dove mancano<br />
gli insetti pronubi.<br />
In Neottia nidus-avis l’impollinzione entomofila<br />
può avvenire soltanto nei primi<br />
giorni <strong>del</strong>l’apertura <strong>del</strong> fiore, dopo di che<br />
la ghiandola vischiosa perde la sua capacità<br />
adesiva. A questo punto i pollinii si<br />
ripiegano fino a toccare lo stimma.<br />
Sempre in Neottia nidus-avis e in Epipogium<br />
aphyllum, specie micotrofiche, l’autoimpollinazione<br />
può avvenire in condizioni<br />
estreme. Queste <strong>orchidee</strong>, in presenza di<br />
condizioni avverse, possono svolgere il<br />
loro ciclo vitale completamente sotto terra<br />
e conseguentemente fiorire, autoimpollinarsi<br />
e fruttificare.<br />
Infine, in certe specie di Epipactis, Cephalanthera,<br />
Limodorum, la fecondazione può<br />
avvenire quando i fiori sono ancora chiusi;<br />
in questo caso si ha il fenomeno <strong>del</strong>la<br />
cleistogamia. Una volta avvenuta la fecon-<br />
a-Fiore di Gymnadenia conopsea con insetto<br />
impollinatore, b-fiore di Ophrys insectifera<br />
con insetto impollinatore, c-fiore di Orchis<br />
coriophora con insetto impollinatore, d-fiore<br />
di Epipactis con insetto impollinatore.<br />
a b<br />
Impollinazione: a-Insetto impollinatore su Orchis coriophora fragrans, b-Farfalla su Nigritella<br />
rhellicani.<br />
dazione, i tepali possono seccare senza<br />
essersi aperti. Trovare infatti esemplari di<br />
queste specie con i fiori completamente<br />
aperti è un evento assai raro.<br />
d<br />
c<br />
a<br />
b<br />
La germinazione<br />
A seguito <strong>del</strong>la fecondazione si ha una<br />
notevole produzione di semi. Darwin in<br />
un ovario maturo di Dactylorhiza maculata<br />
contò 6.200 semi. Se germinassero tutti i<br />
semi di una D. maculata (sempre secondo<br />
Darwin), basterebbero solo quattro generazioni<br />
per coprire tutte le terre emerse.<br />
Ma un così alto numero di semi compensa,<br />
in parte, le difficoltà di germinazione. Essi<br />
infatti sono piccolissimi e leggerissimi:<br />
facilmente trasportati dal vento, non<br />
contengono o quasi sostanze di riserva.<br />
Pertanto, per poter germinare, hanno bisogno<br />
di un apporto di sostanze nutritizie<br />
che provenga dall’esterno: questo apporto<br />
avviene grazie alla simbiosi con minuscoli<br />
funghi endoparassiti, appartenenti per lo<br />
più al genere Rhizoctonia.<br />
Dall’incontro tra seme e fungo si apre una<br />
fase nella quale i due contendenti cercano<br />
di avere il sopravvento. Se il seme riesce<br />
a fagocitare completamente il fungo,<br />
morirà per mancanza di nutrimento; vi<br />
sarà comunque la morte <strong>del</strong> seme, anche<br />
se è il fungo ad avere il sopravvento. Un<br />
certo equilibrio si ha soltanto se il seme,<br />
per mezzo <strong>del</strong> fungicida che contiene,<br />
riesce a limitare la presenza <strong>del</strong> fungo a<br />
sue certe parti. In questa fase ha inizio<br />
la germinazione e si origina un rapporto<br />
che avvantaggia entrambi i contendenti.<br />
Inizia così per questa compagnia un lungo<br />
e difficile periodo verso la formazione di<br />
una nuova pianta: per certe specie infatti<br />
occorrono 6-7 o persino 15 anni prima<br />
che la nuova pianta sia in grado di portare<br />
a fioritura i primi fiori. Rimangono a tutt’oggi<br />
numerosi lati oscuri sul fenomeno<br />
<strong>del</strong>la simbiosi, tuttavia sembra che per le<br />
<strong>orchidee</strong> a foglie verdi tale simbiosi duri<br />
per il periodo necessario alla formazione<br />
di un piccolo tubercolo e alla conseguente<br />
formazione di foglie. Una volta in grado<br />
di fotosintetizzare, la pianta è in grado di<br />
svilupparsi da sola.<br />
Nelle specie micotrofiche (Limodorum<br />
abortivum, Neottia nidus-avis, Epipogium<br />
aphyllum, Corallorhiza trifida) non avviene<br />
la fotosintesi, pertanto si serviranno per<br />
tutta la loro vita <strong>del</strong>l’apporto nutritizio<br />
dato da questi funghi.<br />
La scoperta di questo particolare sistema<br />
di germinazione si è avuta soltanto<br />
all’inizio di questo secolo, per merito <strong>del</strong><br />
botanico francese Noël Bernard, il quale,<br />
osservando al microscopio dei semi di<br />
Neottia in fase di germinazione raccolti<br />
accanto alla pianta madre, scoprì che<br />
questi erano inframmezzati da minuscoli<br />
filamenti fungini.<br />
A seguito di questa scoperta, la scienza<br />
moderna ha messo a punto dei sistemi di<br />
germinazione artificiale che trovano largo<br />
impiego industriale nella produzione di<br />
piante ornamentali. Tali tecniche vengono<br />
per lo più applicate alle specie esotiche,<br />
le quali, essendo più vistose, sono più<br />
appetite dal mercato.<br />
Oltre alla propagazione per mezzo dei<br />
semi esse hanno messo a punto sistemi<br />
vegetativi per consentire la propagazione<br />
<strong>del</strong>la specie (fenomeno comune anche a<br />
molte altre specie <strong>del</strong> Regno Vegetale).<br />
Alcune producono due tuberi anzichè uno,<br />
come per esempio nel genere Serapias. In<br />
Goodyera repens si ha l’emissione di stoloni<br />
radicanti. Altre specie (es. Epipactis) si<br />
moltiplicano producendo germogli per<br />
mezzo dei rizoma.<br />
24 25<br />
7<br />
8<br />
Il ciclo vitale<br />
1) Apertura <strong>del</strong>le capsule a maturazione;<br />
2) Dispersione dei minutissimi semi; 3)<br />
Semi fortemente ingranditi; 4) I semi<br />
giunti nel terreno ricevono l’apporto nutrizionale<br />
dal fungo micorizzico, fino alla<br />
formazione <strong>del</strong>le prime foglie verdi; 5-6)<br />
Prima che abbia luogo la fioritura la nuova<br />
pianta si rafforza per alcuni anni, secondo<br />
il ciclo annuale; 7) Fioritura; 8) Insetto<br />
impollinatore.<br />
1<br />
6<br />
2<br />
4<br />
Ciclo vitale<br />
3<br />
5
PROTEZIONE E CAUSE DI RAREFAZIONE<br />
Con l’avvento <strong>del</strong>l’era moderna ed<br />
industrializzata e con il conseguente<br />
fenomeno <strong>del</strong>l’inquinamento e degrado<br />
ambientale si è andata formando in un<br />
parte sempre più vasta <strong>del</strong>la popolazione<br />
mondiale, una mentalità di protezione<br />
<strong>del</strong>la natura in generale e in special modo<br />
di parte di essa.<br />
Questa mentalità è stata recepita da alcuni<br />
governi che hanno legiferato in merito.<br />
Purtroppo sono ancora pochi gli Stati<br />
che si sono dati queste misure di protezione.<br />
Per quanto riguarda l’Europa, nella<br />
protezione <strong>del</strong>la flora e <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> in<br />
particolar modo vi è un enorme ritardo<br />
nella legislazione nazionale dei paesi <strong>del</strong><br />
sud rispetto a quelli <strong>del</strong> nord.<br />
Negli stati <strong>del</strong> nord la protezione è totale<br />
o parziale a seconda <strong>del</strong>le specie. Nei<br />
paesi <strong>del</strong>l’area mediterranea non vi sono<br />
ancora leggi specifiche in merito. La mancanza<br />
è tanto più grave se si pensa che<br />
per alcune specie gli esperti prevedono<br />
non più di 10 o 20 anni di vita. In certi<br />
Stati <strong>del</strong> Medio Oriente i tuberi <strong>del</strong>le<br />
<strong>orchidee</strong> vengono essiccati al sole e se<br />
ne trae una farina chiamata “salep” che<br />
serve per aromatizzare ed addensare il<br />
latte. Questi fatti sembrano, per fortuna,<br />
in regresso; tuttavia hanno portato molte<br />
specie sull’orlo <strong>del</strong>l’estinzione. In Italia la<br />
tutela in materia floristica è demandata<br />
alle Regioni.<br />
La situazione italiana rispecchia a tutt’oggi<br />
l’andamento appena descritto. Diverse<br />
Regioni e alcune Province, in modo autonomo,<br />
da più di un ventennio hanno<br />
affrontato il problema, anche se in modo<br />
difforme da regione a regione. Questo,<br />
tutto sommato, può essere un fatto positivo<br />
perché, nel formulare le proposte<br />
di legge, si sarà certamente tenuto conto<br />
<strong>del</strong>le varie situazioni locali, cosa che non<br />
sarebbe stata possibile con una legge a<br />
livello nazionale. Alcune Regioni <strong>del</strong> sud<br />
non hanno ancora provveduto ad emanare<br />
leggi di protezione, forse perchè in<br />
quei luoghi l’agricoltura intensiva è meno<br />
praticata che nel nord Italia e i centri industrializzati,<br />
con i conseguenti fenomeni<br />
di inquinamento, sono meno presenti; ma<br />
soprattutto perchè al sud la pastorizia è<br />
ancora un’attività sufficientemente diffusa.<br />
Sembra infatti paradossale, ma proprio là<br />
dove è presente il pascolo, vi è la maggior<br />
presenza di orchidacee, proprio perchè<br />
il manto erboso viene mantenuto rasato<br />
e le piante arbustive sono contenute in<br />
spazi limitati. <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> non vengono<br />
mangiate dagli animali al pascolo. Un<br />
certo danno può derivare dal calpestio,<br />
laddove il carico di animali è eccessivo;<br />
tuttavia il calpestio non provoca quasi mai<br />
la morte <strong>del</strong>le piante e, comunque, questo<br />
fatto ha scarsissima incidenza agli effetti<br />
<strong>del</strong>la rarefazione.<br />
Per quanto riguarda la nostra Regione, nel<br />
1977 è stata emanata una legge (L.R. n. 2<br />
<strong>del</strong> 24-1-1977) che tutela integralmente<br />
tutta la famiglia <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong>.<br />
Un’altra causa, oltre a quelle già citate,<br />
<strong>del</strong>la sparizione e <strong>del</strong>la rarefazione di<br />
molte specie è senz’altro l’abbandono<br />
da parte <strong>del</strong>l’uomo di certe attività agropastorali<br />
che per centinaia e centinaia di<br />
anni avevano mantenuto in uno stato di<br />
semi-naturalità la montagna e vaste zone<br />
<strong>del</strong>la collina.<br />
La pulizia dei boschi, il taglio annuale<br />
dei prati, lo sfruttamento dei canneti, la<br />
transumanza, il pascolo estensivo sono<br />
tutte attività a cui è legata la vita <strong>del</strong>le<br />
<strong>orchidee</strong>: in un bosco troppo fitto non<br />
possono vivere perchè non vi penetra<br />
luce sufficiente; un prato abbandonato si<br />
trasforma in breve tempo in un ammasso<br />
di sterpaglie dove le <strong>orchidee</strong> vengono<br />
soffocate.<br />
<strong>Le</strong> specie più gravemente minacciate sono<br />
quelle che hanno come loro biotopo<br />
naturale le zone umide (torbiere); questi<br />
luoghi sono stati quasi totalmente distrutti<br />
ad opera <strong>del</strong>l’uomo con prosciugamenti<br />
per far posto all’agricoltura o con la deviazione<br />
<strong>del</strong>l’acqua <strong>del</strong>le sorgenti per immetterla<br />
negli acquedotti. In questo modo, ad<br />
esempio, è stata completamente distrutta<br />
negli ultimi 40-50 anni la popolazione<br />
orchidacea presente in Val Padana.<br />
L’era motorizzata ha portato con sè<br />
la moda <strong>del</strong>la gita in campagna, <strong>del</strong>la<br />
riscoperta <strong>del</strong>la natura. Purtroppo, per<br />
molti di questi “naturalisti estemporanei”<br />
che si riversano ogni fine settimana sulle<br />
colline e in montagna, natura significa<br />
abbandonare i propri rifiuti e fare dei bei<br />
mazzi di fiori, fra cui molte <strong>orchidee</strong>, da<br />
portarsi a casa.<br />
Situazione nel Piacentino ed eventuali<br />
forme di prevenzione<br />
Prendendo in esame i dati di questa ricerca<br />
e confrontandoli con la situazione<br />
esistente in altre parti d’Italia (per esempio<br />
in vaste zone <strong>del</strong>la Liguria), ci si rende<br />
conto che a tutt’oggi la situazione <strong>del</strong>la<br />
popolazione orchidacea <strong>del</strong> Piacentino,<br />
tutto sommato, può definirsi soddisfacente.<br />
Sull’Appennino, attorno ai 1000<br />
m, si trovano specie rarissime, tipicamente<br />
alpine, come Dactylorhiza traunsteineri,<br />
D. majalis e Nigritella rhellicani. Nelle<br />
vallate dove si incanalano correnti di aria<br />
calda provenienti dal vicino mar Ligure, si<br />
trovano specie tipicamente mediterranee<br />
come, ad esempio, Orchis papilionacea<br />
e O. anthropophorum. Tuttavia, se c’è<br />
da essere soddisfatti per il numero di<br />
specie trovate, qualche preoccupazione<br />
sorge analizzando i dati caso per caso.<br />
Si può notare che parecchie di queste<br />
specie sono presenti in poche o in uniche<br />
stazioni e, in alcuni casi, con pochissimi<br />
esemplari.<br />
Benchè la situazione attuale, come si è<br />
detto, sia abbastanza buona, si notano<br />
segnali molto preoccupanti di un costante<br />
e repentino regresso. In numerose<br />
stazioni con popolazioni ancora in buono<br />
stato, si può notare come alcune specie,<br />
soprattutto le più basse, abbiano difficoltà<br />
a sbucare in mezzo all’alto strato di graminacee<br />
secche e appressate al terreno dalle<br />
nevicate. In molti casi le infiorescenze<br />
rimangono aggrovigliate e pertanto non<br />
riescono a portare a maturazione i semi.<br />
Si può quindi affermare che anche nel Piacentino<br />
le <strong>orchidee</strong> abbiano ormai perso<br />
quasi completamente i loro amici naturali<br />
e il fenomeno regressivo stia diventando,<br />
pertanto, irreversibile.<br />
La pastorizia è un’attività quasi ovunque<br />
abbandonata e ristretta solo a poche zone<br />
<strong>del</strong>l’Appennino. L’abbandono da parte<br />
<strong>del</strong>l’uomo di vaste zone <strong>del</strong>la montagna<br />
appenninica, fenomeno cominciato già<br />
prima <strong>del</strong>la seconda guerra mondiale e<br />
proseguito sino ai giorni nostri, è ancora<br />
in atto. Pertanto in queste zone non<br />
vengono più eseguite le attività atte a<br />
contenere l’avanzata <strong>del</strong>le sterpaglie. Un<br />
altro fatto negativo è stata l’introduzione,<br />
o comunque la proliferazione in vaste zone<br />
<strong>del</strong> nostro territorio, <strong>del</strong> cinghiale. Questo<br />
animale, nel tentativo di procurarsi il<br />
cibo, stravolge con la sua proboscide la<br />
cotica erbosa <strong>del</strong>le praterie di montagna,<br />
sradicando conseguentemente tutti i bulbi<br />
che vi si trovano. In particolare, si è notato<br />
che i tuberi di alcune specie (Dactylorhiza<br />
sambucina, Traunsteinera globosa) vengono<br />
costantemente mangiati.<br />
A 14 anni di distanza dalla mia precedente<br />
pubblicazione sulle <strong>orchidee</strong>, sono in<br />
grado di fare dei raffronti e di trarre <strong>del</strong>le<br />
conclusioni.<br />
Rispetto al 1989, novità, riguardanti le<br />
<strong>orchidee</strong>, ce ne sono state: per esempio,<br />
alcune specie hanno cambiato nome:<br />
Nigritella non si chiama più Nigra, ma<br />
Rhellicani; Dactylorhiza latifolia è ritornata<br />
a chiamarsi Sambucina; il genere Aceras è<br />
sparito, perché l’unica specie <strong>del</strong> genere,<br />
A. anthropophorum è stata reinserita nel<br />
genere Orchis; è stata descritta una nuova<br />
specie per la scienza, Epipactis placentina.<br />
Ho segnalato il ritrovamento in provincia<br />
di dieci nuove specie, tra le quali spiccano<br />
Epipactis gracilis, Epipactis viridiflora,<br />
Himantoglossum hircinum, che con la presenza<br />
sul nostro territorio segnano il loro<br />
limite settentrionale.<br />
Accanto a queste poche buone notizie,<br />
ce ne sono tante altre tutte, purtroppo,<br />
negative. Da anni non trovo più Orchis<br />
laxiflora, O. anthropophora, Pseudoorchis<br />
albida. Inoltre O. papilionacea era presente,<br />
nel 2001, con un solo esemplare.<br />
Nigritella rhellicani ha visto ridurre la sua<br />
presenza a poche decine di esemplari.<br />
Dactylorhiza sambucina e O. morio, specie<br />
che solo 14-15 anni fa erano ancora presenti<br />
in modo decisamente abbondante,<br />
oggi sono a rischio estinzione, a causa<br />
di una sempre più massiccia presenza<br />
<strong>del</strong> cinghiale. Quest’ultimo, che fino a<br />
pochi anni fa si cibava soltanto di bulbi<br />
di una certa consistenza (<strong>orchidee</strong>, lilium,<br />
ornitogalum), non trovando di meglio da<br />
mangiare, è tornato di nuovo a scavare<br />
negli stessi luoghi, non per mangiare<br />
<strong>orchidee</strong> (non ce ne sono più), ma per<br />
cibarsi di quello che è rimasto: bulbi di<br />
Tulipa sylvestris subsp. australis, crocus<br />
sp., lasciando, dopo queste ultime scorribande,<br />
un manto erboso che non riesce<br />
più a ricostituirsi. Al suo posto, crescono<br />
26 27
igogliose, forse avvantaggiate da mutate<br />
condizioni climatiche, certe piante definite<br />
specie ruderali (ortiche, bardane,<br />
ecc), creando quelle condizioni che gli<br />
esperti definiscono “banalizzazione <strong>del</strong><br />
territorio”: poche specie che crescono a<br />
dismisura a scapito <strong>del</strong>la normale diversità<br />
biologica.<br />
Nel corso di questi anni, ho spesso elencato<br />
quali sono stati i disastri compiuti<br />
dai cinghiali; tuttavia anche se questo è<br />
stato e rimane un gravissimo problema,<br />
sarebbe disonesto addossare a questo<br />
animale tutte le colpe. Infatti la trasformazione<br />
<strong>del</strong> territorio con l’avvento <strong>del</strong>l’era<br />
industriale, lo spopolamento sempre più<br />
evidente di vaste zone, la conseguente<br />
mancanza di animali al pascolo, il mancato<br />
sfalcio <strong>del</strong>l’erba e la mancanza di pulizia<br />
nei boschi sono le cause che, al pari <strong>del</strong><br />
cinghiale se non di più, contribuiscono a<br />
portare all’estinzione tantissime specie e<br />
non solo di <strong>orchidee</strong>.<br />
Questi problemi erano a me ben noti già<br />
verso la metà degli anni Ottanta, quando,<br />
con dei piccoli esperimenti, mi accorsi che<br />
bastava tagliare arbusti ed erba da una<br />
determinata area per veder rispuntare<br />
rigogliose, nel giro di pochi d’anni, specie<br />
che altrimenti sarebbero rimaste soffocate.<br />
Forte di queste convinzioni, mi attivai<br />
per dimostrare all’opinione pubblica che i<br />
problemi di rarefazione non dipendevano<br />
dalla raccolta, come allora si pensava o<br />
come probabilmente qualcuno pensa<br />
ancora, ma dai problemi sopra elencati.<br />
Porto due esempi.<br />
Dopo aver individuato una zona altamente<br />
a rischio, ma con una presenza ancora<br />
straordinaria di biodiversità, situata a<br />
Nord dei Groppi di Lavezzera (Ferriere),<br />
ho raccolto il consenso dei proprietari<br />
(non è stato facile perché sono numerosi,<br />
nonostante l’area sia estenda per poche<br />
migliaia di metri quadrati) per mantenere<br />
la zona sgombra da erbe ed arbusti infestanti.<br />
Già il primo anno di intervento<br />
si sono notati i primi risultati: le specie<br />
sono ritornate ad assumere la loro forma<br />
abituale, mentre prima risultavano alterate<br />
nelle loro caratteristiche abituali a causa<br />
<strong>del</strong>l’enorme accumulo di erba. Il secondo<br />
e terzo anno si è notato un sensibile aumento<br />
di esemplari a fiore.<br />
In una stazione dove vivevano in condizioni<br />
estreme non più di 10 esemplari a<br />
fiore di Himantoglossum adriaticum, ci si era<br />
accorti che sotto alle macchie di ginestre<br />
e sterpaglie varie vi erano numerose foglie<br />
molto allungate e di colore innaturale,<br />
sintomo di mancanza di luce. Dopo un intervento<br />
di pulizia, mirato all’asportazione<br />
dei rovi e di alcune macchie di ginestre,<br />
oggi si può notare la magnifica fioritura<br />
di oltre 150 esemplari.<br />
Dopo aver fatto il quadro <strong>del</strong>la situazione,<br />
positivo da una parte ma estremamente<br />
drammatico dall’altra, occorre<br />
urgentemente pensare al da farsi. Molte<br />
volte, nell’affrontare i problemi, si rimane<br />
arroccati dietro una mentalità ormai<br />
superata, favorita però da carenze legislative.<br />
In questo caso sarebbe auspicabile<br />
un’incentivazione <strong>del</strong> pascolo che oltre<br />
ad essere redditizio, concorrerebbe a<br />
mantenere inalterato l’ambiente. Sarebbe<br />
senz’altro importante l’opera di gruppi di<br />
volontari che, con modesti e mirati sacrifici,<br />
darebbero un contributo notevole<br />
soprattutto nel mantenere pulite le zone<br />
di maggior interesse.<br />
Questa modesta esposizione <strong>del</strong>la situazione<br />
provinciale non ha certamente la<br />
pretesa di offrire spiegazioni definitive a<br />
tutti i problemi; probabilmente esistono<br />
altri sistemi per rallentare la rarefazione.<br />
Quello che più conta, però, è agire e agire<br />
subito, qui da noi come in tante altre parti.<br />
In caso contrario, all’uomo tecnologico<br />
non rimarrà che prendere atto, anno dopo<br />
anno, di questa o di quella sparizione.<br />
Così diventeremo ogni giorno sempre<br />
più poveri, poveri di quello straordinario<br />
patrimonio genetico datoci in prestito da<br />
madre natura, prestito che noi non saremo<br />
riusciti a tramandare ai nostri figli.<br />
In conclusione, se si vorrà salvare una<br />
testimonianza floristica e tramandarla<br />
alle future generazioni, si dovranno individuare<br />
le aree più interessanti (questo è<br />
già possibile grazie ai censimenti floristici<br />
fatti nel decennio scorso) e provvedere,<br />
senza indugi, a tagliarvi annualmente<br />
l’erba e a contenere l’avanzata di arbusti<br />
(tutto ciò, naturalmente, andrà fatto nel<br />
periodo di riposo di queste piante: fine<br />
agosto, settembre). Inoltre, si dovrà<br />
affrontare la questione cinghiale: non<br />
risolvere questo problema, renderebbe<br />
vana qualsiasi altra azione. Dopo quanto<br />
sopra esposto, mi sembra chiaro che non<br />
vi è più tempo da perdere: la sparizione<br />
certa di O. laxiflora, O. anthropophora e<br />
forse di P. albida, sono un segno tangibile<br />
<strong>del</strong>le nostre inadempienze.<br />
I G E N E R I<br />
P R E S E N T I<br />
N E L L A<br />
P R O V I N C I A<br />
28 29<br />
D I<br />
P I A C E N Z A
EPIPACTIS ZINN 1757<br />
Il nome generico Epipactis è di origine incerta. Secondo alcuni autori Epipactis era il<br />
nome che i greci davano ad una specie di elleboro. Da ciò è stato tratto il nome di un<br />
nuovo genere di <strong>orchidee</strong> chiamato Helleborine per la somiglianza <strong>del</strong>le foglie con quelle<br />
<strong>del</strong>l’elleboro bianco o veratro. Genere essenzialmente euroasiatico, ma con alcune<br />
presenze in Africa e in America. Secondo gli esperti il genere sarebbe arretrato, nel<br />
corso <strong>del</strong>l’ultima glaciazione, pressappoco al di sotto <strong>del</strong>la linea <strong>del</strong> 40° parallelo. Con<br />
l’arretramento dei ghiacci cominciato circa 12 o 13 mila anni fa, la faggeta con le sue<br />
consociazioni vegetali comincia una lenta risalita verso nord: fra queste specie vi sono<br />
anche le Epipactis, che riconquistano praticamente quasi tutta l’Europa. Attualmente<br />
questo genere viene ritenuto in piena evoluzione; ciò giustifica la grande variabilità<br />
presente. Il genere si suddivide in 2 sezioni; la prima sezione (Arthochilium Irmisch) si<br />
contraddistingue per la forma <strong>del</strong> labello articolato in 2 parti: ipochilo con lobi laterali;<br />
epichilo mobile. Appartengono a questa sezione 2 sole specie di cui una sola è<br />
presente in Italia (E. palustris (L.) Crants.). La seconda sezione (Euepipactis Irmisch) si<br />
contraddistingue per avere l’ipochilo a forma di coppa senza lobi laterali e l’epichilo non<br />
articolato, ma ben fissato all’ipochilo, e vi appartengono tutte le altre specie. Queste<br />
specie vengono definite autogame o allogame a secondo <strong>del</strong> tipo di impollinazione che<br />
attuano: le prime si contraddistinguono per la mancanza di un rostello efficace, privo<br />
cioè di quell’elemento utile per far aderire il polline al capo <strong>del</strong>l’insetto vettore (viscidio) e<br />
pertanto il polline sarà disgregato, polverulento e cadrà liberamente sulla parte femminile<br />
<strong>del</strong> fiore (stimma), dando vita all’autoimpollinazione, come avviene per esempio in E.<br />
muelleri; le seconde si contraddistinguono per avere un rostello efficace. In queste ultime<br />
l’impollinazione avviene per allogamia: il polline viene trasportato da un fiore all’altro da<br />
insetti, come avviene solitamente in E. helleborine. Avviene non di rado che anche in specie<br />
attrezzate perfettamente per l’impollinazione incrociata, in condizioni estreme, il polline<br />
si disgreghi e cada sullo stimma; questo evento può avvenire ancora quando il fiore è<br />
in boccio (cleistogamia). La valutazione errata di questi fenomeni ha portato nel corso<br />
di questi anni a segnalazioni di specie poi rivelatesi errate. Credo che al fine di una più<br />
attenta determinazione sia necessario tenere maggiormente in considerazione la forma<br />
<strong>del</strong> ginostemio anzichè il modo in cui esso funziona. Queste forme di impollinazione<br />
e la scarsa specializzazione dei fiori, visitati da innumerevoli specie di insetti, portano a<br />
un’altissima produzione di semi. Il genere si caratterizza per avere la parte ipogea a forma<br />
di rizoma verticale o orizzontale con numerose radichette secondarie; brattee fogliacee ±<br />
allungate; ovari peduncolati; fiori ± penduli; sepali generalmente verdi un po’ più lunghi<br />
dei petali; labello diviso in 2 parti, ipochilo emisferico solitamente nettarifero, epichilo<br />
a forma generalmente cordata terminante con punta dritta o ribattuta. Questo genere<br />
ha attirato su di sé, negli ultimi 20 anni, l’attenzione di molti studiosi al punto che le 9<br />
specie riportate nella “Flora europea” (Moore, 1980) sono diventate oggi più di 65 tra<br />
specie e sottospecie, di cui circa una quindicina sono segnalate per l’Italia. Numero per<br />
altro destinato ad aumentare visto alcuni lavori in avanzata fase di studio. In provincia<br />
di Piacenza sono presenti 10 entità.<br />
Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />
Fiori rosso violacei, foglie distiche .................................................................. E. atrorubens<br />
Fusto robusto, foglie piccole, eretti abbraccianti il fusto .......................... E. distans<br />
Foglie da 2 a 5, piccole inserite nella parte alta <strong>del</strong> fusto,<br />
ovario fusiforme con pedicello arquato ............................................... E. gracilis<br />
Pianta allogama, fiori aperti, foglie piane ovale-rotondeggianti ............. E. helleborine<br />
Fiori allogami, foglie verde chiaro, epichilo generalmente<br />
piegato all’indietro .................................................................................... E. leptochila<br />
Pianta per lo più esile, foglie disposte a spirale non più<br />
lunghe di 3 cm, labello biancastro ........................................................ E. microphilla<br />
Fiori verde-giallicci, foglie coriacee con margine ondulato,<br />
ipochilo rosso o marroncino all’interno ............................................... E. muelleri<br />
Ipochilo munito di 2 lobi laterali, epichilo mobile ....................................... E. palustris<br />
Fiori rosei o rosso magenta, epichilo a forma triangolare piano<br />
o con bordi rialzati .................................................................................... E. placentina<br />
Foglie piccole sfumate di viola soprattutto nella pagina inferiore ........... E. viridiflora<br />
CEPHALANTHERA L.C.M. RICHARD 1817<br />
Il nome generico Cephalanthera è di origine greca e sembra sia stato ispirato dalla<br />
forma globosa <strong>del</strong>l’antera. Si tratta di uno dei generi più primitivi. E’ piuttosto affine<br />
al genere Epipactis per alcuni caratteri: la struttura <strong>del</strong>l’apparato radicale formato da<br />
un rizoma ± robusto; la forma <strong>del</strong> labello diviso in 2 parti (ipochilo-epichilo); l’impollinazione<br />
che può avvenire sia per via allogama che autogama. Differisce dal genere<br />
Epipactis per l’ovario subcilindrico non peduncolato e per la colonna più allungata.<br />
Genere principalmente euro-asiatico, comprende 15 specie. In Italia sono presenti 3<br />
specie, tutte presenti anche in provincia di Piacenza:<br />
C. damasonium (Miller) Druce<br />
C. longifolia (L.) Fritsch<br />
C. rubra (L.) L.C.M. Richard<br />
Nota<br />
I fiori di queste specie restano generalmente socchiusi o comunque raramente aperti.<br />
Tali fiori sono perfettamente attrezzati per la fecondazione incrociata, tuttavia solo<br />
raramente vengono visitati da insetti pronubi. Spesso il polline cade sullo stimma<br />
quando il fiore è ancora in boccio, prima che gli insetti impollinatori possano accedervi.<br />
Pertanto vanno ritenute specie tendenzialmente autogame. Certi autori ritengono<br />
trattarsi di specie avviate per evoluzione verso la cleistogamia.<br />
Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />
Fiore bianco-giallastro, infiorescenza pauciflora, foglie ovali............ C. damasonium<br />
Fiore bianco puro, foglie strette e rigide, brattee molto corte......... C. longifolia<br />
Fiori rosa, ovario pubescente, epichilo appuntito .............................. C. rubra<br />
Epipactis placentina<br />
Bongiorni & Grünanger 1993<br />
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LIMODORUM BOEHMER 1760<br />
Per quanto riguarda la derivazione <strong>del</strong> nome vi sono opinioni e pareri contrastanti.<br />
Limodorum deriverebbe dal nome greco leimodoron che significa dono <strong>del</strong> prato. Questo<br />
genere comprende tre sole specie: L. abortivum (L.) Swarts; L. trabutianum Battandier;<br />
L. brulloi Bartolo & Pulvirenti. In provincia è presente solo L. abortivum. Si tratta di<br />
una specie micotrofica. Per sviluppare il ciclo vitale la pianta vive in simbiosi con un<br />
fungo endotrofico. La clorofilla è ridotta al minimo. Non sono ancora chiari i rapporti<br />
troficonutrizionali che intercorrono tra questa specie e le specie arboree. L’apparato<br />
radicale è formato da un breve rizoma con numerose radici carnose.<br />
NEOTTIA GUETTARD 1750<br />
Il genere Neottia è formato da un numero esiguo di specie (8). L’unica conosciuta in<br />
Europa e in Italia è N. nidus-avis (L.) L.C.M. Richard. Il nome Neottia viene dal greco<br />
e significa “nido”; esso trova riscontro nella forma <strong>del</strong>le radici: queste infatti sono<br />
intrecciate a forma di “nido”. Si tratta di specie micotrofica, si nutre per via eterotrofa,<br />
consumando sostanze organiche presenti nel terreno e traendo inoltre alimento da<br />
un fungo (Rhizomorpha neottiae). Tale fungo è presente vicino a radici marcescenti.<br />
La pianta è in grado di diffondersi per via vegetativa.<br />
EPIPOGIUM GMELIN EX BORCKHAUSEN 1792<br />
Il nome generico Epipogium deriva dalle parole greche epi, sopra e pogon, barba e<br />
fa riferimento alla posizione <strong>del</strong> labello che, non essendo resupinato, si trova girato<br />
in alto. Infatti dai botanici antichi il labello veniva chiamato barba. Al genere sono<br />
assegnate due sole specie di cui una sola è presente in Europa: E. aphyllum Swartz. Si<br />
tratta di una specie micotrofica. La parte sotterranea è formata da un rizoma coralliforme<br />
munito di stoIoni filiformi, per mezzo dei quali avviene la propagazione per via<br />
vegetativa. All’apice di questi si formano dei bulbilli che staccandosi daranno vita ad<br />
un nuovo rizoma. Prima che da questo nuovo rizoma possa scaturire un fusto fiorifero<br />
dovrà passare molto tempo, circa 10 anni. La specie è in grado di svolgere il suo ciclo<br />
vitale completamente sottoterra. Intere popolazioni possono sparire completamente<br />
e ricomparire dopo parecchi anni. Questi fenomeni sono probabilmente da attribuire<br />
a fattori climatici.<br />
CORALLORHIZA CHATELAIN 1760<br />
Il nome generico Corallorhiza significa “radice a forma di corallo”. Questo infatti è<br />
l’aspetto <strong>del</strong> suo rizoma. Fanno parte di questo genere circa 12 specie diffuse in Europa,<br />
in Asia tropicale e nell’America <strong>del</strong> Nord. Una sola specie è presente in Europa: C.<br />
trifida Chatel. Per la sua struttura assai gracile, è specie che passa sovente inosservata.<br />
Diventa più visibile a fine fioritura quando gli ovari (verdi) si ingrossano creando più<br />
contrasto con l’ambiente circostante. È specie micotrofica.<br />
LISTERA R. BROWN 1813<br />
Il nome Listera è stato usato per la prima volta dal botanico Brown nel 1813 per ricordare<br />
M. Lister, naturalista inglese che visse nel XVII secolo. Esistono sulla terra circa<br />
25 specie distribuite prevalentemente nelle regioni temperate <strong>del</strong>l’Asia e <strong>del</strong>l’America<br />
settentrionale. <strong>Le</strong> uniche due specie europee, L. ovata (L.) R.BR. e L. cordata (L.) R.BR.<br />
sono presenti anche in Italia. Entrambe sono presenti in provincia. Queste due specie<br />
si caratterizzano per la presenza di sole 2 foglie opposte, fiori privi di sperone, labello<br />
notevolmente più lungo <strong>del</strong>le altre parti fiorali, colonna breve, rostello presente, viscidii<br />
e borsicole assenti. La parte sotterranea di questa specie è costituita da un rizoma<br />
disposto orizzontalmente nel terreno con numerose radici filiformi.<br />
Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />
Pianta piccola, gracile, con 2 foglie piccole, opposte, cordate .... L. cordata<br />
Pianta robusta con 2 grandi foglie opposte, ovali con apice<br />
ottuso ............................................................................................... L. ovata<br />
SPIRANTHES L.C.M. RICHARD 1817<br />
Spiranthes deriva dalle parole greche speira, spira e anthos, fiore. Tale genere è stato<br />
istituito nel 1818 dal botanico Richard. Questa denominazione è indubbiamente molto<br />
appropriata, in quanto fa riferimento ad uno dei rari esempi che la natura ci offre di<br />
infiorescenza spiralata. Sono circa 80 le specie diffuse sulla terra. Principalmente<br />
in America <strong>del</strong> Nord, Australia, Nuova Zelanda. Alla flora europea appartengono<br />
le seguenti 3 specie: S. spiralis (L.) Chevall, S. aestivalis (Poiret) L.C.M. Richard, S.<br />
romanzoffiana Cham. Una quarta specie S. sinensis (Pers.) Ames è probabilmente presente<br />
in Russia nella zona degli Urali centrali. Fanno parte <strong>del</strong>la flora italiana soltanto<br />
le prime due specie citate, di cui solo <strong>del</strong>la prima attualmente è accertata la presenza<br />
in provincia.<br />
GOODYERA R. BROWN 1813<br />
Il nome generico è in onore <strong>del</strong> botanico inglese J. Goodyer vissuto nel XVII secolo. A<br />
questo genere appartengono circa 80 specie localizzate in America <strong>del</strong> Nord e Centrale,<br />
in Australia Settentrionale e in Asia. L’unica specie europea è G. repens (L.) R.Br. Fino a<br />
pochi anni fa si pensava che questa orchidea fosse presente solo nelle regioni <strong>del</strong>l’arco<br />
alpino. La presenza sul nostro Appennino è dovuta all’opera <strong>del</strong>l’uomo. Attualmente<br />
infatti la si trova in quasi tutti gli impianti forestali di conifere che abbiano raggiunto<br />
un certo numero di anni e dove sia presente un soffice strato di aghi marcescenti.<br />
Si propaga molto facilmente per via vegetativa. L’apparato radicale è formato da un<br />
rizoma superficiale provvisto di stoloni che producono <strong>del</strong>le rosette di foglie; da queste<br />
solo al secondo anno si svilupperà uno stelo fiorifero. Con questo rapido sistema<br />
di propagazione si possono formare vaste colonie di individui. Ma come è veloce la<br />
colonizzazione, altrettanto veloce è la sua sparizione: tra le cause c’è l’avanzamento<br />
<strong>del</strong>lo strato arbustivo, formato prevalentemente da rovi, rosa canina, prunus, ecc., ma<br />
soprattutto dal brachipodium, una graminacea che invade velocemente i sottoboschi<br />
radi e luminosi, dove di solito G. repens vive.<br />
32 33
PLATANTHERA L.C.M. RICHARD 1817<br />
Platanthera deriva da due termini greci: platys, piatto e anthera, antera: questa si<br />
presenta a due logge parallele nella P. bifolia, divaricate in basso nella P. chlorantha.<br />
Linneo comprendeva questo genere in Orchis, in quanto queste specie sono provviste di<br />
sperone. Solo più tardi Richard, dopo aver evidenziato alcune differenze strutturali nei<br />
fiori, separò i due generi. Appartengono a questo genere circa un centinaio di specie<br />
distribuite in tutte le zone temperate <strong>del</strong>l’emisfero settentrionale e <strong>del</strong>l’America meridionale.<br />
In Italia le due specie presenti sono P. bifolia (L.) L.C.M. Richard e P. chlorantha<br />
(Custer) Reichenb. L’apparato radicale è formato da tuberi ovali o fusiformi.<br />
Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />
Logge <strong>del</strong>l’antera parallele e ravvicinate ....................................... P. bifolia<br />
Logge <strong>del</strong>l’antera distanziate, convergenti verso l’alto ............. P. chlorantha<br />
GYMNADENIA R. BROWN 1813<br />
Il nome di questo genere (battezzato dal botanico scozzese Robert Brown) prende<br />
origine dalle parole greche gymnos e aden e significa “ghiandola nuda”. I fiori <strong>del</strong>le specie<br />
appartenenti a questo genere hanno infatti i retinacoli che sono privi di borsicole.<br />
Sono circa l0 le specie di Gymnadenia distribuite nell’Asia temperata e in Europa. In<br />
Europa e in Italia due sono le specie presenti: G. conopsea (L.) R.Br. e G. odoratissima<br />
(L.) L.C.M. Richard. Entrambe le specie sono presenti in provincia. Certi autori antichi<br />
e moderni inseriscono in questo genere anche Nigritella e Pseudorchis. Va ricordato<br />
comunque che le differenze strutturali fra queste specie sono notevoli. L’apparato<br />
radicale è formato da due tuberi palmati, con apici allungati.<br />
Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />
Sperone lungo da 12 a 22 mm, arcuato, molto più lungo<br />
<strong>del</strong>l’ovario, lobi <strong>del</strong> labello pressappoco uguali ................... G. conopsea<br />
Sperone lungo da 3 a 6 mm, più corto o raramente lungo<br />
quanto l’ovario, lobo mediano <strong>del</strong> labello nettamente più<br />
lungo dei laterali ......................................................................... G. odoratissima<br />
PSEUDORCHIS SEGUIER 1754<br />
<strong>Le</strong> specie appartenenti a questo genere presenti in Europa sono due: P. albida (L.) A. et<br />
D. Love e P. frivaldii (Hampe ex Griseb). Appartiene alla flora italiana soltanto la prima.<br />
Il nome Pseudorchis è di origine greca: pseudos, falso e orchis, probabilmente per la<br />
somiglianza con le specie <strong>del</strong> genere Orchis. Di più facile interpretazione è il sinonimo<br />
<strong>Le</strong>uchorchis: leuchos significa bianco e fa riferimento al colore dei fiori che variano dal<br />
bianco al bianco-gialliccio. L’apparato radicale è formato da più tuberi fusiformi.<br />
NIGRITELLA L.C.M. RICHARD 1817<br />
Il nome Nigritella deriva dal latino niger, nero e fa riferimento al colore bruno scuro,<br />
quasi nero dei fiori. Alcuni autori (come si è già riferito nella trattazione <strong>del</strong> genere<br />
Gymnadenia) riuniscono Nigritella sotto il genere Gymnadenia; va ricordato, però, che<br />
se i due generi possiedono alcuni caratteri in comune (tuberi palmati, foglie strettamente<br />
lineari), differiscono in modo netto in altri, quali la forma <strong>del</strong>l’ovario, i fiori non<br />
resupinati e la struttura complessiva <strong>del</strong>la pianta. La vicinanza tra questi due generi è<br />
confermata anche dalla facilità con cui avvengono le ibridazioni. In provincia il genere<br />
è rappresentato da un’unica specie: N. rhellicani.<br />
COELOGLOSSUM HARTMAN 1820<br />
Appartengono a questo genere tre diverse specie. L’unica presente in Europa è il C.<br />
viride (L.) Hartman. Il nome scientifico deriva dal greco koilos, vuoto e glossa, lingua, e fa<br />
riferimento alla forma <strong>del</strong>lo sperone che è rigonfio, sacciforme. Nei luoghi dove questa<br />
orchidea vive, forma spesso <strong>del</strong>le ricche colonie che passano sovente inosservate a<br />
causa <strong>del</strong>la bassa statura <strong>del</strong>la pianta e <strong>del</strong> colore dei fiori che riesce a mimetizzarsi<br />
con l’ambiente circostante. L’apparato radicale è formato da due tuberi palmati con<br />
alcune radici secondarie. Recenti studi effettuati con marcatori molecolari (Pridgeon<br />
et al., 1997) hanno evidenziato una stupefacente vicinanza tra i generi Coeloglossum<br />
e Dactylorhiza.<br />
DACTYLORHIZA NECKER EX NEVSKI 1937<br />
In un primo tempo a questo nuovo genere fu imposto il nome Dactylorchis. In seguito è<br />
stato preferito il termine Dactylorhiza, scelta etimologica sicuramente più appropriata.<br />
Tale nome prende forma dalle parole greche dactylos, dito e rhiza, radice, con riferimento<br />
alla forma digitiforme <strong>del</strong>l’apparato radicale. Il primo ad usare questo termine<br />
fu N.J.V.Necker nel 1970. Si tratta di un genere istituito di recente e riunisce specie<br />
un tempo ricomprese in Orchis. Ad operare questa separazione è stato il botanico P.<br />
Vermeulen ed è fondata su importanti caratteri morfologici:<br />
1) Tuberi allungati, incisi o digitati.<br />
2) Brattee generalmente più lunghe <strong>del</strong>l’ovario, non membranacee.<br />
3) Infiorescenza, prima <strong>del</strong>la fioritura, non avvolta da una guaina.<br />
Se è abbastanza facile distinguere le specie che appartengono ai due generi citati,<br />
più problematica diventa la classificazione <strong>del</strong>le specie che appartengono al genere<br />
Dactylorhiza, soprattutto quelle che vivono in ambiente paludoso. Va fatto notare<br />
che, fino ad ora, i più famosi studiosi in materia non sono riusciti a dare esaurienti<br />
spiegazioni. Il motivo di questa confusione deriva dal fatto che tali specie sono in<br />
possesso di una variabilità sconcertante e in più si ibridano facilmente fra di loro; tali<br />
ibridi oltre a presentare caratteristiche intermedie tra i due genitori, sono in grado<br />
a loro volta di ibridarsi con altre specie, o con altri ibridi di diversa provenienza.<br />
Pertanto ci si trova di fronte a numerosi esemplari o ad intere popolazioni ai quali<br />
tentare di dare un nome diventa difficile se non addirittura impossibile. Nonostante<br />
queste problematiche, in questi anni sono state fatte in provincia alcune scoperte,<br />
nuove nella catena appenninica.<br />
Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />
Pianta robusta, labello stretto, allungato .................................................... D. incarnata<br />
Fiori di colore porpora ± scuro, biancastri alla fauce <strong>del</strong>lo sperone .... D. lapponica<br />
Pianta slanciata, foglie maculate, fiori con labello trilobo, con lobi<br />
profondamente incisi ....................................................... D. maculata subsp fuchsii<br />
Pianta slanciata, fusto cavo ............................................................................ D. majalis<br />
Pianta con fiori aventi due tipi di colorazione: giallo, rosso ................... D. sambucina<br />
TRAUNSTEINERA REICHENBACH 1842<br />
Questo genere prende il nome dal farmacista-botanico austriaco Joseph Traunsteiner<br />
(1798-1850). A questo genere appartengono due sole specie: T. sphaerica (M.- Bieb.)<br />
Schlechter, specie tipica <strong>del</strong> Caucaso e <strong>del</strong>l’Anatolia; T. globosa (L.) Reichenbach. In Italia<br />
è presente la sola T. globosa. Un tempo questa specie veniva inserita nel genere Orchis<br />
col nome di O. globosa. La separazione di tale genere si fonda su alcune caratteristiche<br />
morfologiche evidenziabili nella forma globosa <strong>del</strong>l’infiorescenza e per la disposizione<br />
<strong>del</strong>le foglie, per la forma rudimentale <strong>del</strong>la borsicula. L’apparato radicale è formato da<br />
due tuberi interi, oblunghi, con alcune radichette uscenti alla base <strong>del</strong> fusto.<br />
34 35
ORCHIS LINNEO 1753<br />
Il termine Orchis, già usato dagli antichi greci, fa riferimento alla somiglianza dei tuberi<br />
radicali con i testicoli umani. Dall’antichità sono giunte fino a noi numerose leggende,<br />
alcune <strong>del</strong>le quali attribuivano a questi tuberi favolosi poteri afrodisiaci. La scienza<br />
moderna ha cancellato queste illusioni. Infatti, dato l’alto contenuto di mucillagine,<br />
l’unico uso a cui possono essere destinati è contro le infiammazioni <strong>del</strong>l’apparato<br />
digerente. Genere essenzialmente euromediterraneo, comprendente una sessantina<br />
di specie. In Italia sono segnalate 23 entità (P. Grünanger 2001). Un tempo questo<br />
genere era ben più ricco; successivamente è stato smembrato, con l’istituzione di<br />
numerosi generi minori, tra i quali Aceras, Anacamptis, Barlia, Comperia, Dactylorhiza,<br />
Neotinea, Traunsteinera. Recentemente è stato proposto (Bateman et al., 1997) una<br />
revisione tassonomica che prevede la scissione <strong>del</strong> vecchio genere Orchis in tre generi<br />
monofiletici; tale proposta è conseguente a risultati di analisi su materiale genetico. Pur<br />
ritenendo interessante questa proposta, gli esperti la giudicano un po’ troppo radicale;<br />
pertanto necessita di ulteriori conferme, meglio se provenienti da metodologie diverse.<br />
In attesa di tali conferme, mi sono attenuto ai vecchi parametri. Sempre seguendo tale<br />
metodo, ho inserito in questo genere O. anthropophora (ex Aceras anthropophorum),<br />
come ormai universalmente accettato. L’unica specie italiana di Orchis a possedere<br />
nettare è O. coriophora, la quale viene frequentemente visitata da insetti, per lo più<br />
apidi. <strong>Le</strong> altre specie, che ne sono sprovviste, sembra adottino una sorta di “mimetismo<br />
fiorale”; inoltre alcune sembrano beneficiare di un’attrazione olfattiva. Tutte le specie<br />
<strong>del</strong> genere Orchis possiedono alcuni caratteri distintivi comuni:<br />
- apparato radicale formato da due tubercoli ovoidi, rotondi o elissoidali;<br />
- foglie caulinari, le inferiori spesso riunite in rosetta, le superiori inguainano strettamente<br />
l’infiorescenza prima <strong>del</strong>l’antesi;<br />
- brattee membranacee, lunghe ± quanto l’ovario, o molto più corte;<br />
- fiori, policromi con predominanza <strong>del</strong>le tonalità porpora, quasi sempre muniti di sperone;<br />
- ginostemio corto e retto;<br />
- antera, munita lateralmente di due auricole;<br />
- ovario sessile, glabro. Per mezzo <strong>del</strong>la sua torsione si ha una rotazione dei fiori di 180°.<br />
Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />
Labello privo di sperone .......................................................... O. anthropophora<br />
Foglie sottili, allungate, fiori gradevolmente<br />
profumati ................................................................................ O. coriophora subsp fragrans<br />
Labello con parte centrale bianca, più largo che lungo O. laxiflora<br />
Foglie verdi per lo più macchiate o spruzzate di<br />
nerastro o viola molto scuro .............................................. O. mascula<br />
Lobuli <strong>del</strong> lobo centrale più larghi dei lobi laterali ............ O. militaris<br />
Labello rosso-violaceo, avente la parte centrale<br />
più chiara, cosparso da una macchiettatura<br />
irregolarmente più marcata ............................................... O. morio<br />
Labello giallo, più o meno carico, senza macchie .............. O. pallens<br />
Sperone sottile e lungo, quasi quanto l’ovario .................. O. papilionacea<br />
Foglie maculate, fiori giallo-pallidi, con<br />
macchiette rosse al centro .................................................. O. provincialis<br />
Pianta robusta, labello trilobo, con lobo centrale a<br />
sua volta bilobo, con un piccolo dente centrale .......... O. purpurea<br />
Pianta con fioritura che inizia dall’alto ................................. O. simia<br />
Pianta con infiorescenza semisferica .................................... O. tridentata<br />
Pianta tozza con sepali porpora nerastri esternamente .. O. ustulata<br />
HIMANTOGLOSSUM W.D.J. KOCH 1837<br />
La parola Himantoglossum è di origine greca ed è formata dalle voci himas, himantos che<br />
significa “cinghia, correggia” e glossa, “lingua”. Riassumendo, dunque, lingua a forma<br />
di cinghia; fa naturalmente riferimento alla forma molto allungata, nastriforme <strong>del</strong><br />
labello <strong>del</strong>le specie appartenenti a questo genere. L’apparato radicale è composto da<br />
due grossi tuberi ovoidi, con alcune radichette secondarie. Sono 5 le specie presenti<br />
in Europa di cui 2 sono presenti in Italia; H. adriaticum H. Baumann; H. hircinum (L.)<br />
Sprengel. Entrambe queste specie sono presenti in provincia.<br />
Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />
Infiorescenza ± lassa; labello con lobo mediano profondamente<br />
bifido largo mediamente da 2 a 2.5 mm .......................................... H. adriaticum<br />
Infiorescenza molto densa; labello con lobo mediano allargato<br />
in punta brevemente bifido, largo da 2 a 3.5 mm .......................... H. hircinum<br />
ANACAMPTIS L.C.M. RICHARD 1817<br />
Il nome deriva dalla parola greca anacamptein, e significa “ripiegare”: sarebbe da attribuire<br />
alla posizione divergente dei sepali. Questo genere veniva incluso dai botanici<br />
<strong>del</strong> passato nel vasto genere Orchis. La separazione è avvenuta sulla base di alcuni dati<br />
morfologici poco appariscenti, ma comunque validi: il labello con lobi poco pronunciati,<br />
alla cui base vi sono due lamelle verticali, più o meno parallele e lo sperone molto lungo,<br />
circa il doppio <strong>del</strong>l’ovario. Si tratta di un genere monospecifico, essendo costituito<br />
dalla sola specie A. pyramidalis (L.) L.C.M. Richard. L’apparato radicale è costituito<br />
da due tuberi ovoidi con alcune radichette secondarie. I fiori di questa specie sono<br />
perfettamente adattati all’impollinazione da parte di alcune specie di farfalle, diurne<br />
o notturne, le quali sono facilitate nell’introdurre la loro spiritromba nello sperone,<br />
da due lamelle convergenti poste simmetricamente alla base <strong>del</strong> labello.<br />
SERAPIAS LINNEO 1753<br />
L’origine <strong>del</strong>la denominazione Serapias viene da Serapis (Serapide) divinità <strong>del</strong>l’antico<br />
Egitto. Secondo altre fonti, tale nome deriverebbe da Serafius, medico arabo <strong>del</strong>l’antichità,<br />
uno dei padri <strong>del</strong>la botanica.<br />
La descrizione di questo genere è stata fatta da Linneo nel 1753. Vi appartiene<br />
una decina di specie, sette <strong>del</strong>le quali fanno parte <strong>del</strong>la flora italiana. Il suo areale è<br />
esclusivamente limitato alla regione mediterranea. L’apparato radicale è formato da<br />
due piccoli tuberi ovoidi. Per l’Italia vengono riportate ben 7 specie e 4 sottospecie<br />
(Grünanger, 2001). In provincia la presenza è limitata a sole 2 specie: S. vomeracea<br />
(N. L. Burman) Briquet e S. neglecta De notaris 1858.<br />
Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />
Pianta robusta, labello con callosità basali parallele ................................ S. neglecta<br />
Pianta slanciata, fiore grande, epichilo stretto piegato a vomere .......... S. vomeracea<br />
36 37
OPHRYS LINNEO 1753<br />
Il genere Ophrys, introdotto da Linneo, ha una denominazione di origine greca e<br />
significa “sopracciglio”. Tale significato non trova riscontri precisi nelle caratteristiche<br />
strutturali <strong>del</strong> fiore o <strong>del</strong>la pianta, pertanto ha dato origine, da parte di vari autori,<br />
a interpretazioni diverse. Secondo alcuni si ricollega all’uso che gli antichi facevano<br />
di queste piante per ottenere una tintura per sopracciglia. Secondo altri, più verosimilmente,<br />
farebbe riferimento al labello peloso e cigliato di alcune specie. Trattasi di<br />
genere monofiletico, cioè tante specie che si sono sviluppate da un’unica forma antica.<br />
Nettamente distante da altri generi, tant’è che non sono mai stati descritti ibridi intergenerici;<br />
tuttavia il fenomeno <strong>del</strong>l’ibridazione è assai diffuso tra le varie specie. Questa<br />
facilità di ibridarsi porta a processi di introgressione, che favoriscono un alto livello di<br />
variabilità all’interno <strong>del</strong>le specie medesime. L’intensificarsi <strong>del</strong>la ricerca sul campo, da<br />
un lato, e la tendenza a riconoscere il rango di specie a popolamenti con differenze<br />
minime, dall’altro, ha portato nell’ultimo ventennio ad un enorme aumento di entità<br />
descritte. Si è passati da circa 20/25 tra specie e sottospecie agli inizi degli anni ’80,<br />
alle circa 80 entità attuali. <strong>Le</strong> specie di Ophrys rimangono molto simili tra loro nell’apparato<br />
radicale, formato da tuberi indivisi, globosi e oblunghi, talvolta brevemente<br />
peduncolati, nella parte vegetativa e nella forma dei sepali e dei petali. Esistono invece<br />
enormi differenze nel labello: questo infatti assume le forme più strane a seconda <strong>del</strong>le<br />
specie. Si tratta di <strong>orchidee</strong> che non hanno nettare; pertanto, per attirare l’attenzione<br />
degli insetti, hanno escogitato, evolvendosi nei millenni, dei meccanismi sorprendenti.<br />
Il labello imita nella forma e pelosità l’addome <strong>del</strong>le femmine di certi bombi, calabroni,<br />
api, vespe. Nel contempo vi è un’emissione di sostanze volatili (feromoni) di richiamo<br />
sessuale, così il maschio viene tratto in inganno e tenta un vero e proprio accoppiamento<br />
(pseudo-copulazione). In questo modo il capo <strong>del</strong>l’insetto viene a contatto<br />
con le masse polliniche che vi si attaccano e verranno cedute al fiore successivo. A<br />
seconda <strong>del</strong>le specie, l’insetto può posizionarsi sul labello in due modi:<br />
1. col capo rivolto verso il ginostemio, così i pollinii andranno ad aderire al capo<br />
<strong>del</strong>l’insetto, come succede ad esempio in O. fuciflora,<br />
2. l’insetto si posiziona con l’addome rivolto verso il ginostemio, così i pollinii aderiranno<br />
alla parte terminale <strong>del</strong>l’addome, come succede di solito in O. fusca.<br />
Questo laborioso sistema risulta alquanto complicato: di solito, infatti, si ha una<br />
fruttificazione piuttosto bassa. <strong>Le</strong> tecniche affascinanti messe in atto per la fecondazione<br />
incrociata sono, in linea di massima, note da diversi decenni; tuttavia ci si trova<br />
di fronte a piante in possesso di uno straordinario polimorfismo. Non è raro infatti<br />
trovare fiori di una stessa pianta con caratteristiche diverse tra di loro. Parimenti non<br />
è raro trovare vere e proprie stazioni con numerosi individui (è il caso di O. fuciflora)<br />
con caratteristiche completamente diverse da altre stazioni dislocate a poca distanza<br />
tra di loro. La provincia di Piacenza, pur avendo una posizione geografica piuttosto<br />
a nord, ospita sul suo territorio una discreta diffusione di queste entità, risentendo<br />
infatti <strong>del</strong>l’azione mitigante <strong>del</strong>le correnti d’aria calda provenienti dal vicino Mar Ligure.<br />
Non a caso la valle dove la presenza è più massiccia è la Val <strong>Trebbia</strong>.<br />
Caratteri per identificare le specie presenti in provincia<br />
Apice <strong>del</strong>la colonna a forma di S, labello con apicolo rivolto in basso... O. apifera<br />
Labello piano o piegato a sella, con macchia centrale lucida ................... O. benacensis<br />
Sepali bianchi o rosa, con apicolo ± convesso, disegno<br />
generalmente a forma di H ........................................................................... O. fuciflora<br />
Pianta slanciata, fiori piccoli, labello con colorazioni marcate,<br />
fioritura tardiva ................................................................................ O. fuciflora subs. elatior<br />
Labello trilobo, senza appendice, con macchia blu-grigiastro ................. O. fusca<br />
Petali molto stretti, filiformi; labello allungato, trilobo, con lobo<br />
mediano inciso, con macchia centrale bluastra o grigiastra ................. O. insectifera<br />
Gibbosità basali <strong>del</strong> labello assenti o poco pronunciate ........................... O. sphegodes<br />
SISTEMA PER DETERMINARE I GENERI DEL PIACENTINO<br />
38 39
40 41<br />
L E<br />
S C H E D E<br />
D E L L E<br />
S P E C I E
EPIPACTIS ATRORUBENS (G.F.HOFFMANN ex<br />
BERNHARDI) BESSER 1809<br />
Serapias latifolia var. atrorubens Hoffm.<br />
Atrorubens deriva dal latino e signifi ca “scuro e<br />
rosseggiante”, con evidente riferimento al colore<br />
di questa splendida orchidea.<br />
Pianta<br />
Da 15 a 60 (80) cm. Fusto generalmente<br />
sinuoso, di colore variabile<br />
a seconda <strong>del</strong>le stazioni: verde<br />
violaceo o rossastro, lievemente<br />
pubescente.<br />
Fioritura<br />
Da Luglio ad Agosto<br />
Foglie<br />
Da 5 a 11 lunghe da 4 a 11 cm, larghe da 1 a 5 cm, alterne, distiche,<br />
carenate, con bordo ondulato, ripiegate a doccia. Forma varia a seconda<br />
<strong>del</strong>l’altezza: quasi rotonde le prime, poi via via sempre più lanceolate fi no<br />
a diventare bratteiformi.<br />
Infiorescenza<br />
Da l0 a 25 cm. Lassa, con 9 o 50 (60) fi ori penduli disposti unilateralmente<br />
profumati di vaniglia. Brattee: le inferiori più lunghe dei fi ori, le superiori<br />
lunghe quanto o più <strong>del</strong>l’ovario.<br />
Fiori<br />
Allogami, da pendenti a suborizzontali, campanulati, di colore rosso porpora<br />
o rosso violaceo; sepali e petali lunghi da 6 a 10 mm, larghi da 2.5 a<br />
4.5 mm; labello più corto dei sepali; ipochilo lungo da 4 a 6 mm, a forma<br />
incavata contenente nettare, brunastro; epichilo a forma cordata, lungo<br />
da 3 a 4 mm, largo 4.5 mm, con bordo cordato e punta ribattuta, munito<br />
di 2 vistose increspature alla base; ginostemio biancastro, corto e tozzo;<br />
antera gialla; polline giallo in masse compatte; rostello con viscidio effi cace;<br />
clinandrio sviluppato; stimma a forma quadrangolare; ovario brunastro o<br />
verde-grigiastro, pubescente, piriforme con pedicello arquato lungo da 3<br />
a 5 mm. 2n=40<br />
Status<br />
In considerazione degli ambienti<br />
assai inospitali dove<br />
questa pianta vive, la competizione<br />
con altre essenze,<br />
sia erbacee che arbustive, è<br />
piuttosto scarsa, pertanto la<br />
specie mantiene la sua presenza<br />
con una certa facilità.<br />
Diffusione<br />
Europeo-caucasica. In Italia: è presente<br />
in tutto il territorio escluso la Puglia e<br />
le isole maggiori. In provincia: dai 150<br />
ai 1500 m.s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Su suolo calcareo, in stazioni soleggiate,<br />
pietrose, aride, ma anche in ambienti<br />
più chiusi (es. boschi di conifere o<br />
faggete rade).<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
La specie è distribuita sul territorio in<br />
modo abbastanza omogeneo. E’ specie<br />
legata all’ambiente luminoso e asciutto.<br />
Tuttavia nel territorio <strong>del</strong> Comune di Coli<br />
era presente in una stazione ombrosa e<br />
molto umida, frammista a Gymnadenia<br />
conopsea e alle congeneri E. helleborine<br />
e E. muelleri. Nel corso di osservazioni<br />
fatte in questa stazione negli ultimi anni<br />
si è infi ne scoperto che, a seguito di un<br />
movimento franoso, era cambiato il corso<br />
di una sorgente. Il fenomeno spiega la<br />
presenza <strong>del</strong>la specie in questi luoghi.<br />
Da alcuni anni, tuttavia, la stazione è<br />
scomparsa.<br />
42 43
EPIPACTIS DISTANS ARVET-TOUVET 1872<br />
Epipactis helleborine subsp. orbicolaris (K. Richt.) E. Klein<br />
Il nome specifi co va messo in relazione<br />
alla distanza che intercorre tra una<br />
foglia e l’altra.<br />
Pianta<br />
Da 5 a 60 cm, fusto molto robusto,<br />
frequentemente riunito in<br />
gruppi, verde pallido, leggermente<br />
peloso verso l’alto.<br />
Fioritura<br />
Da metà Giugno a metà Luglio.<br />
Foglie<br />
Da 3 a 6 generalmente più corte degli internodi, lunghe da 4 a 6.5 cm,<br />
larghe da 2.5 a 4 cm, per lo più distiche da ovali a ovale-lanceolate, verde<br />
chiaro, con una parte più chiara vicino all’altezza <strong>del</strong>l’inserzione con il fusto,<br />
erette-patenti di solito concave con bordo ondulato.<br />
Infiorescenza<br />
Da lassa a fortemente densa, con 10-50 (70) fi ori distribuiti unilateralmente.<br />
Brattee più lunghe dei fi ori in basso, lunghe uguali in alto.<br />
Fiori<br />
Allogami o facoltativamente autogami, verdi e biancastri o giallastri, con una<br />
leggera velatura rosea riguardante i petali, aperti da orizzontali a pendenti;<br />
sepali lunghi da 10 a 14 mm, larghi da 5 a 8 mm, carenati; petali subeguali,<br />
lunghi da 8 a 10 mm, larghi da 5 a 6.5 mm; ipochilo concavo nettarifero<br />
biancastro esternamente, marroncino lucente internamente; epichilo lungo<br />
da 4 a 4.5 mm, largo da 4 a 4.6 mm, alla base sono presenti 2 protuberanze<br />
verrucose poco sviluppate, biancastre, brunastre o soffuse di rosa e una<br />
cresta centrale più marcatamente colorata; ginostemio biancastro; glandula<br />
rostellare poco sviluppata, tuttavia mantiene a lungo la sua effi cacia; polline<br />
assai friabile a volte si disgrega già nel bocciolo; clinandrio incavato e largo;<br />
ovario con costolature marcate, munito di pedicello arcuato violetto alla<br />
base. 2n=40<br />
Status<br />
la condizione essenziale per<br />
la sopravvivenza di questa<br />
pianta è che venga mantenuto<br />
inalterato il suo ambiente<br />
vitale. Purtroppo gli esemplari<br />
presenti in provincia vivono<br />
per lo più in ambienti ormai<br />
fortemente compromessi.<br />
Diffusione<br />
Endemica alpica. In Italia è presente<br />
sporadica lungo la catena alpina, dalla<br />
Valle d’Aosta alla Carnia, sicuramente<br />
nell’Oltrepo’ pavese. In provincia almeno<br />
5 stazioni tra i 1000 e i 1200 m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Scarpate aride e assolate, spesso anche<br />
in pinete, rade, artificiali, sempre in<br />
piena luce, su suoli calcarei o debolmente<br />
acidi.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Nel corso di questi anni attorno a questa<br />
entità è andata sviluppandosi una certa confusione:<br />
questo a mio avviso avviene quando si<br />
osserva la pianta in un ambiente alterato e non<br />
più tipico per la specie. Un caso esemplare è<br />
quello di un bosco impiantato artifi cialmente:<br />
se prima <strong>del</strong>l’impianto questo luogo, arido<br />
e assolato, era ideale per la specie, con il<br />
progredire <strong>del</strong> bosco sopraggiungono ombra,<br />
maggiore umidità e più sostanze nutritive nel<br />
terreno. Si comincerà allora a notare una lenta<br />
ma decisa trasformazione <strong>del</strong>la forma e <strong>del</strong><br />
portamento <strong>del</strong>le foglie, tanto da confonderle<br />
con quelle di E. helleborine, mentre le caratteristiche<br />
dei fi ori rimangono pressoché inalterate.<br />
Questi sono processi lenti e richiedono <strong>del</strong><br />
tempo; ma se si avrà la pazienza di osservare<br />
quest’evento per almeno una decina di anni,<br />
meglio ancora se per più tempo, si noterà che<br />
le piante, dopo essersi trasformate, tendono<br />
lentamente a sparire fi no all’estinzione completa<br />
da quella stazione. Ho avuto modo di<br />
notare questi fenomeni in fase ± avanzata sia<br />
nel <strong>piacentino</strong> che in Val Brenta (Trentino)<br />
e in Francia, nelle vicinanze di Aussois (valle<br />
<strong>del</strong>l’Arc, dipartimento <strong>del</strong>le Hautes-Alpes). In<br />
condizioni normali E. distans ha caratteristiche<br />
tali che non può essere confusa in alcun<br />
modo con altre specie né tanto meno con E.<br />
helleborine. Questa diversità viene accentuata<br />
quando i fi ori ormai appassiti lasciano il posto<br />
agli ovari rigonfi di semi: questi sono talmente<br />
grossi da assomigliare, per dimensioni, più a<br />
quelli di E. atrorubens o a quelli di E. microphilla<br />
che non a quelli di E. helleborine.<br />
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EPIPACTIS GRACILIS B. BAUMAN & H. BAUMAN 1988<br />
Epipactis persica subsp. gracilis (B. & H. Bauman) W. Rossi<br />
Gracilis fa riferimento alla taglia solitamente<br />
esile <strong>del</strong>la pianta.<br />
Pianta<br />
Da 10 a 45 (60) cm, fusto piuttosto<br />
esile, verde chiaro, glabro alla<br />
base. <strong>Le</strong>ggermente pubescente<br />
verso l’alto.<br />
Fioritura<br />
Luglio<br />
Foglie<br />
Ridotte a guaine le 2 o 3 basali; da 2 a 4 caulinari raccolte nella parte<br />
superiore <strong>del</strong> fusto, lunghe da 2 a 4.5 cm, larghe da 0.8 a 3 cm, ovatoellittiche<br />
le inferiori, lanceolate, falciformi le superiori, con bordo munito di<br />
una denticolatura irregolare vista alla lente.<br />
Infiorescenza<br />
Lassa, con fi ori posti unilateralmente lungo il fusto, in numero variabile da<br />
3 a 15. Brattee lunghe ± quanto l’ovario.<br />
Fiori<br />
Autogami, di colore verde pallido o verdastri, o con leggerissime sfumature<br />
rosa che interessano i petali e l’epichilo, generalmente campanulati, pendenti<br />
o suborizzontali; sepali lunghi da 8 a 10 mm, larghi da 3 a 4.5 mm,<br />
ovali e lanceolati; sepali lievemente carenati con una nervatura centrale<br />
più marcatamente verdastra; petali pressappoco uguali ai sepali, con apice<br />
leggermente più rifl esso; labello lungo da 7 a 8 mm; ipochilo a forma di<br />
coppa contenente nettare; epichilo a forma cordata munito alla base di 2<br />
gibbosità piuttosto evidenti divise da un solco centrale; antera giallo-pallida<br />
stretta; clinandrio presente; stimma biancastro; viscidio ineffi cace; polline<br />
polverulento; ovario fusiforme, glabro, munito di pedicello corto.<br />
Status<br />
La specie condivide la stessa nicchia ecologica di E. viridifl ora.<br />
<strong>Le</strong> problematiche riguardanti il futuro sono simili.<br />
Diffusione<br />
Subendemica. In Italia la reale presenza è<br />
ancora in fase di determinazione, tuttavia<br />
è segnalata in quasi tutta la penisola<br />
dall’Emilia in giù. In provincia la sua presenza<br />
è accertata solo in Val d’Arda.<br />
Ambiente<br />
Faggete su substrato preferibilmente<br />
calcareo.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
La specie è rarissima: è stata trovata<br />
nel 1989 sul versante nord <strong>del</strong> monte<br />
Menegosa, nel quadrante 1324-1. In<br />
questi anni la presenza è stata accertata<br />
lungo la dorsale nord che va dal Groppo<br />
di Gora, nel quadrante 1324-1, al monte<br />
Penna, nel quadrante 1223-4, passando<br />
per il monte Santa Franca, nel quadrante<br />
1223-4, dove si conta il maggior numero<br />
di esemplari. In quest’area raggiunge il<br />
limite settentrionale <strong>del</strong> suo areale.<br />
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EPIPACTIS HELLEBORINE (L.) CRANTZ 1769<br />
Serapias helleborine var. latifolia L.<br />
Helleborine deriva dalla somiglianza <strong>del</strong>le<br />
sue foglie con quelle <strong>del</strong> verato o elleboro.<br />
Il binomio latifolia fa ovviamente<br />
riferimento alla forma piuttosto ampia<br />
<strong>del</strong>le foglie.<br />
Pianta<br />
Da 15 a 80 cm. Fusto eretto, verdognolo,<br />
spesso rosato alla base.<br />
Foglie<br />
Status<br />
Fioritura<br />
Da metà Giugno ai primi di Settembre.<br />
Da 3 a 10, caulinari, spiralate, più lunghe degli internodi, attaccate orizzontalmente<br />
al fusto, molli, da ovato-lanceolate a lanceolate. <strong>Le</strong> mediane<br />
lunghe da 6 a 16 cm, larghe da 4 a 10 cm con bordo fi nemente denticolato,<br />
di colore verde scuro; le superiori da 1 a 4, strettamente lanceolate poi<br />
bratteiformi per lo più pendenti.<br />
Infiorescenza<br />
Rada o compatta, lunga fi no a 40 cm, con più di 50 fi ori. Brattee verdi,<br />
lanceolate; le inferiori lunghe fi no a 6 cm, gradualmente decrescenti verso<br />
l’alto.<br />
Fiori<br />
Allogami, orizzontali o leggermente penduli, aperti, verdastri o rosati o più<br />
intensamente brunastri o violetti. Sepali lunghi da 9 a 15 mm, larghi da 5<br />
a 9 mm, ovati, ristretti all’apice, generalmente verdastri, soffusi di rosa internamente;<br />
petali pressappoco uguali e più colorati dei sepali. Labello più<br />
corto <strong>del</strong>le altre divisioni fi orali. Ipochilo concavo, scuro, nettarifero. Epichilo<br />
lungo da 3 a 5 mm, largo da 4 a 6 mm, di forma cordata, da bianco-verdastro<br />
a viola intenso, con apice ribattuto, la base munita di 2 protuberanze<br />
± marcate separate da un solco longitudinale; antera giallastra; clinandrio<br />
sviluppato; rostello con viscidio effi cace; polline in masse compatte; ovario<br />
verde, piriforme, munito di una pelosità corta e densa; pedicello corto e<br />
peloso, sovente tinto di violetto. 2n=38,40<br />
Status<br />
La specie occupa una notevole<br />
varietà di ambienti: forse<br />
anche per questo, sembra<br />
risentire in misura minore<br />
<strong>del</strong>l’enorme trasformazione<br />
ambientale in atto.<br />
Diffusione<br />
Paleo-temperata. In Italia: in tutto il<br />
territorio, rara nella Pianura Padana. In<br />
provincia: dai boschi <strong>del</strong>la pianura al<br />
limite superiore <strong>del</strong>le faggete.<br />
Ambiente<br />
Boschi di latifoglie e di aghifoglie, macchie<br />
e radure, su terreni freschi, ricchi<br />
di sostanze nutritive, o aridi, poveri,<br />
assolati, da moderatamente acidi a debolmente<br />
basici.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Il giorno 11-7-85, in località Monte Pillerone sono<br />
stati osservati due esemplari probabilmente generati<br />
dallo stesso rizoma, alti un metro e 22 cm. Tali<br />
esemplari sono ritornati a fi orire anche nelle annate<br />
successive ma con altezze leggermente inferiori. E.<br />
helleborine è nota per essere una specie dotata di<br />
notevole polimorfi smo: questo carattere a volte per<br />
la scarsa conoscenza ma spesso per la voglia di<br />
trarre conclusioni affrettate ha generato in passato<br />
e continua a generare, non poca confusione. In<br />
particolare vorrei soffermarmi sulla presenza reale o<br />
presunta di E. h. subsp tremolsi in Italia. Nelle stagioni<br />
1995-96 assieme al prof. P. Grünanger segnalammo<br />
la presenza di quest’entità per alcune località <strong>del</strong><br />
territorio <strong>piacentino</strong>. Per la verità senza troppo<br />
entrare nel merito <strong>del</strong>la questione, “fotografammo”<br />
la situazione non solo nel <strong>piacentino</strong> ma anche lungo<br />
tutta la dorsale appenninica. La nostra segnalazione<br />
arrivava dopo che l’entità era già stata segnalata in<br />
altre località italiane: H. Daiss, C. Delprete, H. Tichy<br />
(1989-90) e A. Scrugli (1990) per l’Inglesiente<br />
(Sardegna sud-occidentale); alcune segnalazioni in<br />
Liguria senza l’indicazione <strong>del</strong>la località (P. Liverani<br />
1991); ancora segnalazioni per la Sardegna centroorientale<br />
(C. Giotta & M. Picitto 1993). Nel corso di<br />
questi anni osservazioni più attente, ma soprattutto<br />
condotte sul lungo periodo e a più vasto raggio lungo<br />
la dorsale nord-appenninica e in parte in Toscana,<br />
hanno rafforzato l’idea che almeno in questi luoghi<br />
E. h. subsp tremolsi di fatto non esiste. Si può notare<br />
che esemplari con le forme tipiche di questa entità<br />
(cioè foglie semi erette molto coriacee, ondulate e<br />
abbraccianti il fusto), se messi in ombra dalla crescita<br />
di piante o arbusti, modifi cano anno dopo anno<br />
la forma <strong>del</strong>le foglie che tende a rilassarsi fi no a<br />
diventare piana e, nel contempo, anche più morbida<br />
e fl essuosa, assumendo la tipicità di E. helleborine.<br />
D’altra parte un confi ne netto tra queste 2 entità non<br />
è mai stato rilevato. Dai colloqui avuti con M. Picitto,<br />
posso concludere che la stessa situazione sia, con<br />
tutta probabilità, presente anche in Sardegna.<br />
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EPIPACTIS LEPTOCHILA subsp. NEGLECTA<br />
H. KÜMPEL 1982<br />
Epipactis neglecta (H. Kümpel) H. Kümpel<br />
Pianta Fioritura<br />
Verde chiaro, singola o prevalen- Metà Luglio, metà Agosto<br />
temente cespitosa, con cespi che<br />
possono superare i 10 steli. Fusto<br />
robusto, fi nemente pubescente verso<br />
l’alto, peluria che conferisce al<br />
fusto, all’altezza <strong>del</strong>l’infi orescenza,<br />
una colorazione ± biancastra. Alto<br />
tra i 20/60 cm.<br />
Foglie<br />
Da 3 - 4 a 5-6, verdi-giallastre da giovani, tendenzialmente più scure, man<br />
mano che la pianta invecchia. Poste a 8/10 cm dal suolo; irregolarmente<br />
spiralate; ovali e piane le prime, presentano un’attaccatura biancastra lunga<br />
anche 8/10 mm (caratteristica questa presente anche in altre specie <strong>del</strong><br />
genere); ovale-lanceolate, leggermente ricurve verso il basso le mediane;<br />
lanceolate, bratteiformi, pendenti le superiori.<br />
Infiorescenza<br />
± lassa, alta da 10 a 25 cm, con 8/10 o 20/25 fi ori, posti unilateralmente,<br />
tuttavia quando la luce è particolarmente carente, tendono a girarsi verso<br />
il lato più illuminato. Brattee lunghe da 4 a 8 cm, larghe da 0.8 a 2.5 cm<br />
le prime, lanceolate-pendenti; decrescenti verso l’alto, ma mai più corte<br />
<strong>del</strong>l’ovario.<br />
Fiori<br />
Sempre allogami, ± penduli, quasi sempre ben aperti, verde chiaro esternamente,<br />
da verde-biancastro a giallastro internamente; sepali lanceolati,<br />
acuminati, carenati, glabri, lunghi da 15 a19 mm, larghi 6.5 mm; petali lanceolati,<br />
con punte che tendono a voltarsi leggermente verso l’esterno, lunghi<br />
da 10.5 a 11.5 mm, larghi da 5.8 a 6.5 mm; ipochilo con coppa nettarifera,<br />
internamente marroncino o rossastro, lungo 5.5 mm, largo 5.5 mm; epichilo<br />
con una gibbosità piuttosto marcata nella parte centrale a forma cordata,<br />
divisa in due alla base; lungo da 5.2 a 6 mm, largo da 4.8 a 5.2 mm. Dopo<br />
che il fi ore si è completamente aperto, l’epichilo può subire (quasi sempre)<br />
un ripiegamento all’indietro, fi no a toccare la coppetta <strong>del</strong>l’ipochilo. Questo<br />
ripiegamento può avvenire in modo ± irregolare. La strozzatura tra ipochilo ed<br />
epichilo è piuttosto regolare, parallela, larga un po’ più di 1 mm. Antera non<br />
peduncolata, larga, giallastra; clinandrio ben sviluppato; polline in masse ben<br />
agglutinate; rostello munito di viscidio effi cace (sempre); ovario fusiforme,<br />
munito di pedicello arcuato, verde anche alla base.<br />
Diffusione<br />
Areale in fase di determinazione. In Italia<br />
è stata fi nora trovata in provincia di Brescia,<br />
in Trentino, in provincia di Pistoia. In<br />
provincia è presente in tre stazioni.<br />
Ambiente<br />
Faggeta ± umida.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
La storia nomenclaturale di questa entità<br />
è piuttosto complessa. Essa infatti è stata<br />
defi nita in vari modi: E. leptochila (Godfery)<br />
Godfery, E. l. subsp neglecta H. Kümpel,<br />
E. neglecta (H. Kümpel) H. Kümpel, E.<br />
l. var. neglecta (H. Kümpel) A. Gevaudan,<br />
E. futakii Mered’a fi l. & Potucek. Nell’esposizione<br />
di questa specie ho scelto,<br />
provvisoriamente, l’epiteto che va per la<br />
maggiore, anche se penso che nessuna di<br />
queste defi nizioni sia soddisfacente per i<br />
popolamenti che osservo ormai dal 1987.<br />
Stazioni con caratteristiche simili ai ritrovamenti<br />
piacentini sono state segnalate<br />
in varie parti <strong>del</strong> Nord Italia: nell’Appennino<br />
pistoiese al confi ne con la provincia<br />
di Modena, nelle Prealpi bresciane e in<br />
Trentino. Confrontando direttamente<br />
i nostri esemplari con quelli <strong>del</strong> locus<br />
classicus in Turingia, si può notare che,<br />
tra i popolamenti di E. leptochila subsp.<br />
neglecta tedeschi (anche nelle forme più<br />
variabili), vi è sempre un netto legame con<br />
E. leptochila, legami che non esistono tra<br />
i nostri esemplari e la stessa E. leptochila.<br />
Personalmente penso che i presupposti<br />
per dare una collocazione più esatta ai<br />
popolamenti italiani vadano ricercati più<br />
nella complessità di E. helleborine che non<br />
altrove. Da diversi anni sto lavorando in<br />
questo senso; sui risultati rimando ad un<br />
intervento più diretto prossimamente.<br />
50 51
EPIPACTIS MICROPHYLLA (EHRHART) SWARTZ 1800<br />
Serapias microphilla Ehrh.<br />
L’aggettivo microphylla si riferisce alle<br />
foglie, che sono brevissime.<br />
Pianta<br />
Da 15 a 40 (55) cm. Fusto tomentoso<br />
verso l’alto, grigiastro in alto,<br />
violaceo in basso.<br />
Fioritura<br />
Da metà Maggio a metà Agosto.<br />
Foglie<br />
Da 3 a 10, lunghe da 2 a 2.5 cm, larghe da 0.5 a 2 cm, piccole, lanceolate,<br />
piane, lievemente carenate, più brevi degli internodi, disposte a spirale, di<br />
colore verde-grigiastro, di lunghezza decrescente verso l’alto.<br />
Infiorescenza<br />
Lunga da 5 a 25 cm, rada, allungata, con pochi fi ori; brattee pubescenti,<br />
grigiastre, in basso più lunghe degli ovari, in alto più corte.<br />
Fiori<br />
Piccoli, profumati, campanulati o suborizzontali o penduli, bianco-verdastri,<br />
talvolta sfumati di rosa internamente, verde-grigiastro esternamente;<br />
sepali e petali lunghi da 6 a 9 cm, larghi da 3 a 5.5 mm, ovale-lanceolati,<br />
carenati, pubescenti all’esterno; ipochilo con coppa nettarifera, verde-ulivo;<br />
epichilo lungo e largo da 3 a 5 mm, a forma cordata con margine ondulato<br />
o crenulato, munito alla base di 2 increspature laterali e di una centrale più<br />
allungata; ginostemio biancastro; antera giallo-verdastra; rostello con viscidio<br />
già ben sviluppato prima <strong>del</strong>l’antesi, ma perde effi cacia rapidamente; polline<br />
prima in masse ben agglutinate, poi polverulento; clinandrio presente; ovario<br />
piriforme munito di un corto pedicello.<br />
Status<br />
Data l’esiguità dei popolamenti diventa diffi cile valutare i livelli di rischio,<br />
tuttavia si possono fare <strong>del</strong>le ragionevoli ipotesi: non dovrebbe avere particolari<br />
problemi nei boschi di alta quota (castagneti-faggete), mentre il<br />
progressivo avanzare dei cespugli nei boschi caldi a bassa quota, alla lunga,<br />
potrebbe essergli fatale.<br />
Diffusione<br />
Europeo-caucasica. In Italia è presente<br />
in tutte le regioni. In provincia dai boschi<br />
caldi dalla media collina al limite superiore<br />
<strong>del</strong>la faggeta.<br />
Ambiente<br />
Boschi radi, scarpate sassose su terreno<br />
calcareo, anche in faggeta ombrosa.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
In questi ultimi anni è andata <strong>del</strong>ineandosi<br />
la sua reale consistenza sul territorio.<br />
Pur essendo una specie rarissima (i suoi<br />
popolamenti sono quasi sempre ristretti a<br />
pochi o unici esemplari) la si può trovare<br />
in una serie infi nita di ambienti. Il periodo<br />
di fi oritura inoltre rappresenta indubbiamente<br />
un record per quanto riguarda<br />
le <strong>orchidee</strong> presenti in provincia: inizia<br />
infatti nella prima decade di maggio nei<br />
boschetti caldi <strong>del</strong>l’alta Val Dorba, quadrante<br />
1122-2 in comune di Travo (dato<br />
rilevato il 10/05/2001) e fi nisce dopo la<br />
metà di agosto nelle faggete <strong>del</strong>l’alta Val<br />
Nure, in prossimità <strong>del</strong> monte Zovallo nel<br />
quadrante 1423-1 in comune di Ferriere<br />
(dato rilevato il 18/08/2000).<br />
52 53
EPIPACTIS MUELLERI GODFERY 1921<br />
Epipactis viridifl ora (Rchb.) sensu Müller<br />
Prende il nome dal botanico tedesco<br />
H. Müller (1829-1883).<br />
Pianta<br />
<strong>Le</strong> caratteristiche generali <strong>del</strong>la<br />
pianta differiscono da quelle di<br />
Epipactis helleborine, dall’habitus<br />
generalmente più gracile, anche se<br />
non vanno dimenticati esemplari di<br />
ragguardevoli dimensioni (60-70<br />
cm Monte Nero, 14-8-1987).<br />
Fioritura<br />
Da metà Giugno a metà Agosto.<br />
Foglie<br />
Da 5 a 10, lunghe da 4.5 a 12 cm, larghe da 1.5 a 4 cm, distiche, ovale-lanceolate<br />
o strettamente lanceolate, piane o carenate, con margine<br />
generalmente ondulato, di colore generalmente verde chiaro con nervature<br />
evidenti ± coriacee a seconda se sono ± esposte alla luce, da 1 a 3 foglie<br />
superiori bratteiformi.<br />
Infiorescenza<br />
Lunga da 5 a 30 cm, generalmente rada, composta da 4 o 5 a 40 fi ori,<br />
orientati per lo più su un solo lato <strong>del</strong> fusto. Brattee più lunghe dei fi ori<br />
nella parte bassa, un po’ meno nella parte alta.<br />
Fiori<br />
Lunghi da 8 a 12 mm, larghi da 3.5 a 5 mm, ovale-lanceolati, leggermente<br />
carenati; petali ± uguali ai sepali, ovale-acuminati, biancastri o raramente<br />
rosei; giuntura tra ipochilo ed epichilo larga; ipochilo incavato contenente<br />
sostanze zuccherine, brunastro o rossastro internamente; epichilo lungo<br />
da 4 a 5 mm, largo da 3 a 4 mm, cordato, ottuso con punta dritta in avanti<br />
o leggermente piegata all’indietro, sono presenti 2 piccole protuberanze<br />
basali divise da un solco centrale; antera giallastra, sormontante lo stimma;<br />
clinandrio assente; viscidio assente o presente in forma rudimentale nel<br />
bocciolo; masse polliniche appoggiate direttamente sopra lo stimma; ovario<br />
verde, peduncolato, piriforme, ± glabro. 2n=38,40<br />
Status<br />
<strong>Le</strong> problematiche di rare-fazione di questa pianta sono legate all’infoltirsi<br />
degli ambienti dove vive.<br />
Diffusione<br />
L’areale è da ritenersi europeo-centroccidentale,<br />
anche se i suoi effettivi confi ni sono ancora imprecisati,<br />
essendo stata confusa con la congenere<br />
E. helleborine (di cui, da molti autori, è considerata<br />
sottospecie). In Italia la prima segnalazione è dovuta<br />
a L. Poldini (1981) per l’Italia nord-orientale.<br />
In provincia è stata trovata per la prima volta<br />
nel corso <strong>del</strong>le mie ricerche, nel 1983, nel quadrante<br />
1023-3 nella località Poggio Balestrino.<br />
Ambiente<br />
Boscaglie termofi le, pinete, faggete, spesso sui<br />
bordi stradali.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Contrariamente a quanto succede in<br />
altre specie, la fi oritura di E. muelleri è<br />
velocissima: questo fatto va messo in<br />
relazione al fenomeno <strong>del</strong>l’autogamia in<br />
cui il polline maturo (polverulento) cade<br />
sullo stimma. Così il fi ore ha adempiuto<br />
al suo compito senza dover attendere<br />
l’insetto impollinatore: perciò in breve<br />
tempo avvizzisce. Inoltre all’interno di<br />
questa specie non è raro osservare fenomeni<br />
di cleistogamia: ciò signifi ca che<br />
il fi ore in particolari condizioni riesce ad<br />
autoimpollinarsi senza doversi aprire.<br />
Questa caratteristica la si può riscontrare,<br />
sempre in condizioni estreme, in quasi<br />
tutte le specie <strong>del</strong> genere.<br />
Nelle annate successive al 1983 si è potuto<br />
notare un andamento irregolare nella<br />
fi oritura: pochi individui a fi ore nell’84<br />
e 85; addirittura nulla o quasi nell’86,<br />
per arrivare nell’87 e 88 ad una fi oritura<br />
abbondante. Fenomeno, questo, assai<br />
frequente nella famiglia <strong>del</strong>le orchidacee<br />
e da mettere in relazione all’andamento<br />
stagionale e alla conseguente capacità<br />
<strong>del</strong>la pianta di accumulare sostanze di<br />
riserva, utili quest’ultime a produrre la<br />
fi oritura <strong>del</strong>l’anno successivo.<br />
54 55
EPIPACTIS PALUSTRIS (L.) CRANTZ 1769<br />
Helleborine palustris (L.) Crantz<br />
L’aggettivo palustris indica chiaramente<br />
l’ambiente in cui questa specie vive. Un<br />
tempo era sicuramente presente anche in<br />
pianura; attualmente, essendo sparite per<br />
mano <strong>del</strong>l’uomo le zone umide planiziali,<br />
la si ritrova solo nelle torbiere e nei luoghi<br />
umidi di montagna.<br />
Pianta<br />
Da 10 a 60 (96) cm. Fusto eretto,<br />
leggermente angoloso; colorazione<br />
verde con screziature rossastre.<br />
Fioritura<br />
Da fi ne Giugno ad Agosto.<br />
Foglie<br />
In numero variabile da 4 a 10, lunghe da 6 a 19 cm, larghe da 1 a 4.5 cm,<br />
abbraccianti, disposte a spirale; a forma oblungo-lanceolata o strettamente<br />
lanceolate, carenate con nervature evidenti nella parte inferiore, lanceolatoacute<br />
e più piccole nella parte superiore <strong>del</strong>lo scapo.<br />
Infiorescenza<br />
Generalmente lassa, alta da 5 a 22 cm, con 4-5 o oltre 20 fi ori penduli.<br />
Brattee inferiori più lunghe <strong>del</strong>l’ovario, decrescenti verso l’alto.<br />
Fiori<br />
Allogami grandi da penduli a orizzontali, aperti a forma di due triangoli contrapposti;<br />
sepali lunghi da 9 a 13 mm, larghi da 3 a 5.5 mm, pelosi e brunoverdastri<br />
all’esterno, rosa ± carico con linee più marcate all’interno; petali lunghi<br />
da 9 a 13 mm, larghi da 3 a 5 mm, bianco-rosei, rossastri o brunastri alla base,<br />
glabri; labello lungo da 10 a 13.5 mm privo da sperone; ipochilo lungo da 5<br />
a 7 mm a forma di coppa contenente sostanze zuccherine, bianco striato di<br />
rosso o porpora, munito ai lati di 2 lobetti triangolari; epichilo lungo da 7.5 a<br />
8.5 mm, mobile, elastico, a forma rotondeggiante cordata, bianco, con bordo<br />
increspato, munito di 2 creste alla base gialle; ginostemio verde giallastro,<br />
stretto alla base; antera giallastra; clinandrio e viscidio ben sviluppati; stimma<br />
subovale; polline in masse ben agglutinato; ovario pubescente non ritorto, la<br />
resupinazione avviene mediante la torsione di 180° <strong>del</strong> peduncolo. 2n=40<br />
Status<br />
La pianta, oltre che per seme,<br />
si propaga anche attraverso<br />
gemme avventizie generate<br />
dal rizoma, dando così origine,<br />
quando vi sono le condizioni<br />
ottimali, a ricchissimi popolamenti.<br />
Nonostante ciò, E.<br />
palustris è la specie <strong>del</strong> genere<br />
che corre i maggiori rischi di<br />
estinzione, causati dall’alterazione<br />
o dalla distruzione <strong>del</strong><br />
suo ambiente vitale.<br />
Diffusione<br />
Circumboreale. In Italia: in tutte le regioni.<br />
In provincia: dagli 800 ai 1500<br />
m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Paludi, praterie umide, torbiere, su suolo<br />
preferibilmente calcareo.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Il giorno 19-7-87 nel quadrante 1322-2,<br />
all’interno di una vasta stazione, sono stati<br />
osservati diversi esemplari di notevoli<br />
dimensioni con altezza media tra gli 80<br />
e i 96 cm.<br />
L’insetto, nella fase di partenza, dopo essersi<br />
appoggiato per prendere il nettare,<br />
riceve una sorta di spinta dall’epichilo:<br />
ciò è dovuto all’elasticità che esiste nella<br />
strozzatura ipochilo-epichilo. A seguito<br />
di questa spinta l’insetto va a sbattere<br />
con il capo verso la parte alta <strong>del</strong> fi ore<br />
dove è posto il rostello con viscidio, il<br />
quale all’urto farà aderire i pollini al capo<br />
<strong>del</strong>l’insetto. In tal modo l’insetto, nel<br />
tentativo di prendere altro nettare da un<br />
altro fi ore, avrà modo di far aderire quei<br />
pollini posti in posizione favorevole allo<br />
stimma <strong>del</strong> nuovo fi ore, stimma che si<br />
trova opportunamente nella parte bassa<br />
<strong>del</strong>l’apparato riproduttivo.<br />
56 57
EPIPACTIS PLACENTINA<br />
BONGIORNI & GRÜNANGER 1993<br />
Dedicato alla flora <strong>del</strong>la Provincia di<br />
Piacenza<br />
Pianta<br />
Da (16) 20-40 (60) cm. Fusto per lo più<br />
solitario, robusto, eretto o leggermente<br />
fl essuoso all’altezza <strong>del</strong> secondo internodo;<br />
leggermente rosato nella parte bassa, verde<br />
nella parte media e alta; glabro in basso,<br />
pubescente in alto.<br />
Fioritura<br />
Da fi ne Giugno a Ottone Soprano a fi ne<br />
Luglio a Pertuso. Intermedie le altre stazioni.<br />
Foglie<br />
Da (3) 4 a 7 (8), sessili, amplessicauli, erette o semierette, lunghe da 1 a 2.7 cm,<br />
larghe da 1 a 2.2 cm le prime, ovato-lanceolato con margine leggermente ondulato,<br />
lunghe da 5.2 a 6.3 cm, larghe da 3.2 a 3 cm, le seconde. Lanceolate fi no<br />
a diventare bratteiformi, lunghe da 5.5 a 3.1 cm, larghe da 2.5 a 1 cm le terze.<br />
Infiorescenza<br />
Cilindrica, allungata, densa, multifl ora. Brattee lanceolato-allungate, più lunghe <strong>del</strong><br />
fi ore le prime, decrescenti verso l’alto, ma mai più corte <strong>del</strong>l’ovario.<br />
Fiori<br />
<strong>Le</strong>ggermente profumati, medi, autogami, aperti o sovente socchiusi, penduli; sepali<br />
lunghi da 7 a 9 mm, larghi da 3 a 4 mm, ovato-lanceolati, verdastri con margini<br />
arrossati, nervature poco evidenti; petali lunghi da 6.5 a 9 mm, larghi da 3 a 4.5<br />
mm, rosa, tendenzialmente più carico verso l’apice, con nervature poco evidenti.<br />
Labello lungo da 6 a 8 mm, piccolo; ipochilo, lungo da 2.5 a 4.5 mm, largo da 3.4<br />
a 4.3 mm, semigloboso, saccato, contiene nettare; roseo esternamente, purpureo<br />
internamente. Epichilo lungo quanto largo (3 - 4 mm), a forma triangolare, apice<br />
mai defl esso, bordi leggermente revoluti, rosa ± intenso. Ginostemio biancastro,<br />
glandula rostellare assente o rudimentale, visibile solamente quando il fi ore è in<br />
boccio. Clinandrio assente; antera allungata; polline giallo, disgregato; stigma<br />
biancastro; ovario a forma di clava con breve pedicello arcuato e ritorto. 2n=38<br />
Status<br />
Nel corso di questi anni,<br />
in provincia, ho rilevato la<br />
presenza di altri tre piccoli<br />
popolamenti. Purtroppo la<br />
stazione di Pertuso (locus<br />
classicus) è in forte arretramento,<br />
dovuto all’avanzata<br />
di cespugli di erica (Erica<br />
carnea).<br />
Diffusione<br />
Areale in fase di definizione, trovata<br />
fi nora in Francia, Svizzera e Slovacchia.<br />
In Italia è presente in Liguria, in Emilia-<br />
Romagna, in Toscana, nelle Marche, nel<br />
Lazio e in Calabria. In provincia in sei piccole<br />
stazioni da 800 a 1200 m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Per lo più in impianti di conifere artifi ciali<br />
maturi (Pinus nigra).<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Nel corso di osservazioni fatte in altre<br />
parti d’Italia si è notato che i popolamenti<br />
<strong>del</strong>l’Aspromonte e <strong>del</strong>le Serre<br />
presentano una colorazione atipica:<br />
bianco-rosata.<br />
58 59
EPIPACTIS VIRIDIFLORA HOFFMAN ex KROCKER<br />
Epipactis purpurata J. E. Smith<br />
Il termine viridifl ora fa riferimento al<br />
colore verde o presunto tale dei fi ori,<br />
più azzeccato mi sembra l’epiteto <strong>del</strong><br />
sinonimo purpurata.<br />
Pianta<br />
Da 20 a 70 (100) cm, fusto robusto<br />
grigio-verdastro, soffuso di violetto,<br />
munito di una peluria grigiastra all’altezza<br />
<strong>del</strong>l’infi orescenza.<br />
Fioritura<br />
Fine Luglio, inizio Agosto.<br />
Foglie<br />
Da 4 a 12 lunghe da 4 a 10 cm, larghe da 1 a 3 cm, più lunghe degli internodi,<br />
disposte lungo il fusto, ± spiralate, rigide. Carenate, con bordo ondulato, di<br />
colore verde-brunastro, o soffuse di rosa-violaceo, più marcato da giovane;<br />
da 2 a 3 superiori strettamente lanceolate, bratteiformi.<br />
Infiorescenza<br />
Densa, lunga da 10 a 50 cm, con 5-10 o 50 (100) fi ori. Brattee più lunghe<br />
dei fi ori.<br />
Fiori<br />
<strong>Le</strong>ggermente profumati, allogami, ben aperti, da pendenti a suborizzontali,<br />
verdastri esternamente, verde-biancastro internamente, una leggera velatura<br />
rosa interessa i petali, una colorazione più marcata di rosa o violaceo<br />
interessa la parte centrale <strong>del</strong>l’epichilo; sepali lunghi da 9 a 13 mm, larghi<br />
da 4 a 6 mm, ovali-lanceolato, pelosi esternamente; petali ± uguali ai sepali;<br />
ipochilo a forma di coppa contenente nettare, bruno-violaceo internamente;<br />
epichilo lungo da 4 a 5 mm, largo da 4 a 5-6 mm, a forma cordata con bordi<br />
increspati e ondulati e punta piegata all’indietro, alla base sono presenti 2<br />
protuberanze piuttosto marcate e verrucose divise da una callosità centrale;<br />
ginostemio biancastro; antera giallastra; clinandrio sviluppato; rostello con<br />
viscidio funzionante; ovario fusiforme, verdastro con costolature più evidenti,<br />
con pedicello lungo da 2 a 2.5 mm, pubescente, violaceo. 2n=40<br />
Status<br />
Se si avviassero programmi seri di riconversione <strong>del</strong> bosco da ceduo ad<br />
alto fusto, la specie potrebbe aumentare notevolmente; in caso contrario<br />
bisognerà sperare che non vengano abbattute quelle centinaia di faggi che<br />
consentono vitalità a questa piccola stazione.<br />
Diffusione<br />
Subatlantica. In Italia oltre all’Emilia Romagna,<br />
è presente in Lombardia, Toscana,<br />
Marche, Abruzzo, Basilicata, Calabria<br />
e Puglia Garganica. In provincia una sola<br />
stazione di pochissimi esemplari.<br />
Ambiente<br />
Faggeta matura su suolo calcareo.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Lungamente data per possibile lungo la<br />
catena alpina, al contrario oggi si registra<br />
essere più presente lungo tutta la dorsale<br />
appenninica verso sud; ma è soprattutto<br />
nell’area <strong>del</strong> Pollino che si sono visti in<br />
questi anni popolamenti veramente abbondanti.<br />
Nell’unica stazione piacentina,<br />
quadrante 1223-4, a nord-est <strong>del</strong> monte<br />
Santa Franca osservo questa pianta da<br />
quando l’ho trovata per la prima volta<br />
nel 1994. Nelle annate migliori fi oriscono<br />
6-7 piante, 3-4 in quelle scarse. Un<br />
fatto curioso: ho notato che le piante<br />
non fi oriscono quasi mai per 2 annate<br />
di seguito, il fenomeno fa pensare che<br />
il numero degli esemplari sia maggiore e<br />
fa anche ragionevolmente ipotizzare che<br />
la pianta rimanga dormiente oppure che<br />
riesca a sviluppare qualche forma di ciclo<br />
vitale sottoterra. Ricerche in tal senso<br />
non ne ho mai fatte, per non rischiare di<br />
perdere anche uno solo di questi preziosi<br />
esemplari.<br />
60 61
CEPHALANTHERA DAMASONIUM (MILLER) DRUCE 1906<br />
Cephalanthera pallens (S.B. Jundzill) L.C.M. Rich.<br />
Il nome specifi co damasonium è parola<br />
latina e signifi ca “Alisma”, ad indicare la<br />
somiglianza <strong>del</strong>le foglie di questa specie<br />
con quelle di una pianta acquatica:<br />
l’Alisma plantago-aquatica.<br />
Pianta<br />
Fusto glabro, alto tra i 10 e i 60<br />
cm.<br />
Fioritura<br />
Da Maggio ai primi di Luglio.<br />
Foglie<br />
Da 2 a 5 lunghe da 4 a 8 cm, larghe da 1.5 a 3.5 cm, ovali, ellittiche, con<br />
apice acuto o anche lanceolate; quelle basali ridotte a guaine che abbracciano<br />
il fusto, quelle di maggiore dimensione poste nella parte centrale <strong>del</strong><br />
fusto e decrescenti di dimensione verso l’alto fi no a diventare bratteiformi.<br />
Infiorescenza<br />
Lassa e povera (da 2 a 12 fi ori). Brattee: quelle più in basso sono <strong>del</strong> tutto<br />
simili a una foglia lunghe 5 cm; le superiori, lineare-lanceolate, decrescenti<br />
e più lunghe degli ovari.<br />
Fiori<br />
Lunghi da 11 a 20 mm, larghi da 5 a 9. Da bianco-avorio a bianco-giallastro,<br />
rivolti verso l’alto, quasi chiusi, raramente aperti. Sepali di forma oblungolanceolata<br />
e un po’ più lunghi dei petali. Labello lungo da 11 a 14 mm, non<br />
speronato, di colore giallo. Ipochilo carenato biancastro concavo; epichilo<br />
più largo che lungo, provvisto internamente di 3-5 creste parallele, gialloarancione,<br />
ondulato ai margini con apice rifl esso. Ovario glabro, resupinato.<br />
2n=36<br />
Status<br />
L’apparato radicale non rappresenta fonte di cibo per i cinghiali perciò non<br />
viene danneggiato. Tuttavia le radure dove questa pianta per lo più vive<br />
sono sempre più spesso infestate da rovi e da arbusti vari, con conseguente<br />
riduzione dei suoi spazi vitali.<br />
Diffusione<br />
Euro-mediterranea. In Italia: su tutto il<br />
territorio. In provincia: dai 200 ai 1500<br />
m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Su suolo preferibilmente calcareo, in<br />
boschi freschi, spesso ai margini <strong>del</strong><br />
bosco, nei prati abbandonati.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Mentre nel bosco la specie si trova quasi<br />
sempre con esemplari singoli e prevalentemente<br />
di modeste proporzioni, nelle<br />
radure e nei margini non è raro trovarla<br />
in gruppi di 3-5 fi no a l0 steli generati<br />
da un unico apparto radicale. È appunto<br />
in questo ambiente che si trovano anche<br />
gli esemplari più vigorosi e alti. In questa<br />
specie è molto frequente l’autoimpollinazione.<br />
Molti fi ori non si aprono mai.<br />
62 63
CEPHALANTHERA LONGIFOLIA (L.) K. FRITSCH 1888<br />
Cephalanthera ensifolia (Murr) L.C.M. Rich.<br />
Longifolia deriva dall’unione <strong>del</strong>le parole<br />
latine longa e folia che signifi ca appunto<br />
“lunga foglia”. Questo è il carattere che<br />
contribuisce maggiormente a distinguerla<br />
da C. damasonium.<br />
Pianta<br />
Da 15 a 50 (60) cm. Fusto foglioso,<br />
leggermente fl essuoso.<br />
Fioritura<br />
Da Maggio a Giugno.<br />
Foglie<br />
Da 4 a 12, lunghe fi no a 18 cm, larghe fi no 4 cm. Verde chiaro, distiche,<br />
strettamente lanceolate, o lineari-lanceolate, con nervature evidenti, più<br />
lunghe quelle basali, progressivamente più corte quelle superiori.<br />
Infiorescenza<br />
Lassa, da 5 a 20 o 30 fi ori. Brattee: le inferiori fogliacee, le altre molto<br />
piccole o squamiformi, più corte <strong>del</strong>l’ovario, ad eccezione di quella inferiore<br />
che è più lunga <strong>del</strong>l’ovario.<br />
Fiori<br />
Profumati, bianchi, più o meno eretti, socchiusi, tendenti ad aprirsi nelle<br />
ore più calde <strong>del</strong> giorno. Sepali lunghi da 13 a 18 mm, larghi da 4 a 6 mm,<br />
lanceolato-acuti. Petali più corti ed ottusi conniventi con il sepalo mediano.<br />
Labello lungo da 8 a 10 mm; ipochilo biancastro, concavo con lobi laterali<br />
dritti attorno al ginostemio; epichilo più largo che lungo, cordato, concavo,<br />
con all’interno da 4 a 7 creste longitudinali, giallo-aranciate. Sperone non<br />
presente o appena abbozzato. Ovario glabro, resupinato. 2n=32<br />
Status<br />
La situazione ecologica di questa pianta è simile a quella di C. damasonium.<br />
Diffusione<br />
Euro-asiatica. In Italia: in tutto il territorio,<br />
meno frequente all’estremo sud. In<br />
provincia: dai 120 ai 1400 m.<br />
Ambiente<br />
Vario: querceti, faggete, pinete, preferibilmente<br />
aperti e luminosi, su terreno<br />
calcareo o debolmente acido.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Specie prevalentemente entomofila,<br />
tuttavia in mancanza di insetti impollinatori<br />
la fecondazione avviene per<br />
autoimpollinazione.<br />
64 65
CEPHALANTHERA RUBRA (L.) L.C.M. RICHARD 1817<br />
Serapias rubra L.<br />
Il nome specifi co rubra è senz’altro appropriato<br />
per questa orchidea. In latino<br />
rubra signifi ca “rossa” e coglie l’aspetto<br />
più appariscente di questa specie.<br />
Pianta<br />
Da 20 a 60 cm. Fusto peloso, glanduloso,<br />
di colore verde-violaceo,<br />
ondulato nella parte superiore.<br />
Fioritura<br />
Giugno<br />
Foglie<br />
Lunghe da 5 a 14 cm, larghe da 1 a 3.5 cm, da 3 a 8, lanceolate o linearelanceolate;<br />
quelle inferiori ridotte a guaine che abbracciano il fusto.<br />
Infiorescenza<br />
Lassa, composta da 3 a 15 fi ori. Brattee inferiori più lunghe dei fi ori, decrescenti<br />
verso l’alto.<br />
Fiori<br />
Grandi, da rosa a rosso porpora, abbastanza aperti. Sepali lunghi da 15 a<br />
25 mm, larghi da 6 a 8 mm, pubescenti, oblungo-lanceolati, patenti; sepalo<br />
mediano connivente con i petali; petali più corti, ad apice ritorto. Labello<br />
lungo da 15 a 23 mm; ipochilo concavo con i margini laterali rialzati attorno<br />
al ginostemio, bianco; epichilo cordato, acuto, concavo, bianco con margine<br />
rosato, ornato da 7 a 15 creste longitudinali giallastre; ovario subsessile<br />
lineare, pubescente. Sperone non presente.<br />
Status<br />
Questa entità sembra risentire meno, rispetto ad altre specie, dei problemi<br />
legati alla rarefazione.<br />
Diffusione<br />
Euro-asiatica. In Italia: in tutte le regioni.<br />
In provincia: dalla prima collina a oltre i<br />
1000 m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Boscaglie rade e soleggiate, querceti,<br />
frassineti, carpineti, meno frequente nei<br />
castagneti, su terreno preferibilmente<br />
calcareo; è presente anche nelle faggete<br />
aperte.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Il 12 Giugno 1985 nel quadrante 1123-<br />
1 ho trovato un esemplare di notevoli<br />
dimensioni: a fi ne fi oritura raggiungeva<br />
l’altezza di 74 cm, con infi orescenza di<br />
32 fi ori; è rifi orito anche nelle annate<br />
successive con dimensioni più o meno<br />
uguali.<br />
Alcuni ricercatori sostengono che di<br />
questa pianta non si osservano piantine<br />
nate da seme e comunque il fenomeno<br />
sarebbe rarissimo. Più facile sarebbe la<br />
riproduzione vegetativa: la pianta infatti<br />
emette gemme avventizie dalle radici. In<br />
alcune parti <strong>del</strong>la provincia si notano differenze<br />
anche notevoli sulla percentuale<br />
di ovari fecondati: probabilmente ciò è<br />
dovuto alla presenza o meno di insetti<br />
pronubi.<br />
66 67
LIMODORUM ABORTIVUM (L.) SWARTZ 1799<br />
Orchis abortiva L.<br />
Abortivum da abortus, aborto, probabilmente<br />
per le foglie ridotte a scaglie<br />
o comunque dall’impressione che dà di<br />
pianta non completa.<br />
Pianta<br />
Da 20 a 60 cm. Fusto peloso, Da<br />
20 a 80 cm. Robusta e di colore<br />
vario: marroncino, violetto o verdeviolaceo.<br />
Allo stadio di germoglio la<br />
pianta assomiglia ad un turione di<br />
asparago., di colore verde-violaceo,<br />
ondulato nella parte superiore.<br />
Fioritura<br />
Maggio, Giugno<br />
Foglie<br />
Membranacee, avvolgenti il fusto e <strong>del</strong>lo stesso colore.<br />
Infiorescenza<br />
Lassa, composta generalmente da 4 a 20 fi ori. Brattee ovale-lanceolate,<br />
più lunghe <strong>del</strong>l’ovario.<br />
Fiori<br />
Piuttosto grandi (circa 4 cm), viola porpora, con sfumature giallastre internamente.<br />
Sepali lanceolati, patenti, lunghi da 16 a 25 mm, larghi da 6 a 12<br />
mm, il sepalo mediano forma una sorta di nicchia sopra il ginostemio; petali<br />
più sottili e più piccoli. Labello biarticolato, lungo da 15 a 22 mm; ipochilo<br />
leggermente concavo lungo e largo da 5 a 7 mm, di colore rosa-violaceo;<br />
epichilo ovale o cordato, lungo da 11 a 15 mm, largo da 8 a 12 mm, con<br />
bordo revoluto e crenulato, di colore bianco con nervature e bordo violaceo.<br />
Sperone fi liforme, discendente e lungo quasi quanto l’ovario. Ovario<br />
non ritorto, ma attaccato al fusto per mezzo di un lungo peduncolo, alla cui<br />
torsione è legata la resupinazione <strong>del</strong> fi ore. 2n=56,64<br />
Status<br />
Questa specie sembra non risentire di particolari<br />
problemi.<br />
Diffusione<br />
Euro-mediterranea. In Italia: in tutto il<br />
territorio. In provincia: dai 150 ai 1000<br />
m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Su suolo calcareo, quasi sempre nelle<br />
boscaglie asciutte e soleggiate, spesso<br />
assieme a Epipactis helleborine e a Cephalanthera<br />
rubra.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Pur essendo una pianta solitamente rara,<br />
in alcune occasioni mi è capitato di osservare<br />
stazioni con oltre 100 esemplari<br />
in pochi metri quadrati.<br />
68 69
NEOTTIA NIDUS-AVIS (L.) L.C.M. RICHARD 1817<br />
Ophrys nidus-avis L.<br />
La denominazione specifi ca nidus-avis<br />
che signifi ca “nido d’uccello” conferma il<br />
signifi cato <strong>del</strong> nome generico Neottia.<br />
Pianta<br />
Da 15 a 40 cm. Fusto robusto, eretto,<br />
di colore bruno-giallastro.<br />
Fioritura<br />
Fine Aprile inizio Luglio.<br />
Foglie<br />
Assenti, sostituite da guaine che abbracciano il fusto. Brattee membranacee<br />
lesiformi, 2 o 3 cm le inferiori, molto più brevi le superiori.<br />
Infiorescenza<br />
Ha spiga densa, ad eccezione dei fi ori (2 o 3) più in basso a volte distanziati.<br />
Fiori<br />
Color miele, <strong>del</strong> quale emanano anche il profumo. Sepali e petali lunghi<br />
da 4 a 6 mm, ovali-ellittici, ottusi, riuniti a cappuccio sopra il ginostemio.<br />
Labello lungo da 9 a 12 mm, bilobato, lobi talvolta con margine fi nemente<br />
denticolato. Alla base <strong>del</strong> labello è presente una piccola cavità dove si trova<br />
il nettare. Ovario peduncolato. Sperone assente. 2n=36<br />
Status<br />
L’unico grave problema per<br />
questa pianta è rappresentato<br />
dal rapido diffondersi<br />
<strong>del</strong>l’edera (Edera elix) la quale<br />
tappezza completamente il<br />
terreno, rendendo impossibile<br />
la sopravvivenza di tutte<br />
le piante erbacee.<br />
Diffusione<br />
Euro-asiatica. In Italia: in tutto il territorio.<br />
In provincia: dai 300 a 1500<br />
m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Boschi di latifoglie e impianti di conifere;<br />
luoghi ombrosi e freschi su terreno<br />
calcareo.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
L’impollinazione entomofi la avviene in<br />
modo abbastanza complicato. Appena<br />
i fi ori sono dischiusi, il rostello emette<br />
al minimo contatto una piccola quantità<br />
di sostanza vischiosa, che si attacca ai<br />
pollini e al capo <strong>del</strong>l’insetto vettore. Nel<br />
giro di pochi giorni il rostello perde la<br />
capacità di emettere tale sostanza. Se<br />
nel frattempo il fi ore non è ancora stato<br />
impollinato, il polline pulverulento cade<br />
sullo stimma e si avrà così l’autoimpollinazione.<br />
In certi casi il ciclo vitale completo<br />
di questa pianta può avvenire completamente<br />
sotto terra.<br />
70 71
EPIPOGIUM APHYLLUM SWARTZ 1814<br />
Satyrium epipogium L.<br />
L’aggettivo aphyllum signifi ca “senza foglie”.<br />
Pianta<br />
Da 10 a 25 cm. Fusto rigonfi o alla<br />
base, cavo, glabro, giallastro in basso,<br />
rosso violetto verso l’alto.<br />
Fioritura<br />
Fine Luglio, Agosto.<br />
Foglie<br />
Ridotte a piccole scaglie membranacee inguainanti il fusto e <strong>del</strong>lo stesso<br />
colore di quest’ultimo.<br />
Infiorescenza<br />
Povera, da 1 a 4 fi ori. Brattee ridotte a piccole membrane.<br />
Fiori<br />
Piuttosto grandi, lunghi da 10 a 15 mm, odoranti <strong>del</strong>icatamente di banana.<br />
Sepali e petali più o meno uguali, lineari e lanceolati, di colore giallastro.<br />
Labello lungo da 6 a 14 mm, rivolto verso l’alto trilobato, di colore biancorosato;<br />
lobo mediano di forma navicolare e provvisto internamente di alcune<br />
creste (4-6) papillose per lo più di colore rosso. Ginostemio lungo da 4 a<br />
7 mm. Sperone largo, sacciforme, di colore uguale al labello. Ovario ovale,<br />
peduncolato. 2n=68<br />
Status<br />
In altre parti d’Italia mi è capitato di vedere fi oriture abbondantissime,<br />
con cespi formati da decine di esemplari. Da noi, non si riesce a<br />
trovarne mai più di qualche esemplare singolo. Nell’annata 2000 ho<br />
trovato una nuova stazione sul versante nord <strong>del</strong> monte Carevolo:<br />
sempre pochissimi esemplari, sempre in faggeta, ma in questo caso il<br />
bosco è piuttosto asciutto. Dato l’ambiente in cui vive, questa pianta<br />
non sembra avere particolari problemi.<br />
Diffusione<br />
Euro-siberiana. In Italia: in poche località<br />
<strong>del</strong>le Alpi e degli Appennini; ovunque<br />
molto rara. In provincia: in tre sole località<br />
da 1300 a 1400 m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Faggete ombrose, molto umide o anche<br />
asciutte.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
La specie è stata trovata per la prima<br />
volta in provincia il 3-8-1986. Nello<br />
stesso luogo non era più presente nel<br />
1987, ma comunque nello stesso anno è<br />
stata trovata a qualche Km di distanza,<br />
sempre nello stesso ambiente e sempre in<br />
pochi esemplari. Un paio di questi erano<br />
bianco-latte: sicuramente si tratta <strong>del</strong>la<br />
varietà lacteum Keller.<br />
72 73
CORALLORHIZA TRIFIDA CHATELAIN 1760<br />
Corallorhiza innata R.BR.<br />
L’aggettivo trifi da signifi ca “diviso in tre”.<br />
Si riferisce forse alla posizione assunta dalle<br />
parti fi orali durante la fi oritura: il sepalo<br />
mediano e i petali formano un gruppo di 3,<br />
rivolti più o meno verso l’alto, i sepali laterali<br />
e il petalo mediano (labello) formano un<br />
altro gruppo di 3 rivolto verso il basso.<br />
Pianta<br />
Da 8 a 25 (30) cm. Fusto eretto,<br />
glabro, di colore verde chiaro o<br />
giallastro.<br />
Fioritura<br />
Giugno, inizio Luglio.<br />
Foglie<br />
Da 2 a 4, ridotte a scaglie membranacee, abbraccianti il fusto.<br />
Infiorescenza<br />
Lassa e povera (da 2 a 10-15 fi ori). Brattee minuscole, più corte <strong>del</strong> peduncolo<br />
<strong>del</strong>l’ovario.<br />
Fiori<br />
Poco appariscenti, odoranti leggermente di muschio. Sepali lunghi circa<br />
4-6 mm; petali più stretti, verde-giallicci, spesso con apici leggermente<br />
arrossati. Labello bianco, appena trilobato, solcato da due callosità centrali<br />
con alcune macchie rosse alla base. Ovario peduncolato. Sperone non<br />
presente. 2n=42<br />
Status<br />
Si tratta di solito di una pianta piuttosto rara, si trovano quasi sempre pochi<br />
e isolati esemplari. In certe annate e in condizioni particolarmente favorevoli<br />
non è raro trovare decine e decine di esemplari in pochi metri quadrati<br />
e sovente riuniti in cespi. Date le sue esigenze ecologiche, questa pianta<br />
sembra non correre particolari pericoli.<br />
Diffusione<br />
Circumboreale. In Italia: sulle Alpi e sugli<br />
Appennini fi no in Campania. In provincia:<br />
al di sopra dei 1200 m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Faggete ombrose, su suolo neutro o<br />
debolmente acido.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
La specie pratica esclusivamente l’autoimpollinazione:<br />
infatti all’osservazione<br />
si nota che il dispositivo che consente<br />
l’adesione <strong>del</strong>le masse polliniche al capo<br />
degli insetti è atrofi co.<br />
74 75
LISTERA CORDATA (L.) R. BROWN 1813<br />
Ophrys cordata L.<br />
Il nome cordata, a forma di cuore, in relazione<br />
alla forma <strong>del</strong>le foglie.<br />
Pianta<br />
Esile, alta da 5 a 20 cm, fusto fi ne,<br />
bruno-rossastro al di sopra <strong>del</strong>l’inserzione<br />
<strong>del</strong>le foglie, verde chiaro<br />
e glabro al di sotto, pubescente<br />
verso l’alto.<br />
Fioritura<br />
Giugno<br />
Foglie<br />
2 opposte, cordiformi o romboidali, con bordo ondulato, lunghe da 1 a 3 cm,<br />
inserite un po’ sotto la metà <strong>del</strong> fusto, verde lucente nella pagina superiore,<br />
verde grigiastro su quella inferiore. A volte è presente una terza fogliolina<br />
al di sopra <strong>del</strong>le 2 più grandi.<br />
Infiorescenza<br />
Lassa, generalmente composta da 5-6 a 15 piccoli fi ori. Brattee di forma<br />
triangolare lunghe circa 1 mm.<br />
Fiori<br />
Minuscoli, da verde chiaro a rosso-brunastro; sepali lunghi da 2 a 3 mm,<br />
larghi 1 mm, ovati, patenti; petali ellittici, lunghi circa quanto i sepali; labello<br />
senza sperone, nettarifero alla base, pendente, lungo circa il doppio dei<br />
sepali, trilobo, con lobi laterali piccoli e posti alla base, lobo centrale a sua<br />
volta diviso in 2 lobuli stretti, acuti, divergenti. 2n=36,38,40,42<br />
Status<br />
In conseguenza <strong>del</strong>l’esiguità <strong>del</strong> popolamento e <strong>del</strong> periodo troppo breve<br />
di osservazione, risulta diffi cile trarre conclusioni o fare previsioni sulle condizioni<br />
di questa entità. Tuttavia credo che l’enorme quantità di piantine di<br />
abete presenti alla lunga fi niranno per alterare in modo negativo l’equilibrio<br />
di questa piccola zona.<br />
Diffusione<br />
Circumboreale. In Italia è presente al<br />
nord fi no alla Toscana, esclusa la Valle<br />
d’Aosta. In provincia una sola stazione<br />
in Val Nure.<br />
Ambiente<br />
Nel sottobosco di un’abetaia artifi ciale<br />
(Abies alba) frammista ad arbusti di<br />
mirtillo, su cuscini di muschio.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Ho trovato questa pianta verso la metà<br />
di giugno <strong>del</strong> 1999 sul versante nordest<br />
<strong>del</strong> monte Carevolo nel quadrante<br />
1322-4 (comune di Ferriere). La piccola<br />
stazione si trova al margine di un’abetaia<br />
artifi ciale piuttosto matura: il terreno<br />
umido risultava ricoperto di muschio,<br />
con presenza di cespugli di mirtillo e<br />
numerosissime plantule di abete bianco.<br />
Il popolamento contava al momento <strong>del</strong><br />
ritrovamento una decina di esemplari a<br />
fi ore e innumerevoli plantule che spuntavano<br />
qua e là dal muschio.<br />
76 77
LISTERA OVATA (L.) R. BROWN 1813<br />
Ophrys ovata L.<br />
La denominazione ovata fa riferimento alla<br />
forma ovale-rotondeggiante <strong>del</strong>le foglie.<br />
Pianta<br />
Da 20 a 50(70) cm. Fusto fl essuoso,<br />
pubescente, verde-giallastro.<br />
Fioritura<br />
Da Maggio a Luglio.<br />
Foglie<br />
Due, lunghe da 5 a 15 cm, larghe da 0.3 a 8 cm, opposte, inserite a circa<br />
un terzo <strong>del</strong> fusto, lucide nella pagina superiore, con evidenti nervature.<br />
Raramente presenti anche altre foglie notevolmente più piccole, inserite<br />
sempre al di sopra <strong>del</strong>le due principali.<br />
Infiorescenza<br />
Cilindrica, allungata, stretta, lunga da 6 a 36 cm, con numerosi piccoli fi ori.<br />
Brattee ridotte a scaglie lunghe da 3 a 5 mm.<br />
Fiori<br />
Verdognoli, piccoli. Sepali ovali, smussati, formanti insieme ai petali (più<br />
piccoli) una specie di cappuccio sopra al ginostemio giallo-verde. Labello<br />
profondamente bilobato, percorso longitudinalmente da una callosità più<br />
verde e lucida per la presenza di una sostanza vischiosa (nettare). Sperone<br />
mancante. Ovario globoso sorretto da un pedicello. Per mezzo <strong>del</strong>la torsione<br />
di questo organo si ha la resupinazione <strong>del</strong> fi ore. 2n=32,34,38,42<br />
Status<br />
Questa specie sembra, al momento, non avere grandi problemi: è presente<br />
in tutto il territorio con un discreto numero di esemplari. Il motivo di questa<br />
favorevole situazione risiede probabilmente nella varietà di ambienti in cui<br />
questa pianta si è adattata a vivere.<br />
Diffusione<br />
Euro-asiatica. In Italia: in tutto il territorio.<br />
In provincia: dai greti stabilizzati<br />
dei fi umi fi no al limite <strong>del</strong>le praterie. Più<br />
frequente nelle zone intermedie.<br />
Ambiente<br />
Preferibilmente luoghi freschi e umidi,<br />
oppure, raramente, aridi. Terreno vario:<br />
da calcareo a debolmente acido.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Non è raro vedere ovari che già disperdono<br />
semi maturi e notare che, attaccati ad<br />
essi, il labello e le altre parti fi orali sono<br />
ancora ben distinguibili, pur essendo<br />
diventati un po’ marroncini.<br />
78 79
SPIRANTHES SPIRALIS (L.) CHEVALLIER 1827<br />
Spiranthes autunnalis Rich.<br />
Spiralis rafforza il signifi cato <strong>del</strong>la denominazione<br />
Spiranthes. Spesso viene usato il<br />
sinonimo S. autumnalis L.C.M. Richard che si<br />
riferisce al periodo di fi oritura che avviene a<br />
fi ne Estate inizio Autunno. La parte radicale<br />
è costituita da due tuberi affusolati; il più<br />
vecchio, che ha dato origine allo stelo fi orifero<br />
<strong>del</strong>l’annata, è più grinzoso.<br />
Pianta<br />
Da 8 a 30 cm. Fusto afi llo, coperto<br />
verso l’alto da peli glandulosi.<br />
Fioritura<br />
Da metà Settembre ai primi di<br />
Novembre.<br />
Foglie<br />
Da 4 a 6, ovato-ellittiche, acute, glaucescenti, riunite in rosetta, appressate<br />
al terreno. <strong>Le</strong> foglie che si trovano vicino allo stelo fi orifero non appartengono<br />
a quest’ultimo, produrranno lo stelo fi orifero <strong>del</strong>l’anno successivo e<br />
seccheranno prima che si sia sviluppato un nuovo stelo fi orifero.<br />
Infiorescenza<br />
Lunga, sottile, ricca di piccoli fi ori disposti a spirale. Brattee più lunghe<br />
<strong>del</strong>l’ovario, lanceolate, coperte di numerosi peli glandolosi.<br />
Fiori<br />
Con parti fi orali riunite a formare una specie di campanula, lunga da 0.5 a<br />
8 mm; bianchi o bianco-verdastri lievemente profumati di vaniglia. Sepali<br />
protesi in avanti, discosti all’apice. Petali lanceolato-ottusi. Labello scanalato,<br />
curvato verso il basso all’apice, con margine dentellato, sperone assente.<br />
Ovario pubescente. 2n=30<br />
Status<br />
S. spiralis è una specie molto rara soprattutto nei popolamenti <strong>del</strong>la Val<br />
<strong>Trebbia</strong> ridotti a pochissimi esemplari. Soffre notevolmente l’aumento di<br />
erbe infestanti.<br />
Il periodo di fi oritura può variare di molto a seconda che l’annata sia stata<br />
± piovosa.<br />
Diffusione<br />
Europeo-caucasica. In Italia: in tutte le<br />
regioni. In provincia: rara nella fascia<br />
collinare dai 300 ai 450 m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Su terreno calcareo. Tende a situarsi<br />
in piccoli avvallamenti, dove, per un<br />
periodo più lungo <strong>del</strong>l’anno, il terreno<br />
rimane intriso di acqua.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
S. aestivalis, era presente sicuramente<br />
in provincia nel passato. Attualmente la<br />
sua presenza non è più stata accertata.<br />
Questa sparizione va messa in relazione<br />
alla totale distruzione <strong>del</strong> suo ambiente<br />
(i prati umidi di pianura).<br />
80 81
GOODYERA REPENS (L.) R. BROWN 1813<br />
Satyrium repens L.<br />
Repens dal latino repere, signifi ca “strisciare”<br />
proprio per la capacità <strong>del</strong> rizoma di emettere<br />
stoloni radicanti.<br />
Pianta<br />
Da l0 a 30 cm. Fusto ascendente,<br />
peloso specialmente nella parte<br />
alta.<br />
Fioritura<br />
Luglio.<br />
Foglie<br />
Lunghe da 1 a 3.5 cm, larghe da 0.5 a 2 cm, a nervatura reticolata (unica fra<br />
tutte le <strong>orchidee</strong> europee), da 3 a 6 riunite in rosetta basale, ovate, acute, di<br />
colore verde scuro, con nervature più chiare; 2 o 3 piccole foglie caulinari,<br />
lineari-lanceolate, bratteiformi, avvolgenti il fusto.<br />
Infiorescenza<br />
Da 5 a l0 cm, composta da una ventina di fi ori orientati unilateralmente o<br />
a spirale. Brattee uguali o più lunghe <strong>del</strong>l’ovario.<br />
Fiori<br />
Profumati, bianchi, piccoli, ricoperti esternamente di peli glandulosi. Sepali<br />
lunghi da 3 a 5 mm, concavi, conniventi, ovati, ottusi; petali oblunghi; sepalo<br />
mediano e petali conniventi a casco. Labello con la parte basale concava,<br />
contenente nettare e la parte anteriore ovato-triangolare, rivolto all’ingiù.<br />
Sperone mancante: ovario peloso. 2n=30(28-32)<br />
Status<br />
La specie è legata indissolubilmente allo strato marcescente di aghi di<br />
pino.<br />
Diffusione<br />
Circumboreale. In Italia: Alpi e Appennino<br />
settentrionale e centrale. In provincia:<br />
attualmente in diverse stazioni tra i 1000<br />
e i1250 m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Boschi di conifere (Pino nero, Pino<br />
silvestre).<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
La specie è stata segnalata per la prima<br />
volta nell’Appennino <strong>piacentino</strong><br />
da A. Alessandrini nel 1984.<br />
82 83
PLATANTHERA BIFOLIA (L.) L.C.M. RICHARD 1817<br />
Orchis bifolia L.<br />
Bifolia proviene dal latino e signifi ca<br />
“a due foglie” e si riferisce al fatto<br />
che nella maggioranza dei casi questa<br />
orchidea si presenta con due grandi<br />
foglie basali.<br />
Pianta<br />
Da 20 a 60 cm. Fusto angoloso<br />
nella parte alta.<br />
Fioritura<br />
Da Maggio a Luglio.<br />
Foglie<br />
Lunghe da 5-6 a 20 cm, larghe da 2 a 6 cm; generalmente due (raramente<br />
tre o quattro), opposte, ovali, allungate, più strette verso la base, con margine<br />
ondulato; sul fusto alcune foglie bratteiformi, lanceolato-acute.<br />
Infiorescenza<br />
Spiga allungata, cilindrica, lassa, a volte densa. Brattee: le inferiori più lunghe<br />
<strong>del</strong>l’ovario, le superiori più corte.<br />
Fiori<br />
Profumati. Sepali laterali lunghi da 8 a 12 mm, larghi da 5 a 6 mm, biancastri;<br />
divergenti, lanceolati, con apice ottuso; il mediano più largo e un po’ più<br />
corto, piegato in avanti; petali bianco-verdastri o giallo-verdastri, stretti,<br />
lanceolati, conniventi. Labello lungo da 9 a 15 mm, largo da 2.4 a 4.2 mm,<br />
lineare, linguiforme, giallo-verdastro. Sperone claviforme, lungo da 20 a 30<br />
mm. Ovario contorto. 2n=42<br />
Status<br />
La specie mantiene ancora un discreto numero di esemplari, distribuita su<br />
una notevole varietà di ambienti, dai castagneti alle faggete, ai boschi misti,<br />
alle praterie più o meno umide, ma i luoghi che maggiormente predilige sono<br />
le frane ad argilla scagliosa, semi assestate o in movimento.<br />
Diffusione<br />
Paleotemperata. In Italia: in tutte le<br />
regioni, più raramente nelle isole. In<br />
provincia: dai primi boschi pedecollinari<br />
alle massime altitudini.<br />
Ambiente<br />
Vario, da boschi di aghifoglie e di latifoglie<br />
a praterie montane su suoli calcarei,<br />
o debolmente acidi, da poveri a ricchi di<br />
sostanze nutritizie.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Da taluni autori sono indicate alcune varietà<br />
di scarso valore sistematico. Comunque<br />
esemplari corrispondenti a queste<br />
varietà si trovano anche in provincia: var.<br />
carducciana Goiran, con foglie basali<br />
molto ampie e brattee fi no al doppio<br />
<strong>del</strong>l’ovario e var. trifoliata Thielens con<br />
tre foglie basali.<br />
84 85
PLATANTHERA CHLORANTHA (CUSTER)<br />
REICHENBACH 1828<br />
Orchis chlorantha Custer<br />
L’aggettivo chlorantha trae origine dalle parole<br />
greche Khloros, verde e anthos, fi ore. Infatti i fi ori<br />
di questa orchidea sono piuttosto verdi. Specie<br />
molto simile a P. bifolia: da questa si differenzia<br />
principalmente per alcune caratteristiche <strong>del</strong><br />
fi ore e per la struttura generale <strong>del</strong>la pianta, più<br />
robusta.<br />
Pianta<br />
Da 20 a 60 cm. Fusto robusto<br />
e con angolature molto evidenti<br />
verso l’alto.<br />
Fioritura<br />
Giugno, Luglio.<br />
Foglie<br />
Due (raramente 3 o 4), lunghe da 6 a 21 cm, larghe da 1.5 a 8 cm, opposte<br />
alla base, grandi, ovali, ed allungate; lungo il fusto, alcune piccole foglie<br />
sessili, bratteiformi.<br />
Infiorescenza<br />
Lassa; spiga cilindrica lunga fi no a 25 cm. Brattee con numerose nervature<br />
lunghe quanto l’ovario.<br />
Fiori<br />
Biancastri o verdastri, più grandi che in P. bifolia e, a differenza di questa,<br />
inodori, con le logge <strong>del</strong>l’antera divergenti e lo sperone, lungo da 2 a 42<br />
mm, rivolto in alto e rigonfi o all’apice. 2n=42<br />
Status<br />
Specie meno abbondante di P. bifolia, tuttavia con quest’ultima condivide ±<br />
gli stessi ambienti; tende a sparire nei prati dove il manto erboso è troppo<br />
invadente.<br />
Diffusione<br />
Euro-siberiana. In Italia: in tutto il territorio.<br />
In provincia: dai 600 ai 1500<br />
m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Boschi misti, pascoli, radure, su terreni<br />
calcarei, basici o acidi.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Si segnalano alcune varietà che sicuramente<br />
fanno parte anche <strong>del</strong>la nostra<br />
fl ora: P. chlorantha var. lancifolia Reichenb.<br />
con foglie molto strette e lanceolate. P.<br />
chlorantha var. media Peitz. con fi ori bianchi<br />
tranne il labello che è verde.<br />
P. bifolia e P. chlorantha si ibridano facilmente,<br />
essendo molto vicine morfologicamente;<br />
tali ibridi sono quanto mai<br />
diffi cili da riconoscersi.<br />
86 87
GYMNADENIA CONOPSEA (L.) R. BROWN 1813<br />
Orchis conopsea L.<br />
Conopsea deriva dal greco konops =<br />
“zanzara”, forse per la rassomiglianza <strong>del</strong><br />
fi ore all’insetto.<br />
Pianta<br />
Da 10 a 50 (100) cm. Fusto slanciato,<br />
sottile, sovente bruno-rossastro<br />
verso l’alto.<br />
Fioritura<br />
Da fi ne Maggio a Luglio.<br />
Foglie<br />
<strong>Le</strong> inferiori (da 3 a 13), lunghe da 6 a 25 cm, larghe da 0.6 a 4 cm, lineari,<br />
lanceolate, carenate nella pagina inferiore; le superiori (da 2 a 5) bratteiformi.<br />
Infiorescenza<br />
Stretta, cilindrica, allungata, con numerosi fi ori. Brattee lanceolate, acute,<br />
subeguali all’ovario.<br />
Fiori<br />
Da rosa a rosa chiaro (raramente bianchi), odoranti intensamente. Sepali<br />
laterali, lunghi da 4 a 7 mm, orizzontali; il mediano riunito a casco insieme<br />
ai petali. Labello profondamente trilobo, più largo che lungo, lungo da 4 a<br />
6 mm; lobi generalmente uguali, con margini interi. Ginostemio corto; antera<br />
dritta a logge parallele, munite lateralmente da due piccole orecchiette; il<br />
rostello forma una piega dentro la loggia <strong>del</strong>l’antera; stimma con lobi laterali<br />
assai divaricati. Sperone fi liforme, riempito fi no a metà di nettare, arcuato<br />
verso il basso, lungo da una volta e mezza a due volte l’ovario. 2n=40<br />
Status<br />
E’ ancora una <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong><br />
maggiormente presenti in<br />
provincia, grazie alla sua<br />
statura piuttosto alta che<br />
le permette di sopportare<br />
meglio la competizione con<br />
altre erbe. Nel corso <strong>del</strong>l’ultimo<br />
decennio ha risentito<br />
pesantemente <strong>del</strong>la presenza<br />
<strong>del</strong> cinghiale.<br />
Diffusione<br />
Euro-asiatica. In Italia: Alpi, Prealpi,<br />
Appennino fi no in Campania e Basilicata.<br />
In provincia: dai 250 m fi no al<br />
limite <strong>del</strong>le praterie.<br />
Ambiente<br />
Praterie, radure, scarpate, su terreno<br />
piuttosto fresco.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Saltuariamente si trovano individui a fi ori<br />
bianchi, ascrivibili alla var. albifl ora Zapal.<br />
Di particolare interesse è la varietà densi<br />
fl ora (Wahlenb.) Lindleyo secondo alcuni<br />
autori subsp. densi fl ora (Wahlenb.) R.<br />
Richter. Questa varietà ha una fi oritura<br />
un po’ più tardiva rispetto a G. conopsea.<br />
Può raggiungere una statura notevole, ha<br />
un’infi orescenza molto lunga e appressata<br />
e vive in ambienti ricchi di acqua, su<br />
terreni calcarei.<br />
Il giorno 10-6-1985 nel quadrante 1122-<br />
2 in una zona franosa è stata trovata una<br />
stazione di G. conopsea var. densifl ora<br />
con circa un migliaio di individui molto<br />
robusti, alcuni dei quali superavano a fi ne<br />
fi oritura i 110 cm con una infi orescenza di<br />
40 cm circa. Anche nelle annate successive<br />
la fi oritura si è ripetuta con dimensioni<br />
pressappoco uguali.<br />
88 89
GYMNADENIA ODORATISSIMA (L.) L.C.M.<br />
RICHARD 1817<br />
Orchis odoratissima L.<br />
L’aggettivo specifi co odoratissima si<br />
addice certamente a questa orchidea,<br />
in quanto i suoi fi ori emanano un forte<br />
profumo di vaniglia.<br />
Pianta<br />
Da 15 a 40 (50) cm. Il fusto in genere<br />
è più esile che in G. conopsea:<br />
cilindrico inferiormente, angoloso<br />
nella parte superiore. L’apparato radicale<br />
è pressoché uguale a quello<br />
<strong>del</strong>la specie affi ne.<br />
Fioritura<br />
Giugno, Luglio<br />
Foglie<br />
<strong>Le</strong> caulinari sono lineari o lineari-lanceolate, ripiegate a doccia, patenti<br />
o più larghe nella metà inferiore, larghe da 4 a 10 mm; le superiori sono<br />
bratteiformi, inguainanti il fusto.<br />
Infiorescenza<br />
Cilindrica, alta da 2-3 a 10 cm, densa o paucifl ora. Brattee lanceolate, lunghe<br />
circa quanto l’ovario.<br />
Fiori<br />
Piccoli, da rosa ± carico a porpora, non sono rari gli esemplari albini; sepali<br />
laterali lunghi da 4 a 5 mm, oblunghi, arrotondati in punta, orizzontali o<br />
leggermente patenti. Il mediano forma un cappuccio insieme ai petali; labello<br />
leggermente trilobo (raramente intero), più largo che lungo, lobi laterali<br />
arrotondati, lobo centrale più largo, ottuso, più lungo dei laterali; sperone<br />
lungo da 5 a 7 mm, ovario ritorto. 2n=40<br />
Status<br />
Attualmente la specie sembra non correre grossi pericoli.<br />
Diffusione<br />
L’areale di questa specie è costituito da<br />
un’ampia superfi cie <strong>del</strong>l’Europa centrale;<br />
tuttavia esistono diverse stazioni localizzate<br />
al di fuori di questa area. In Italia è concentrata<br />
per lo più sulle Alpi, è inoltre presente<br />
sulle Apuane. In provincia è localizzata in<br />
due sole stazioni.<br />
Ambiente<br />
Lungo i margini dei torrenti, pascoli montani,<br />
radure dei boschi.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Specie già segnalata per la vetta <strong>del</strong><br />
Monte <strong>Le</strong>sima (Pirola 1967), ma non<br />
più osservata. Nel 1989 ne ho trovato<br />
un’abbondante stazione situata in una<br />
zona franosa, ± assestata, nei pressi di un<br />
torrentello, affl uente di sinistra <strong>del</strong> Torrente<br />
Lardana (Val Nure), nel quadrante<br />
1323-2-4, vicino al paese di Fornelli (Pianazze),<br />
nel comune di Farini. Nel 1992<br />
Enrico Romani ne segnala una nuova<br />
stazione, situata sul crinale a Nord-Ovest<br />
di Mont’Osero, nel quadrante 1223-1, in<br />
comune di Bettola. Queste due stazioni<br />
a tutt’oggi devono essere considerate le<br />
uniche per la regione.<br />
90 91
PSEUDORCHIS ALBIDA (L.) A. &. D. LÖVE 1969<br />
<strong>Le</strong>ucorchis albida (L.) E. Meyer<br />
L’aggettivo albida proviene dal latino<br />
e signifi ca “biancastra”.<br />
Pianta<br />
Da 15 a 20 cm. Fusto striato, fl essuoso,<br />
con alla base alcune guaine<br />
appuntite.<br />
Fioritura<br />
Giugno, Luglio.<br />
Foglie<br />
4 o 5, da oblungo a oblungo-lanceolate, lunghe da 3 a 8 cm, larghe da 1 a<br />
2.5 cm, decrescenti verso l’alto fi no a diventare bratteiformi.<br />
Infiorescenza<br />
Densa, cilindrica, formata da numerosi piccoli fi ori. Brattee lanceolato-acuminate,<br />
lunghe uguali o un po’ più <strong>del</strong>l’ovario.<br />
Fiori<br />
Facoltativamente autogami o cleistogami, bianchi o bianco-giallicci, rivolti<br />
all’ingiù, leggermente profumati. Sepali e petali lunghi da 2 a 3 mm, ovatooblunghi,<br />
riuniti a cappuccio. Labello lungo da 2.5 a 4 mm, largo da 2 a 3<br />
mm, trilobo; lobo mediano più lungo e più largo dei laterali. Sperone a sacco<br />
leggermente ricurvo, lungo circa la metà <strong>del</strong>l’ovario. 2n=40 (42)<br />
Status<br />
Da alcuni anni, questa pianta non viene più ritrovata nelle stazioni in cui<br />
precedentemente veniva segnalata. Affermare che sia ormai estinta è probabilmente<br />
azzardato; tuttavia un dato certo è che i suoi ambienti vitali si<br />
stanno alterando in modo preoccupante.<br />
Diffusione<br />
Artico-alpina. In Italia: Alpi, Appennino<br />
settentrionale, centrale e campano. In<br />
provincia: estremamente rara, al di sopra<br />
dei 1400 m.<br />
Ambiente<br />
Praterie di vetta su terreni debolmente<br />
acidi o decalcifi cati. La si trova spesso<br />
assieme a Nigritella nigra, Traunsteinera<br />
globosa e Gymnadenia conopsea.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
A causa <strong>del</strong>la diffi cile individuazione dei<br />
suoi caratteri morfologici, storicamente<br />
le sono stati attribuiti diversi sinonimi ed<br />
una diversa collocazione nell’ambito <strong>del</strong>la<br />
famiglia: Gymnadenia albida (L.) Rich.,<br />
Orchis albida (L.) Scop., Bicchia albida<br />
Parl., Satyrium albidum L. e come si è già<br />
accennato <strong>Le</strong>ucorchis albida.<br />
92 93
NIGRITELLA RHELLICANI TEPPNER & KLEIN 1990<br />
Nigritella nigra (L.) Rchb. F. P.P.<br />
Dedicato a Johannes Müller, detto<br />
Rhellicanus, naturalista svizzero<br />
Pianta<br />
Da 8 a 25 cm. Fusto rigoglioso e angoloso<br />
verso l’alto, con angolature<br />
a volte spruzzate di rosso.<br />
Fioritura<br />
Fine Giugno, Luglio.<br />
Foglie<br />
Da 7 a 11, per lo più raggruppate<br />
alla base, molto strette, graminiformi;<br />
foglie caulinari sessili, bratteiformi,<br />
con bordi spesso arrossati.<br />
Infiorescenza<br />
Compatta, conica, allungata. Brattee lesiniformi, verdi, lavate di porpora sul<br />
bordo.<br />
Fiori<br />
Allogami, bruno-scuri, con gli apici <strong>del</strong>le divisioni fi orali quasi neri e odoranti<br />
di vaniglia. Sepali lunghi da 5 a 7.5 mm, lanceolati, acuti, <strong>del</strong>la stessa lunghezza<br />
dei petali; petali larghi circa la metà degli esterni. Labello cuoriforme.<br />
Sperone corto, sacciforme. Ovario non ritorto. 2n=40<br />
Bordo <strong>del</strong>la brattea<br />
visto al microscopio ottico<br />
Status<br />
A causa <strong>del</strong>l’abbandono dei pascoli<br />
questa specie, di piccole dimensioni,<br />
risente negativamente <strong>del</strong>la competizione<br />
con le erbe di maggiore statura;<br />
pertanto è in via di progressiva rarefazione.<br />
Questa situazione si è pericolosamente<br />
aggravata negli ultimi anni,<br />
tanto da ridurre la presenza di questa<br />
specie sul territorio <strong>piacentino</strong> a<br />
poche decine di esemplari. Migliore,<br />
anche se di poco, è la situazione nel<br />
confi nante territorio pavese, dove,<br />
vicino a Cima Colletta, vengono effettuati<br />
degli sfalci periodici.<br />
Diffusione<br />
Artico-alpina. In Italia: Alpi e Appennino<br />
genovese, pavese, alessandrino,<br />
<strong>piacentino</strong>.<br />
Ambiente<br />
Praterie di vetta dai 1400 m in su;<br />
terreni calcarei, ma anche in altri tipi<br />
di substrato.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Non essendo i fi ori resupinati, questi si<br />
presentano capovolti; trovandosi le masse<br />
polliniche nella parte bassa rispetto<br />
allo stimma, l’autoimpollinazione sembra<br />
non possa aver luogo. <strong>Le</strong> prime brattee<br />
osservate al microscopio, forniscono<br />
attraverso la denticolatura <strong>del</strong> bordo<br />
importanti elementi diagnostici. Riguardo<br />
all’eventuale presenza di N. corneliana<br />
(Beauverd) Gölz & Reinhard, di cui avevo<br />
menzionato il ritrovamento (1989) di<br />
alcuni esemplari nel quadrante 1322-2,<br />
nonostante accurate osservazioni negli<br />
anni successivi, tali esemplari non sono<br />
più stati trovati. La presenza di questa<br />
specie sul nostro Appennino rappresenta<br />
un fatto importante in quanto segna il suo<br />
limite meridionale.<br />
94 95
COELOGLOSSUM VIRIDE (L.) HARTMAN 1820<br />
Orchis viridis Crantz<br />
Viride proviene dal latino viridis, verde e<br />
si riferisce al colore dei fi ori; questi infatti<br />
dopo l’impollinazione inverdiscono e<br />
rimangono attaccati all’ovario per molto<br />
tempo.<br />
Pianta<br />
Da 5 a 25 cm. Fusto striato, foglioso<br />
fi no a 3/4.<br />
Fioritura<br />
Da fi ne Maggio a Luglio.<br />
Foglie<br />
Da 3 a 6, lunghe da 2 a 10 cm, larghe da 1 a 5 cm, disposte lungo il fusto,<br />
quelle basali ovali; lungo il fusto lanceolato-acute.<br />
Infiorescenza<br />
Piuttosto densa; con 5-20 fi ori. Brattee lineare-Ianceolate, decrescenti<br />
verso l’alto.<br />
Fiori<br />
Non profumati. Sepali, lunghi da 3.5 a 6.5 mm, larghi da 2 a 3 mm e petali,<br />
lunghi da 4 a 6.5 mm, verdi o verde-giallastri, conniventi a formare un cappuccio<br />
sopra il ginostemio. Labello rossastro, poi verde-giallastro, lungo da<br />
6 a 10 mm, largo da 4 a 5 mm, pendulo e retrofl esso fi no a toccare l’ovario,<br />
trilobato all’apice, con i lobi laterali più lunghi <strong>del</strong> mediano, munito alla base<br />
di una depressione con due fossette nettarifere. Sperone nettarifero breve e<br />
sacciforme, lungo da 2 a 3 mm. Ovario verde-giallastro. 2n=40<br />
Status<br />
Si tratta di una pianta prevalentemente esile, pertanto passa sovente inosservata.<br />
Tuttavia l’eccessivo accumulo di erba in decomposizione, ne sta<br />
provocando la sparizione.<br />
Diffusione<br />
Circumboreale, Alpi e Prealpi, Appennini,<br />
fi no in Calabria; in provincia: al di sopra<br />
dei 1000 m.<br />
Ambiente<br />
Radure, praterie, su suoli sia acidi che<br />
basici, terreni freschi, umidi o asciutti.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
96 97
DACTYLORHIZA INCARNATA (L.) SOO’ 1962<br />
Orchis incarnata L.<br />
Incarnata è un nome certamente indovinato:<br />
i suoi fi ori infatti hanno una colorazione<br />
carnicina.<br />
Pianta<br />
Da 20 a 80 cm. Fusto molto robusto,<br />
cavo internamente, angoloso<br />
verso l’alto.<br />
Fioritura<br />
Fine Maggio, inizio Luglio.<br />
Foglie<br />
Da 4 a 7, lineare-Ianceolate, con apice a cappuccio, lunghe da 8 a 15 cm.<br />
L’ultima foglia raggiunge o supera l’infi orescenza.<br />
Infiorescenza<br />
Ovoide, poi cilindrica, densa, lunga da 5 a 20 cm. Brattee lanceolate-acute,<br />
spesso sfumate di bruno-rossastro, molto più lunghe dei fi ori.<br />
Fiori<br />
Rosei, a volte anche piuttosto rossi. Sepali laterali divergenti, obliqui, concavi,<br />
lunghi da 6 a 9 mm, larghi da 2.5 a 4 mm; il mediano, insieme ai petali, è<br />
piegato in avanti a formare un cappuccio sopra al ginostemio. Labello piccolo,<br />
di forma romboidale lungo da 5 a 9 mm, lievemente trilobato o terminante<br />
con una punta centrale pronunciata. Il disegno posto nella pagina superiore<br />
è formato da piccole linee più scure. Sperone robusto, generalmente rivolto<br />
all’ingiù lungo da 5 a 9 mm, leggermente più corto <strong>del</strong>l’ovario. 2n=40<br />
D. incarnata f. ochrantha<br />
Status<br />
Questa specie è una <strong>del</strong>le<br />
<strong>orchidee</strong> più tipiche <strong>del</strong>le<br />
torbiere. Attualmente è in<br />
forte arretramento, per l’eccessivo<br />
infoltimento di questi<br />
luoghi.<br />
Diffusione<br />
Euro-siberiana. In Italia: regioni <strong>del</strong><br />
nord e <strong>del</strong> centro. In provincia: dai 900<br />
ai 1500 m.<br />
Ambiente<br />
Limitato a luoghi paludosi o torbiere.<br />
In questi ambienti è presente in buon<br />
numero.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Gli esemplari bianco-giallastri che si trovano<br />
nell’ambito di questa specie e che<br />
sono stati attribuiti in un primo tempo a<br />
D. incarnata subsp ochroleuca (Boll.) P.F.<br />
Hunt & Summerhayes, sono sicuramente<br />
da assegnare a D. incarnata f. ochrantha<br />
Landwehr. Gli esemplari attribuiti a D. incarnata<br />
subsp hyphaematodes (Reichemb.<br />
Fil.) Soò da alcuni anni non sono più<br />
reperibili. Questo è un dato che si è già<br />
riscontrato in altri generi: quando una<br />
specie è in diffi coltà per motivi dovuti<br />
alla forte competizione con altre erbe,<br />
gli esemplari variabili o atipici tendono a<br />
sparire per primi.<br />
98 99
DACTYLORHIZA LAPPONICA (LAESTAD<br />
ex REICHENBACH FIL.) SOO’ 1962<br />
Orchis lapponica Laest. ex Rchb. F.<br />
Questa specie trae il nome dalla Lapponia,<br />
dove è stata descritta per la prima volta.<br />
Pianta<br />
Robusta, altezza media di circa<br />
15-25 cm (esemplari molto più alti<br />
presenti nelle stazioni sono sicuramente<br />
ibridi naturali). Fusto cavo<br />
internamente nella parte bassa,<br />
rossastro in alto.<br />
Fioritura<br />
Giugno, Luglio.<br />
Foglie<br />
Da 2 a 5, lunghe da 4 a 10 cm, larghe da 0.5 a 2.5 cm, verde nella parte<br />
superiore, con macule nerastre presenti solo nella metà apicale, verdebiancastro<br />
nella parte inferiore, con le nervature più evidentemente scure,<br />
ovali, leggermente lanceolate, eretto-arcuate . <strong>Le</strong> macchie tendono a sparire<br />
quando la pianta invecchia.<br />
Infiorescenza<br />
Paucifl ora. Brattee rossastre; le inferiori più lunghe dei fi ori.<br />
Fiori<br />
Rosso-porporino, non molto grandi. Sepali laterali lunghi da 7 a 10 mm,<br />
larghi da 3 a 4 mm, eretti o patenti; il sepalo mediano e i petali, lunghi da<br />
5 a 8 mm, sono conniventi a formare un cappuccio sopra il ginostemio.<br />
Labello lungo da 5 a 9 mm, largo da 7 a 11 mm, obovale, defl esso, intero o<br />
appena dentellato nella parte apicale, chiaro alla base con disegno formato<br />
da alcune venature più vivacemente porporine. Sperone conico, parallelo o<br />
appena piegato verso il basso, lungo circa la metà <strong>del</strong>l’ovario. 2n=80<br />
Status<br />
La specie, presente fi no a qualche anno fa con un numero notevole di<br />
esemplari, sembra ora risentire pesantemente <strong>del</strong>la competizione con altre<br />
e più vigorose specie erbacee. Per salvaguardare questa ed altre specie che<br />
vivono in ambiente umido è assolutamente necessario effettuare sfalci nel<br />
periodo di riposo di queste piante (settembre-ottobre).<br />
Diffusione<br />
Artico-alpina. In Italia: in poche stazioni<br />
<strong>del</strong>la cerchia alpina. In provincia: le<br />
sette stazioni trovate fi no ad ora sono<br />
da ritenersi le uniche per la catena<br />
appenninica.<br />
Ambiente<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
100 101<br />
Torbiere.<br />
Note<br />
La scelta di cambiare nome a questa<br />
specie è dovuta al fatto che nel corso<br />
di questi anni si è scoperto che, tra gli<br />
esemplari piacentini in precedenza attribuiti<br />
a D. traunsteineri , vi è una maggiore<br />
vicinanza dal punto di vista morfologico<br />
con D. lapponica, piuttosto che con D.<br />
traunsteineri.
DACTYLORHIZA MACULATA subsp. FUCHSII<br />
(DRUCE) HYLANDER 1966<br />
Orchis maculata L.<br />
Maculata deriva dal latino macula e<br />
trae signifi cato dalla macchiettatura<br />
nerastra che di solito (salvo rare<br />
eccezioni) si trova sulle foglie.<br />
Fuchsii in onore <strong>del</strong> botanico<br />
<strong>Le</strong>onhart Fuchs (1501-1566).<br />
Pianta<br />
Da (l0) 20-50 (60) cm. Fusto<br />
eretto, non cavo internamente con<br />
costolature verso la sommità di<br />
colore verde o sovente brunastro.<br />
Fioritura<br />
Da fi ne Maggio ad Agosto.<br />
Foglie<br />
Da 5 a 11; densamente maculate sulla pagina superiore, verde grigiastro con<br />
nervature più scure in quella inferiore; le basali ovale-lanceolate lunghe da<br />
4-5 a 20 cm, larghe da 2 a 5 cm; con apice ± ottuso; le cauline, allungate,<br />
bratteiformi.<br />
Infiorescenza<br />
Spiga conica a inizio fi oritura, poi cilindrica, con numerosi fi ori accostati.<br />
Brattee più lunghe <strong>del</strong>l’ovario, sfumate, di colore bruno-rossastro.<br />
Fiori<br />
Generalmente rosa-violaceo. Sepali laterali lanceolati, divergenti, lunghi da 8<br />
a 11 mm; il centrale connivente con i petali, a formare un cappuccio sopra al<br />
ginostemio. Labello lungo da 6 a 10 mm, largo da 9 a 15 mm profondamente<br />
trilobo con lobo mediano più acuto e lungo dei laterali. I disegni sul labello<br />
hanno una colorazione più marcata rispetto a quella <strong>del</strong> fi ore. Sperone lungo<br />
da 6 a 10 mm più corto o lungo quanto l’ovario. 2n=40<br />
Status<br />
Anche questa specie, negli ultimi tempi, è stata decimata<br />
dal cinghiale.<br />
Diffusione<br />
Euro-siberiana. L’areale italiano non è<br />
ancora ben defi nito, tuttavia sembrerebbe<br />
limitato alle regioni <strong>del</strong> nord e <strong>del</strong><br />
centro. In provincia è presente, dai 350<br />
m fi no alle più alte cime.<br />
Ambiente<br />
È possibile trovarla in diversi ambienti,<br />
con terreno prevalentemente calcareo o<br />
debolmente acido.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Francamente devo dire che sul nome da<br />
attribuire a questa specie permangono<br />
non pochi dubbi. Lo scenario che va<br />
<strong>del</strong>ineandosi nell’ambito degli specialisti<br />
di Dactylorhiza è quello di raggruppare<br />
varie entità, segnalate per l’Italia, sotto<br />
un’unica specie: Dactylorhiza maculata. A<br />
mio avviso, tuttavia, vi sono forti perplessità<br />
che D. maculata in senso stretto sia<br />
presente sul territorio provinciale. I pochi<br />
esemplari esistenti in luoghi umidi, hanno<br />
caratteri poco stabili e c’è quindi il forte<br />
dubbio che si tratti di forme ibridogene.<br />
Da qui la scelta di questa forma nomenclaturale<br />
è quasi obbligata, in quanto la<br />
quasi totalità degli esemplari provinciali<br />
combaciano con la forma fuchsii.<br />
102 103
DACTYLORHIZA MAJALIS (REICHENB)<br />
P.F. HUNT & SUMMERHAYES 1965<br />
Orchis majalis Rchb.<br />
Etimologicamente majalis deriva dal latino<br />
e signifi ca “di maggio”. Fa presumibilmente<br />
riferimento al periodo di fi oritura, anche se<br />
per quel che riguarda il territorio<br />
<strong>piacentino</strong> questa avviene in Giugno.<br />
Pianta<br />
(15-20) 30-50 cm. Fusto fl essuoso,<br />
cavo, striato, di colore porpora<br />
verso l’alto.<br />
Fioritura<br />
Giugno.<br />
Foglie<br />
Da 4 a 6, vistosamente macchiate di scuro nella pagina superiore, lunghe da<br />
3-4 a 16 cm, larghe da 1.5-2 a 4 cm; le prime in basso oblungo-lanceolate,<br />
leggermente carenate, da 1 a 3 foglie superiori, bratteiformi. L’ultima, a inizio<br />
fi oritura, raggiunge l’infi orescenza.<br />
Infiorescenza<br />
Densa, multifl ora, cilindrica. Brattee più lunghe dei fi ori, decrescenti verso<br />
l’alto, di colore brunastro.<br />
Fiori<br />
Rosso-violacei, con macchioline e linee più scure sul labello. Sepali laterali<br />
eretti, ovale-lanceolato, lunghi da 7 a 12 mm, larghi da 3.5 a 5 mm; il mediano<br />
e i petali sono conniventi a forma di cappuccio, lunghi da 6 a 9 mm.<br />
Labello lungo da 7 a 10 mm, largo da 10 a 14 mm, trilobo, con lobi laterali<br />
arrotondati; il mediano, piccolo, con punta ottusa. Sperone conico, più corto<br />
<strong>del</strong>l’ovario, leggermente piegato verso il basso.<br />
Status<br />
La stazione nel quadrante 1322-2 situata a Nord dei Groppi di Lavezzera è<br />
stata soffocata dall’avanzata di arbusti e rovi. Sempre per gli stessi motivi,<br />
la stazione situata sul Monte Osero perde esemplari anno dopo anno.<br />
Diffusione<br />
Centro-europea. In Italia è presente nelle<br />
regioni <strong>del</strong>l’arco alpino. In provincia:<br />
una sola stazione sul versante Ovest,<br />
Sud-Ovest <strong>del</strong> Monte Osero.<br />
Ambiente<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
104 105<br />
Torbiere<br />
Note<br />
La specie è nuova per il Piacentino; la<br />
presenza è stata accertata nel mese<br />
di Giugno 1986. Attualmente questi<br />
ritrovamenti devono ritenersi gli unici<br />
<strong>del</strong>l’Appennino. Gli esemplari presenti<br />
sul M. Osero si discostano notevolmente<br />
da quelli presenti sulle Alpi: secondo il<br />
parere di alcuni esperti si tratterebbe di<br />
popolamenti di origine ibridogena.
DACTYLORHIZA SAMBUCINA (L.) SOO’ 1962<br />
Orchis sambucina L.<br />
Sambucina allude all’odore <strong>del</strong> sambuco,<br />
che secondo alcuni autori emanerebbero<br />
i suoi fi ori.<br />
Pianta<br />
Da l0 a 35 cm. Fusto vigoroso, cavo<br />
internamente, scanalato verso la<br />
sommità.<br />
Fioritura<br />
Maggio, Giugno.<br />
Foglie<br />
Verde-chiaro, distribuite lungo il fusto, distanziate, piegate a doccia o erette;<br />
le inferiori oblungo-obovate, con apice ottuso; le superiori lanceolate, con<br />
apice acuto.<br />
Infiorescenza<br />
Densa e ricca, da lunga e cilindrica a corta e ovata. Brattee più lunghe dei<br />
fiori, lanceolato-acute; verde-chiaro negli esemplari gialli, rossastre in quelli<br />
rossi.<br />
Fiori<br />
Giallo-chiari con alcune macchioline rosse sul labello oppure rosso-violacei,<br />
con la base <strong>del</strong> labello leggermente gialla. Tepali laterali esterni eretti;<br />
il mediano curvato in avanti, talvolta connivente a cappuccio con i tepali<br />
laterali interni. Labello debolmente trilobo ed intero, con margine ondulato<br />
e irregolarmente dentellato. Sperone grosso, rigonfi o, conico, rivoltato verso<br />
il basso, lungo uguale o più <strong>del</strong>l’ovario.<br />
Status<br />
Si tratta certamente <strong>del</strong>l’orchidea più diffusa fra quelle che vivono in<br />
montagna; tuttavia in certe zone, soprattutto nella parte occidentale <strong>del</strong>la<br />
provincia, subisce <strong>del</strong>le vere e proprie decimazioni ad opera dei cinghiali,<br />
che si nutrono dei suoi tuberi.<br />
Diffusione<br />
Europeo-caucasica. In Italia: in tutte le<br />
regioni tranne in Sardegna. In provincia:<br />
al di sopra degli 800 m. Esemplari isolati<br />
anche a quote molto più basse.<br />
Ambiente<br />
Praterie, boscaglie rade, su terreno<br />
calcareo o debolmente acido.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Il tubero di questa pianta contrariamente<br />
alle altre specie di Dactylorhiza, è poco<br />
diviso, e ha una conformazione assai vicina<br />
ai tuberi <strong>del</strong> genere Orchis. Questo<br />
fatto viene visto da qualche autore come<br />
una forma di passaggio tra i due generi.<br />
Di questa specie si trovano esemplari<br />
con colorazione completamente gialla e<br />
esemplari rossi; i due tipi convivono, con<br />
leggera prevalenza <strong>del</strong>l’uno o <strong>del</strong>l’altro<br />
tipo a seconda <strong>del</strong>le stazioni. Raramente<br />
si trovano individui con colorazione<br />
intermedia.<br />
106 107
TRAUNSTEINERA GLOBOSA (L.) REICHENBACH 1842<br />
Orchis globosa L.<br />
Il termine globosa fa riferimento alla<br />
forma sferica <strong>del</strong>l’infi orescenza.<br />
Pianta<br />
Da 15 a 60 cm. Fusto glabro, slanciato,<br />
leggermente fl essuoso, con<br />
nervature prominenti nella parte<br />
superiore.<br />
Fioritura<br />
Da fi ne Maggio a Luglio.<br />
Foglie<br />
Da 4 a 6, verde-glauco, lunghe da 5 a 13 cm, larghe da 1 a 3.5 cm, tutte<br />
caulinari, distribuite nella metà inferiore <strong>del</strong> fusto, di forma lineare-lanceolata<br />
o oblungo-lanceolata, più o meno erette, man mano più corte verso l’alto,<br />
fi no a diventare bratteiformi.<br />
Infiorescenza<br />
Corta e densa, alta da 1.5 a 6 cm, larga da 1.5 a 5 cm, a inizio fi oritura<br />
conica, poi globoso-cilindrica. Brattee lunghe uguali o più <strong>del</strong>l’ovario, verdechiaro,<br />
bordate di porporino.<br />
Fiori<br />
Rosa-lilla. Sepali lunghi da 4 a 8 mm, orientati in avanti, poi patenti, larghi<br />
alla base, terminanti all’apice con punte spatolate; petali lunghi da 3 a 6.5<br />
mm, ravvicinati a casco, terminanti con punte ottuse e divaricate. Labello<br />
cuneiforme, lungo da 3 a 6 mm, trilobo, generalmente bianco-rosato o rosa<br />
carico, con punteggiatura porporina; lobi laterali di forma più o meno triangolare;<br />
il mediano più lungo e terminante con una punta acuminata. Sperone<br />
conico, più corto <strong>del</strong>l’ovario, rivolto verso il basso. Ovario sessile. 2n=42<br />
Status<br />
Anche questa specie, avendo un apparato radicale tuberoso, viene spesso<br />
mangiata dai cinghiali. Il segreto <strong>del</strong>la sua sopravvivenza sta nella sua rada<br />
ma omogenea distribuzione nell’ambiente; pertanto qualche esemplare si<br />
salva sempre.<br />
Diffusione<br />
Sud-Europa. In Italia: nelle regioni alpine<br />
e nell’Appennino tosco-emiliano<br />
e abruzzese. In provincia: sopra i 1000<br />
m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Praterie montane, in pieno sole, su<br />
terreno debolmente acido.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
La specie condivide prevalentemente<br />
la stessa nicchia ecologica di Nigritella<br />
rhellicani, ma, contrariamente a questa,<br />
T. globosa riesce ancora a mantenere un<br />
discreto numero di esemplari. Probabilmente<br />
ciò è dovuto alla statura piuttosto<br />
alta <strong>del</strong>la pianta; anche le foglie sono posizionate<br />
ad una certa altezza dal suolo.<br />
Questo le consente di reggere meglio la<br />
competizione con altre erbe.<br />
108 109
ORCHIS ANTHROPOPHORA (L.) ALLIONI 1753<br />
Aceras anthropophorum (L.) W.T. Aiton<br />
Pianta<br />
Da 15 a 40 cm. Fusto diritto scanalato<br />
all’altezza <strong>del</strong>l’infi orescenza.<br />
Apparato radicale formato da due<br />
bulbi ovoidi con alcune radichette<br />
secondarie.<br />
Fioritura<br />
Fine Maggio.<br />
Foglie<br />
Da 5 a 10. <strong>Le</strong> inferiori in rosetta basale da lanceolate a sub-spatolate con<br />
apice acuto, erette o patenti, lunghe da 6 a 15 cm, larghe da 1 a 4 cm; le<br />
superiori avvolgenti strettamente il fusto, l’ultima bratteiforme.<br />
Infiorescenza<br />
Spiga lineare, densa, con molti fi ori. Brattee membranacee più corte <strong>del</strong>l’ovario.<br />
Fiori<br />
Verde-giallicci, orlati di bruno-porporino o violaceo, sepali e petali riuniti a<br />
casco, lunghi da 11 a 15 mm, larghi da 3 a 4 mm. Labello lungo da 12 a 20<br />
mm, trilobo, giallastro, con i bordi e i lobi arrossati; lobo mediano stretto<br />
ed allungato, diviso a sua volta in due lobi, a volte separati centralmente<br />
da un piccolo dente. Alla base <strong>del</strong> labello due callosità chiare formanti una<br />
fossetta contenente il nettare. Sperone assente. 2n=42<br />
Status<br />
Questa specie è stata rilevata per la prima volta nel 1987 in comune di<br />
Pianello (Rocca d’Olgisio), successivamente in comune di Bobbio e, poi,<br />
in comune di Travo, in tre piccolissimi popolamenti. In questi luoghi non la<br />
rivedo più da almeno 6 o 7 anni. Salvo ormai improbabili piacevoli sorprese,<br />
quest’entità deve ritenersi estinta nel territorio provinciale.<br />
Diffusione<br />
Steno-atlantico-mediterranea. In Italia:<br />
nelle regioni litoranee, rara al nord, assente<br />
nel Trentino. In provincia: in luoghi<br />
particolarmente soleggiati.<br />
Ambiente<br />
Praterie anche sassose, più o meno<br />
aride, su suoli calcarei.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
La specie è stata segnalata per la prima<br />
volta in Provincia nel corso di questa<br />
ricerca nel 1987 . Quest’entità è meglio<br />
conosciuta come Aceras anthropophorum:<br />
fi no a poco tempo fa, infatti, era l’unica<br />
specie che dava origine al genere Aceras.<br />
Recenti ricerche genetiche (W. Rossi et<br />
al., 1994; Pridgeon et al., 1997) hanno<br />
stabilito al di là di ogni dubbio che questa<br />
specie appartiene al genere Orchis.<br />
110 111
ORCHIS CORIOPHORA L. subsp. FRAGRANS<br />
(POLLINI) SUDRE 1890<br />
Orchis fragrans Pollini<br />
Etimologicamente il nome coriophora deriva dalle parole<br />
greche koris, cimice e phero, porto e signifi cherebbe<br />
portatrice di cimici; naturalmente con le cimici ha a che<br />
fare soltanto per quanto riguarda il profumo sgradevole<br />
che emanano i suoi fi ori. I fi ori <strong>del</strong>la sottospecie fragrans<br />
invece, emanano un intenso e gradevole profumo da cui<br />
trae origine il nome.<br />
Pianta<br />
Da 15 a 25 (35) cm. Fusto foglioso,<br />
cilindrico, leggermente scanalato<br />
in alto.<br />
Fioritura<br />
Maggio, Giugno.<br />
Foglie<br />
Da 3 a 5, lunghe da 4 a 8 cm, larghe da 0.4 a 1 cm le inferiori riunite in rosetta<br />
basale, lineare-lanceolate, carenate, da 2 a 3 le superiori fi nemente linearilanceolate,<br />
lunghe da 3 a 8 cm, bratteiformi, di colore verde-biancastro. <strong>Le</strong><br />
foglie basali, quando la pianta è in fi ore, sono quasi sempre già secche.<br />
Infiorescenza<br />
Densa, multifl ora, ovoide a inizio fi oritura, poi cilindrica. Brattee lanceolate,<br />
più lunghe generalmente <strong>del</strong>l’ovario.<br />
Fiori<br />
Verdognoli o purpurei. Piccoli, profumati. Sepali lunghi da 8 a 12 mm,<br />
petali lunghi da 6 a 9 mm, conniventi a formare un cappuccio allungato a<br />
forma di becco, di colore verdognolo purpureo. Labello trilobo, con lobo<br />
mediano lanceolato, più lungo e sottile dei laterali, ripiegato all’indietro,<br />
generalmente con colorazione più chiara centralmente, con punteggiature<br />
più marcatamente purpuree. Sperone conico, più corto <strong>del</strong>l’ovario, rivolto<br />
verso il basso. 2n=38<br />
Status<br />
Nella nostra provincia, questa pianta vive, salvo una piccola eccezione nel<br />
comune di Bettola, lungo i maggiori corsi d’acqua, sui greti stabilizzati. In<br />
questi luoghi, poco ospitali, vi è meno competizione, pertanto la specie<br />
mantiene, a grandi linee, la sua presenza. Tuttavia, alcuni anni fa, è stata<br />
distrutta quasi totalmente la stazione che rappresentava circa l’80% <strong>del</strong>la<br />
presenza provinciale. La distruzione è avvenuta a seguito <strong>del</strong>la costruzione<br />
di baracche per il ricovero di animali e <strong>del</strong> conseguente calpestio di questi.<br />
La stazione si trova nel comune di Gazzola, nel quadrante 1023-4, lungo il<br />
<strong>Trebbia</strong>, all’altezza di Rivalta.<br />
Diffusione<br />
Euro-mediterranea. In Italia: in tutto il<br />
territorio. In provincia: lungo il tratto pianeggiante<br />
dei maggiori corsi d’acqua.<br />
Ambiente<br />
Prati aridi e greti dei fi umi stabilizzati.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Diversi autori trattano quest’entità col<br />
nome specifi co perché ritengono poco<br />
evidenti o molto variabili le caratteristiche<br />
tra specie e sottospecie. Personalmente<br />
ritengo che trattare questa pianta col<br />
termine sottospecifi co rispecchi meglio<br />
la situazione provinciale. La pianta è<br />
infatti piuttosto slanciata, ha, rispetto<br />
alla specie, meno foglie e più strette,<br />
quasi graminiformi. I fiori hanno una<br />
colorazione, sì variabile, ma mai troppo<br />
marcata e, soprattutto, profumano in<br />
modo gradevole.<br />
112 113
ORCHIS LAXIFLORA LAMARCK 1779<br />
Orchis ensifolia Vill.<br />
Laxifl ora è di origine latina e fa riferimento<br />
all’infi orescenza a fi ori distanziati.<br />
Pianta<br />
Da 30 a 60 cm. Fusto eretto verso<br />
l’alto, angoloso e rosso scuro.<br />
Fioritura<br />
Maggio, Giugno.<br />
Foglie<br />
Lunghe da 6 a 14 cm, larghe da 1 a 2.5 cm; distribuite lungo tutto il fusto,<br />
da lineari a lineare-lanceolate, carenate, acute, con evidenti nervature nella<br />
pagina inferiore; le superiori avvolgenti lungamente il fusto.<br />
Infiorescenza<br />
Lunga, cilindrica, molto lassa. Brattee membranacee, lanceolate, acute, porporine,<br />
più lunghe <strong>del</strong>l’ovario; più o meno uguali nella parte alta.<br />
Fiori<br />
Di colore porpora-violaceo, più o meno intenso, con una parte bianca al centro<br />
<strong>del</strong> labello. Sepali lunghi da 10 a 14 mm, larghi da 4 a 6 mm, ovali, ottusi,<br />
i laterali eretti, il mediano ricurvo in avanti e ± connivente a formare un casco<br />
con i petali che sono leggermente più corti: lunghi da 6 a 9 mm, larghi da 4<br />
a 5 mm; labello lungo da 9 a 12 mm, largo da 14 a 18, cuneiforme, trilobato,<br />
col lobo centrale più corto dei laterali, decisamente piegati all’indietro, con<br />
margine irregolarmente inciso. Sperone un pò più corto <strong>del</strong>l’ovario, rivolto<br />
verso l’alto, molto sottile, ottuso o dilatato all’apice. 2n=36,42<br />
Status<br />
La previsione pessimistica <strong>del</strong> 1989 si è purtroppo rilevata esatta: da diversi<br />
anni non trovo più questa specie nella stazione originaria. Alcuni anni fa una<br />
grossa frana ha distrutto l’unica radura umida dove questa pianta viveva.<br />
Pertanto O. laxifl ora va ritenuta estinta dalla provincia di Piacenza.<br />
Diffusione<br />
Euro-mediterranea. In Italia: in tutto il<br />
territorio. In provincia: una sola stazione,<br />
in Val <strong>Trebbia</strong>.<br />
Ambiente<br />
Margini di zone umide.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Nella stagione ’88 si è avuta la riconferma<br />
<strong>del</strong>la presenza sul territorio <strong>piacentino</strong><br />
di questa specie. In precedenza<br />
era stata segnalata nel secolo scorso<br />
(Bracciforti A. 1877).<br />
114 115
ORCHIS MASCULA (L.) LINNEO 1755<br />
L’aggettivo mascula deriva dal latino masculus,<br />
fa riferimento alle parti sotterranee e allo<br />
sperone.<br />
Pianta<br />
Di aspetto robusto, da 20 a 60<br />
(70) cm. Fusto con punteggiatura<br />
porporina, nella parte bassa; nella<br />
parte alta quasi sempre brunoarrossato.<br />
Fioritura<br />
Da Aprile a inizio Giugno.<br />
Foglie<br />
Da 4 a 8, quasi tutte riunite a formare una rosetta basale, lunghe da 6 a<br />
21-23 cm, larghe da 1.5 a 4 cm di forma oblungo-lanceolate, verdi non<br />
maculate o verdi maculate da larghe o piccole chiazze viola o brunastro,<br />
eretto-patenti, con apice ottuso; da 2 a 4 foglie superiori lanceolate, piccole,<br />
guainanti il fusto.<br />
Infiorescenza<br />
Con 6-7 o 60 (70) fi ori, piuttosto densa, di forma dapprima conica, poi<br />
cilindrico-allungata. Brattee membranacee, lanceolate, di colore violaceo; le<br />
inferiori lunghe come l’ovario, le superiori la metà.<br />
Fiori<br />
Di colore variante dal porpora chiaro al rosso-violetto, oppure rosa. Sepali<br />
laterali ovali lunghi da 7 a 15 mm, eretti e spesso con apici arrotondati o<br />
acuminati e a volte rivolti all’indietro; il centrale piegato in avanti con l’apice<br />
rivolto in alto connivente con i petali a formare un cappuccio sopra al ginostemio.<br />
Labello nettamente trilobo lungo da 8 a 15 mm, largo da 7 a 18 mm;<br />
lobi dentellati al margine; lobo mediano a sua volta bilobo. Parte centrale<br />
<strong>del</strong> labello più chiara, con alcune macchie porporine. Sperone orizzontale<br />
o piegato leggermente verso l’alto, talvolta a forma di clava all’apice, lungo<br />
quanto l’ovario. 2n=42<br />
Status<br />
La stazione di O. mascula segnalata a suo tempo<br />
alla Rocca d’Olgisio a fi oritura precoce, deve ritenersi<br />
estinta in quanto il bosco dove essa viveva è<br />
stato invaso dall’edera (Edera elix), cancellando ogni<br />
traccia di questa e di altre orchidacee. O. mascula,<br />
pur mantenendo ancora una certa presenza sul<br />
territorio, ha subito in questi ultimi anni una forte<br />
contrazione, dovuta all’avanzata di arbusti infestanti<br />
sui pascoli, ma soprattutto alla vorace presenza dei<br />
cinghiali.<br />
Diffusione<br />
Europeo-caucasica. In Italia: in tutte le<br />
regioni. In provincia: dai 450 m s.l.m. fi no<br />
alle massime altitudini.<br />
Ambiente<br />
Molto vario: boschi radi o densi, praterie<br />
umide.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
La variabilità <strong>del</strong>la specie è notevole. Nel<br />
Piacentino si trovano esemplari isolati o<br />
vere e proprie ricche stazioni, con sepali<br />
acutissimi e labello allungato, corrispondenti<br />
alla descrizione di Orchis mascula<br />
subsp. signifera (Est) Soò oppure O.<br />
ovalis F.W. Schmidt ex Mayer. Da diversi<br />
anni trovo piccole stazioni di piante molto<br />
interessanti: esse infatti sono di taglia<br />
medio-piccola ed anche i fi ori sono più<br />
piccoli e stretti, di colore uguale a quelli<br />
<strong>del</strong>la specie tipo.Tutto il resto <strong>del</strong>la pianta<br />
ha una colorazione rosso-violaceo scuro.<br />
Trovo queste piante in alta Val <strong>Trebbia</strong><br />
e più spesso in provincia di Genova, su<br />
terreno siliceo. I fi ori possono emanare<br />
un profumo, a volte gradevole a volte<br />
decisamente fetido; spesso sono inodore.<br />
O. mascula si ibrida piuttosto facilmente<br />
con O. pallens e O. provincialis.<br />
116 117
ORCHIS MILITARIS LINNEO 1753<br />
Orchis rivini Gouan<br />
Il termine militaris deriva dal latino e trae<br />
spunto dalla forma di elmo <strong>del</strong> casco<br />
tepalico.<br />
Pianta<br />
Robusta, alta da 20 a 50 (65) cm,<br />
fusto verde in basso, violaceo nella<br />
parte alta.<br />
Fioritura<br />
Da metà Aprile a inizio Maggio.<br />
Foglie<br />
Verde brillante, da 3 a 6 basali, lunghe da 6 a 18 cm, larghe da 1.5 a 5<br />
cm, oblungo-lanceolate, acute; da 1 a 4 caulinari, più piccole, inguainati il<br />
fusto, bratteiformi.<br />
Infiorescenza<br />
Lunga da 6-7 a 15-20 cm, a inizio fi oritura ovale poi cilindrica, densa o<br />
lassa con 10 o 40 fi ori. Brattee violacee e membranacee, lunghe da 1.5 a<br />
5 mm.<br />
Fiori<br />
Sepali lunghi da 9 a 14 mm, larghi da 4 a 6 mm; petali lunghi da 8 a 10<br />
mm, larghi circa 2 mm, conniventi a formare un casco, biancastri o grigiastri,<br />
con sfumature rosa esternamente, ed evidenti striature violacee all’interno;<br />
labello lungo da 11 a 15 mm, largo da 9 a 12 mm, con bordi porpora-violacei,<br />
biancastro centralmente, munito centralmente di numerosi ciuffi di<br />
peli porporini, pendente o proiettato in avanti, profondamente trilobo, con<br />
lobi laterali lineari lunghi circa 4 mm, arcuati in avanti; lobo centrale a sua<br />
volta diviso all’apice da due lobi divergenti, più corti, ma più larghi dei lobi<br />
laterali, separati da un piccolo dente centrale; sperone lungo da 6 a 7 mm,<br />
biancastro, cilindrico, ottuso, discendente; ovario ritorto. 2n=42<br />
Status<br />
I luoghi in cui ho trovato questa pianta sono stati invasi dalla ginestra:<br />
pertanto non è più reperibile da diversi anni.<br />
Diffusione<br />
Euro-siberiana. In Italia: dal Centro a<br />
tutto il Nord. In provincia: trovata in sole<br />
due località una quindicina di anni fa.<br />
Ambiente<br />
Scarpate per lo più infestate dalla Ginestra<br />
di Spagna (Spartium junceum), su<br />
terreno calcareo.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Trovata in due piccoli popolamenti nel<br />
1989: uno vicino a Bobbio nel quadrante<br />
1222-1, l’altro vicino a Confi ente, nel<br />
quadrante 1322-1.<br />
118 119
ORCHIS MORIO LINNEO 1753<br />
Orchis morio subsp. picta (Loisel.) K. Richt.<br />
Il nome morio è di dubbia derivazione:<br />
dal greco moros, che signifi ca “pazzo”, o<br />
dall’italiano morrione che signifi ca elmo<br />
o da altri termini che comunque sembra<br />
facciano tutti riferimento alla screziatura<br />
sgargiante <strong>del</strong> casco tepalico.<br />
Pianta<br />
Da 5 a 25 (40) cm. Fusto angoloso<br />
nella parte alta, spruzzato di<br />
violetto.<br />
Fioritura<br />
Aprile, Maggio.<br />
Foglie<br />
Da 5 a 10, riunite in rosetta basale, lunghe da 3 a 12 cm, larghe da 0.5 a<br />
1.5 cm, di forma lineare-lanceolate, ripiegate a doccia o qualcuna eretta;<br />
da 2 a 4 caulinari, lungamente abbraccianti il fusto.<br />
Infiorescenza<br />
Subcilindrica, da corta e lassa a corta e densa, con 5 o 25 fi ori. Brattee<br />
mediamente lunghe quanto l’ovario, con colorazione verdastra, violetto o<br />
porpora scuro.<br />
Fiori<br />
Dal rosso-violetto, al porpora chiaro, con nervature più scure longitudinali<br />
sui sepali laterali. Sepali e petali riuniti a formare un cappuccio; sepali lunghi<br />
da 7.5 a 10.5 mm, larghi da 3 a 5.5 mm, ovali-oblunghi; sepalo mediano e<br />
petali subeguali, lunghi da 6 a 8 mm. Labello più o meno profondamente<br />
trilobato, più largo che lungo; lobi laterali più grandi <strong>del</strong> centrale e spesso<br />
ripiegati all’indietro, con margini dentellati. Parte centrale <strong>del</strong> labello più<br />
chiara, punteggiata da piccole macchie violette. Sperone più corto <strong>del</strong>l’ovario,<br />
troncato all’apice, disposto orizzontalmente o leggermente rivolto<br />
verso l’alto. 2n=36<br />
Status<br />
Fino a pochi anni fa, questa specie, insieme a poche<br />
altre, deteneva il primato di orchidea più numerosa<br />
presente in provincia. Oggi, pur mantenendo la presenza<br />
in quasi tutte le stazioni segnalate nel 1989, è<br />
andata rarefacendosi a tal punto che, laddove erano<br />
presenti migliaia di esemplari, oggi a malapena se ne<br />
trova qualche esemplare qua e là. Il motivo di tutto<br />
questo è da attribuire, in parte, alle continue razzie<br />
da parte <strong>del</strong> cinghiale e in parte al restringimento<br />
degli ambienti di vita, dovuto all’avanzare di arbusti,<br />
rovi e graminacee varie.<br />
Diffusione<br />
Europeo-caucasica. In Italia: in tutto il<br />
territorio. In provincia: presente in tutto<br />
il territorio.<br />
Ambiente<br />
Praterie più o meno aride, soprattutto<br />
in zone franose.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Raramente si trovano individui a fi ori rosa<br />
o completamente bianchi.<br />
120 121
ORCHIS PALLENS LINNEO 1771<br />
Orchis sulphurea Sims<br />
L’aggettivo pallens signifi ca “pallido” e si<br />
riferisce ai fi ori che sono giallo pallidi.<br />
Pianta<br />
Da 15 a 35 cm. Fusto robusto, cilindrico<br />
all’altezza <strong>del</strong>l’infi orescenza<br />
e leggermente angoloso.<br />
Fioritura<br />
Da Aprile a Giugno.<br />
Foglie<br />
Lunghe da 6 a 13 cm, larghe da 1.5 a 5 cm, basali, in numero da 3 a 5,<br />
ampie, oblunghe od ovali, senza macchie; le superiori, una o raramente due,<br />
abbraccianti il fusto.<br />
Infiorescenza<br />
Da 5 a 15 cm densa, cilindrica. Brattee membranacee, lanceolate, lunghe<br />
circa quanto l’ovario.<br />
Fiori<br />
Piuttosto grandi, giallo-pallidi o giallo-sulfurei, emananti profumo di sambuco.<br />
Sepali esterni lunghi da 6.5 a 9 mm, larghi da 3 a 5 mm, ovali, ottusi,<br />
piegati all’indietro; il mediano esterno lungo da 5.5 a 7.5 mm e i petali<br />
conniventi a formare un cappuccio. Labello lungo da 8 a 11.5 mm, largo<br />
da 9 a 14 mm, debolmente trilobo, con margini solitamente interi ripiegati<br />
all’indietro. Sperone lungo da 7 a 14 mm, orizzontale o debolmente rivolto<br />
in alto, cilindrico o a forma di clava, lungo circa quanto l’ovario. 2n=40<br />
Status<br />
Nelle praterie montane convive con O. mascula e con D. sambucina e con<br />
queste divide anche la sorte: viene spesso mangiata dai cinghiali.<br />
Diffusione<br />
Europeo-caucasica. In Italia: sulle Alpi<br />
e Prealpi, sull’Appennino settentrionale<br />
e centrale e in Calabria nel gruppo <strong>del</strong><br />
Pollino. In provincia: sia in collina che<br />
in montagna, in stazioni quasi sempre<br />
formate da pochi esemplari.<br />
Ambiente<br />
Boschi radi, praterie montane, castagneti,<br />
su suolo calcareo o acido.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Questa entità è piuttosto rara, a quote<br />
basse si trova quasi esclusivamente nei<br />
castagneti.<br />
122 123
ORCHIS PAPILIONACEA LINNEO 1759<br />
Orchis rubra Jacq.<br />
L’aggettivo specifi co papilionacea è di<br />
origine latina e fa riferimento alla forma<br />
<strong>del</strong> labello che può vagamente ricordare<br />
la forma di ala di farfalla.<br />
Pianta<br />
Da 20 a 30 cm. Fusto robusto,<br />
rigido, angoloso e rossastro nella<br />
parte superiore.<br />
Fioritura<br />
Aprile, Maggio.<br />
Foglie<br />
Da 3 a 9, riunite in rosetta basale, lunghe da 4 a 15 cm, larghe da 0.5 a 2<br />
cm, lineare-lanceolate; da 2 a 5 cauline guainanti, di grandezza decrescente<br />
verso l’alto; le ultime, bratteiformi e sfumate di porpora all’apice.<br />
Infiorescenza<br />
Lassa, con pochi fi ori (3-10); brattee membranacee, oblungo-lanceolate, più<br />
lunghe <strong>del</strong>l’ovario, di colore porpora, con nervature rosse.<br />
Fiori<br />
Dal rosso brunastro al porpora. Sepali lunghi da 8 a 19 mm, larghi da 4 a 7<br />
mm, lineare-lanceolati, conniventi con i petali a formare un cappuccio semi<br />
aperto sopra il ginostemio; gli esterni più grandi degli interni, entrambi con<br />
striature di colore più intenso. Labello lungo da 9 a 24 mm, largo da 7 a<br />
18 mm, pendente, intero, allargato a ventaglio, ristretto alla base, concavo,<br />
con bordo dentellato, di colore rosa più o meno intenso; quasi sempre sono<br />
presenti venature più scure. Sperone conico più corto <strong>del</strong>l’ovario, orientato<br />
verso il basso, leggermente arcuato. 2n=32<br />
Status<br />
Dei 30-40 esemplari trovati nel 1988, a seguito <strong>del</strong> rimboschimento da<br />
parte, soprattutto, di cespugli infestanti, nella stagione 2002 ne sono rimasti<br />
solo un paio di esemplari.<br />
Diffusione<br />
Euro-mediterranea. In Italia: principalmente<br />
nell’area mediterranea. In provincia:<br />
una sola stazione in Val <strong>Trebbia</strong><br />
a quota 250 m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Su suolo calcareo. Praterie aride e ben<br />
soleggiate.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
La presenza sul territorio <strong>piacentino</strong><br />
è stata accertata nel corso di questa<br />
ricerca, nel 1988, nel quadrante 1122-4,<br />
vicino a Mezzano Scotti.<br />
124 125
ORCHIS PROVINCIALIS BALBIS 1806<br />
Orchis cyrilli Ten.<br />
L’aggettivo specifi co provincialis deriva<br />
da Provenza, regione <strong>del</strong>la Francia<br />
sud-orientale.<br />
Pianta<br />
Da 15 a 35 cm. Fusto gracile e<br />
flessuoso.<br />
Fioritura<br />
Aprile, Maggio.<br />
Foglie<br />
Lunghe da 5 a 15 cm, larghe da 1.5 a 2.6 cm; cosparse nella pagina superiore<br />
da grosse macchie bruno-violacee o nere, da 3 a 8 le inferiori, raccolte in<br />
rosetta basale, oblungo-lanceolate, patenti od erette, da 2 a 3 le superiori,<br />
piccole, aderenti al fusto, lanceolate.<br />
Infiorescenza<br />
Lassa, con massimo 15-20 fi ori. Brattee membranacee, più corte <strong>del</strong>l’ovario.<br />
Fiori<br />
Di colore giallo o giallo pallido. Sepali laterali patenti, irregolarmente ovati,<br />
lunghi da 10 a 14 mm, larghi da 4 a 6 mm; il mediano lungo da 6 a 7.5 mm,<br />
solitamente piegato in avanti, connivente con i petali. Labello punteggiato<br />
centralmente da macchie rosso-chiaro, lungo da 9 a 14 mm, largo da 10 a<br />
18 mm, trilobato, con lobi laterali ripiegati all’indietro, margine dentellato<br />
irregolarmente. Sperone lungo, uguale o più <strong>del</strong>l’ovario, arcuato verso l’alto,<br />
spatolato o leggermente bifi do all’apice. 2n=42<br />
Status<br />
Il pascolamento saltuario di ovini, in queste stazioni,<br />
infl uisce favorevolmente su tutte le specie di <strong>orchidee</strong><br />
presenti e sull’ambiente circostante.<br />
Diffusione<br />
Steno-mediterranea. In Italia: in tutte le<br />
regioni. In provincia: presente in quasi<br />
tutte le valli, con pochi esemplari per<br />
stazione, dai 400 agli 800 m.<br />
Ambiente<br />
Pascoli e praterie. Tende a spostarsi in<br />
prossimità di piccoli canaletti o vallette,<br />
dove, per un certo periodo <strong>del</strong>l’anno<br />
c’è ristagno di acqua, su suolo preferibilmente<br />
calcareo.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Specie assai rara in provincia. Nell’annata<br />
2001, tuttavia, nel territorio <strong>del</strong> comune<br />
di Morfasso, nel quadrante 1224-3, da<br />
quota 400 a quota 450 m s.l.m., ho trovato<br />
3 stazioni con più di 100 esemplari<br />
in totale. Almeno una decina di questi<br />
avevano una colorazione rosso-violacea.<br />
Escludo si tratti di ibridi con O. mascula,<br />
peraltro presente nelle stazioni. Esemplari<br />
di questa forma sono già stati da<br />
me ritrovati sulla riviera ligure, presso<br />
Lavagna. Con ogni probabilità si tratta<br />
<strong>del</strong>la variante rubra, come viene riportato<br />
a pag. 228 <strong>del</strong> libro <strong>del</strong>la S.F.O. (Societè<br />
Française d’Orchidophilie <strong>del</strong> 1988),<br />
anche se gli esemplari che ho trovato<br />
in provincia e in Liguria sono molto più<br />
carichi di colore.<br />
126 127
ORCHIS PURPUREA HUDSON 1762<br />
Orchis fusca Jacq.<br />
Si tratta sicuramente di una <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong> più<br />
comuni ed appariscenti <strong>del</strong>la fascia mediocollinare.<br />
Purpurea deriva dal latino purpurens<br />
e signifi ca ”color porpora”. La denominazione<br />
si riferisce al colore bruno-porpora dei tepali<br />
riuniti a cappuccio. La specie è conosciuta nel<br />
Piacentino col nome di Vacca Mora.<br />
Pianta<br />
Robusta, da 25 a 60 (80) cm.<br />
Fusto nudo, macchiato di porpora<br />
e scanalato verso l’alto.<br />
Fioritura<br />
Da fi ne Marzo a inizio Giugno.<br />
Foglie<br />
Da 3 a 8, lunghe da 6 a 23 cm, larghe da 2 a 7 cm, verde brillante, quasi<br />
tutte in rosetta basale, ovali, erette o patenti, oblunghe o largamente lanceolate;<br />
le superiori, lanceolate, avvolgenti il fusto. Nelle annate con condizioni<br />
climatiche normali compaiono già all’inizio <strong>del</strong>l’autunno.<br />
Infiorescenza<br />
Densa, dapprima conica, poi cilindrica, lunga da 5 a 25 cm, con 5-6 o 200<br />
fi ori. Brattee lunghe da 1 a 3 mm, squamiformi, violacee, molto più corte<br />
<strong>del</strong>l’ovario.<br />
Fiori<br />
Grandi. Sepali e petali lunghi da 8 a 13 mm, larghi da 5 a 7 mm, conniventi<br />
a formare un cappuccio di colore variabile, bruno porpora, per lo più, o<br />
verdastro con punteggiatura porporina. Labello lungo da 9 a 21 mm, largo<br />
da 10 a 22 mm, trilobo, di forma e di colore piuttosto variabile: per lo più<br />
rosa chiaro, con bordi più scuri e macchioline centrali formate da papille<br />
porporine; lobi laterali stretti e divergenti; il centrale più lungo e più largo,<br />
diviso a sua volta in due lobi, separati centralmente da un’appendice<br />
dentiforme. Sperone lungo circa la metà <strong>del</strong>l’ovario, curvato verso il basso,<br />
bilobato all’apice. 2n=42<br />
Status<br />
La specie, pur non essendo<br />
più così abbondante, mantiene<br />
ancora la sua presenza in<br />
tutte le stazioni dov’era stata<br />
segnalata.<br />
Diffusione<br />
Euro-Asiatica. In Italia: al nord e al<br />
centro, assente all’estremo sud. In<br />
provincia: dai primi boschi <strong>del</strong>la collina<br />
fi no ai 1000 m.<br />
Ambiente<br />
Vario: boschi radi, praterie, pascoli, su<br />
terreno prevalentemente calcareo.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
La specie si ibrida piuttosto facilmente<br />
con O. simia.<br />
128 129
ORCHIS SIMIA LAMARCK 1779<br />
Orchis tephrosanthos Vill.<br />
Il suo labello rappresenta la forma di una scimmietta<br />
a penzoloni da cui trae origine il nome. È<br />
specie comune in provincia, dà origine localmente<br />
a stazioni con numerosissimi individui, convive<br />
spesso con Orchis purpurea con cui si ibrida<br />
abbastanza facilmente.<br />
Pianta<br />
Da 15 a 40 (60) cm. Fusto eretto,<br />
cilindrico; arrossato e lievemente<br />
scanalato verso l’alto.<br />
Fioritura<br />
Aprile, Maggio.<br />
Foglie<br />
Da 3 a 7, lunghe da 6 a 20 cm, larghe da 1.5 a 5 cm. <strong>Le</strong> basali riunite in<br />
rosetta di colore verde-biancastro brillante, oblungo-lanceolate, leggermente<br />
canaliculate, erette o patenti; da 1 a 4 foglie caulinari, più piccole<br />
avvolgenti il fusto.<br />
Infiorescenza<br />
Incomincia a fi orire dall’alto; densa, a forma di cono rovesciato a inizio<br />
fi oritura, poi brevemente cilindrica. Brattee molto piccole, lunghe da 1 a 4<br />
mm, squamiformi, bianco-giallastre o sfumate di rosa.<br />
Fiori<br />
Bianco-rosei o grigio-lilla con sfumature o tratti roseo-purpurei. Sepali<br />
strettamente lanceolati, lunghi da 10.5 a 15 mm, larghi da 3 a 4 mm,<br />
riuniti assieme ai petali a forma di casco sopra il ginostemio. Petali linearilanceolati<br />
lunghi da 9 a 12 mm. Labello lungo da 10 a 20 mm, proteso in<br />
avanti a circa 45°, nettamente trilobo con lobi laterali lineari molto lunghi<br />
e divergenti, con l’apice arrotondato, incurvato verso l’alto; lobo mediano<br />
a sua volta trilobo, con lobulo centrale piccolissimo; lobuli laterali lunghi e<br />
sottili, ripiegati verso l’alto, bianco rosato nella parte centrale con numerose<br />
piccole papille porporine; lobi con apici arrossati. Sperone rosa e lungo circa<br />
la metà <strong>del</strong>l’ovario. 2n=42<br />
Status<br />
Pur essendo ancora presente in tutte le stazioni segnalate, la sua presenza<br />
sta lentamente ma inesorabilmente calando, anno dopo anno, in termini<br />
di esemplari; ma ciò che più preoccupa è che è sempre più diffi cile trovare<br />
esemplari vigorosi, alti anche 50-60 cm, come si trovavano 15 o 20 anni<br />
fa. Questo indica che la pianta sta ormai risentendo troppo la competizione<br />
con altre erbe più vigorose che non vengono ormai più falciate o brucate<br />
da animali al pascolo.<br />
Diffusione<br />
Euro-mediterranea. In Italia: in tutte le<br />
regioni continentali. In provincia: nella<br />
fascia collinare.<br />
Ambiente<br />
Luoghi abbandonati, bordi dei boschi,<br />
su terreno calcareo, in pieno sole o<br />
mezz’ombra.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
130 131
ORCHIS TRIDENTATA SCOPOLI 1772<br />
Orchis commutata Tod.<br />
La denominazione tridentata fa riferimento<br />
alla posizione dei tepali esterni che sono<br />
ravvicinati in basso a formare un cappuccio<br />
e distaccati in alto a formare tre punte ben<br />
distanziate.<br />
Pianta<br />
Da 15 a 30 (45) cm. Fusto eretto,<br />
più o meno robusto, scanalato<br />
verso l’alto.<br />
Fioritura<br />
Da fi ne Aprile a Giugno.<br />
Foglie<br />
Da 3 a 11, lunghe da 3 a 10 cm, larghe da 1.5 a 3 cm, verde glaucescente,<br />
riunite in rosetta, da lineari e oblungo-lanceolate, leggermente canaliculate,<br />
patenti o erette; da 2 a 3 foglie lungamente abbraccianti il fusto.<br />
Infiorescenza<br />
Più o meno densa a inizio fi oritura e conico-emisferica, poi ovale-arrotondata.<br />
Brattee membranacee, lanceolate, uguali o più corte <strong>del</strong>l’ovario.<br />
Fiori<br />
Lunghi da 7 a 13 mm, larghi da 1.5 a 5 mm, di colore bianco-roseo con<br />
strie violette. Sepali ovato-lanceolati, saldati alla base, divergenti all’apice;<br />
petali più piccoli e completamente nascosti dagli esterni. Labello lungo da<br />
8 a 12 mm nettamente trilobo, piano, orientato obliquamente in avanti; lobi<br />
laterali dilatati all’apice, con bordi dentellati irregolarmente; lobo mediano<br />
bilobo, più lungo e più largo dei laterali, dentellato ai bordi. Sperone lungo<br />
quanto l’ovario o più corto, orientato verso il basso. 2n=42<br />
Status<br />
Specie in forte calo in termine di numero di esemplari nelle stazioni lungo i<br />
principali corsi d’acqua. I ritrovamenti più in quota erano già ridotti a pochi<br />
esemplari all’epoca dei primi ritrovamenti, verso la fi ne degli anni ‘80.<br />
Diffusione<br />
Euro-mediterranea. In Italia: in tutto il<br />
territorio. In provincia: maggiormente<br />
lungo il corso <strong>del</strong> medio <strong>Trebbia</strong>.<br />
Ambiente<br />
Prati piuttosto aridi, sassosi, su terreno<br />
calcareo.<br />
132 133<br />
Note<br />
G F M A M G L A S O N D
ORCHIS USTULATA LINNEO 1753<br />
Orchis parvifl ora Willd.<br />
Ustulata deriva dal latino ustulare,<br />
bruciacchiare e fa riferimento al colore<br />
porpora scuro dei fi ori ancora in boccio.<br />
Danno infatti la sensazione di essere<br />
bruciacchiati.<br />
Pianta<br />
Da l0 a 25-30 cm. Fusto rigido,<br />
lievemente scanalato verso l’alto.<br />
Fioritura<br />
Da fi ne Aprile a inizio Agosto.<br />
Foglie<br />
Da 5 a 10, riunite in rosetta basale, da lanceolate ad oblungo-lanceolate,<br />
con apice acuto od ottuso, patenti o eretto-patenti, lunghe da 3 a 15 cm,<br />
larghe da 1 a 3 cm; da 2 a 3 caulinari, erette, abbraccianti il fusto; l’ultima<br />
foglia bratteiforme.<br />
Infiorescenza<br />
Densa, conica e porpora-nerastra alla sommità a inizio fi oritura, poi cilindrica.<br />
Brattee ovato-lanceolate, lunghe circa quanto l’ovario, di colore porpora più<br />
o meno intenso.<br />
Fiori<br />
Piccoli, profumati, lunghi da 3.5 a 4.5 mm, larghi da 2 a 3.5 mm. Sepali<br />
lunghi da 4 a 8 mm, porpora-nerastri all’esterno, verdastri internamente,<br />
con nervature purpuree, ovato-ottusi, saldati alla base, liberi alle estremità,<br />
a formare un piccolo casco emisferico; petali lunghi da 3 a 3.5 mm, rosati.<br />
Labello piccolo, profondamente trilobo, con lobo mediano bilobo più lungo<br />
dei laterali, bianco con punteggiature purpuree. Sperone molto corto,<br />
conico-arcuato verso il basso. 2n=42<br />
Status<br />
Specie abbastanza rara, alcune stazioni sono scomparse a seguito <strong>del</strong>l’eccessivo<br />
inerbimento dei luoghi.<br />
Diffusione<br />
Europeo-caucasica. In Italia: in tutta la<br />
penisola. In provincia: dai 300 ai 1500<br />
m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Prati per lo più aridi e sassosi. Terreno<br />
preferibilmente calcareo o debolmente<br />
acido.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Orchis ustulata subsp aestivalis (Kümpel)<br />
Kümpel & Mrkuika.<br />
A proposito di questo nuovo taxa descritto<br />
nel 1990, rimane da accertare<br />
se le piccole differenze riportate, quali<br />
l’infi orescenza più allungata e appuntita<br />
a fi ne fi oritura o il periodo di fi oritura più<br />
tardivo, siano valide per una separazione<br />
o se invece si tratti di eco-variabilità dovute<br />
al fatto di vivere in luoghi più elevati.<br />
In attesa di ulteriori chiarimenti posso<br />
confermare che 2 stazioni con tali caratteristiche<br />
sono state trovate entrambe<br />
nel comune di Ferriere, rispettivamente<br />
nel quadrante 1423-1, vicino al paese di<br />
Pertuso nel 1988, e nel quadrante 1422-<br />
2, vicino al paese di Torrio nel 1994.<br />
134 135
HIMANTOGLOSSUM ADRIATICUM H. BAUMANN 1978<br />
Himantoglossum hircinum subsp. adriaticum (H. Baumann) H. Sund.<br />
Adriaticum fa riferimento all’areale <strong>del</strong>la<br />
specie, centrato nell’area Adriatica.<br />
Pianta<br />
Da 30 a 80 cm. Fusto robusto alla<br />
base, assottigliato e fl essuoso in<br />
alto, tinto più o meno intensamente<br />
di bruno-porpora nella metà superiore<br />
<strong>del</strong> fusto.<br />
Fioritura<br />
Maggio, Giugno.<br />
Foglie<br />
Lunghe da 8 a 16 cm, larghe da 1.5 a 3.5 cm. <strong>Le</strong> inferiori, da ovale-lanceolate<br />
a oblungo-lanceolate; le superiori, distribuite lungo il fusto, strette,<br />
abbraccianti, acute, od acuminate; l’ultima, bratteiforme. Foglie tendenti a<br />
seccare alla fi oritura.<br />
Infiorescenza<br />
Lassa, con molti fi ori. Brattee: lineare-lanceolate, rosate o porporine, più<br />
lunghe <strong>del</strong>l’ovario in basso, più corte in alto.<br />
Fiori<br />
Lievemente profumati; sepali e petali lunghi da 7 a 9 mm, larghi da 4 a 6 mm,<br />
ovali, ottusi all’apice, conniventi o saldati tra di loro a formare un cappuccio<br />
emisferico bianco-verdastro, soffuso di porpora sopra il ginostemio. Labello<br />
di colore bruno-rossastro, biancastro alla base, con macchiettature porporine,<br />
trilobo con lobo mediano lungo fi no a 6-7 cm; piano o leggermente<br />
spiralato, più o meno bifi do all’apice; lobi laterali più stretti, lunghi da 11 a<br />
26 mm, ondulati, leggermente divergenti. Sperone conico, lungo da 2.5 a<br />
3.5 mm. 2n=36<br />
Status<br />
Negli ambienti dove questa specie vive non esiste<br />
più alcuna cura da parte <strong>del</strong>l’uomo: è scomparsa<br />
anche la pratica <strong>del</strong> pascolo. Pertanto arbusti<br />
infestanti di ogni genere possono avanzare incontrastati,<br />
mettendo a dura prova l’esistenza di questa<br />
e di tante altre specie pregiate.<br />
Diffusione<br />
Euro-mediterranea. In Italia nella fascia<br />
nord-orientale e centrale. In provincia<br />
dai 150 ai 1200 m s.l.m..<br />
Ambiente<br />
Scarpate, coltivi abbandonati, per lo più<br />
aridi, su suolo calcareo in piena luce.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
<strong>Le</strong> segnalazioni di H. hircinum nel secolo<br />
scorso (Bracciforti) sono probabilmente<br />
da attribuire a questa entità descritta<br />
dal tedesco H. Baumann solo di recente<br />
(1978). La sua presenza in provincia è<br />
stata accertata nel 1983. <strong>Le</strong> stazioni ad<br />
altimetria più elevata sono sempre formate<br />
da pochi o unici esemplari isolati.<br />
136 137
HIMANTOGLOSSUM HIRCINUM (L.) SPRENGEL 1826<br />
Satyrium hircinum L.<br />
L’aggettivo hircinum in latino signifi ca “di<br />
capra” e fa senz’altro riferimento all’odore<br />
sgradevole che emanano i suoi fi ori.<br />
Pianta<br />
Da 20 a 90 cm; fusto robusto,<br />
eretto, verdastro, a volte soffuso<br />
di rosso-brunastro.<br />
Fioritura<br />
Giugno.<br />
Foglie<br />
Sbocciano già in autunno ripartite lungo il fusto, decrescenti e abbraccianti<br />
il fusto verso l’alto, da 4 a 6 riunite in rosetta basale, ellittico-lanceolate,<br />
lunghe da 6 a 16 cm, larghe da 3 a 5 cm.<br />
Infiorescenza<br />
Cilindrica, densa, multifl ora, con 40-90 (120) fi ori. Brattee: le inferiori,<br />
nettamente più lunghe dei fi ori, decrescono verso l’alto fi no a diventare<br />
lunghe quanto i fi ori.<br />
Fiori<br />
Di solito odorano in modo sgradevole. Sepali laterali ovali, larghi da 4.5<br />
a 6.5 mm; il mediano lungo da 7 a 10 mm; petali lunghi da 9 a 12.5 mm,<br />
lineari; labello orientato verso il basso trilobo, a base biancastra guarnito<br />
di papille rossastre, lobo mediano nastriforme, lungo da 35 a 65 mm, largo<br />
da 2.5 a 3 mm, verdastro o rosso brunastro, disteso o fortemente ondulato,<br />
spiralato, con apice allargato e appena bifi do; lobi laterali lungamente<br />
acuminati, con lobo superiore fortemente ondulato, lunghi da 5 a 20 mm;<br />
sperone sacciforme, lungo da 2.5 a 6 mm; ovario brevemente pedicellato,<br />
ritorto. 2n=36<br />
Status<br />
Data l’esiguità <strong>del</strong> ritrovamento non è possibile fare valutazioni.<br />
Diffusione<br />
Mediterraneo-atlantica. In Italia è<br />
presente al sud. In provincia un solo<br />
ritrovamento nel quadrante 1321-2 a<br />
circa 600 m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Scarpate, boscaglie rade, su terreno<br />
calcareo.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Ho trovato questa specie il 15/06/2003:<br />
si tratta probabilmente <strong>del</strong>la prima segnalazione<br />
fatta a nord <strong>del</strong>lo spartiacque<br />
appenninico. Purtroppo si trattava di un<br />
solo esemplare, alto circa 70 cm con<br />
un’ottantina di fi ori. Nel periodo immediatamente<br />
successivo il ritrovamento,<br />
aiutato anche da amici, sono stati esplorati<br />
i dintorni in cerca di altri esemplari,<br />
ma invano. Una curiosità: i fi ori emanavano<br />
sì un profumo, ma non particolarmente<br />
sgradevole. Sovente le foglie tendono<br />
a seccare quando ancora la pianta è in<br />
fi ore. <strong>Le</strong> foglie basali possono essere<br />
danneggiate dalle gelate invernali.<br />
138 139
ANACAMPTIS PYRAMIDALIS (L.) L.C.M. RICHARD 1817<br />
Orchis pyramidalis L.<br />
Pyramidalis trae signifi cato dalla forma<br />
<strong>del</strong>l’infi orescenza: questa infatti, all’inizio<br />
<strong>del</strong>la fi oritura, ha la forma piramidata.<br />
Pianta<br />
Da 20 a 60 (75) cm. Fusto gracile,<br />
spesso fl essuoso.<br />
Fioritura<br />
Da fi ne Aprile a Luglio.<br />
Foglie<br />
Da 4 a 12 lunghe da 7 a 26 cm, larghe da 0.5 a 2 cm. <strong>Le</strong> inferiori carenate,<br />
da lanceolate a lineare-lanceolate, erette o debolmente ricadenti; le superiori<br />
avvolgenti il fusto, progressivamente più piccole verso l’alto, fi no a diventare,<br />
le ultime, bratteiformi.<br />
Infiorescenza<br />
Molto densa, breve dapprima conica, poi ovale e allungata. Alta da 2.5<br />
a 12 cm. Brattee strette, acuminate, lunghe ± quanto l’ovario, sfumate di<br />
violetto.<br />
Fiori<br />
A volte debolmente profumati, rosa più o meno intenso (rarissimi bianchi).<br />
Sepali laterali lunghi da 5 a 8 mm, sepalo mediano, dritto in avanti connivente<br />
con i petali a formare un casco sopra il ginostemio, lungo da 4 a 6 mm;<br />
sepali e petali ovato-lanceolati brevemente carenati. Labello lungo da 7 a<br />
10 mm, cuneiforme, trilobo, più largo che lungo, con lobi pressochè uguali<br />
o debolmente più stretto il centrale, provvisto alla base di due lamelle che<br />
si protendono verso l’alto. Ginostemio ottuso con pollini verdastri uniti da<br />
un solo retinacolo. Stimma bilobato con lobi disposti lateralmente in basso.<br />
Sperone fi liforme, volto verso il basso, lungo come o più <strong>del</strong>l’ovario. Ovario<br />
subsessile, ritorto. 2n = 36, (54,63),72.<br />
Status<br />
Questa specie mantiene ancora un discreto numero di esemplari. Ciò è probabilmente<br />
dovuto all’ambiente in cui vive, solitamente sassoso e arido: in tali<br />
ambienti arbusti ed erbe infestanti non riescono ad essere così aggressivi.<br />
Diffusione<br />
Euro-mediterranea. In Italia: in tutto il<br />
territorio. In provincia: dagli argini <strong>del</strong><br />
Po fi no a 1500 m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Praterie per lo più sassose e aride, su<br />
terreno preferibilmente calcareo.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Nella stagione ’87 è stata notata una<br />
abbondante fi oritura di questa specie su<br />
un terreno che soli 4 anni prima aveva subito<br />
profondi lavori di sbancamento, con<br />
mezzi meccanici. Evidentemente questa<br />
orchidea è in possesso di una capacità<br />
germinativo-vegetativa molto veloce. Nel<br />
caso di altre <strong>orchidee</strong> <strong>spontanee</strong> italiane,<br />
invece, possono passare dai 10 ai 15 anni<br />
prima che da un seme germinato possa<br />
spuntare una pianta a fi ore. Il dato si riferisce<br />
al quadrante 1023-3. Nel quadrante<br />
1323-2 a quota 1000 m ho osservato<br />
una stazione piuttosto abbondante con<br />
fi ori insolitamente molto rossi. Dopo attenti<br />
controlli, ho potuto verifi care che le<br />
differenze riguardano solo il colore, mentre<br />
il labello e lo sperone non evidenziano<br />
differenze: pertanto posso escludere che<br />
si tratti <strong>del</strong>la sottospecie A. pyramidalis<br />
subsp. tanayensis (Chenevard) Quentin<br />
1993, come ipotizzato da qualcuno.<br />
140 141
SERAPIAS NEGLECTA DE NOTARIS 1858 G F M A M G L A S O N D<br />
Il nome specifi co deriva dal latino<br />
neglectus e signifi ca “trascurata, mal<br />
conosciuta” e allude al fatto che per lungo<br />
tempo è stata sottovalutata dai botanici;<br />
veniva infatti considerata una varietà di<br />
S. cordigera L.<br />
Pianta<br />
Da 10 a 30 (35) cm, fusto robusto<br />
con base non maculata.<br />
Fioritura<br />
Maggio.<br />
Foglie<br />
Da 4 a 8, lunghe da 6 a 12 cm, da dritte a pendenti, lanceolate, canaliculate;<br />
le superiori abbraccianti, bratteiformi, l’ultima arriva o supera di poco<br />
la base <strong>del</strong>l’infi orescenza.<br />
Infiorescenza<br />
Densa, con 3 o 12 (15) fi ori. Brattee un po’ più corte <strong>del</strong> fi ore quando è in<br />
boccio, <strong>del</strong>lo stesso colore <strong>del</strong> casco tepalico, grigio-rossastro, con nervature<br />
marcatamente più scure.<br />
Fiori<br />
Grandi, lievemente profumati; sepali lunghi da 19 a 28 mm, larghi da 5 a<br />
7 mm, petali un po’ più corti, larghi da 4 a 7 mm, molto scuri, con base<br />
orbicolare; labello trilobo, lungo da 28 a 45 mm, di colore variabilissimo,<br />
da rosso porporino a rosso mattone, rosa salmone, giallastro; base munita<br />
di due callosità separate, parallele, fauce con una densa pelosità biancastra;<br />
ipochilo lungo da 3 a 19 mm, largo da 21 a 26 mm, con lobi laterali<br />
generalmente più scuri, incurvati verso l’alto, sporgenti dal casco tepalico;<br />
epichilo lungo da 19 a 30 mm, largo da 14 a 22 mm, ovale, cordato-acuto,<br />
con bordi rialzati, un po’ ondulati, piegato in basso o rifl esso; ginostemio<br />
con pollini verdastri. 2n=36<br />
Status<br />
Data l’esiguità dei ritrovamenti, non è possibile fare valutazioni. Si può però<br />
rilevare come gli ambienti in cui sono stati fatti questi ritrovamenti stiano<br />
scomparendo, fagocitati da arbusti infestanti.<br />
Diffusione<br />
Endemica tirrenica, diffusa per lo più in<br />
Toscana, Liguria. In Francia lungo la costa,<br />
per un breve tratto, e in Corsica. Alcuni<br />
piccoli popolamenti sono presenti anche<br />
in Piemonte, nelle Langhe e in Emilia. In<br />
provincia due ritrovamenti.<br />
Ambiente<br />
Da 350 a 450 m s.l.m., in pieno sole o<br />
mezz’ombra, prati abbandonati, scarpate, su<br />
terreno calcareo. Questo dato è in contrasto<br />
con quanto viene riportato dalle maggiori<br />
pubblicazioni, secondo le quali la specie vive<br />
su terreni basici o debolmente acidi.<br />
Note<br />
Ho trovato questa specie il 15.5.1990,<br />
in Val Luretta, nel quadrante 1122-2, in<br />
una zona franosa presso Case Colombani,<br />
nel comune di Piozzano. Nello stesso<br />
periodo i sigg. Remo Schiavi e Giovanni<br />
Zanchieri ne segnalavano un’altra stazione<br />
in Val d’Arda, nel quadrante 1224-2,<br />
in una zona incolta, appena a monte <strong>del</strong><br />
Lago di Mignano, comune di Morfasso.<br />
Nella stessa stagione, si è poi saputo di<br />
altri ritrovamenti fatti in altre parti <strong>del</strong>la<br />
regione: si trattava di ritrovamenti singoli<br />
o di pochissimi esemplari, così come nel<br />
caso dei due ritrovamenti piacentini. La<br />
fi oritura non si è più ripetuta nelle annate<br />
successive. Di fronte a questa situazione,<br />
il parere degli esperti è che la specie raggiungerebbe,<br />
nei primi rilievi appenninici,<br />
il limite Nord <strong>del</strong> suo areale: la pianta<br />
sarebbe sempre presente almeno a livello<br />
fogliaceo, ma riuscirebbe a produrre uno<br />
stelo fi orifero solo nelle annate particolarmente<br />
favorevoli.<br />
142 143
SERAPIAS VOMERACEA (N.L. BURMAN) BRIQUET 1910<br />
Serapias longipetala (Ten.) Pollini<br />
Vomeracea deriva dal latino vomer, simile al<br />
vomere; si riferisce alla forma leggermente<br />
piegata che assume il labello a fi ne fi oritura.<br />
Pianta<br />
Da 10 a 40 (55) cm. Fusto verde<br />
chiaro con punteggiatura rossa in<br />
basso, rosso-porporino in alto.<br />
Fioritura<br />
Maggio, Giugno.<br />
Foglie<br />
Da 4 a 8 lunghe da 7 a 20 cm. <strong>Le</strong> inferiori lineare-lanceolate, erette o ricadenti,<br />
canaliculate-carenate; da 1 a 3 foglie caulinari, avvolgenti, bratteiformi.<br />
Infiorescenza<br />
Lassa e allungata, composta da 3-8 (10) fi ori. Brattee acuminate superanti<br />
in lunghezza i fi ori di colore grigio-violaceo o rosso-porporino, con striature<br />
longitudinali scure, lunghe fi no a 70 mm, larghe 20 mm, simili nell’aspetto<br />
ai sepali.<br />
Fiori<br />
Grandi sepali lunghi da 18 a 20 mm, larghi da 4 a 8 mm, lanceolati, saldati<br />
tra loro a formare un casco diretto obliquamente in avanti; petali lunghi da<br />
18 a 28 mm, larghi da 4 a 8 mm, lineare-acuminati, nascosti completamente<br />
dagli esterni. Il labello lungo da 27 a 45 mm, di colore rosso scuro, trilobo<br />
e articolato in due parti. Ipochilo lungo da 11.5 a 17 mm, largo da 16 a<br />
25 mm, quasi completamente racchiuso nel casco tepalico e provvisto alla<br />
base di due callosità lineari e parallele con bordi arrotondati, rivolti verso<br />
l’alto; epichilo lungo da 17 a 30 mm, largo da 7 a 13.5 mm, provvisto di una<br />
peluria chiara al centro, rivolto verso il basso o rifl esso all’indietro. Sperone<br />
assente. 2n = 36<br />
Status<br />
Questa specie risente <strong>del</strong>le stesse problematiche che investono specie di<br />
altri generi. E’ in arretramento a causa <strong>del</strong>l’avanzata di arbusti infestanti.<br />
Diffusione<br />
Euro-mediterranea. In Italia: in tutte le<br />
regioni, escluse Valle d’Aosta e Sardegna,<br />
più rara al nord. In provincia: più<br />
comune nella parte est.<br />
Ambiente<br />
Luoghi incolti, più o meno aridi.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
All’interno dei popolamenti rinvenuti in<br />
provincia sono presenti parecchi esemplari<br />
esili, bassi, con l’infi orescenza piuttosto<br />
lassa; queste piante corrispondono<br />
alla descrizione di S. vomeracea subsp<br />
laxifl ora (Soò) Gölz & H.R. Reinhard.<br />
144 145
OPHRYS APIFERA HUDSON 1762<br />
Ophrys arachnites Mill.<br />
L’aggettivo specifi co deriva dalle parole latine apis, apis<br />
ape e fero, porto: portatrice di api. Si tratta <strong>del</strong>la<br />
specie di Ophrys con i caratteri più stabili o<br />
comunque poco variabili. In questa specie avviene,<br />
non di rado, l’autoimpollinazione: essendo l’antera<br />
molto piegata in avanti, i pollinii, giunti a maturazione<br />
si piegano, mediante il rilassamento <strong>del</strong>le caudicole e<br />
si appoggiano allo stimma.<br />
Pianta<br />
Da 20 a 60 cm.<br />
Foglie<br />
Di colore verde chiaro, le basali riunite in rosetta, lunghe da 5 a 12 cm, larghe<br />
da 0.6 a 1.6 cm, da ovato-lanceolate a oblunghe, talvolta con margini<br />
ondulati; le superiori guainanti il fusto.<br />
Infiorescenza<br />
Lassa, da 2 a l0 fi ori, lunga fi no a 25 cm. Brattee anche più lunghe dei<br />
fi ori.<br />
Fiori<br />
Sepali lunghi da 10 a 17 mm, larghi da 6 a 9 mm, ovale-ottusi, patenti o<br />
ribattuti; il colore va dal rosa più o meno carico con venature verdi, al bianco,<br />
sempre con venature verdi; petali lunghi da 1 a 3 mm, larghi 1 mm, di forma<br />
subtriangolare, acuti all’apice, auricolati alla base, pubescenti, verdastri<br />
o rosati. Labello trilobo lungo da 9 a 15 mm; lobi laterali formati da due<br />
gibbosità basali, prolungantisi in avanti, molto pelose; lobo mediano molto<br />
bombato, di forma ovale; appendice terminale quasi sempre poco visibile<br />
per la forte rifl essione <strong>del</strong> lobo stesso. Colorazione <strong>del</strong> labello marrone più<br />
o meno intenso; disegno formato da una macchia ovoidale rossastra, posta<br />
nella parte basale, bordata da due linee spesso irregolari, bianche o giallastre;<br />
spesso presenti alcune macchie chiare anche nella parte inferiore <strong>del</strong><br />
labello. Ginostemio con connettivo lungo, acuto piegato ad “S”. Ovario non<br />
ritorto di forma lineare-allungata, piegato in avanti. 2n=36<br />
O. a. var. botteroni O. a. var. chlorantha<br />
Fioritura<br />
Maggio, Giugno.<br />
Status<br />
I luoghi dove questa specie<br />
vive sono sempre più spesso<br />
infestati dall’edera: quando<br />
questo accade non resta che<br />
registrarne la sparizione.<br />
O. a. var. aurita<br />
Diffusione<br />
Euro-mediterranea. In Italia: in tutto il<br />
territorio. In provincia: rara, sporadica,<br />
dai primi rilievi fi no ai 1200 m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Su terreno calcareo, praterie, pascoli<br />
anche molto umidi.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
La specie è prevalentemente autogama.<br />
Non si rileva la variabilità che c’è, ad<br />
esempio, in altre specie <strong>del</strong> genere;<br />
tuttavia vengono segnalate numerose<br />
varietà, tre <strong>del</strong>le quali, posso confermare,<br />
presenti in provincia:<br />
- O. apifera var. aurita Moggridge. Si<br />
caratterizza per avere i petali lunghi<br />
la metà dei sepali, verdastri, stretti,<br />
ricoperti da una fi tta peluria; è la più<br />
comune <strong>del</strong>le tre.<br />
- O. apifera var. chlorantha (Hegestschw)<br />
Ricter. Caratterizzata dal<br />
labello completamente giallo e dai<br />
sepali bianchi.<br />
Di questa entità, fi no ad una decina<br />
di anni fa, ne conoscevo almeno<br />
4 stazioni con numerosi esemplari<br />
frammisti ad esemplari <strong>del</strong>la specie<br />
tipo; attualmente in queste stazioni è<br />
presente soltanto qualche esemplare<br />
<strong>del</strong>la specie tipo.<br />
- O. apifera var. botteroni (Chodat)<br />
Ascherson & Graiebner. Ha i petali<br />
grandi quasi come i sepali. Di questa<br />
entità posso segnalare pochissimi<br />
ritrovamenti in provincia: non più di<br />
tre esemplari.<br />
146 147
OPHRYS BENACENSIS (REISIGL)<br />
O. & E. DANESCH & EHREND 1972<br />
Ophrys bertolonii Moretti<br />
Benacensis deriva da Benacus: Lago di Garda.<br />
Pianta<br />
Da 8-10 a 35 cm. Fusto robusto in<br />
basso, fl essuoso verso l’alto.<br />
Fioritura<br />
Da metà Aprile a Giugno.<br />
Foglie<br />
Lunghe da 3 a 12 cm, larghe da 0.7 a 2.5 cm; da 6 a 12 inferiori, riunite in<br />
rosetta, piuttosto piccole e lanceolate; le cauline abbraccianti il fusto.<br />
Infiorescenza<br />
Con 3-8 fi ori molto distanziati. Brattee più lunghe e uguali all’ovario.<br />
Fiori<br />
Grandi e vistosi. Sepali lunghi da 10 a 18 mm, larghi da 4 a 8 mm, oblunghi<br />
o oblungo-ovati, di colore variabile da rosa a rosso più o meno carico o<br />
bianco con venature verdi; petali lunghi da 8 a 13 mm, larghi da 2.5 a 4<br />
mm, lanceolato-lineari, un po’ auricolati alla base con bordo leggermente<br />
ondulato di colorazione più marcata rispetto ai sepali. Labello lungo da 14<br />
a 20 mm, a forma di sella, intero o leggermente trilobo, di colore marroneporporino<br />
scuro, ricoperto da folta peluria; specchio di forma piuttosto<br />
variabile, posto nella metà distale di colore bluastro, lucido. Munito alla base<br />
di due piccole protuberanze e di un’appendice ben sviluppata rivolta in su e<br />
posta in una smarginatura <strong>del</strong> bordo, all’apice. Cavità stigmatica arrotondata<br />
più larga che alta con due ocelli basali nerastri, brillanti. Ginostemio lungo,<br />
acuto; connettivo munito di rostro. 2n=36<br />
Status<br />
La specie, pur mantenendo ancora una discreta<br />
presenza, è in calo, a causa <strong>del</strong>la riduzione degli<br />
ambienti vitali.<br />
Diffusione<br />
Subendemica. In Italia: in tutte le regioni<br />
<strong>del</strong> nord, esclusa la Valle d’Aosta. In<br />
provincia: nella bassa, lungo i greti stabilizzati<br />
dei fi umi e dei torrenti; in collina,<br />
poco oltre i 600 m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Praterie, prati incolti, pascoli sassosi, su<br />
suoli calcarei.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Entità più conosciuta col nome di O.<br />
bertolonii, in realtà questa specie è presente<br />
nel centro-sud Italia: si differenzia<br />
da O. benacensis principalmente per<br />
avere il labello piegato a sella e per la<br />
cavità stigmatica che anziché essere<br />
arrotondata è quadrangolare, più alta<br />
che larga. I popolamenti <strong>del</strong> territorio<br />
<strong>piacentino</strong> devono ritenersi una forma di<br />
passaggio tra le due specie: pur essendo<br />
sicuramente più vicini ad O. benacensis,<br />
tuttavia, si deve rilevare che una buona<br />
percentuale di questi esemplari ha il<br />
labello piegato a sella, mentre un po’<br />
più raro è trovare esemplari con la cavità<br />
stigmatica rialzata.<br />
148 149
OPHRYS FUCIFLORA (F. W. SCHMIDT) MOENCH 1802<br />
Ophrys holoserica (N.L. Burmüller) W. Greuter<br />
Il nome fucifl ora è di origine latina, ed è<br />
composto da fucus, fuco e fl os, fl oris, fi ore:<br />
fi ore a forma di ape; si riferisce alla forma <strong>del</strong><br />
labello. Trattasi di specie molto poliforma. Si<br />
rimane stupiti di fronte a esemplari o a vere<br />
stazioni con caratteristiche totalmente<br />
diverse rispetto alla forma tipica.<br />
Pianta<br />
Da 10 a 40 (50) cm. Fusto robusto.<br />
Fioritura<br />
Da metà Aprile a metà Giugno.<br />
Foglie<br />
Lunghe da 4 a 8 cm, larghe da 0.8 a 2.8 cm, di colore verde chiaro con<br />
sfumature grigiastre, riunite in rosetta basale ovato-oblunga, patenti o più<br />
o meno erette; una o due foglie cauline acuminate, abbraccianti.<br />
Infiorescenza<br />
Lassa, formata generalmente da 2 a 5 (12) fi ori. Brattee più lunghe degli<br />
ovari.<br />
Fiori<br />
Più o meno grandi. Sepali lunghi da 9 a 14 mm, larghi da 5 a 9 mm, ovali,<br />
roseo-rossastri o bianchi con venatura centrale verde; i laterali da patenti<br />
a rifl essi, il mediano incurvato in avanti; petali lunghi meno <strong>del</strong>la metà dei<br />
sepali, di colore generalmente più intenso, di forma triangolare. Labello lungo<br />
da 9 a 14 mm, largo da 13 a 18 mm, variabilissimo, di forma più o meno<br />
rettangolare, molto allargata in basso, da piano a concavo; gibbosità basali<br />
quasi assenti o molto lunghe, fi no a 5 mm ed appuntite. Colore variabile:<br />
dal marrone più o meno intenso al rosso molto scuro, talvolta bordato da<br />
una larga banda gialla. Disegno per lo più a forma di “H”, bordato da linee<br />
o macchie bianche, giallastre o giallo-verdastre. Appendice intera o trifi da,<br />
glabra, rivolta generalmente in avanti. Cavità stigmatica ampia, con alla base<br />
due ocelli nerastri. Ginostemio con connettivo corto e acuto. 2n=36<br />
Status<br />
Pur mantenendo una discreta<br />
presenza, la specie sta subendo<br />
un forte arretramento<br />
dovuto ai soliti problemi:<br />
aumento degli infestanti e<br />
notevole presenza <strong>del</strong> cinghiale.<br />
Diffusione<br />
Euro-mediterranea. In Italia è presente<br />
in tutte le regioni. In provincia comune<br />
in collina. Alcuni esemplari ritrovati<br />
oltre i 1000 m (Monte Albareto 1257<br />
m s.l.m.).<br />
Ambiente<br />
Praterie aride e sassose, anche in boschi<br />
soleggiati.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Specie assai variabile. Nel corso degli ultimi<br />
vent’anni, si è riscontrato la presenza<br />
di individui o vere e proprie stazioni con<br />
caratteristiche verso O. scolopax cavenilles<br />
(labello molto convesso, gibbosità molto<br />
pronunciate). Nell’ultimo decennio si è<br />
avuta la percezione di una tendenza, già<br />
notata in altre specie: le forme variabili<br />
tendono a sparire e i popolamenti si<br />
presentano sempre più puri.<br />
150 151
OPHRYS FUCIFLORA subsp. ELATIOR<br />
(GÜMPRECHT ex H.F. PAULUS) ENGEL & QUENTIN 1997<br />
Ophrys elatior Gümprecht ex H.F. Paulus<br />
Elatior deriva dal latino e signifi ca “più grande”<br />
e fa riferimento all’altezza <strong>del</strong>la pianta,<br />
nettamente più alta di O. fucifl ora.<br />
Pianta<br />
Da 25 a 55 (60) cm, fusto esile.<br />
Fioritura<br />
Mediamente 15 giorni dopo O.<br />
fucifl ora<br />
Foglie<br />
Generalmente un po’ più piccole che in O. fucifl ora, verde glaucescente. A<br />
seconda <strong>del</strong>l’andamento stagionale, possono essere già secche al momento<br />
<strong>del</strong>la fi oritura. Si è notato che questo succede nelle stagioni in cui avvengono<br />
forti rialzi di temperatura.<br />
Infiorescenza<br />
Lassa, con 3 o 12 fi ori piuttosto piccoli; brattee, le prime superanti i fi ori in<br />
lunghezza, poi più corte, ma mai più <strong>del</strong>l’ovario.<br />
Fiori<br />
Sepali lunghi da 9 a 13 mm, larghi da 4.5 a 5 mm, bianchi o rosa ± carico, con<br />
nervatura centrale ± verde, ovali, concavi, piegati in avanti; sepalo mediano<br />
dritto o sovente piegato in avanti, sopra il ginostemio; petali lunghi da 4 a<br />
6 mm, larghi da 2 a 3.5 mm, da rosa ± carico a bianco o roseo, vellutati, di<br />
forma ± triangolare; labello lungo da 7 a 11 mm, largo da 8.5 a 13.5 mm,<br />
intero, quadrangolare-arrotondato, con gibbosità sottili e aguzze, poco pronunciate<br />
o sovente assenti; da piano, con apici laterali rialzati, a ± convesso,<br />
munito di una leggera peluria, soprattutto al margine, di colorazione molto<br />
variabile, ± simile a O. fucifl ora, ma con tonalità più accentuate; disegno ±<br />
semplice, a forma di “H”, o più complesso ed elaborato, che a volte interessa<br />
anche la faccia interna <strong>del</strong>le gibbosità; apicolo arrotondato o trifi do, piegato<br />
± in avanti, giallo o giallo-verdastro; cavità stigmatica ampia, <strong>del</strong>lo stesso<br />
colore <strong>del</strong> campo basale, munita di due ocelli nerastri, brillanti; ginostemio<br />
corto, appuntito. 2n=72<br />
Status<br />
Nella località <strong>del</strong> primo ritrovamento,<br />
se pur a fasi<br />
alterne, le popolazioni sono<br />
andate aumentando: da 5-6<br />
piante a fi ore nei primi anni<br />
si è passati a oltre 35 nelle<br />
annate migliori. Purtroppo<br />
la stazione è minacciata<br />
da arbusti infestanti, la cui<br />
avanzata ho ritenuto opportuno<br />
contenere effettuando,<br />
all’occorrenza, dei tagli.<br />
Diffusione<br />
Euro-mediterranea. In Italia la distribuzione<br />
è ancora incerta. In provincia tre<br />
stazioni, due nel quadrante 1023-3, a<br />
quota 450 m s.l.m., l’altra nel quadrante<br />
1224-1, a quota 750 m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Terreni abbandonati, piuttosto asciutti,<br />
calcarei.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Entità la cui posizione sistematica è<br />
alquanto incerta. I dati da me raccolti<br />
dal 1985 (anno <strong>del</strong> ritrovamento), propendono<br />
in linea di massima per questa<br />
scelta sottospecifi ca, anche se gli esemplari<br />
da me trovati sono notevolmente<br />
più bassi e il periodo di fi oritura non è<br />
mai così tardivo. Inoltre questa scelta<br />
sottospecifi ca è motivata dal fatto che, a<br />
mio parere, pur esistendo <strong>del</strong>le diversità<br />
rispetto a O. fucifl ora, non sono tali da<br />
giustifi carne la riconduzione ad un’entità<br />
specifi ca, a se stante.<br />
152 153
OPHRYS FUSCA LINK 1800<br />
Fusca deriva dal latino fuscus e signifi ca<br />
“scura”: il termine si riferisce alla<br />
colorazione <strong>del</strong> labello.<br />
Pianta<br />
Da 8-20 (25) cm. Fusto esile e<br />
fl essuoso.<br />
Fioritura<br />
Maggio, inizio Giugno.<br />
Foglie<br />
Da 3 a 4, verde chiaro con sfumature glauche, lunghe da 3 a 6 cm, le basali<br />
riunite in rosetta, oblungo-lanceolate, ottuse, sormontate da una o due<br />
foglie, lanceolato-acute, avvolgenti il fusto.<br />
Infiorescenza<br />
Lassa o addensata, formata da 2 a 10 fi ori. Brattee larghe, piegate a doccia,<br />
con apice ottuso, più lungo <strong>del</strong>l’ovario.<br />
Fiori<br />
Sepali lunghi da 10 a 13 mm, larghi da 5 a 6.5 mm, verde-giallastri, ovali,<br />
con apice ottuso, concavi, con margine revoluto, patenti i laterali; curvo<br />
nettamente in avanti il mediano, con apice arrotondato. Petali lunghi da 7 a<br />
8 mm, larghi da 1 a 2.5 mm, di colore verde-giallastro o giallo brunastro,<br />
spesso ondulati ai margini, con apice tronco od ottuso. Labello lungo da 10<br />
a 14 mm, largo da 9 a 11 mm, vellutato, di colore bruno porporino scuro,<br />
con specchio grigio o azzurro, con zone più scure; margini revoluti e bordati<br />
di giallo; trilobo, con lobi laterali indistinti o più o meno incisi; lobo mediano<br />
più lungo, diviso a sua volta (non sempre) in due lobuli. Cavità stigmatica<br />
ampia, ginostemio coperto dal tepalo mediano connettivo, con rostro corto<br />
ad apice ottuso. 2n=36<br />
Status<br />
Pianta di statura assai bassa. La stragrande maggioranza degli esemplari non<br />
supera i 15 cm; questa sua caratteristica la rende molto vulnerabile nei confronti<br />
di erbe che, non essendo più tagliate dall’uomo o pascolate da animali,<br />
anno dopo anno, creano una sorta di materasso inestricabile. Non a caso le<br />
zone dove questa specie è più abbondante si trovano nei quadranti 1124-4<br />
e 1224-2: in quest’area vi pascola saltuariamente un gregge di ovini.<br />
Diffusione<br />
Steno-mediterranea. In Italia: in tutte<br />
le regioni a sud <strong>del</strong>l’Emilia-Romagna,<br />
limite settentrionale <strong>del</strong>la specie. In<br />
provincia: in tutte le maggiori valli fi no<br />
ai 600 m s.l.m.<br />
Ambiente<br />
Pascoli più o meno aridi e sassosi, su<br />
suolo basico o argille scagliose.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Questa specie è stata trovata per la prima<br />
volta in provincia nel 1985 nel quadrante<br />
1122-2, vicino alla località Termine Grosso.<br />
Negli anni a seguire, i ritrovamenti<br />
sono avvenuti un po’ ovunque nella fascia<br />
collinare che va dai 350 ai 600 m s.l.m.<br />
I popolamenti più consistenti si trovano<br />
nella parte est <strong>del</strong>la provincia.<br />
154 155
OPHRYS INSECTIFERA LINNEO 1753<br />
Ophrys muscifera Huds.<br />
Il nome insectifera, portarice di insetti,<br />
è certamente indovinato; infatti ad<br />
un’occhiata disattenta, i suoi fi ori si<br />
possono facilmente scambiare per<br />
grossi insetti.<br />
Pianta<br />
Da 15 a 50 (60) cm. Fusto esile,<br />
diritto.<br />
Fioritura<br />
Aprile, Maggio.<br />
Foglie<br />
Da 3 a 5, glaucescenti, le inferiori patenti oblungo-lanceolate, da 2 a 3 le<br />
superiori, strettamente lanceolate, avvolgenti il fusto.<br />
Infiorescenza<br />
Lunga fi no a 20 cm. Lassa con 2 o 20 fi ori, più o meno addensata verso<br />
l’alto. Brattee lanceolato-acute; le inferiori più lunghe <strong>del</strong>l’ovario, decrescenti<br />
verso l’alto.<br />
Fiori<br />
Più piccoli che nelle altre specie di Ophrys. Sepali lunghi da 6 a 10 mm, larghi<br />
da 3 a 4.5 mm, di colore verde chiaro, con nervature più evidenti, lanceolati,<br />
ottusi, con margini ripiegati lievemente in avanti, leggermente concavi;<br />
patenti i laterali; petali di colore bruno-scuro, lunghi da 5 a 8 mm, dritti,<br />
fi liformi, pubescenti, solitamente dritti in avanti. Labello lungo da 9 a 13<br />
mm, largo da 5 a 11, di colore variabile: da bruno-porporino a bruno-scuro<br />
con al centro una macchia cinerina o blu-grigiastra; di aspetto vellutato,<br />
pendente; trilobo, leggermente convesso, base munita di due ocelli lucenti,<br />
emisferici; lobi laterali stretti e corti; lobo mediano nettamente più lungo<br />
e più largo dei laterali, a sua volta bilobo. Cavità stigmatica stretta, senza<br />
pareti laterali. Ginostemio con connettivo privo di rostro; logge polliniche<br />
rossastre. 2n=36<br />
Status<br />
Probabilmente per la sua presenza sporadica sul territorio, sembra risentire<br />
meno di altre specie dei cambiamenti ambientali.<br />
Diffusione<br />
Europea. In Italia: nelle regioni <strong>del</strong> nord<br />
e <strong>del</strong> centro. In provincia: sporadica, dai<br />
boschi pedecollinari ai 1200 m s.l.m., più<br />
comune nella fascia intermedia.<br />
Ambiente<br />
Prati magri, anche sassosi, boschi radi e<br />
luminosi per lo più querceti.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
Specie assai discreta, presente in vari<br />
ambienti, ma mai in abbondanza: si<br />
rinvengono per lo più esemplari isolati.<br />
Solo eccezionalmente si possono trovare<br />
gruppi di oltre 10 piante, raggruppate<br />
assieme.<br />
156 157
OPHRYS SPHEGODES MILLER 1768<br />
Ophrys aranifera Hudson<br />
Etimologicamente sphegodes deriva dal greco<br />
sphex, sphekos, e si riferisce al labello: signifi ca<br />
infatti simile a vespa. I fi ori di questa specie,<br />
subito dopo l’antesi, tendono a perdere vivacità<br />
nei colori. Inoltre le piante vengono spesso<br />
danneggiate dalle gelate tardive.<br />
Pianta<br />
Da 10 a 45-50 cm. Fusto esile.<br />
Fioritura<br />
Da fi ne Febbraio ad Aprile.<br />
Foglie<br />
Da 3 a 6, di colore verde chiaro, con sfumature grigiastre, le basali riunite in<br />
rosetta, oblungo-lanceolate, con apice mucronato; le superiori, strettamente<br />
lanceolate, avvolgenti il fusto.<br />
Infiorescenza<br />
Lassa. Brattee più lunghe <strong>del</strong>l’ovario, le inferiori; le superiori, mai più corte<br />
<strong>del</strong>l’ovario.<br />
Fiori<br />
Sepali lunghi da 9 a 14 mm, larghi da 4 a 6 mm, generalmente verde-chiaro,<br />
talvolta sfumati di bruno, concavi, ovale-oblunghi, con bordo revoluto;<br />
laterali patenti; il mediano eretto o piegato obliquamente in avanti; petali<br />
lunghi da 4 a 10 mm, larghi da 3 a 5 mm, di colore giallastro o brunastro,<br />
lineare-lanceolati, ottusi, con margine ondulato. Labello lungo da 10 a 16<br />
mm, largo da 9 a 15 mm, munito di una fi tta pelosità marginale, variabilissimo<br />
per colorazione e forma, intero, raramente trilobo, convesso, con gibbosità<br />
basali più o meno pronunciate, vellutato, di colore bruno o bruno-rossastro.<br />
Disegno a forma di “H” o talvolta di forma più complicata, di colore<br />
brunastro, blu scuro o blu violetto. Spesso presente una piccola appendice<br />
apicale. Cavità stigmatica ampia, arrotondata, munita di due ocelli lucenti.<br />
Ginostemio con connettivo corto, da acuto a ottuso. Ovario verde chiaro,<br />
cilindrico, leggermente ritorto. 2n=36<br />
Status<br />
Questa entità è quella che, nel genere Ophrys, ha subito<br />
la più drastica perdita di esemplari da vent’anni<br />
a questa parte. I motivi sono presumibilmente i<br />
soliti: perdita di ambienti a causa di infestanti,<br />
presenza massiccia <strong>del</strong> cinghiale.<br />
Diffusione<br />
Euro-mediterranea. In Italia: in tutto<br />
il territorio; in provincia: nella fascia<br />
collinare.<br />
Ambiente<br />
Terreni incolti, frane più o meno assestate<br />
su suolo preferibilmente calcareo.<br />
G F M A M G L A S O N D<br />
Note<br />
In una stazione in Val Tidone (Rocca d’Olgisio),<br />
dove esiste un particolare microclima<br />
di tipo mediterraneo, la fi oritura inizia<br />
di solito già a fi ne febbraio. E’ specie<br />
dotata di un notevole polimorfi smo: ad<br />
essa vengono attribuite numerose sottospecie<br />
e varietà, alcune <strong>del</strong>le quali, fi no a<br />
pochi anni fa, erano presenti all’interno<br />
dei normali popolamenti:<br />
- O. sphegodes subsp. sphegodes Miller.<br />
- O. sphegodes subsp. litigiosa (Camus)<br />
Bechereri<br />
- O. sphegodes subsp. garganica Nelson<br />
La presenza, sul territorio provinciale, di<br />
sottospecie e varietà non era un tempo<br />
affatto rara. Nella fase di rarefazione che<br />
sta subendo la specie, però, queste varianti<br />
sembrano essere le più vulnerabili,<br />
tant’è che, anno dopo anno, i popolamenti<br />
si presentano sempre più puri, privi<br />
<strong>del</strong>la consueta variabilità.<br />
158 159
IBRIDAZIONE<br />
Benchè in natura siano abbastanza rigide<br />
le barriere che impediscono lo scambio<br />
genetico tra specie diverse, l’ibridazione<br />
naturale nell’ambito <strong>del</strong>la famiglia <strong>del</strong>le<br />
<strong>orchidee</strong> è un fenomeno abbastanza<br />
frequente e può avvenire sia tra specie<br />
diverse, sia tra generi diversi, anche se in<br />
quest’ultimo caso il fenomeno è meno<br />
frequente. Ciò significa che anche se<br />
ci troviamo di fronte a due specie morfologicamente<br />
diverse, i loro patrimoni<br />
genetici sono altamente compatibili. Di<br />
solito per ibrido si intende un individuo<br />
che presenta caratteristiche intermedie<br />
tra le specie genitrici e questo in linea di<br />
massima è sicuramente vero, anche se a<br />
volte può capitare che i caratteri di una<br />
specie prevalgano sull’altra. <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong><br />
nel corso <strong>del</strong>l’evoluzione hanno messo a<br />
punto dei meccanismi di isolamento, per<br />
impedire cioè il flusso dei geni da una<br />
specie all’altra, basandosi soprattutto<br />
sulla specificità degli insetti impollinatori<br />
che però, si sa, non è assoluta. È proprio<br />
grazie alla visita accidentale di questi<br />
insetti ed al conseguente trasporto dei<br />
pollinidi da una specie all’altra, che si innesca<br />
il processo <strong>del</strong>l’ibridazione. In certi<br />
casi gli ibridi, detti occasionali, sono sterili<br />
e sono presenti in zone dove vivono le<br />
specie genitrici. In altri casi sono fecondi<br />
e danno vita a numerose popolazioni, con<br />
la possibilità di reincrociarsi non solo tra<br />
di loro, ma anche con le specie parentali.<br />
Si hanno quindi popolazioni ibridogene<br />
che con il continuo reincrociarsi possono<br />
soppiantare più o meno completamente<br />
i genitori. Queste popolazioni sono in<br />
possesso di una notevole variabilità<br />
morfologica e pertanto sono difficilmente<br />
classificabili con precisione. Esempi in tal<br />
senso si hanno in provincia nei generi<br />
Ophrys e soprattutto Dactylorhiza.<br />
Gli ibridi vengono indicati secondo il<br />
Codice Internazionale di Nomenclatura<br />
Botanica. Se si tratta di ibrido interspecifico<br />
viene aggiunto un segno di<br />
moltiplicazione tra il nome <strong>del</strong> genere e<br />
il nome imposto (es. ibrido fra O. pallens<br />
e O. provincialis = Orchis x plessidiaca<br />
Renz). Se invece si tratta di ibrido intergenerico<br />
il segno di moltiplicazione<br />
viene posto davanti al nuovo nome<br />
formato dall’unione di parte di ciascuno<br />
dei due generi parentali (es. ibrido fra<br />
Nigritella nigra e Gymnadenia conopsea<br />
= x Gymnigritella suaveolens Wettstein).<br />
Data la complessità <strong>del</strong> problema, mi<br />
sono limitato in questa pubblicazione a<br />
riportare le forme di ibrido più evidenti,<br />
tralasciando tutte quelle forme su cui non<br />
vi è assoluta certezza.<br />
Ibridi: a-Orchis coriophora subsp. fragrans x<br />
Orchis morio = Orchis x olida Breb. 1936,<br />
b-Ophrys fuciflora x Ophrys apifera = Ophrys<br />
x albertiana Cam. 1891, c-Ophrys insectifera<br />
x Orchis benacensis = Ophrys x daneschiana<br />
Schrenk 1981, d-Cephalanthera damasonium<br />
x Cephalanthera longifolia = Cephalanthera<br />
x schulzei Cam. et Ber. 1908, e-Dactylorhiza<br />
incarnata x Gymnadenia conopsea = x<br />
Dactylodenia vollmannii (Schulze) Peitz 1972,<br />
f-Orchis mascula x Orchis provincialis = Orchis<br />
x penzigiana Cam. 1929, g-Nigritella rhellicani<br />
x Pseudorchis albida = Pseudadenia micrantha<br />
Kern, h-Orchis purpurea x Orchis simia =<br />
Orchis x angusticruris Franch. Ap. Humiki<br />
1907, i-Dactylorhiza maculata x Gymnadenia<br />
conopsea = x Dactylodenia legrandiana (Cam.)<br />
Peitz 1972, l-Ophrys fuciflora x Ophrys benacensis<br />
= Ophrys x baldensis Delforge 1989,<br />
m-Orchis tridentata x Orchis ustulata = Orchis<br />
x dietrichiana Bogenh, n-Gymnadenia conopsea<br />
x Nigritella rhellicani = x Gymnigritella suaveolens<br />
Wettstein.<br />
a b<br />
160 161<br />
h<br />
d<br />
e<br />
c f<br />
i<br />
l<br />
g<br />
m<br />
n
GLOSSARIO GLOSSARIO BIBLIOGRAFIA<br />
ACUMINATA Terminante con una lunga punta<br />
ACUTA Terminante a punta<br />
AFILLO Fusto privo di foglie<br />
AGAMICA Lo è la propagazione per mezzo di bulbi,<br />
stoloni radicanti, ecc.<br />
ALLOGAMIA Fecondazione incrociata fra gameti di<br />
due fiori distinti<br />
ANTERA Parte terminale di uno stame dove si trova<br />
raccolto il polline<br />
ANTOCIANO Pigmento azzurro rosso o violetto<br />
APOCRONIA Fiori con colorazione scarsa<br />
APPENDICE Escrescenza all’apice <strong>del</strong> labello, in<br />
alcune specie di <strong>orchidee</strong> (es. Ophrys)<br />
ASCENDENTE Fusto alla base orizzontale, poi<br />
piegato verso l’alto<br />
ATROFICO Organo che non è più in grado di svolgere<br />
le sue funzioni<br />
AUTOFECONDAZIONE È l’opposto <strong>del</strong>la fecondazione<br />
incrociata (una pianta feconda i propri<br />
ovari col suo stesso polline)<br />
AUTOGAMA Di una specie che pratica l’autoimpollinazione<br />
AUTOTROFIA Capacità che hanno le piante di costruire<br />
le sostanze organiche proprie, partendo<br />
da sostanze inorganiche<br />
AVVENTIZIO Un organo che si forma lontano<br />
dall’apice vegetativo di un asse e quindi su<br />
parti adulte<br />
BASALE Situato alla base <strong>del</strong> fusto (es. rosetta<br />
basale)<br />
BRATTEA Piccola foglia situata alla base <strong>del</strong> peduncolo<br />
fiorale<br />
BRATTEIFORME Che ha forma di brattea<br />
BULBILLO Piccolo bulbo che permette la riproduzione<br />
asessuata <strong>del</strong>la pianta<br />
CALLOSITA’ Sorta di rigonfiamento presente sulla<br />
superficie <strong>del</strong> labello di alcune <strong>orchidee</strong> (es.<br />
Serapias)<br />
CAPSULAFrutto secco, contenente numerosissimi<br />
semi<br />
CASCO L’insieme dei tepali esterni e dei laterali<br />
interni che possono essere riavvicinati o saldati<br />
a forma di cappuccio<br />
CAUDICOLA Il pedicello dei pollinii<br />
CAULINARE Es. foglie inserite sul fusto<br />
CRENULATO Bordo che presenta piccole increspature<br />
DIGITATO Disposto come le dita di una mano<br />
ENTOMOFILIA Impollinazione ad opera degli<br />
insetti<br />
EPICHILO La parte distale <strong>del</strong> labello di certe <strong>orchidee</strong><br />
(es. Epipactis, Serapias) separato dalla<br />
parte basale da una strozzatura.<br />
EPIFITA Si dice di pianta che cresce appoggiandosi<br />
ad un’altra<br />
EPIGEI <strong>Le</strong> parti <strong>del</strong>le piante che sono fuori dal<br />
terreno<br />
ETEROTROFIA <strong>Le</strong> proprietà di costruire le sostanze<br />
organiche <strong>del</strong> proprio corpo partendo da sostanze<br />
organiche già elaborate da organi autotrofi<br />
GEOFITA Pianta con apparato radicale sotterraneo<br />
GIBBOSITA’ Protuberanza più o meno accentuata<br />
GINOSTEMIO Insieme degli organi maschili e<br />
femminili nelle <strong>orchidee</strong><br />
GLABRO Senza peli<br />
IBRIDO Prodotto dall’incrocio di due specie<br />
diverse<br />
INFERO Si dice di un ovario situato internamente<br />
sotto il perianzio<br />
IPOCHILO Parte basale <strong>del</strong> labello di alcune <strong>orchidee</strong><br />
(es. Epipactis, Serapias, Cephalanthera)<br />
IPOGEI <strong>Le</strong> parti sotterranee <strong>del</strong>le piante<br />
LABELLO Tepalo mediano interno che differisce dagli<br />
altri per forma, dimensione e colore<br />
LASSA (Infiorescenza lassa), cioè con fiori piuttosto<br />
distanziati<br />
LOBATO Provvisto di lobi<br />
LOGGIA Cavità <strong>del</strong>l’antera contenente i pollini<br />
MASSA POLLINICA Formata dall’insieme dei<br />
granuli pollinici<br />
MICORRIZA È l’associazione di microscopici funghi<br />
radicali e <strong>del</strong>le radici <strong>del</strong>le <strong>orchidee</strong><br />
MICOTROFA Pianta che vive in simbiosi con un<br />
fungo in ogni fase <strong>del</strong> suo ciclo vitale, dipendendone<br />
almeno parzialmente per il nutrimento<br />
MONOFILETICO Organismo che si suppone sviluppato<br />
da una sola forma primitiva<br />
NETTARE Sostanza dolciastra che serve ai fiori per<br />
attirare gli insetti<br />
PAPILLA Piccola rugosità o protuberanza presente<br />
in ciuffetti sul labello di alcune <strong>orchidee</strong> (es.<br />
Orchis purpurea)<br />
PATENTE Organo che forma con il supporto sul<br />
quale è inserito un angolo quasi retto<br />
PAUCIFLORA Infiorescenza che in confronto con<br />
altre analoghe ha una scarsa quantità di fiori<br />
POLIFORMA Che può assumere forme diverse<br />
PUBESCENTE Organo coperto di morbida e<br />
minuta peluria<br />
RIZOMA Fusto sotterraneo simile ad una radice<br />
disposto orizzontalmente od obliquamente<br />
nel terreno<br />
SACCIFORMEA forma di sacco<br />
SAPROFITA Pianta priva o quasi di clorofilla, che<br />
si nutre a spese <strong>del</strong>le sostanze organiche <strong>del</strong><br />
suolo<br />
SESSILE Organo sprovvisto di picciolo ben differenziato<br />
SINONIMO Indica la stessa entità<br />
SOTTOSPECIE Suddivisione <strong>del</strong>la specie che raggruppa<br />
individui ben distinti morfologicamente<br />
dai rappresentanti tipici <strong>del</strong>la specie e che a<br />
volte occupano aree diverse di distribuzione<br />
SPERMATOFITE Piante caratterizzate dalla presenza<br />
di fiori, sono considerate le più evolute <strong>del</strong><br />
Regno Vegetale<br />
STENOCORO Di una specie ristretta ad una determinata<br />
zona<br />
SUBSP. Sottospecie<br />
TERMOFILA Che ama il calore<br />
TRILOBO Con tre lobi<br />
TUBERO Organo sotterraneo ingrossato nel quale<br />
si accumulano sostanze di riserva<br />
VARIETA’ Gruppo nel quale si riuniscono popolazioni<br />
di una specie, differenti dalle popolazioni<br />
tipiche per caratteri particolari, non sempre ben<br />
definiti<br />
ALESSANDRINI A., 1985 – <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong>l’Emilia-Romagna<br />
– Grafis Ed. Casalecchio di Reno (Bo)<br />
ALESSANDRINI A., FERRARI C., Materiali per una<br />
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protette dalla L.R. 2/1997, Istituto per i Beni artistici,<br />
culturali e naturali <strong>del</strong>la Regione Emilia Romagna, Istituto<br />
ed Orto Botanico <strong>del</strong>l’Università di Bologna, Documenti,<br />
19, Bologna, 1983.<br />
BACCINO P., 2003 – Orchidee <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong>la provincia<br />
di Savona – Coop Tipograf, Savona<br />
BAUMANN H. & KüNKELE S., 1988 – Die Orchideen<br />
Europas – Kosmos-Naturführer, Stuttgart<br />
BAUMANN H. & KüNKELE S., 1982 – Die wildwachsenden<br />
Orchideen Europas – Kosmos-Naturführer, Stuttgart<br />
BIAGIOLI M., GESTRI G., ACCIAI B., MESSINA A., 1999<br />
– <strong>Le</strong> verdi perle <strong>del</strong> Monteferrato – Gramma, Perugia<br />
BONGIORNI L., 1989 – <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong><br />
Piacentino – Cariplo, Castelvetro (Pc)<br />
BOURNéRIAS (ED.), S.F.O., 1998 – <strong>Le</strong>s orchidées de<br />
France, Belgique et Luxembourg – Biotope, Montpellier<br />
BRACCIFORTI A., Flora piacentina – Piacenza 1877<br />
BUTTLER K.P., 1986 – Orchideen – Mosaik Verl.,<br />
München<br />
CAVALLO O., CAVALLO R. & DELLAPIANA, 1993<br />
– Guida alle <strong>orchidee</strong> <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong>le Langhe – Ed. Amici<br />
Museo Eusebio, Alba<br />
CONTI F. & PELLEGRINI M., 1990 – Orchidee <strong>spontanee</strong><br />
d’Abruzzo – Cogecstre, Penne (Pe)<br />
CONTORNI M., 1992 – Orchidee <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong><br />
Monte Amiata – Atti Mus. Civ. St. Nat. Grosseto, Suppl.<br />
14, Grosseto<br />
DANESCH E. & DANESCH O., 1962-72 – Orchideen<br />
Europas – 3 voll., Hallwag Verl., Bern-Stuttgart<br />
DANESCH E. & DANESCH O., 1977 – Orchideen<br />
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DAVIES P. DAVIES J. & HUXLEY A., 1988 – Wild orchids<br />
of Britain and Europe – 2.a ed., Hogarth Press. London<br />
DE ANGELIS G. & LANZARA P., 1987 – <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong><br />
<strong>spontanee</strong> dei Monti Lucretili – Regione Lazio, tip.<br />
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DE MARIA G., 1892 – <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> italiane – Sagep,<br />
Genova<br />
DE MARTINO E., 1998 – <strong>Le</strong> <strong>orchidee</strong> <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong><br />
Montovolo – Atesa ed. Bologna<br />
DE MARTINO E., MARCONI G., CENTURIONE<br />
N., 2000 – Orchidee <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong>l’Emilia Romagna<br />
– Calderini, Bologna<br />
DEL PRETE C. & TOSI G., 1988 – Orchidee <strong>spontanee</strong><br />
d’Italia – Mursia, Milano<br />
DEL PRETE C. & TOSI G., 1981 – Orchidee <strong>spontanee</strong><br />
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<strong>spontanee</strong> <strong>del</strong>la provincia di Grosseto – A.T.L.A.,<br />
Pitigliano<br />
DELFORGE P., 1.a ed. 1994; 2.a ed. 2001 – Guide des<br />
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Orient – Delachaux & Niestlè, Neuchâtel – Paris<br />
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– (trad. dall’originale franc., 1983). Priuli & Verlucca, Ivrea<br />
FENAROLI F. & TONNI BAZZA, 1994 – Orchidee<br />
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FLORA ALPINA BERGAMASCA (FERLINGHETTI R.<br />
ED.) 2001 – Orchidee <strong>spontanee</strong> <strong>del</strong>la provincia di<br />
Bergamo – Prov. Bergamo, Litostampa, Bergamo<br />
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<strong>spontanee</strong> <strong>del</strong> Monte Cacume – Museo Comune di<br />
Patrica (Fr)<br />
GIOTTA C. & PICCITTO M., 1990 – Orchidee <strong>spontanee</strong><br />
<strong>del</strong>la Sardegna – Delfino, Sassari<br />
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ZANGHERI P., Flora Italica – Padova 1976<br />
Dal 1994 opera in Italia l’Associazione Orchidofila<br />
G.I.R.O.S. (Gruppo Italiano per la Ricerca di Orchidee<br />
Spontanee): Segreteria – Via Rosi 21, 55100 Lucca (Tel.<br />
0583-492169).<br />
Questo gruppo, oltre a riunire qualche centinaio tra<br />
esperti e appassionati, pubblica regolarmente un<br />
notiziario.<br />
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Finito di stampare nel mese di febbraio 2005 da<br />
GRAFITALIA Industrie Grafiche<br />
Via Raffaello, 9 - Reggio Emilia