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Ottobre2009 - Area di Servizio Carcere e territorio

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10<br />

100<br />

1000<br />

GIORNI<br />

IMMAGINI E PAROLE<br />

PER RACCONTARE IL CARCERE<br />

# 12<br />

OTTOBRE 2009<br />

CARCERE + TERRITORIO<br />

AREADISERVIZIO


02 <<br />

> 04 <<br />

> 08 <<br />

> 12 <<br />

> 16 <<br />

> 20 <<br />

> 28 <<br />

L’INGRESSO<br />

L’IMMOBILITÀ<br />

LA FEDE E LA SPERANZA<br />

L’ATTIVITÀ QUOTIDIANA<br />

GLI AFFETTI<br />

POETI DENTRO<br />

trimestrale <strong>Area</strong> <strong>di</strong> <strong>Servizio</strong> - CARCERE E TERRITORIO<br />

n. 12 Ottobre 2009<br />

Autorizzazione del Tribunale <strong>di</strong> Genova n° <strong>di</strong> ruolo 3951/08. reg. stampa n°1/2009<br />

DIRETTORE RESPONSABILE:<br />

Anselmo Roveda<br />

Regione Liguria<br />

IN REDAZIONE:<br />

Alex Agnellini, Rocco Angioletti, Albert Assillany, Na<strong>di</strong>a Calcagno, Mauro Candela, Fabio Diana,<br />

Giovanna Eder, Sergio Famulari, Mohamed Fathellah, Fabio Ferrari, Salvatore Gambuzza, Luigi<br />

Grimal<strong>di</strong>, Massimo Gualinetti, Cristian Liotti, Giorgio Loccisano, Enzo Para<strong>di</strong>so, Roberto Salvo,<br />

Pietro Solinas, Aldo Stroppiana, Pietro Tasca<br />

PROGETTO GRAFICO:<br />

www.giorgiamatarese.com<br />

A CURA DI CON IL CONTRIBUTO DI<br />

INDICE


UN NUMERO SPECIALE<br />

Con questo numero speciale <strong>di</strong> AREA DI SERVIZIO vogliamo continuare a dare voce alle<br />

persone detenute utilizzando, come <strong>di</strong> consueto, le parole, ma questa volta abbiamo la<br />

fortuna <strong>di</strong> poterle accostare a delle immagini, delle fotografie. Immagini profondamente vere<br />

che esprimono come meglio non si potrebbe la realtà del carcere, la con<strong>di</strong>zione detentiva:<br />

il luogo, le persone, le atmosfere, i vissuti emotivi.<br />

Questo risultato è stato possibile ottenerlo grazie all’impegno della redazione del giornale ed<br />

in particolare dei detenuti che ne fanno parte.<br />

Colgo l’occasione per ringraziare ancora una volta l’Assessora Milò Bertolotto della Provincia<br />

<strong>di</strong> Genova per il suo costante sostegno al nostro giornale.<br />

È stato possibile realizzare questo numero grazie alla gentilezza e <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> Sabrina e<br />

Luisa, due artiste che hanno messo a <strong>di</strong>sposizione con grande generosità il materiale fotografico<br />

raccolto nei loro precedenti lavori.<br />

Un grazie <strong>di</strong> cuore a Cecilia e Giorgia perché è merito della loro creatività, professionalità ed<br />

altruismo se è stato possibile portare a termine questo lavoro.<br />

Enzo Para<strong>di</strong>so<br />

Descrivendo il carcere attraverso le parole, come AREA DI SERVIZIO ha sempre cercato <strong>di</strong> fare,<br />

spesso si è parlato <strong>di</strong> una realtà che pare esterna alla società, senza legami con il mondo. Più<br />

volte abbiamo accennato al carcere come un microcosmo dove il tempo si ferma. Si entra con<br />

la propria pena da scontare, 10, 100, 1000 giorni e anche <strong>di</strong> più, e si attende in una sorta <strong>di</strong><br />

immobilità temporale che la pena termini, e che si ricominci a vivere “fuori”.<br />

Eppure il carcere resta un luogo dove si vive e si agisce, dove si cercano <strong>di</strong> rispettare gli affetti e<br />

i legami con il mondo, dove potrebbe (anzi: dovrebbe) essere possibile ragionare sulle proprie<br />

scelte e sul proprio percorso <strong>di</strong> vita, creare legami e percorsi che <strong>di</strong>ano continuità fra dentro e<br />

fuori, riguardo al lavoro, alla casa o alla famiglia: un punto <strong>di</strong> partenza una volta usciti.<br />

Il “fil rouge” che lega le pagine <strong>di</strong> questo numero speciale <strong>di</strong>venta quin<strong>di</strong> quello <strong>di</strong> mostrare<br />

l’attività e la vita che continua e si svolge durante il periodo <strong>di</strong> esecuzione della pena, con il suo<br />

bagaglio <strong>di</strong> progetti e <strong>di</strong> speranze. Per questo abbiamo messo da parte l’articolo giornalistico<br />

e abbiamo scelto <strong>di</strong> raccontare una storia attraverso le belle immagini <strong>di</strong> due fotografe dallo<br />

sguardo curioso e con i testi e le poesie scritte e raccolte dai detenuti stessi.<br />

Mettendo da parte, per una volta, l’informazione, e permettendoci <strong>di</strong> raccontare una realtà<br />

anche attraverso le emozioni.<br />

Maria Cecilia Averame<br />

> 03


04 <<br />

L’INGRESSO<br />

Ormai è fatta: si sta entrando in carcere.<br />

Mentre magari il pensiero vola a quello che si sta lasciando fuori, ci si sottopone<br />

ai riti dell’identificazione, della registrazione, della visita me<strong>di</strong>ca.<br />

Si viene portati nella propria cella, si immagina come trascorreranno le giornate<br />

da questo momento in poi.<br />

È un brusco passaggio cui spesso poesie e racconti cercano <strong>di</strong> trovare un senso.


È <strong>di</strong> un azzurro cielo esagerato il cancello<br />

che si sta aprendo per poi richiudersi <strong>di</strong>etro<br />

te, senti solo il rumore. Le manette e i due<br />

carabinieri che hai seduti a fianco non ti fanno<br />

muovere bene, e ormai è fatta: sei dentro!<br />

Sei a Pontedecimo-Genova, unico carcere<br />

femminile <strong>di</strong> tutta la Liguria. Vieni consegnata<br />

alla Polizia Penitenziaria, sono gentili,<br />

rassicuranti, forse troppo ma ne hai bisogno.<br />

Nell’Ufficio Matricola vengono presi i tuoi dati,<br />

foto e impronte <strong>di</strong>gitali. Ti tolgono tutto<br />

tranne la “fede”, non puoi tenere nessun effetto<br />

personale, ti verranno riconsegnati quando<br />

uscirai. Altra stanza: niente stringhe o scarpe<br />

col tacco, è facile che rimani scalzo.<br />

Ti fanno spogliare completamente, i guanti<br />

in lattice dell’agente donna ti inquietano, ma<br />

alla fine te la cavi con qualche flessione. Poi<br />

ti consegnano le cose della casanza: coperta,<br />

lenzuola, telo bagno, piatti in acciaio, posate<br />

(il coltello no), bicchiere <strong>di</strong> plastica, saponetta<br />

(rosa o lavanda), carta igienica e così, con la tua<br />

<strong>di</strong>sperazione tra le braccia ti accompagnano alla<br />

cella <strong>di</strong> appartenenza numero...<br />

L’agente con le sue grosse chiavi giallo-oro dà<br />

due mandate, quel rumore tondo cadenzato non<br />

ti sarà mai amico. Cominci a guardarti attorno,<br />

per ora sei sola. I muri sono sporchi, un tavolino<br />

e degli arma<strong>di</strong>etti a farti compagnia, un’occhio<br />

veloce al bagno, sembra pulito. Scegli il letto e ti<br />

ci sie<strong>di</strong>: fa tutto un po’ schifo. Poi pulirai, pensi,<br />

poi...<br />

Intanto ti accen<strong>di</strong> la tua prima sigaretta da<br />

quando ti hanno arrestato. Troppe immagini<br />

e momenti si agitano nella mente, non riesci a<br />

raddrizzare un’idea, la confusione che hai in<br />

testa finisce là, dove inizia.<br />

A salvarti è un’agente che apre la cella e ti<br />

accompagna alla visita me<strong>di</strong>ca. Ad aspettarti in<br />

un normale ambulatorio me<strong>di</strong>co un dottore con<br />

il suo camice bianco. Ti fa sedere, domande,<br />

risposte, ti visita. Il me<strong>di</strong>co non è restìo a darti<br />

psicofarmaci, anzi, capirai poi che per il carcere è<br />

meglio se sei quasi uno zombie, non dai fasti<strong>di</strong>,<br />

non dai problemi.<br />

La normalità viene interrotta da un curioso<br />

aggeggio che il me<strong>di</strong>co ti preme sull’avambraccio<br />

a formare tre forellini, prende un grosso<br />

pennarello verde e ci fa un cerchio attorno. Ti<br />

spiega che è per la TBC e si raccomanda <strong>di</strong> non<br />

lavare la zona nei tre giorni sucessivi. Se la pelle<br />

non prende colori strani, a parte il verde del<br />

pennarello, è tutto a posto. Durante la visita<br />

me<strong>di</strong>ca l’agente che per regolamento deve essere<br />

presente, se ne sta sulla porta, ascolta e guarda<br />

tutto, come se fosse la cosa più naturale.<br />

Quando te ne ren<strong>di</strong> conto un dolore nuovo,<br />

insopportabile ti prende dentro, e mentre vieni<br />

riportato in cella pensi quante volte questo<br />

mostro che ti sta ingoiando violerà il tuo cuore, il<br />

tuo tutto, il tuo nulla. Alla confusione che hai in<br />

testa si aggiunge il rumore della sezione, voci che<br />

parlano da lontano ti arrivano troppo vicino.<br />

Solo la notte ti porta un piacevole silenzio.<br />

Il sonno amico ruba dolore, angosce e rabbia e<br />

li nasconde. Respiri dolci prendono il posto <strong>di</strong><br />

lacrime trattenute: é una magia che ogni notte da<br />

un anno ritrovo, e un sorriso, mentre appoggio la<br />

testa sul cuscino, mi accompagna.<br />

Rossella Lorenzini,<br />

pubblicato in AREA DI SERVIZIO 9/2009<br />

> 05


06


HO SCELTO DI SBAGLIARE<br />

Guardandoti negli occhi, piango una crisi palese<br />

per me dentro il carcere, per te al tuo paese.<br />

Ed io che ho passato la vita in cerca <strong>di</strong> frivolezza<br />

ascolto i racconti <strong>di</strong> eterne tristezze.<br />

Per me la scelta <strong>di</strong> una vita brillante<br />

per te il dovere <strong>di</strong> quella snervante.<br />

Io alla famiglia ho dato solo <strong>di</strong>spiaceri<br />

tu hai de<strong>di</strong>cato una vita <strong>di</strong> pensieri.<br />

Per me la cosa più importante<br />

era un’auto nuova fiammante.<br />

Tu con la famiglia <strong>di</strong>stante<br />

volevi la loro felicità per un istante.<br />

Io ho scelto le donne per il mio <strong>di</strong>vertimento<br />

tu una moglie fedele nel sentimento.<br />

Io dovevo pagare una moto, poi rubata<br />

tu il mutuo <strong>di</strong> una casa sempre sognata.<br />

Io per correre veloce sulla strada asfaltata<br />

tu solo per dare ai tuoi figli una vita più agiata.<br />

Ed ora che ci contempliamo tutte le sere<br />

soltanto i nostri errori possiamo vedere.<br />

Io perché in cerca del piacere<br />

Tu solo perché ti sentivi in dovere.<br />

Io ho scelto <strong>di</strong> sbagliare…<br />

Romeo Montalbano - C.C. Chiavari<br />

RECIDIVO<br />

Un giorno mi sono svegliato<br />

e mi sono ritrovato qua.<br />

Ho pensato e ripensato<br />

ma ormai ero qua...<br />

Avevo fatto un errore.<br />

Sono passati tanti anni<br />

mi ritrovo sempre qua<br />

più vecchio e più stanco<br />

sono ancora qua...<br />

stanco <strong>di</strong> tanti errori.<br />

Avrei voluto chiedere aiuto<br />

a volte l’ho fatto<br />

ma sono sempre qua<br />

<strong>di</strong> sicuro ho <strong>di</strong> nuovo sbagliato.<br />

Dicono che sono reci<strong>di</strong>vo, sono un delinquente.<br />

Sono solo un ragazzo <strong>di</strong>ventato uomo<br />

cresciuto in una strada troppo ripida<br />

forse sono dolorosamente debole.<br />

Sono solo un uomo come tanti altri<br />

Ma sono reci<strong>di</strong>vo.<br />

Pietro Vignetta - C.C. Savona<br />

VISTO DA “DENTRO”<br />

L’arresto è sempre un momento <strong>di</strong>fficile,<br />

l’impatto con la struttura carceraria è a <strong>di</strong>r poco<br />

traumatizzante. Dopo l’ufficio matricola (impronte<br />

<strong>di</strong>gitali, foto e... <strong>di</strong>venti un numero)<br />

e il casellario (ti viene data la fornitura, lenzuola,<br />

coperta); Ti danno lo spazzolino e, a volte, anche<br />

il dentifricio. Dopo<strong>di</strong>chè si entra nel “circuito”<br />

delle visite me<strong>di</strong>che.<br />

Per coloro che si <strong>di</strong>chiarano tossico<strong>di</strong>pendenti<br />

viene fatto un prelievo <strong>di</strong> urina che ne comprovi la<br />

veri<strong>di</strong>cità, in quel caso si viene segnalati al Ser.T.<br />

interno che deciderà in accordo con il paziente<br />

il trattamento metadonico o farmacologico<br />

adeguato.<br />

Contrariamente per coloro che non hanno<br />

problemi <strong>di</strong> tossico<strong>di</strong>pendenza la visita consiste<br />

in poche domande <strong>di</strong> rito che trasformano il tutto<br />

in una “routine”, la <strong>di</strong>fferenza in questi casi sta<br />

nel fatto che <strong>di</strong>etro richiesta il me<strong>di</strong>co prescrive<br />

una terapia <strong>di</strong> blan<strong>di</strong> ansiolitici, rimandando<br />

il paziente ad un’adeguata visita mirata, che,<br />

avviene, se avviene, dopo un lungo periodo.<br />

Dimenticavo, la visita dello psicologo ai nuovi<br />

giunti non è altro che un’incontro <strong>di</strong> verifica allo<br />

scopo <strong>di</strong> accertare lo stato psichico del detenuto,<br />

al fine valutare se sussiste il pericolo per la<br />

propria e altrui incolumità.<br />

(da AREA DI SERVIZIO 7/2008)<br />

> 07


08 <<br />

L’IMMOBILITÀ<br />

Se pur le carceri italiane del duemila siano sempre e dovunque affollate, la vita<br />

quoti<strong>di</strong>ana raccontata attraverso queste poesie ci rimanda l’idea <strong>di</strong> un luogo <strong>di</strong><br />

solitu<strong>di</strong>ne, un’isola abbandonata e deserta, con le fotografie degli affetti lasciati<br />

fuori appese alle pareti sopra il letto, a ricordare la vera vita.<br />

Ma l’immobilità pare solo apparente: si resta sul chi vive, ci si sente ‘straniero fra<br />

stranieri’, provando la costante sensazione <strong>di</strong> dover ‘nuotare controcorrente’.


L’ISOLA ABBANDONATA<br />

Mi trovo su un’isola deserta<br />

non appartiene a nessun oceano,<br />

una pietra nel mezzo del mare<br />

senza niente, neanche il rumore della vita.<br />

Mi sento cadavere<br />

dentro una profonda tomba in un grigio cimitero,<br />

con la sofferenza<br />

<strong>di</strong> chi è ancora vivo, <strong>di</strong>menticato.<br />

Mi sento più sfortunato<br />

<strong>di</strong> Robinson Crusoe, lui ha trovato esseri umani,<br />

io non ho trovato nessuno<br />

la sua solitu<strong>di</strong>ne è raddoppiata per me.<br />

Mi sento solo<br />

uniche compagne la nostalgia e la solitu<strong>di</strong>ne<br />

in attesa <strong>di</strong> una nave per uscire da un incubo<br />

una vita senza senso.<br />

Mi sento una nullità<br />

nulla si avvicina all’isola <strong>di</strong>menticata,<br />

la gente passa sorda, cieca<br />

grido, salto, invoco, senza speranza.<br />

Nuoto contro corrente,<br />

abitano qui silenzio, ricor<strong>di</strong>, affetti negati<br />

e il desiderio <strong>di</strong> uscire da questo incubo<br />

e vivere la vita <strong>di</strong> un tempo.<br />

Brutta non è la morte,<br />

ma la vita solo<br />

non ho paura della morte<br />

ho paura <strong>di</strong> morire<br />

abbandonato.<br />

Hafedh Habibi - C.C. Chiavari<br />

LO STRANIERO<br />

Sono straniero e mi sembra <strong>di</strong><br />

essere un uomo nero<br />

sono straniero ma sono anche umano<br />

sono straniero ma non credo <strong>di</strong> essere strano<br />

sono straniero, cerco <strong>di</strong> parlare ma non<br />

so come farmi capire,<br />

sono straniero e vivo tra stranieri<br />

sono straniero ma lo straniero fa parte<br />

<strong>di</strong> me e io cerco <strong>di</strong> abituarmi.<br />

El Khalyly Kamal - C.C. Genova, Marassi<br />

(trasferito)<br />

> 09


10


DIECI, CENTO, MILLE GIORNI<br />

Come un automa<br />

lascio la mia anima nel letto,<br />

il corpo stanco non le risponde,<br />

osservo, con stupore,<br />

la vita sulle pareti.<br />

Fotografie intrise <strong>di</strong> momenti felici,<br />

incollate o scocciate sui muri,<br />

datate dal tempo,<br />

derubate dai colori.<br />

Osservo, con attenzione,<br />

quei volti, prima felici ora velati,<br />

è come se questa stanza rubasse l’anima,<br />

i lineamenti, non più gli stessi,<br />

come avvolti in banchi <strong>di</strong> nebbia.<br />

Dieci, cento, mille giorni.<br />

Quei visi felici non ci sono più,<br />

nuovi volti sulle pareti,<br />

un brivido lungo la schiena,<br />

il silenzio ci porta via il tempo.<br />

Quei volti sulle pareti come estranei,<br />

quelle foto dal tempo ingran<strong>di</strong>te,<br />

quei personaggi cresciuti come per magia,<br />

gli stessi, ma senza voce.<br />

Clau<strong>di</strong>o Saccucci - C.C. Genova, Marassi<br />

> 11


12 <<br />

LA FEDE E LA SPERANZA...<br />

MICROCOSMO CARCERE<br />

Non c’è altro luogo simile al carcere, dove ti trovi forzatamente a convivere con<br />

tante culture <strong>di</strong>verse dalla tua. Un vero microcosmo <strong>di</strong> etnìe, religioni, usi e<br />

abitu<strong>di</strong>ni. A volte non è semplice riuscire ad andare d’accordo, altre volte,<br />

vuoi per il modo <strong>di</strong> pensare, vuoi per il modo <strong>di</strong> fare e agire,<br />

od ancor peggio perché spesso mancano le basi minime per mantenersi e gestirsi,<br />

è facile che si creino tensioni.


A questo punto si mettono da parte confronto e <strong>di</strong>alogo e succede che lo scontro<br />

<strong>di</strong>venti inevitabile. D’altronde si è in un carcere, mica in un college!<br />

La cosa più interessante verso l’altro è che tutto ciò che accade è imme<strong>di</strong>ato, vero,<br />

sofferto, duro! Tutto ciò può solo farti crescere (...).<br />

Da AREA DI SERVIZIO 10/2008, Roberto Leonar<strong>di</strong>ni<br />

NEL SOGNO MIO<br />

Nel sogno mio<br />

sfuocata, sembra<br />

un’aurora mutata<br />

all’improvviso un flashback<br />

in bianco e nero<br />

adagio si libera il conscio<br />

appari nella <strong>di</strong>mensione<br />

reale<br />

si traghettava davanti<br />

sopra il dorso stringeva le<br />

re<strong>di</strong>ni<br />

il cauto traghettatore<br />

a me il mio io<br />

lo vedo con due monete in<br />

mano<br />

guardo il morto sdraiato<br />

era la mia copia del tempo<br />

passato<br />

non mi addolora<br />

nessun sentimento,<br />

e se fossi io?<br />

Sawa Driss Moura - C.C. Genova, Marassi<br />

DAVANTI ALLO SPECCHIO<br />

E mi guardo<br />

Nello specchio rotto<br />

E non mi riconosco…<br />

Eppure quella sono io!<br />

Migliore <strong>di</strong> ieri<br />

Attendo il domani…<br />

Lo specchio rimanda la mia sofferenza<br />

Non solo…<br />

Mi fa vedere anche la speranza!<br />

Paola Piacenti - C.C. Genova, Pontedecimo<br />

(citata non vincitrice)<br />

> 13


14


LE ANIME PROCEDONO<br />

IN SILENZIO<br />

A volte lanciando occhiate cupe<br />

a volte in aloni senza forme<br />

il martellio dei passi<br />

e il cigolio delle voci<br />

suonavano una musica smorzata<br />

capelli neri come la notte<br />

lunghi come il giorno<br />

raccolti in trecce sul volto lucente<br />

alzo gli occhi alla luce nascente<br />

il tuo corpo vive dentro <strong>di</strong> me.<br />

Clau<strong>di</strong>o Saccucci (da AREA DI SERVIZIO/2007)<br />

ARPA E VIOLA<br />

Striscia la criniera sul velluto <strong>di</strong> corde<br />

leggera mano e tenero volto<br />

con gli occhi socchiusi.<br />

Intreccia i suoni lo spartito<br />

come un quattro elevato alla quinta<br />

che l’orecchio ne apprezza il virtuoso impegno.<br />

Semplice e virtuale, sostenuto, pizzicato.<br />

Ingrugnita la viola nei bassi cal<strong>di</strong><br />

voli d’aria calda l’arpeggio<br />

tenerezza e follia dell’esausto suono<br />

che prima sfocia poi soccombe.<br />

Si fa vertice come il fumo del fuoco,<br />

si spande in lontananza<br />

proclamando sorrisi e gesti imitativi<br />

nei giovani, con cuffie presi d’altro suono,<br />

vinti con il tempo<br />

nel riconoscere, nell’avvicinarsi del tempo breve<br />

il suono forte e grave che li appaghi<br />

del loro candore perduto<br />

<strong>di</strong> quel familiare suono mai invecchiato<br />

<strong>di</strong> un’ingrugnita viola nei bassi cal<strong>di</strong>,<br />

voli d’aria calda nell’arpeggio<br />

a Loro e a te armonia del cammino<br />

verso il ritorno.<br />

Luca Langella - C.C. Genova, Marassi<br />

IO CARCERATO<br />

Io<br />

uomo<br />

incriminato<br />

imputato<br />

processato<br />

condannato<br />

arrestato<br />

carcerato!<br />

Io<br />

carcerato<br />

ad<strong>di</strong>tato<br />

bollato<br />

umiliato.<br />

Ricordo la libertà<br />

le gioie dell'amore.<br />

In uno struggente<br />

tormento<br />

lacrime<br />

mi solcano il viso<br />

non bastano<br />

a colmare<br />

le immense ferite<br />

del mio cuore.<br />

IO<br />

UOMO?!<br />

Mario Arzà (da AREA DI SERVIZIO/2007)<br />

> 15


16 <<br />

L’ATTIVITÀ QUOTIDIANA<br />

Il tempo passa anche in carcere, scan<strong>di</strong>to dalle attività quoti<strong>di</strong>ane: il carrello della<br />

cucina che passa ad orari prefissati, il lavoro in focacceria, i ritmi della scuola<br />

che cercano <strong>di</strong> emulare quelli esterni, le ore d’aria, i programmi della televisione.<br />

Questi sempre uguali, dentro e fuori.


MI GIRO E MI RIGIRO<br />

Mi giro e mi rigiro sospirando<br />

passo le notti senza prender sonno<br />

sdraiato sopra questo letto mi lamento<br />

che in questa cella, mai si fa giorno.<br />

O carcere... Tu sei un brutto luogo<br />

io ti parlo e tu rimani muto<br />

cerco acqua... E tu mi butti fuoco...<br />

questo è un segno che non vuoi darmi aiuto.<br />

Non te ne importa se qui uno soffre<br />

Non te ne importa se qui uno muore<br />

È vero... Tu sei fatto <strong>di</strong> pietra,<br />

Tu non hai cuore!<br />

A chi domanda <strong>di</strong> me...<br />

voi gente <strong>di</strong>te...<br />

che in carcere c’è...<br />

uno sventurato!<br />

Luciano Mammoliti - C.C. Savona<br />

LE ALI DEL VENTO...<br />

(CHE NULLA FERMA)<br />

L’animo mio empio<br />

si troneggia <strong>di</strong>nnanzi alla speranza<br />

che mai affievolisce<br />

anche se forti mani non spezzano<br />

catene e sbarre<br />

non piegano.<br />

Né forza bruta serve<br />

a scalfire volontà e speranza<br />

né il tempo lento<br />

ma incessante e inesorabile<br />

potranno mai soffocare il respiro<br />

della mia libertà che vola<br />

sulle ali del vento.<br />

Mirco Pellegrini - C.C. Savona<br />

BUI CORRIDOI<br />

Corridoi bui<br />

lastricati <strong>di</strong> dolore,<br />

uomini stanchi<br />

si trascinano lentamente,<br />

sotto il peso<br />

del loro dolore e tormento,<br />

camminano senza una metà,<br />

e puntualmente<br />

ritornano al punto <strong>di</strong> partenza,<br />

come un formicaio<br />

in perenne movimento,<br />

scrutano il nulla<br />

in cerca <strong>di</strong> speranza.<br />

Sguar<strong>di</strong> smarriti<br />

che attendono una voce,<br />

volti anonimi che paiono<br />

conosciuti da sempre,<br />

assorti nei loro pensieri<br />

fabbricano la speranza,<br />

che puntualmente<br />

ogni sera muore.<br />

Su<strong>di</strong>ci corridoi,<br />

dove uomini<br />

umiliati e ristretti,<br />

hanno colorato e stinto<br />

con le lacrime il colore,<br />

custo<strong>di</strong> silenziosi <strong>di</strong> drammi quoti<strong>di</strong>ani,<br />

riflettono ombre<br />

<strong>di</strong> esseri umani<br />

che non sperano più.<br />

Fulvio (da AREA DI SERVIZIO/2006)<br />

> 17


18


FILASTROCCA<br />

Ascolta questa storia<br />

fatta <strong>di</strong> lacrime e ben poca gloria:<br />

non è una favola né una novella<br />

ma è la vita <strong>di</strong> chi soffre<br />

in una cella,<br />

solo dolori e umiliazioni,<br />

ti manca tutto<br />

gesti scontati mattina e sera,<br />

lacrime e noia questa è galera!!!<br />

Trista ti guardo<br />

fuori dalla cella<br />

ve<strong>di</strong> la vita,<br />

Dio mio com’è bella...<br />

Con la mente voli lontano<br />

sei con la tua Fatina<br />

e ti tieni per mano,<br />

ma poi t’accorgi<br />

con ansia e sgomento<br />

che era solo un sogno<br />

durato un momento,<br />

la realtà è molto più dura.<br />

Sei sempre chiuso<br />

ti fa quasi paura,<br />

ovunque guar<strong>di</strong> porte sbarrate<br />

e altre persone come me <strong>di</strong>sperate...<br />

Ti senti schiacciato da questo muro<br />

ti fa star male più del futuro...<br />

T’assicuro che non ho fatto altro<br />

a pensare <strong>di</strong> cadere<br />

in questo posto infernale...<br />

Comunque...<br />

Ora passa la conta<br />

È un altro giorno<br />

Questo che conta!!!<br />

Ti senti felice perché ora tocca a te la LIBERTÀ<br />

Ora t’aspetta!!!<br />

... e la vita corri vai in fretta.<br />

Ora pensa al versetto o alla poesia e...<br />

... tutto passa e vola via.<br />

Michele De Giosa (da AREA DI SERVIZIO, 2006)<br />

VOLEVO SOLO COMPRARMI<br />

UN TAXI<br />

Mi chiamo Mohamed alias Kamel... alias Aziz...<br />

sono arrivato in Italia nel 1997 avevo 21 anni.<br />

Ho fatto il muratore in nero per due mesi mi<br />

avevano promesso 50.000 lire al giorno in nero.<br />

Non mi avevano pagato. Ho iniziato a vendere<br />

hascisc: dopo due mesi mi hanno arrestato:<br />

3 anni e 8 mesi. Sono uscito nel 2000 e dopo tre<br />

mesi mi hanno arrestato perché mi hanno trovato<br />

con due grammi <strong>di</strong> eroina: 5 anni e 4 mesi. Sono<br />

uscito nel 2005. Dopo un mese mi arrestano per<br />

spaccio: 4 anni e 6 mesi. Sono uscito ad agosto<br />

del 2006 con l’indulto. Dopo 4 mesi mi hanno<br />

arrestato con 1,83 grammo <strong>di</strong> eroina: 10 anni e 6<br />

mesi più 3 anni <strong>di</strong> revoca dell’indulto. Uscirò nel<br />

2020 a 44 anni dopo aver scontato in carcere 22<br />

anni: una vita rovinata.<br />

Lo so che la colpa è mia perché ho spacciato<br />

ma lo stato Italiano ha speso per il mio<br />

mantenimento in carcere un milione cento<br />

ottantottomila euro (149 euro al giorno).<br />

Qualcuno mi spiega il senso <strong>di</strong> tutto questo? Il<br />

mio obiettivo era solo <strong>di</strong> lavorare onestamente<br />

e tornare in Marocco con 10 mila euro per una<br />

macchina e fare il taxista.<br />

(Red. da AREA DI SERVIZIO n. 7/2008)<br />

> 19


20 <<br />

GLI AFFETTI<br />

Attraverso la privazione della libertà vengono a mancare privacy e intimità: come<br />

curare un rapporto affettivo un’ora ad incontro,<br />

seduti su una panca in sala colloqui?<br />

Come mantenere i propri legami con il mondo esterno, e come ripensarli<br />

per quando si sarà <strong>di</strong> nuovo fuori?


QUANDO A SERA, IL MARE<br />

Quando a sera, il mare<br />

si acquieta nel sonno,<br />

emergi scoglio dalle acque<br />

per accogliere i gabbiani stanchi<br />

e offrire miraggi alla luna<br />

<strong>di</strong> misteriose terrestri essenze<br />

che tu conservi nella pietra bruna<br />

e nulla sai del tuo esistere,<br />

se non che vuoi esistere<br />

per essere un approdo,<br />

per essere un miraggio,<br />

timido scoglio azzurro<br />

amato dalla luna<br />

Lisa Colletta - C.C. Genova, Pontedecimo<br />

(citata non vincitrice)<br />

> 21


22


IL SOGNO DI ION<br />

Cristian Tanana - C.C. Chiavari<br />

È domenica. Ion si è svegliato prima del solito ed<br />

è rimasto nel letto a fantasticare e a ripensare al<br />

suo passato. Pian piano i ricor<strong>di</strong> affiorano..<br />

Nel 1991 suo padre era andato a lavorare in<br />

Germania. Non gli mancava un lavoro, ma voleva<br />

così bene ai suoi familiari, a sua moglie e ai suoi<br />

sei figli, che non sopportava l’idea che a loro<br />

potesse. mancare qualcosa. Era stato uno dei<br />

primi ad emigrare all’estero dopo il crollo del<br />

regime comunista, avvenuto alla fine degli anni<br />

‘80. Dopo tre mesi <strong>di</strong> lavoro in Germania decise<br />

<strong>di</strong> tornare a casa e <strong>di</strong> non allontanarsi più dal suo<br />

Paese. Quando tornò a casa portò ai suoi cari dei<br />

giocattoli e dei vestiti firmati, tutte cose che a un<br />

bambino <strong>di</strong> oggi sembrano normali, ma che allora<br />

sembravano cose dell’altro mondo...<br />

Dopo qualche tempo uno dei suoi figli gli fece<br />

una domanda, la peggiore domanda che un figlio<br />

possa fare a suo padre; “Papà, perché non vai<br />

ancora a lavorare all’estero? E lui, con il sorriso<br />

sulle labbra, rispose; “Perché amo tanto voi e<br />

vostra madre!” Una risposta che deluse il figlio,<br />

perché voleva altri giocattoli nuovi e perché non<br />

capiva niente della vita. Quel bambino era Ion<br />

..<br />

Con il passare degli anni Ion cresceva, ma<br />

non trovava una risposta a quella domanda.<br />

Perché suo padre non era più andato a lavorare<br />

all’estero? Era arrivato a se<strong>di</strong>ci anni e non aveva<br />

ancora capito ciò che voleva <strong>di</strong>re. Vedeva i figli<br />

<strong>di</strong> persone che lavoravano all’estero girare<br />

per lo città su automobili dì lusso, vestiti con<br />

abiti firmati, e pensava che suo padre aveva<br />

sbagliato a non ripartire. Anche lui voleva<br />

andare all’estero, ma non poteva, perché non<br />

era ancora maggiorenne. Sognava abiti firmati,<br />

belle macchine, sulle quali portare a spasso<br />

ragazze affascinanti... sognava ad occhi aperti i<br />

sol<strong>di</strong>, tanti sol<strong>di</strong>... sognava la bella vita! Pensava<br />

che all’estero fosse facile guadagnare denaro a<br />

palate. Aveva parlato con qualche emigrante e<br />

aveva sentito <strong>di</strong>re che là, con fatica, si trovava<br />

lavoro con facilità e si guadagnava tanto. Nessuno<br />

<strong>di</strong> loro <strong>di</strong>ceva la verità. Tutti davano l’impressione<br />

che l’estero fosse una luogo incantato, dove<br />

scorrevano latte e miele. Nessuno <strong>di</strong>ceva quanto<br />

aveva sofferto per guadagnare i sol<strong>di</strong> necessari a<br />

compare le macchine e i gioielli che possedeva.<br />

Quanto tempo aveva dormito per strada o sotto<br />

i ponti. quante volte aveva mangiato alla mensa<br />

della Caritas, quanto aveva dovuto aspettare per<br />

trovare lavoro... Tutti facevano credere che fosse<br />

facile far fortuna all’estero.<br />

Ormai Ion non pensava più a stu<strong>di</strong>are. non<br />

vedeva l’ora <strong>di</strong> arrivare a 18 anni e <strong>di</strong> partire.<br />

Finì la scuola superiore <strong>di</strong> meccanica per forza,<br />

a furia <strong>di</strong> litigare con suo padre. Lui gli aveva<br />

dato tutte le possibilità per stu<strong>di</strong>are, lo in tutto:<br />

gli aveva persino comprato un computer. Voleva<br />

convincerlo a non andare all’estero, perché non<br />

è così facile riuscire a cavarsela. come pensava il<br />

ragazzo.<br />

Appena finita la scuola Ion cominciò a lavorare<br />

come tassista. Guadagna 30 euro al giorno:<br />

una bella paga per un giovane... Lui li usava<br />

unicamente per <strong>di</strong>vertirsi. Dopo circa due mesi<br />

<strong>di</strong> lavoro un suo collega gli <strong>di</strong>sse che un suo<br />

conoscente organizzava un viaggio in Italia per<br />

accompagnare <strong>di</strong>eci lavoratori richiesti dai gestori<br />

<strong>di</strong> una fattoria. Appena lo seppe, Ion decise <strong>di</strong><br />

partire, anche se non aveva i sol<strong>di</strong> per il viaggio<br />

e andò subito a parlare con il padre. Questi gli<br />

chiese se era proprio sicuro <strong>di</strong> voler partire.<br />

Il figlio promise che, dopo un mese, avrebbe<br />

mandato a casa lo somma anticipata per il<br />

viaggio. Alla fine convinse il genitore.<br />

Partì il 1° giugno 2006 alle 22. Era il giorno<br />

più atteso della sua vita. Solo Dio sapeva a che<br />

cosa sarebbe andato incontro... La comitiva <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>eci ragazzi partì con l’autista e una signora<br />

che <strong>di</strong>ceva <strong>di</strong> tenere i contatti con i datori <strong>di</strong><br />

lavoro in Italia. Il viaggio costava circa 100 euro,<br />

> 23


24


ma i ragazzi avevano pagato 300 euro a testa.<br />

Erano tutti felici e contenti. La notte prima della<br />

partenza Ion non riuscì a dormire: pensava alle<br />

auto, ai giochi, ai vestiti firmati che avrebbe<br />

potuto acquistare con i sol<strong>di</strong> guadagnati in Italia.<br />

Pensava <strong>di</strong> rimanere un anno o due al massimo<br />

e <strong>di</strong> tornare a casa ricco. Aveva la sensazione <strong>di</strong><br />

avere vinto al lotto. Purtroppo, il sogno durò solo<br />

due giorni.<br />

All’arrivo alla stazione Tiburtina <strong>di</strong> Roma Ion<br />

notò molti suoi connazionali che dormivano sui<br />

marciapie<strong>di</strong> o sulle panchine. Non poteva credere<br />

ai suoi occhi! Chiese ai suoi compagni se fossero<br />

veramente arrivati in Italia e loro risposero <strong>di</strong> sì.<br />

La signora che li accompagnava lo tranquillizzò,<br />

<strong>di</strong>cendo che quella era gente che non aveva voglia<br />

<strong>di</strong> lavorare. Loro, invece, avrebbero avuto il lavoro<br />

garantito. Le sue parole fecero passare a Ion<br />

l’ansia che gli era venuta.<br />

A un certo punto l’autista <strong>di</strong>sse che bisognava<br />

scendere, perché stava arrivando il datore <strong>di</strong><br />

lavoro con una macchina a prelevare i ragazzi.<br />

La signora confermò che lo aveva chiamato con il<br />

cellulare e che le aveva detto che sarebbe arrivato<br />

fra poco. Salutò i compagni <strong>di</strong> viaggio, <strong>di</strong>cendo<br />

che doveva tornare subito in Romania. I ragazzi<br />

scesero dal mezzo e rimasero ad aspettare. Passò<br />

un’ora, poi due, arrivò la sera ma del datore <strong>di</strong><br />

lavoro non si era vista neppure l’ombra...<br />

I ragazzi erano tutti senza sol<strong>di</strong> e non<br />

conoscevano neppure una parola <strong>di</strong> italiano. Non<br />

sapevano dove andare, decisero allora <strong>di</strong> recarsi<br />

alla stazione. Sette <strong>di</strong> loro cominciarono a <strong>di</strong>re<br />

che sarebbero ritornati a casa l’indomani. E Ion?<br />

Come poteva tornare a mani vuote, senza i vestiti,<br />

le macchine, i giochi che aveva sognato? Senza<br />

i sol<strong>di</strong> da restituire a suo padre? Dopo tante<br />

<strong>di</strong>scussioni sulla scelta <strong>di</strong> andare all’estero!<br />

Due giorni dopo la partenza il sogno era gia<br />

svanito. La vergogna <strong>di</strong> tornare sconfitto e a<br />

mani vuote lo convinse a rimanere. Alla stazione<br />

il gruppo conobbe un romeno che <strong>di</strong>sse <strong>di</strong><br />

conoscere un posto per andare a dormire. Ion,<br />

che era onesto, gli <strong>di</strong>sse che non avevano sol<strong>di</strong><br />

per pagarlo. Lui rispose <strong>di</strong> stare tranquilli, perché<br />

non servivano e anche lui non pagava. Dopo<br />

mezz’ora, prendendo lo metropolitano arrivarono<br />

alla periferia <strong>di</strong> Roma, all’EUR. Pensavano <strong>di</strong><br />

andare in qualche appartamento, invece si<br />

ritrovarono in una baracca. Una baracca senza<br />

luce e senza acqua. Prima <strong>di</strong> allora Ion non<br />

sapeva neppure che cosa fosse una baracca. Non<br />

pensava <strong>di</strong> trovarne una in Italia,la terra dei suoi<br />

sogni. E invece scoprì che anche in Italia c’era<br />

gente che da anni abitava in case del genere.<br />

Dormì in una stanza con quattro persone in una<br />

specie <strong>di</strong> letto ricavato da qualche pezzo <strong>di</strong> legno.<br />

Ion non aveva perso la speranza: il romeno. <strong>di</strong>sse<br />

che l’indomani li avrebbe accompagnati a cercare<br />

un lavoro. Era ormai sera, Ion cominciò a sentire<br />

la fame e chiese se c’era qualcosa da mettere<br />

sotto i denti. Il compagno rispose sorridendo che<br />

sarebbe andato lui stesso a fare lo spesa. Lì vicino<br />

c’era un supermercato. Ion voleva entrare, ma<br />

l’uomo lo fermò, <strong>di</strong>cendo che neppure lui aveva<br />

i sol<strong>di</strong>. Chiese <strong>di</strong> aspettarlo fuori. Dopo mezzora<br />

uscì un <strong>di</strong>pendente del supermercato con tre<br />

scatole che posò non lontano dall’ingresso,<br />

poi tornò dentro. Il romeno chiamò i ragazzi e<br />

li invitò ad avvicinarsi alle scatole. Le scatole<br />

erano state messe vicino ai cassonetti della<br />

spazzatura, ma loro le presero ugualmente e<br />

le portarono nella baracca. Quando le aprirono<br />

videro che contenevano dello yogurth, un po’ <strong>di</strong><br />

frutta e qualche pezzo <strong>di</strong> pane. A Ion e ai suoi<br />

compagni tornò sorriso. Ebbe persino voglia <strong>di</strong><br />

fare una battuta al suo compagno e gli chiese<br />

se in Italia fosse così facile avere il cibo gratis.<br />

L’uomo rispose <strong>di</strong> no e lo invitò a guardare lo<br />

data <strong>di</strong> scadenza stampata sulle confezioni. Erano<br />

prodotti ormai scaduti scartati dal personale<br />

del supermercato. Comunque avevano trovato<br />

qualcosa da mettere sotto i denti... .<br />

La mattina seguente l’uomo li accompagnò in un<br />

negozio <strong>di</strong> ferramenta dove c’era molta gente.<br />

Spiegò loro che lì venivano in molti a cercare<br />

> 25


26


lavoro ma che per loro sarebbe stata dura trovarlo<br />

perché non parlavano l’italiano. Così fu. Per una<br />

settimana Ion e i suoi compagni fecero questa<br />

vita.<br />

A un certo punto, finalmente, il romeno ricevette<br />

una telefonata da un suo cugino che abitava a<br />

Milano il quale <strong>di</strong>ceva che stava per arrivare una<br />

persona <strong>di</strong>sposta ad accompagnare gente in cerca<br />

<strong>di</strong> lavoro in Inghilterra. Ion accettò la proposta,<br />

mentre i suoi <strong>di</strong>eci compagni decisero <strong>di</strong> ritornare<br />

a casa. Partì con il treno pèr Milano senza sol<strong>di</strong><br />

e senza biglietto assieme al suo nuovo amico.<br />

La sua situazione lo spingeva a compiere le<br />

prime illegalità: viaggiare senza pagare come un<br />

clandestino. Dopo un po’ il controllore li sorprese<br />

senza biglietto e li fece scendere. Salirono sul<br />

treno successivo e arrivarono a Milano. Alla<br />

stazione centrale trovarono il cugino dell’uomo<br />

con altri tre romeni che volevano arrivare in<br />

Inghilterra. Malgrado tutto Ion si decise a tentare<br />

la fortuna. Infatti sapeva che in Inghilterra viveva<br />

da do<strong>di</strong>ci anni il suo migliore amico d’infanzia,<br />

assieme al padre. Ion lo aveva sentito per telefono<br />

e lui gli aveva promesso <strong>di</strong> cercare una casa e<br />

un lavoro anche per lui. Si recò così, assieme al<br />

suo nuovo amico e a suo cugino, in un deposito<br />

<strong>di</strong> treni della stazione. In questo deposito veniva<br />

caricata sui treni la merce che doveva essere<br />

esportata. L’amico gli <strong>di</strong>sse che bisognava cercare<br />

<strong>di</strong> notte per trovare il treno giusto. Per otto giorni<br />

dormirono durante il giorno per cercare il treno<br />

durante la notte. Prima che ì treni partissero<br />

entravano nei vagoni dove si trovavano le merci<br />

e cercavano <strong>di</strong> leggere sui fogli <strong>di</strong> destinazione le<br />

località dove il treno sarebbe arrivato. Finalmente<br />

trovarono un treno <strong>di</strong>retto in Inghilterra e tornò<br />

loro il sorriso. Per riuscire a saltare. sul treno<br />

dovettero correre, al punto che l’amico <strong>di</strong> Ion si<br />

fratturò un piede e lui fu l’unico del gruppo a<br />

fermarsi per raccoglierlo e portarlo con sé sulle<br />

spalle. Quando lo raccolse gli chiese se doveva<br />

portarlo all’ospedale, ma l’amico gli rispose <strong>di</strong> no:<br />

non potevano perdere questa occasione.<br />

Si nascosero in un vagone pieno <strong>di</strong> tubi <strong>di</strong><br />

metallo, del tipo usato nelle <strong>di</strong>scariche. Erano in<br />

sei e avevano con sé solo due bottiglie d’acqua<br />

e una tavoletta <strong>di</strong> cioccolato. Dopo un giorno <strong>di</strong><br />

viaggio giunsero in Germania attraversando la<br />

Francia, ma dovettero rimanere fermi per quattro<br />

giorni a causa <strong>di</strong> un incidente ferroviario. L’acqua<br />

stava per finire e il piede dell’amico <strong>di</strong> Ion si era<br />

gonfiato. Ion fu costretto a tirarglielo per evitare<br />

guai peggiori.<br />

Finalmente il treno partì e, dopo un altro giorno<br />

<strong>di</strong> viaggio, giunsero in un porto del Belgio dove<br />

i treni si imbarcano per l’Inghilterra. Sbarcarono<br />

in una città chiamata Ipswich dove li attendevano<br />

alcuni amici del cugino dell’amico <strong>di</strong> Ion li<br />

accompagnarono a casa loro. Là poterono fare<br />

un bel bagno, cambiarsi i vestiti e mangiare<br />

qualcosa. Chiesero a Ion dove voleva andare.<br />

Lui rispose che doveva recarsi dal suo amico che<br />

abitava a Londra.<br />

Ion partì per lo capitale assieme a un suo<br />

compagno <strong>di</strong> viaggio che là aveva la moglie e<br />

la figlia. Promise <strong>di</strong> ospitare Ion per una notte,<br />

fino all’arrivo del suo amico. La sera stessa Ion<br />

telefonò al suo amico che non rispose. Il giorno<br />

dopo lo trovò e gli promise che sarebbe venuto<br />

a prenderlo, con molto piacere, ma non arrivò.<br />

Più tar<strong>di</strong> spiegò che non era potuto venire perché<br />

era dovuto andare a lavorare e che solo a fine<br />

settimana avrebbe avuto tempo. Ma Ion non<br />

poteva più restare in casa del suo compagno <strong>di</strong><br />

viaggio. Così restò solo a camminare sotto lo<br />

pioggia per le strade <strong>di</strong> una città sconosciuta,<br />

senza una casa, senza un posto dove andare,<br />

con tanta paura nel cuore, perché non aveva<br />

documenti e temeva <strong>di</strong> essere arrestato. Si sentiva<br />

come un barbone e si domandava chi glielo aveva<br />

fatto fare... Pregava Dio <strong>di</strong> poter tornare a casa<br />

sano e salvo. Il sogno si stava trasformando in un<br />

incubo.<br />

> 27


28 <<br />

POETI DENTRO<br />

La Biblioteca Civica Berio e la Poesia dal <strong>Carcere</strong>


Che vuoi che sia<br />

pregare e non capire<br />

tendere la mano<br />

a chi non lascia scia<br />

della presenza sua.<br />

Che vuoi che sia<br />

amare l’amore<br />

e vederlo andare via.<br />

Che vuoi che sia<br />

seguire sentieri in salita<br />

che ti portano via<br />

dalla tua vita.<br />

Hanno fiori in mano<br />

rosari pendenti<br />

parole suadenti<br />

che raccontano<br />

il <strong>di</strong>grignar <strong>di</strong> denti.<br />

Che vuoi che sia<br />

non sapere<br />

e niente capire.<br />

da CHE VUOI CHE SIA,<br />

Daniela N. - C.C. Genova, Pontedecimo<br />

Sono un apatico, non ho il minimo coraggio,<br />

la minima decisione, il minimo stile <strong>di</strong> vita.<br />

Sono il maggiore esperto e sono un grande<br />

stu<strong>di</strong>oso ma sono apatico.<br />

Non mi <strong>di</strong>stinguo in nulla e per nulla dai migliori<br />

apatici che ci sono al mondo.<br />

Eh! L’apatia è una brutta malattia.<br />

da FRA ADRIANO,<br />

Adriano L. - C.C. Savona<br />

Questi versi, insoliti o lirici e dolorosi, provengono<br />

dalle poesie selezionate per la prima e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

POETI DENTRO, lette a Palazzo Ducale, il giugno<br />

scorso, sul palco del Festival Internazionale <strong>di</strong><br />

Poesia.<br />

Nato nel 1995 - quest’anno è alla 15° e<strong>di</strong>zione -<br />

è la più grande manifestazione italiana de<strong>di</strong>cata<br />

alla poesia che ha ospitato in questi anni oltre<br />

700 poeti e artisti, provenienti da 85 paesi, tra<br />

i quali i premi Nobel Walcott, Soyinka e Milosz.<br />

Il Festival è stato premiato dal Ministero dei Beni<br />

Culturali nell’aprile scorso quale miglior progetto<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione della poesia.<br />

Sul semplice supporto <strong>di</strong> un segnalibro, realizzato<br />

dal Corso <strong>di</strong> Grafica dell’Istituto Vittorio Emanuele<br />

II/Ruffini della C.C. <strong>di</strong> Marassi e <strong>di</strong>ffuso in<br />

occasione della manifestazione “Ottobre piovono<br />

libri”, le parole delle poesie che parteciparono al<br />

concorso viaggiano e si insinuano nella personale<br />

rumorosa raccolta <strong>di</strong> frasi quoti<strong>di</strong>ane che ognuno<br />

<strong>di</strong> noi colleziona, ma hanno, in questo marasma,<br />

in questo mare <strong>di</strong> fonemi e accenti e immagini e<br />

metafore, un posto a parte. E rimarranno li per un<br />

po’.<br />

Questa è la forza della poesia, ovvero <strong>di</strong> quella<br />

scelta <strong>di</strong> parole che condensano un concetto, una<br />

sensazione in modo particolarmente preciso e<br />

sonoro, e costituiscono una versione al quadrato<br />

delle frasi <strong>di</strong> tutti i giorni, quasi a formare una<br />

parallela e “più reale” realtà, anche se non sempre<br />

facile da penetrare e da “capire”.<br />

(Capire? O è sufficiente sentire?).<br />

> 29


30


PERCHÉ UN CONCORSO DI POESIE E RACCONTI<br />

RISERVATO ALLE DETENUTE E AI DETENUTI?<br />

Colpisce una frase contenuta nell’intervista fatta<br />

da AREA DI SERVIZIO a Luca Borzani, presidente<br />

Genova Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura:<br />

“La cultura è l’unico bene che può crescere senza<br />

togliere niente a nessuno, che si può acquisire<br />

senza danneggiare nessun altro”.<br />

Cultura, quin<strong>di</strong>, come “bene” acquisibile nel<br />

rispetto <strong>di</strong> sé e dell’altro. Cultura come patrimonio<br />

che arricchisce e offre opportunità <strong>di</strong> conoscere,<br />

conoscersi, imparare (e perché no?) “evadere”.<br />

Come possibilità <strong>di</strong> esprimersi, <strong>di</strong> mettere sul foglio<br />

emozioni, sentimenti, speranze e <strong>di</strong>sperazioni che<br />

finalmente <strong>di</strong>ventano “pensabili” e “<strong>di</strong>cibili”.<br />

Quin<strong>di</strong> fare cultura è anche dare la parola,<br />

attraverso poesie e i loro racconti, a chi non ha<br />

molte occasioni per farlo.<br />

Emanuele Canepa e Felicia Firpo<br />

(Biblioteca Civica Berio)<br />

Possiamo <strong>di</strong>re con certezza che è valsa la pena <strong>di</strong><br />

scrivere lo scorso anno e <strong>di</strong> portare queste parole<br />

più lontano possibile (ma dove sono arrivate? E<br />

dove arriveranno ancora?) e che vogliamo che<br />

anche quest’anno, per la seconda e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

POETI DENTRO, tutto questo si ripeta e ancora<br />

possa migliorare.<br />

Il PRAP, l’organizzazione del Festival Internazionale<br />

<strong>di</strong> Poesia, le Direzioni delle Carceri della Liguria, la<br />

Biblioteca Civica Berio stanno lavorando per questo.<br />

Ma il lavoro davvero in<strong>di</strong>spensabile è, ovviamente,<br />

quello degli autori <strong>di</strong> poesie e racconti.<br />

Quest’anno, oltre al tema libero, proponiamo il<br />

tema “SE IO FOSSI...” che cre<strong>di</strong>amo spinga tutti <strong>di</strong><br />

riflettere su se stessi, sulla vita, sul tempo, sulla<br />

nostra vita in ogni tempo. Perché:<br />

Le persone sono come le impronte <strong>di</strong>gitali.<br />

Non sono mai le stesse.<br />

da FRA LUCIANO<br />

Luciano M. – C.C. Savona<br />

Non ci sono lati,<br />

non ci sono altezze,<br />

sei rimasto solo tu<br />

a seguire la retta via<br />

che, <strong>di</strong>stratta,<br />

continua a sognare<br />

oltre il rettangolo.<br />

da SOGNO EUCLIDEO,<br />

Clau<strong>di</strong>o S. C.C. Genova-Marassi<br />

> 31


32 <<br />

LE IMMAGINI<br />

Le immagini che vedete in questo numero<br />

sono frutto <strong>di</strong> un’attività realizzata da due<br />

bravissime e attente fotografe genovesi,<br />

LUISA FERRARI e SABRINA LOSSO.<br />

Nel 2006. grazie all’Associazione Evangelica<br />

“Amici <strong>di</strong> Zaccheo”, l’Associazione Culturale<br />

Kinoglaz e la scuola <strong>di</strong> fotografia Professione<br />

Fotografo, con la sponsorizzazione <strong>di</strong> Nikon<br />

Italia e Totalfoto Genova, è stato organizzato<br />

un corso <strong>di</strong> fotografia per 10 detenuti della<br />

Casa Circondariale Maschile <strong>di</strong> Marassi (Ge).<br />

Gli scatti sono stati pensati e selezionati in<br />

collaborazione con i detenuti, che hanno scelto<br />

quali momenti della loro realtà mostrare<br />

all’esterno per documentare la loro vita <strong>di</strong>etro<br />

alle sbarre. Le fotografie sono state raccolte in<br />

un volume intitolato “Mea Culpa” e pubblicato<br />

dall’e<strong>di</strong>tore Le Mani, .e presentate in una<br />

mostra all’Au<strong>di</strong>torium <strong>di</strong> Palazzo Rosso, a<br />

Genova il 18 settembre 2008.<br />

Il libro fotografico “Mea Culpa” è in ven<strong>di</strong>ta<br />

presso il bookshop dei Musei <strong>di</strong> Strada Nuova,<br />

in Via Garibal<strong>di</strong>, oppure via mail:<br />

info@professionefotografo.net o a<br />

s.losso_photography@yahoo.it<br />

LUISA FERRARI, fotografa per passione, inizia<br />

a sperimentare la tecnica fotografica nella<br />

seconda metà degli anni ’70: da allora è tutto<br />

un susseguirsi <strong>di</strong> esperienze formative e <strong>di</strong><br />

lavoro, partecipando a mostre collettive e<br />

mostre personali in <strong>di</strong>verse località italiane.<br />

Attualmente, si de<strong>di</strong>ca quasi esclusivamente al<br />

reportage, principalmente in Bianco e Nero, e<br />

si de<strong>di</strong>ca all’attività <strong>di</strong>dattica a Roma, presso il<br />

Centro Mezzelani e prosegue dal 2003 con la<br />

Scuola <strong>di</strong> Fotografia “Professione Fotografo” <strong>di</strong><br />

Genova.<br />

SABRINA LOSSO è laureata in Arte Musica e<br />

Spettacolo dell’Università <strong>di</strong> Lettere (Dams) <strong>di</strong><br />

Bologna e <strong>di</strong>plomata in Cinematografia presso<br />

la Sdac <strong>di</strong> Genova, si de<strong>di</strong>ca a tempo pieno<br />

alla fotografia con una pre<strong>di</strong>lezione per il<br />

reportage <strong>di</strong> carattere sociale e per la stampa<br />

fine art; si specializza anche in alcune antiche<br />

tecniche <strong>di</strong> stampa, prima fra tutte la stampa<br />

al platino. Curatrice e autrice <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi libri<br />

fotografici e reportage fotografici in <strong>di</strong>verse<br />

città italiane, trasmette al sua passione anche<br />

attraverso attività <strong>di</strong> insegnamento delle<br />

tecniche fotografiche.


10<br />

100<br />

1000<br />

GIORNI<br />

IMMAGINI E PAROLE<br />

PER RACCONTARE IL CARCERE<br />

# 12<br />

OTTOBRE 2009<br />

CARCERE + TERRITORIO<br />

AREADISERVIZIO

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