13.06.2013 Views

CONGRESSO NAZIONALE - Avenue media

CONGRESSO NAZIONALE - Avenue media

CONGRESSO NAZIONALE - Avenue media

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Associazione Italiana<br />

di Medicina del Sonno<br />

Università<br />

di Parma<br />

XXii aims<br />

congresso<br />

nazionale<br />

associazione italiana di medicina del sonno<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

parma, 21 - 24 ottobre 2012<br />

Centro Congressi - Camera di Commercio<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

evento<br />

accreditato<br />

ecm<br />

a cura di: Liborio Parrino, Giulia Milioli, andrea Grassi,<br />

Silvia riccardi, Mario Giovanni terzano


a b s t r a c t b o o k<br />

INDICE<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

Introduzione Pag 2<br />

Il sonno nella Storia della Medicina Pag 3<br />

Letture Magistrali Pag 4<br />

Simposi Pag 8<br />

Giovani Ricercatori Pag 27<br />

Comunicazioni Orali Pag 40<br />

Video Simposio Pediatrico Pag 91<br />

Corso Medici di Base Pag 93<br />

Corso Tecnici di Neurofisiopatologia Pag 99<br />

1<br />

1


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

2<br />

INTRODUZIONE<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

In un periodo storico di profonda depressione finanziaria e incertezza sul futuro, organizzare un congresso nazionale di<br />

medicina è stata una scommessa impegnativa. Non solo per la limitata disponibilità di risorse economiche ma soprattutto<br />

per la necessità di rivedere profondamente il concetto stesso di salute e di servizio sanitario. Se nei secoli scorsi la salute era<br />

giustamente considerata un diritto (peraltro riconosciutodalla stessa Costituzione Italiana) preservare il benessere proprio e<br />

della collettività è diventatoun dovere. Se un tempo si moriva di fame e di stenti oggi si può morire per troppo cibo e<br />

ingiustificato disprezzo dei ritmi biologici naturali. Stili di vita inadeguati, abitudini alimentari scorrette, assunzione di<br />

sostanze voluttuarie, sedentarietà e scarsa attenzione al riposo diventano comportamenti intollerabili per una società che<br />

fatica a trovare le risorse per curare i cittadini in modo equo e solidale.<br />

Il rispetto del ritmo sonno-veglia può diventare un crocevia importante per migliorare la qualità della vita ma anche per<br />

prevenire conseguenze cliniche pesanti (ipertensione, diabete, infarto miocardico, ictus cerebrale). La ritrovata centralità del<br />

sonno come garante della salute obbliga a rivedere radicalmentenel suo complesso anche la medicina ufficiale, considerata<br />

finora una questione della veglia e del giorno,mai del sonno e della notte.<br />

In quest’ottica nasce il XXII Congresso AIMS del 2012 che si è tenuto a Parma dal 21 al 24 ottobre pressola Camera<br />

di Commercio in Via Verdi. Con l’obiettivo di offrire un’equilibrata miscela di avanguardia e di divulgazione nell’ottica<br />

di una medicina del sonno sostenibile.<br />

Oltre alle letture magistrali affidate a protagonisti eminenti di levatura mondiale, sessioni speciali sono state dedicate ai<br />

medici di base e specialisti del territorio per far conoscere più da vicino la medicina del sonno. Oltre alle insonnie e alle<br />

ipersonnie si è discusso sull’uso razionale dei farmaci ipnotici nell’ambito delle patologie psichiatriche. Un’attenzione<br />

particolare è stata dedicata al ruolo della melatonina e della fototerapia nei meccanismi del ritmo sonno-veglia. Di<br />

conseguenza non è mancato ampio spazio alla medicina del lavoro (in particolare alle conseguenze del turnismo) e alle<br />

idoneità per la patente di guida.<br />

Di grande attualità è stato il dibattito sul ruolo delle assicurazioni, mentre le prospettive di outsourcing delle prestazioni<br />

sanitarie (nel delicato rapporto tra pubblico e privato) sono state affrontate in base ai modelli organizzativi territoriali<br />

della medicina del sonno.<br />

Un’intera mattinata è stata dedicata alle parasonnie in ambito pediatrico e ampio spazio è stato concesso alla ricerca di<br />

base con due sessioni affidate ai giovani ricercatori che rappresentano i giganti del domani.<br />

Infine, un pomeriggio intero è stato focalizzato sulla sindrome delle apnee ostruttive nel sonno che ha visto una forte<br />

integrazione tra pneumologi, neurologi, cardiologi, ipertensivologi, internisti, odontoiatri e chirurghi. Per la prima volta si<br />

sono discusse anche le prospettive di management del paziente con ictus di recente insorgenza <strong>media</strong>nte l’applicazione di<br />

dispositivi ventilatori a pressione positiva.<br />

Infine l’inedito accompagnamento musicale delle sessioni scientifiche ha regalato momenti di emozione e di stupore.<br />

Un grande affresco dipinto in stile multidisciplinare con tutte le sessioni previste in seduta plenaria<br />

che ha consentito ai partecipanti di conoscere da vicino i vari colori del sonno. Grazie all’apporto di tutti i partecipanti,<br />

crediamo che questo Congresso abbia confermato la forte originalità della Scuola italiana di Medicina del Sonno e offerto<br />

spunti innovativi per i futuri appuntamenti scientifici e congressuali.<br />

Il Presidente del Congresso<br />

Prof. Liborio Parrino<br />

2


a b s t r a c t b o o k<br />

Il sonno nella storia e nella medicina<br />

R. Virdis. Parma<br />

L’uomo dorme circa un terzo della sua vita e<br />

un tempo, quando la durata <strong>media</strong> della vita<br />

stessa superava di poco i 20 o 30 anni, il<br />

sonno ne occupava quasi la metà. Questa<br />

premessa può aiutare a far capire<br />

l’importanza sociale, politica e culturale, oltre<br />

che fisiologica, del sonno e quanto esso,<br />

direttamente o indirettamente tramite i suoi<br />

disturbi e il sogno, abbia influenzato la storia<br />

dell’umanità. Durante la notte, periodo del<br />

giorno da dedicare al sonno, funzione<br />

indispensabile per l’uomo per riprendersi<br />

dalle fatiche della vita, per rigenerarsi, si è<br />

sospesa da sempre ogni attività: la caccia e la<br />

ricerca di cibo degli uomini primitivi e degli<br />

animali, il lavoro, la vita sociale e le stesse<br />

guerre. Gli agguati notturni ed ancor più gli<br />

assalti al nemico nel sonno erano considerati<br />

vili e disonorevoli: al massimo si poteva<br />

rubare qualche ora al sonno per il<br />

divertimento, per gli incontri con gli amici, i<br />

banchetti ed infine i piaceri sessuali, ma nelle<br />

ore del sonno non si concludevano affari<br />

importanti, trattati economici o politici,<br />

alleanze politiche e militari che, invece,<br />

dovevano essere fatte “alla luce del sole”,<br />

mentre al contrario i tradimenti, i patti fra<br />

ladri e assassini erano collegati alla notte. La<br />

mancanza forzata del sonno per cose vitali<br />

quali la veglia della sentinella, i pochi lavori<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

notturni importanti per la società civile<br />

(panettieri, guardiani civili e militari) che<br />

costringevano a rimandare il sonno ed a<br />

vegliare nel buio della notte erano vissuti con<br />

sofferenza e l’aurora (cioè la luce, il giorno, la<br />

vita) erano agognati. Il salmista affermando<br />

che “attende il Signore più che la sentinella<br />

l’aurora” esprimeva un desiderio immenso e<br />

quasi paragonava l’assenza di Dio all’assenza<br />

del sonno.<br />

Il XX secolo ha visto l’affermazione di un<br />

nuovo settore della medicina, quello del<br />

sonno, e l’importanza negativa sull’uomo e<br />

sulla società civile dei suoi disturbi, ma già il<br />

secolo precedente aveva tolto dalla<br />

superstizione, dalla magia e dalle credenze<br />

popolari l’attenzione ad un suo particolare<br />

aspetto: il sogno. L’interpretazione<br />

psicoanalitica dello stesso, lo studio della<br />

psiche umana anche attraverso la parte attiva<br />

del sonno come può essere inteso il sogno,<br />

ha influenzato tutto il secolo appena<br />

terminato come più di tante altre filosofie,<br />

quasi come il progresso tecnico e scientifico<br />

che lo ha caratterizzato e distinto dai tempi<br />

precedenti. Detto tutto ciò possiamo<br />

affermare che ci affascina non solo il ruolo<br />

del “sonno nella storia” ma anche la “storia<br />

del sonno e della sua medicina”.<br />

3<br />

3


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

4<br />

P. HALASZ<br />

Epilepsy and sleep microstructure<br />

NREM generally activates epileptic interictal<br />

discharges within NREM phasic slow wave<br />

activity is linked with epileptiform<br />

phenomena (KC, slow waves, CAP A1<br />

subtype).<br />

Phasic slow waves are embedded into<br />

dynamic regulation of NREM. There is a<br />

positive relationship between reactive slow<br />

waves and epileptic events. This is associated<br />

with the instant homeostatic role of CAP.<br />

Epileptic phenomena signalizes distintive<br />

sleep traits in different epilepsies.<br />

LETTURE MAGISTRALI<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

Going deeper in microstructure the


a b s t r a c t b o o k<br />

G. LAVIGNE<br />

Sleep bruxism and pain syndromes<br />

Sleep bruxism: Eight percent of the adult<br />

population grinds their teeth during sleep.<br />

The causes of sleep bruxism (SB) are<br />

unknown. SB is preceded by a rise in heart<br />

rate, blood pressure and with big respiratory<br />

breaths in a significant number of events,<br />

suggesting a strong participation of the<br />

autonomic nervous system in its genesis.<br />

Then, SB may be secondary to brief,<br />

recurrent (3–10 sec, repeated 10–14 times<br />

per hour of sleep) sleep arousals<br />

characterized by autonomic (cardiac and<br />

respiratory) and brain activations. SB is<br />

more prevalent in arousal phase of the Cyclic<br />

Alternating Pattern, the phase A3. Stress<br />

remains a putative factor: it may trigger<br />

physiological activity increasing the<br />

probability of SB generation. Some familial<br />

history can be positive and only one gene<br />

candidate has been suggested, replication is<br />

not done yet.<br />

Early detection of SB causes in children<br />

includes history of tooth grinding, snoring,<br />

attention disrupted behaviour, and an oralpharyngeal<br />

examination. In adult, tooth<br />

grinding reports, jaw pain and headaches are<br />

signs and symptoms to be noted. Only<br />

persistent SB cases with movement or<br />

breathing or chronic pain disorders may need<br />

a sleep laboratory investigation.<br />

Sleep and pain: It is known that a sleeping<br />

brain poorly discriminates pains. An intense<br />

stimulus (nociceptive) during sleep will<br />

trigger arousal to awakening, including a fight<br />

or flight reaction, in all sleep stages. This only<br />

occur if pain last long enough to be process<br />

by a sleeping brain.<br />

Chronic pain, according to various surveys, is<br />

reported by 11to 30% of the adult<br />

population. Complains about poor sleep<br />

quality (e.g., un-refreshing sleep) is made by<br />

50 to 70% of them. Poor sleep is a common<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

complaint is musculoskeletal pain. Insomnia,<br />

sleep apnea-hypopnea and periodic limb<br />

movements and mood alteration are<br />

frequently concomitant; they need to be<br />

included in the differential diagnosis.<br />

Morning Headache is also reported in<br />

association with SB and with sleep apnea;<br />

causes are debated (e.g., poor breathing with<br />

low oxygenation-hypoxia, rise in CO2hypercapnia).<br />

A circular relationship is suggested between a<br />

poor night’s sleep and more pain the<br />

following day, and between too much pain<br />

during the day and a poor night’s sleep. This<br />

simple relationship may be due to mood<br />

alteration, stress-related changes in the HPA<br />

axis, genetic predisposition, and other risk<br />

factors.<br />

In terms of management, clinicians need to:<br />

1) exclude co-morbidities such as<br />

insomnia, periodic limb movements,<br />

and sleep disorder breathing or<br />

neurological disorder (epilepsy, RBD)<br />

and mood disorders;<br />

2) identify if any pain result from<br />

bruxism, these can include temporal<br />

headache (tension type),<br />

temporomandibular pain, cervical<br />

pain and in some cases widespread<br />

pain (fibromyalgia);<br />

3) implement strategies to promote<br />

stable or continuous sleep as part of<br />

regular good sleep practices.<br />

4) Clinicians could also work<br />

5<br />

5


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

6<br />

jointly with psychologists to correct<br />

certain beliefs and misunderstandings<br />

about pain and sleep.<br />

5) offer alternatives, including<br />

medication (short-term sleep aids or<br />

non opioid analgesic up to<br />

antidepressive or antiepileptic),<br />

biofeedback (muscle relaxation and<br />

habit reversal), occlusal splints (to<br />

protect teeth from grinding damage),<br />

or mandibular advancement<br />

appliances (for impaired sleep<br />

breathing or morning pain) or CPAP is<br />

hypopnea-apnea.<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

Funding:<br />

Research from GL supported by Canadian<br />

agencies: CIHR, CFI, the Canada Research<br />

Chair program, and Quebec’s FRQ, in addition<br />

to Surgery-trauma R Denis and Emergency<br />

Unit funds, Hôpital Sacré-Coeur de Montréal.<br />

Conflict of interest:<br />

In the last 24 months, GL was a speaker or<br />

consultant for Pfizer, Canada; UCB Belgium;<br />

and Medotech- Grindcare Denmark.<br />

Oral appliances (such as Silencer and<br />

Klearway from British Columbia, Canada, and<br />

Narval-ORM, ResMed) were provided<br />

without any influence on data analysis,<br />

interpretation, or publication.<br />

6


a b s t r a c t b o o k<br />

JM MONTSERRAT, D NAVAJAS, R. FARRÉ<br />

Sleep Apnea. From the bench to the bediside. Old and new consequences<br />

Obstructive sleep apnea (OSA) is a prevalent<br />

entity secondary to increased upper airway<br />

collapsibility that results in repetitive upper<br />

airway obstruction (apneas or hypopneas).<br />

The major consequences of OSA include<br />

daytime somnolence and fatigue, reduced<br />

quality of life and also mid-term and longterm<br />

morbidity. However, the exact<br />

mechanisms determining its origin are not<br />

well understood.<br />

Similarly, although the association between<br />

OSA and various morbidities has been<br />

demonstrated in patient studies, neither the<br />

causality nor the underlying mechanism have<br />

been clarified, for many reasons – one of the<br />

most important probably being associated<br />

comorbidity such as obesity, diabetes, lack of<br />

exercise, insomnia, insufficient daily sleep<br />

time and hypertension. These introduce<br />

confounding factors that make the study of<br />

cause-effect mechanisms particularly<br />

tortuous.<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

In this context, animal studies using models<br />

of OSA provide valuable information that can<br />

further our understanding of the<br />

pathophysiological mechanisms and explain<br />

certain aspects of the origins, as well as the<br />

consequences, of this syndrome. In this<br />

presentation this subject matter will be<br />

discussed by considering two examples. One,<br />

the classic described consequences of OSA:<br />

i.e. cardiovascular consequences; the other,<br />

the relationship between apnea and cancer,<br />

which represents a brand new topic.<br />

Furthermore, CPAP treatment for OSA is not<br />

always easy. There are different types of<br />

devices, both fixed-CPAP and automatic<br />

CPAP, all with different characteristics, which<br />

sometimes makes treatment more difficult.<br />

Bench studies are essential to a better<br />

understanding of these devices. To<br />

summarize, better basic knowledge means<br />

better management of OSA patients.<br />

7<br />

7


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

8<br />

SIMPOSI<br />

LO PSICHIATRA E I DISTURBI DEL SONNO:<br />

PER UN USO PIU’ RAZIONALE DI IPNOTICI, ANSIOLITICI, ANTIDEPRESSIVI E NEUROLETTICI<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

C. MENCACCI – G. VENTRIGLIA<br />

I disturbi del Sonno: interpretare i numeri da un’indagine osservazionale sul territorio alla<br />

pratica specialistica<br />

L’insonnia, in una delle sue molteplici<br />

manifestazioni, rappresenta senza alcun<br />

dubbio uno dei più comuni disturbi riferiti al<br />

medico. Nel tempo sono state proposte<br />

numerose classificazioni dei disturbi del<br />

sonno. Esse, certamente molto utili per fini di<br />

ricerca, si sono rivelate poco applicabili nella<br />

comune pratica clinica, per cui se ne propone<br />

una semplificazione che riteniamo possa<br />

rispondere al problema di scegliere<br />

l’approccio terapeutico più adatto al paziente<br />

in causa. I relatori presentano inoltre i<br />

risultati di una ricerca effettuata nell’ambito<br />

della medicina generale sulla base di un<br />

Questionario che è stato compilato e<br />

condiviso durante un evento formativo<br />

rivolto a medici di famiglia ed a specialisti.<br />

L’analisi delle 2886 raccolte mostra dati<br />

molto interessanti ed apre uno scenario di<br />

utili considerazioni sul mondo dei pazienti,<br />

uomini e donne, che con elevata prevalenza<br />

hanno dichiarato di avere difficoltà ad<br />

addormentarsi (64%), che hanno frequenti<br />

risvegli del sonno (52 %), che presentano un<br />

risveglio unico con incapacità a riprendere<br />

sonno (45%) e che in qualche modo al<br />

risveglio “non si sentono bene” (78%).<br />

MELATONINA, SUOI AGONISTI E LUCE BRILLANTE: VECCHIE E NUOVE NICCHIE TERAPEUTICHE.<br />

M. ZUCCONI<br />

Melatonina e suoi agonisti: esiste un effetto ipnotico?<br />

La Melatonina (MLT), prodotta dalla<br />

ghiandola pineale durante la notte ha un<br />

effetto promuovente il sonno, attraverso<br />

l’effetto sul nucleo soprachiasmatico<br />

dell’ipotalamo. La MLT tende a diminuire con<br />

l’età ma quello che spesso si modifica è la<br />

risposta recettoriale alle dosi di MLT sia<br />

endogena che esogena. La somministrazione<br />

di MLT esogena, anche con concentrazioni<br />

che raggiungono solo i livelli fisiologici, è in<br />

grado di aumentare la propensione al sonno<br />

durante il giorno o prima dell’apertura dello<br />

“sleep gate” serale. L’altro effetto della MLT,<br />

quello sincronizzatore dei ritmi circadiani, è<br />

indipendente da quello promuovente il<br />

sonno e dipende dall’orario di<br />

somministrazione (curva fase-risposta).<br />

Anche se i dati relativi all’efficacia nella jetlag,<br />

e nel lavoro a turno non sono conclusivi,<br />

l’effetto della MLT come favorente il sonno o<br />

inibitore del drive della veglia, se<br />

somministrata ad orari utili, con dosi non<br />

8


a b s t r a c t b o o k<br />

elevate e in situazioni predisponenti il sonno,<br />

è da considerarsi ormai accertato.<br />

La Agomelatina (agonista dei recettori MT1 e<br />

MT2) è stata di recente introdotto in<br />

commercio per l’effetto antidepressivo e<br />

regolarizzatore del ciclo-sonno veglia. I<br />

risultati degli studi in letteratura confermano<br />

una discreta efficacia nelle sindromi<br />

depressive non gravi, e in cui sia associata<br />

F. BENEDETTI - C. COLOMBO<br />

La terapia della luce brillante nella pratica clinica: nuove applicazioni<br />

La cronoterapia psichiatrica è la<br />

modificazione dei ritmi biologici attuata<br />

<strong>media</strong>nte l’esposizione a stimoli controllati al<br />

fine di ottenere un effetto terapeutico in<br />

particolari condizioni cliniche. Negli ultimi<br />

anni alcune tecniche , in particolare la terapia<br />

con luce brillante e<br />

la deprivazione di sonno sono passate da un<br />

livello di utilizzo esclusivamente sperimentale<br />

ad un uso clinico di prima scelta nel<br />

trattamento dei pazienti depressi. Queste<br />

tecniche hanno efficacia rapida e transitoria<br />

ma possono essere stabilizzate <strong>media</strong>nte la<br />

combinazione di più interventi e<br />

l’associazione con terapie farmacologiche<br />

convenzionali.<br />

L’efficacia antidepressiva della cronoterapia<br />

si manifesta al meglio nella depressione di<br />

pazienti affetti da Disturbo Bipolare. Infatti,<br />

mentre l’alterazione del ritmo sonno-veglia<br />

rappresenta un trigger di partenza<br />

dell’episodio maniacale nel paziente bipolare,<br />

al contrario, la combinazione di deprivazione<br />

L. PARRINO<br />

Melatonina endogena ed esogena: nuove modalità di misurazione<br />

La melatonina è l’ormone dell’oscurità.<br />

Secreta dall’epifisi in condizioni di buio, la<br />

curva della melatonina si intreccia in maniera<br />

speculare con quella della temperatura<br />

corporea. Più sale la melatonina più scende la<br />

temperatura interna e viceversa. Il calo<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

insonnia o irregolarità del ritmo sonno-veglia.<br />

Gli effetti diretti sul sonno e sulla sua<br />

struttura sono meno confortanti e si limitano<br />

a una riduzione della latenza di<br />

addormentamento e alla preservazione della<br />

normale ciclicità del sonno (in<br />

contrapposizione a escitalopram che<br />

aumenta la latenza REM e diminuisce il<br />

numero dei cicli del sonno).<br />

totale di sonno e luce brillante, ottiene la<br />

rapida uscita dalla fase depressiva, a volte<br />

senza che sia necessaria l’assunzione di un<br />

farmaco antidepressivo e, viceversa,<br />

l’estensione delle ore di sonno e una<br />

ambiente privo di luce, sono utili nel ridurre<br />

la sintomatologia maniacale nel paziente in<br />

fase euforica.<br />

Il meccanismo d’azione alla base<br />

dell’intervento cronoterapeutico è<br />

complesso, ma tutti gli studi recenti<br />

concordano nella rilevazione di fattori in<br />

grado di modificare lo stesso sistema<br />

neurotrasmettitoriale e le stesse aree<br />

cerebrali già note come bersaglio delle<br />

terapie farmacologiche. Questo intervento<br />

offre il vantaggio di un’alternativa ai<br />

trattamenti tradizionali, con il vantaggio di<br />

una maggiore sicurezza e di maggiore<br />

rapidità d’azione in assenza di effetti<br />

collaterali e con rischio minore di<br />

assecondare il naturale andamento<br />

ricorrente della patologia.<br />

termico associato alla salita della melatonina<br />

suggerisce un ruolo di raffreddatore del<br />

corpo, un letargo notturno per rendere il<br />

sonno più profondo. Finora, per ricostruire la<br />

curva della melatonina nelle varie fasi della<br />

giornata era necessario eseguire altrettanti<br />

9<br />

9


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

10<br />

prelievi ematici (anche durante il sonno) con<br />

evidenti disagi per il paziente. Ora, la<br />

disponibilità di tamponi salivari consente di<br />

monitorare l’andamento della melatonina<br />

con minori disagi di<br />

prelievo con la possibilità di incrementare i<br />

punti della curva sempre in maniera non<br />

cruenta. Con la metodica messa a<br />

disposizione dai Laboratori Buhlmann è stato<br />

possibile delineare la curva della melatonina<br />

endogena e stabilire, in un gruppo di<br />

volontari sani, il DLMO (dim light melatonin<br />

onset), ovvero il momento in cui la curva<br />

dell’ormone comincia a impennarsi. Questo<br />

dato ha rilevanza clinica soprattutto nei<br />

pazienti con disturbi del ritmo circadiano. In<br />

INSONNIE, IPERSONNIE, FALSE INSONNIE E FALSE IPERSONNIE:<br />

DIAGNOSI E MANAGEMENT<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

particolare, la melatonina esogena andrebbe<br />

somministrata 3-4 ore prima del DLMO nei<br />

pazienti con sindrome da fase di sonno<br />

ritardata e 10 ore dopo il DLMO nei pazienti<br />

con sindrome da fase di sonno anticipata. In<br />

un paziente con sindrome di fase di sonno<br />

ritardata, i tamponi salivari hanno svelato un<br />

DLMO intorno alla mezzanotte, indicando<br />

l’assunzione di melatonina esogena intorno<br />

alle ore 21. Per dimostrare l’azione della<br />

melatonina esogena, i tamponi salivari sono<br />

stati testati anche sugli stessi volontari sani<br />

dopo assunzione di melatonina retard 3 mg<br />

(Armonia Nathura). L’andamento della curva<br />

ha dimostrato valori molto elevati di<br />

melatonina che si sono mantenuti lungo tutta<br />

la notte di osservazione fino al momento del<br />

risveglio.<br />

R. MANNI<br />

Pseudoinsonnie e pseudoipersonnie: fenomeni di dispercezione soggettiva e sociale<br />

Lo sviluppo della nozione di insonnia ha<br />

avuto un iter complesso nel tempo arrivando<br />

solo in tempi recenti a una definizione e<br />

classificazione condivisa, per lo meno in linea<br />

di massima, tra i vari specialisti del settore<br />

(psichiatri, psicologi e neurologi) con il<br />

riconoscimento dell’insonnia come malattia<br />

primaria (InsomniaDisorder del DSM V) e del<br />

concetto di Insonnia in comorbidita’ piu’ che<br />

di insonnia come disturbo meramente<br />

secondario ad altre patologie.<br />

Anche le definizione delle ipersonnie centrali<br />

primarie, quali la Narcolessia e l’ipersonnia<br />

idiopatica, ha avuto un iter faticoso arrivando<br />

solo di recente a una classificazione articolata<br />

che tende ad avvalersi , oltre che di criteri<br />

clinici ed elettrofisiologici, anche di criteri<br />

biochimici e genetici.<br />

Nonostante cio’alcune condizioni cliniche che<br />

hanno meccanismi e significato<br />

neurobiologico differente dall’insonnia e<br />

dall’ipersonnia , sono tuttora erroneamente<br />

percepite, dai soggetti stessi , dal loro<br />

entourage e, talora, anche dai medici, come<br />

tali, con conseguenti errate impostazioni nel<br />

percorsodiagnostico e terapeutico(<br />

framacologico e comportamentale).<br />

Verranno in particolare discusse nella<br />

presente relazione le difficolta’ diagnostiche<br />

a livello clinico e strumentale rispetto alle<br />

sindromi di insonnia e ipersonnia di alcune<br />

condizioni fisiologiche quale quelle dei corto<br />

e lungo dormitori, dei cronotipi estremi<br />

morningness ed eveningness e di alcune<br />

condizioni patologiche quali la sindrome da<br />

posticipazione di fase, la sindrome da<br />

anticipazione di fase, la sindrome da fatica<br />

cronica, la sindrome da sonno insufficiente.<br />

10


a b s t r a c t b o o k<br />

R.SILVESTRI<br />

Insonnia e pseudo insonnia nell’OSAS<br />

Nonostante l’OSA sia più tipicamente<br />

associata ad ipersonnia con eccessiva<br />

sonnolenza diurna, in una minoranza di casi, i<br />

pazienti affetti riferiscono una comorbidità<br />

con insonnia. Il sintomo è di più frequente<br />

riscontro nel sesso femminile e correla con<br />

l’età più avanzata, la presenza di disturbo<br />

dell’umore, una peggiore qualità della vita e<br />

la presenza di co-morbidità quali il diabete e<br />

la sindrome delle gambe senza riposo (RLS).<br />

Quest’ultima condiziona più spesso una<br />

insonnia di tipo iniziale, refrattaria ai comuni<br />

ipnotici ed additiva agli effetti dell’OSAS per<br />

quanto concerne il rischio cardio-vascolare e<br />

di ipertensione. L’insonnia da mantenimento<br />

associata all’OSAS è invece espressione di<br />

una più bassa soglia al risveglio che<br />

interviene al momento dell’arousal tipico<br />

della frammentazione notturna da OSA. È più<br />

M. SAVARESE<br />

Comorbidità psicopatologica nelle insonnie ed ipersonnie<br />

Introduzione:<br />

L’insonnia, specie se cronica, è<br />

frequentemente associata con disturbi<br />

psichici. Sebbene l’insonnia cronica venga<br />

generalmente interpretata come una<br />

insonnia secondaria ad un disturbo psichico,<br />

nella maggior parte dei casi è difficile stabilire<br />

se il disturbo del sonno sia secondario o se si<br />

tratti di una insonnia primaria in comorbidità<br />

con essi. In realtà, spesso il disturbo psichico<br />

ha il ruolo di un fattore precipitante ed<br />

acquista importanza nella fase acuta<br />

dell’insonnia piuttosto che nella sua<br />

cronicizzazione. I fattori perpetuanti nel<br />

tempo l’insonnia cronica che è molto spesso<br />

una insonnia psicofisiologica sono infatti da<br />

ricercare nell’adozione di comportamenti<br />

errati con conseguente difficoltà<br />

condizionata nel sonno ed in un elevato stato<br />

di allertizzazione nel letto.<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

frequente nel diabete e nell’ipertensione<br />

grave, entrambi cause singole di insonnia da<br />

mantenimento. Un risveglio precoce è invece<br />

più spesso associato a disturbo dell’umore o<br />

ad apnee della fase REM. La terapia<br />

ventilatoria non invasiva del disturbo<br />

respiratorio va in questi casi associata a<br />

farmaci psicotropi che non peggiorano il<br />

driving respiratorio. La pseudo insonnia<br />

dell’OSA è quella dei soggetti letargici che<br />

riposano a più riprese nel corsoo della<br />

giornata e si riaddormentano spesso alla TV<br />

in situazioni inappropriate, causa anche una<br />

cattiva igiene del sonno. Gli stessi soggetti<br />

spesso svegliati dopo il primo sonno sul<br />

divano, hanno difficoltà a riaddormentarsi<br />

nel proprio letto e la stessa può essere<br />

aggravata dall’uso del CPAP specie nel primo<br />

periodo di aderenza alla terapia.<br />

Al fine di stabilire se l’insonnia sia realmente<br />

secondaria ad un disturbo mentale, la attuale<br />

classificazione internazionale dei disturbi del<br />

sonno (ICSD-2=International Classification of<br />

Sleep Disorders), propone dei criteri<br />

diagnostici restrittivi. Nella Conferenza del<br />

2005 dei National Institutes for Health sullo<br />

Stato della Scienza riguardo alle<br />

manifestazioni e al trattamento dell’insonnia<br />

cronica negli adulti, sono emerse delle<br />

considerazioni molto importanti ed<br />

applicabili alla gestione dell’insonnia<br />

associata ad aspetti psicopatologici: in primo<br />

luogo, la conoscenza ancora incompleta dei<br />

modelli fisiopatologici dell’insonnia cronica<br />

impedisce di trarre conclusioni sulla natura di<br />

queste associazioni o sulla direzione della<br />

causalità.; inoltre c’è la temibile eventualità<br />

che il termine secondaria possa indurre un<br />

“sotto-trattamento” dell’insonnia; pertanto il<br />

termine “insonnia in comorbidità” viene<br />

11<br />

11


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

12<br />

proposto come più appropriato rispetto a<br />

quello di insonnia secondaria.<br />

L’insonnia non è comunque l’unico disturbo<br />

del sonno associato a condizioni<br />

psicopatologiche. Nell’ambito delle<br />

Ipersonnie di Origine Centrale, la ISCD-2<br />

prevede la cosiddetta “Ipersonnia non dovuta<br />

a sostanze o a condizioni fisiologiche note”<br />

anche denominata “Ipersonnia Non Organica,<br />

NOS”: Le definizioni alternative fornite<br />

dall’ISCD-2 fanno comprendere che con tale<br />

termine ci si riferisce a quella che una volta<br />

veniva definita Ipersonnia Psichiatrica o<br />

Ipersonnia associata a Disturbi Mentali, o<br />

Pseudoipersonnia o Pseudonarcolessia.<br />

Secondo i criteri diagnostici, il paziente<br />

lamenta sonnolenza o sonno eccessivo da<br />

almeno 3 mesi, la lamentela è associata<br />

temporalmente ad una diagnosi psichiatrica<br />

ed il monitoraggio polisonnografico può<br />

dimostrare sia una ridotta efficienza di sonno<br />

e un incremento in frequenza/durata di<br />

risvegli notturni, sia delle latenze medie al<br />

sonno variabili, ma spesso normali, all’MSLT.<br />

La Ipersonnia Non Organica è suddivisa in tre<br />

sottotipi: 1) l’ipersonnia associata ad un<br />

episodio depressivo maggiore; 2) l’ipersonnia<br />

come sintomo di Disturbo di Conversione o di<br />

Disturbo Somatoforme Indifferenziato; 3)<br />

l’ipersonnia associata con il Disturbo<br />

Affettivo Stagionale.<br />

Obiettivo<br />

Lo scopo del presente studio è stato<br />

quantificare nei pazienti afferenti ad una<br />

struttura di terzo livello la prevalenza della<br />

comorbidità psicopatologica in soggetti<br />

affetti da insonnia cronica o ipersonnia e<br />

rapportarla ad eventuali peculiarità dei<br />

soggetti che la presentano.<br />

Casistica e Metodica<br />

E’ stato condotto uno studio retrospettivo su<br />

un campione rappresentato dagli ultimi 100<br />

pazienti inviati al nostro centro per insonnia<br />

persistente e dagli ultimi 100 che si erano<br />

rivolti alla struttura per ipersonnia. La<br />

diagnosi di disturbo mentale è stata<br />

effettuata in accordo con i criteri del DSM IV-<br />

R.<br />

Risultati<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

Gli aspetti psicopatologici emersi più<br />

frequentemente negli insonni cronici sono<br />

risultati la depressione (51%), seguita<br />

dall’ansia generalizzata (31%) e dal disturbo<br />

da attacchi di panico (8%). Anche i pazienti<br />

affetti da ipersonnia, sono apparsi più<br />

frequentemente affetti da depressione<br />

(21%), seguita da ansia generalizzata (11%);<br />

il terzo disturbo più rappresentato è invece<br />

risultato il disturbo somatoforme (4%). Il<br />

campione è successivamente stato suddiviso<br />

in diversi sottogruppi omogenei per età, al<br />

fine di verificare eventuali differenze nella<br />

prevalenza della depressione. Il test del Chi-<br />

Square con la correzione di Yates per la “p”<br />

ha dimostrato una maggiore frequenza di<br />

depressione nelle donne, sia insonni che<br />

ipersonni, rispetto agli uomini (p< 0.05) e<br />

nell’insonnia rispetto all’ipersonnia<br />

(p


a b s t r a c t b o o k<br />

le donne sono risultate più colpite rispetto<br />

agli uomini da una comorbidità tra<br />

depressione e disturbi del sonno;<br />

l’insonnia ha dimostrato una più ferquente<br />

associazione con la depressione rispetto alla<br />

ipersonnia;<br />

sebbene la depressione sia risultata presente<br />

nella metà del campione di insonni cronici,<br />

non appare comunque ragionevole<br />

interpretare aprioristicamente una insonnia<br />

cronica come insonnia secondaria perché in<br />

più del 60% dei pazienti l’insonnia persistente<br />

era una insonnia psicofisiologica, ed in questi<br />

casi la depressione era presente come<br />

disturbo in comorbidità solo nella metà dei<br />

casi;<br />

una diagnosi di insonnia non psicofisiologica<br />

dovrebbe sempre far pensare alla possibilità<br />

di una insonnia in comorbidità con<br />

depressione, o ad una insonnia secondaria a<br />

depressione quando sia possibile soddisfare<br />

con certezza i criteri tale disturbo;<br />

una diagnosi di ipersonnia in pazienti non<br />

affetti da OSAS, narcolessia o sindrome di<br />

Kleine Levin comporta la necessità di<br />

verificare l’applicabilità dei criteri<br />

classificativi per una “Ipersonnia Non<br />

Organica” o perlomeno di indagare la<br />

presenza di una eventuale comorbidità con<br />

depressione.<br />

l’assenza di differenze nella prevalenza di<br />

depressione tra i pazienti con ipersonnia non<br />

dovuta ad OSAS o narcolessia o sindrome di<br />

Kleine Levin e quelli con OSAS conferma il<br />

dato, peraltro già emerso in precedenti studi,<br />

circa la frequente componente depressiva<br />

nella sfera psichica dei soggetti con disturbi<br />

respiratori sonno-correlati.<br />

Certamente queste considerazioni non<br />

possono essere estese alla popolazione<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

generale poiché è noto che nel campione di<br />

pazienti che si rivolgono ad un centro di terzo<br />

livello per la diagnosi e terapia dei disturbi<br />

del sonno, la percentuale di forme più gravi e<br />

resistenti e di forme in associazione con altri<br />

disturbi è più elevata. Ad ogni modo, il<br />

riconoscimento di una insonnia secondaria a<br />

o in comorbidità con un disturbo depressivo<br />

ha delle importanti implicazioni terapeutiche<br />

poiché gli antidepressivi rappresentano dei<br />

farmaci di prima scelta. Generalmente, con la<br />

maggior parte degli antidepressivi si ottiene<br />

un miglioramento sia soggettivo che<br />

oggettivo del sonno dopo 3-4 settimane di<br />

terapia; tuttavia, quando l’insonnia è<br />

particolarmente rilevante, per ottenere un<br />

più precoce miglioramento del sonno, si<br />

possono associare degli ipnoinducenti o si<br />

può dare la preferenza agli antidepressivi con<br />

un profilo sedativo ampiamente ed<br />

efficacemente utilizzati anche nella terapia<br />

dell’insonnia primaria.<br />

Alla luce di questi dati, appare essenziale che<br />

lo specialista del sonno abbia una certa<br />

conoscenza delle diagnosi psichiatriche e<br />

delle loro codifiche non perché debba o<br />

possa sostituirsi ad uno psichiatra ma poiché<br />

spesso l’insonnia lamentata dai pazienti che<br />

afferiscono ai centri dei disturbi del sonno è<br />

un sintomo di altri sottostanti e misconosciuti<br />

disturbi psichiatrici. Sebbene il medico<br />

esperto del sonno non abbia sempre o<br />

necessariamente la competenza psichiatrica<br />

tale da poter seguire autonomamente un<br />

paziente con un disturbo psichiatrico, deve<br />

tuttavia impegnarsi in un tempestivo<br />

riconoscimento di questi disturbi per evitare<br />

al paziente inutili ed ulteriori sofferenze<br />

conseguenti ad inadeguati trattamenti.<br />

13<br />

13


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

14<br />

OSAS E COMORBIDITÀ: IL PUNTO DI VISTA DI CARDIOLOGI,<br />

IPERTENSIVOLOGI E INTERNISTI<br />

O. MARRONE<br />

OSA e insufficienza cardiaca<br />

Disturbi respiratori nel sonno si osservano in<br />

circa la metà dei soggetti con insufficienza<br />

cardiaca. I disturbi ostruttivi sono un fattore<br />

di rischio per la comparsa e l’aggravamento<br />

di insufficienza cardiaca; questa, a sua volta,<br />

può favorire un loro aggravamento poiché<br />

l’eccesso di liquidi che essa comporta viene in<br />

parte dislocato nel collo, restringendo le vie<br />

aeree superiori. Le apnee centrali,<br />

solitamente organizzate in un respiro<br />

periodico di tipo Cheyne-Stokes, sono invece<br />

considerate interamente un effetto<br />

dell’insufficienza cardiaca. Mediamente i<br />

pazienti con disturbi di tipo centrale hanno<br />

una compromissione della funzionalità<br />

cardiaca maggiore rispetto a quelli con<br />

disturbi ostruttivi, ma spesso eventi di tipo<br />

ostruttivo e centrale coesistono nello stesso<br />

soggetto. Tutti i disturbi respiratori nel sonno<br />

sono più frequenti nel sesso maschile.<br />

Nell’insufficienza cardiaca sono fattori di<br />

sospetto per le apnee ostruttive un elevato<br />

M. R. BONSIGNORE<br />

OSA, diabete e sindrome metabolica<br />

La frequente coesistenza di OSA ed obesità<br />

rende difficile l’analisi della patogenesi delle<br />

alterazioni metaboliche nei pazienti OSA.<br />

L’obesità viscerale è associata ad insulinoresistenza,<br />

aumento degli acidi grassi<br />

circolanti, steatosi epatica, e dislipidemia, e<br />

questi elementi si ritrovano nella diagnosi di<br />

Sindrome Metabolica (MetS), insieme<br />

all’aumento della pressione arteriosa. I<br />

pazienti con OSA grave presentano<br />

un’elevata prevalenza di MetS, e<br />

l’associazione tra OSA e MetS è stata<br />

confermata anche in pazienti affetti da<br />

obesità severa. In questo gruppo di soggetti,<br />

studiati prima di un intervento di chirurgia<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

indice di massa corporea ed il russamento,<br />

mentre per le apnee centrali lo sono la<br />

fibrillazione atriale ed una tendenza<br />

all’ipocapnia; non è invece un sintomo di<br />

disturbi respiratori nel sonno la sonnolenza<br />

diurna soggettivamente riportata. Il<br />

trattamento delle apnee ostruttive <strong>media</strong>nte<br />

CPAP è seguito da un miglioramento della<br />

funzionalità ventricolare sinistra e da una<br />

riduzione della mortalità. Gli effetti del<br />

trattamento delle apnee centrali sulla<br />

funzionalità cardiaca e sulla sopravvivenza<br />

sono più incerti, mentre è noto che<br />

l’ottimizzazione del trattamento<br />

dell’insufficienza cardiaca può portare ad una<br />

riduzione o alla scomparsa delle apnee<br />

centrali o alla loro sostituzione con apnee<br />

ostruttive. Il trattamento delle apnee<br />

centrali, per quanto di discussa utilità, viene<br />

eseguito principalmente <strong>media</strong>nte CPAP o<br />

ventilazione servoadattativa.<br />

bariatrica, i soggetti con OSA presentavano<br />

simile BMI ma peggiore quadro metabolico<br />

rispetto ai soggetti senza OSA. Tuttavia, la<br />

terapia dell’OSA non è associata a<br />

miglioramento del quadro metabolico nella<br />

maggior parte degli studi. Pertanto, i dati<br />

disponibili suggeriscono che la coesistenza di<br />

OSA e obesità aumenta il rischio di MetS, e<br />

l’OSA potrebbe rappresentare un marker di<br />

gravità nel quadro metabolico dell’obesità.<br />

Per quanto riguarda il rapporto tra diabete<br />

mellito ed OSA, studi epidemiologici<br />

suggeriscono che l’obesità, non l’OSA, è il<br />

principale fattore patogenetico. Gli studi<br />

clinici al riguardo hanno riportato risultati<br />

14


a b s t r a c t b o o k<br />

contrastanti, specialmente riguardo al<br />

controllo dei valori glicemici durante<br />

trattamento con CPAP. E’ possibile che la<br />

glicemia a digiuno sia un indicatore poco<br />

sensibile delle alterazioni indotte dall’OSA,<br />

mentre alcuni dati suggeriscono che l’uso<br />

dell’emoglobina glicosilata (HBa1c), un<br />

marker di controllo “globale” della glicemia,<br />

sarebbe più sensibile ed appropriato<br />

nell’analisi delle alterazioni glicemiche dei<br />

SIMPOSIO CONGIUNTO AIMS- SNO<br />

SONNO E STROKE: NUOVE PROSPETTIVE DI MANAGEMENT<br />

F. PIZZA<br />

Stroke, metabolismo cerebrale e apnee notturne<br />

Numerosi studi hanno evidenziato strette e<br />

reciproche relazioni tra disturbi respiratori in<br />

sonno e ictus. La sindrome delle apnee<br />

ostruttive in sonno (OSAS) è un fattore di<br />

rischio indipendente per l’occorrere di eventi<br />

ischemici cerebrali. Di converso nella fase<br />

acuta dell’ictus si verificano alterazioni del<br />

respiro in sonno (e.g. peggioramento di<br />

preesistente OSAS, comparsa di apnee<br />

centrali, respiro periodico) secondarie alla<br />

patologia cerebrale stessa.<br />

L’OSAS influisce sul rischio cerebrovascolare<br />

attraverso molteplici meccanismi solo<br />

parzialmente noti nelle loro mutue<br />

interazioni. Cronicamente promuove lo<br />

sviluppo di ipertensione arteriosa, di uno<br />

stato proinfiammatorio, di aterosclerosi<br />

nonché di disfunzioni endoteliali.<br />

Acutamente il ripetersi di apnee nel sonno<br />

determina riduzioni della saturazione di<br />

ossigeno e complessi effetti emodinamici:<br />

fasiche variazioni della pressione<br />

intratoracica responsabili di repentine<br />

modificazioni di gittata e frequenza cardiaca<br />

(incluse aritmie) associate a transitori<br />

aumenti della pressione arteriosa sistemica<br />

con conseguenti fluttuazioni della perfusione<br />

cerebrale.<br />

L’OSAS influisce anche sull’evoluzione<br />

dell’ictus in fase acuta determinando una<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

pazienti OSA. D’altra parte, il diabete è più<br />

frequente in pazienti di età relativamente<br />

avanzata (>65 anni), quando l’OSA potrebbe<br />

dipendere più da alterazioni legate<br />

all’invecchiamento che da fattori di rischio<br />

“classici” per OSA. L’argomento è tuttora<br />

aperto, e soltanto studi randomizzati e<br />

controllati in pazienti OSA diabetici potranno<br />

fornire informazioni definitive.<br />

peggiore ripresa funzionale, una maggiore<br />

durata di ospedalizzazione, una maggiore<br />

mortalità a breve e lungo termine ed un<br />

aumentato rischio di ricorrenza di eventi<br />

ischemici cerebrali. I meccanismi<br />

fisiopatologici responsabili di tale negativo<br />

impatto clinico in fase acuta sono<br />

scarsamente noti, anche a causa della difficile<br />

applicazione delle tecniche di imaging<br />

funzionale (e.g tomografia ad emissione di<br />

positroni) necessarie per esplorare l’impatto<br />

dei disturbi del respiro in sonno<br />

sull’evoluzione dinamica della lesione<br />

cerebrale.<br />

Infine, lo stretto rapporto tra OSAS ed ictus si<br />

riflette sulle possibili opzioni terapeutiche.<br />

Infatti la terapia ventilatoria a pressione<br />

positiva continua (CPAP) si è oramai<br />

dimostrata efficace sia nel ridurre il rischio<br />

cerebrovascolare dei pazienti OSAS in<br />

condizioni di base, sia nel migliorare<br />

marcatori surrogati di tale rischio (quali la<br />

pressione arteriosa) dopo l’occorrere di un<br />

primo evento ischemico cerebrale. Ne deriva<br />

l’importanza clinica di includere la<br />

valutazione diagnostica e terapeutica di un<br />

eventuale compresente disturbo del respiro<br />

in sonno nell’ambito della gestione<br />

complessa del paziente affetto da ictus<br />

cerebrale.<br />

15<br />

15


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

16<br />

L. NOBILI<br />

Il trattamento con CPAP nella fase acuta dell’ictus<br />

Negli ultimi anni è stato dimostrato che la<br />

presenza di apnee ostruttive in sonno<br />

costituisce un importante fattore di rischio<br />

per lo sviluppo di malattie cardio e cerebrovascolari.<br />

Inoltre è stato riportato che nella<br />

fase acuta dell’ictus i disturbi del respiro<br />

durante il sonno sono molto più frequenti di<br />

quanto riscontrato nella popolazione<br />

generale. Uno studio recente multicentrico<br />

(Studio DARIA, Detection of sleep Apnea as<br />

Risk factor In Acute stroke) ha confermato<br />

tali osservazioni, evidenziando che in circa il<br />

60% dei pazienti ricoverati in stroke unit con<br />

ictus moderato-lieve è presente un disturbo<br />

del respiro durante il sonno che risulta di<br />

grado severo e di natura ostruttiva (apnee ed<br />

ipopnee ostruttive) nel 30% dei casi, con<br />

marcate cadute dei valori di ossigenazione<br />

cerebrale ed importante attivazione<br />

vegetativa.<br />

Il disturbo respiratorio in sonno può essere<br />

trattato in maniera efficace utilizzando<br />

dispositivi ventilatori a Pressione Positiva<br />

(Positive Airways Pressure – PAP); è stato<br />

dimostrato che l’utilizzo della PAP oltre a<br />

migliorare globalmente la qualità della vita<br />

del soggetto riduce significativamente il<br />

rischio di malattie cerebrovascolari. Alcuni<br />

dati recenti sembrano indicare che l’inizio del<br />

trattamento con PAP nella fase post acuta<br />

dell’ictus possa ridurre significativamente il<br />

rischio di recidiva; tuttavia, non è stato<br />

ancora definitivamente dimostrato se il<br />

trattamento del disturbo respiratorio, iniziato<br />

nella fase acuta dell’ictus, possa modificare la<br />

prognosi. Uno studio di costo-efficacia<br />

A. BRAGHIROLI<br />

Stroke e OSAS: management riabilitativo<br />

L’associazione tra Stroke e OSAS rientra tra le<br />

complicanze cardiovascolari delle apnee nel<br />

sonno ed il ruolo degli eventi respiratori nel<br />

sonno come fattore di rischio indipendente<br />

per stroke è stato dimostrato da studi<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

condotto negli Stati Uniti ha ipotizzato che<br />

l’applicazione della PAP nella fase acuta<br />

dell’ictus potrebbe non soltanto migliorare<br />

l’esito clinico del paziente ma ridurre le spese<br />

conseguenti a tale patologia. La PAP<br />

potrebbe modificare la prognosi dei pazienti<br />

con ictus con diversi meccanismi: 1)<br />

Un’azione specifica sulla lesione vascolare<br />

cerebrale: l’ipossia e l’ipercapnia giocano un<br />

ruolo importante nel determinare la prognosi<br />

dell’ictus poiché possono determinare un<br />

peggioramento dell’ischemia<br />

compromettendo quindi anche l’esito a lungo<br />

termine; 2) Un’azione sul sistema<br />

cardiovascolare: è noto che i disturbi del<br />

respiro nel sonno favoriscono lo sviluppo di<br />

ipertensione arteriosa, aritmie cardiache e<br />

dilatazione atriale; il trattamento con PAP<br />

potrebbe ridurre la morbilità/mortalità<br />

cardiovascolare che rappresenta una<br />

problematica di rilievo nei pazienti che hanno<br />

avuto un ictus; 3) Un’azione sulla<br />

prevenzione precoce delle recidive: le apnee<br />

ostruttive in sonno sono un fattore di rischio<br />

indipendente per ipertensione arteriosa,<br />

cardiopatia ischemica, insufficienza cardiaca,<br />

fibrillazione atriale, morte improvvisa e ictus;<br />

il trattamento con PAP potrebbe ridurre<br />

nuovi eventi vascolari anche nei pazienti con<br />

ictus trattati precocemente.<br />

In letteratura esistono soltanto pochi lavori<br />

che dimostrano la fattibilità del trattamento<br />

con CPAP nella fase acuta dell’ictus e che<br />

riportano preliminari dati positivi nei pazienti<br />

trattati; tuttavia suggeriscono un cauto<br />

utilizzo dei valori pressori dei ventilatori.<br />

prospettici su casistiche ben controllate<br />

(Wisconsin sleep cohort, Sleep Heart Health<br />

Study).<br />

Anche l’efficacia del trattamento degli eventi<br />

respiratori nel sonno, specialmente di tipo<br />

16


a b s t r a c t b o o k<br />

ostruttivo, è stata teorizzata da alcuni<br />

contributi, ma l’evidenza risulta mitigata dalle<br />

difficoltà di applicazione dei dispositivi di<br />

trattamento in fase acuta (abitualmente circa<br />

il 20% dei pazienti lo accetta) e dal bias di<br />

fondo della proporzionalità inversa con la<br />

gravità delle condizioni del paziente: più<br />

l’ictus è devastante, più difficile è il<br />

trattamento ventilatorio. A questo non<br />

sfugge chi, come il gruppo di Valencia che ha<br />

pubblicato in ripetizioni successive (acuto, 3 –<br />

5 e 7 anni) le curve di sopravvivenza dei<br />

pazienti con ictus e OSAS che hanno o non<br />

hanno accettato il trattamento con CPAP,<br />

ostenta risultati apparentemente protettivi in<br />

termini di sopravvivenza.<br />

Perché il trattamento del paziente con ictus,<br />

anche al di fuori della fase acuta, è così<br />

frequentemente fallimentare? La procedura<br />

è davvero time-consuming, individuare<br />

l’interfaccia richiede tempo: le parestesie al<br />

volto, l’incapacità a mantenere la bocca<br />

chiusa in gran parte dei pazienti, la necessità<br />

di terzi che aiutino nel posizionamento della<br />

maschera senza provocare decubiti è un<br />

primo scoglio. Si aggiunge l’idea di un<br />

trattamento supplementare che scoraggia chi<br />

già tende, specie nelle prime fasi del<br />

recupero, a sentirsi molto sotto pressione per<br />

la serie di trattamenti cui è sottoposto già<br />

durante la giornata. Gli eventi centrali si<br />

sommano e intersecano con gli ostruttivi e<br />

non sono ancora disponibili dati che ci diano<br />

IL SONNO E LA RICERCA DI BASE:<br />

NUOVE TECNOLOGIE E NUOVI PARADIGMI<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

certezze su quali debbano essere<br />

necessariamente trattate. I ventilatori<br />

servoassistiti, inizialmente presentati come<br />

possibile soluzione per gli eventi centrali di<br />

questi pazienti, sul campo si dimostrano<br />

spesso inefficaci e lo specialista del sonno<br />

fatica a trasportare in questo campo le<br />

nozioni e i protocolli di trattamento che ha<br />

imparato ad applicare in altri ambiti (OSA<br />

semplice, BPCO, scompenso cardiaco<br />

cronico).<br />

Avviare questa tipologia di paziente a<br />

trattamento in un setting domiciliare è<br />

davvero impresa ardua. Sebbene non<br />

manchino gli inviti ad inserire nei protocolli<br />

delle stroke unit la diagnostica ed il<br />

trattamento degli eventi ventilatori nel sonno<br />

siamo ancora molto lontani dalla diffusione<br />

come standard operativo. Ecco quindi che<br />

l’ambito riabilitativo risulta la condizione<br />

probabilmente più adatta per la gestione di<br />

questi pazienti, avvalendosi di figure<br />

professionali che già hanno buona esperienza<br />

nell’applicazione della ventilazione non<br />

invasiva in altri ambiti e che hanno<br />

soprattutto la capacità di gestire pazienti,<br />

interfacce e protesica a 360°, includendo<br />

l’addestramento dei care-giver e l’avvio delle<br />

procedure burocratiche per la fornitura che a<br />

volte rappresentano un ostacolo<br />

supplementare a sfondare la soglia dell’1 su 5<br />

che ce la fa.<br />

A. SILVANI<br />

Sonno e funzioni vegetative: un approccio genetico sperimentale alla fisiopatologia delle<br />

regolazioni integrate<br />

La veglia ed il sonno sono comportamenti che<br />

coinvolgono l’intero organismo. La<br />

regolazione delle funzioni cardiovascolari e<br />

respiratorie è strettamente integrata col<br />

comportamento di veglia e sonno in<br />

condizioni fisiologiche. L’alterazione di<br />

queste regolazioni integrate ha un ruolo<br />

importante nella fisiopatologia<br />

cardiovascolare, come testimoniato dalle<br />

apnee notturne e dallo smorzamento della<br />

riduzione notturna della pressione arteriosa. I<br />

meccanismi genetici e nervosi centrali alla<br />

base della fisiologia e fisiopatologia delle<br />

regolazioni integrate durante il sonno<br />

17<br />

17


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

18<br />

rimangono ancora virtualmente inesplorati.<br />

L’evidenza disponibile in veglia indica che<br />

questi meccanismi vegetativi fondamentali<br />

per la sopravvivenza sono ben conservati tra<br />

specie diverse di mammiferi. Nei mammiferi,<br />

similmente, gli stati di sonno non-REM e REM<br />

sono conservati e ben distinguibili. Il topo<br />

(Mus musculus) è la specie di mammifero che<br />

offre le maggiori opportunità di<br />

manipolazione genetica. Lo sviluppo tecnico<br />

(telemetria abbinata alla pletismografia<br />

corporea totale) permette di effettuare<br />

registrazioni polisonnografiche complete<br />

(elettroencefalogramma, elettromiogramma,<br />

frequenza cardiaca, pressione arteriosa,<br />

M. MASSIMINI<br />

Sonno ed eccitabilità corticale: dalla teoria ai pazienti<br />

Secondo un’ipotesi di recente formulazione<br />

(Tononi e Cirelli, 2004) il sonno avrebbe la<br />

funzione di tenere sotto controllo, tramite un<br />

meccanismo omeostatico, l’eccitabilità dei<br />

circuiti corticali. Una serie di evidenze<br />

sperimentali raccolte nel modello animale<br />

hanno dimostrato una netta prevalenza dei<br />

processi di potenziamento sinaptico durante<br />

la veglia. Quest’aumento dei pesi sinaptici è<br />

legato all’interazione con l’ambiente e<br />

all’apprendimento che avviene durante la<br />

veglia, ma deve in qualche modo essere<br />

bilanciato, per non incorrere in costi<br />

metabolici insostenibili e per prevenire la<br />

saturazione della capacità di apprendimento.<br />

Il sonno riporterebbe, tramite un processo di<br />

“ri-scalamento” sinaptico i pesi sinaptici<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

frequenza ventilatoria, volume corrente) in<br />

topi in condizioni di comportamento<br />

spontaneo ed indisturbato nonostante le loro<br />

piccole dimensioni (20-30 g). L’applicazione<br />

di tali tecniche in topi con modificazione di<br />

specifici geni coinvolti nel funzionamento del<br />

sistema nervoso centrale permette un<br />

approccio genetico sperimentale alla<br />

fisiopatologia delle regolazioni integrate.<br />

Questo approccio ha recentemente messo in<br />

luce il ruolo delle ipocretine/orexine e del<br />

sistema degli endocannabinoidi nel controllo<br />

respiratorio e cardiovascolare durante il<br />

sonno.<br />

globali ad un livello sostenibile, pur<br />

mantenendo le differenze relative. Una<br />

predizione fondamentale di questa ipotesi è<br />

che l’eccitabilità corticale deve aumentare<br />

durante la veglia e ridursi durante sonno.<br />

Recentemente siamo stati in grado di<br />

verificare questa direttamente nell’uomo<br />

utilizzando una combinazione di stimolazione<br />

magnetica transcranica e di<br />

elettroengefalografia. Queste nuove misure<br />

applicate a controlli sani e pazienti affetti da<br />

depressione bipolare durante protocolli di<br />

deprivazione di sonno forniscono importanti<br />

indizi sulle complesse relazioni che legano il<br />

sonno, l’eccitabilità corticale e la<br />

fisiopatologia dei disturbi dell’umore.<br />

L. DE GENNARO<br />

Modulare l’attività elettrica spontanea durante il sonno e la veglia: stimolazione elettrica e<br />

stimolazione magnetica transcranica<br />

Introduzione. Negli ultimi anni due tecniche<br />

non invasive, la stimolazione magnetica<br />

transcranica (TMS) e la stimolazione<br />

transcranica a corrente diretta (tDCS), hanno<br />

permesso di modificare nell’umano l’attività<br />

cerebrale spontanea ed evocata.<br />

L’ambizioso obiettivo di una serie di studi<br />

ancora in corso di svolgimento è quello di<br />

verificare se queste tecniche possono<br />

contribuire ad influenzare l’attività elettrica<br />

spontanea prima e durante il sonno. Nello<br />

specifico, ci si propone di incrementare<br />

18


a b s t r a c t b o o k<br />

l’attività EEG ad onde lente prima e dopo<br />

l’inizio del sonno. Nel primo caso, con una<br />

serie di protocolli sperimentali di<br />

stimolazione tDCS stiamo verificando la<br />

possibilità in soggetti normali svegli ad occhi<br />

chiusi di incrementare i ritmi EEG coerenti<br />

con il build up della sincronizzazione<br />

corticale. Nel secondo, abbiamo utilizzato un<br />

protocollo di stimolazione TMS per<br />

incrementare regionalmente la slow-wave<br />

activity (SWA) durante il sonno.<br />

Risultati e Conclusioni. I risultati di un<br />

protocollo associativo di stimolazione TMS<br />

sulla corteccia motoria hanno mostrato che<br />

effettivamente l’attività regionale durante il<br />

sonno è localmente influenzata, nella<br />

direzione di un incremento di SWA.<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

Comunque, i siti corticali interessati<br />

all’incremento di SWA sono quelli peri-focali<br />

e controlaterali alla stimolazione TMS<br />

presonno, con alcune aree adiacenti che<br />

invece esprimono una riduzione di SWA.<br />

I risultati ancora preliminari di alcuni<br />

protocolli di stimolazione tDCS anodica,<br />

catodica o alternata (con frequenza


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

20<br />

SONNO, LAVORO E TRASPORTI<br />

L. PERSIA<br />

Incidenti stradali e sicurezza nella UE<br />

L'intervento esamina la situazione<br />

dell'incidentalità nelle diverse aree del<br />

mondo, evidenziandone i trend e le<br />

caratteristiche principali.<br />

Vengono presentate le azioni<br />

programmatiche dell'ONU e della<br />

Commissione Europea, descrivendo le<br />

principali azioni di ricerca condotte in Europa<br />

negli ultimi anni.<br />

N. MAGNAVITA<br />

L’opinione del medico competente<br />

La sonnolenza oggi è un problema. La<br />

scoperta della luce elettrica nel 1883 ha<br />

cambiato modi e tempi del lavoro; si può dire<br />

che il lavoro industriale riduce i tempi del<br />

sonno. Nell’ultimo secolo, i paesi<br />

industrializzati hanno ridotto il tempo medio<br />

di sonno di oltre il 20% (da 9 a 7 ore). Dal<br />

1969 ad oggi, il tempo annuo di lavoro (e<br />

viaggio) è aumentato in <strong>media</strong> di 158 ore pro<br />

capite. L’aumento dell’orario di lavoro<br />

settimanale determina disturbi del sonno,<br />

fatica e sonnolenza (Dahlgren et al. 2006). Il<br />

bisogno di dormire è una esigenza biologica<br />

come bere o mangiare. Gli effetti di un riposo<br />

inadeguato non possono essere ri<strong>media</strong>ti da<br />

motivazione, training, o esperienza. Possiamo<br />

dire che: il lavoro (per chi ce l’ha) è troppo!<br />

Fatica e sonnolenza sono i due argomenti di<br />

maggiore interesse per il medico del lavoro .<br />

La sonnolenza è la tendenza ad<br />

addormentarsi. La fatica è la risposta<br />

dell’organismo alla perdita di sonno o ad un<br />

esercizio prolungato o strenuo. La fatica può<br />

essere ridotta da una attività sedentaria,<br />

mentre la sonnolenza ne è esacerbata. La<br />

sonnolenza si accompagna a ridotta allerta<br />

che induce ridotta attenzione ai particolari,<br />

compromissione del giudizio, rallentamento<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

Viene poi analizzata la situazione italiana, con<br />

riferimento ai trend dell'ultimo decennio,<br />

riportando le valutazioni sulle politiche e gli<br />

interventi rivelatisi realmente efficaci.<br />

Nell'ultima parte vengono presentate le<br />

politiche che il nostro Paese si appresta ad<br />

intraprendere negli anni futuri, con<br />

l'obiettivo di conseguire il dimezzamento,<br />

rispetto al 2011, del numero dei morti su<br />

strada entro il 2020.<br />

dei tempi di risposta. Ciò può compromettere<br />

produttività, sicurezza e salute<br />

La deprivazione dal sonno è un rischio per la<br />

salute pubblica generalmente misconosciuto.<br />

Molti credono di potersi adattare ad una<br />

cronica perdita di sonno. Altri pensano che<br />

per recuperare basta una buona dormita.<br />

Purtroppo (per loro stessi e per gli altri) si<br />

sbagliano<br />

Sia la carenza di sonno, che il disallineamento<br />

circadiano possono avere effetti sulla salute.<br />

Non dormire per 24 ore produce gli stessi<br />

effetti neurocomportamentali di chi ha una<br />

alcolemia di 0,10% (Dawson & Reid, 1997).<br />

Due ore di sonno in meno ogni notte in una<br />

settimana producono lo stesso effetto<br />

(Belenky et al. 2003). Tra le conseguenze<br />

della deprivazione di sonno: incidenti (nei<br />

trasporti, nell’industria, nella sanità), malattie<br />

(diabete, sindrome metabolica, obesità,<br />

ipertensione, malattie cardiovascolari, turbe<br />

della fertilità, tumori). Negli USA: si riconosce<br />

che il sonno è un problema di salute<br />

pubblica. Circa il 50% degli Americani sono<br />

deprivati dal sonno, il 30% dorme meno di 6<br />

ore per notte, circa 70 milioni hanno sonno<br />

insufficiente, 7 su 10 hanno difficoltà ad<br />

addormentarsi, 40 milioni soffrono di disturbi<br />

cronici, 20 milioni hanno problemi<br />

20


a b s t r a c t b o o k<br />

occasionali, 1/3 degli Americani hanno<br />

sintomi di insonnia. Da noi la situazione è<br />

diversa?<br />

Nel lavoro occorre considerare alcuni<br />

parametri: il lavoro nelle ore di notte, il<br />

lavoro per più di 40 ore a settimana, il lavoro<br />

per più di 8 ore consecutive, il tipo di turno<br />

(fisso, a rotazione), le modificazioni<br />

dell’orario (previste, imprevedibili) lo<br />

straordinario (volontario, obbligatorio) e gli<br />

altri fattori che influenzano l’allerta, come Il<br />

tipo di compito svolto, l’orario, rispetto ai<br />

ritmi circadiani, l’ambiente di lavoro<br />

(stimolante o faticoso?). Occorre anche<br />

valutare se ciascun lavoratore ha il riposo<br />

adeguato durante il periodo di non lavoro, e<br />

se l’ambiente di riposo domestico lo<br />

consente, anche in relazione alla presenza di<br />

condizioni emozionali, fisiche, mediche che<br />

interferiscono con il recupero di sonno o con<br />

lo stato di allerta.<br />

La sorveglianza sanitaria in Italia non è<br />

obbligatoria per il rischio di sonnolenza<br />

diurna o per la fatica. E’ però obbligatorio<br />

valutare “tutti i rischi” e tutelare anche i<br />

terzi.<br />

Il Medico Competente dovrebbe indicare al<br />

DDL e al RSPP l’opportunità di prevedere<br />

questi rischi nel DVR (documento di<br />

valutazione dei rischi aziendale) e di istituire<br />

quindi la sorveglianza specifica, con il<br />

concorde parere dei lavoratori e dei loro<br />

rappresentanti. In assenza di tale atto, il<br />

medico competente non può fare<br />

sorveglianza dei disturbi del sonno, e non<br />

può convocare a visita lavoratori solo sulla<br />

base di questo rischio, che non è previsto per<br />

legge.<br />

In ogni caso, il medico non può ignorare la<br />

fatica che insorge nei lavoratori sottoposti a<br />

sorveglianza er altri motivi.<br />

La Sorveglianza è giustificata? Dal punto di<br />

vista medico (evidence-based) se:<br />

l’esposizione a rischio è continua, esiste un<br />

metodo di controllo, la diagnosi precoce è<br />

utile. Dal punto di vista giuridico (L.300/70)<br />

se: il rischio professionale è previsto per<br />

legge, oppure il rischio professionale è<br />

previsto dal DVR. Attenzione: il MC è<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

penalmente responsabile della omessa<br />

valutazione del rischio.<br />

La prevenzione è stata fatta<br />

tradisizonalmente <strong>media</strong>nte l’adozione di<br />

linee-guida e normative (nei trasporti<br />

stradali, marittimi, aerei, ferroviari, in sanità)<br />

. Si constata che le restrizioni dell’orario di<br />

servizio non bastano, da sole, a garantire il<br />

livello massimo di allerta nelle attività<br />

critiche. La risposta più efficace è l’istituzione<br />

di un Sistema di gestione della fatica.<br />

Il Sistema è diretto a gestire i rischi associati<br />

con la fatica. E’ analogo (o è una parte di) un<br />

Sistema di Gestione dei Rischi per la salute e<br />

sicurezza lavorativa<br />

E’ basato sull’evidenza, controllato dai dati<br />

raccolti e soggetto ad un continuo<br />

miglioramento. La responsabilità della sua<br />

applicazione poggia in egual misura sul<br />

management e sui lavoratori. Il medico del<br />

lavoro, nella sua funzione di consulente del<br />

datore di lavoro, ne è promotore. Un sistema<br />

basato sull’evidenza e diretto dai dati<br />

obiettivi che controlla la fatica dei lavoratori,<br />

in modo flessibile e appropriato al livello di<br />

rischio e alla natura dell’attività lavorativa.<br />

Storicamente, i primi Sistemi di gestione della<br />

fatica (SGF) sono stati elaborati dopo il<br />

verificarsi di eventi disastrosi. E’ importante<br />

che il SGF sia concepito come un sistema<br />

proattivo, non reattivo.<br />

Un SGF si articola in 4 fasi: (1) Identificare e<br />

valutare il rischio (assessment); (2) Applicare<br />

le misure correttive, mettere in atto un<br />

sistema di reporting e di sorveglianza<br />

(surveillance) (3) Informare e formare i<br />

lavoratori (information); (4) Verificare<br />

procedure, processi, punti critici (audit).<br />

Questa sequenza è nota come “Metodo<br />

A.S.I.A. (Magnavita, 2003).<br />

Anche se c’è un responsabile, il processo<br />

deve coinvolgere tutti i lavoratori in tutte le<br />

fasi (valutazione, elaborazione proposte di<br />

miglioramento e loro applicazione,<br />

segnalazioni, verifiche). Si deve stabilire una<br />

catena di responsabilità. Deve essere previsto<br />

un sistema di sanzioni .<br />

Contro l’evento da prevenire, si ergono 5<br />

barriere: equilibrio tra carico di lavoro e<br />

21<br />

21


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

22<br />

personale, organizzazione dei turni,<br />

educazione dei lavoratori e giudizi di<br />

idoneità, ambiente di lavoro, monitoraggio<br />

della fatica e dell’allerta.<br />

Difesa 1: Personale sufficiente. La carenza di<br />

personale aumenta sia la fatica acuta che<br />

quella cronica. I lavoratori spesso<br />

preferiscono la carenza di personale, in<br />

quanto portatrice di benefici economici. Il<br />

singolo lavoratore può essere indotto a<br />

lavorare al di là delle proprie capacità, per<br />

motivi economici Quale controllo fare sul<br />

secondo lavoro? Ci può essere un ciclo<br />

vizioso tra superlavoro, assenteismo e<br />

turnover creato da carenze di personale.<br />

Difesa 2: Gestione dei turni. Il lavoro a turni è<br />

una potenziale sorgente di fatica. Il<br />

disallineamento dei ritmi circadiani può<br />

causare problemi per la salute. Occorre<br />

combinare tre strategie: adottare un orario<br />

che consenta frequenti opportunità di riposo<br />

notturno per recuperare il debito contratto<br />

nei turni, educare i lavoratori a massimizzare<br />

le occasioni di sonno, modificare l’ambiente<br />

di lavoro in modo da stimolare l’allerta e<br />

proteggere da errori. Esistono anche modelli<br />

biomatematici che stimano la fatica fatta dai<br />

lavoratori, ma la loro applicazione non è<br />

ancora stata verificata in Italia.<br />

Difesa 3a: Educazione. I lavoratori sono<br />

responsabili per usare in modo appropriato le<br />

opportunità di dormire, per verificare il loro<br />

livello di fatica, per curare i disturbi del<br />

sonno.<br />

I lavoratori dovrebbero essere<br />

adeguatamente formati a conoscere il rischio<br />

e le modalità di prevenzione, nonché a<br />

riconoscere in sé e negli altri i segni di fatica e<br />

sonnolenza.<br />

Difesa 3b: Curare i disturbi del sonno. I<br />

disturbi del sonno sono comuni nella<br />

popolazione. Lo screening dei disturbi del<br />

sonno può essere utilmente inserito nelle<br />

attività del medico competente, senza un<br />

significativo impegno di tempo e con<br />

soddisfazione dei lavoratori (es. Solaris). Il<br />

medico competente deve indirizzare il<br />

lavoratore allo specialista per il trattamento e<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

seguire nel tempo l’adesione al programma<br />

terapeutico e l’evoluzione della patologia .<br />

Difesa 3c: Il giudizio di idoneità. Ha tre<br />

finalità: (1) Evitare che il lavoratore subisca<br />

danni dal lavoro. (2) Evitare che il lavoratore<br />

malato danneggi i terzi (La.R.A.). (3) Valutare<br />

la capacità professionale (vietato al DDL e al<br />

MC dalla L.300/70).<br />

Cìè un conflitto etico, difficile bilanciamento<br />

tra il diritto alla salute (preminente) ed il<br />

diritto al lavoro (fondamentale). Si deve<br />

tenere conto delle esigenze del datore di<br />

lavoro e degli interessi della società<br />

Il medico del lavoro cura i sani, ha l’obiettivo<br />

di migliorarne il benessere e la produttività.<br />

Per farlo agisce (chiede di agire)<br />

sull’ambiente e sull’organizzazione del<br />

lavoro.<br />

La soluzione per la sonnolenza, come per altri<br />

problemi, NON E’ MAI L’ALLONTANAMENTO<br />

dal lavoro. Se il rischio causa la patologia,<br />

allontanare uno, farà ammalare un altro. Se<br />

la patologia non è causata dal lavoro, non si<br />

vede perché il datore di lavoro (privato o<br />

pubblico) se ne debba fare carico. La<br />

soluzione è MIGLIORARE IL LAVORO.<br />

I lavoratori a rischio generalmente NON sono<br />

sottoposti a sorveglianza sanitaria<br />

obbligatoria, e generalmente NON rientrano<br />

nei criteri di legge per il lavoro notturno;<br />

magari, a volte sono sottoposti a controlli<br />

onerosi e di dubbia efficacia.<br />

Difesa 4: L’ambiente di lavoro. Deve<br />

stimolare lo stato di allerta. Luce,<br />

temperatura, umidità, rumore e design<br />

ergonomico possono influenzare l’allerta. I<br />

compiti critici dovrebbero essere<br />

programmati nelle ore di massima allerta. I<br />

periodi di ridotta allerta comprendono tutti i<br />

momenti di cambio-turno, il primo<br />

pomeriggio e le prime ore del giorno.<br />

Dovrebbero essere previste brevi pause per<br />

esercizio fisico, conversazione o pisolini<br />

possono essere programmati per aumentare<br />

l’allerta<br />

Difesa 5: Difese individuali. I lavoratori, i loro<br />

colleghi e supervisori devono fare attenzione<br />

ai segni prodromici di eccessiva fatica. I<br />

supervisori hanno la responsabilità e<br />

22


a b s t r a c t b o o k<br />

l’impegno di adottare misure per mitigare la<br />

fatica o i suoi rischi per la sicurezza. Le misure<br />

im<strong>media</strong>te possono comprendere una pausa<br />

di riposo, il passaggio a compiti meno<br />

rischiosi, l’uso moderato di caffè,<br />

l’affiancamento di un collega, l’uso di luci o<br />

musica. Ripetuti episodi di fatica dovrebbero<br />

motivare il ricorso al medico competente.<br />

Esistono questionari in italiano per il<br />

monitoraggio della fatica. Il questionario di<br />

Yoshitake misura la fatica fisica e mentale. E’<br />

stato da noi impiegato nel monitoraggio di<br />

compiti critici già negli anni ‘80, in<br />

associazione con misurazioni dei tempi di<br />

reazione e del flicker fusion test. Altri<br />

questionari: la Epworth Sleepiness Scale, la<br />

Occupational Fatigue Exhaustion Recovery<br />

Scale<br />

Il medico inoltre deve cogliere i segni di<br />

eccessiva fatica, fisici (sbadigliare, strofinarsi<br />

gli occhi o socchiuderli, crollare il capo,<br />

micro-addormentamenti, disturbi digestivi),<br />

mentali (difficoltà di concentrazione, calo di<br />

attenzione, difficoltà a ricordare le cose fatte,<br />

dimenticare di comunicare cose importanti,<br />

non riuscire a prevedere eventi o azioni, fare<br />

la cosa sbagliata, non fare la cosa giusta) ed<br />

emozionali (essere più tranquillo o meno<br />

attivo del solito, mancanza di energia,<br />

mancare della motivazione per fare le cose<br />

bene).<br />

In ogni azienda si dovrebbero condurre<br />

indagini in caso di incidenti. Gli incidenti<br />

devono essere investigati raccogliendo<br />

adeguate informazioni circa lo stato di fatica<br />

dei lavoratori coinvolti. Per questo scopo<br />

esistono questionari appositi che indagano in<br />

particolare lo stato dell’operatore, il suo<br />

orario, fattori medici e il tipo di incidente. Gli<br />

investigatori devono essere opportunamente<br />

formati nel riconoscere i segni della fatica<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

Altre indagini dovrebbero essere fatte nel<br />

caso di malattie potenzialmente relate alla<br />

fatica. Il medico competente deve<br />

determinare se la condizione è dovuta al<br />

lavoro, indicare i rimedi e tenere conto dei<br />

possibili eventi a lungo termine, I dati<br />

aziendali relativi alle assenze, allo<br />

straordinario, agli infortuni e alla produttività<br />

dovrebbero essere periodicamente analizzati.<br />

Nel caso di problemi, si dovrebbe<br />

approfondire <strong>media</strong>nte focus group,<br />

questionari, interviste o valutazioni oggettive<br />

più dettagliate.<br />

Il sistema di gestione deve essere<br />

costantemente monitorato e periodicamente<br />

rivisto.<br />

Nella scelta degli indicatori, evitare i<br />

frequenti errori: troppe misure, ne servono<br />

poche, ma critiche, misure difficili da<br />

ottenere, misure non significative<br />

In sintesi: cosa deve fare il MC? (1) Fare il<br />

medico. (2) Adottare gli strumenti opportuni<br />

ai fini diagnostici ed epidemiologici. (3)<br />

Rivolgersi quando necessario allo specialista<br />

e seguire insieme l’evoluzione del caso. (4)<br />

Partecipare alla valutazione e alla gestione<br />

del rischio come consulente del datore di<br />

lavoro.<br />

La fatica e la sonnolenza sono cause maggiori<br />

di infortuni, perdita di produttività e<br />

peggioramento della qualità della vita. I<br />

fattori demografici ed economici in atto ci<br />

dicono che fatica e sonnolenza<br />

aumenteranno. Per salvaguardare salute e<br />

sicurezza occorre: programmare<br />

correttamente gli orari di lavoro,<br />

iImplementare contromisure di provata<br />

efficacia, considerare il sonno una priorità. E<br />

ricordare che: nulla può sostituire il sonno!<br />

23<br />

23


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

24<br />

PDT E MODELLI ORGANIZZATIVI TERRITORIALI:<br />

PER UNA MEDICINA DEL SONNO INTEGRATA<br />

V. PATRUNO<br />

Integrazione ospedale territorio: l’esempio della sleep apnea<br />

Il tema della integrazione fra territorio e<br />

struttura ospedaliera è di complessità<br />

enorme e sicuramente non riducibile a<br />

qualche esempio isolato. Un punto di<br />

partenza è dato dalla evidenza che dopo 20<br />

anni dalla approvazione della legge 833/78<br />

l’obbiettivo programmatico più importante,<br />

appunto la realizzazione di tale target<br />

primario di politica sanitaria, sia ancora<br />

inseguito senza successo.<br />

Gli ostacoli sono continuamente discussi e<br />

sottoposti ad analisi spesso tanto ponderose<br />

quanto inefficaci: fra quelli che mi sentirei di<br />

condividere più radicalmente a)<br />

programmazione insufficiente, b) modelli<br />

organizzativi inapplicabili c) paradigmi di<br />

riferimento, cioè i modelli fondamentali,<br />

superati, d) divario fra competenze e conosce<br />

sempre più ampio.<br />

Pensiamo al paradigma di riferimento (non<br />

possiamo fare altrimenti) che “Territorio”<br />

identifica il Distretto che è investito dagli<br />

obbiettivi di cura nel luogo di vita e<br />

l’ospedale identifica come il laboratorio<br />

tempio della oggettività che è ha l’investitura<br />

di fornire risposte certe. Si capisce bene<br />

come il livello di integrazione in questa<br />

dicotomia è quasi per definizione assoluto.<br />

A tutto questo si aggiunga che se vogliamo<br />

uscire dagli slogan della presa in carico dei<br />

bisogni complessi per entrare nella logica<br />

della fattibilità, allora e im<strong>media</strong>tamente ci<br />

scontriamo con difficoltà insormontabili: le<br />

fragilità individuali e familiari, il peso<br />

importabile della cronicità, le variabili sociali,<br />

culturali ed economiche, la accessibilità.<br />

L’esempio della sleep-apnea riflette nella<br />

esperienza di ogni operatore sul campo e fino<br />

in fondo la declinazione esatta egli ostacoli<br />

sopradescritti responsabili della inattuazione<br />

della integrazione fra ospedale e territorio.<br />

Nella maggior parte delle realtà<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

semplicemente il territorio non esiste se non<br />

come erogatore burocratico di quanto<br />

definito da una, o più strutture superiori che<br />

gestiscono nella interezza ogni aspetto di<br />

diagnosi-cura-controllo dei pazienti con<br />

sleep-apnea. E’ un sistema, tuttavia, che<br />

funziona solo finché ci sono le risorse<br />

necessarie a livello del sistema-ospedale. O<br />

meglio finché continuano ad esserci e quindi<br />

ad aumentare le risorse richieste , perché<br />

sappiamo tutti molto bene che la patologia di<br />

cui stiamo parlando determina un<br />

incremento esponenziale delle risorse<br />

necessarie nel tempo.<br />

Nel momento in cui le risorse disponibili in<br />

ospedale si attestano o diminuiscono,<br />

l’ospedale deve cercare alleati con cui<br />

dividere i costi. Ma può farlo mantenendo<br />

l’unicità del modello hub-spoke attuale?<br />

Non ho ovviamente risposte risolutive. Posso<br />

descrivervi il punto di vista del territorio<br />

(ASSL di cui faccio parte).<br />

Il principio della autosufficienza territoriale,<br />

come suggerito da qualche osservatore può<br />

essere una base concettuale di risposta,<br />

almeno la dove a livello distrettuale si possa<br />

prevedere l’erogazione di prestazioni di I –II e<br />

III livello.<br />

Immaginiamo un profilo di cura della sleepapnea<br />

basato su una diagnostica<br />

ospedaliera, su un approccio terapeutico<br />

ospedaliero e/o territoriale e su un percorso<br />

di follow-up territoriale.<br />

L’Ospedale è deputato alla diagnostica<br />

(ambulatoriale o, nei casi richiesti,<br />

ospedaliera) e si fa promotore di un<br />

approccio terapeutico (ventilatorio,<br />

chirurgico, ecc) la cui esecuzione potrà essere<br />

sia ospedaliera ( chirurgia evidentemente)<br />

che distrettuale (addestramento e titolazione<br />

CPAP, ad esempio). Il follow-up potrebbe<br />

ricadere interamente sul territorio.<br />

24


a b s t r a c t b o o k<br />

Il modello di riferimento a quel punto non è<br />

più “core-system” ma diventa un “in<br />

parallelo”. Linee cioè di attività che si<br />

orientano su percorsi specifici integrandosi<br />

l’un l’altra.<br />

La difficoltà principale è che cambiano gli<br />

attori di cura (non vi è più un unico casemaneger”)<br />

e il sistema semplicemente cessa<br />

di funzionare se gli attori non mantengono<br />

un livello altissimo di integrazione fra loro.<br />

F. PEVERINI – L. PARRINO – RAPPRESENTANTE ASSOGAS<br />

Medicina del sonno: il ruolo dei privati e dei service<br />

Le molteplici e recenti richieste di esame<br />

Polisonnografico corrispondono alla<br />

progressiva presa di coscienza generale<br />

dell’importanza sociale e sanitaria delle<br />

problematiche legate ai disturbi del sonno, in<br />

particolare all’OSAS, ma dimostrano<br />

parallelamente l’attuale mismatch<br />

osservabile in Italia tra necessità diagnostica<br />

ed offerta in tal senso.<br />

Dove, come e a quale costo eseguire una<br />

Polisonnografia è il naturale quesito, ma<br />

estremamente significativa è la reale e<br />

generale disinformazione su una materia<br />

molto complessa come la Medicina del Sonno<br />

e la diagnostica della Sindrome delle Apnee<br />

Notturne.<br />

In condizioni di limitata risposta da parte del<br />

SSR, in poco tempo si è creato un vero<br />

“mercato” della Polisonnografia, all’interno<br />

del quale Medici qualificati o meno, oppure<br />

Centri privati o perfino Aziende del settore<br />

offrono Polisonnografie anche a domicilio a<br />

costi sempre più bassi.<br />

Quanto costa? E' infatti una delle prime<br />

domande che il paziente rivolge al Centro, del<br />

resto naturale in tempi di crisi.<br />

E quindi: come si svolge? Qui possiamo<br />

aiutare facilmente il paziente: le Linee Guida<br />

Italiane (Linee Guida di Procedura<br />

Diagnostica nella Sindrome delle Apnee<br />

Ostruttive nel Sonno dell'Adulto) prevedono<br />

una definizione precisa della tipologia di<br />

esami che possono essere contemplati nella<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

Altro punto imprescindibile è che i percorsi,<br />

le indicazioni , le strategie e gli approcci<br />

terapeutici debbano appartenere<br />

completamente al bagaglio culturale dei<br />

diversi attori e debbano essere<br />

periodicamente ridiscussi e condivisi<br />

La attrattiva maggiore è che si possono<br />

fornire ipotesi di integrazione a costi<br />

contenuti e con risultati attesi perseguibili.<br />

diagnostica dei Disturbi Respiratori in Sonno<br />

(Apnee Notturne):<br />

A - Monitoraggio notturno cardiorespiratorio<br />

ridotto<br />

B - Monitoraggio notturno cardiorespiratorio<br />

completo<br />

C - Polisonnografia notturna con sistema<br />

portatile<br />

D - Polisonnografia notturna in laboratorio<br />

Quale apparecchiatura sarà utilizzata? Chi<br />

esegue l’esame? Sono istanze che non<br />

vengono quasi mai formulate. Al contrario, il<br />

paziente deve poter conoscere la qualifica del<br />

Medico che esegue l’esame o nel caso che<br />

l’apparecchiatura venga posizionata da un<br />

tecnico di neurofisiopatologia, chi è il Medico<br />

che referta la Polisonnografia.<br />

A questo proposito, esistono in Italia Centri<br />

Pubblici e Privati che si occupano di Medicina<br />

del Sonno. Per tutti, sono stati definiti i<br />

requisiti minimi in materia di personale,<br />

attrezzature e attività che tali Centri devono<br />

possedere.<br />

La Medicina del Sonno ed in particolare lo<br />

studio delle Apnee Notturne, sono un campo<br />

di recente sviluppo scientifico, molto<br />

articolato, la cui caratteristica peculiare è la<br />

multidisciplinarietà. Questo vuol dire che<br />

sono molti gli specialisti che si occupano della<br />

diagnosi e delle possibili terapie di ogni<br />

singolo paziente. E’ quindi impensabile che<br />

un paziente sia sottoposto ad un Esame<br />

Polisonnografico da medici che non<br />

appartengano ad una Equipe largamente<br />

25<br />

25


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

26<br />

qualificata, così come è necessario che il<br />

referto sia valutato alla luce delle più attuali<br />

regole di lettura dell’esame<br />

Polisonnografiche (le Linee Guida della<br />

American Academy of Sleep Medicine del<br />

2007).<br />

Allo stesso modo non è ammissibile che i<br />

pazienti si vedano consegnare un referto che<br />

il software delle apparecchiature produce<br />

automaticamente. Sono purtroppo molti i<br />

casi in cui i pazienti portano in visita referti<br />

enormemente differenti per qualità e<br />

contenuto, con risposte spesso ampiamente<br />

contraddittorie o incomplete. In altre parole,<br />

effettuare un Esame Polisonnografico non è<br />

acquistare banalmente sul mercato una<br />

comune prestazione sanitaria, effettuata da<br />

un medico qualsiasi.<br />

Al contrario, alla luce delle possibili<br />

complicanze cardiovascolari della Sindrome<br />

delle Apnee Notturne, la Polisonnografia è un<br />

importantissimo accertamento, in grado di<br />

contribuire significativamente al<br />

miglioramento della salute attuale e futura<br />

del paziente che ne risulta affetto.<br />

Ed ora l’ultimo, ma non meno importante,<br />

punto in questione: una volta ottenuto il<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

referto, a quale medico affidare le decisioni<br />

in ambito diagnostico – terapeutico?<br />

Il medico di riferimento è quello che chiede<br />

di effettuare l’esame Polisonnografico, a cui<br />

una volta ottenuta una diagnosi, l’ Equipe<br />

affiderà il futuro iter diagnostico-terapeutico<br />

del paziente.<br />

Solo in assenza di una simile figura, i medici<br />

dell’Equipe, una volta formulata la diagnosi,<br />

potranno proporre eventuali procedure<br />

diagnostiche o terapeutiche, sempre<br />

comunicando i dati ottenuti, al medico di<br />

base del paziente.<br />

La vera sfida della Medicina del Sonno in<br />

Italia, in costante carenza di supporto da<br />

parte del SSR, è quella di creare comunque,<br />

<strong>media</strong>nte il progressivo ampliamento<br />

dell’offerta clinica e dei programmi di<br />

formazione, una rete specialistica affidabile,<br />

che non sia naturalmente solo pubblica, in<br />

grado di offrire su tutto il territorio un<br />

efficace ed omogeneo iter diagnostico<br />

terapeutico.<br />

Allo stesso tempo è necessario che venga<br />

costantemente incoraggiata, da parte di tutti<br />

gli operatori, la produzione di dati scientifici<br />

che promuovano la comprensione del<br />

fenomeno e dei suoi effetti nel nostro paese.<br />

26


a b s t r a c t b o o k<br />

NUOVE TENDENZE IN MEDICINA DEL SONNO<br />

GIOVANI RICERCATORI<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

Il controllo autonomico cardiovascolare durante sonno nella sindrome di brugada: l’importanza<br />

della comorbidità con i disturbi respiratori de sonno.<br />

E. Tobaldini 1 , J.Brugada 2 , B. Begona 2 , I.<br />

Molina 2 , J. Montserrat 3 , T.Kara 4 ,<br />

P.Leinveber 5 , PG. Macedo 6 , VK. Somers 6 , N.<br />

Montano 1 .<br />

1Dip. Scienze Biomediche e Cliniche, Osp.<br />

L.Sacco, Univ. degli Studi di Milano, 2,3 Dip.<br />

Cardiologia-Pneumologia, Hospital Clínic,<br />

Barcellona, 4,5 ICRC and Int Clin Res Center, St.<br />

Anne's Hospital Brno, 6 Div CV Diseases, Mayo<br />

Clinic, Rochester, MN.<br />

Obiettivo. La sindrome di Brugada (BRU) è<br />

caratterizzata da specifiche anomalie<br />

elettrocardiografiche, quali aritmie<br />

ventricolari e morte cardiaca improvvisa, più<br />

frequenti durante la notte, quando la<br />

modulazione vagale è predominante [1]. E’<br />

stato dimostrato che questi pazienti hanno<br />

una maggior prevalenza di disturbi respiratori<br />

del sonno (SDB) rispetto ai controlli [2].<br />

Tuttavia, gli effetti di SDB sulla regolazione<br />

autonomica durante sonno in pazienti affetti<br />

da sindrome di Brugada non sono noti.<br />

Materiali e metodi. Abbiamo valutato il<br />

controllo autonomico nei pazienti BRU con<br />

SDB (BRU-SDB, n=9), Bru senza SDB (BRU,<br />

n=9) e controlli (CON, n=8), durante la veglia<br />

(V) e sonno (NREM 1, NREM 2, NREM 3 e<br />

REM). Il controllo autonomico è stato<br />

valutato <strong>media</strong>nte analisi spettrale della<br />

variabilità della frequenza cardiaca (HRV) e<br />

indici di entropia (indice di regolarità, Ro e<br />

Corrected Conditional Entropy, CCE). HRV<br />

quantifica le oscillazioni ritmiche delle serie<br />

temporali del ciclo cardiaco; due componenti<br />

principali possono essere identificate: la<br />

componente a bassa frequenza, LF, e la<br />

componente ad alta frequenza, HF, indici<br />

rispettivamente di modulazione simpatica e<br />

vagale. Gli indici non lineari di entropia<br />

valutano la complessità del controllo<br />

autonomico cardiovascolare. Ro varia da 1<br />

(massima regolarità, minima complessità) a 0<br />

(minima regolarità, massima complessità).<br />

CCE rappresenta la massima quota di<br />

informazione derivata da una serie RR; vale 0<br />

quando il nuovo campione è completamente<br />

prevedibile e ha valore massimo quando<br />

invece è completamente imprevedibile.<br />

Risultati. Il gruppo BRU-SDB è caratterizzato<br />

da una ridotta HRV totale rispetto a BRU e<br />

CON durante V (1528 ms 2 vs 8076 ms 2 e 7993<br />

ms 2 ) e sonno e da una significativamente<br />

ridotta componente LF soprattutto durante<br />

N2 (47 vs 66 e 69nu) e REM (32 vs 62 e 73nu).<br />

Durante REM, è stata osservata<br />

un’incrementata modulazione parasimpatica<br />

rispetto a BRU e CON. Gli indici di entropia<br />

sono risultati simili nei tre gruppi durante<br />

veglia e sonno.<br />

Discussione. Questi dati suggeriscono che i<br />

pazienti con sindrome di Brugada senza SDB<br />

hanno un controllo autonomico conservato<br />

sia durante veglia che sonno; tuttavia, la<br />

presenza di SDB si accompagna ad un<br />

aumento di modulazione vagale più evidente<br />

durante sonno REM. Le modificazioni della<br />

complessità del controllo autonomico sono<br />

simili nei pazienti con sindrome di Brugada<br />

con e senza SDB, rispetto ai controlli.<br />

Conclusione. La sindrome di Brugada non è<br />

associata, di per se, ad alterazioni<br />

autonomiche durante veglia e sonno,<br />

tuttavia, la presenza di SDB gioca un ruolo<br />

chiave nelle modificazioni autonomiche<br />

cardiovascolari durante sonno.<br />

Bibliografia:<br />

[1] Brugada P, J Am Coll Cardiol 1992; [2]<br />

Macedo PG et al. AJC 2011; [3] Montano N et<br />

al. Neur Bio Rev 2009.<br />

27<br />

27


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

28<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

Studio dell’attività autonomica in sonno in pazienti affetti da Epilessia Notturna del Lobo<br />

Frontale: il ruolo modulatore del Cyclic Alternating Pattern<br />

G Milioli 1 , F De Paolis 1 , A Grassi 1 , S Riccardi 1 ,<br />

MG Terzano 1 , P. Cortelli 2 L Parrino 1<br />

1 Centro di Medicina del Sonno, Azienda<br />

Ospedaliero Universitaria di Parma.<br />

2 IRCSS Istituto delle Scienze Neurologiche di<br />

Bologna, Dipartimento di Scienze<br />

Neurologiche, Università di Bologna.<br />

Obbiettivi: le variazioni di ampiezza dell’onda<br />

di polso pletismografica (PWA) sono il<br />

risultato di una vasocostrizione periferica<br />

indotta dall’attivazione del sistema nervoso<br />

simpatico. E' stato dimostrato che le cadute<br />

del PWA posso essere considerate un marker<br />

di modificazione dell'attività corticale anche<br />

in assenza di arousals elettroencefalografici<br />

convenzionali [1]. Il nostro studio vuole<br />

analizzare la relazione esistente tra le cadute<br />

del PWA e le fluttuazioni dei sistemi d'arousal<br />

espresse attraverso il Cyclic Alternating<br />

Pattern (CAP) in pazienti affetti da Epilessia<br />

Notturna del Lobo Frontale (NFLE) .<br />

Materiali e Metodi: sono state selezionate<br />

20 video-polisonnografie notturne condotte<br />

in soggetti affetti da NFLE (età <strong>media</strong> 25 ± 7<br />

anni di cui 12 maschi e 8 femmine). I<br />

parametri macrostruttuarli e CAP sono stati<br />

analizzati in cieco rispetto alle variazioni di<br />

ampiezza del PWA. Solo le riduzioni del PWA<br />

≥30% sono state incluse nell’analisi. L'analisi<br />

di correlazione temporale tra PWA e fasi A<br />

del CAP è stata effettuata in una finestra<br />

temporale che andava da10 secondi prima<br />

della caduta del PWA a 15 secondi dopo<br />

l’inizio della caduta del PWA. Per esplorare in<br />

maniera più approfondita il ruolo modulatore<br />

del CAP sull'attività autonomica è stata<br />

inoltre confrontata la variabilità<br />

dell'intervallo RR nelle fasi A del CAP<br />

associate e in quelle non associate a caduta<br />

del PWA.<br />

Risultati: nei pazienti con NFLE il CAP rate<br />

(vm 59%) è significativamente più elevato<br />

paragonato ai soggetti normativi bilanciati<br />

per età (vm 32%). Sono state individuate un<br />

totale di 5870 cadute del PWA e 11234 fasi A<br />

del CAP. 4561 cadute del PWA (78%) erano<br />

associate, nell’intervallo temporale<br />

analizzato, con una fase A del CAP. Le fasi A<br />

del CAP che si collocavano nei 10 s prima<br />

dell’inizio della caduta dell’onda di polso<br />

pletismografica (3004) erano<br />

significativamente più numerose (p


a b s t r a c t b o o k<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

Valutazione del controllo stato dipendente dei parametri cardiovascolari e della temperatura<br />

corporea interna nei pazienti con lesione spinale<br />

P. Guaraldi 1 , G. Calandra-Buonaura 1 , A.<br />

Cecere 1 , D. Grimaldi 1 , G. de Scisciolo 2 , F.<br />

Provini 1 , P. Cortelli 1<br />

1<br />

IRCSS Istituto delle Scienze Neurologiche di<br />

Bologna, Dipartimento di Scienze<br />

Neurologiche, Università di Bologna, ITALIA<br />

2<br />

Unità Spinale, AOUC (Azienda Ospedaliera<br />

Careggi), Firenze, ITALIA<br />

Scopo del lavoro: i pazienti con lesione<br />

spinale, oltre al deficit motorio e sensitivo, a<br />

seconda della sede e della severità del danno<br />

lesionale, presentano vari gradi di<br />

disautonomia (1-3), che oltre a ridurre<br />

notevolmente la loro qualità di vita si<br />

associano a un aumentato rischio di morbilità<br />

e mortalità (3-5).<br />

Studi precedenti hanno dimostrato la stretta<br />

relazione presente tra il sistema nervoso<br />

vegetativo e il sonno (6). Tuttavia, anche se in<br />

letteratura troviamo diversi studi<br />

epidemiologici che evidenziano la netta<br />

prevalenza dei disturbi del sonno nei pazienti<br />

mielolesi (7-10), ad oggi solo pochi studi<br />

polisonnografici (PSG) sono stati pubblicati<br />

(11, 12).<br />

Infine, nei pazienti con lesione spinale, non<br />

sono mai state analizzate le modificazioni<br />

circadiane e stato dipendenti della pressione<br />

arteriosa (PA), della frequenza cardiaca (FC)<br />

e della temperature corporea interna (TCI).<br />

Oggetto del nostro studio è stato monitorare<br />

in continuo per 24h PA, FC, TCI ed EEG nei<br />

pazienti mielolesi per valutare la presenza di<br />

alterazioni nel controllo vegetativo dei<br />

parametri cardiovascolari e della TCI durante<br />

il ciclo sonno-veglia e la loro possibile<br />

associazione all’aumentato rischio<br />

cardiovascolare.<br />

Materiali e Metodi: 5 pazienti tetraplegici<br />

con lesione cervicale (C4-C7), 7 paraplegici<br />

con lesione toracica (D2-D12) e 7 controlli<br />

sani (CNT) hanno eseguito una Video-PSG di<br />

24-h in condizioni controllate.<br />

Abbiamo registrato in continuo la PA sistolica<br />

e diastolica (PAS, PAD) e la FC attraverso il<br />

device portatile Portapres. La temperatura<br />

rettale è stata monitorata a intervalli di 2<br />

minuti grazie al registratore portatile Minilogger<br />

TM. L’EEG è stato registrato in<br />

continuo attraverso un poligrafo<br />

ambulatoriale registrante I seguenti<br />

parametri C3-A2, C4-A1, O2-A1, EOG destro e<br />

sinistro, ECG, EMG del muscolo miloioideo e<br />

tibiale anteriore destro e sinistro, oltre al<br />

respiro toraco-addominale.<br />

Risultati:<br />

1. I pazienti con lesione cervicale e tracica<br />

presentano un alterazione della<br />

macrostruttura del sonno caratterizzata<br />

dalla netta prevalenza delle fasi di sonno<br />

leggero NREM rispetto ai controlli sani.<br />

2. Le modificazioni circadiane della PA sono<br />

abolite/invertite nei pazienti tetraplegici,<br />

mentre sono ridotte nei paraplegici. Non<br />

sono state riscontrate modificazioni<br />

significative dei valori giorno-notte di FC<br />

nei tre gruppi, ma i pazienti tetraplegici<br />

presentavano valori più elevai di FC nelle<br />

ore notturne rispetto ai controlli.<br />

3. L’analisi stato dipendente di PA, FC ha<br />

dimostrato che sia i tetraplegici che i<br />

paraplegici non presentano la fisiologica<br />

modulazione dei parametri cardiovascolari<br />

durante le fasi di veglia e sonno REM e<br />

NREM.<br />

4. I tetraplegici presentano una grave<br />

alterazione dell’andamento circadiano<br />

della TCI.<br />

5. L’analisi stato dipendente della TCI ha<br />

evidenziato che sia i pazienti con lesione<br />

cervicale che toracica non presentano la<br />

fisiologica modulazione della TCI durante<br />

la veglia e le varie fasi di sonno.<br />

Conclusioni: Questo è lo studio PSG più<br />

numeroso fino ad oggi eseguito in una<br />

29<br />

29


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

30<br />

popolazione di pazienti mielolesi ed è il primo<br />

studio eseguito con monitoraggio continuo<br />

dei parametri cardiovascolari e TCI. I risultati<br />

ottenuti evidenziano che i pazienti mielolesi<br />

presentano un’importante compromissione<br />

del ritmo sonno veglia e del controllo<br />

vegetativo dei parametri cardiovascolari e<br />

della TCI che potrebbe associarsi<br />

all’aumentato mortalità e morbilità<br />

riscontrata in questi pazienti.<br />

Bibliografia:<br />

1. Claydon VE, Krassioukov AV.<br />

Orthostatic hypotension and<br />

autonomic pathways after spinal cord<br />

injury. Journal of neurotrauma.<br />

2006;23(12):1713-25. Epub<br />

2006/12/23.<br />

2. Furlan JC, Fehlings MG, Shannon P,<br />

Norenberg MD, Krassioukov AV.<br />

Descending vasomotor pathways in<br />

humans: correlation between axonal<br />

preservation and cardiovascular<br />

dysfunction after spinal cord injury.<br />

Journal of neurotrauma.<br />

2003;20(12):1351-63. Epub<br />

2004/01/30.<br />

3. Krassioukov A, Claydon VE. The<br />

clinical problems in cardiovascular<br />

control following spinal cord injury: an<br />

overview. Progress in brain research.<br />

2006;152:223-9. Epub 2005/10/04.<br />

4. Myers J, Lee M, Kiratli J.<br />

Cardiovascular disease in spinal cord<br />

injury: an overview of prevalence,<br />

risk, evaluation, and management.<br />

Am J Phys Med Rehabil.<br />

2007;86(2):142-52. Epub 2007/01/26.<br />

5. Garshick E, Kelley A, Cohen SA,<br />

Garrison A, Tun CG, Gagnon D, et al. A<br />

prospective assessment of mortality<br />

in chronic spinal cord injury. Spinal<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

Cord. 2005;43(7):408-16. Epub<br />

2005/02/16.<br />

6. Cortelli P, Lombardi C. Autonomic<br />

Dysfunctions in Sleep Disorders. In:<br />

Culebras A, editor. Sleep disorders<br />

and neurologic diseases. 2nd ed. New<br />

York: Informa Healthcare; 2007. p.<br />

337-48.<br />

7. Biering-Sorensen F, Biering-Sorensen<br />

M. Sleep disturbances in the spinal<br />

cord injured: an epidemiological<br />

questionnaire investigation, including<br />

a normal population. Spinal Cord.<br />

2001;39(10):505-13. Epub<br />

2001/10/20.<br />

8. Norrbrink Budh C, Hultling C,<br />

Lundeberg T. Quality of sleep in<br />

individuals with spinal cord injury: a<br />

comparison between patients with<br />

and without pain. Spinal Cord.<br />

2005;43(2):85-95. Epub 2004/12/01.<br />

9. Jensen MP, Hirsh AT, Molton IR,<br />

Bamer AM. Sleep problems in<br />

individuals with spinal cord injury:<br />

frequency and age effects. Rehabil<br />

Psychol. 2009;54(3):323-31. Epub<br />

2009/08/26.<br />

10. Biering-Sorensen F, Jennum P, Laub<br />

M. Sleep disordered breathing<br />

following spinal cord injury. Respir<br />

Physiol Neurobiol. 2009;169(2):165-<br />

70. Epub 2009/09/05.<br />

11. Adey WR, Bors E, Porter RW. EEG<br />

sleep patterns after high cervical<br />

lesions in man. Arch Neurol.<br />

1968;19(4):377-83. Epub 1968/10/01.<br />

12. Scheer FA, Zeitzer JM, Ayas NT, Brown<br />

R, Czeisler CA, Shea SA. Reduced sleep<br />

efficiency in cervical spinal cord<br />

injury; association with abolished<br />

night time melatonin secretion. Spinal<br />

Cord. 2006;44(2):78-81. Epub<br />

2005/09/01.<br />

30


a b s t r a c t b o o k<br />

Valutazione neurofisiologica dell’ipereccitabilita’ spinale nella SGSR<br />

P. Congiu, P. Tacconi, G. Gioi, F. Marrosu, M.<br />

Puligheddu<br />

Dipartimento Scienze Cardiovascolari –<br />

Università di Cagliari<br />

Obiettivi: La Sindrome delle Gambe Senza<br />

Riposo (SGSR) è una patologia molto<br />

frequente ma misconosciuta e sottostimata,<br />

arrivando ad interessare fino al 5-10% della<br />

popolazione generale. Le caratteristiche<br />

salienti della patologia sono l’impellente<br />

necessità di muovere le gambe,<br />

generalmente associata a sensazioni<br />

spiacevoli a livello delle stesse, l’andamento<br />

circadiano dei sintomi con presentazione<br />

nelle ore serali ed il beneficio derivante dal<br />

movimento. Caratteristiche associate nella<br />

quasi totalità dei casi sono i PLM e la pronta<br />

risposta alla terapia dopaminergica.<br />

Nonostante sia una patologia diffusa, ancora<br />

la sua fisiopatologia non è stata compresa<br />

totalmente. Sicuramente il sistema<br />

dopaminergico svolge un ruolo di primo<br />

livello, inoltre alcuni studi hanno evidenziato<br />

una condizione d’ipereccitabilità spinale. Lo<br />

scopo del nostro studio è stato quello di<br />

dimostrare l’ipereccitabilità spinale,<br />

<strong>media</strong>nte valutazione elettrofisiologica del<br />

sistema nervoso periferico e spinale.<br />

Materiali e Metodo: tra i pazienti affetti da<br />

SGSR afferenti al Centro del Sonno di Cagliari,<br />

sono state selezionate 15 donne, confrontate<br />

con 17 soggetti di controllo di sesso<br />

femminile, corrispondenti per età. Tutti i<br />

soggetti sono stati sottoposti avalutazione<br />

ENGper escludere eventuali cause secondarie<br />

di parestesie agli arti inferiori e per valutare<br />

l’eccitabilità spinale; analogamente a quanto<br />

proposto da Isaak nel suo studio, abbiamo<br />

considerato due parametri facilmente<br />

estrapolabili dagli esami effettuati<br />

routinariamente nei laboratori di<br />

neurofisiopatologia, la durata delle onde F<br />

(FWD) dei nervi SPI ed ulnare ed il rapporto<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

tra la FWD e la durata del CMAP (CMAPD)<br />

corrispondente.<br />

Risultati: Nessuno dei soggetti inclusi<br />

presentava alterazioni delle velocità di<br />

conduzione nervosa. La FWD <strong>media</strong> e la<br />

<strong>media</strong> del rapporto FWD/CMAPD erano in<br />

maniera statisticamente significativa più alte<br />

nel gruppo dei pazienti rispetto ai controlli<br />

per entrambi i nervi: ulnare (p


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

32<br />

Bara-Jimenez W, et al. Periodic limb<br />

movements in sleep: statedependentexcitability<br />

of the<br />

spinalflexorreflex. Neurology2000;54:1609-<br />

1616<br />

Trenkwalder C, Pauluc W. Restless legs<br />

syndrome: pathophysiology,<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

clinicalpresentation and management.<br />

NatRevNeurol2010;6:337-346<br />

Allen RP, et al. Restless legs syndrome:<br />

diagnostic criteria, special considerations and<br />

epidemiology. A report from the restless legs<br />

syndrome diagnosis and epidemiology<br />

workshop at the National Institute of health.<br />

SleepMed2003;4(2):101-109<br />

La coma recovery scale revised (crs-r) comparata con gli esami neurofisiologici (polisonnografia e<br />

potenziali evocati) nella valutazione dei disturbi prolungati di coscienza<br />

S. Lorenzut¹, S. de Biase¹, F. Basaldella¹, M.<br />

Fuccaro¹, P. Sfreddo², G. Rossato³, C.<br />

Bianconi³, G. Gigli¹<br />

¹ Centro di Medicina del Sonno, Clinica<br />

Neurologica, Università di Udine<br />

² Residenza S.S. "Pineta del Carso" – Trieste<br />

³ Neurologia - "Ospedale Sacro Cuore Don<br />

Calabria" - Negrar (VR)<br />

Obiettivi: scopo del nostro studio è di<br />

valutare l’importanza della registrazione del<br />

sonno notturno nei pazienti con disturbo<br />

prolungato di coscienza, ricercando una<br />

possibile correlazione tra valutazione clinica,<br />

caratteristiche del sonno e potenziali evocati.<br />

Per quanto a nostra conoscenza non ci sono<br />

studi che abbiano utilizzato questi esami<br />

neurofisiologici in questa tipologia di<br />

pazienti, confrontandoli con scale cliniche<br />

standardizzate, in particolare la CRS-R.<br />

Materiali e Metodi: I pazienti sono stati<br />

sottoposti a una valutazione clinica e<br />

neurofisiologia. La valutazione clinica<br />

prevedeva l’applicazione delle seguenti scale:<br />

CRS-R, Disability Rating Scale (DRS) and<br />

Glasgow Coma Scale (GCS). La valutazione<br />

neurofisiologica prevedeva invece la<br />

polisonnografia delle 24 ore, e potenziali<br />

evocati multimodali (PESS, PEV, BAEP) e<br />

cognitivi (P300 e MMN).<br />

Risultati: Il punteggio medio alla CRS- R dei<br />

pazienti in Stato Vegetativo era di 4,61±1,58<br />

vs 9,00±0,71 dei pazienti in Stato di Minima<br />

Coscienza.In 7 pazienti la polisonnografia<br />

delle 24 ore aveva evidenziato la presenza di<br />

un sonno ben strutturato (alternanza sonnoveglia,<br />

ciclicità, alternanza REM-NREM,<br />

presenza di k-complex e fusi del sonno); In<br />

tali pazienti il punteggio medio delle CRS- R<br />

era di 8,14 ±1,68, a differenza dei 16 pazienti<br />

restanti in cui mancava uno o più di questi<br />

elementi, il cui punteggio medio era di<br />

4,31±1,54 (p


a b s t r a c t b o o k<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

Alterazioni dei pattern spontanei di local coherence e network topology in pazienti con osas.<br />

Santarnecchi E. 1 2 , Del Bianco C. 1 2 , Sicilia I. 1<br />

2 , Marino. D. 1 2 , Polizzotto N. 3 , Vatti G. 1 2 ,<br />

Rocchi R. 1 2 , Rossi A. 1<br />

1<br />

Department of Neurological and<br />

Neurosensorial Sciences, University of Siena,<br />

Italy.<br />

2<br />

Centre for Sleep Medicine, University of<br />

Siena, Italy<br />

3<br />

University of Pittsburgh, Psychiatry section,<br />

PA, U.S.A.<br />

Obiettivi. Numerose evienze supportano un<br />

impatto dell’OSAS sull’integrità della sostanza<br />

bianca e grigia corticali (maggior<br />

interessamento del lobo temporale,<br />

dell’ippocampo, della corteccia cingolata<br />

anteriore e cervelletto) [Macey et al. 2008],<br />

un possibile decremento del metabolismo<br />

cerebrale nell’emisfero destro [PET, Yaouhi et<br />

al. 2009], alterazioni del rapporto NAA/Cr-<br />

Cho/Cr in aree frontali e nel talamo [SPECT,<br />

Algin et al. 2012]. Inoltre, studi di fMRI hanno<br />

evidenziato un possibile riarrangiamento dei<br />

network funzionali ingaggiati in compiti di<br />

attenzione, decision making e memoria<br />

(Ayalon et al. 2006). Nell’ultimo decennio,<br />

l’analisi dell’informazione inerente le<br />

fluttuazioni a bassa frequenza del segnale<br />

BOLD-fMRI acquisito durante resting state<br />

(rs-fMRI) si è dimostrata un tool di adeguata<br />

affidabilità e sensitività sia per la detezione di<br />

condizioni di interesse<br />

neurologico/psichiatrico, sia per la<br />

modellizzazione del funzionamento cognitivo<br />

in soggetti sani (Fox et al. 2010). Attualmente<br />

non vi sono evidenze di tali indagini in<br />

pazienti affetti da OSAS, pertanto il nostro<br />

contributo si compone di un’originale analisi<br />

del profilo di rs-fMRI in pazienti con apnee<br />

del sonno di livello grave.<br />

Materiali. 20 pazienti con OSAS grave (età<br />

55yrs+/-8, BMI 28+/-1) e 20 controlli sani<br />

comparabili per età, livello di istruzione, BMI<br />

e sesso sono stati sottoposti a: visita<br />

specialistica con un esperto di medicina del<br />

sonno, polisonnografia, diario del sonno, ESS,<br />

MRI-fMRI. Criteri di esclusione: storia di<br />

disturbi psichiatrici-neurologici, età >65 anni,<br />

lesioni evidenti in sequenze MRI T2, MMSE<br />


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

34<br />

saranno necessarie per valutare la<br />

reversibilità di tali pattern in seguito a<br />

trattamento tramite Cpap.<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

Fig. 1 Pipeline di analisi in ambiente MATLAB, con integrazione dei pacchetti software FSL, SPM,<br />

AFNI. Sono illustrati gli steps dal preprocessing delle immagini strutturali/funzionali fino alla<br />

computazione delle metriche di topologia del network cerebrali a riposo<br />

Fig. 2 Intrinsic brain local coherence profiles. Figure show regional homogeneity mapping across<br />

healthy controls (A) and OSA patients (B) (One-sample t test; P < 0.001, FDR correction). Significant<br />

ReHo clusters observed in both groups include default mode network (DMN) areas , like<br />

precuneus and posterior cingulate cortex. OSA patients didn’t show DMN bilateral parietal and<br />

frontal (mainly middle prefrontal cortex) nodes. Radiological convention.<br />

34


a b s t r a c t b o o k<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

Fig. 3 Results of PSG-ReHo correlational analysis. Red and blue clusters represent positive and<br />

negative correlation (Pearson correlation coefficient, p < 0.05, Montecarlo correction) between<br />

regional homogeneity values and clinical indexes in OSA patients (AHI= apnea-hypopnea index;<br />

Sa02min= lowest nocturnal oxygen saturation (SpO2) value; T


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

36<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

Fig. 4 Regions showing differences in smoothed and unsmoothed fALFF values between OSA and<br />

healthy controls Panel A shows fALFF results, regarding an increased spontaneous activity in right<br />

middle and superior temporal gyri, Heschls gyrus and Insula Panel B shows axial, sagittal and<br />

coronal views of OSA vs Controls contrast result using fALFF with no smoothing, highlighting an<br />

increase in OSA patients of bilateral thalamus spontaneous low-frequency fluctuation Panel C<br />

shows the cluster of hypoactivation that partially overlap with thalamus structures in OSA patients<br />

Panel D shows the cyto-architectonic mapping of significant clusters on to different thalamus<br />

regions, divided by using a thalamo-cortical projection criteria Rows displayed areas that overlap<br />

with significant clusters, while columns represents different probability classes Dark-blue/dark-red<br />

color-code representation indicate over/underrepresentation of different regions into clusters,<br />

Quotient (Q) stand for how much more likely this area was observed in the functionally defined<br />

volume Both left and right thalamic clusters show an overlap with somatosensory, motor and<br />

premotor-linked thalamic regions.<br />

36


a b s t r a c t b o o k<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

Fig. 5 Thalamus functional connectivity differences. Panel A, B and C respectively show the<br />

differences between seed-based functional connectivity profile of thalamus regions linked to<br />

somatosensory, premotor and motor cortex. Showed clusters represent increased functional<br />

connectivity in OSA patients respect to healthy controls (p.


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

38<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

Fig. 6 Results of univariate analysis of functional connectivity data. Figure shows statistically<br />

increased (red) or decreased (blue) vertex properties in OSA patients respect to controls. Images<br />

are in neurological format. Abbreviations: IFGtriang=Inferior frontal gyrus triangular part;<br />

IFGoperc=Inferior frontal gyrus opercular part; PoCG=Postcentral gyrus; PreCG=Precentral gyrus;<br />

STG=Superior temporal gyrus.<br />

38


a b s t r a c t b o o k<br />

Effetti della deprivazione di sonno sull’eccitabilita’ corticale<br />

M. Gorgoni 1 , F. Ferlazzo 1 , F. Moroni 2 , S.<br />

Donarelli 1 , A. D’Atri 1 , S. Fanelli 1 , I. Gizzi<br />

Torriglia 1 , G. Lauri 1 , S. Sdoia 1 , M. Ferrara 3 , C.<br />

Marzano 1 , P.M. Rossini 4 , L. De Gennaro 1<br />

1. Dipartimento di Psicologia, Università di<br />

Roma “Sapienza”, Roma<br />

2. Dipartimento di Psicologia, Università di<br />

Bologna, Bologna<br />

3. Dipartimento di Scienze della Salute,<br />

Università di L’Aquila, L’Aquila<br />

4. Università Cattolica di Roma, Roma<br />

Obiettivi: gli effetti degradanti su vigilanza e<br />

performance cognitiva indotti dalla<br />

deprivazione di sonno (SD) suggeriscono<br />

l’esistenza di alterazioni nell’attività di<br />

specifici circuiti corticali. Studi animali<br />

indicano la presenza di un incremento<br />

dell’eccitabilità corticale dopo veglia<br />

prolungata, mentre le ricerche sull’umano<br />

portano a risultati contrastanti.<br />

Recentemente è stato osservato un chiaro<br />

incremento dell’eccitabilità corticale frontale<br />

nell’umano, valutato tramite TMS-evoked<br />

potentials (TEPs), in seguito a SD (Huber et<br />

al., 2012). Nel presente studio abbiamo<br />

utilizzato i potenziali evocati<br />

somatosensoriali (SEPs) allo scopo di valutare<br />

gli effetti della SD sull’eccitabilità corticale<br />

nell’umano.<br />

Materiali e metodo: all’interno di un<br />

protocollo di SD della durata di 40 ore, 16<br />

soggetti sperimentali sono stati sottoposti a 4<br />

sessioni sperimentali (ore 11.00 e 23.00 del<br />

primo e del secondo giorno) con: a)<br />

valutazione della sonnolenza soggettiva<br />

tramite Karolinska Sleepiness Scale (KSS,<br />

Akerstedt e Gillberg, 1990); b) registrazione<br />

dei SEPs.<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

Risultati: dai risultati della KSS è emerso un<br />

incremento della sonnolenza auto-percepita<br />

in seguito a SD. Per quanto riguarda i SEPs, la<br />

veglia prolungata ha indotto un incremento<br />

progressivo dell’ampiezza delle componenti<br />

P14, P25 e P40 in corteccia somatosensoriale.<br />

Inoltre, dai confronti statistici (t di Student)<br />

tra SEPs Pre- e Post-SD è emerso un<br />

incremento del voltaggio in aree posteriori ed<br />

un decremento in aree anteriori in seguito a<br />

SD nella finestra temporale compresa tra 24<br />

e 27 ms (intorno alla componente P25). Le<br />

modificazioni SD-dipendenti del voltaggio dei<br />

SEPs nelle aree posteriori sono risultate<br />

correlate positivamente con i risultati della<br />

KSS.<br />

Discussione e conclusioni: La SD sembra<br />

indurre un sostanziale incremento<br />

dell’eccitabilità corticale somatosensoriale, in<br />

linea con quanto osservato negli studi<br />

sull’animale e nel lavoro di Huber et al.<br />

(2012). Le modificazioni della topografia<br />

corticale dei SEPs in seguito a SD sembrano<br />

essere in relazione con l’incremento della<br />

sonnolenza soggettiva. Il sonno, pertanto,<br />

sembrerebbe avere un ruolo fondamentale<br />

nel mantenere l’eccitabilità corticale al di<br />

sotto di un livello superato il quale potrebbe<br />

interferire con la normale performance<br />

cognitiva.<br />

Bibliografia<br />

1. Huber R., Mäki H., Rosanova M., Casarotto<br />

S., Canali P., Casali A.G., Tononi G., Massimini<br />

M. Human Cortical Excitability Increases with<br />

Time Awake. Cerebral Cortex 2012;<br />

doi:10.1093/cercor/bhs014.<br />

2. Akerstedt T., Gillberg M. Subjective and<br />

objective sleepiness in the active individual.<br />

Int. J. Neurosci. 1990; 52, 29-37.<br />

39<br />

39


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

40<br />

MISCELLANEA – I SESSIONE<br />

COMUNICAZIONI ORALI<br />

Caratteristiche cliniche e polisonnografiche del sonno nella sclerosi multipla, uno studio<br />

preliminare.<br />

D. Arnaldi 1 , F. Famà 1 , C. Manfredi 1 , A.<br />

Primavera 1 , L. Roccatagliata 2 , C. Mattei 2 , L.<br />

Bonzano 2 , L. Cocito 2 , M. Pardini 2 .<br />

1) Centro di Fisiopatologia del Sonno,<br />

DiNOGMI, Genova.<br />

2) Clinica Neurologica, DiNOGMI, Genova.<br />

Obiettivi: I disturbi del sonno sono stati<br />

riscontrati in pazienti affetti da sclerosi<br />

multipla (SM) con una frequenza superiore<br />

rispetto alla popolazione generale. Tali<br />

disturbi, oltre ad essere associati ad un<br />

aumentato rischio di mortalità e morbilità,<br />

possono peggiorare o mascherare alcuni<br />

sintomi comunemente riscontrati nella SM<br />

quali la depressione, l’ansia, il dolore e la<br />

fatica. Scopo del presente studio è di valutare<br />

le caratteristiche cliniche e polisonnografiche<br />

in un gruppo di pazienti con SM recidivanteremittente<br />

(SM-RR).<br />

Metodi: Sono stati selezionati pazienti early<br />

SM-RR afferenti al centro per le malattie<br />

demielinizzanti del nostro dipartimento con<br />

anamnesi negativa per patologie<br />

neuropsichiatriche e disturbi del sonno. Tutti<br />

i pazienti hanno effettuato una<br />

polisonnografia (PSG) domiciliare che<br />

comprendesse lo studio macrostrutturale del<br />

sonno, lo studio cardio-respiratorio e<br />

l’attività muscolare degli arti inferiori. Sono<br />

stati inoltre valutati la qualità del sonno<br />

(Pittsburgh Sleep Quality Index-PSQI), la<br />

sonnolenza diurna (Epworth Sleepiness Scale-<br />

ESS), il grado di severità di malattia<br />

(Expanded Disability Status Scale-EDSS), la<br />

fatica (Modified Fatigue Inventory Scale-<br />

MFIS), le funzioni attentive (Symbol Digit<br />

Modalities Test-SDMT) e la depressione (Beck<br />

Depression Inventory-BDI). È stata infine<br />

effettuata, in tutti i pazienti, una risonanza<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

magnetica cerebrale con tecniche di<br />

diffusione.<br />

Risultati: Sono stati registrati 7 pazienti, 6 F e<br />

1 M, età 43,6±5,8, BMI 24,1±2,2, con un<br />

tempo di malattia di 9,1±4,8 anni. I parametri<br />

polisonnografici hanno mostrato un AHI di<br />

6,6±5,8 (0-14,7), un ODI di 6,8±8,0 (0-15,8),<br />

un indice PLM di 16,9±25,4 (3,4-73,3),<br />

un’efficienza del sonno di 65,8%±13,5 (47,1-<br />

89,9), una latenza all’addormentamento di<br />

107,7±62,8 minuti (8-188,5) ed una veglia<br />

infra-sonno (WASO) di 64,4±37,6 minuti<br />

(20,5-116). Il Suggested Immobilization Test<br />

(SIT) è risultato positivo in 4 pazienti. La<br />

valutazione clinica ha evidenziato un PSQI di<br />

6,7±2,5 (4-11), una<br />

ESS di 6,6±1,4 (5-9), una EDSS di 2,1±1,1 (1-<br />

4), una MFIS di 27,0±6,9 (16-35), un SDMT di<br />

45,3±9,9 (35-62) ed una BDI di 4,3±3,5 (0-9).<br />

Conclusioni: I dati preliminari del presente<br />

studio hanno confermato la presenza di<br />

disturbi del sonno nei pazienti SM,<br />

soprattutto un disturbo a tipo PLMs ed una<br />

ridotta efficienza del sonno, con<br />

caratteristiche di mispercezione, che<br />

potrebbe svolgere un ruolo nella percezione<br />

della fatica da parte di tali pazienti. Analisi<br />

successive su di un campione più numeroso,<br />

sufficiente per effettuare un’analisi statistica<br />

tra tali dati ed i dati di neuroimmagine,<br />

potrebbero aiutare nella comprensione dei<br />

substrati neuroanatomici di tali riscontri.<br />

Bibliografia:<br />

1. Brass SD, Duquette P, Proulx-Therrien<br />

J, Auerbach S. Sleep disorders in<br />

patients with multiple sclerosis. Sleep<br />

Med Rev 2010;14:121-129.<br />

2. Li Y, Munger KL, Batool-Anwar S, De<br />

Vito K, Ascherio A, Gao X. Association<br />

of multiple sclerosis with restless legs<br />

40


a b s t r a c t b o o k<br />

syndrome and other sleep disorders<br />

in women. Neurology 2012;78:1500-<br />

1506.<br />

3. Neau JP, Paquereau J, Auche V, et al.<br />

Sleep disorders and multiple sclerosis:<br />

a clinical and polysomnography study.<br />

Eur Neurol 2012;68:8-15.<br />

Il sonno e lo stato vegetativo: uno studio<br />

descrittivo polisonnografico.<br />

R.Cremascoli 1 , D.Arnaldi 2 , M.Terzaghi 1 , F.De<br />

Carli 3 , G.Maggioni 4 , C.Pistarini 4 , A.Moglia 5 ,<br />

R.Manni 1<br />

1 U.O. Medicina del Sonno ed Epilessia -<br />

Istituto Neurologico Nazionale IRCCS “C.<br />

Mondino”. Pavia<br />

2 DiNOG, Neurofisiologia Clinica, Genova.<br />

3 Istituto di Bioimmagini e Fisiologia<br />

Molecolare CNR, Genova<br />

4 Unità Risveglio, I.R.C.C.S. Fondazione S.<br />

Maugeri, Pavia<br />

5 Unita’ Complessa Neurofisiologia Clinica<br />

Neurologica.Universita’ di Pavia<br />

Obiettivi: Nonostante nei pazienti in Stato<br />

Vegetativo (SV) si assista alla persistenza di<br />

stati comportamentali suggestivi per la<br />

presenza di sonno, l'esistenza reale di pattern<br />

di sonno in questi pazienti e il loro significato<br />

rispetto all'evoluzione dello Stato Vegetativo<br />

sono lungi dall'essere stabiliti. Questo studio<br />

ha lo scopo di indagare l’esistenza di pattern<br />

sonno-veglia nei pazienti in Stato Vegetativo<br />

Persistente e di valutare le possibili<br />

correlazioni tra i risultati PSG e l'evoluzione<br />

clinica del disturbo di coscienza.<br />

Materiali E Metodi: 27 soggetti (età <strong>media</strong><br />

52.6 ± 19.4; 18 M), con diagnosi di SV<br />

persistente a differente eziologie (14<br />

traumatica; 13 non traumatica) sono stati<br />

valutati <strong>media</strong>nte polisonnografia 24 ore<br />

portile entro 11 mesi (<strong>media</strong> 3.5 ± 2.3) dopo<br />

l'insulto. baseline. I pazienti sono stati<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

valutati tramite Coma Recovery Scale –<br />

revised (CRS-R) ad un Follow up di 16.7 ± 11.0<br />

mesi. E’ stato valutato l’effetto degli elementi<br />

rilevabili alla PSG (applicabilità stadiazione<br />

del sonno, presenza di REMs, presenza di Kcomplex/<br />

spindles, presenza di SWS,<br />

alternanza sonno-veglia) sul punteggio totale<br />

CRS-R e sull’outcome clinico.<br />

Risultati: L’evoluzione clinica è stata: 8<br />

decessi; 7 SV Permanente; 9 Stato minima<br />

coscienza, 3 recupero coscienza.<br />

La stadiazione del sonno è stata applicabile in<br />

9 pazienti, mentre una alternanza sonnoveglia<br />

è presente in 14 pazienti.<br />

Il punteggio totale della CRS-R correla con<br />

l’età (p = 0.002), una maggior strutturazione<br />

del sonno (in particolare la stadiabilità del<br />

sonno e la presenza di REMs, p= 0.007) e il<br />

punteggio della CRS-R totale al baseline (p=<br />

0.007).<br />

La stadiabilità del sonno e la presenza di<br />

REMs correlano con un migliore outcome<br />

clinico (p= 0.0001 e p= 0.001<br />

rispettivamente).<br />

Conclusioni: Appare evidente come sia<br />

difficoltoso applicare i comuni criteri di<br />

stadiazione, con la possibilità di eseguire una<br />

stadiazione tradizionale in circa 1/3 dei<br />

pazienti. Nei restanti casi sono stati osservati<br />

pattern EEG-poligrafici caratterizzati da isolati<br />

elementi fasici.<br />

I parametri PSG che meglio correlano con un<br />

miglior andamento clinico sono l’applicabilità<br />

della stadiazione convenzionale e la presenza<br />

di REMs.<br />

Inoltre una miglior organizzazione globale del<br />

sonno correla con un miglior andamento<br />

clinico, che si riflette in un miglior punteggio<br />

alla CRS-R. In accordo con i dati presenti in<br />

letteratura, anche l’età correla con un miglior<br />

andamento clinico. Questi dati evidenziano il<br />

ruolo dell’indagine PSG per la valutazione<br />

prognostica dei pazienti in Stato Vegetativo<br />

Persistente.<br />

41<br />

41


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

42<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

Modificazione dello schema corporeo e contenuto onirico in soggetti sottoposti a intervento<br />

chirurgico di amputazione<br />

V Francese 1 , A Giordano 1 , M Boffano 2 , R<br />

Piana 2 , E Boux 2 , A Cicolin 1<br />

1<br />

Centro di Medicina del Sonno –<br />

Dipartimento di Neuroscienze<br />

2<br />

S.C. Ortopedia Oncologica e Ricostruttiva –<br />

AO CTO/Maria Adelaide<br />

Torino<br />

Obiettivo: valutazione del vissuto relativo<br />

alla corporeità, del contenuto onirico e delle<br />

eventuali modificazioni dello schema<br />

corporeo, ivi compresi il fenomeno definito<br />

arto fantasma e la telescopia in pazienti<br />

affetti da sarcoma sottoposti ad intervento di<br />

amputazione.<br />

Metodi: sono stati reclutati 27 pazienti<br />

consecutivi afferenti al S.C. Ortopedia<br />

Oncologica e Ricostruttiva. Criteri di<br />

inclusione: diagnosi di sarcoma dell’osso o<br />

delle parti molli, età minima 14 anni, ≤ 1anno<br />

da intervento chirurgico. Criteri di esclusione:<br />

compromissione cognitiva, patologie<br />

psichiatriche, precedenti deficit nervosi o<br />

amputazioni. Due gruppi di studio:<br />

retrospettivo, pazienti stabilizzati (≤ 1 anno<br />

da intervento chirurgico); prospettico,<br />

pazienti sottoposti a intervento recente<br />

valutati entro 1 mese dall’intervento (T0) e<br />

rivalutati a 4 mesi (T1).<br />

Materiali: questionario sull’arto fantasma di<br />

Koojiman, diario dei sogni settimanale e<br />

rievocazione sogno recente, questionario sul<br />

dolore West Haven-Yale Multidimensional<br />

Pain Inventory, questionario sull’immagine<br />

corporea Body Image Concern Inventory.<br />

Analisi statistica <strong>media</strong>nte SPSS 19.0<br />

(<strong>media</strong>+/-SD, p


a b s t r a c t b o o k<br />

• [4] Shukla G.D. et al.. Phantom Limb:<br />

A Phenomenological Study. Brit. J.<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

Psychiat. 1982; 141: 54-58<br />

Valutazione della gravità e della natura del sintomo fatica nei disturbi del sonno, prima e dopo<br />

trattamento, ed in altre malattie neurologiche.<br />

E. Di Coscio 1 , N.T. Economou 2 , M. Manconi 2 ,<br />

E. Bonanni 1 , G. Orlandi 1 , S. Marelli 3 , C.<br />

Gobbi 2 , L. Petrini-Klieber 2 , E. Iacopini 1 , L.<br />

Carnicelli 1 , C. Zecca 2 , M. Gola-Bricalli 2 , C.<br />

Cereda 2 , C. Limoni 2 , O. Petrini 2 , L. Ferini-<br />

Strambi 3 , C. Bassetti 2, 4 .<br />

1) Dipartimento di Neuroscienze, Università<br />

di Pisa<br />

2) Neurocentro della Svizzera Italiana,<br />

Lugano, Svizzera<br />

3) Centro del Sonno – Università San<br />

Raffaele, Milano<br />

4) Clinica Neurologica. Università di Berna,<br />

Svizzera<br />

Obiettivi: Nonostante il sintomo fatica mostri<br />

una elevata prevalenza in ambito<br />

neurologico, essa resta attualmente sotto<br />

diagnosticata, in particolare nel contesto dei<br />

disturbi del sonno (DS). Circa il rapporto tra<br />

fatica e DS, numerosi punti necessitano<br />

ancora di una risposta: la correlazione tra<br />

gravità della fatica e del DS, l’effetto del<br />

trattamento del SD sulla stessa ed infine il<br />

chiarire se il paziente con DS e fatica si<br />

riferisca strettamente ai sintomi della fatica<br />

oppure alle sue conseguenze<br />

comportamentali. Questi aspetti<br />

rappresentano gli obiettivi del nostro studio.<br />

Metodo: Uno studio prospettico,<br />

osservazionale, multicentrico, condotto su<br />

694 pazienti affetti da DS (447M, 247F, età<br />

<strong>media</strong> 54.27±13.13 aa), 131 controlli sani<br />

negativi per fatica (52M, 60F, età <strong>media</strong><br />

52.12±11.24 aa), 41 pazienti con sclerosi<br />

multipla (SM) (13M, 28F, età 25.24±7.24 aa)<br />

e 15 pazienti con pregresso stroke (8M, 7F,<br />

età <strong>media</strong> 47.68±10.89 aa). I DS mostravano<br />

la seguente rappresentazione: apnee<br />

notturne (44.6%), insonnia (21.9%),<br />

RLS/PLMs (8.1%), EDS/ipersonnia di altra<br />

origine (8.1%), parasonnia (7.4%), narcolessia<br />

con cataplessia (1.2%), altri disturbi del ritmo<br />

sonno-veglia (1.6%); una combinazione di più<br />

DS era evidente nel 7.1%. A pazienti e<br />

controlli sono state somministrate due<br />

differenti scale per la valutazione della fatica:<br />

la Fatigue Scale (FS) e la Fatigue Severity<br />

Scale (FSS). La FS è in grado di individuare i<br />

sintomi di fatica (sia fisica che mentale),<br />

mentre la FSS valuta i sintomi di fatica ed i<br />

suoi effetti comportamentali. Per ciò che<br />

riguarda i pazienti con DS, le scale sono state<br />

somministrate sia nel pre che nel post<br />

trattamento. I cut-off di normalità della FS e<br />

della FSS sono rispettivamente 3/4 e 4.<br />

Risultati: Il punteggio della FSS si è rivelato<br />

superiore al range di normalità sia nei<br />

pazienti con DS che con SM (DS: 4.1±1.7, SM:<br />

4.2±1.7), mentre la FS indicava valori<br />

patologici soltanto nei pazienti con DS (DS:<br />

4.5±4.4, SM: 3.2±3.3). Pazienti con pregresso<br />

stroke e controlli ottenevano invece punteggi<br />

nel range di normalità (stroke FS: 2.9±3.4,<br />

FSS: 3.9±1.6, controlli FS: 2.3±3.4, FSS:<br />

3.0±1.4). Pertanto la FSS ha individuato valori<br />

di fatica significativamente più elevati nei<br />

pazienti DS ed SM rispetto ai controlli<br />

(p


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

44<br />

Infine, il trattamento del DS si associa ad un<br />

significativo miglioramento dei sintomi della<br />

fatica e delle sue ripercussioni sulla vita<br />

quotidiana.<br />

Melatonina endogena ed esogena in un paziente con sindrome di fase di sonno ritardata<br />

A.Sciortino 1 ; R.Piazza 1 ; G.Milioli 2 ; A. Grassi<br />

2 , C.Gnocchi 3 , M.Dipalo 3 , R.Aloe 3 , A.Sgoifo 1 ;<br />

L.Parrino 2 ; M. G.Terzano 2<br />

1 Università degli Studi di Parma<br />

Dipartimento di Neuroscienze;<br />

2 Centro di Medicina del Sonno, AOU Parma;<br />

3 Biochimica a Elevata Automazione, AOU<br />

Parma.<br />

Obiettivi: utilizzo di tamponi salivari per<br />

determinare la concentrazione della<br />

melatonina endogena ed esogena nella<br />

saliva. Premessa: la melatonina viene<br />

prodotta dalla ghiandola pineale in condizioni<br />

di oscurità facilitando la sincronizzazione del<br />

ritmo circadiano con il ciclo luce-buio.<br />

L’ormone svolge, tra gli altri, anche un ruolo<br />

di regolatore della temperatura corporea. La<br />

determinazione della concentrazione della<br />

melatonina nei fluidi biologici, <strong>media</strong>nte la<br />

definizione della Dim Light Melatonin Onset<br />

(DLMO), offre un parametro biologico<br />

oggettivo per la valutazione del ritmo<br />

circadiano a fini diagnostico-terapeutici. Il<br />

monitoraggio dell’andamento della<br />

melatonina ha previsto finora l’utilizzo di<br />

metodi invasivi, come prelievi ematici sia<br />

durante il giorno che durante le ore notturne,<br />

giustificando sforzi tecnologici verso soluzioni<br />

alternative. Materiali e Metodi: 5 volontari<br />

sani hanno effettuato prelievi sequenziali di<br />

saliva, tramite l’utilizzo di semplici tamponi di<br />

cotone (salivette), in condizioni basali e dopo<br />

assunzione di melatonina a rilascio<br />

controllato (Armonia® Retard 3 mg di<br />

Nathura). Il kit Direct Saliva Melatonin RIA dei<br />

laboratori BUHLMANN è stato utilizzato per<br />

la determinazione della concentrazione della<br />

melatonina nella saliva. I campioni di saliva,<br />

raccolti dalle salivette per centrifugazione,<br />

sono stati analizzati tramite un<br />

radioimmunodosaggio a doppio anticorpo. I<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

campioni, i controlli ed i calibratori sono stati<br />

incubati con un anticorpo anti-melatonina e<br />

con melatonina marcata con I 125 . La<br />

melatonina marcata con I 125 compete con la<br />

melatonina presente nei campioni, nei<br />

calibratori e nei controlli. La frazione legata<br />

all’anticorpo è stata fatta precipitare in<br />

seguito all’incubazione con un secondo<br />

anticorpo anti-melatonina in fase solida, e<br />

contando la reattività associata a questa<br />

frazione, tramite la costruzione di una curva<br />

di taratura si è proceduto alla<br />

determinazione della concentrazione della<br />

melatonina. La metodologia è stata<br />

automatizzata con l‘utilizzo dell’ analizzatore<br />

Stratec SR300. Risultati: per tutti e 5 i<br />

volontari si è riuscito a determinare la DLMO,<br />

che veniva raggiunta in <strong>media</strong> alle ore 22:40.<br />

Negli stessi volontari l’assunzione di<br />

melatonina esogena a rilascio controllato,<br />

effettuata 1 ora prima della DLMO calcolata,<br />

ha determinato una modificazione della<br />

curva di dosaggio con la comparsa di un picco<br />

ad 1 ora dall’assunzione del farmaco, seguito<br />

dalla permanenza di alti valori di melatonina<br />

nel corso di tutta la notte. Discussione:<br />

L’utilizzo di tamponi salivari ha indubbi<br />

vantaggi per la determinazione della<br />

melatonina, è un test facilmente eseguibile al<br />

domicilio. Oltre al notevole miglioramento<br />

della compliance, l’efficacia della<br />

determinazione della melatonina nella saliva<br />

consente anche di effettuare un maggior<br />

campionamento del paziente nel tempo,<br />

rispetto invece al numero limitato di prelievi<br />

di sangue effettuabili. Questo permette una<br />

visione più ampia e completa dell’andamento<br />

della melatonina nelle diverse fasi della<br />

giornata. Tale metodica ha inoltre consentito<br />

di monitorare la cinetica della melatonina<br />

esogena a rilascio controllato nel corso della<br />

notte.


a b s t r a c t b o o k<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

Melatonina endogena ed esogena in un paziente con sindrome di fase di sonno ritardata<br />

R.Piazza 1; A.Sciortino 1 ; A. Grassi 2 ; G.Milioli 2 ;<br />

C.Gnocchi 3 ; M.Dipalo 3 ; R.Aloe 3 ; A.Sgoifo 1 ;<br />

L.Parrino 2 ; M. G.Terzano 2<br />

1 Università degli Studi di Parma<br />

Dipartimento di Neuroscienze;<br />

2 Centro di Medicina del Sonno, AOU Parma;<br />

3 Biochimica a Elevata Automazione, AOU<br />

Parma.<br />

Obiettivi: Misurare la melatonina endogena<br />

ed esogena in un paziente con sindrome di<br />

fase di sonno ritardata (SFSR).<br />

Materiali e metodi: Paziente di 17 anni con<br />

SFSR. Dalla compilazione del diario del sonno<br />

viene confermato che l’orario medio di<br />

addormentamento è alle ore 3. Mediante<br />

l’utilizzo del kit Buhlmann (Direct Salive<br />

Melatonin), vengono misurate le<br />

concentrazioni di melatonina endogena per<br />

determinare la DLMO (dim light melatonin<br />

onset). Vengono effettuati 7 prelievi salivari<br />

(uno ogni ora), a partire da 3 ore prima<br />

dell’ora <strong>media</strong> di addormentamento fino a 3<br />

ore dopo. In base alla determinazione della<br />

DLMO al paziente viene somministrata<br />

regolarmente melatonina a rilascio<br />

controllato (Armonia® Retard 3 mg di<br />

Nathura) 3 ore prima della DLMO. Al mattino,<br />

appena sveglio, il paziente si sottopone a<br />

fototerapia (10000 lux per almeno 20<br />

minuti). Dopo 2 mesi di trattamento, la<br />

concentrazione salivare della melatonina<br />

esogena viene misurata nell’arco delle 24 ore<br />

(dalle 20:00 alle 20:00 del giorno dopo),<br />

<strong>media</strong>nte 13 prelievi<br />

Risultati: Il paziente con sindrome di fase di<br />

sonno ritardata presenta concentrazioni di<br />

partenza di 0,8 pg/ml raggiungendo un picco<br />

di 43,13 pg/ml alle 05:00 con DLMO alle<br />

00:15. Il paziente trattato con melatonina<br />

esogena a rilascio controllato raggiunge un<br />

picco di 4656 pg/ml 90 minuti dopo<br />

l’assunzione. Al risveglio (h 9:00) il valore<br />

misurato è di 59,2 pg/ml ma dopo<br />

l’esposizione alla luce (fototerapia) i valori<br />

scendono bruscamente a 16,67 pg (ore<br />

10:30).<br />

Discussione: La misurazione della melatonina<br />

endogena ha consentito di determinare il<br />

ritardo della DLMO (00.30) confermando un<br />

SFSR. Rispetto allo studio condotto su<br />

volontari sani, i valori di picco della<br />

melatonina endogena nel paziente sono<br />

risultati posticipati e quasi doppi. Al<br />

contrario, le concentrazioni notturne di<br />

melatonina esogena hanno raggiunto valori<br />

meno elevati rispetto ai volontari sani. A<br />

distanza di 24 ore dalla somministrazione<br />

orale di melatonina esogena (ore 20.00), la<br />

concentrazione salivare di melatonina aveva<br />

recuperato valori basali (2 pg/ml).<br />

Conclusioni: La disponibilità di tamponi<br />

salivari consente di monitorare l’andamento<br />

della melatonina endogena ed esogena con<br />

minori disagi di prelievo delineando la curva<br />

in maniera non cruenta. La determinazione<br />

del DLMO ha consentito di stabilire l’orario<br />

più congeniale di somministrazione di<br />

melatonina esogena nel paziente con SFSR<br />

L’uso regolare di melatonina nella<br />

formulazione Armonia® Retard (Nathura s.r.l)<br />

, abbinato alla fototerapia, ha anticipato il<br />

ritmo sonno-veglia. Gli elevati livelli di<br />

melatonina al risveglio, durante il<br />

trattamento con melatonina esogena,<br />

suggeriscono di sottoporre il paziente alla<br />

fototerapia.<br />

45


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

46<br />

Terapia coadiuvante di stabilizzazione del sonno notturno in paziente affetto da sindrome<br />

narcolettica e instabilita’ ipnica microstrutturale.<br />

A. Grassi, G. Milioli, S. Riccardi, F. De Paolis,<br />

N. Azzi, I. Pollara, A. Abramo, L. Parrino, M.G.<br />

Terzano<br />

Centro Interdipartimentale di Medicina del<br />

Sonno, Clinica Neurologica, Ospedale<br />

Maggiore di Parma.<br />

Obiettivi: valutare gli effetti della terapia con<br />

trazodone in paziente affetto da sindrome<br />

narcolettica e concomitante instabilità<br />

microstrutturale del sonno notturno.<br />

Materiali: paziente maschio, 23 anni, afferito<br />

presso il nostro Centro per eccessiva<br />

sonnolenza diurna con colpi di sonno<br />

incoercibili, sonno frammentato e non<br />

ristoratore, veniva indagato con<br />

polisonnografia notturna completa e<br />

successivo Multi Sleep Latency Test (MSLT),<br />

che risultavano compatibili con sindrome<br />

narcolettica. Contestuale riscontro di lieve<br />

riduzione percentuale del sonno ad onde<br />

lente (20% del tempo totale di sonno TST),<br />

associato a significativa instabilità<br />

microstrutturale (CAP rate: 59%), in assenza<br />

di disturbi respiratori o motori in sonno.<br />

Positiva la tipizzazione genetica per HLA<br />

DQB1 0602. Il paziente veniva posto in<br />

trattamento con modafinil 100 mg x2/die<br />

associata a terapia comportamentale (nap<br />

diurni), con parziale controllo della<br />

sonnolenza diurna. Persisteva sonno<br />

frammentato e percezione di scarso ristoro al<br />

risveglio mattutino.<br />

Metodi: alla luce degli elevati valori di CAP<br />

rate, si impostava in add on ciclo di<br />

stabilizzazione ipnica con trazodone 75 mg,<br />

protratto per 18 mesi, al termine del quale si<br />

ripeteva controllo strumentale con PSG<br />

notturna completa.<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

Risultati: parallelamente al dato clinico di<br />

sonno maggiormente ristoratore e miglior<br />

controllo della sonnolenza diurna, il tracciato<br />

polisonnografico mostrava un incremento<br />

degli stadi profondi di sonno NREM (28% del<br />

TST), associato a netta riduzione<br />

dell’instabilità micro strutturale, compatibile<br />

con la condizione narcolettica (CAP rate:<br />

17%).<br />

Discussione e Conclusioni: com’è noto da<br />

letteratura, la sindrome narcolettica può<br />

associarsi, oltre che ad alterazioni del profilo<br />

ipnico macrostrutturale, a valori di instabilità<br />

microstrutturali inferiori al range di<br />

normalità. Qualora il riferito di sonno<br />

qualitativamente non ristoratore si<br />

accompagni al riscontro polisonnografico di<br />

un CAP rate patologicamente aumentato in<br />

assenza di disturbi respiratori o motori<br />

clinicamente rilevanti, un cìclo terapeutico<br />

coadiuvante con farmaci stabilizzatori del<br />

sonno notturno (es. trazodone) può rivelarsi<br />

utile nel migliorare il quadro clinico e<br />

strumentale del paziente.<br />

Bibliografia<br />

Terzano MG, Smerieri A, Del Felice A, Giglia F,<br />

Palomba V, Parrino L. “Cyclic alternating<br />

pattern (CAP) alterations in narcolepsy” Sleep<br />

Medicine 7 (2006) 619–62<br />

Ferri R, Miano S, Bruni O, Vankova<br />

J, Nevsimalova S, Vandi S, Montagna<br />

P, Ferini-Strambi L, Plazzi G. NREM sleep<br />

alterations in narcolepsy/cataplexy. Clin<br />

Neurophysiol. 2005 Nov;116(11):2675-84<br />

Parrino L, Spaggiari MC, Boselli M, Di<br />

Giovanni G, Terzano MG. “Clinical and<br />

polysomnographic effects of trazodone CR in<br />

chronic insomnia associated with dysthymia”<br />

Psychopharmacology (Berl). 1994<br />

Dec;116(4):389-95.<br />

46


a b s t r a c t b o o k<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

Progetto di costruzione di un nuovo questionario italiano di valutazione della qualita’ del sonno<br />

“Sleep Quality Questionnaire”<br />

C. Sguazzin 1 , E. Morrone 2 , F.De Carli 2 , R.<br />

Manni 4 , M. Terzaghi 4 .F.Fanfulla 3 .<br />

1Servizio di Psicologia, Fondazione Salvatore<br />

Maugeri-IRCCS, Pavia- sede Boezio<br />

2Istituto di Bioimmagini e Fisiologia<br />

Molecolare CNR, Genova<br />

3 Servizio di Medicina del Sonno, Fondazione<br />

Salvatore Maugeri-IRCCS, Pavia<br />

4 Unità di Medicina del Sonno, Istituto<br />

Neurologico Fondazione Casimiro Mondino,<br />

Pavia<br />

Nella valutazione e misurazione della qualità<br />

del sonno convergono fattori:oggettivi<br />

(durata, efficienza, presenza di patologie che<br />

ne alterano la stabilità e<br />

continuità);soggettivi (qualità percepita,<br />

difficoltà e disturbi soggettivamente rilevati);<br />

generali che fanno riferimento all’area<br />

lavorativa, allo stile di vita,alla presenza di un<br />

disagio psicologico.Ad oggi gli strumenti<br />

psicometrici di valutazione della Qualità del<br />

Sonno sono orientati ad indagare uno<br />

specifico disturbo, o un pattern di<br />

atteggiamenti ed abitudini.<br />

L’obiettivo di questo lavoro è quello di<br />

costruire uno strumento<br />

(SleepQualityQuestionnaire –SQuare) che<br />

permetta al clinico di effettuare uno<br />

screening sulla qualità del sonno favorendo<br />

peraltro la formulazione di una ipotesi<br />

diagnostica.<br />

Il questionario, oltre a comprendere una<br />

raccolta di essenziali dati sociodemografici<br />

(età, scolarità, caratteristiche dell'attività<br />

lavorativa) ed una sintetica raccolta<br />

anamnestica, è composto da due parti. 1)<br />

Parte Afinalizzata allo studio delle<br />

caratteristiche del sonno per ottenere una<br />

misura della sua efficacia, e alla<br />

ricerca(attraverso risposte chiuse) di quelle<br />

abitudini di vita che possono condizionarla<br />

negativamente. 2)Parte B,volta ad<br />

individuare eventuali disturbi del sonno o<br />

sonno-correlati, composta da 35 item per cui<br />

è prevista una risposta su una scala a 4 punti.<br />

Gli item fanno riferimento a costrutti quali<br />

ansia e depressione (componente Mentale)<br />

ed a costellazioni di sintomi (con componenti<br />

sia Mentali che Fisiche) correlati a specifici<br />

disturbi del sonno.<br />

Sono stati effettuati focus group con un<br />

campione di soggetti normali che hanno<br />

portato alla ridefinizione di due item che<br />

apparivano di difficile comprensione e<br />

confusivi (item 32: allucinazioni ipnagogiche<br />

ed item 33: Cataplessia/narcolessia).<br />

Per misurare la validità di costrutto sono stati<br />

utilizzati il Pittsburgh SleepQuality Index (di<br />

recente validazione in Italia), e le Scale di<br />

Ansia e Depressione del<br />

CognitiveBehaviouralAssessment 2.0. Lo<br />

SQuare è stato somministrato ad un<br />

campione di soggetti volontariche non si<br />

sono mai rivolti ad un Centro di Medicina del<br />

Sonnoed in cui sono compresi anche<br />

lavoratori attivi su più turni in settori<br />

professionali differenti. Lo SQuare è stato<br />

inoltre somministrato ad un campione di<br />

soggetti afferenti a due Centri di Medicina<br />

del Sonno, con diagnosi già accertata o in<br />

fase di accertamento.<br />

Lo strumento si propone di individuare2<br />

indici per valutare una "componente<br />

mentale/emozionale"e una "componente<br />

fisica" e definire un cut-off che possa indicare<br />

la soglia di rilevanza di un eventuale<br />

problema legato al sonno. La presenza di<br />

descrittori specifici ed il raggiungimento di<br />

una determinata configurazione di sintomi<br />

(RLS, PLMD, OSAS, RBD, Depressione etc)<br />

dovrebbero orientare il clinico nella<br />

costruzione di una ipotesi diagnostica, nella<br />

scelta terapeutica o di invio ad altro<br />

professionista.<br />

47<br />

47


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

48<br />

Studio dell’Heart Rate Variability nell’emicrania sonno-correlata<br />

Heart Rate Variability nell’emicrania.<br />

V. Gnoni 1 , C. Vollono 1 , E. Testani 1 , A.<br />

Losurdo 1 , S. Dittoni 1 , S. Colicchio 1 , C. Di<br />

Blasi 1 , S. Mazza 1 , G. Della Marca 1<br />

1 Department of Neurosciences, Catholic<br />

University, Rome, Italy.<br />

Obiettivi: L’emicrania ha stretti rapporti con<br />

il sonno ed i ritmi circadiani. L’attività del<br />

Sistema Nervoso Autonomo è caratterizzata<br />

da oscillazioni circadiane ed ultradiane, che<br />

sono strettamente connesse con le fasi di<br />

veglia e sonno. Lo scopo del nostro studio è<br />

stato quello di analizzare le interazioni<br />

reciproche tra sonno, Sistema Nervoso<br />

Autonomo ed insorgenza degli attacchi di<br />

emicrania.<br />

Metodi: Abbiamo studiato otto emicranici<br />

(due uomini e sei donne, età <strong>media</strong><br />

48.1±9.3), con elevata frequenza di attacchi<br />

(> 5 al mese) ed una stretta correlazione degli<br />

attacchi col sonno (> 75% degli attacchi ad<br />

esordio durante il sonno). I pazienti sono stati<br />

valutati nel corso di notti libere da attacchi. I<br />

pazienti sono stati sottoposti a<br />

polisonnografia ed analisi dell’Heart Rate<br />

Variability (HRV). I risultati ottenuti negli<br />

emicranici sono stati confrontati con un<br />

ampio campione di soggetti normali. Tutti i<br />

soggetti sono stati sottoposti ad un esame<br />

video-PSG notturno in laboratorio. Per le<br />

analisi dell’HRV, nel dominio del tempo e<br />

della frequenza, abbiamo selezionato periodi<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

di 5 minuti di veglia (W), fase 2 (N2) e 3 (N3)<br />

di sonno N-REM e sonno REM (R).<br />

Risultati: i dati PSG e HRV ottenuti nei<br />

pazienti sono stati confrontati con i dati di 55<br />

soggetti sani (23 uomini e 32 donne, età<br />

<strong>media</strong> 54.2±13.0) selezionati in modo casuale<br />

dal database del nostro laboratorio. Abbiamo<br />

trovato una riduzione statisticamente<br />

significativa del rapporto LF/HF durante il le<br />

fasi N2 ed N3 NREM nei soggetti emicranici<br />

rispetto ai controlli. Al contrario, durante il<br />

sonno REM, il rapporto HF/LF ha mostrato<br />

una tendenza ad aumentare nei pazienti, che<br />

però non ha raggiunto la significatività<br />

statistica.<br />

Discussione e Conclusioni: L’attività del<br />

Sistema Nervoso Autonomo negli emicranici<br />

con attacchi sonno-correlati è caratterizzata<br />

da un aumento relativo dell’attività<br />

parasimpatica durante il sonno NREM.<br />

Questo potrebbe essere conseguente ad una<br />

lieve disfunzione cronica del sistema<br />

simpatico, che potrebbe manifestarsi<br />

selettivamente, oppure diventare più<br />

evidente durante il sonno. Questi dati<br />

confermano un meccanismo di ridotta<br />

arousability durante il sonno nei pazienti con<br />

Emicrania sonno-correlata. L’interessamento<br />

simultaneo del Sistemi Nervoso Autonomo,<br />

dei sistemi di arousal e del dolore potrebbe<br />

suggerire e il coinvolgimento delle vie<br />

ipotalamiche orexinergiche.<br />

Caratterizzazione ed evoluzione dei disturbi del movimento in veglia e del sonno notturno nella<br />

narcolessia con cataplessia pediatrica: studio caso-controllo e lungitudinale.<br />

F.Pizza 1 , F.Poli 1 , F.Franceschini 1 , S.Vandi 1 ,<br />

D.Banal 1 , L.Nobili 2 , O.Bruni 3 , Y.Dauvilliers 4 ,<br />

E.Mignot 5 , K.P.Bhatia 6 , G.Plazzi 1 .<br />

1, IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche /<br />

Dipartimento di Scienze Neurologiche,<br />

Università di Bologna, Bologna;<br />

2, Centro per la Chirurgia dell’Epilessia<br />

“C.Munari”, Ospedale Niguarda, Milano;<br />

3, Dipartimento di Neuropsichiatria Infantile,<br />

Università “La Sapienza”, Roma;<br />

4- Dipartimento di Neurologia, Ospedale Guide<br />

Chauliac, Montpellier, Francia;<br />

5- Centro per la Narcolessia, Stanford<br />

University, Palo Alto, California, USA;<br />

48


a b s t r a c t b o o k<br />

6- Sobell Department of Motor Neuroscience<br />

and Movement Disorders, UCL Institute of<br />

Neurology, Queen Square, London, United<br />

Kingdom.<br />

Obiettivi: La narcolessia con cataplessia (NC)<br />

è una ipersonnia da perdita di neuroni<br />

ipocretinergici ipotalamici. La patogenesi<br />

sembra una aggressione autoimmune<br />

potenzialmente innescata da un evento<br />

esterno (e.g.infezione streptococcica). Nostro<br />

obiettivo è la valutazione del fenotipo<br />

motorio in veglia e del sonno notturno e della<br />

loro evoluzione.<br />

Materiali: Sono stati valutati 39 bambini (età<br />

<strong>media</strong> = 11±3 anni) al momento della<br />

diagnosi di NC e 25 bambini sono stati<br />

rivalutati longitudinalmente (<strong>media</strong> di<br />

osservazione = 2,1±1,7 anni), appaiati per età<br />

e sesso ad adeguati gruppi di controllo.<br />

Metodo: Ogni soggetto è stato<br />

videoregistrato in condizioni basali e durante<br />

stimolo emotivo. Un esaminatore ha valutato<br />

tramite una scala semiquantitativa la<br />

presenza di fenomeni motori negativi (i.e.<br />

cadute di capo o corpo, ptosi e protrusione<br />

linguale, ipotonia facciale o generalizzata) ed<br />

attivi (i.e. sollevamento delle sopracciglia,<br />

movimenti periorali e linguali, grimaces,<br />

oscillazioni del tronco, movimenti<br />

stereotipati, discinetici e distonici) in<br />

entrambe le condizioni. I punteggi globali per<br />

le fenomenologie motorie negative ed attive<br />

sono stati confrontati tra controlli e pazienti<br />

(alla diagnosi ed al follow up), e messi in<br />

relazione con dati clinici (età di esordio,<br />

durata di malattia) e laboratoristici (TASL,<br />

ipocretina liquorale). I dati poligrafici inerenti<br />

il sonno notturno e la sonnolenza diurna<br />

(MSLT) sono stati confrontati<br />

longitudinalmente.<br />

Risultati: Il pattern motorio dei bambini<br />

affetti da NC ha evidenziato maggiori<br />

fenomeni negativi ed attivi rispetto ai<br />

controlli sia in condizioni di base (2,37±3,21<br />

vs. 0,0±0,0, p


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

50<br />

Alta prevalenza di obesita’ e puberta’ precoce nella narcolessia con cataplessia pediatrica<br />

F. Poli, 1 F. Pizza, 1 E. Finotti, 1 S. Taheri, 2 F.<br />

Bernardi, 3 A. Balsamo, 3 E. Mignot, 4 U.<br />

Pagotto, 5 L. Nobili, 6 O. Bruni, 7 R. Ferri, 8 G.<br />

Plazzi 1<br />

1. Dipartimento di Scienze<br />

Neurologiche/IRCCS Istituto delle Scienze<br />

Neurologiche di Bologna, Bologna, Italia<br />

2. School of clinical and experimental<br />

Medicine, University of Birmingham,<br />

United Kingdom<br />

3. Clinica Pediatrica, Ospedale S. Orsola-<br />

Malpighi, Bologna, Italia<br />

4. Stanford Center for Sleep Sciences,<br />

Stanford University, California, USA<br />

5. Unità di Endocrinologia, Ospedale S.<br />

Orsola-Malpighi, Bologna, Italia<br />

6. Centro per la Chirurgia dell’Epilessia "C.<br />

Munari", Centro di Medicina del Sonno,<br />

Ospedale Niguarda, Milano, Italia<br />

7. Dipartimento di Neuropsichiatria<br />

Infantile, Università La Sapienza; Roma,<br />

Italia<br />

8. Dipartimento di Neurologia I.C., Istituto<br />

Oasi per il ritardo mentale e l’involuzione<br />

cerebrale senile (IRCCS), Troina, Italia<br />

Obiettivi. In questo studio sono stati<br />

sistematicamente indagati i parametri<br />

antropometrici ed endocrinologici di bambini<br />

e adolescenti affetti da narcolessia con<br />

cataplessia (NC), con particolare riguardo<br />

all’aumento di peso, al timing dello sviluppo<br />

puberale e alla possibile interazione fra<br />

questi due fenomeni. E’ noto infatti che la NC<br />

pediatrica si presenta con<br />

sovrappeso/obesità ed esistono descrizioni<br />

aneddotiche di associazione con pubertà<br />

precoce. 1,2<br />

Materiali. 42 pazienti di età 85°percentile), appaiati<br />

per sesso, età ed area geografica di<br />

provenienza.<br />

Metodo. Studio trasversale su pazienti NC<br />

reclutati consecutivamente presso<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

l’Ambulatorio del Sonno del Dipartimento di<br />

Scienze Neurologiche di Bologna. I pazienti<br />

NC hanno seguito un protocollo neurologicopediatrico/endocrinologico<br />

per indagare la<br />

presenza di accelerazioni del timing di<br />

sviluppo puberale e di aumento dei percentili<br />

di peso rapportati all’età e al sesso,<br />

comprendente misurazione di peso, altezza,<br />

pressione arteriosa, scala puberale di Tanner;<br />

analisi ematiche per profili glucidico, lipidico,<br />

ormonale; dosaggio ipocretina liquorale,<br />

risonanza magnetica cerebrale.<br />

Risultati. I bambini e adolescenti narcolettici,<br />

tutti ipocretino-deficienti, hanno mostrato<br />

una prevalenza di pubertà precoce del 17%.<br />

Sono stati osservati anche segni isolati di<br />

accelerato sviluppo puberale (telarca isolato,<br />

presenza di pelo pubico, età ossea avanzata)<br />

nel 41%. La prevalenza di sovrappeso/obesità<br />

è risultata pari al 74%. La giovane età<br />

all’esordio della NC e la precocità di diagnosi<br />

risultano essere i fattori predittivi della<br />

pubertà precoce. La giovane età predice<br />

anche l’obesità, caratterizzata da riduzione<br />

del colesterolo HDL. La pubertà precoce e<br />

l’obesità non si influenzano reciprocamente.<br />

Il confronto con bambini e adolescenti obesi,<br />

altrimenti sani, ha mostrato un rischio<br />

aumentato di sviluppare la pubertà precoce<br />

nella NC di circa 10 volte. I sintomi della NC,<br />

l’aumento di peso e la comparsa di segni<br />

puberali anticipati si verificano<br />

concomitantemente nell’arco di pochi mesi.<br />

Discussione. L’esordio di NC nei bambini più<br />

piccoli, in un periodo critico per lo sviluppo<br />

puberale, è associato a un’alta prevalenza di<br />

pubertà precoce e di obesità. Al confronto<br />

con la popolazione generale la pubertà<br />

precoce prevale di circa 1000 volte (17% vs<br />

0.015%) e l’obesità risulta raddoppiata (74%<br />

vs 36%). Il fatto che pubertà precoce e<br />

obesità non risultino correlate, e il ristretto<br />

lasso di tempo di comparsa di queste due<br />

condizioni insieme alla NC, suggeriscono che<br />

ci possa essere una sottostante origine<br />

comune a partenza dal sistema nervoso<br />

50


a b s t r a c t b o o k<br />

centrale. La dimostrazione in studi animali<br />

della presenza di recettori ipocretinergici nei<br />

neuroni secernenti gli ormoni di rilascio delle<br />

gonadotropine, 4 cruciali per il timing<br />

puberale, e il ruolo chiave della ipocretina nel<br />

metabolismo energetico offrono spunti<br />

speculativi per i fenomeni osservati con una<br />

frequenza così alta.<br />

Conclusione. L’esordio della NC nei bambini<br />

più piccoli è caratterizzato dalla presenza di<br />

obesità e pubertà precoce con prevalenza<br />

drammaticamente superiore rispetto alla<br />

popolazione generale. Il rischio<br />

cardiovascolare associato all’obesità infantile<br />

e l’impatto auxologico e psicologico della<br />

pubertà precoce impongono la diagnosi e il<br />

trattamento di tali comorbidità insieme alla<br />

gestione della NC. L’implementazione di<br />

percorsi clinico-diagnostici multidisciplinari<br />

per la NC, già invocata nei casi adulti, 5 è qui<br />

nuovamente richiamata.<br />

Bibliografia:<br />

1. Kotagal S, Krahn LE, Slocumb N. A<br />

putative link between childhood<br />

narcolepsy and obesity. Sleep<br />

Med 2004;5:147-50.<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

2. Plazzi G, Parmeggiani A, Mignot E,<br />

et al. Narcolepsy-cataplexy<br />

associated with precocious<br />

puberty. Neurology 2006;66:1577-<br />

9.<br />

3. American Academy of Sleep<br />

Medicine. International<br />

Classification of Sleep Disorders,<br />

2nd ed: Diagnostic and coding<br />

manual. Westchester, IL:<br />

American Academy of Sleep<br />

Medicine; 2005.<br />

4. Campbell RE, Grove KL, Smith MS.<br />

Gonadotropin-releasing hormone<br />

neurons coexpress orexin 1<br />

receptor immunoreactivity and<br />

receive direct contacts by orexin<br />

fibers. Endocrinology<br />

2003;144:1542-8.<br />

5. Poli F, Plazzi G, Di Dalmazi, et al.<br />

Body mass index-independent<br />

metabolic alterations in<br />

narcolepsy with cataplexy. Sleep<br />

2009;32:1491-7.<br />

Associazione di episodi parossistici in sonno nrem e in sonno rem in un bambino con disturbo<br />

generalizzato dello sviluppo, ritardo mentale ed epilessia farmacoresistente: aspetti di<br />

comorbidità e diagnosi differenziale<br />

E Zambrelli*, A Vignoli *, M Savini °, L<br />

Giordano §, A Pincherle *, MP Canevini*°<br />

*Centro Epilessia – Medicina del Sonno. AO<br />

Ospedale San Paolo<br />

°Università degli Studi di Milano<br />

§Ospedale dei Bambini di Brescia<br />

Obiettivi: viene presentato il caso di un<br />

bambino di 9 anni, affetto da disturbo<br />

generalizzato dello sviluppo, ritardo mentale<br />

ed epilessia sintomatica di malformazione<br />

bitemporale con sclerosi dell'ippocampo<br />

inviato all'indagine polisonnografica per<br />

inquadramento di episodi parossistici in<br />

sonno notturno.<br />

Paziente e metodi: l’esordio dell’epilessia<br />

risale all’età di 19 mesi con crisi inizialmente<br />

in iperpiressia e successivamente anche in<br />

apiressia, farmacoresistenti. Non riferita<br />

occorrenza di crisi in sonno. EEG nei primi<br />

anni negativi e successivamente caratterizzati<br />

da anomalie lente ed epilettiformi bilaterali<br />

prevalenti sulle regioni fronto-temporali di<br />

sinistra, in veglia e sonno. RMN encefalo<br />

inizialmente negativa, nel 2011 documentava<br />

la presenza di estesa malformazione dello<br />

sviluppo corticale associata a sclerosi<br />

dell'ippocampo bilaterale. Il bambino veniva<br />

indirizzato a indagine video-polisonnografica<br />

per episodi parossistici notturni.<br />

Risultati: La polisonnografia notturna ha<br />

documentato la presenza di anomalie lente<br />

ed epilettiformi prevalenti sulle regioni<br />

fronto-temporali di sinistra e la presenza di<br />

51<br />

51


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

52<br />

crisi epilettiche in sonno NREM a origine<br />

fronto-temporale sinistra clinicamente<br />

caratterizzate da distonia della mano destra,<br />

frequentemente portata al viso, sfregamento<br />

del naso, talora brusco movimento<br />

retropulsivo del capo e “scatto” dell'arto<br />

superiore destro, incostante masticazione<br />

(video). Sono stati registrati alcuni episodi<br />

emergenti da sonno lento clinicamente<br />

caratterizzati da espressione spaventata,<br />

tentativo di scendere dal letto, interazione<br />

con la madre interpretati come parasonnie<br />

dell'arousal (video). Sono infine stati<br />

registrati episodi in sonno REM clinicamente<br />

caratterizzati da attivazione motoria del'arto<br />

superiore di destra e retropulsione del capo,<br />

seguiti da movimento complesso eseguito<br />

con gli arti superiori, tipo difesa e<br />

aggressione (video), di non univoca<br />

interpretazione.<br />

Discussione: Il caso presenta comorbidità fra<br />

epilessia e parasonnie dell'arousal con<br />

documentazione video-polisonnografica di<br />

crisi focali a origine fronto-temporale sinistra<br />

in sonno, episodi parasonnici NREM (terrore<br />

notturno) ed episodi parossistici in sonno<br />

REM di non univoca interpretazione,<br />

registrati nella stessa notte. Il dato di<br />

comorbidità epilessia e parasonnie è noto<br />

dalla letteratura in particolare nel bambino<br />

fra epilessia e parasonnie dell'arousal. È<br />

altresì riportata la comorbidità fra epilessia e<br />

parasonnie REM, in particolare RBD in età<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

adulta (Manni, 2010). Questo caso rispecchia<br />

numerose problematiche rispetto allo studio<br />

degli episodi parossistici in sonno in<br />

particolare negli aspetti di diagnosi<br />

differenziale.<br />

Conclusione: Gli autori ipotizzano che questo<br />

bambino, con alterato sviluppo psicomotorio<br />

e quadro malformativo cerebrale, presenti<br />

episodi critici in sonno NREM e sonno REM<br />

con pattern elettrico analogo ma suscettibile<br />

di variazioni morfologiche nei differenti stadi<br />

di sonno e che, da un punto di vista<br />

semeiologico, gli episodi in REM possano<br />

essere arricchiti da una componente<br />

successiva che ricorda fenotipicamente<br />

aspetti comportamentali tipici dell'RBD. Il<br />

significato di queste associazioni non è<br />

univocamente interpretabile potendo essere<br />

attribuibile ad associazione casuale o a<br />

condivisione di momenti fisiopatologici<br />

comuni che coinvolgono il sistema<br />

dell'arousal e, probabilmente anche<br />

meccanismi più complessi nel caso delle<br />

parasonnie REM. Infine è interessante<br />

ricordare dati di letteratura (Tassinari, 2005)<br />

che sottolineano come sia frequente<br />

l'emergenza di comportamenti innati<br />

espressione dell'attivazione di CPGs, fra cui<br />

anche a carattere difensivo/predatorio, nel<br />

contesto di crisi epilettiche o parasonnie che<br />

condividono il sistema dell'arousal per<br />

esprimersi.<br />

Fattori di rischio di mortalità in una popolazione di anziani (over-65 anni): follow up a 11 anni<br />

G. Canal, S. Lorenzut, V. Russo, F. Romanese,<br />

G.L. Gigli<br />

Centro di Medicina del Sonno, Clinica<br />

Neurologica, Università di Udine<br />

Obiettivi: in letteratura ci sono pochi studi<br />

che analizzino la relazione tra demenza,<br />

disturbi del sonno e mortalità; in particolare<br />

non ci sono lavori che abbiano considerato<br />

queste tre variabili tutte assieme. Lo scopo<br />

del nostro studio è quello di valutare, in una<br />

popolazione di anziani, se il rischio di<br />

mortalità aumenta quando disturbi del sonno<br />

e deterioramento cognitivo sono associati.<br />

Materiali e metodi: sono state consultate le<br />

schede di morte di 752 pazienti arruolati in<br />

un precedente studio (Merlino et al. Sleep<br />

Medicine 2010; 11: 372-377) e valutato il<br />

follow up a 11 anni. Sono state pertanto<br />

costruite le relative curve di mortalità ed è<br />

stata ricercata la possibile correlazione tra<br />

mortalità, demenza e disturbi del sonno<br />

52


a b s t r a c t b o o k<br />

(sindrome delle gambe senza riposo,<br />

eccessiva sonnolenza diurna, incubi,<br />

sonnambulismo, sindrome delle apnee in<br />

sonno e insonnia).<br />

Risultati: dopo11 anni di follow-up, 9<br />

pazienti sono stati persi; dei restanti 743<br />

pazienti, 308 (41%) erano morti e 435<br />

(57,8%) erano ancora in vita. In particolare,<br />

tra i pazienti dementi era deceduto l’ 83,7%,<br />

mentre solo il 35,5% dei non dementi era<br />

morto (p=0,001). L’ età <strong>media</strong> al decesso non<br />

differiva in modo significativo tra i due gruppi<br />

(86,6 ± 7,36 nei dementi vs. 85,08 ± 7,26 nei<br />

non dementi). I fattori di rischio indipendenti<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

di mortalità nella popolazione risultavano<br />

essere l’età (OR: 1,12), il fumo (OR:1,62) e la<br />

demenza (OR:2,76). Inoltre all’interno del<br />

gruppo dei dementi il rischio di morte<br />

risultava essere ulteriormente accentuato<br />

dalla contemporanea presenza di eccessiva<br />

sonnolenza diurna (p=0,07).<br />

Discussione e conclusione: il nostro studio<br />

conferma non solo che la sonnolenza diurna<br />

è associata ad un maggiore rischio di<br />

demenza, ma che la demenza stessa sembra<br />

essere un fattore di rischio di mortalità, in<br />

particolare se associata alla presenza di<br />

eccessiva sonnolenza diurna.<br />

Effetti della terapia antiepilettica sulle crisi notturne e sulla struttura del sonno nella Nocturnal<br />

Frontal Lobe Epilepsy<br />

F. De Paolis 1 , E. Colizzi 1 , G. Milioli 1 , A. Grassi 1 ,<br />

S. Riccardi 1 , M. Puligheddu 2 , M. G. Terzano 1 ,<br />

F. Marrosu 2 , L. Parrino 1<br />

1Centro di Medicina del Sonno, Clinica<br />

Neurologica, Dipartimento di Neuroscienze,<br />

Parma<br />

2 Centro per i Disturbi del Sonno, Policlinico<br />

Universitario Monserrato, Cagliari<br />

Scopo: studiare gli effetti della terapia<br />

antiepilettica (clinicamente efficace) sui<br />

parametri video-polisonnografici relativi alla<br />

struttura del sonno e alle crisi notturne in<br />

pazienti affetti da Nocturnal Frontal Lobe<br />

Epilepsy (NFLE).<br />

Materiali e Metodi: 20 pazienti (12 M e 8 F,<br />

età <strong>media</strong> 32 ± 12 anni) con diagnosi clinica e<br />

video-polisonnografica di NFLE sono stati<br />

sottoposti a follow-up clinico e ad un<br />

secondo studio video-PSG dopo 6 mesi di<br />

terapia antiepilettica efficace, in accordo a<br />

criteri clinici soggettivi basati sul diario delle<br />

crisi notturne soggettivamente percepite o<br />

riferite. La sonnolenza diurna è stata valutata<br />

<strong>media</strong>nte Epworth Sleepiness Scale (ESS)<br />

prima e dopo il trattamento. I parametri PSG<br />

convenzionali della struttura del sonno e<br />

quelli del Cyclic Alternating Pattern (CAP)<br />

sono stati analizzati in accordo ai rispettivi<br />

criteri internazionali di scoring prima e dopo<br />

il trattamento antiepilettico nei pazienti NFLE<br />

e confrontati con quelli di un gruppo di<br />

controllo costituito da 20 soggetti sani buoni<br />

dormitori (12 M e 8 F, età <strong>media</strong> 33 ± 8). Il<br />

numero totale delle crisi video-PSG e il loro<br />

rapporto con i parametri della macro- e<br />

microstruttura del sonno sono stati analizzati<br />

e confrontati prima e dopo terapia<br />

antiepilettica nei pazienti NFLE.<br />

Risultati: 7 pazienti risultavano liberi da crisi<br />

mentre i restanti 13 riportavano una<br />

riduzione delle crisi notturne percepite o<br />

riferite maggiore del 50% rispetto al quadro<br />

pre-terapia. Nonostante la soddisfacente<br />

efficacia clinica soggettiva, il trattamento<br />

antiepilettico ha determinato la riduzione<br />

solo parziale delle crisi notturne oggettivate<br />

in video-PSG (-25% rispetto al quadro basale),<br />

prevalentemente nella prima parte della<br />

notte. Sebbene i principali parametri<br />

macrostrutturali alterati in condizioni basali<br />

(incremento di REM latency e WASO,<br />

riduzione di SE) siano andati incontro a<br />

normalizzazione in corso di trattamento,<br />

l’elevata instabilità microstrutturale basale<br />

espressa dal CAP rate ha mostrato solo una<br />

parziale riduzione (-12% rispetto al basale),<br />

53<br />

53


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

54<br />

rimanendo lontana da valori normali (+26%<br />

nei pazienti trattati rispetto ai controlli) e<br />

associandosi a persistenza di moderata<br />

sonnolenza diurna (ESS score 11±3 in<br />

trattamento vs 13 ±3 basale).<br />

Discussione: la significativa persistenza di<br />

numerosi eventi critici e intercritici residui e<br />

di una elevata instabilità microstrutturale in<br />

corso di trattamento definiscono una sorta di<br />

resistenza sia delle crisi che del disturbo<br />

dell’arousal agli obiettivi terapeutici della<br />

terapia antiepilettica nei pazienti con NFLE.<br />

L’elevata quota di CAP rate potrebbe essere<br />

secondaria alla persistenza di parossismi<br />

epilettiformi intercritici che agiscono da<br />

trigger delle fluttuazioni del sistema di<br />

arousal in sonno [1].<br />

OSAS e Epilessia: effetti della comorbidità.<br />

L Campolo, I Aricò, R Silvestri.<br />

Centro di Medicina del Sonno, UOSD di<br />

Neurofisiopatologia e Disordini del<br />

Movimento, AOU Messina<br />

Razionale e Obiettivi:La sindrome delle<br />

apnee morfeiche di tipo ostruttivo (OSAS) e<br />

l’epilessia sono due patologie associate. La<br />

letteratura riporta che l’epilessia nei pazienti<br />

con OSAS va incontro ad un peggioramento<br />

delle crisi e che il miglioramento del respiro<br />

notturno corrisponde ad una riduzione delle<br />

stesse. Obiettivo dello studio valutare la<br />

relazione tra OSAS e epilessia nei pazienti<br />

afferiti presso il nostro centro di medicina del<br />

sonno.<br />

Metodi: Sono stati inclusi tutti i pazienti di<br />

età >18 anni, afferiti presso il Centro di<br />

Medicina del Sonno dell’AOU di Messina e<br />

diagnosticati per sindrome delle apnee<br />

morfeiche di tipo ostruttivo (OSAS) di vario<br />

grado e che presentavano anche forme<br />

differenti di epilessia.<br />

Risultati:Sono stati selezionati 27 pazienti (23<br />

M e 4 F) di età <strong>media</strong> di 47.4 anni e BMI<br />

medio 30.1. Al monitoraggio cardiorespiratorio<br />

notturno, l’Indice di<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

Conclusioni: la terapia ottimale di questi<br />

pazienti dovrebbe includere tra gli obiettivi<br />

anche il trattamento delle alterazioni della<br />

struttura del sonno, attraverso una maggiore<br />

attenuazione delle anomalie epilettiformi in<br />

sonno o <strong>media</strong>nte un innalzamento della<br />

soglia d’arousal allo stimolo disturbante delle<br />

anomalie intercritiche stesse.<br />

Bibliografia<br />

[1] Terzaghi M, Sartori I, Mai R, Tassi L,<br />

Francione S, Cardinale F, Castana L, Cossu M,<br />

LoRusso G, Manni R, Nobili L. Coupling of<br />

minor motor events and epileptiform<br />

discharges with arousal fluctuations in NFLE.<br />

Epilepsia 2008; 49 (4):670-676<br />

apnea/ipopnea (AHI) medio è risultato pari a<br />

16.7 con desaturazione minima <strong>media</strong><br />

dell’85.3%. Soltanto 4 M presentavano anche<br />

broncopneumopatia cronica ostruttiva<br />

(BPCO). In 3 casi la diagnosi di OSAS è stata<br />

posta prima della comparsa dell’epilessia; nei<br />

restanti casi l’OSAS è comparsa<br />

successivamente. In 11 casi si tratta di crisi<br />

parziali (2 casi di meningioma, 1 caso di<br />

displasia parietale dx, 1 caso di ischemia<br />

cerebrale post-intervento chirurgico, 7 casi<br />

criptogenetici) con focalità EEG<br />

prevalentemente fronto-temporale, in 16 casi<br />

di crisi primitivamente o secondariamente<br />

generalizzate (2 casi post-trauma cranico, 1<br />

con sclerosi tuberosa).Le crisi sono riportate<br />

maggiormente la sera e al mattino.11<br />

pazienti sono in trattamento, oltre che con<br />

AEDs, con ventilazione a pressione positiva<br />

non invasiva (CPAP) durante il sonno<br />

notturno. I pazienti hanno riferito riduzione<br />

del numero delle crisi, dopo qualche mese di<br />

ventiloterapia.<br />

Conclusioni:Nella nostra casistica sono per lo<br />

più pazienti con epilessia di vario genere che<br />

sviluppano OSAS di grado differente,<br />

probabilmente per motivi legati sia all’età, sia<br />

al sesso (F:M=1:6, maggiore incidenza di<br />

54


a b s t r a c t b o o k<br />

OSAS negli uomini rispetto alle donne) sia alla<br />

terapia farmacologica, che determina spesso<br />

un aumento di peso. La correzione dell’OSAS<br />

Studio dei pattern ipnici nella demenza a corpi di Lewy<br />

M. Terzaghi 1 , D. Arnaldi 2 , M.C. Rizzetti 3 , R.<br />

Cremascoli 1 , V. Rustioni 1 , R.Manni 1<br />

1 Unità Medicina del Sonno ed Epilessia -<br />

IRCCS Fondazione “Istituto Neurologico<br />

Nazionale C. Mondino”, Pavia,<br />

2 DiNOG, Neurofisiologia Clinica, Genova.<br />

3 Unità di Neurologia - Università di Brescia,<br />

Brescia, Italy<br />

Obiettivi. La conoscenza dell’architettura e<br />

dei disturbi del sonno nella demenza a corpi<br />

di Lewy (DLB) è condizionata dall’assenza di<br />

valutazioni sistematiche condotte con videopolisonnografia.<br />

Vengono qui descritti i<br />

risultati di indagini video-polisonnografiche in<br />

29 pazienti consecutivi con demenza a corpi<br />

di Lewy probabile .<br />

Materiali E Metodo. Tutti i pazienti (età<br />

<strong>media</strong> 75.4±5.1 anni; durata di malattia<br />

3.3±2.4 anni, dose equivalente di levodopa<br />

519±235 mg, MMSE 20.1±4.8) sono stati<br />

sottoposti a valutazione clinica mirata e<br />

video-polisonnografia notturna ambulatoriale<br />

in ambiente ospedaliero. 29 soggetti con<br />

malattia di Parkinson (PD) senza alterazioni<br />

cognitive appaiati per sesso ed età sono stati<br />

selezionati come controllo.<br />

Risultati. Nei soggetti con DLB si rileva meno<br />

sonno 1NREM (p=.000) e più sonno 2NREM<br />

(p=.000) rispetto ai soggetti con PD. La sleep<br />

apnea (30.4% vs 34.6%) e i movimenti<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

migliora la risposta alla terapia, riducendo la<br />

frequenza critica.<br />

periodici degli arti in sonno (60.9% vs 50.0%)<br />

sono risultati essere frequenti in entrambi i<br />

gruppi. Gli episodi motorio comportamentali<br />

abnormi sono risultati più frequenti nel<br />

gruppo DLB (69.9% vs 26.9;p=.008) e<br />

consistono non solo nel REM Sleep Behaviour<br />

Disorder (RBD), ma anche in episodi arousal<br />

relati fenomenologicamente simili ed<br />

indistinguibili dall’RBD ed episodi<br />

confusionali (30.4% vs 3.8%; p=.020). I<br />

soggetti DLB con disturbo del sonno come<br />

sintomo di presentazione hanno punteggi<br />

migliori al MMSE (22.4 vs 18.1, p=.019) e alla<br />

Frontal Assessment Battery (15.8 vs 10.3,<br />

p=.010).<br />

Discussione E Conclusioni. L’analisi<br />

videopolisonnografica dimostra nei soggetti<br />

con DLB multiple alterazioni del pattern<br />

ipnico, comprendenti alterazione della<br />

macrostruttura del sonno, comorbidità<br />

ipniche e differenti tipologie di disturbi<br />

motorio-comportamentali, che consistono<br />

non solo in RBD.<br />

L’esordio della malattia con disturbi del<br />

sonno sembra indicare un differente fenotipo<br />

di malattia con minor compromissione<br />

cognitiva.<br />

I clinici dovrebbero considerare la possibilità<br />

di misdiagnosi e quella di trascurare la<br />

possibilità di comorbidità del sonno, tenendo<br />

presente la possibilità di eseguire la<br />

videopolisonnografia in casi selezionati.<br />

La riduzione del sonno REM in fase acuta è un fattore prognostico negativo nell’ictus ischemico<br />

S.Fulda 1 , M.Caporro 1 , I. Zavalko 1,2 , J. Mathis 3 ,<br />

L. Nobili4, C. Cereda5, I. Pisarenco1, C.L.<br />

Bassetti 3 , M. Manconi 1<br />

1 Centro di medicina del Sonno ed<br />

Epilettologia, Neurocentro della Svizzera<br />

Italiana, Ospedale Civico di Lugano, Lugano<br />

2 Severtsov Institute Ecology/Evolution<br />

Russian Academy of Sciences, Mosca<br />

3 Dipartimento di Neurologia, Ospedale<br />

Universitario, Inselspital Berna,<br />

4 Centro di Medicina del Sonno, Ospedale<br />

Niguarda, Milano<br />

55<br />

55


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

56<br />

5 Neurocentro della Svizzera Italiana,<br />

Ospedale Civico di Lugano,<br />

Obiettivo di questo studio è stato quello di<br />

valutare se esistono variabili<br />

polisonnografiche precoci dopo lo stroke<br />

inschemico che si associano ad un<br />

peggioramento neurologico precoce o un<br />

miglior recupero a breve o lungo termine.<br />

Metodo: 65 pazienti con stroke ischemico o<br />

TIA che partecipavano nello studio<br />

prospettico, multicentrico SAS-CARE1 study<br />

(NCT01097967) sono stati valutati<br />

clinicamente con la NIH stroke scale (NIHSS) a<br />

24 ore, alla dimissione e dopo 3 mesi e sono<br />

stati sottoposti a polisonnografia entro 9<br />

giorni dallo stroke e dopo 3 mesi. In base al<br />

miglioramento atteso secondo la valutazione<br />

clinica all’ammissione, i pazienti sono stati<br />

DISTURBI DEL MOVIMENTO DEL SONNO<br />

I SESSIONE<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

classificati in pazienti con migliore o peggiore<br />

recupero a breve (dimissione) o lungo<br />

termine (a 3 mesi)<br />

Risultati: I pazienti con un peggiore recupero<br />

a breve o lungo tempo avevamo una<br />

significativa riduzione del sonno REM (ridotta<br />

percentuale del sonno REM e prolungata<br />

latenza REM) durante la fase acuta<br />

indipendentemente dalla severità dello<br />

stroke. La riduzione del sonno REM non era<br />

piú valutabile dopo 3 mesi.<br />

Conclusioni: La riduzione acuta della REM<br />

dopo lo stroke predice una prognosi peggiore<br />

indipendentemente dalla severitá dell’ictus e<br />

del disturbo respiratorio in sonno. Ulteriori<br />

studi sono necessari per confermare questo<br />

marker precoce che potrebbe aiutare<br />

nell’identificare quali pazienti che potrebbero<br />

giovarsi di interventi precoci ed aggiuntivi.<br />

Attivita’ motoria in sonno all’esordio dei parkinsonismi: un possibile biomarker per la diagnosi<br />

differenziale<br />

M. Alessandria, G. Calandra-Buonaura, L.<br />

Sambati, R. Terlizzi, P. Guaraldi, F. Provini, P.<br />

Cortelli.<br />

IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche,<br />

Università di Bologna.<br />

Obiettivo Descrivere il possibile valore<br />

diagnostico delle caratteristiche<br />

videopolisonnografiche (VPSG) nella diagnosi<br />

differenziale dei parkinsonismi ad esordio<br />

recente.<br />

Pazienti Sono stati studiati 31 pazienti<br />

consecutivi (13 donne; età <strong>media</strong> 62±11 anni;<br />

range: 37-79 anni) con parkinsonismo<br />

esordito da meno di 3 anni (durata <strong>media</strong> di<br />

malattia: 18±10 mesi; range: 5-39 mesi; età<br />

<strong>media</strong> all’esordio: 60±11 anni; range 35-78<br />

anni), inclusi nello studio BO-ProPark<br />

(Bologna-motor and non motor Prospective<br />

study on Parkinsonisms at onset). Tutti i<br />

pazienti sono stati sottoposti alla stessa<br />

valutazione clinico-strumentale,<br />

comprendente: anamnesi, esame obiettivo<br />

neurologico, risonanza magnetica cerebrale,<br />

test neuropsicologici, studio del controllo<br />

vegetativo dei riflessi cardiovascolari,<br />

quantificazione della risposta motoria alla<br />

levo-dopa e VPSG. In accordo con i criteri<br />

diagnostici internazionali, sono state poste le<br />

diagnosi di: Malattia di Parkinson (MP, 9<br />

pazienti), MP plus (MP con demenza o<br />

disautonomia, 4 pazienti) e sindrome<br />

parkinsoniana (SP, 8 pazienti).<br />

Metodi I pazienti sono stati sottoposti a<br />

VPSG notturna, comprendente: EEG (C3-A2,<br />

O2-A1, CZ-A1); EOG dx e sn; EMG dei muscoli<br />

miloioideo, estensore del polso dx e sn,<br />

tibiale anteriore dx e sn e intercostale; ECG;<br />

microfono; respirogramma oronasale,<br />

56


a b s t r a c t b o o k<br />

toracico e addominale; saturazione di<br />

ossigeno; pressione arteriosa sistemica. Le<br />

VPSG sono state valutate da un neurologo<br />

esperto in medicina del sonno in cieco<br />

rispetto alla diagnosi clinica. Il sonno e<br />

l’attività tonica e fasica durante il sonno REM<br />

sono stati scorati secondo i criteri<br />

dell’American Academy of Sleep Medicine.<br />

Risultati Tutti i pazienti avevano una ridotta<br />

efficienza del sonno (<strong>media</strong>: 62±15%; v.n<br />

>85%). La macrostruttura del sonno e l’indice<br />

di arousal non erano significativamente<br />

differenti nei diversi gruppi di pazienti.<br />

L’indice di apnea/iponea era >5 in 5 pazienti<br />

(1/19 MP; 4/8 SP). L’indice di PLMS era ≥5 in<br />

23 pazienti (14/19 MP; 3/4 MP plus; 6/8 SP).<br />

20 pazienti (9/19 MP, 4/4 MP plus, 7/8 SP)<br />

presentavano un’attività muscolare tonica<br />

e/o fasica eccessiva durante il sonno REM. La<br />

<strong>media</strong> del numero di epoche con eccessiva<br />

attività muscolare fasica in sonno REM era<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

significativamente più alta nei pazienti con<br />

MP plus e SP rispetto ai pazienti con MP. 5<br />

pazienti (3/4 MP plus; 2/8 SP) presentavano<br />

un disturbo del comportamento in sonno<br />

REM. In 7 pazienti (2/19 MP; 1/4 MP plus;<br />

4/8 SP) era presente un mioclono<br />

frammentario ipnico eccessivo; i pazienti con<br />

MP plus e SP avevano frequenti “sussulti<br />

mioclonici” in sonno, coinvolgenti il tronco e<br />

gli arti.<br />

Conclusioni I nostri dati preliminari<br />

suggeriscono che un’alterazione dell’attività<br />

motoria in sonno REM è più frequente<br />

all’esordio di malattia nei pazienti affetti da<br />

MP plus e SP che nei pazienti con MP.<br />

Ulteriori dati sono necessari per stabilire se le<br />

caratteristiche VPSG in pazienti con<br />

parkinsonismo all’esordio abbiano un valore<br />

diagnostico nella diagnosi differenziale dei<br />

parkinsonismi.<br />

La sindrome delle gambe senza riposo nella malattia di Parkinson: studio longitudinale<br />

prospettico in pazienti de novo<br />

E.Marchesi 1 , M.Angelini 1 , A.Negrotti 1 , P.De<br />

Giampaolis 1 , M.Goldoni 2 , S.Calzetti 1<br />

1 Dipartimento di Neuroscienze, U.O.<br />

Neurologia, Azienda Ospedaliero-<br />

Universitaria di Parma<br />

2 Dipartimento di Clinica Medica, Nefrologia<br />

e Scienze della Prevenzione, Laboratorio di<br />

Tossicologia Industriale, Università degli Studi<br />

di Parma<br />

Introduzione: la relazione tra la sindrome<br />

delle gambe senza riposo (Restless Legs<br />

Syndrome, RLS) e la malattia di Parkinson<br />

(MP) è a tutt’oggi controversa: i vari studi<br />

epidemiologici di prevalenza forniscono dati<br />

contrastanti e non vi sono in letteratura studi<br />

che indaghino l’incidenza della RLS nella MP.<br />

Obiettivi: studio longitudinale prospettico a<br />

coorte dinamica della durata di 8 anni per<br />

valutare l’incidenza di RLS di nuova diagnosi<br />

in pazienti con MP.<br />

Materiali e metodi: 106 pazienti con diagnosi<br />

di MP de novo, drug-naive all’inclusione e con<br />

negatività al questionario RLS secondo i<br />

criteri dell’IRLSSG, sono stati valutati con<br />

cadenza semestrale in merito alla comparsa<br />

di RLS nel corso della terapia dopaminergica<br />

(DAergica). Sono stati calcolati i tassi di<br />

incidenza annuale di RLS, espressi sia come<br />

RLS globale sia separatamente come RLS<br />

primaria e secondaria, ed i tassi d’incidenza<br />

globale suddivisi per fasce di età; questi<br />

ultimi sono stati confrontati con quelli della<br />

popolazione generale disponibili in<br />

letteratura. Risultati: 15 pazienti (14,5%)<br />

hanno sviluppato una RLS in corso di terapia<br />

(12 forme primarie e 3 forme secondarie). Il<br />

tasso d’incidenza annuale di RLS è risultato di<br />

47 casi/1000persone/anno (37<br />

casi/1000persone/anno per la RLS primaria e<br />

9,4 casi/1000persone/anno per la RLS<br />

secondaria). Solo il tasso d’incidenza globale<br />

per la classe di età dai 55-64 anni<br />

(70casi/1000persone/anno) è risultato<br />

57<br />

57


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

58<br />

significativamente aumentato nei pazienti<br />

con MP rispetto alla popolazione generale. La<br />

positivizzazione per RLS è risultata<br />

inaspettatamente precoce in rapporto sia<br />

all’esordio della MP (intervallo medio 29,25<br />

mesi) sia all’inizio del trattamento DAergico<br />

(intervallo medio 17,58 mesi).<br />

Discussione: l’incrementata incidenza di RLS<br />

nei pazienti con MP in corso di terapia<br />

DAergica rispetto alla popolazione generale,<br />

osservata per la classe di età di 55-64 anni,<br />

suggerisce un ruolo critico della terapia nel<br />

suo sviluppo. Considerando infatti che nei<br />

pazienti con MP drug-naive non risulta<br />

esserci una maggiore prevalenza di RLS,<br />

contrariamente a quanto riportato nei<br />

pazienti in terapia DAergica cronica, si<br />

potrebbe ipotizzare che la MP rappresenti di<br />

per sé una condizione necessaria ma non<br />

sufficiente a determinare lo sviluppo di RLS, e<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

che l’incrementata incidenza del disturbo<br />

osservata nei pazienti trattati con farmaci<br />

dopaminomimetici sia ascrivibile ad<br />

un’iperstimolazione a livello midollare dei<br />

recettori DAergici post-sinaptici resi<br />

ipersensibili dalla degenerazione dell’area<br />

ipotalamica A11, sede di origine della via<br />

DAergica diencefalo-spinale. Conclusione: se<br />

l’ipotesi generata da questa indagine verrà<br />

confermata su casistiche più estese e dai<br />

risultati derivati da una manipolazione della<br />

terapia DAergica (riduzione e/o incremento<br />

posologico), la RLS che si manifesta nei<br />

pazienti con MP trattati con tale classe di<br />

farmaci, o per lo meno una sua elevata<br />

percentuale, potrebbe essere considerata<br />

un’ulteriore forma di RLS “secondaria”,<br />

responsabile dell’aumentata prevalenza del<br />

disturbo sensitivo-motorio riportata in<br />

letteratura in tali pazienti.<br />

Follow up a 4 anni di pazienti affetti da “restless legs syndrome” con insufficienza renale cronica<br />

in fase “pre-dialitica”<br />

G. Macorig¹ , S. Lorenzut¹, D. Montanaro ²,<br />

G.L. Gigli ¹, G. Romano², M.R. Valente¹<br />

¹Centro di Medicina del Sonno, Clinica<br />

Neurologica, Università di Udine<br />

²SOC di Nefrologia e Dialisi, AOU di Udine<br />

Obiettivi: Sono poco numerosi gli studi che<br />

hanno valutato il follow up a lungo termine di<br />

pazienti dializzati affetti da RLS. Ancora meno<br />

sono gli studi che hanno esteso tale<br />

valutazione a pazienti nella fase pre-dialitica<br />

dell’insufficienza renale cronica. L’obiettivo<br />

del nostro studio è di valutare il possibile<br />

impatto della sindrome delle gambe senza<br />

riposo sull’andamento della funzione renale e<br />

sul possibile sviluppo di eventi di natura<br />

cardio e/o cerebro-vascolare.<br />

Materiali e metodi: Sono state rivalutate a<br />

distanza di 4 anni le cartelle cliniche dei 138<br />

pazienti arruolati in un nostro precedente<br />

studio (Merlino et al, Mov Dis 2010); sono<br />

state ricercate informazioni sull’eventuale<br />

decesso, sull’andamento della funzione<br />

renale (calo del filtrato stimato come mL min -<br />

1 -1<br />

mese ) e sull’eventuale sviluppo di eventi<br />

cardio-cerebro-vascolari.<br />

Risultati: dei 138 casi di partenza sono stati<br />

persi al follow up 12 pazienti; dei restanti 126<br />

pazienti, 19 risultavano affetti da RLS. Per<br />

quanto riguarda l’andamento della funzione<br />

renale, il calo del filtrato non presentava<br />

differenze significative tra pazienti con e<br />

senza RLS (0,49 ± 0,91 mL min -1 mese -1 per i<br />

pazienti affetti vs 0,40 ± 0,86 dei non affetti).<br />

Il 21,1 % dei pazienti affetti da RLS<br />

risultavano aver dovuto avviare terapia<br />

dialitica vs 16,9 % dei pazienti non affetti (p=<br />

0,6). Si è ritrovato invece un significativo<br />

maggiore calo del filtrato tra i pazienti affetti<br />

da eccessiva sonnolenza diurna rispetto ai<br />

non affetti (1,08 ± 1,40 per i pazienti con EDS<br />

vs 0,38 ± 0,74 per i pazienti senza EDS;<br />

p=0,04). Per quanto riguarda la mortalità non<br />

sono state rilevate differenze significative tra<br />

pazienti con e senza RLS. Dal punto di vista<br />

58


a b s t r a c t b o o k<br />

cardio e cerebro-vascolare è stata invece<br />

rilevata una maggiore tendenza allo sviluppo<br />

di eventi vascolari cerebrali (ictus ischemico)<br />

nei pazienti affetti da RLS rispetto a quello<br />

non affetti: 2 su 19 (10,5%) pazienti affetti da<br />

RLS vs. 1 su 107 (0,9%) dei pazienti non<br />

affetti (p=0,04). Tale dato è inoltre<br />

confermato dal fatto che i pazienti che<br />

avevano presentato l’evento vascolare<br />

cerebrale avevano un tempo totale di sonno<br />

ridotto rispetto ai pazienti che non avevano<br />

avuto ictus (310 min vs. 389,51 min; p=0,09).<br />

Discussione e conclusioni: Il nostro studio<br />

conferma il ruolo della RLS come possibile<br />

fattore di rischio vascolare; il dato è<br />

rafforzato anche dal fatto che i pazienti che<br />

avevano sviluppato eventi vascolari<br />

presentavano un tempo totale di sonno<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

ridotto rispetto ai pazienti che non avevano<br />

avuto eventi. Il ruolo della EDS nel<br />

peggioramento della funzione renale<br />

potrebbe essere interpretato come un indice<br />

di disturbi del sonno non indagati che<br />

possono a loro volta portare a<br />

peggioramento della funzione renale .<br />

Sarebbe importante una sempre maggiore<br />

attenzione da parte degli specialisti verso<br />

questo tipo di disturbo del sonno, in quanto,<br />

oltre a peggiorare la qualità di vita dei<br />

pazienti (Mucsi et al. NDT 2005), possono<br />

anche influire sull’outcome a lungo termine.<br />

Non si può escludere che un periodo di<br />

follow up più prolungato possa anche<br />

provocare differenze in termini di mortalità<br />

tra i gruppi con e senza RLS.<br />

Valutazione neuropsicologica nel Rem Sleep Behavior Disorder Idiopatico: studio di follow-up.<br />

M. Terzaghi 1 , C. Zucchella 2 , V. Rustioni 1 , R.<br />

Manni 1<br />

1 Unità Medicina del Sonno ed Epilessia -<br />

2 Laboratorio Neuropsicologia<br />

IRCCS Fondazione “Istituto Neurologico<br />

Nazionale C. Mondino”, Pavia,<br />

Obiettivi. La valutazione neuropsicologica nel<br />

REM Sleep behavior disorder (RBD) idiopatico<br />

ha evidenziato diversi deficit cognitivi in aree<br />

specifiche, potenzialmente evidenziando la<br />

presenza di processi neurodegenerativi. Il<br />

reale significato di questi deficit resta tuttavia<br />

imprecisato per la mancanza di dati di follow<br />

up.<br />

Materiali e Metodo. 21 soggetti con RBD (20<br />

maschi, età <strong>media</strong> 66.1±6.9 anni) idiopatico<br />

sono stati sottoposti a valutazione clinica e<br />

neuropsicologica di baseline e ad un follow<br />

up medio di 43±18 mesi. Al baseline le<br />

performances cognitive sono state<br />

confrontate con un gruppo di controllo<br />

appaiato per sesso, età e scolarità.<br />

Risultati. Al follow up un significativo<br />

peggioramento (Wilcoxon test) si è verificato<br />

al test delle matrici colorate di Raven<br />

((p=.01), alle matrici attentive (p=.02), alla<br />

fluenza fonologica (p=.04) e semantica<br />

(p=.04).<br />

Sulla base dei punteggi equivalenti, 14<br />

soggetti (66.7%) hanno mostrato un<br />

peggioramento delle abilità cognitive nelle<br />

abilità visuo-costruttive, logiche non verbali,<br />

attentive/esecutive e memoria a lungo e<br />

breve termine, con significatività statistica in<br />

ambito delle abilità visuo-costruttive (p=.01).<br />

7 soggetti (33.3%) hanno mantenuto un<br />

profilo cognitivo stabile di normalità. Non<br />

sono emerse differenze cliniche tra soggetti<br />

con profilo neuropsicologico di normalità e<br />

quelli che hanno avuto un peggioramento<br />

delle performances.<br />

4 soggetti hanno sviluppato durante il follow<br />

up malattie extrapiramidali: non sono emerse<br />

differenze del profilo cognitivo tra questi<br />

soggetti e quelli che hanno mantenuto una<br />

diagnosi di RBD idiopatico.<br />

Discussione e Conclusioni. I nostri dati<br />

confermano le disfunzioni visuo spaziali come<br />

l’area di maggior compromissione cognitiva<br />

dell’RBD, a carattere evolutivo,<br />

potenzialmente candidabile come marker<br />

59<br />

59


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

60<br />

neuropsicologico di malattia . Un<br />

peggioramento delle funzioni cognitive<br />

coinvolgente anche altre aree<br />

(prevalentemente logiche non verbali e<br />

attentive/esecutive) è rilevabile e suggerisce<br />

la presenza di sottostanti fenomeni<br />

neurodegenerativi.<br />

Con i limiti legati alla numerosità della<br />

casistica e della porzione di campione<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

studiato con evoluzione in malattie<br />

extrapiramidali, non sono identificabili, da un<br />

lato, un profilo cognitivo in grado di predire<br />

l’evoluzione verso una patologia<br />

degenerativa, dall’altro caratteristiche<br />

cliniche nell’RBD idiopatico suggestive per la<br />

presenza di mild cognitive impairment.<br />

Funzioni cognitive, disturbo dell'umore, qualità della vita e strategie di coping nel disturbo<br />

comportamentale in sonno REM idiopatico.<br />

V.Cardinali ¹, M.Carnicelli ¹, R. Barulli ¹, M.<br />

Esposito ², M.Carotenuto², B.Brancasi¹, Della<br />

Porta R. ¹, S. Caputo ¹, M.F. De Caro ¹, G.<br />

Logroscino ¹, M. Savarese ¹<br />

¹ Dipartimento di Neuroscienze e Organi di<br />

Senso Università degli Studi di Bari<br />

² Dipartimento di Psichiatria,<br />

Neuropsichiatria infantile e adolescenziale,<br />

Audiofoniatria e Dermatovenereologia,<br />

Seconda Università di Napoli<br />

Introduzione:. E’ dimostrato che pazienti<br />

affetti da disturbo comportamentale in<br />

sonno REM Idiopatico (IRBD) possano<br />

presentare maggiore compromissione di<br />

specifiche funzioni cognitive, quali le funzioni<br />

visuocostruttive ed esecutive rispetto a<br />

soggetti sani appaiati per sesso, età e<br />

scolarità (Fantini 2011). Allo stato attuale non<br />

esistono, invece, dati sulla qualità della vita e<br />

le strategie di affrontare la patologia nei<br />

pazienti affetti da IRBD e pochi sono gli studi<br />

che hanno valutato i disturbi dell'umore in<br />

questi pazienti (Postuma 2009). Obiettivo:<br />

valutare in pazienti con diagnosi di IRBD, le<br />

funzioni cognitive, l'umore, la capacità di<br />

coping e l'impatto di questa patologia sulla<br />

qualità di vita.<br />

Materiali e Metodi: Lo studio è stato<br />

condotto su pazienti con IRBD pervenuti al<br />

Centro Disturbi del Sonno del Dipartimento di<br />

Neuroscienze, Policlinico di Bari. Tutti i<br />

pazienti sono stati sottoposti ad un’estesa<br />

batteria di tests neuropsicologici(l’elenco dei<br />

tests e i corrispettivi domini cognitivi sono<br />

esposti nella tabella 1); sono stati inoltre<br />

valutati i disturbi dell'umore, la qualità della<br />

vita e la capacità di coping.<br />

Risultati: Lo studio ha coinvolto 22 soggetti<br />

con IRBD (20 uomini, 2 donne) con età <strong>media</strong><br />

di 67 anni (range :44-79 anni). 13 pazienti<br />

(59%) soddisfacevano i criteri di Petersen per<br />

Mild Cognitive Impairment (MCI) (4 MCI<br />

amnesico dominio multiplo, 1 MCI amnesico<br />

singolo dominio, 3 non-MCI amnesico<br />

dominio multiplo, 5 non-MCI amnesico<br />

singolo dominio). Tra i pazienti con IRBD<br />

senza declino cognitivo (iRBDwoMCI) e<br />

pazienti con IRBD e MCI (IRBD+MCI), non<br />

c'erano differenze di: durata della malattia<br />

(p:0,30), età al momento della valutazione<br />

(p:0,19), l'età alla comparsa del RBD (p:0,86)<br />

e alla diagnosi (p:0,23). Riguardo alle<br />

strategie di coping, tutti i pazienti hanno<br />

utilizzato positivamente l'approccio e la<br />

pianificazione nella gestione della patologia<br />

rispetto al disimpegno comportamentale e la<br />

negazione. Confrontando i due gruppi<br />

(iRBDwMCI e IRBD+MCI) si è riscontrata una<br />

differenza nella scala del COPE per<br />

l’"affrontare positivamente" la patologia con<br />

valori più elevati per il gruppo iRBDwoMCI.<br />

Per tutti i pazienti la qualità della vita è stata<br />

riportata come non soddisfacente, infatti in<br />

tutti i campi della scala SF-36, fatta eccezione<br />

per il dolore fisico e la salute generale, i<br />

pazienti hanno riportato valori più bassi<br />

rispetto alla norma. Confrontando i due<br />

gruppi è stata dimostrata una differenza nel<br />

60


a b s t r a c t b o o k<br />

campo dell’attività fisica e ruolo fisico, con<br />

valori più bassi nel gruppo IRBD+MCI. La<br />

metà dei pazienti ha mostrato tono<br />

dell’umore adeguato, i restanti hanno<br />

mostrato una depressione lieve. Non sono<br />

emerse differenze per l'umore tra i due<br />

gruppi (iRBDwMCI e IRBD+MCI).<br />

Discussione: Il 59% dei pazienti con IRBD ha<br />

presentato un MCI e le funzioni<br />

maggiormente compromesse sono state le<br />

esecutive e visuocostruttive, similmente a<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

quanto riscontrato in precedenti studi su<br />

pazienti IRBD (Fantini 2010). La maggiore<br />

compromissione cognitiva si associa a qualità<br />

della vita insoddisfacente e minore capacità<br />

di adattamento alla patologia, mentre il tono<br />

dell’umore non sembra associato a maggiore<br />

compromissione cognitiva.<br />

Conclusioni: Questi risultati suggeriscono la<br />

presenza di un sottostante processo<br />

neurodegenerativo in pazienti con IRBD ed<br />

una ridotta qualità della vita.<br />

Cognitive domines Neuropsychological tests<br />

Mini Mental State Examination (MMSE)<br />

Global cognitive efficiency (Folstein 1975, Measso 1991)<br />

Frontal Assessment Battery (FAB) (Appollonio<br />

2005)<br />

Rey Auditory Verbal Learning test (RAVLT) (Rey<br />

1964)<br />

Prose memory test (PMT) (Novelli 1986)<br />

Memory<br />

Digit Span subtest forward (Wechsler 1997)<br />

Corsi Block-Tapping Task forward (Spinnler<br />

1987)<br />

Copy of the Ray-Osterrieth (Rey 1941)<br />

Attention and executive<br />

functions<br />

Visuospatial functions<br />

Table 1 Neuropsychological assesment administered<br />

Digit symbol modalities test (SDMT) (Wechsler<br />

1997)<br />

Raven’s progressive matrices (Spinnler 1987)<br />

London’s tower test (Shallice 1982)<br />

Stroop color word test (Bohnen 1992)<br />

Trail making part A-B (Giovagnoli 1996)<br />

Digit Span subtest backward (Wechsler 1997)<br />

Corsi Block-Tapping Task backward (Spinnler<br />

1987)<br />

Phonemic fluency (Spinnler 1987)<br />

Semantic fluency (Spinnler 1987)<br />

Clock Drawing test (Libon 1993)<br />

The overlapping figures (Rey 1966)<br />

Ray-Osterrieth Complex Figure Copy (Caffarra<br />

2002)<br />

61<br />

61


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

62<br />

Studio delle vie nocicettive nella sindrome delle gambe senza riposo idiopatica<br />

E. Testani 1 , C. Vollono 1 , G. Della Marca 1 , D.<br />

Ferraro 2 , D. Virdis 1 , D. Le Pera 3 , S. Dittoni 1 ,<br />

S. Mazza 1 , M. Valeriani 4,5<br />

1. Dipartimento di Neuroscienze- Università<br />

Cattolica del Sacro Cuore, Roma<br />

2. Divisione di Neurologia, Università di<br />

Modena e Reggio Emilia<br />

3. Riabilitazione Motoria, IRCCS San Raffaele<br />

Pisana, Tosinvest Sanità, Roma<br />

4. Divisione di Neurologia - Ospedale<br />

Pediatrico Bambino Gesù, Roma<br />

5. Center for Sensory–Motor Interaction,<br />

Aalborg University, Aalborg, Denmark<br />

Obiettivo Valutare la presenza di alterazioni<br />

del sistema nocicettivo tramite lo studio dei<br />

potenziali evocati laser (LEP) in un gruppo di<br />

soggetti affetti da sindrome delle gambe<br />

senza riposo idiopatica(RLS), a confronto con<br />

un gruppo di soggetti sani.<br />

Materiali I LEP si registrano <strong>media</strong>nte la<br />

stimolazione nocicettiva, tramite Laser a CO2,<br />

delle piccole fibre mielinizzate A-delta;<br />

permettono pertanto di indagare in modo<br />

specifico la funzionalità delle vie del dolore.<br />

La stimolazione delle fibre A-delta determina<br />

la comparsa di una componente più precoce<br />

N1-P1, che origina dalle corteccie<br />

somatosensoriali e di una componente più<br />

tardiva, N2-P2 che origina dalla regione<br />

cingolo-insulare.<br />

Metodi Sono stati studiati 11 pazienti affetti<br />

da RLS idiopatica (età <strong>media</strong> 53.18 ± 19.65; 6<br />

maschi e 5 femmine) ed 11 controlli ( età<br />

<strong>media</strong> 53.40±18.59; 6 maschi e 5 femmine).<br />

Tutti i pazienti presentavano sintomatologia<br />

disestesica marcatamente prevalente agli arti<br />

inferiori e quasi esclusivamente limitata alle<br />

ore serali. I LEP sono stati registrati la sera<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

(tra le 21.00 e le 23.00) e nel primo<br />

pomeriggio (tra le 13.00 e le 15.00) dopo<br />

stimolazione del piede destro, della mano<br />

destra e della regione periorale di destra.<br />

Sono state registrate due medie consecutive<br />

(ciascuna ottenuta dopo 20 stimoli) per ogni<br />

sito di stimolazione. I LEP sono stati registrati<br />

da 3 elettrodi posizionati su Cz, Fz e T3 (SI 10-<br />

20). Risultati L’ampiezza della componente<br />

N2/P2 dopo stimolazione del piede era<br />

significativamente aumentata nella<br />

registrazione notturna nel gruppo dei<br />

pazienti, a confronto con la registrazione<br />

diurna. L’ampiezza del complesso N2/P2<br />

dopo stimolazione della mano e della regione<br />

periorale non era significativamente diversa<br />

tra notte e pomeriggio nel gruppo dei<br />

pazienti. Nel gruppo di controllo non sono<br />

emerse differenze significative dopo<br />

stimolazione laser delle tre regioni nelle due<br />

fasce orarie. Sono stati considerati poi i<br />

rapporti delle ampiezze di N2/P2 ottenuti<br />

dividendo rispettivamente l’ampiezza di<br />

N2/P2 alla mano (N2/P2m/p) e l’ampiezza di<br />

N2/P2 (N2/P2o/p)alla regione periorale per<br />

l’ampiezza di N2/P2 al piede. Entrambi i<br />

rapporti sono ridotti nella notte rispetto al<br />

giorno, sia nel gruppo dei pazienti che nel<br />

gruppo dei controlli. Nel gruppo dei pazienti<br />

il rapporto N2/P2m/p raggiunge la<br />

significatività statistica.<br />

Discussione e Conclusione Nel gruppo dei<br />

pazienti non sono state trovate alterazioni<br />

nelle vie di conduzione A-delta. Tuttavia, il<br />

rapporto N2/P2 rivela una prevalente attività<br />

delle fibre nocicettive A-delta quando viene<br />

stimolato il piede durante la notte,<br />

suggerendo una disinibizione circadiana<br />

dell’elaborazione delle informazioni di input<br />

delle fibre A-delta agli arti inferiori.<br />

62


a b s t r a c t b o o k<br />

Associazione tra Emicrania e Sindrome delle gambe senza riposo<br />

A.Fontana, V.Russo, M.Sommaro, A.Travanut,<br />

M.R. Valente, G.L. Gigli<br />

Centro di Medicina del Sonno, Clinica<br />

Neurologica, Università di Udine<br />

Obiettivi: La Sindrome delle gambe senza<br />

riposo (RLS) il più delle volte presente in<br />

forma idiopatica, può essere associata a<br />

diversi disturbi neurologici tra i quali è stata<br />

ipotizzata l’emicrania. Basandoci su recenti<br />

studi che confermano l’associazione tra RLS e<br />

la cefalea primaria abbiamo realizzato uno<br />

studio osservazionale per valutare la<br />

prevalenza di RLS nei pazienti affetti da<br />

emicrania.<br />

Materiali e metodi: Sono stati arruolati 179<br />

pazienti emicranici (con e senza aura)<br />

afferenti alla nostra clinica. Per essere inclusi<br />

nello studio i pazienti dovevano aver<br />

compiuto 18 anni e rispettare i criteri per la<br />

diagnosi di emicrania con e senza aura,<br />

facendo riferimento alla classificazione<br />

internazionale ICHD-II (International<br />

Classification Headache Disorders). La RLS è<br />

stata diagnosticata usando i criteri IRLSSG<br />

(International Restless Leg Syndrome Study<br />

Group). La presenza di eventuali disturbi del<br />

sonno è stata valutata attraverso la<br />

somministrazione del Pittsburgh Sleep<br />

Quality Index (PSQI), la scala Epworth (ESS)<br />

per valutare la presenza di eccessiva<br />

sonnolenza diurna (EDS) e per la gravità della<br />

RLS è stato utilizzato l’International RLS Study<br />

Group Rating Scale (IRLSSG). I pazienti<br />

abusatori di farmaci sintomatici sono stati<br />

classificati prendendo come riferimento<br />

sempre i criteri ICHD-II<br />

Risultati: Sul campione totale di 177 pazienti<br />

emicranici, il 79,7% era di sesso femminile. Il<br />

31% dei pazienti intervistati presentava i<br />

sintomi di emicrania con aura, nel 73% dei<br />

casi presentava fotofobia e il 61% invece<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

presentava fonofobia. L’età <strong>media</strong> dei<br />

soggetti è 42 anni (Range 19-79). La<br />

prevalenza di RLS era del 16% (n=28) e non<br />

sono state riscontrate differenze significative<br />

tra maschi e femmine. In 22 pazienti che<br />

presentavano i sintomi della RLS veniva<br />

riferita fonofobia (p=0.03). Gli abusatori di<br />

farmaci rappresentano il 36.7% del campione<br />

totale (22 triptani, 37 FANS, 5 oppiacei). Il<br />

33,7% dei pazienti presentava scarsa qualità<br />

del sonno (PSQI totale >5) e il 13,6%<br />

presentava eccessiva sonnolenza diurna.<br />

Discussione e conclusioni: Il nostro studio ha<br />

confermato un’elevata prevalenza di RLS nei<br />

pazienti affetti da emicrania, confrontati con i<br />

dati della popolazione generale. Abbiamo<br />

inoltre riscontrato una correlazione<br />

significativa tra fonofobia e la presenza di RLS<br />

(P=0,03). La presenza di RLS nel nostro studio<br />

non è associata al sesso. La relazione tra<br />

emicrania e RLS continua ad essere ancora<br />

non chiara, entrambi i disturbi potrebbero<br />

avere un substrato patologico comune,<br />

ovvero una disfunzione del nucleo<br />

dopaminergico ipotalamico dorsale<br />

posteriore (A 11). Questo è suggerito dalla<br />

risposta dei sintomi dell’emicrania ai farmaci<br />

antidopaminergici. L’associazione tra<br />

fonofobia e RLS può inoltre essere<br />

un’espressione dell’alterazione di questo<br />

sistema.<br />

Bibliografia 1) Daniela Cologno, Giulio<br />

Cicarelli, Vi orio Petre a, Florindo<br />

d TMOnofrio and Gennaro Bussone “High<br />

prevalence of Dopaminergic Premonitory<br />

Symptoms in migraine patients with Restless<br />

Legs Syndrome: a pathogenetic link?”<br />

Neurological Sciences Volume 29,<br />

Supplement 1 (2008), 166-168. 2)Stephen D.<br />

Silberstein, “Association between restless<br />

legs syndrome and migraine”; J Neurol<br />

neurosurg psychiatry May 2010; 81: 473 –<br />

475<br />

63<br />

63


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

64<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

Sindrome delle gambe senza riposo e movimenti periodici in un caso di neurinoma cervicale.<br />

A. Losurdo 1 , M. Luigetti 1 , D. Restuccia 1 , C,<br />

Vollono 1 , E. Testani 1 , V. Gnoni 1 , C. Di Blasi 1 ,<br />

NM Giannantoni 1 , G. Della Marca 1<br />

1 Dipartimento di Neuroscienze, UCSC, Roma.<br />

Obiettivi. Descrivere un caso di Sindrome<br />

delle gambe senza riposo (RLS) associata a<br />

movimenti periodici nel sonno in una donna<br />

di 72 anni con neurinoma cervicale C3 ad<br />

effetto compressivo sul midollo spinale, in<br />

assenza di altre possibili cause di RLS.<br />

Metodo. La paziente è stata sottoposta a<br />

visita neurologica ed esame obiettivo<br />

neurologico, esami ematochimici (dosaggio<br />

ferritina, sideremia, creatinina),<br />

videopolisonnografia (video-PSG), Potenziali<br />

Evocati Somatosensitivi (SEP), e Motori<br />

(MEP), esame della velocità di conduzione<br />

nervosa ai quattro arti (ENG),<br />

Elettromiografia (EMG) dei muscoli trapezio,<br />

deltoide, bicipite, estensore comune delle<br />

dita bilateralmente.<br />

Risultati. L’ esame neurologico, gli esami<br />

ematochimici e gli esami neurofisiologici<br />

(MEP, EMG, ENG) sono risultati nella norma.<br />

Ai SEP la risposta spinale N13 è risultata<br />

inevocabile dopo stimolazione del nervo<br />

<strong>media</strong>no destro e di ampiezza ridotta dopo<br />

stimolazione del nervo <strong>media</strong>no sinistro. Tale<br />

reperti erano indicativi di sofferenza<br />

funzionale della sostanza grigia<br />

centromidollare a livello dei mielomeri C6-C7.<br />

La RMN del midollo spinale ha documentato<br />

la presenza di un neurinoma para<strong>media</strong>no<br />

destro intradurale, extramidollare, che<br />

improntava la superficie ventrale del midollo<br />

cervicale. La video-PSG ha documentato<br />

reperti compatibili con RLS associata a<br />

movimenti periodici in corso di<br />

addormentamento e durante le fasi di sonno<br />

leggero. A livello dei segmenti muscolari<br />

esaminati sono risultati nettamente<br />

prevalenti i movimenti periodici a destra.<br />

Discussione e Conclusioni. La RLS può essere<br />

provocata da lesioni del midollo spinale. La<br />

presenza di una lesione compressiva<br />

midollare, l’alterazione della componente<br />

N13 dei SEP ed il riscontro di movimenti<br />

periodici, assiali e degli arti, nettamente<br />

lateralizzati suggerisce un possibile ruolo<br />

patogenetico del neurinoma cervicale nella<br />

genesi della RLS.<br />

La mirtazapina causa movimenti periodici nel sonno (PLMS) in volontari sani giovani<br />

S. Fulda, S. Kloiber, T. Dose, S. Lucae, F.<br />

Holsboer, L. Schaaf, J. Hennings<br />

Neurocenter of Southern Switzerland, Civic<br />

Hospital (EOC) of Lugano, Lugano,<br />

Switzerland<br />

Max Planck Institute of Psychiatry, Munich,<br />

Germany<br />

Obiettivo: recenti evidenze suggeriscono che<br />

alcuni antidepressivi siano associati ad un<br />

aumento dell’attività motoria durante il<br />

sonno, in particolare a movimenti periodici<br />

degli arti inferiori (PLMS) che possono<br />

disturbare il sonno notturno. Finora, queste<br />

osservazioni sono state effettuate in pazienti<br />

in trattamento per depressione e in studi<br />

trasversali valutando l’effetto di diversi<br />

farmaci ma non della mirtazapina. Non è<br />

chiaro se gli antidepressivi inducano la<br />

comparsa dei PLMS o aumentino un disturbo<br />

già esistente e se questo sia un effetto<br />

associato a proprietà degli antidepressivi o<br />

evidenziato solo nei pazienti depressi. Scopo<br />

di questo studio è stato quindi quello di<br />

valutare l’effetto della mirtazapina in un<br />

gruppo di volontari sani.<br />

Metodo: dodici volontari sani tutti di sesso<br />

maschile (20 - 25 anni) hanno partecipato a<br />

questo studio clinico in aperto<br />

64


a b s t r a c t b o o k<br />

(NCT00878540), che comprendeva un<br />

periodo preparatorio di tre settimane, con<br />

standardizzazione delle condizioni generali<br />

(cibo, attività fisica e ritmi sonno-veglia) e<br />

una fase sperimentale in laboratorio con due<br />

giorni di valutazione basale e sette giorni di<br />

assunzione serale (ore 22) di 30 mg di<br />

mirtazapina. Il sonno è stato registrato nelle<br />

prime due notti basali, nelle prime due notti<br />

di terapia farmacologica e nelle ultime due<br />

notti di terapia.<br />

Risultati: Otto dei dodici soggetti hanno<br />

mostrato un incremento dei PLMS dopo la<br />

prima dose di mirtazapina (PLMS index 28-<br />

DISTURBI DEL MOVIMENTO DEL SONNO<br />

II SESSIONE<br />

Mioclono del collo in sonno - esempi video e considerazioni cliniche<br />

P.Agazzi, I. Pisarenco, M.Maestri, G. Bianco,<br />

S. Fulda, S.Manconi<br />

Centro di Medicina del Sonno ed<br />

Epilettologia, Neurocentro della Svizzera<br />

Italiana, Lugano<br />

Il mioclono del collo si verifica tipicamente<br />

soprattutto in sonno REM e viene in genere<br />

riconosciuto all’esame videopolisonnografico<br />

in quanto produce un tipico<br />

artefatto, indotto dal movimento, sulle<br />

derivazioni EEG. Viene generalmente<br />

considerato un fenomeno raro e fisiologico<br />

(in genere meno di uno all’ora). Allo stato<br />

attuale non sono comunque presenti in<br />

letteratura esempi video di tali disturbi e non<br />

è chiaro l’impatto sul sonno di tali<br />

movimenti.<br />

Presentiamo 2 casi clinici di pazienti, di sesso<br />

maschile di 18 e 60 anni, che hanno<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

98). La frequenza dei PLMS era piú alta nella<br />

prima notte e progressivamente si riduceva<br />

nei giorni successivi. Non sono state<br />

evidenziate differenze nei parametri di sonno<br />

o in altri parametri tra i partecipanti con<br />

PLMS indotti dalla mirtazapina rispetto agli<br />

altri.<br />

Conclusioni: la mirtazapina provoca PLMS in<br />

una percentuale sostanziale di volontari sani,<br />

con un effetto piú evidente nei primi giorni.<br />

Meccanismi istaminergici e serotoninergici<br />

possono essere implicati nei PLMS indotti da<br />

mirtazapina.<br />

effettuato polisonnografia, in un caso per<br />

sospetta epilessia e nell’altro per sospetta<br />

OSAS. Abbiamo osservato casualmente dal<br />

riscontro di artefatti EEG la presenza di<br />

mioclono del collo, che si evidenziava anche<br />

alla videoregistrazione con movimenti rapidi<br />

sia in versione che in flessione del collo.<br />

Questi movimenti determinavano<br />

frequentemente arousal o risvegli e<br />

comparivano anche in sonno NREM .<br />

Sulla base di questi casi ipotizziamo che il<br />

mioclono del collo in sonno possa avere un<br />

significato patologico causando<br />

frammentazione del sonno micro o<br />

macrostrutturale e non sia solo un fenomeno<br />

parafisiologico, come precedentemente<br />

descritto. Sono necessari studi su più ampie<br />

casistiche per approfondire ulteriormente il<br />

meccanismo di generazione e il ruolo clinico<br />

di tale movimento involontario.<br />

65<br />

65


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

66<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

Movimenti ritmici nel sonno correlati ad eventi respiratori e successivi a ictus ischemico: caso<br />

clinico con videoregistrazione.<br />

M.Maestri, S. Fulda, I. Pisarenco, G. Bianco, P.<br />

Agazzi, M. Manconi<br />

Centro di medicina del Sonno ed<br />

Epilettologia, Neurocentro della Svizzera<br />

Italiana, Ospedale Civico di Lugano, Lugano,<br />

Svizzera<br />

I movimenti ritmici in sonno compatibili con<br />

body e head rolling sono in genere nel<br />

bambino o nel soggetto adulto con problemi<br />

comportamentali o psichiatrici. Sono stati<br />

descritti nella transizione veglia-sonno, ma<br />

anche in corrispondenza di fluttuazioni del<br />

sonno ed associati ad altri disturbi del<br />

movimento nel sonno. Non abbiamo<br />

evidenziato in letteratura casi di associazione<br />

con disturbi respiratori in sonno.<br />

Descriviamo qui il caso clinico di una paziente<br />

di 63 anni, con numerosi fattori di rischio<br />

cardiovascolari, che ha presentato una<br />

emisindrome sensitivo-motoria a sinistra<br />

dovuta ad un ictus ischemico in sede pontina<br />

<strong>media</strong>na e para<strong>media</strong>na destra. Ha<br />

presentato un ottimo recupero funzionale a 3<br />

mesi, in assenza di deficit all’esame<br />

neurologico.<br />

La valutazione polisonnografica in acuto ha<br />

evidenziato una sindrome delle apnee<br />

ostruttive nel sonno di entità medio-grave e<br />

movimenti periodici agli arti inferiori, in<br />

assenza di ulteriori alterazioni. Nella<br />

valutazione a 3 mesi, la paziente ha<br />

evidenziato la comparsa di un disturbo<br />

motorio ritmico in sonno compatibile con<br />

“body e head rolling” (20 episodi, < 30 s)<br />

associati ad arousal o risvegli al termine di<br />

apnee, presenti sia in sonno NREM che REM,<br />

di cui presentiamo il video. Il disturbo<br />

motorio ritmico non era presente<br />

anamnestica prima dello stroke e quindi<br />

ipotizziamo che possa essere correlato alla<br />

lesione pontina e potrebbe fornire elementi<br />

per una migliore definizione della patogenesi<br />

ed dei circuiti che generano i movimenti.<br />

Inoltre, l’associazione con un disturbo<br />

respiratorio in sonno non era stata<br />

precedentemente descritta<br />

Efficacia del pramipexolo a rilascio prolungato nella gestione dell’augmentation nella sindrome<br />

delle gambe senza riposo.<br />

M.Maestri 1 , S. Fulda 1 , C. Bassetti 1,2 , M.<br />

Manconi 1<br />

1Centro di Medicina del Sonno ed<br />

Epilettologia, Neurocentro della Svizzera<br />

Italiana, Lugano<br />

2 Dipartimento di Neurologia, Ospedale<br />

Universitario, Inselspital Berna<br />

Nei pazienti con sindrome delle gambe senza<br />

riposo (RLS) , il trattamento di prima scelta è<br />

rappresentato dai dopaminoagonisti.<br />

Tuttavia nella terapia cronica si verificano<br />

alcune complicanze, non sempre facili da<br />

diagnosticare, come la perdita di efficacia, la<br />

progressione della RLS con l’età, ma<br />

soprattutto il fenomeno di augmentation.<br />

L’augmentation, definita come la comparsa di<br />

sintomi piú gravi e diffusi anche ad altre parti<br />

del corpo, con un anticipo dell’orario, dopo<br />

un periodo di buona risposta farmacologica è<br />

attualmente il principale problema<br />

terapeutico nella RLS e non ci sono allo stato<br />

attuale linee guida per il suo trattamento.<br />

Descriviamo quindi 7 pazienti giunti alla<br />

nostra osservazione con una augmentation<br />

clinicamente significativa durante<br />

trattamento dopaminergico. In tutti e 7 i<br />

pazienti, abbiamo ottenuto un miglioramento<br />

clinico importante con scomparsa del<br />

fenomeno con l’utilizzo di pramipexolo a<br />

lento rilascio al posto di una terapia<br />

dopaminergica a breve emivita.<br />

66


a b s t r a c t b o o k<br />

E’ possibile quindi suggerire l’utilizzo di<br />

dopaminoagonisti a lunga emivita come<br />

strategia di trattamento dell’augmentation e<br />

anche per i sintomi diurni se necessario.<br />

L’utilizzo di farmaci dopaminoagonisti con<br />

stimolazione piú prolungata sembra piú<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

praticabile delle altre possibilitá attualmente<br />

suggerite (dividere la dose di<br />

dopaminoagonisti, aggiungere un altro<br />

farmaco, effettuare un washout<br />

farmacologico).<br />

Dissociazione tra instabilità del sonno e movimenti periodici degli arti inferiori nella sindrome<br />

delle gambe senza riposo (RLS)<br />

M. Manconi 1 , R. Ferri 2 , M. Zucconi 3 , C.<br />

Bassetti 1,4 , S. Fulda 1 , I. Aricó 2 , L. Ferini<br />

Strambi 3<br />

1 Centro di Medicina del Sonno ed<br />

Epilettologia, Neurocentro della Svizzera<br />

Italiana, Lugano;<br />

2 Centro del Sonno, Dipartimento di<br />

Neurologia, Istituto Oasi, Troina,<br />

3 Centro di Medicina del Sonno, Dipartimento<br />

di Neurologia, Istituto Scientifico e Ospedale<br />

Universitario San Raffaele, Università Vita-<br />

Salute, Milano,<br />

4 Dipartimento di Neurologia, Ospedale<br />

Universitario, Inselspital Berna<br />

La relazione tra movimenti periodici degli arti<br />

inferiori (PLMS) e attivazione corticale nei<br />

pazienti con sindrome delle gambe senza<br />

riposo appare complessa da un punto di vista<br />

causale, sintomatologico e terapeutico, con<br />

importanti conseguenze cliniche e<br />

speculative.<br />

Scopo di questo studio è stato quello di<br />

caratterizzare la natura delle correlazioni tra<br />

movimenti periodici degli arti inferiori<br />

(PLMS) e arousal corticali per contribuire al<br />

dibattito sul significato clinico e sul<br />

trattamento dei PLMS e sull’esistenza del<br />

disturbo da movimenti periodici degli arti<br />

inferiori.<br />

Metodo: abbiamo effettuato uno studio<br />

prospettico, controllato con placebo, a gruppi<br />

paralleli in singolo cieco includendo 46<br />

pazienti con RLS idiopatica. Ogni paziente è<br />

stato sottoposto a 2 registrazioni<br />

polisonnografiche notturne consecutive, di<br />

cui la prima basale in assenza di trattamento.<br />

Prima delle seconda registrazione, un gruppo<br />

di pazienti ha assunto pramipexolo 0,25 mg,<br />

un altro clonazepam 0,5 mg ed il terzo<br />

placebo.<br />

la struttura del sonno notturno<br />

(macrostruttura, microstruttura <strong>media</strong>nte il<br />

pattern alternante ciclico) e i movimenti degli<br />

arti inferiori sono stati valutati secondo i<br />

criteri standard internazionali.<br />

Risultati: il pramipexolo ha determinato la<br />

scomparsa dei movimenti periodici degli arti<br />

inferiori senza migliorare l’instabilitá EEG<br />

misurata <strong>media</strong>nte CAP o arousal, mentre il<br />

clonazepam ha fatto l’opposto, riducendo<br />

l’intabilità NREM senza effetto sui PLMS.<br />

Ambedue i farmaci sono stati efficaci sui<br />

sintomi sensitivi di RLS.<br />

Discussione e conclusioni: lo studio mostra<br />

che un approccio farmacologico selettivo puó<br />

disconnettere i PLMS dagli arousal o dal CAP,<br />

suggerendo una relazione indiretta tra i due.<br />

Da un lato, questi risultati mettono in<br />

discussione l’ipotesi di un ruolo<br />

patologenetico diretto dei PLMS sul disturbo<br />

del sonno, dall’altro e aggiungono elementi a<br />

sfavore dell’esistenza del disturbo da<br />

movimenti periodici nel sonno. Inoltre,<br />

questo studio apre le porte alla possibilità di<br />

un trattamento combinato che miri al<br />

controllo dei sintomi sensitivi e motori ma<br />

anche dell’instabilitá del sonno notturno in<br />

questa condizione.<br />

67<br />

67


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

68<br />

RLS e comorbidita’ psichiatrica: la nostra esperienza. dati clinici<br />

L.R. Pisani, I. Aricò, L. Campolo, G. Mento, R.<br />

Silvestri<br />

Dipartimento di Neuroscienze, Scienze<br />

Psichiatriche ed Anestesiologiche, UOSD di<br />

Neurofisiopatologia e Disordini del<br />

Movimento, Messina<br />

Obiettivi: obiettivi dello studio sono stati:<br />

valutare la frequenza di co-morbidità<br />

psichiatriche con la RLS e l’eventuale effetto<br />

della terapia psicotropa sulla RLS.<br />

Materiali: sono stati studiati pazienti<br />

afferenti al Centro di Medicina del Sonno<br />

della nostra struttura.<br />

Metodi: lo studio è stato di tipo retrospettivo<br />

ed è stato effettuato attraverso una indagine<br />

sulle cartelle cliniche di pazienti affetti da RLS<br />

afferenti al nostro Centro negli ultimi tre<br />

anni. Sono state somministrate: ESS per<br />

valutare la sonnolenza diurna, PSQI per la<br />

qualità del sonno, BDI e HAMA per ansia e<br />

depressione, IRLS-RS per la gravità dell’ RLS e<br />

SF36 (MCS e PCS) per la qualità di vita.<br />

Risultati: sono risultati eleggibili 68 pazienti,<br />

17 M, 51 F, di età compresa tra 19 e 79 anni.<br />

Di questi, 47 (68.1%) presentavano sindrome<br />

depressiva (42 con ansia associata), 43<br />

(62.3%) disturbi d’ ansia, 20 (29.0%) SRED<br />

(Sleep-Related Eating Disorders), 6 (8.8%)<br />

disturbo ossessivo compulsivo (DOC) e 1<br />

paziente fumo notturno . I pazienti affetti da<br />

depressione (M:F=1:3) erano più giovani<br />

rispetto a quelli non affetti (p=0.02), mentre i<br />

punteggi all’ESS, al PSQI al IRLS-RS e all’MCS e<br />

al PCS non differivano. Di questi solo 6 erano<br />

già in trattamento antidepressivo al<br />

momento della diagnosi di RLS, con un<br />

punteggio all’IRLS-RS pari a 26.3 (> ma non in<br />

modo statisticamente significativo, di quello<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

dei pazienti non ancora in trattamento, 23.7).<br />

Solo 22 pz (42.0%) hanno successivamente<br />

aderito al trattamento antidepressivo, oltre a<br />

quello per la RLS. I pazienti che non hanno<br />

iniziato terapia antidepressiva hanno avuto<br />

un miglioramento maggiore della<br />

sintomatologia RLS, come dimostrano i<br />

punteggi all’IRLS-RS.<br />

Discussione: le nostre osservazioni<br />

suggeriscono che la RLS è frequentemente<br />

associata a disturbi depressivi, come già<br />

emerso da recenti dati della letteratura<br />

soprattutto relativamente alle donne (1). Il<br />

trattamento con antidepressivi, inoltre,<br />

sembra non avere risultati omogenei e sono<br />

necessari studi controllati per identificare<br />

quali antidepressivi possano risultare più<br />

efficaci (2).<br />

Conclusione: una elevata percentuale di<br />

pazienti affetta da RLS risulta affetta da<br />

disturbi depressivi e disturbi d’ansia. E’<br />

possibile, pertanto, ipotizzare che tali<br />

patologie condividano meccanismi<br />

patogenetici parzialmente comuni (3).<br />

Bibliografia<br />

- Li Y, Mirzaei F, O'Reilly EJ, Winkelman J,<br />

Malhotra A, Okereke OI, Ascherio A, Gao X<br />

Prospective study of restless legs syndrome<br />

and risk of depression in women. Am J<br />

Epidemiol. 2012;176(4):279-88.<br />

- Hornyak M, Kopasz M, Berger M, Riemann<br />

D, Voderholzer U. Impact of sleep-related<br />

complaints on depressive symptoms in<br />

patients with restless legs syndrome.<br />

J Clin Psychiatry. 2005 Sep;66(9):1139-45.<br />

- Hornyak M. Depressive disorders in restless<br />

legs syndrome: epidemiology,<br />

pathophysiology and management. CNS<br />

Drugs. 2010;24(2):89-98.<br />

68


a b s t r a c t b o o k<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

Sviluppo di un sistema software di video-analisi integrata realizzato per la detezione del<br />

movimento e l’analisi del sonno. validazione di un “tool” per lo studio comportamentale del<br />

sonno in restless legs syndrome.<br />

S.Dittoni 1 , M. Scatena 1 , C.Vollono 1 ,<br />

A.Losurdo 1 , E.Testani 1 , S.Colicchio 1 , V.Gnoni<br />

1 , R. Maviglia 2 , M.A. Pennisi 2 , G.Della Marca 1<br />

1Dipartimento di Neuroscienze, Laboratorio<br />

di Medicina del Sonno, Università Cattolica<br />

del Sacro Cuore, Roma<br />

2 Dipartimento di Anestesia e Rianimazione,<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma<br />

Obiettivi La RLS è altamente prevalente nella<br />

popolazione generale, nelle popolazioni<br />

europee e del Nord America si aggira intorno<br />

fra il 5 e il 10%. Si caratterizza per una<br />

spiacevole sensazione definita di disestesia,<br />

disconfort, o bruciore, associata a<br />

irrequietezza motoria urgenza di muovere le<br />

gambe che puo’ essere attenuata dal<br />

movimento. I sintomi peggiorano nel corso<br />

della notte e nella fase di addormentamento<br />

e sono aggravati da condizioni di immobilità<br />

prolungata. Valutare l’attività motoria diurna<br />

con videopolisonnografia e confrontare con<br />

la detezione del movimento effettuata da<br />

Zoneminder. ZM (1) rivela le differenze di<br />

frame video, le quantifica e le stora in un<br />

database.<br />

Materiali 24 pazienti adulti con sospetta<br />

diagnosi di Restless Legs Syndrome. L’analisi<br />

è stata effettuata con videoregistrazione e<br />

scorata secondo i criteri poligrafici.<br />

Metodo E’ stata condotta un’analisi su<br />

registrazioni video di pazienti sottoposti a<br />

test di immobilizzazione. I criteri di inclusione<br />

prevedevano: pazienti di ambo i sessi; età<br />

>18 anni; sottoposti ad anamnesi ipnologica,<br />

valutazione neurologica dei sintomi predittivi<br />

di RLS. Esecuzione di Test di Immobilizzazione<br />

per sospetta sindrome delle gambe senza<br />

riposo. Esclusione di pazienti affetti da altre<br />

patologie di medicina del sonno (apnee nel<br />

sonno, epilessia, etc). Confronto con analisi<br />

video effettuata con Zoneminder.<br />

Risultati Sono state scorate 4512 epoche. Il<br />

confronto epoca per epoca sulla detezione<br />

del movimento fra le due metodiche ha<br />

mostrato un alto livello di concordanza,<br />

espressa dal coefficiente K di Cohen (k=<br />

0,252). L’analisi di Bland-Altmann conferma<br />

che non ci sono differenze significative tra gli<br />

scores ottenuti con ZM e con test di<br />

immobilizzazione. ZM mostra un alto livello di<br />

accuratezza (0,726) versus test di<br />

immobilizzazione, alta specificità (0,815) e<br />

una sensibilità relativamente piu’ bassa<br />

(0,440). Il coefficiente di Person è risultato<br />

0,2523.<br />

Discussione<br />

Il software di analisi è in grado di detectare la<br />

presenza o l’assenza di movimento. La<br />

definizione del movimento puo’ essere<br />

effettuata su specifiche aree di interesse<br />

<strong>media</strong>nte analisi video. ZM riconosce eventi<br />

motori anche minimi.<br />

Conclusione<br />

Sovrapposizione del pattern motorio<br />

notturno con le diverse metodiche utilizzate.<br />

Il sistema permette la rilevazione di eventi<br />

motori anche minimi rispetto all’analisi<br />

effettuata visivamente con test di<br />

immobilizzazione. Utilizzo di ZM nello studio<br />

psg dei neonati, in epilessia, nelle<br />

registrazioni prolungate nelle unità di<br />

Rianimazione.<br />

Bibliografia<br />

1. Scatena M, et all. An integrated videoanalysis<br />

software system designed for<br />

movement detection and sleep analysis.<br />

Validation of a tool for the behavioural<br />

study of sleep. Clin Neurophysiol. 2012<br />

Feb;123(2):318-23. Epub 2011 Aug 27.<br />

69<br />

69


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

70<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

Studio osservazionale clinico e video-PSG degli effetti del clonazepam nel Rem Sleep Behavior<br />

Disorder<br />

R Ferri 1 , S Marelli 2 , LFerini-Strambi 2 , A<br />

Oldani 2 , F Colli 2 , CH Schenck 3 , M Zucconi 2<br />

1 UOC di Neurologia IC, IRCCS Oasi, Troina;<br />

2 Centro di Medicina del Sonno, Università<br />

Vita-Salute, Ospedale San Raffaele, Milano<br />

3 Minnesota Regional Sleep Disorders Center,<br />

University of Minnesota Medical School,<br />

Minneapolis, MN, U.S.A.<br />

Obiettivo: Lo scopo di questo studio era<br />

quello di analizzare le differenze della<br />

struttura del sonno e dell’attività motoria<br />

notturna in REM nei pazienti con REM<br />

sleepbehaviordisorder (RBD) con o senza<br />

terapia con clonazepam e di valutare le<br />

modificazioni longitudinali a lungo termine<br />

durante terapia cronica con clonazepam.<br />

Soggetti e Metodo: Sono stati reclutati 57<br />

pazienti con RBD idiopatico (52 maschi e 5<br />

donne, età <strong>media</strong> 68.8±6.03 anni).<br />

Quarantadue pazienti non assumevano<br />

alcuna terapia al momento della valutazione<br />

(RBD-Clo) mentre 15 assumevano<br />

clonazepam (0.5-1 mg)(RBD+Clo). E’ stata<br />

valutata la scalaClinical Global Impression-<br />

Severity (CGI-S) ed è stata effettuata una<br />

video-PSG; è stata valutata anche la RBD<br />

La RLS come sintomo d’esordio di mieloma multiplo: un case report<br />

D. Aricò 1 , A. Raggi 2 , M. Siragusa 3 , M.<br />

Zucconi 4 , R. Ferri 1<br />

1 Dipartimento di Neurologia I.C. e<br />

2 Unità di Neurologia, Ospedale G.B.<br />

Morgagni-L. Pierantoni, Forlì;<br />

3 Unità di Dermatologia, Oasi (IRCCS), Troina;<br />

4 Centro del sonno, Dipartimento di<br />

Neurologia, Ospedale San Raffaele,<br />

Università Vita-Salute, Ospedale San Raffaele,<br />

Milano.<br />

Obiettivi Le condizioni che maggiormente si<br />

associano alla sindrome delle gambe senza<br />

riposo includono danno renale, carenza di<br />

severity scale (RBDSS). L’ampiezza<br />

dell’EMGsottomentoniero in REM è stata<br />

valutata quantitativamente ed è stato<br />

calcolato l’Atonia index.<br />

Risultati:La durata di malattia era più lunga<br />

nei pazienti RBD+Cloi quali mostravano<br />

anche un numero minore di cambiamenti di<br />

fase, una efficienza di sonno più alta ed una<br />

percentuale minore di veglia intrasonno e di<br />

stadio 1, oltre ad un aumento della<br />

percentuale di stadio 2. Il follow-up a lungo<br />

termine in un sottogruppo di 13 pazienti in<br />

terapia con clonazepammostrava un<br />

aumento moderato del tempo totale di<br />

sonno,efficienza di sonno, stadio 2 e sonno<br />

ad onde lente, insieme ad un decremento<br />

della veglia intrasonno e dello stadio 1. La<br />

scala CGI tendeva a migliorare chiaramente<br />

in trattamento ma non era evidente nessuna<br />

tendenza per RBDSS o Atonia index.<br />

Conclusioni:Questo studio costituisce<br />

l’evidenza di effetti importanti ed oggettivi<br />

del clonazepam sul sonno NREM nell’RBD;<br />

questi dati potrebbero essere molto<br />

importanti per lo sviluppo di trattamenti<br />

nuovi ed efficaci per questa condizione<br />

clinica.<br />

ferro, neuropatia, mielinopatia, gravidanza,<br />

sclerosi multipla, malattia di Parkinson.<br />

Tuttavia, diverse condizioni mediche possono<br />

causare e/o esacerbare i sintomi RLS.<br />

L’obiettivo del lavoro è presentare un caso di<br />

una paziente con diagnosi di RLS che si<br />

presenta come sintomo d’esordio del<br />

mieloma multiplo, un tumore ematologico<br />

caratterizzato dalla proliferazione clonale di<br />

cellule plasmatiche nel midollo osseo e<br />

immunoglobuline monoclonali nel sangue<br />

e/o urina. Il mieloma multiplo comporta<br />

sintomi e segni molto eterogenei, quali<br />

dolore osseo, infezione, danno renale,<br />

anemia, e ipercalcemia da cui derivano, a<br />

70


a b s t r a c t b o o k<br />

loro volta, alcuni sintomi neurologici quali<br />

debolezza, confusione e fatica.<br />

Materiali e Metodi La paziente riportava una<br />

grave sintomatologia RLS, è stata sottoposta<br />

a PSG prima e dopo la terapia farmacologica.<br />

Risultati I dati ematici mostrano iron<br />

deficiency e il protidogramma mostra una<br />

sospetta componente monoclonale in zona<br />

gamma. I risultati ematologici ci hanno<br />

condotto a richiedere una biopsia osteomidollare<br />

e una visita ematologia. I sintomi<br />

riportati e i risultati strumentali e di<br />

laboratorio hanno portato alla diagnosi di<br />

mieloma multiplo. La PSG al follow-up<br />

conferma il miglioramento clinico dopo<br />

terapia con gabapentin e pramipexolo. La<br />

terapia dermatologica ha risolto il forte<br />

prurito.<br />

Discussione Sono stati proprio i gravi sintomi<br />

alle gambe, fortemente invalidanti, che<br />

hanno spinto la paziente a rivolgersi al nostro<br />

centro del sonno. Comunque, il nostro studio<br />

clinico ha dimostrato chiaramente che la RLS<br />

non è in questo caso primaria, ma molto<br />

probabilmente secondaria ad una serie di<br />

fattori, che si sa essere capaci di causarla. La<br />

radicolopatia era certamente presente prima<br />

della comparsa della RLS e del MM; al<br />

contrario, la mancanza di ferro e il forte<br />

dolore osseo probabilmente sono insorti con<br />

il mieloma e hanno determinato la comparsa<br />

di sintomi RLS gravi e apparentemente<br />

resistenti alla terapia con dopamino-agonisti.<br />

Conclusione Non è possibile, a partire dai<br />

dati che abbiamo, stabilire l’esatta sequenza<br />

temporale dei sintomi ed eventi e non si può,<br />

altresì, dire con certezza se la RLS, in questo<br />

caso, possa essere considerata una<br />

condizione paraneoplastica indotta dal<br />

tumore o solo una forma secondaria che<br />

dipende dallo sviluppo del mieloma multiplo,<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

possibilmente esacerbata dall’associazione<br />

con la radicolopatia. L’aspetto che riteniamo<br />

più importante di questo lavoro è che<br />

qualche volta i sintomi RLS possono essere<br />

indicativi della presenza di una grave<br />

condizione pericolosa per la vita cui si<br />

dovrebbe pensare quando la RLS stessa non<br />

risponde prontamente ai farmaci dopaminoagonisti<br />

e dovrebbero essere valutati<br />

accuratamente i dati clinici e di laboratorio a<br />

disposizione.<br />

Bibliografia:<br />

1. Allen RP, Picchietti D, Hening WA,<br />

Trenkwalder C, Walters AS, Montplaisir J, et<br />

al. Restless legs syndrome: Diagnostic<br />

criteria, special considerations, and<br />

epidemiology. A report from the restless legs<br />

syndrome diagnosis and epidemiology<br />

workshop at the National Institute of Health.<br />

Sleep Med. 2003;4:101-19.<br />

2. Raab MS, Podar K, Breitkreutz I,<br />

Richardson PG, Anderson KC. Multiple<br />

Myeloma. Lancet 2009;374:324-39<br />

3. Ferri R, Zucconi M, Manconi M, Plazzi G,<br />

Bruni O, Ferini-Strambi L. New approaches to<br />

the study of periodic leg movements during<br />

sleep in restless legs syndrome. Sleep<br />

2006;29:759-69.<br />

4. Lal R, Ellenbogen A, Chen D, Zomorodi K,<br />

Atluri H, Luo W, et al. A randomized, doubleblind,<br />

placebo-controlled, dose-response<br />

study to assess the pharmacokinetics,<br />

efficacy, and safety of gabapentin enacarbil<br />

in subjects with restless legs syndrome. Clin<br />

Neuropharmacol 2012;doi:<br />

10.1097/WNF.0b013e318259eac8.<br />

5. Ferini-Strambi L, Aarskog D, Partinen M,<br />

Chaudhuri KR, Sohr M, Verri D, Albrecht S.<br />

Effect of pramipexole on RLS symptoms and<br />

sleep: a randomized, double-blind, placebocontrolled<br />

trial. Sleep Med 2008;9:874-81.<br />

71<br />

71


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

72<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

Significato del timing dell’insorgenza di Rem Sleep Behavior Disorder e malattia di Parkinson<br />

Disease<br />

FII Cosentino 1 , S Fulda 2 , F Pizza 3 , G Plazzi 3 , R<br />

Ferri 1<br />

1<br />

UOC di Neurologia IC, IRCCS Oasi, Troina;<br />

2<br />

Neurocentro della Svizzera Italiana, Lugano<br />

3<br />

Dipartmento di Scienze Neurologiche,<br />

Università di Bologna.<br />

Obiettivi:Lo scopo di questo studio era quello<br />

di confrontare le caratteristiche cliniche e I<br />

pattern di sonno REM in pazienti in cui la<br />

REM sleepdisorder (RBD) aveva anticipato la<br />

comparsa di malattia di Parkinson (PD) e<br />

quelli in cui la sua insorgenza era avvenuta<br />

contemporaneamente o dopo quella delle<br />

manifestazioni cliniche della PD.<br />

Soggetti:Sono stati arruolati 27 pazienti PD<br />

consecutivi (età <strong>media</strong> 67.9 anni) and 19<br />

controlli normali (età <strong>media</strong> 67.5 anni).<br />

Metodo:In tutti I soggetti sono stati ottenuti<br />

studi dettagliati clinici laboratoristici e<br />

polisonnografici; in particolare, le<br />

caratteristiche dell’ampiezza del segnale<br />

EMG mentoniero durante sonno REM sono<br />

state analizzate per mezzo di un approccio<br />

quantitativo automatico (Indice di Atonia).<br />

DISTURBI RESPIRATORI DEL SONNO<br />

I SESSIONE<br />

Risultati:Sedici dei 27 pazientiPD erano<br />

affetti anche da RBD e avevano uno stadio PD<br />

significativamente piùalto, assumevano dosi<br />

di farmaci dopaminergici significativamente<br />

più alte, la loro durata di malattia tendeva ad<br />

essere più lunga e il livello cognitivo tendeva<br />

ad essere più basso. L’Indice di Atonia<br />

mostrava una alta sensibilità e specificità per<br />

la presenza di RBD. Inoltre, la RBD non aveva<br />

preceduto la PD in 10 pazienti che<br />

mostravano uno stadio di PD<br />

significativamente più alto, assumevano un<br />

più alto dosaggio di farmaci dopaminergici e<br />

la loro durata di malattia era<br />

significativamente più lunga di quelli con RBD<br />

che precedeva la PD.<br />

Discussione e Conclusioni:Questo studio<br />

mostra che l’Indice di Atonia può essere<br />

raccomandato come una misura oggettiva a<br />

supporto della diagnosi clinica di RBP nella<br />

PD. Inoltre, i nostri dati sono compatibili con<br />

l’ipotesi che i pazienti nei quali RBD precede<br />

o no la PD potrebbero costituire due gruppi<br />

clinici e fisiopatologici distinti, basati su<br />

sequenze di eventi neuropatologici diverse.<br />

Ruolo della cpap nella osas in paziente con sindrome di Treacher-Collins-Franceschetti<br />

J. Accardo, F. Famà, D. Arnaldi, M. Ferrara, A.<br />

Picco, C. Manfredi, A. Ferrari, A. Primavera.<br />

Centro di Fisiopatologia del Sonno, DINOG,<br />

Università di Genova.<br />

Obiettivo Descrizione di un caso di sindrome<br />

delle apnee ostruttive in sonno (OSAS) in<br />

paziente adulto con sindrome di Treacher-<br />

Collins-Franceschetti (TCFS) trattato con<br />

successo <strong>media</strong>nte continuous positive<br />

airway pressure (CPAP).<br />

Materiali e Metodi Case report e revisione<br />

della letteratura.<br />

Risultati Riportiamo il caso di un uomo di 49<br />

anni affetto da TCFS giunto alla nostra<br />

osservazione per probabile OSAS. Il soggetto<br />

presentava disostosi zigomatico-temporomascellare<br />

ed ipoacusia, più marcata a<br />

sinistra. L’espressione fenotipica nella TCFS,<br />

calcolata <strong>media</strong>nte un sistema sviluppato da<br />

Teber et al (2004) 1 , indicava un grado severo<br />

(score >11). Per questo motivo, il paziente<br />

era stato sottoposto a 14 interventi chirurgici<br />

72


a b s t r a c t b o o k<br />

otorinolaringoiatrici. In anamnesi era riferito<br />

incremento del russamento (che era presente<br />

dall’infanzia) ed apnee morfeiche. Il<br />

punteggio all’Epworth Sleepiness Scale (ESS)<br />

era 4/21. Il BMI risultava di 27,5.<br />

La polisonnografia (PSG) ha dimostrato<br />

un’OSAS severa con apnea-hypopnea index<br />

(AHI) di 37, desaturazione <strong>media</strong> dell’83% ed<br />

oxygen-desaturation index (ODI) di 49, per<br />

cui è stato intrapreso trattamento con CPAP.<br />

Il management del paziente ha richiesto<br />

l’utilizzo di differenti tipi di maschera e solo<br />

la scelta di una maschera oro-facciale<br />

ipoallergenica ha permesso una migliore<br />

compliance. Ad una pressione di 10 cmH2O si<br />

verificava un miglioramento dell’AHI (da 37 a<br />

< 10) ed un’abolizione quasi completa delle<br />

desaturazioni.<br />

Discussione e Conclusioni La TCFS è un<br />

disordine autosomico dominante dello<br />

sviluppo cranio-facciale caratterizzato da<br />

micrognazia, ipoplasia del complesso<br />

mandibolo-zigomatico, coloboma ed<br />

anomalie dell’orecchio esterno con ipoacusia<br />

e palatoschisi. L’OSAS è comune, ma<br />

sottostimata e sottotrattata, nella TCFS<br />

(prevalenza: 46%) 2 . Non è presente<br />

un’associazione significativa con la severità<br />

del fenotipo, il russamento od il punteggio<br />

all’ESS, per cui è necessaria una PSG per<br />

diagnosticarla e quantificarla 3 . La diagnosi ed<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

il trattamento dell’OSAS sono importanti a<br />

causa dei seri rischi a lungo termine con<br />

ripercussioni sulla performance<br />

lavorativa/scolastica e sulla mortalità. Nella<br />

TCFS il trattamento con CPAP deve integrare<br />

la chirurgia correttiva, in quanto questa<br />

potrebbe non essere risolutiva, essendo<br />

l’ostruzione possibile a diversi livelli 4,5 .<br />

Bibliografia<br />

1. Teber O et al. Genotyping in 46<br />

patients with tentative diagnosis of<br />

Treacher-Collins syndrome revealed<br />

unexpected phenotypic variation. Eur<br />

J Hum Genet 2004: 12(11):879-890.<br />

2. Plomp et al. Obstructive sleep apnoea<br />

in Treacher Collins syndrome:<br />

prevalence, severity and cause. Int J<br />

Oral Maxillofac Surg 2012: 41:696-<br />

701.<br />

3. Miller S et al. The role of nasal CPAP in<br />

obstructive sleep apnoea syndrome<br />

due to mandibular hypoplasia.<br />

Respirology 2010: 15:377-381.<br />

4. Akre H et al. Obstructive sleep apnea<br />

in Treacher Collins syndrome. Eur Arch<br />

Otorhinolaryngol 2012: 269:331-337.<br />

5. Plomp et al. Screening for obstructive<br />

sleep apnea in Treacher-Collins<br />

syndrome. The Laryngoscope 2012:<br />

122:930-934.<br />

In nome della CPAP: le rappresentazioni cognitive dei pazienti sulla sindrome apnoica ostruttiva<br />

e sul trattamento con CPAP<br />

s. Barello 1 , R. Balestrieri 2 , L. Borghi 2 , A.<br />

Pincherle 3 , E. Zambrelli 3 , M.P. Canevini 3 , E.A.<br />

Moja 2 , E. Vegni 2<br />

1<br />

Facoltà di Psicologia, Università Cattolica del<br />

Sacro Cuore, Milano<br />

2<br />

Cattedra di Psicologia Clinica e Medica,<br />

Università degli Studi di Milano.<br />

3<br />

U.O. Neurologia II e Medicina del Sonno,<br />

A.O. San Paolo-Polo Universitario, Milano<br />

Obiettivi. La sindrome apnoica ostruttiva nel<br />

sonno (OSAS) colpisce il 2-5% della<br />

popolazione generale [1] e costituisce un<br />

fattore di rischio per lo sviluppo di patologie<br />

cardiovascolari, cerebrovascolari e<br />

metaboliche [2]. Trattamento d’elezione per<br />

le apnee ostruttive nel sonno è l’utilizzo del<br />

dispositivo CPAP (Continous Positive Airway<br />

Pressure) [3]. Tuttavia l’aderenza al<br />

trattamento risulta difficoltosa e si attesta tra<br />

il 65% e l’80% dei pazienti [4]. Scopo del<br />

presente lavoro è descrivere l’esperienza<br />

pilota di gruppo psico-educativo rivolto a<br />

pazienti affetti da OSAS e in trattamento<br />

ventilatorio notturno con CPAP presso<br />

73<br />

73


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

74<br />

l’Ospedale S.Paolo-Polo Universitario di<br />

Milano.<br />

Materiali e Metodo: il campione di questo<br />

studio è stato costituito da 7 pazienti (6<br />

Maschi/1 Femmina – età <strong>media</strong>: 64,6 -<br />

range: 46-77 - BMI medio: 33,76 - AHI medio:<br />

33,2 - ODI medio: 37,7) con diagnosi di OSAS<br />

severa ricevuta in <strong>media</strong> da 1 mese. Il<br />

programma si articola in 8 incontri della<br />

durata di 1 h e ½ e sono condotti da un team<br />

multidisciplinare<br />

Risultati: I pazienti hanno discusso i benefici<br />

e le difficoltà connesse all’uso della CPAP,<br />

così come il vissuto di malattia e le cognizioni<br />

latenti sulla patologia. I risultati preliminari<br />

evidenziano un miglioramento nella gestione<br />

del dispositivo CPAP ed una diminuzione<br />

dell’ansia connessa al suo utilizzo.<br />

Discussione e conclusione I gruppi<br />

psicoeducativi costituiscono un metodo<br />

applicabile a pazienti affetti da OSAS al fine di<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

elaborare strategie funzionali all’uso della<br />

CPAP.<br />

Bibliografia<br />

[1]. Young T, Peppard P, Gottlieb D.<br />

Epidemiology of obstructive sleep apnea: a<br />

population health perspective. Am J Resp Crit<br />

Care Med 2002;165:1217–39.<br />

[2] Shamsuzzaman AS, Gersh BJ, Somers VK.<br />

Obstructive sleep apnea implications<br />

for cardiac and vascular disease. J Am Med<br />

Assoc 2003;290:1906–14.<br />

[3] Gilles TL, Lasserson TJ, Smith BJ, White J,<br />

Wright J, Cates CJ. Continuous positive<br />

airway pressure for obstructive sleep apnoea<br />

in adults. Cochrane Database Syst<br />

Rev 2006;3:CD001106.<br />

[4] Engleman H, Wild M. Improving CPAP use<br />

by patients with sleep apnoea. hypopnoea<br />

syndrome (SAHS). Sleep Med Rev 2003;7:81–<br />

99.<br />

Sleep endoscopy con simulatore di avanzamento mandibolare nei pazienti osas: nostra<br />

esperienza<br />

R.Gobbi,*F.Milano, F.Marra, O.Piccin,<br />

G.Scaramuzzino, G. Sorrenti<br />

U.O. ORL Policlinico Universitario S.Orsola-<br />

Malpighi Bologna;<br />

*Private Practice Bologna<br />

Introduzione L’identificazione dei siti<br />

ostruttivi è cruciale nell’iter diagnosticoterapeutico<br />

del paziente OSAS nell’ottica di<br />

una corretta terapia non ventilatoria<br />

(chirurgia/oral appliance).<br />

L’efficacia terapeutica del trattamento<br />

<strong>media</strong>nte Oral appliance è altamente<br />

variabile, anche in considerazione del fatto<br />

che non vi sono procedure diagnostiche con<br />

elevata predittività positiva per questa<br />

tipologia di dispositivi.<br />

Lo scopo di questo studio è quello di rilevare<br />

e confrontare, a livello endoscopico, i<br />

cambiamenti anatomici faringei durante<br />

sleep endoscopy, effettuata con simulatore di<br />

avanzatore mandibolare e senza.<br />

Materiali e Metodi Dopo un iter diagnostico<br />

comprendente anche una valutazione<br />

ortodontica e il confezionamento di un<br />

simulatore di avanzamento mandibolare<br />

(George Gauge fork), il paziente è stato<br />

sottoposto, in sala operatoria, a Sleep<br />

Endoscopy in sedazione con propofol, previo<br />

inserimento orale del dispositivo. Dopo aver<br />

rilevato i quadri endoscopici e i parametri<br />

anestesiologici si è rimosso il simulatore ed<br />

effettuato Sleep Endoscopy routinaria con<br />

l’esecuzione della manovra di Esmarch,<br />

annotando l’effetto sulle VADS, sul<br />

russamento e le apnee.<br />

La Sleep Endoscopy è stata eseguita dallo<br />

stesso team di chirurghi ORL, esperti di OSAS,<br />

e simultaneamente visualizzata su monitor in<br />

sala operatoria e classificata di comune<br />

accordo. I risultati endoscopici, sia con<br />

l’utilizzo di George Gauge, sia senza, sono<br />

stati classificati secondo la classificazione di<br />

Sher modificata, evidenziando sito, grado e<br />

pattern di ostruzione.<br />

74


a b s t r a c t b o o k<br />

Risultati: Risultati preliminari hanno<br />

evidenziato come il grado ed il pattern di<br />

ostruzione vengano modificati dall’utilizzo del<br />

George Gauge durante la sleep endoscopy:<br />

l’effetto è quello di stabilizzare le pareti<br />

laterali oro-ipofaringee ed il complesso base<br />

lingua-epiglottide, in misura variabile a<br />

seconda delle caratteristiche anatomiche del<br />

paziente.<br />

La manovra di Esmarch, o pull-up<br />

mandibolare, produce differenti modifiche<br />

endoscopiche a livello esclusivamente della<br />

base linguale.<br />

Conclusioni: Numerosi studi in letteratura<br />

hanno evidenziato come i rilievi della Sleep<br />

Endoscopy possano essere un indicatore<br />

prognostico di efficacia dell’utilizzo di Oral<br />

appliance. Siccome la risposta delle vie aeree<br />

all’avanzatore mandibolare è dinamica, la<br />

sleep endoscopy con George Gauge si rivela<br />

come promettente predittore di efficacia<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

rispetto a valutazioni statiche, in veglia, e<br />

spesso non in posizione supina, come ad<br />

esempio la teleradiografia del cranio in<br />

latero-laterale.<br />

La Sleep endoscopy effettuata con simulatore<br />

George Gauge ha il vantaggio di fornire<br />

indicazioni endoscopiche direttamente<br />

visualizzabili mantenendo una protrusione ed<br />

un’apertura orale verticale riproducibili e<br />

standardizzate. Inoltre il simulatore George<br />

Gauge funge poi da stampo su cui costruire<br />

l’Oral appliance finale. Per questi motivi<br />

questa metodica si pone come un ulteriore<br />

strumento per ottimizzare e migliorare<br />

l’efficacia terapeutica dell’Oral appliance.<br />

Ulteriori studi sono necessari per<br />

comprendere l’effetto funzionale sulle vie<br />

aeree dell’avanzatore mandibolare e<br />

l’efficacia della Sleep endoscopy con George<br />

Gauge come predittore di successo<br />

terapeutico dell’Oral appliance.<br />

Apnee ostruttive nel sonno ed ipertensione arteriosa: impatto sulla funzione diastolica del<br />

ventricolo sinistro<br />

E. Lisi 1 , C. Lombardi 2 , A. Faini 2 , LM. Lonati 3 , S.<br />

Salerno 1 , P. Mattaliano 1 , F. Gregorini 2 , V.<br />

Giuli 1 , A. Giuliano 1 , M. Revera 3 , G. Branzi 3 , G.<br />

Parati 1<br />

(1) Istituto Auxologico Italiano IRCCS, Milano,<br />

Italia – Università degli studi di Milano-<br />

Bicocca, Milano, Italia<br />

(2) Centro medicina del sonno, Dipartimento<br />

di Cardiologia, Ospedale San Luca, Istituto<br />

Auxologico Italiano IRCCS, Milano, Italia<br />

(3) Dipartimento di Cardiologia, Ospedale San<br />

Luca, Istituto Auxologico Italiano, Milano,<br />

Italia<br />

Obiettivi Le apnee ostruttive nel sonno (OSA)<br />

sono associate ad un aumentato rischio<br />

cardiovascolare; ipertensione arteriosa (IA),<br />

coronaropatia e malattia cerebrovascolare<br />

sono spesso associati positivamente con la<br />

severità delle apnee. Sia l’IA sia l’OSA severa<br />

contribuiscono ad una disfunzione diastolica<br />

del ventricolo sinistro (VS), ma poco è noto<br />

sulla prevalenza di disfunzione diastolica del<br />

VS in pazienti con IA associata a OSA lievemoderata.<br />

Obiettivo del nostro studio è stato<br />

pertanto valutare se la frequenza di<br />

disfunzione diastolica del VS in pazienti<br />

ipertesi controllati con OSA lieve-moderata.<br />

Materiali Abbiamo reclutato 94 pazienti con<br />

IA essenziale controllata (51 uomini, 43<br />

donne; età 57.8±11.7 anni; BMI 28.0±4.2<br />

Kg/m 2 ; AHI 6.6±6.8 eventi/h)<br />

consecutivamente afferenti al nostro<br />

ambulatorio IA, escludendo pazienti affetti da<br />

valvulopatia mitralica, disturbi del ritmo, OSA<br />

in trattamento o con AHI>30 eventi/ora.<br />

Metodi Tutti i soggetti sono stati sottoposti a<br />

polisonnografia cardiorespiratoria notturna,<br />

ecocardiocolorDoppler transtoracico e<br />

monitoraggio pressorio delle 24 ore. In 70<br />

pazienti è stata valutata la funzione diastolica<br />

del VS <strong>media</strong>nte studio del pattern di flusso<br />

transmitralico (rapporto tra picco di velocità<br />

75<br />

75


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

76<br />

diastolica precoce, onda E, e picco di velocità<br />

tardivo, onda A); in 51 di questi è stato<br />

effettuato inoltre il Tissue-Doppler-Imaging a<br />

livello dell’anulus mitralico per la valutazione<br />

della velocità dell’onda E’. Un AHI≥5 è stato<br />

considerato diagnostico per OSA, mentre<br />

E/A


a b s t r a c t b o o k<br />

minima ed è stata effettuata una stadiazione<br />

delle fasi di sonno. A causa dell’elevata<br />

incidenza di artefatti nel segnale proveniente<br />

dalla nasocannula, le analisi sono state<br />

condotte sui valori di ODI, considerando<br />

patologici i valori maggiori o uguali a 5.<br />

Risultati La distribuzione oraria di esordio<br />

dell’ictus era sovrapponibile a quella della<br />

popolazione generale, con un picco maggiore<br />

di incidenza mattutino (51%) e un secondo<br />

picco minore (22%) pomeridiano, seguito<br />

dalla notte (15%) e dalla sera (12%) .<br />

Nella popolazione in esame l’OSA (ODI>5) ha<br />

una prevalenza elevata (n=66, 71%), ed i<br />

valori maggiori di ODI sono stati riscontati nei<br />

pazienti (n=42, 57%) con esordio nella fascia<br />

oraria mattutina, in particolare nel primo<br />

mattino (h 6-10) e nel primo pomeriggio (h<br />

12-16). Tali soggetti avevano un valore di ODI<br />

significativamente più elevato (20.6±19.4)<br />

rispetto ai soggetti con esordio nelle altre<br />

fasce orarie (10.9±11.0), p=0.008. Inoltre la<br />

frequenza di OSAS medio (ODI≥15) in queste<br />

due fasce d’esordio, era significativamente<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

più elevata (75.9%), rispetto alle altre fasce<br />

orarie (24.1%, p=0.007).<br />

Discussione e Conclusioni il nostro studio<br />

conferma l’elevata prevalenza e il ruolo<br />

importante dell’OSA come fattore di rischio<br />

nell’ictus ischemico.<br />

Lo studio dimostra inoltre che i pazienti con<br />

ictus nelle prime ore del mattino e nel<br />

pomeriggio hanno una maggior frequenza e<br />

una maggior gravità di OSA.<br />

Il picco di esordio pomeridiano potrebbe<br />

essere spiegabile considerando l’abitudine al<br />

sonno pomeridiano, diffusa nella nostra<br />

popolazione e nella fascia d’età considerata.<br />

I nostri dati suggeriscono che l’associazione<br />

tra le alterazioni emodinamiche legate<br />

all’OSA e quelle che si realizzano nel<br />

passaggio dal sonno alla veglia possa<br />

costituire un importante fattore di rischio per<br />

l’insorgenza di ictus.<br />

Bibliografia<br />

1<br />

Obstructive sleep apnea linked to wake-up<br />

strokes, Sun-Wung Hsieh, J Neurol, 2011<br />

2<br />

Chronobiology and Stroke, Stergiou, Hellenic<br />

J Cardiol, 2004<br />

77<br />

77


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

78<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

Disturbi respiratori e periodic leg movements in sonno nei pazienti con lesione midollare acuta<br />

P.Proserpio 1 , K.Sambusida 1 , A.Lanza 1 ,<br />

L.Fratticci 2 , P.Frigerio 1 , M.Sommariva 1 ,<br />

T.Redaelli 1 , F.De Carli 3 , L.Nobili 1 .<br />

1<br />

Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale<br />

Niguarda, Milano<br />

2<br />

Neurologia, “Humanitas”, Rozzano, Milano<br />

3<br />

CNR, Genova<br />

Obiettivi: Diversi lavori dimostrano<br />

un'elevata prevalenza di disturbi respiratori<br />

in sonno (DRS) in pazienti mielolesi; tuttavia<br />

la maggior parte degli studi sono stati<br />

condotti su campioni limitati e dopo almeno<br />

un anno dall'evento. Solo due lavori<br />

confermano tale dato anche in pazienti con<br />

lesioni acute 1,2 . Altro riscontro<br />

polisonnografico comune in questa<br />

popolazione, sebbene analizzato in pochi<br />

studi e su casistiche selezionate 3 , sembra<br />

essere la presenza di movimenti periodici a<br />

carico degli arti inferiori (PLM). Scopo del<br />

nostro lavoro è analizzare le caratteristiche<br />

polisonnografiche di un ampio ed eterogeneo<br />

gruppo di pazienti con lesioni midollari acute.<br />

Materiali e Metodi: Sono stati sono stati<br />

raccolti i dati demografici, clinici,<br />

morfometrici, farmacologici e<br />

polisonnografici di 32 pazienti ricoverati<br />

nell’Unità Spinale dell’Ospedale Niguarda<br />

entro un anno da una lesione midollare.<br />

Risultati: Sono stati reclutati 26 maschi e 6<br />

femmine, con età <strong>media</strong> di 37 anni. Due terzi<br />

dei pazienti presentano una lesione<br />

completa. Nel 37% la lesione è cervicale, nel<br />

56% toracica, un paziente presenta una<br />

lesione lombare. Nel 31% dei pazienti la<br />

rappresentazione del sonno REM è inferiore<br />

al 10%. Nel 22% dei pazienti (7/32, di cui 4<br />

con una lesione completa; 6 con una lesione<br />

cervicale e 1 toracica) è stato riscontrato un<br />

DRS (indice di apnea-ipopnea -AHI- superiore<br />

a 5): di grado lieve in 3 soggetti, moderato in<br />

3 e severo in 1. In 6/7 pazienti tale disturbo<br />

appare REM-correlato. Nei pazienti senza<br />

DRS, 7 presentano un AHI in REM superiore a<br />

5. Nel 37,5% dei pazienti (12/32, di cui 6 con<br />

lesione completa; 5 con lesione cervicale e 7<br />

toracica) sono stati documentati PLM, che<br />

nella maggior parte dei casi non sono<br />

associati ad arousal 4 (in 10/12) e persistono o<br />

incrementano durante il sonno REM (in<br />

8/12). In 4 soggetti l’indice di PLM/h risulta<br />

superiore a 50.<br />

Discussione e Conclusione: In questo lavoro,<br />

condotto su un’ampia casistica, il DRS,<br />

prevalentemente di natura ostruttiva, è più<br />

frequente nei pazienti tetraplegici e peggiora,<br />

o appare esclusivamente, in sonno REM. La<br />

più alta prevalenza di DRS nei mielolesi<br />

riportata in letteratura potrebbe essere<br />

legata a fattori che occorrono durante la fase<br />

cronica e pertanto sarà utile monitorare tali<br />

pazienti nel tempo. L’alta prevalenza di PLM<br />

riscontrata sia in sonno NREM che REM e la<br />

loro apparente dissociazione dall’attività<br />

corticale, suggerisce una modulazione dei<br />

PLM da parte di un “central pattern<br />

generator” midollare. Obiettivo di studi futuri<br />

sarà quello di valutare la correlazione di tali<br />

eventi motori con variazioni vegetative e<br />

microstrutturali del sonno.<br />

Bibliografia<br />

1. Berlowitz DJ. et al., Arch Phys Med<br />

Rehabil (2005)<br />

2. Tran K. et al., Respirology (2010)<br />

3. Telles SC. et al., J Neurol Sci. (2011)<br />

4. Iber C. et al., AASM (2007)<br />

78


a b s t r a c t b o o k<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

L'insonnia nell'OSAS: caratteristiche cliniche e comorbidità della popolazione affetta.<br />

I. Aricò, L. Campolo, L.R. Pisani, G. Mento,<br />

R.Silvestri<br />

Centro di Medicina del Sonno, Dipartimento<br />

di Neuroscienze, AOU Messina<br />

Obiettivi: Valutare le caratteristiche cliniche<br />

di pazienti affetti da OSAS e insonnia.<br />

Materiali e metodi: Sono stati selezionati<br />

retrospettivamente tutti i pazienti<br />

diagnosticati per OSAS negli ultimi 4 anni<br />

presso il nostro centro che riferivano anche<br />

insonnia.<br />

Risultati: 23/400 i pazienti affetti sia da OSAS<br />

che da insonnia (16 M e 7 F, range di età 37-<br />

80). BMI medio 32,5. L’età <strong>media</strong> dei M e<br />

delle F era pressoché sovrapponibile (57.2 e<br />

57.5, rispettivamente). 7 pazienti riferivano<br />

insonnia iniziale, i restanti 16 di<br />

mantenimento. Soltanto in 5 riferivano<br />

sonnolenza diurna (ESS= 14.2).Il 74%<br />

presentava ipertensione arteriosa, il 61%<br />

dislipidemia, il 48% tireopatia, il 39% malattia<br />

da reflusso, il 39,1% broncopatia cronica<br />

ostruttiva, il 17% diabete mellito. 2 pazienti<br />

erano affetti anche da RLS. Al PSQI per la<br />

valutazione della qualità del sonno i pazienti<br />

avevano un punteggio medio di 9,3, indice di<br />

cattiva qualità di sonno; mentre al BDI 15,21,<br />

disturbo dell’umore moderato e all’HAM-A<br />

20,5, ansia moderata. La qualità della vita<br />

all’SF-36 risultava bassa sia nella componente<br />

fisica che mentale (55.4 e 55.6,<br />

rispettivamente). Il 74% dei pazienti<br />

presentava una OSAS moderata o grave (AHI<br />

medio 40.5): a tutti questi pazienti è stata<br />

proposta la terapia con CPAP, 1 solo paziente<br />

ha rifiutato. Al controllo dopo un mese di<br />

terapia con CPAP è stata riportata una<br />

riduzione dell’insonnia nel 75% dei pazienti,<br />

con miglioramento nei punteggi per l’ansia e<br />

la qualità di vita.<br />

Discussione e Conclusione Il 5,7% dei nostri<br />

pazienti con OSAS riferisce anche insonnia<br />

per lo più di mantenimento, probabilmente<br />

legata alle difficoltà respiratorie e all’esigenza<br />

di urinare più volte per notte. I soggetti con<br />

insonnia sono ansiosi e depressi e la terapia<br />

ventilatoria notturna può migliorare la<br />

continuità del sonno.<br />

The trouble with bubbles: la sindrome delle apnee ostruttive e la pervieta’ del forame ovale.<br />

A.Picco, M. Ferrara, D. Arnaldi, J. Accardo, F.<br />

Famà, A. Primavera.<br />

Introduzione<br />

Nel corso della gravidanza, la maggior parte<br />

delle donne riporta disturbi del sonno. Infatti,<br />

i cambiamenti fisiologici legati allo stato<br />

gravidico possono portare ad un rischio<br />

aumentato di patologie come la sindrome<br />

delle apnee ostruttive (OSAS)(1). Viene<br />

descritta inoltre un’aumentata incidenza di<br />

eventi cerebrovascolari, fra le cui cause si<br />

annovera, nella donna gravida, anche<br />

l’embolia paradossa(2).<br />

Materiali<br />

Riportiamo il caso di una giovane donna che<br />

giunge all’osservazione durante la<br />

trentottesima settimana di gravidanza<br />

gemellare. La paziente presentava, in corso di<br />

lieve rialzo pressorio, un episodio di afasia<br />

espressiva della durata di circa 20 minuti<br />

seguito da parestesie all’arto superiore e<br />

all’emivolto destro. Veniva quindi praticato<br />

taglio cesareo. L’anamnesi patologica remota<br />

riportava un episodio analogo della durata di<br />

circa 10 minuti avvenuto l’anno precedente.<br />

Metodi<br />

La TC cerebrale e l’esame obiettivo<br />

neurologico risultarono negativi, mentre un<br />

supplemento anamnestico metteva in luce<br />

alcuni dati che sono stati reputati degni di<br />

nota: nel corso della gravidanza la paziente<br />

era aumentata di circa 23 kg e, a detta del<br />

79<br />

79


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

80<br />

marito, aveva presentato russamento con<br />

apnee specie nell’ultimo trimestre.<br />

Inoltre, la signora praticava attività<br />

subacquea a livello professionale, e qualche<br />

anno prima era stata sottoposta a<br />

ecodoppler transcranico con mezzo di<br />

contrasto, a scopo preventivo. L’esame aveva<br />

evidenziato la presenza di un forame ovale<br />

pervio (PFO) di medio-grandi dimensioni.<br />

Un ecocardiogramma transesofageo eseguito<br />

poco tempo dopo reperiva invece un setto<br />

interatriale con incostante effetto<br />

sbandierante, non aneurismatico, in assenza<br />

di PFO.<br />

Non era stata quindi intrapresa nessuna<br />

terapia.<br />

Risultati<br />

Il 4° giorno dopo il parto un ecodoppler<br />

transcranico di controllo riconfermava la<br />

presenza di shunt destro-sinistro. Dopo circa<br />

40 giorni veniva l’ecocardiogramma<br />

transesofageo risultava anch’esso positivo<br />

per PFO associato ad importante passaggio di<br />

microbolle dopo manovra di Valsalva.<br />

Veniva quindi introdotta terapia con acido<br />

acetilsalicilico e consigliata l’astensione dalla<br />

pratica di attività subacquea.<br />

Discussione e Conclusioni<br />

La discrepanza fra i risultati delle due<br />

metodiche ha probabilmente ritardato, nel<br />

DISTURBI RESPIRATORI NEL SONNO<br />

II SESSIONE<br />

Esperienza di un odontoiatra in un centro del sonno<br />

F. Sacchi 1 , P. Pozzi 2 , L. Ferini Strambi 2 , A.<br />

Oldani 2 , S. Marelli 2 , M. Zucconi 2<br />

1<br />

Medico odontoiatra libero professionista -<br />

Milano<br />

2<br />

Centro del Sonno Ospedale San Raffaele –<br />

Milano<br />

L’utilità degli apparecchi orali (Oral<br />

Appliances, OA) nella terapia delle Apnee<br />

Ostruttive nel Sonno (Obstructive Sleep<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

caso di questa paziente, la diagnosi di PFO ed<br />

il suo relativo trattamento. La signora inoltre<br />

ha sofferto di OSAS nel corso di una<br />

gravidanza con importante incremento<br />

ponderale.<br />

La presenza di OSAS può stimolare<br />

l’insorgenza di eventi embolici paradossi nei<br />

pazienti con PFO(3). Inoltre, lo shuntinteratriale<br />

incrementa in modo sostanziale il<br />

numero di desaturazioni in OSA e questo<br />

potrebbe forse rendere ragione<br />

dell’aumentato rischio di ictus in questi<br />

pazienti(4).<br />

Riferimenti bibliografici<br />

1 Pien G., Schwab R. Sleep Disorders<br />

During Pregnancy. Sleep, 2004;<br />

27:1405-17<br />

2 Treadwell S. et al. Stroke in pregnancy<br />

and the puerperium. Postgrad<br />

Med J, 2008; 84:238-245<br />

3 Beelke M. et al. Obstructive sleep<br />

apnea can be provocative for<br />

right-to-left shunting through a<br />

patent foramen ovale. Sleep,<br />

2002; 25:856-62.<br />

4 Johansson M. et al. The influence of<br />

patent foramen ovale on oxygen<br />

desaturation in obstructive sleep<br />

apnoea. Eur Respir J 2007;<br />

29:149–155<br />

Apnea, OSA) è ormai accertata e riconosciuta<br />

a livello internazionale (1). Tuttavia la<br />

presenza di odontoiatri nelle strutture che si<br />

occupano di patologia del sonno non è<br />

abituale. Questa relazione vuole descrivere le<br />

motivazioni che hanno spinto un dentista a<br />

frequentare il centro del sonno (CDS)<br />

dell’ospedale San Raffaele, quelle che hanno<br />

spinto i neurologi ad accettarlo, e alcuni<br />

risultati ottenuti fino ad oggi. L’impulso<br />

iniziale per questa collaborazione è stato la<br />

80


a b s t r a c t b o o k<br />

necessità di approfondire la conoscenza della<br />

medicina del sonno, al di là degli aspetti<br />

strettamente odontoiatrici. La<br />

frequentazione del CDS ha portato al<br />

miglioramento delle conoscenze non solo<br />

riguardo alla OSA, ma anche sulle altre<br />

patologie del sonno, e questo ha permesso<br />

un affinamento della capacità di diagnosi, al<br />

fine di differenziare i soggetti da sottoporre a<br />

terapia con OA da quelli da inviare agli<br />

specialisti in medicina del sonno per cure<br />

diverse. Nel periodo fra aprile 2011 e luglio<br />

2012, sono stati candidati alla terapia con OA<br />

38 pazienti, di cui 26 (21 affetti da OSA e 5 da<br />

russamento semplice, o altre patologie non<br />

valutabili con indicatori obiettivi) hanno<br />

accettato la cura. Quattro dei pazienti non-<br />

OSA hanno completato il trattamento e sono<br />

soddisfatti. I dati oggettivi post-trattamento<br />

sono disponibili per 14 dei 21 pazienti affetti<br />

da OSA e sono riportati in Fig.1. Nonostante<br />

la scarsa numerosità del campione, il<br />

trattamento con OA è risultato<br />

significativamente efficace per il<br />

Fig. 1 – Risultati del trattamento con OA.<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

miglioramento di quasi tutti i parametri<br />

considerati. In tutti i casi con apnea lieve o<br />

moderata si è ottenuto un risultato ottimale<br />

(AHI


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

82<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

Sindrome delle apnee ostruttive durante il sonno complessa (compSAS): proposta per un nuovo<br />

trattamento ventilatorio.<br />

A. Tansella 1 , A. Concetti 1 , A. M. Calcagni 2 , E.<br />

Di Crescenzo 3<br />

1 Ambulatorio di Medicina del Sonno ad<br />

indirizzo Respiratorio, Casa di Cura Villa<br />

Verde di Fermo<br />

2 Servizio di Pneumologia ASUR Marche ASL<br />

Fermo<br />

3Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti<br />

Marche Nord - UOC Programmazione e<br />

Controllo/internal Auditing<br />

La OSAS complessa (compSAS) è<br />

caratterizzata dalla persistenza di apnee e<br />

ipopnee centrali e/o respiro periodico di<br />

Cheyne- Stokes (CSR) durante il trattamento<br />

con CPAP.<br />

I pazienti affetti da compSAS non rispondono<br />

alla terapia con CPAP e sembrano avere un<br />

pattern respiratorio notturno più simile a<br />

quello della CSAS: rispondono invece in<br />

modo ottimale alla terapia ventilatoria a<br />

pressione positiva adattiva (Adaptive<br />

ServoVentilation).<br />

Obiettivi. Obiettivo dello studio è stato<br />

dimostrare la efficacia della terapia con CPAP<br />

con sistema F.O.T (Forced oscillation<br />

technique) in pazienti affetti da compSAS, in<br />

alternativa alla terapia ventilatoria a<br />

pressione positiva adattiva (Adaptive<br />

ServoVentilation).<br />

Materiali e metodi. Abbiamo arruolato<br />

diciannove pazienti (diciotto maschi, una<br />

femmina) affetti da OSAS con pattern<br />

respiratorio”complesso. Tutti i pazienti sono<br />

stati studiati con polisonnigrafo con sistema<br />

portatile Vitalnight PRO (ditta Vitalaire): l’età<br />

<strong>media</strong> era di 58, 6 ± 12,1 dev. st. con un AHI<br />

basale medio 50,9±16,5 dev. st., ODI basale<br />

medio 57,8 ±19,2 dev. st. Tutti i pazienti<br />

lamentavano sonnolenza diurna patologica<br />

(Epworth sleepiness scale = 15,27±4,17 dev.<br />

st.).<br />

Cinque dei diciannove pazienti sono stati<br />

trattati dapprima con BiPAP autoSV (ditta<br />

Respironics), in modalità ASV, poi in<br />

modalità CPAP con sistema F.O.T (ditta<br />

Resmed), con normalizzazione del pattern<br />

respiratorio in entrambi i casi. Mediante<br />

ventilazione in ASV si ottenevano i seguenti<br />

risultati: AHI medio 1,3 ±1 dev. st., ODI medio<br />

17,8±22,7 dev. st.; con CPAP <strong>media</strong>nte<br />

sistema F.O.T. AHI 4,5±4,2 dev. st., ODI<br />

17,6±14,1.<br />

I rimanenti quattordici pazienti venivano<br />

direttamente sottoposti a titolazione con<br />

CPAP con sistema F.O.T.<br />

Risultati. Per l’analisi dei risultati è stato<br />

usato il test T di Student per dati appaiati. I<br />

quattordici pazienti affetti da compSAS<br />

trattati direttamente in CPAP con sistema<br />

F.O.T. mostravano normalizzazione del<br />

pattern respiratorio notturno AHI=4,5± 4,2<br />

dev. st. ODI=17,6±14,1 dev. st., con riduzione<br />

significativa sia dell’AHI (p


a b s t r a c t b o o k<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

Upper Airways Resistance Syndrome (UARS): esiste un marker clinico identificativo?<br />

A. Tansella 1 , A. Concetti 1 , A. M. Calcagni 2 , E.<br />

Di Crescenzo 3<br />

1 Ambulatorio di Medicina del Sonno ad<br />

indirizzo Respiratorio, Casa di Cura Villa<br />

Verde di Fermo<br />

2 Servizio di Pneumologia ASUR Marche ASL<br />

Fermo<br />

3Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti<br />

Marche Nord - UOC Programmazione e<br />

Controllo/internal Auditing<br />

Dal punto di vista clinico la UARS è<br />

praticamente sovrapponibile all’OSAS: in<br />

entrambe le sindromi sono presenti con la<br />

stesa distribuzione sonnolenza diurna,<br />

russamento, pause respiratorie riferite,<br />

sonno agitato, cefalea mattutina.<br />

Obiettivi. Scopo dello studio è stato quello di<br />

identificare l’eventuale esistenza di un<br />

marker clinico distintivo della UARS.<br />

Materiali e metodi. Sono stati arruolati<br />

quarantatré pazienti (undici femmine e<br />

trentadue maschi) affetti da UARS (gruppo A)<br />

già diagnosticati sulla base di registrazioni<br />

<strong>media</strong>nte polisonnografia con sistema<br />

portatile (Vitalnight PRO della ditta Vitalaire,<br />

Somnoscreen Plus PSG della ditta<br />

Somnomedics ) e ottantuno pazienti (dodici<br />

femmine e sessantanove<br />

maschi) affetti da OSAS (gruppo B). I pazienti<br />

del gruppo A presentavano i seguenti<br />

parametri polisonnografici: AHI=3,58±2,85<br />

dev. st, ODI=13,84±10,59 dev st.<br />

t90=1,04±4,12 dev.st.<br />

I pazienti del gruppo B i seguenti parametri:<br />

AHI=42,97±21,95 dev.st. ODI=59,33±25,16<br />

dev.st. t90=20,5±23,37dev. st.<br />

I pazienti di entrambi i gruppi sono stati<br />

sottoposti a valutazione della qualità del<br />

sonno <strong>media</strong>nte intervista, sulla presenza di:<br />

russamento, pause respiratorie riferite,<br />

sonno agitato, cefalea mattutina e incubi.<br />

Tutti i pazienti di entrambi i gruppi<br />

presentavano sonnolenza diurna (Epworth<br />

medio 15,53± 2,88 dev st.).<br />

Risultati. I pazienti di entrambi i gruppi non<br />

presentavano differenze significative per<br />

quanto riguarda risvegli, sonno agitato,<br />

cefalea mattutina e pause respiratorie<br />

riferite. Invece gli incubi erano presenti nel<br />

29% dei pazienti nel gruppo A e nel 48,2% dei<br />

pazienti del gruppo B. I pazienti del gruppo B<br />

che presentavano incubi avevano i seguenti<br />

parametri: AHI=46,69±21,34 dev. st.<br />

ODI=66,61±23,87 dev.st. t90=24,64±22 dev.<br />

st.<br />

I pazienti del gruppo B che non riferivano<br />

incubi presentavano i seguenti parametri:<br />

AHI=39,5±22,2 dev.st. ODI=52,6±24,7 dev.st.<br />

t90=16,7±24,2 dev.st.<br />

La differenza tra i due sottogruppi riguardo<br />

all’ODI era statisticamente significativa<br />

(p=0,0114), mentre non lo era né per l’AHI<br />

(p=0,1418) né per il t90=(p=0,1273).<br />

Conclusioni. I pazienti affetti da UARS<br />

sembrano differire da quelli affetti da OSAS<br />

per la minor prevalenza di incubi, che<br />

appaiono correlarsi non tanto con la gravità<br />

dell’OSAS né con la presenza di insufficienza<br />

respiratoria, quanto piuttosto su una<br />

peggiore ipossia intermittente notturna.<br />

83<br />

83


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

84<br />

Case report: ischemia cerebrale in paziente giovane con fibrillazione atriale OSAS correlata.<br />

L. Picchetto 1 , P. Scavalli 2 , M. Aquilini 3 , M.<br />

Caporro 1 , F. Costalunga 2 , M. Rasura 1 , C.<br />

Buttinelli 1<br />

1 Dipartmento di NEuroscienze, Salute<br />

Mentale e Organi di Senso (NESMOS),<br />

Università di Roma "La Sapienza", Ospedale<br />

Sant’Andrea.<br />

2 Dipartimento di Pneumologia, Ospedale San<br />

Giovanni Andosilla, Civita Castellana, VT.<br />

3 Dipartimento di Pneumologia, Università di<br />

Roma "La Sapienza", Ospedale Sant’Andrea.<br />

Introduzione: Evidenze crescenti dimostrano<br />

che la Sindrome delle Apnee Ostruttive del<br />

Sonno (OSAS) è un fattore di rischio per ictus<br />

(1). Si ritiene che l’ipossia e l’elevata attività<br />

del sistema nervoso autonomo causate<br />

dall’OSA portino ad un aumento della<br />

pressione arteriosa sistemica e della<br />

pressione intracranica, ad alterazioni del<br />

flusso sanguigno, del metabolismo degli<br />

zuccheri e della coagulazione, oltre a favorire<br />

l’aterogenesi e l’insorgenza di aritmie<br />

emboligene, tra cui la fibrillazione atriale (FA)<br />

(1). Viene qui descritto il caso di un giovane<br />

paziente colpito da ictus cerebri con<br />

fibrillazione atriale correta a sindrome delle<br />

apnee ostruttive di grado severo.<br />

Decorso clinico: un uomo di 41 anni si recava<br />

al pronto soccorso per un disturbo di forza<br />

all’emisoma di destra e afasia, riscontrati al<br />

risveglio. In anamnesi patologica remota<br />

ipertensione arteriosa di grado lieve e sotto<br />

controllo farmacologico, un TIA emisferico<br />

cerebrale destro ed uno stroke<br />

vertebrobasilare; entrambi gli eventi<br />

cerebrovascolari si verificavano due anni<br />

prima quando iniziava ad assumere ASA 100<br />

mg pro die. Storia negativa per diabete,<br />

dislipidemia o cardiopatie. Durante la<br />

degenza nel reparto di medicina interna lo<br />

status neurologico del paziente migliorava,<br />

pur persistendo lieve debolezza all’emisoma<br />

di destra. Venne sottoposto a TAC cerebrale,<br />

ecocolor doppler dei vasi carotidei, esami<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

ematochimici, elettrocardiogramma,<br />

ecocardiogramma, RMN encefalo con<br />

sequenze in diffusione e angiormn dei vasi<br />

intracranici. Quest’ultima rivelava tre lesioni<br />

ischemiche in fase acuta nella regione frontotemporale<br />

sinistra, un piccolo ictus di vecchia<br />

data a carico del peduncolo cerebellare ed un<br />

quadro di encefalopatia multiinfartuale. Nulla<br />

che definisse la patogenesi dello stroke. Iniziò<br />

Clopidrogel 75 mg al giorno in sostituzione<br />

dell’aspirina. Dopo il ciclo di riabilitazione,<br />

vista anche la giovane età del paziente e il<br />

ripetersi degli episodi, vennero programmate<br />

ulteriori indagini più approfondite e<br />

finalizzate a definire la causa di tali ischemie<br />

cerebrali. Per tale motivo sono state eseguiti<br />

un ecocardiogramma trans esofageo e uno<br />

screening trombofilico e autoanticorpale,<br />

senza riscontrare nulla di rilevante. Visto il<br />

sovrappeso (BMI:31), l’eccessiva sonnolenza<br />

diurna, il russamento rumoroso e numerosi<br />

risvegli di notte durante il sonno, abbiamo<br />

consigliato un monitoraggio<br />

cardiorespiratorio notturno completo.<br />

Quest’ultimo rivelò un AHI di 38,4 con picchi<br />

di desaturazione di O2 del 75% . La durata<br />

massima delle apnee era stata di 85 secondi<br />

ed alcuni di essi erano seguiti da episodi di<br />

FA, avvenuti nelle ultime ore della notte. Un<br />

Holter cardiaco di 24 ore confermò la<br />

presenza di episodi di FA esclusivamente<br />

durante il sonno notturno. Il paziente iniziò<br />

una terapia con anticoagulanti orali e<br />

contemporaneamente una terapia con CPAP,<br />

con risoluzione del disturbo respiratorio del<br />

sonno e scomparsa degli episodi di FA. Il<br />

risultato fu confermato tramite un<br />

monitoraggio cardiorespiratorio di controllo<br />

eseguito 4 mesi più tardi e che rivelò un AHI<br />

di 2; non ulteriori eventi di ischemia<br />

cerebrale.<br />

Conclusioni: i medici dovrebbero tenere in<br />

maggiore considerazione il potenziale fattore<br />

di rischio costituito dall’OSAS nella<br />

patogenesi della fibrillazione atriale (2), come<br />

dello stroke ischemici. Il monitoraggio<br />

84


a b s t r a c t b o o k<br />

cardiorespiratorio notturno dovrebbe essere<br />

preso in considerazione nei casi di ictus<br />

criptogenico, specialmente in quelli che si<br />

manifestano di notte o al risveglio (3).<br />

Blibliografia:<br />

1- J Neurol. 2012 Jan 4. Obstructive sleep<br />

apnea linked to wake-up strokes. Hsieh SW,<br />

Lai CL, Liu CK, Hsieh CF, Hsu CY.<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

2- Circulation. 2003 May 27. Obstructive<br />

sleep apnea and the recurrence of atrial<br />

fibrillation. Kanagala R, Murali NS, Friedman<br />

PA, Ammash NM, Gersh BJ, Ballman KV,<br />

Shamsuzzaman AS, Somers VK.<br />

3- J Clin Neurophysiol. 2006 Feb 23. Why a<br />

polysomnogram should become part of the<br />

diagnostic evaluation of stroke and transient<br />

ischemic attack. Grigg-Damberger M.<br />

Effetti della CPAP sul drive ventilatorio in pazienti con Obesity Hypoventilation<br />

Syndrome (OHS)<br />

V.A.Falcone, V.N.Quaranta, A.Capozzolo,<br />

M.F.Damiano,V.N.Valerio, O.Resta<br />

Unita’ Operativa Universitaria Malattie<br />

Dell'apparato Respiratorio- Ospedale<br />

Policlinico Consorziale- Bari<br />

Introduzione: Zwillich et Al. hanno<br />

evidenziato una riduzione del drive<br />

ventilatorio durante lo stimolo ipercapnico.<br />

C-C. Lin successivamente presentava<br />

evidenze sul miglioramento del drive<br />

ventilatorio basale e durante rebreathing<br />

della CO2 in 6 pazienti OHS.<br />

Obiettivo principale del nostro studio è stato<br />

verificare gli effetti della pressione continua<br />

positiva (CPAP) dopo tre mesi sul drive<br />

respiratorio in pazienti con OHS.<br />

Materiali e metodi: è stata selezionata una<br />

popolazione di 26 soggetti affetti dalla<br />

Sindrome obesità ed ipoventilazione afferenti<br />

al nostro Centro del Sonno. Tutti i pazienti<br />

venivano sottoposti allo studio dei disturbi<br />

respiratori durante il sonno , ad una prova<br />

funzionale spirometrica globale, ad un test<br />

del cammino di 6 minuti. I pazienti<br />

eseguivano inoltre un prelievo su sangue<br />

arterioso, misure antropometriche (BMI,<br />

NECK, WAIST circumference), il test di<br />

Epworth e la valutazione della risposta del<br />

drive respiratorio basale e <strong>media</strong>nte lo<br />

stimolo ipercapnico eseguito con la tecnica<br />

del rebreathing , prima (tempo 0) e dopo tre<br />

mesi dall’inizio del trattamento col<br />

dispositivo CPAP (tempo 1) .<br />

Risultati: i dati antropometrici a distanza di<br />

tre mesi non subiscono variazioni<br />

statisticamete significative. La PCO2 del<br />

sangue arterioso migliora dopo terapia<br />

(tempo 0: 47,6±2,7; tempo 1: 44,7v±3,53;<br />

p


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

86<br />

normocapnic and hypercapnic patients with<br />

obstructive sleep apnoea syndrome”.<br />

C.W.Zwillich et Al., The American Journal of<br />

Medicine vol. 59 sept. 1975. “Decreased<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

hypoxic ventilator y drive in the Obesity<br />

Hypoventilation Syndrome.<br />

Effetti di lesioni ischemiche infratentoriali e sottotentoriali sui disturbi respiratori in sonno:<br />

valutazione polisonnografica longitudinale<br />

G. Bianco 1 , M. Caporro 1 ,M. Manconi 1 , I.<br />

Zavalko 1,2 , C. Cereda 3 , S. Fulda 1 , C. L. Bassetti<br />

1,4<br />

1 Centro di medicina del Sonno ed<br />

Epilettologia, Neurocentro della Svizzera<br />

Italiana, Ospedale Civico di Lugano, Lugano,<br />

Svizzera<br />

2 Severtsov Institute Ecology/Evolution<br />

Russian Academy of Sciences, Moscow,<br />

Russia<br />

3 Neurocentro della Svizzera Italiana,<br />

Ospedale Civico di Lugano, Svizzera<br />

4 Dipartimento di Neurologia, Ospedale<br />

Universitario, Inselspital Berna, Berna,<br />

Svizzera<br />

Obiettivi. Lesioni di natura vascolare<br />

possono determinare effetti diversi sul sonno<br />

a seconda delle strutture encefaliche<br />

coinvolte. Al momento sono pochi i lavori in<br />

letteratura che si occupano degli effetti di<br />

eventi ischemici in relazione al sito<br />

interessato. Il nostro intento è quello di<br />

paragonare, in termini di disturbi del sonno,<br />

pazienti colpiti da stroke ischemico in sede<br />

infratentoriale con quelli determinati da<br />

lesioni in sede sopratentoriale.<br />

Metodi. Abbiamo arruolato, in maniera<br />

prospettica, 14 pazienti con lesioni<br />

ischemiche infratentoriali e 14 con lesioni<br />

sopratentoriali, in campioni omogenei per<br />

età e gravità clinica all’esordio, i quali sono<br />

stati sottoposti a polisonnografia<br />

rispettivamente entro 9 giorni dall’evento<br />

acuto e a distanza di 3 mesi.<br />

Risultati. I disturbi respiratori nel sonno<br />

sono risultati prevalenti nei pazienti con<br />

lesioni infratentoriali, rispetto a quelli con<br />

lesioni sopratentoriali, in fase acuta. Tali<br />

disturbi migliorano notevolmente nel<br />

passaggio dalla fase acuta a quella subacuta<br />

dello stroke, pur rimanendo presenti in un<br />

numero elevato di soggetti. In generale, è<br />

stato riscontrato un miglioramento del<br />

sonno, nel passaggio dalla fase acuta a quella<br />

subacuta, analogo fra i due gruppi. In ultimo,<br />

il recupero clinico, a 3 mesi di distanza, si è<br />

dimostrato migliore nei pazienti con lesioni<br />

sopratentoriali, nonostante il grado di<br />

severità dello stroke fra i due gruppi fosse<br />

analogo.<br />

Conclusioni. I pazienti con lesioni ischemiche<br />

infratentoriali hanno un rischio aumentato di<br />

incorrere in disturbi respiratori in sonno ed<br />

un minor recupero rispetto a pazienti con<br />

lesioni sovratentoriali. Cio’ rafforza la<br />

necessità di interventi precoci soprattutto in<br />

questi pazienti.<br />

86


a b s t r a c t b o o k<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

Riscontro di alterazioni del ritmo cardiaco in paziente affetto da sindrome delle apnee<br />

morfeiche: il ruolo dell’onda di polso pletismografica<br />

rilievo di irregolarità della traccia foto-<br />

S. Riccardi, A. Grassi, G. Milioli, F. De Paolis, pletismografica dell’onda di polso con<br />

N. Azzi, I. Pollara, A. Abramo, L. Parrino, M.G. persistenza della già nota bradicardia<br />

Terzano<br />

sinusale (frequenza cardiaca (FC) <strong>media</strong>: 39<br />

bpm). Metodi: il paziente veniva sottoposto<br />

Centro Interdipartimentale di Medicina del ad ulteriore monitoraggio cardiorespiratorio<br />

Sonno, Clinica Neurologica, Ospedale di controllo dotato di traccia ECG. Risultati: la<br />

Maggiore di Parma.<br />

traccia ECGrafica mostrava ritmo sinusale<br />

alternato a fasi di blocco atrio-ventricolare di<br />

Obiettivi: valutare l’utilità del segnale foto- secondo grado tipo Mobiz I e II, con FC <strong>media</strong><br />

pletismografico nella detezione di alterazioni 39 bpm, già presente in veglia con<br />

del ritmo cardiaco in corso di monitoraggio accentuazione in sonno notturno, senza<br />

cardiorespiratorio completo in paziente chiara correlazione con gli eventi respiratori<br />

affetto da sindrome delle apnee morfeiche. in sonno. Discussione e Conclusioni: In studi<br />

Materiali: riportiamo il caso di un paziente recenti è stato dimostrato che l’onda di polso<br />

maschio, di 61 anni, affetto da sindrome delle pletismografica rappresenta uno strumento<br />

apnee morfeiche di entità medio-grave a efficace per lo studio indiretto dell’attività<br />

modulazione posizionale (indice di apnee e nervosa simpatica, al pari del PAT (Peripheral<br />

iponea (AHI): 31 fasi/ora, indice di Arterial Tonometry) e del PTT(Pulse Transit<br />

desaturazione ossiemoglobinica (ODI): 22 Time PTT). La possibilità di derivare tale<br />

fasi/ora, AHI in posizione supina: 47 segnale dalla semplice applicazione di un<br />

fasi/ora), già indagato in ambito cardiologico pulsossimetro e l’elevata affidabilità in<br />

per ritmo sinusale tendenzialmente termini di corrispondenza con l’attività<br />

bradicardico, in assenza di aritmie simpatica ne fanno uno strumento di grande<br />

clinicamente rilevanti. Dopo primo tentativo interesse nella pratica clinica. Un<br />

terapeutico con CPAP, fallito per mancata approfondimento in ambito cardiologico<br />

compliance, il paziente veniva posto in andrebbe pertanto preso in considerazione in<br />

terapia posizionale con dispositivo anti- presenza di alterazioni della traccia fotosnoring.<br />

Si ripeteva monitoraggio pletismografica.<br />

cardiorespiratorio completo a distanza di 1 Bibliografia<br />

mese, con riscontro di buon controllo degli Grote L, Zou D, Kraiczi H, Hedner J. Finger<br />

eventi respiratori in sonno (AHI residuo: 5 plethysmography. A method for monitoring<br />

fasi/ora, ODI: 0.5 fasi/ora). Collateralmente, finger<br />

blood flow during sleep disordered reactivity to cold stress using digital volume<br />

breathing. Respir Physiol Neurobiol pulse characteristics in health and diabetes. J<br />

2003;136:141-52.<br />

Jaryal AK, Selvaraj N, Santhosh J, Anand S,<br />

Deepak KK. Monitoring of cardiovascular<br />

Clin Monit Comput 2009;23:123-30.<br />

87<br />

87


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

88<br />

Valutazione dei dati polisonnografici di pazienti ipertesi che sviluppano osas.<br />

R D’Ippolito 1 , R Melej 1 , N Azzi 2 , M Burlone 1 ,<br />

M Riccardi 1 , A Abramo 2 , I Pollara 2<br />

1 Dipartimento Cardio-Nefro-Polmonare,<br />

U.O. Di Fisiopatologia Respiratoria Azienda<br />

Ospedaliero-Universitaria Di Parma<br />

2 Centro Di Medicina Del Sonno, Azienda<br />

Ospedaliero-Universitaria Di Parma.<br />

Numerosi studi epidemiologici hanno<br />

dimostrato l’associazione tra la sindrome<br />

ostruttiva delle apnee notturne (Osas) e<br />

l’ipertensione arteriosa, tanto che possiamo<br />

considerare l’Osas come un importante causa<br />

d’Ipertensione. Infatti, i pazienti con indice di<br />

Apnea (AHI) maggiore di 15/ora hanno<br />

significative probabilità di sviluppare<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

ipertensione entro 4 anni dalla diagnosi di<br />

OSAS. Scopo dello studio è stato valutare i<br />

parametri della polisonnografia di pazienti<br />

ipertesi che hanno sviluppato Osas. Sono<br />

stati per questo analizzati in modo<br />

retrospettivo i dati polisonnografici di<br />

pazienti afferenti presso il Centro del Sonno<br />

del nostro Ospedale dal 2008. I pazienti<br />

affetti da solo Osas ed i pazienti ipertesi da<br />

almeno 8 anni da quando hanno sviluppato<br />

Osas con AHI > 15 sono stati inclusi nello<br />

studio. Sono stati selezionati 22 (5f) pazienti<br />

Osas con età <strong>media</strong> (± DS) di 51 (11) anni e 28<br />

(6f) pazienti ipertesi con Osas di 59 (11) anni<br />

(p=0.03). Di seguito i dati (<strong>media</strong> ± DS)<br />

polisonnografici:<br />

BMI Desaturazioni Apnee Sat.minima FC sonnolenza CPAP<br />

(ODI,n/h) % (AHI,n/h) % Batt/min (Epworth) cmH20<br />

Osas 33±6 47±21 50±19 86±5 68±9 10±4 10±2<br />

IP+Osas 32±5 41±19 46±19 88±4 63±8 10±6 12±3<br />

t-test ns ns ns Ns ns ns p=0.021<br />

Dal confronto dei dati polisonnografici dei<br />

due gruppi risulta che i pazienti ipertesi che<br />

sviluppano Osas affinché riducano le apnee<br />

(AHI) a meno di 10/h necessitano di pressioni<br />

continue (CPAP) significativamente più alte<br />

rispetto ai pazienti con solo Osas. Non ci sono<br />

differenze significative per il numero di<br />

desaturazioni, per l’indice d'apnea, per i<br />

valori medi di desaturazioni minime, per la<br />

frequenza cardiaca, e per la sonnolenza<br />

diurna. In conclusione mentre la presenza di<br />

Osas può far sviluppare valori elevati di<br />

pressione arteriosa, la presenza d'<br />

ipertensione non peggiora i valori<br />

polisonnografici dell’Osas, anche se necessita<br />

di valori significativi più elevati di CPAP.<br />

Nuove osservazioni sono necessarie per<br />

poter spiegare il motivo di queste differenze<br />

pressorie.<br />

Lavie P, Hoffstein V. Sleep apnea sindrome: a<br />

possibly contributing factor to resistant<br />

hypertension. Sleep, 24, 771-725,2001<br />

Wolk R, ASM Shamsuzzaman, Vk Somers:<br />

Obesity, Sleep Apnea, and Hypertension.<br />

Hypertension, 42,1067-1074, 2003<br />

Gottlieb DJ, Redline S, Nieto FJ et al:<br />

Association of usual sleep duration with<br />

hypertension: the Sleep Heart Health Study.<br />

Sleep, 29, 1009-1014,2006<br />

S Kapa, FHS Kuniyoshi, Vk Somers: Sleep<br />

Apnea and Hypertension:Interaction and<br />

implication for management.<br />

L Lozano, JL Tovar, G Sampol et al:<br />

Continuous positive airway pressure<br />

treatment in sleep apnea patients with<br />

resistant hypertension: a randomized,<br />

controlled trial. Journal of Hypertension, 28,<br />

2161-2168, 2010<br />

88


a b s t r a c t b o o k<br />

Osas e funzioni esecutive in età evolutiva: il ruolo dell’ipossiemia notturna<br />

M. Esposito, F. Precenzano, L. Antinolfi, A. Di<br />

Dona, L. Castaldo, A. Montesanto, M.<br />

Carotenuto<br />

Ambulatorio Specialistico per i Disturbi del<br />

sonno ed Enuresi Notturna in età evolutiva<br />

Cattedra di Neuropsichiatria Infantile<br />

Dipartimento di Psichiatria, Neuropsichiatria<br />

Infantile, Audiofoniatria,<br />

Dermatovenereologia<br />

Seconda Università degli Studi di Napoli<br />

Obiettivi: Scopo del presente studio è<br />

valutare l’influenza dei disordini respiratori<br />

del sonno sulle funzioni esecutive in una<br />

popolazione di soggetti in età scolare.<br />

Materiali e Metodi: Sono stati arruolati 59<br />

bambini (38 M) in età scolare (età <strong>media</strong><br />

9.839 ± 1.844), afferiti presso l’Ambulatorio<br />

per i Disturbi del sonno ed enuresi notturna<br />

della Seconda Università degli Studi di Napoli,<br />

affetti da Sindrome delle apnee ostruttive in<br />

sonno (OSAS) diagnosticata con esame<br />

polisonnografico, secondo i criteri diagnostici<br />

proposti ICSD-2. Per le comparazioni è stato<br />

utilizzato un gruppo di controllo composto da<br />

74 bambini (43 M) sani (età <strong>media</strong> 9.664 ±<br />

1.748) arruolati presso le scuole della<br />

Regione Campania. Tutti i soggetti sono stati<br />

sottoposti ad esame delle funzioni esecutive<br />

<strong>media</strong>nte Modified Card Sorting Test (MCST)<br />

secondo la correzione di Cianchetti [1] ed<br />

esame polisonnografico.<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

Risultati: i soggetti con OSAS presentano una<br />

prestazione significativamente peggiore al<br />

MCST rispetto ai soggetti di controllo<br />

(p≤0.001); dall’esame delle correlazioni tra i<br />

parametri respiratori e le prestazioni al MCST<br />

eseguite su tutto il campione in esame, le<br />

differenze prestazionali risultano correlate in<br />

maniera significativa (p≤0.001) con i valori di<br />

tutti gli indici respiratori calcolati nel corso<br />

del sonno (AHI, ODI, Saturazione <strong>media</strong> di O2,<br />

Desaturazione <strong>media</strong>). Discussione e<br />

Conclusioni: Negli anni sono stati condotti<br />

diversi studi sulla prestazione cognitiva e<br />

sugli aspetti neuropsicologici dell’OSAS,<br />

riservando poca attenzione allo studio delle<br />

funzioni esecutive dei pazienti affetti in età<br />

evolutiva. I risultati del presente studio<br />

suggeriscono anche per l’età evolutiva<br />

l’ipotesi che il deficit di funzionamento<br />

esecutivo possa essere legato primariamente<br />

al grado di severità dell’ipossiemia notturna<br />

più che alla sonnolenza diurna, sebbene<br />

numerosi altri studi su popolazioni più ampie<br />

siano necessari.<br />

Bibliografia:<br />

1. Cianchetti C, Corona S, Foscoliano M,<br />

et al Modified Wisconsin Card Sorting<br />

Test (MCST, MWCST): Normative Data<br />

in Children 4–13 Years Old, According<br />

to Classical and New Types of Scoring,<br />

The Clinical Neuropsychologist,<br />

2007;21:3, 456-478<br />

Apnea del sonno e sintomi depressivi in età evolutiva: uno studio caso-controllo<br />

M. Esposito, F. Precenzano, T. Messana, F. Di<br />

Pasquale, M.A. Faraldo, R. Santalucia,<br />

M.Carotenuto<br />

Ambulatorio Specialistico per i Disturbi del<br />

sonno ed Enuresi Notturna in età evolutiva<br />

Cattedra di Neuropsichiatria Infantile<br />

Dipartimento di Psichiatria, Neuropsichiatria<br />

Infantile, Audiofoniatria,<br />

Dermatovenereologia<br />

Seconda Università degli Studi di Napoli<br />

Obiettivi: obiettivo di questo studio è<br />

esaminare la relazione tra Disturbi<br />

Respiratori in sonno (SRBD) e sintomi<br />

depressivi in una popolazione di bambini in<br />

età scolare.<br />

Materiali e Metodi: la popolazione<br />

esaminata è composta da 94 bambini affetti<br />

da SRBD e 107 bambini di controllo non<br />

89<br />

89


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

90<br />

affetti da SRBD. Tutta la popolazione è stata<br />

sottoposta a PSG respiratoria notturna per<br />

l’identificazione di SRBD e alla versione<br />

italiana del Children Depression Inventory<br />

(CDI) test per rilevare la presenza di sintomi<br />

depressivi. Risultati: I soggetti affetti da SRBD<br />

mostrano valori <strong>media</strong>mente più alti al CDI<br />

rispetto ai soggetti non affetti da SRBD (21,94<br />

± 8,07 vs 17,59 ± 3,87; p< 0,001), ed una<br />

relazione significativamente positiva tra i<br />

punteggi al CDI e i valori di AHI (r= .4246<br />

p 4.2.<br />

Discussione e conclusioni: è noto che l’SRBD<br />

potrebbe avere un ruolo nello sviluppo di<br />

sintomatologia depressiva in età adulta[1-3],<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

anche se i meccanismi patogenetici restano<br />

poco chiari; i risultati del presente studio<br />

suggeriscono l’importanza della valutazione<br />

degli aspetti legati all’umore nei soggetti<br />

affetti da SRBD anche in età evolutiva.<br />

Bibliografia:<br />

1. Hattori M, Kitajima T, Mekata T,<br />

Kanamori A, Imamura M, Sakakibara<br />

H, Kayukawa Y, Okada T, Iwata N. Risk<br />

factors for obstructive sleep apnea<br />

syndrome screening in mood<br />

disorder patients. Psychiatry Clin<br />

Neurosci. 2009 Jun;63(3):385-91<br />

2. Koutsourelakis I, Perraki E, Economou<br />

NT, Dimitrokalli P, Vagiakis E, Roussos<br />

C, Zakynthinos S. Predictors of<br />

residual sleepiness in adequately<br />

treated obstructive sleep apnoea<br />

patients. Eur Respir J. 2009<br />

Sep;34(3):687-93<br />

3. Saunamäki T, Jehkonen M. Depression<br />

and anxiety in obstructive sleep apnea<br />

syndrome: a review. Acta Neurol<br />

Scand. 2007 Nov;116(5):277-88<br />

90


a b s t r a c t b o o k<br />

VIDEO SIMPOSIO PEDIATRICO<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

CASI PEDIATRICI CON PARASONNIE, EPILESSIA, CATAPLESSIA O ALTRE MANIFESTAZIONI<br />

COMPORTAMENTALI ANOMALE LEGATE AL SONNO<br />

F. PISANI – G. CANTALUPO<br />

Manifestazioni parossistiche in età neonatale<br />

Le convulsioni neonatali (CN) sono un<br />

sintomo frequente di patologia neurologica<br />

acuta e la loro incidenza varia dallo 0.8% -<br />

1.4%, nei neonati a termine, fino al 25% nei<br />

pretermine. Le eziologie più frequenti di<br />

danno cerebrale acuto nel periodo perinatale<br />

sono l’encefalopatia ipossico-ischemica nel<br />

neonato a termine e le emorragie cerebrali<br />

nei neonati pretermine, spesso gravate da<br />

importanti sequele neurologiche come<br />

paralisi cerebrale, ritardo mentale, e in circa<br />

il 15 -50% dei pazienti, da epilessia. Ci sono<br />

significative evidenze che le CN possono<br />

aggravare il danno cerebrale che le sottende<br />

con conseguenze prognostiche negative.<br />

Inoltre, studi sperimentali su animali<br />

F. BISULLI – L. NOBILI<br />

Parasonnie<br />

Le parasonnie sono disturbi parafisiologici del<br />

sonno che frequentemente esordiscono in<br />

età pediatrica e che nella maggior parte dei<br />

casi si risolvono spontaneamente durante lo<br />

sviluppo. Tuttavia questi disturbi del sonno<br />

possono entrare in diagnosi differenziale con<br />

l’ Epilessia Frontale Notturna (EFN) (Scheffer<br />

et al., 1994; Scheffer et al., 1995). Le crisi<br />

dell’EFN infatti possono avere una<br />

semeiologia bizzarra, con vocalizzazioni,<br />

automatismi gestuali e deambulatori<br />

complessi, a fronte di accertamenti<br />

neuroradiologici e neurofisiologici essere<br />

spesso completamente normali. Tutto ciò<br />

porta a frequenti errori diagnostici e queste<br />

crisi spesso vengono interpretate come<br />

fenomeni di natura psicogena (pseudocrisi) o<br />

mostrano che il sistema nervoso centrale in<br />

epoca neonatale sia più suscettibile allo<br />

sviluppo di crisi epilettiche sintomatiche e,<br />

purtroppo, in tale epoca non esistono<br />

farmaci antiepilettici efficaci e sicuri.<br />

L’unico strumento diagnostico di cui si<br />

dispone è l’esame Videoelettroencefalografico<br />

(EEG), il quale non è<br />

sempre disponibile nelle unità di<br />

Neonatologia e comunque richiede tempi di<br />

esecuzione prolungati e personale<br />

specializzato per la sua interpretazione.<br />

Appare quindi importante riconoscerle subito<br />

avendo ben presenti i principali aspetti<br />

clinico-semiologici delle manifestazioni<br />

parossistiche convulsive in epoca neonatale.<br />

di natura parasonnica. D’altra parte alcune<br />

parasonnie possono esprimersi in modo<br />

violento tanto da essere confuse con crisi<br />

frontali notturne (es Rem Behaviour<br />

Disorder) o presentarsi all’esordio con una<br />

frequenza degli episodi plurinotturna. Gli<br />

errori nella diagnosi differenziale di questi<br />

episodi possono avere importanti ricadute sul<br />

paziente che potrebbe invece beneficiare di<br />

una terapia appropriata. Attualmente non<br />

esistono criteri clinici per la diagnosi di EFN,<br />

neppure nell’ultima versione della ICSD<br />

(ICSD-II) (Tinuper et al. 2007), mentre i criteri<br />

disponibili per molti fenomeni motori<br />

notturni non sono riproducibili (Vignatelli et<br />

al., 2005). Il gold standard per la diagnosi<br />

differenziale nei casi dubbi rimane la video-<br />

91<br />

91


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

92<br />

polisonnografia (VPSG), esame costoso e non<br />

sempre facilmente accessibile. Inoltre è<br />

possibile che durante la registrazione in<br />

condizioni artificiali come quelle del<br />

laboratorio il paziente non presenti gli<br />

episodi abituali oppure presenti<br />

esclusivamente fenomeni minori (es arousal<br />

parossitici) per i quali il giudizio diagnostico<br />

finale non è riproducibile, essendo scarsa la<br />

concordanza interosservatore (Vignatelli et<br />

al., 2007).<br />

Infine il problema della diagnosi differenziale<br />

tra parasonnie e EFN è ulteriormente<br />

O. BRUNI<br />

Insonnia<br />

In età evolutiva, una delle definizione di<br />

insonnia è la presenza per tre o più notti a<br />

settimana, per almeno tre settimane, di uno<br />

dei seguenti sintomi: 1) latenza del sonno di<br />

almeno 45 minuti, 2) risvegli notturni con<br />

almeno 30 minuti per riaddormentarsi, 3)<br />

risvegli precoci. Nella maggior parte dei casi<br />

l’insonnia è l’espressione di un’alterazione<br />

dei processi fisiologici piuttosto che di una<br />

vera e propria patologia. La base<br />

eziopatogenetica è rappresentata dalle<br />

interazioni di variabili fisiologiche, genetiche<br />

e comportamentali, in cui importanza<br />

rilevante hanno i fattori genitoriali<br />

(comportamenti errati dei genitori<br />

all’addormentamento e durante i risvegli,<br />

modalità di alimentazione, cosleeping, ecc.).<br />

L’International Classification of Sleep<br />

Disorders (ICSD-2, 2005), definisce l’insonnia<br />

comportamentale infantile (Behavioral<br />

Insomnia of Childhood) come una difficoltà<br />

ad iniziare e/o mantenere il sonno la cui<br />

eziologia è ascrivibile a comportamenti errati<br />

appresi dal bambino e riconosce due tipi di<br />

insonnia:<br />

Disturbo di inizio del sonno per associazione<br />

si verifica quando l’addormentamento è<br />

impossibile se non in presenza di certi oggetti<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

complicato dalla possibile coesistenza di<br />

questi due fenomeni motori del sonno nello<br />

stesso individuo o nei vari membri. Tra tutte<br />

le parasonnie si è visto che sono quelle<br />

dell’arousal ad essere più frequenti nei<br />

pazienti affetti da EFN e nei loro familiari<br />

rispetto ai soggetti di controllo (Bisulli et al.,<br />

2010). Tale dato suggerisce che le parasonnie<br />

e l’EFN potrebbero essere due condizioni che<br />

sottendono un meccanismo patogenetico<br />

comune rappresentato da un disturbo<br />

dell’arousal.<br />

o circostanze (per es. la presenza di un<br />

genitore, l’uso del biberon). Il disturbo è<br />

molto frequente nei b. al di sotto di 1 anno e<br />

tende a scomparire intorno ai 3-4 anni. I b.<br />

hanno risvegli normali, ma sono incapaci a<br />

riaddormentarsi da soli se non vengono<br />

ripristinate le condizioni iniziali<br />

dell’addormentamento.<br />

Disturbo da inadeguata definizione del limite<br />

si verifica quando vi è una difficoltà da parte<br />

dei genitori nello stabilire e far rispettare<br />

alcune regole per il momento<br />

dell’addormentamento, con conseguente<br />

rifiuto da parte del bambino di andare a letto<br />

a un orario determinato o di rimanerci per<br />

tutta la notte. Il disturbo caratteristico<br />

dell’età pre-scolare. Il sonno è ridotto di<br />

almeno 1-2 ore con 3-5 episodi notturni di<br />

rifiuto, richiamo o uscita dalla stanza. Una<br />

volta iniziato il sonno è normale.<br />

Solo nel 20% dei casi l’insonnia riconosce<br />

cause organiche ed in alcune patologie<br />

l’alterazione del sonno rappresenta, a volte,<br />

uno dei sintomi più evidenti (reflusso<br />

gastroesofageo, otite, allergie, ecc.). La<br />

prevalenza del disturbo varia con l’età: nei<br />

primi due anni è circa 20-30% e dai 3 anni in<br />

poi rimane costante intorno al 15%.<br />

92


a b s t r a c t b o o k<br />

CORSO MEDICI DI BASE<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

MEDICI DI BASE E SPECIALISTI INCONTRANO ESPERTI DEL SONNO SUI PROBLEMI DELLA<br />

MEDICINA DEL SONNO NELLA PRATICA CLINICA QUOTIDIANA<br />

M.C SPAGGIARI<br />

Fisiologia del sonno (con accenno ai disturbi del ritmo e ai problemi di sonnolenza alla guida e<br />

sul lavoro)<br />

La Medicina del Sonno è una disciplina che si<br />

occupa della fisiologia e delle patologie della<br />

vigilanza, nei suoi 2 aspetti di sonno e di<br />

veglia. Il sonno è un processo biologico che<br />

segue un ritmo circadiano endogeno, che<br />

viene regolato dal nucleo soprachiasmatico<br />

dell’ipotalamo (orologio endogeno) il quale<br />

regola anche i ritmi di altre funzioni<br />

biologiche, quali ad es le variazioni circadiane<br />

della temperatura interna e le diverse<br />

secrezioni ormonali, coordinandoli tra loro. In<br />

particolare la temperatura corporea è tra i<br />

diversi ritmi circadiani quella che più sembra<br />

influenzare l’alternanza sonno-veglia: oscilla<br />

infatti nelle 24 ore con un ritmo che prevede<br />

una discesa nelle ore serali e notturne (e<br />

questo favorisce l’inizio del sonno) e una<br />

risalita che inizia nelle prime ore del mattino<br />

(e questo favorisce il successivo risveglio).<br />

Esistono poi fattori esogeni che influenzano il<br />

ritmo sonno-veglia e contribuiscono a<br />

mantenerne la circadianità, primo fra tutti<br />

l’alternanza luce-buio. Risulta da ciò la<br />

tendenza comune a dormire nelle ore<br />

notturne e a restare svegli e attivi lungo la<br />

giornata. Esistono però molti soggetti nei<br />

quali il ritmo endogeno si presenta anticipato<br />

o al contrario ritardato rispetto a quelli che<br />

sono gli orari comunemente accettati per<br />

l’alternanza sonno-veglia (cronotipo<br />

mattutino o serotino): quanto più è<br />

importante questo fenomeno tanto maggiore<br />

sarà il disagio del soggetto nell’adeguarsi agli<br />

orari tradizionali, fino ad arrivare a vere<br />

condizioni patologiche. I cosiddetti disturbi<br />

del ritmo circadiano rappresentano una<br />

buona percentuale delle patologie del sonno<br />

e possono essere sia di origine endogena sia<br />

di origine esogena (come ad esempio la<br />

Sindrome del Turnista). La comparsa del<br />

sonno è influenzata però, oltre che dagli<br />

aspetti circadiani, anche da meccanismi di<br />

regolazione omeostatica per cui maggiore è<br />

la durata della veglia precedente più<br />

importante sarà la propensione al sonno. I<br />

meccanismi omeostatici e circadiani si<br />

integrano e, in condizioni fisiologiche,<br />

contribuiscono insieme a determinare il<br />

normale ritmo sonno-veglia. La durata <strong>media</strong><br />

del sonno fisiologico di un adulto sano è di<br />

circa 7-8 ore. Ma va ricordata l’importante<br />

variabilità interindividuale, per cui esistono<br />

soggetti (i cosiddetti “brevi dormitori”) che<br />

hanno bisogno di meno ore di sonno per<br />

ottenere un buon riposo fisiologico (5 ore o<br />

meno) così come esiste la condizione<br />

speculare di “lungo dormitore” in quei<br />

soggetti che necessitano di un sonno di lunga<br />

durata (almeno 10 ore) per sentirsi riposati<br />

ed efficienti lungo la giornata. Il<br />

riconoscimento dell’ipnotipo (breve, normale<br />

o lungo dormitore) è fondamentale nella<br />

valutazione di un paziente che lamenta<br />

disturbi di vigilanza e consente di evitare<br />

false diagnosi e relative terapie inopportune.<br />

Vengono classicamente distinti due tipi di<br />

sonno (1):il sonno non-REM, costituito a sua<br />

volta da 4 stadi di diversa profondità (stadi 1,<br />

2, 3 e 4) caratterizzati da una<br />

sincronizzazione del tracciato EEG<br />

progressiva che si accompagna ad una<br />

sempre maggiore profondità del sonno (gli<br />

stadi 3 e 4 sono denominati “sonno<br />

profondo”);<br />

il sonno REM, caratterizzato da un tracciato<br />

EEG desincronizzato, molto simile a quello<br />

della veglia, e dalla presenza di atonia<br />

muscolare e di movimenti oculari rapidi<br />

93<br />

93


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

94<br />

(Rapid Eye Movements, da cui l’acronimo)<br />

oltre che di una certa anarchia delle funzioni<br />

vegetative, cardiovascolari e respiratorie. La<br />

comparsa di REM e non-REM nell’arco della<br />

notte non è casuale. In condizioni<br />

fisiologiche, l’adulto sano si addormenta<br />

sempre in sonno non-REM, che si<br />

approfondisce via via in stadi di sempre<br />

maggiore sincronizzazione e che viene<br />

interrotto ogni 90 minuti circa da un episodio<br />

di sonno REM di durata variabile, delineando<br />

così l’organizzazione macrostrutturale in cicli.<br />

Il sonno profondo compare per lo più nella<br />

prima metà del sonno mentre la maggior<br />

parte del sonno REM prevale nella seconda<br />

parte della notte. Il sonno presenta inoltre<br />

un’organizzazione anche di tipo<br />

microstrutturale: esistono periodi di sonno<br />

caratterizzati da fluttuazioni cicliche del<br />

livello di vigilanza, denominate Cyclic<br />

Alternating Pattern (CAP), identificate da<br />

modificazioni EEG e dei parametri vegetativi,<br />

e che si alternano a periodi di sonno più<br />

stabile o non-CAP (2). La percentuale di CAP<br />

rispetto alla durata del sonno (CAP rate) ne<br />

indica la stabilità e quindi l’efficienza: più il<br />

valore del CAP rate aumenta rispetto ai valori<br />

fisiologici peggiore è la qualità del sonno e<br />

più facilmente il soggetto presenterà astenia<br />

o sonnolenza diurne. Il valore del CAP rate è<br />

quindi indice della qualità ristorativa del<br />

sonno. Anche se è ormai ampiamente noto<br />

quanto un sonno di durata ottimale e di<br />

buona qualità sia essenziale per porre le basi<br />

di un buon livello di veglia e di performance<br />

cognitive, l’attenzione dedicata attualmente<br />

al riposo e al diritto al sonno è molto scarsa a<br />

qualunque età. Assai diffusa quindi è la<br />

condizione di cronica deprivazione di sonno,<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

che si può instaurare per motivi molto diversi<br />

(orari di lavoro, attività ludiche e sociali,<br />

disturbi fisici o ambientali, patologie del<br />

sonno intrinseche), che può dipendere sia da<br />

una riduzione quantitativa sia da un<br />

peggioramento qualitativo del sonno, ma<br />

che nei diversi soggetti conduce a<br />

conseguenze molto simili.<br />

Studi recenti dimostrano come una<br />

deprivazione di sonno cronica porti ad una<br />

serie di alterazioni biologiche a carico<br />

soprattutto degli equilibri endocrinometabolici,<br />

con impatto sullo stato di salute<br />

generale (3), ma anche ad una riduzione delle<br />

performance cognitive (soprattutto della<br />

concentrazione, dell’attenzione e della<br />

memoria a breve termine): tali conseguenze<br />

possono avere ricadute di estremo rilievo a<br />

livello di salute pubblica, di sicurezza<br />

stradale (sonnolenza e colpi di sonno alla<br />

guida) e di salute nel mondo del lavoro (basti<br />

pensare alle problematiche connesse al<br />

lavoro a turni o alla difficile questione delle<br />

idoneità per mansioni particolari in caso di<br />

presenza di alterazioni della vigilanza).<br />

Bibliografia<br />

Rechtschaffen A., Kales A. A manual of<br />

standardized terminology, techniques and<br />

scoring system for sleep stages of human<br />

subjects. Los Angeles: BIS/BRI, UCLA, 1968<br />

Terzano MG, Parrino L, Spaggiari MC. The<br />

cyclic alternating pattern sequences in the<br />

dynamic organization of sleep.<br />

Electroencephalogr Clin Neurophysiol. 1988;<br />

69: 437-447.<br />

Van Cauter E. Sleep and the epidemic of<br />

obesity in children and adults. Eur J<br />

Endocrinol. 2008; 159 suppl 1: S59-66.<br />

94


a b s t r a c t b o o k<br />

A. CICOLIN<br />

Insonnie<br />

Con il termine di insonnia si deve intendere la<br />

sensazione puramente soggettiva di un<br />

sonno insufficiente o poco ristoratore,<br />

incapace di recuperare le energie necessarie<br />

per lo svolgimento delle attività diurne.<br />

Sul piano eziopatogenetico di distinguono<br />

insonnie primarie ed insonnie secondarie.<br />

Queste ultime risultano principalmente relate<br />

ad eventi ambientali, condizioni fisiche<br />

(dolore, affezioni mediche) e disturbi mentali<br />

(principalmente disturbi d’ ansia e dell’<br />

umore, ma anche malattie neurologiche).<br />

L’insonnia, globalmente intesa, è il più<br />

frequente fra i disturbi del sonno poiché, se si<br />

considerano anche le forme transitorie,<br />

E. BONANNI<br />

Terapie delle insonnie (farmaci e cbt)<br />

Il trattamento farmacologico va infatti<br />

inserito in un quadro terapeutico più ampio,<br />

nel quale siano sottolineate altresì le<br />

modalità per assicurare una corretta igiene<br />

del sonno oltre al trattamento delle<br />

comorbidità. I farmaci ipnoinducenti (BDZ e<br />

non BDZ) rappresentano la classe di gran<br />

lunga più utilizzata per il trattamento dei<br />

disturbi del sonno. Un ipnotico ideale – oltre<br />

all’efficacia persistente - deve possedere<br />

caratteristiche di buona tollerabilità sia nei<br />

giovani che negli anziani, assenza di<br />

alterazione della performance diurna, nessun<br />

effetto negativo sulla memoria e sulle altre<br />

funzioni cognitive, essere privo di fenomeni<br />

di rimbalzo a seguito della sospensione del<br />

trattamento, e non indurre tolleranza<br />

all’effetto terapeutico, nè dipendenza. I<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

interessa una percentuale superiore al 40%<br />

della popolazione generale, con una<br />

prevalenza nettamente più elevata nelle<br />

fasce di età più avanzata e nel sesso<br />

femminile.<br />

Solo nel 10% dei soggetti però il problema<br />

diviene cronico e necessita di terapia<br />

(farmacologica o comportamentale). I<br />

farmaci attualmente più utilizzati nel<br />

trattamento sintomatico delle insonnie sono i<br />

composti benzodiazepinici e nonbenzodiazepinici,<br />

oppure alcuni<br />

antidepressivi inibitori del reuptake della<br />

serotonina o triciclici.<br />

farmaci ipnoinducenti attualmente<br />

disponibili, se utilizzati in modo corretto,<br />

soddisfano alcune di queste caratteristiche, e<br />

pertanto assicurano una idonea efficacia<br />

associata a buona tollerabilità e sicurezza<br />

d’impiego. Accanto a farmaci ipnoinducenti,<br />

vengono comunemente utilizzati altre classi<br />

di farmaci (antidepressivi, antiistaminici)<br />

mentre nuove tipologie di sostanze (agonisti<br />

dei recettori melatoninergici, antagonisti dei<br />

recettori dell’orexina) sono in corso di<br />

sperimentazione. Possono essere indicate<br />

anche tecniche che mirano ad affrontare<br />

l’insieme dei fattori cognitivi e<br />

comportamentali alla base dell’insonnia<br />

cronica.<br />

95<br />

95


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

96<br />

M. BOSI<br />

Osas e sue terapie<br />

La sindrome delle apnee ostruttive nel sonno<br />

(OSA) ha un’alta prevalenza nella<br />

popolazione generale (4% dei maschi e 2 %<br />

delle femmine nella popolazione adulta ) ed è<br />

gravata da un’alta percentuale di sintomi e<br />

conseguenze: eccessiva sonnolenza diurna ,<br />

deficit neurocognitivi , ridotta qualità di vita ,<br />

incrementato rischio di incidenti<br />

stradali/lavorativi/domestici, incrementata<br />

morbilità cardiovascolare e mortalità<br />

cardiaca (, aumento dei costi sanitari e<br />

sociali.<br />

La patogenesi dell’OSA è multifattoriale :<br />

intervengono infatti fattori generali ( età,<br />

sesso, razza, assetto ormonale ) , fattori<br />

antropometrici ed anatomici-malformativi<br />

delle vie aeree superiori , alterazioni in<br />

sonno dei meccanismi di compenso dei<br />

muscoli delle vie aeree superiori e dei<br />

meccanismi di controllo della ventilazione nel<br />

sonno, alterazioni nella soglia dell’arousal .<br />

Sono state da tempo definite con chiarezza le<br />

configurazioni cliniche che devono accendere<br />

il sospetto di OSA sulla base di segni ( BMI ,<br />

diametro del collo, malformazioni/dimorfismi<br />

facciali ) e sintomi clinici (russamento ,<br />

apnee riferite , eccesso di sonnolenza diurna ,<br />

risvegli notturni in gasping). Parimenti sono<br />

state definite dalla letteratura le condizioni<br />

cliniche che piu’ frequentemente si associano<br />

all’OSA .<br />

Il ventaglio delle possibilità terapeutiche è in<br />

linea generale in grado di fornire una<br />

risposta efficace ad ogni livello di gravità<br />

poligrafica e clinica di OSA , spaziando da<br />

opzioni terapeutiche mediche ( terapia<br />

comportamentale , terapia posizionale<br />

obbligata nel sonno , oral appliance ,<br />

dispositivi a pressione positiva nelle vie aeree<br />

superiori ) a opzioni chirurgiche (chirurgia<br />

delle VAS chirurgia maxillo-facciale , chirurgia<br />

bariatrica , che generalmente trovano<br />

indicazione nel caso di fallimento o rifiuto<br />

delle terapie mediche) .<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

La sindrome delle apnee ostruttive nel sonno<br />

(OSA) ha un’alta prevalenza nella<br />

popolazione generale (4% dei maschi e 2 %<br />

delle femmine nella popolazione adulta ) ed è<br />

gravata da un’alta percentuale di sintomi e<br />

conseguenze: eccessiva sonnolenza diurna ,<br />

deficit neurocognitivi , ridotta qualità di vita ,<br />

incrementato rischio di incidenti<br />

stradali/lavorativi/domestici, incrementata<br />

morbilità cardiovascolare e mortalità<br />

cardiaca (, aumento dei costi sanitari e<br />

sociali.<br />

La patogenesi dell’OSA è multifattoriale :<br />

intervengono infatti fattori generali ( età,<br />

sesso, razza, assetto ormonale ) , fattori<br />

antropometrici ed anatomici-malformativi<br />

delle vie aeree superiori , alterazioni in<br />

sonno dei meccanismi di compenso dei<br />

muscoli delle vie aeree superiori e dei<br />

meccanismi di controllo della ventilazione nel<br />

sonno, alterazioni nella soglia dell’arousal .<br />

Sono state da tempo definite con chiarezza le<br />

configurazioni cliniche che devono accendere<br />

il sospetto di OSA sulla base di segni ( BMI ,<br />

diametro del collo, malformazioni/dimorfismi<br />

facciali ) e sintomi clinici ( russamento ,<br />

apnee riferite , eccesso di sonnolenza diurna ,<br />

risvegli notturni in gasping).Parimenti sono<br />

state definite dalla letteratura le condizioni<br />

cliniche che piu’ frequentemente si associano<br />

all’OSA .<br />

Il ventaglio delle possibilità terapeutiche è in<br />

linea generale in grado di fornire una<br />

risposta efficace ad ogni livello di gravità<br />

poligrafica e clinica di OSA , spaziando da<br />

opzioni terapeutiche mediche ( terapia<br />

comportamentale , terapia posizionale<br />

obbligata nel sonno, oral appliance,<br />

dispositivi a pressione positiva nelle vie aeree<br />

superiori ) a opzioni chirurgiche ( chirurgia<br />

delle VAS chirurgia maxillo-facciale , chirurgia<br />

bariatrica , che generalmente trovano<br />

indicazione nel caso di fallimento o rifiuto<br />

delle terapie mediche).<br />

96


a b s t r a c t b o o k<br />

S. FRASSINETI<br />

Terapia chirurgica di russa mento ed apnee<br />

Le procedure chirurgiche impiegate in ronco<br />

chirurgia sono deputate a: by-passare<br />

l’ostruzione , ridurre le resistenze dei siti<br />

coinvolti, ablare e/o ridurre il tessuto delle<br />

vie aeree ostruite, irrigidire soprattutto il<br />

tessuto oro-ipofaringeo esuberante; inoltre<br />

sospendere con suture o pretensionare i<br />

muscoli interessati.<br />

Tutto ciò con una chirurgia nasale sotto<br />

forma di settoplastica con o senza<br />

turbinoplastica inferiore, quest’ultima anche<br />

in anestesia locale con pinza bipolare o con<br />

tecnica di radiofrequenza (RFVR), e/o<br />

chirurgia dei seni paranasali.<br />

La chirurgia orofaringea propone ablazione o<br />

riduzione volumetrica delle tonsille palatine,<br />

il rimodellamento o irrigidimento del palato<br />

molle con uvulopalatofaringoplastica o<br />

faringoplastica laterale, in anestesia generale<br />

F. PROVINI<br />

Le ipersonnie e loro terapie<br />

L’eccessiva sonnolenza diurna e’ uno dei<br />

disturbi del sonno di maggior riscontro nella<br />

pratica clinica quotidiana, interessando circa<br />

il 20% della popolazione. Le persone affette<br />

da eccessiva sonnolenza diurna presentano<br />

piu’ frequentemente incidenti alla guida e sul<br />

lavoro e, in generale, riferiscono una ridotta<br />

qualita’ di vita rispetto alla popolazione<br />

generale.<br />

Le cause piu’ frequenti di eccessiva<br />

sonnolenza diurna sono: la privazione di<br />

sonno, la sindrome delle apnee ostruttive nel<br />

sonno e l’utilizzo di farmaci che agiscono sul<br />

sistema nervoso centrale (antistaminici,<br />

benzodiazepine a lunga durata d’azione,<br />

antidepressivi sedativi, antipertensivi, alfa2agonisti,<br />

anticonvulsivanti e antipsicotici). Tra<br />

le sostanze d’abuso, l’alcool ha un<br />

importante effetto sedativo come pure la<br />

marijuana.<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

o anche con tecnica conservativa con RFVR in<br />

anestesia locale.<br />

Nel distretto ipofaringeo si interviene con la<br />

sospensione ioidea, trattando così<br />

l’ostruzione causata dalla parete laterale, o<br />

con l’asportazione di tonsille linguali con<br />

tecnica Robotica, oppure ancora di riduzione<br />

volumetrica di queste ultime con RFVR.<br />

Tali tecniche si possono eseguire<br />

singolarmente o contemporaneamente su<br />

più siti (fase I di Stanford), sia in anestesia<br />

locale che generale.<br />

Qualora tale chirurgia di fase I dovesse non<br />

essere risolutiva si può procedere, rimanendo<br />

sempre in campo chirurgico, ad una fase II<br />

(avanzamento bimascellare, o chirurgia<br />

Robotica).<br />

La sonnolenza diurna puo’ essere<br />

secondaria a molte condizioni mediche, come<br />

traumi cranici, ictus, tumori, malattie<br />

infiammatorie, patologie neurodegenerative<br />

o psichiatriche, in particolare la depressione.<br />

Anche altri disturbi del sonno, come la<br />

presenza di apnee ostruttive durante il sonno<br />

e le alterazioni del ritmo circadiano, possono<br />

manifestarsi con una sonnolenza diurna in<br />

primo piano.<br />

L’eccessiva sonnolenza diurna, infine, puo’<br />

essere dovuta ad un’ipersonnia primaria di<br />

origine centrale. La narcolessia e’ la piu’<br />

frequente ipersonnia primaria; interessa lo<br />

0.02%-0.18 % della popolazione e spesso e’<br />

sotto- diagnosticata. Accanto ad attacchi<br />

improvvisi ed irresistibili di sonno REM<br />

durante la veglia, i pazienti narcolettici<br />

possono presentare attacchi cataplettici,<br />

(improvvise e transitorie perdite del tono<br />

97<br />

97


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

98<br />

muscolare scatenate dall’emozione), paralisi<br />

nel sonno e allucinazioni ipnagogiche. Forme<br />

meno comuni di ipersonnia primaria sono:<br />

l’ipersonnia idiopatica, (caratterizzata da<br />

addormentamenti non ristoratori e marcata<br />

inertia al risveglio del mattino), di cui se ne<br />

distinguono due forme, con e senza lungo<br />

periodo di sonno notturno, e l’ipersonnia<br />

ricorrente, di cui la piu’ nota e’ la sindrome di<br />

Kleine- Levin. Questa rara forma di<br />

ipersonnia, che interessa soprattutto i maschi<br />

adolescenti, associa, ad episodi di sonnolenza<br />

della durata di giorni, disturbi<br />

comportamentali quali iperfagia ed<br />

ipersessualita’.<br />

Un’attenta raccolta anamnestica, l’esame<br />

obiettivo neurologico, l’utilizzo di questionari<br />

ed esami laboratoristici consentono di<br />

giungere ad una diagnosi specifica,<br />

R. SILVESTRI<br />

Medicina di genere e accenno ai disturbi del sonno in pediatria<br />

Il genere influenza tanto la prevalenza<br />

quanto le caratteristiche dei disturbi del<br />

sonno. In particolare la costellazione<br />

ormonale della donna ed i vari periodi della<br />

sua vita riproduttiva interagiscono in larga<br />

misura con le alterazioni del sonno. Durante<br />

il ciclo riproduttivo in particolare il<br />

progesterone svolge un ruolo<br />

ansiolitico/sedativo ed accentua il driving<br />

respiratorio in sonno, mentre gli estrogeni<br />

migliorano le capacità cognitive e di vigilanza<br />

e hanno un effetto antidepressivo<br />

modulando il sonno REM. L’insonnia è un<br />

disturbo maggiormente declinato al<br />

femminile con prevalenza di genere così<br />

come per il disturbo dell’umore e l’ansia. La<br />

gravidanza ma anche e soprattutto la<br />

menopausa ne accentuano o precipitano i<br />

sintomi, con o senza le tipiche vampate di<br />

calore. La sindrome delle gambe senza riposo<br />

(RLS) ha una prevalenza almeno doppia nel<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

necessaria per impostare un trattamento<br />

adeguato.<br />

Il trattamento terapeutico sara’ volto alla<br />

cura delle cause dell’eccessiva sonnolenza:<br />

dalla correzione di eventuali abitudini<br />

sbagliate, al trattamento ventilatorio con<br />

CPAP, nel caso di sindrome delle apnee<br />

ostruttive nel sonno.<br />

Il modafinil e’ un farmaco di provata efficacia<br />

per trattare la sonnolenza dei pazienti<br />

narcolettici, ma non dei pazienti affetti da<br />

ipersonnia idiopatica. Il sodio oxibato e’ un<br />

trattamento efficace per la cataplessia e la<br />

marcata frammentazione del sonno notturno<br />

dei pazienti narcolettici. Gli antidepressivi<br />

triciclici, gli SSRI e la venlafaxina sono il<br />

trattamento di scelta per gli attacchi<br />

cataplettici.<br />

sesso femminile con picchi in gravidanza,<br />

specie nel 3° trimestre ed in menopausa. La<br />

familiarità è maggiore nelle donne e l’anemia<br />

sideropenia cha a sua volta si accentua<br />

durante il ciclo ed in gravidanza, nonché le<br />

tireopatie, influenzano negativamente sul<br />

disturbo. Al contrario la sindrome delle<br />

apnee morfeiche ha una netta predominanza<br />

maschile ma può verificarsi nelle donne in età<br />

fertile solo se gravemente obesa o in<br />

gravidanza, specie se complicata da gestosi,<br />

con rischio di outcome fetale negativo,<br />

mentre è di più frequente insorgenza in<br />

menopausa, cessato l’effetto di protezione<br />

ormonale che condiziona, tra l’altro, la<br />

distribuzione del grasso. Non solo la donna<br />

affetta da OSAS è più spesso depressa,<br />

insonne, diabetica e la qualità della vita<br />

risulta più compromessa dalla malattia<br />

malgrado una migliore aderenza alla terapia.<br />

98


a b s t r a c t b o o k<br />

CORSO DI TECNICI DI NEUROFISIOPATOLOGIA<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

G. MILIOLI<br />

Organizzazione macro e microstrutturale del sonno: dalla fisiologia alle applicazioni cliniche<br />

Il sonno è un fenomeno biologico necessario<br />

a tutti gli esseri viventi; l’uomo trascorre circa<br />

un terzo della sua vita dormendo. Il ritmo<br />

sonno-veglia è regolato dall'interazione tra<br />

tre processi: il processo circadiano che<br />

sovrintende alla distribuzione temporale<br />

della veglia e del sonno, con la<br />

determinazione di finestre permissive di<br />

maggior propensione all’uno o all’altro stato;<br />

il processo omeostatico che condiziona<br />

l’intensità del sonno notturno, correlando il<br />

bisogno di dormire alla durata dello stato di<br />

veglia precedente, ed il processo ultradiano<br />

che regola l’alternarsi ciclico nel corso della<br />

notte tra sonno NREM (sonno senza<br />

movimenti oculari rapidi, “Non Rapid Eye<br />

Movement”) e REM (sonno con movimenti<br />

oculari rapidi, “Rapid Eye Movement”).<br />

L’interazione dei tre processi oltre a regolare<br />

il ciclo sonno-veglia fa si che il sonno si<br />

sviluppi seguendo uno schema ordinato e<br />

ripetibile in cui il soggetto passa dalla fase di<br />

veglia quieta a quella di sonno NREM, il quale<br />

dopo essersi progressivamente approfondito<br />

lascia spazio al primo periodo di sonno REM;<br />

NREM e REM si alternano, per 5-6 volte nel<br />

corso della notte, ogni 90 minuti circa.<br />

Nel 2007 l’ American Academy of Sleep<br />

Medicine ha introdotto nuovi criteri di<br />

definizione degli stadi del sonno che pur<br />

mantenendo inalterata la distinzione tra<br />

sonno NREM e REM, già codificata nei<br />

precedenti criteri di Rechtschaffen e Kales del<br />

1968, modificano la struttura interna del<br />

NREM cancellando la suddivisione del sonno<br />

profondo in due stadi (S3+S4). La fusione<br />

degli stadi 3 e 4 in un unico stadio N3<br />

contrasta con lo sviluppo notturno del<br />

processo omeostatico, che vede un rapporto<br />

direttamente proporzionale tra la<br />

propensione al sonno accumulata durante la<br />

veglia e la profondità del sonno, rendendo<br />

così meno evidente la funzione ristoratrice<br />

del sonno profondo e la sua relazione diretta<br />

con le attività di veglia.<br />

Accanto all’organizzazione macro-strutturale,<br />

il sonno mostra anche una sua particolare<br />

impalcatura micro-strutturale, identificata da<br />

Terzano e Coll. e definita Cyclic Alternating<br />

Pattern (CAP). All’interno dei singoli periodi<br />

di sonno, infatti, si verificano delle oscillazioni<br />

cicliche del livello di vigilanza, dell'attività<br />

vegetativa e del tono muscolare che vanno<br />

appunto a costituire il CAP. Questo pattern<br />

alternante ciclico, identificato quindi da<br />

modificazioni del tracciato EEG e dei<br />

parametri vegetativi presenta un'alternanza<br />

di due diverse fasi: la fase A (a sua volta<br />

suddivisibile in tre sotto-fasi: A1, A2 e A3),<br />

che è una fase di attivazione, e la fase B, una<br />

fase di inibizione e ripristino dei precedenti<br />

parametri vegetativi e del tracciato EEG. Tali<br />

fluttuazioni si alternano a periodi di sonno<br />

più stabile definiti come non-CAP. La<br />

composizione o microstruttura del sonno,<br />

con una percentuale più o meno elevata di<br />

periodi CAP (CAP rate), ha una notevole<br />

rilevanza pratica, poiché indica la stabilità, e<br />

quindi l’efficienza e la buona qualità del<br />

sonno nel suo complesso.<br />

Valori alterati di CAP rate sono stati ritrovati<br />

nella maggior parte delle patologie del<br />

sonno, ma anche nel contesto di<br />

numerosissime patologie internistiche, le<br />

quali provocano incisive ripercussioni sia sulla<br />

quantità che sulla qualità del sonno notturno.<br />

La relazione tra CAP e patologia è biunivoca:<br />

se da un lato un determinato disturbo<br />

presenta un impatto più o meno forte sulla<br />

microstruttura del sonno, è anche vero che la<br />

stessa organizzazione del CAP si può rendere<br />

responsabile del plasmarsi di quel disturbo. Il<br />

forte potere attrattivo del CAP nei confronti<br />

di determinate patologie deriva<br />

principalmente dalle caratteristiche di<br />

attivazione della fase A.<br />

99<br />

99


XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />

100<br />

P. CORTELLI – G. BARLETTA<br />

Sleep and autonomic nervous system<br />

The autonomic nervous system (ANS),<br />

through its complex central and peripheral<br />

circuits, controls vital involuntary functions of<br />

the body, such as circulation, respiration,<br />

thermoregulation, neuroendocrine secretion,<br />

gastrointestinal and genitourinary functions.<br />

The autonomic nervous system (ANS) and<br />

sleep are closely related along anatomical,<br />

physiological and neurochemical lines. In the<br />

past, it was commonly assumed that<br />

autonomic regulation remained unchanged<br />

across behavioral states; the concept of a<br />

state-dependent regulation of the ANS has<br />

been addressed only recently. A major<br />

confirmation of this link between ANS and<br />

sleep is the demonstration of dynamic and<br />

synchronous fluctuations in sleep phases and<br />

autonomic functions. Sleep and the ANS are,<br />

in fact, interdependent on each other by<br />

virtue of common controls, neurobiological<br />

substrates and functions. It is important, for<br />

example, to emphasize that changes in state<br />

during sleep are coordinated principally by<br />

the pons, basal forebrain areas and other<br />

subcortical structures, and the main<br />

neurotransmitters involved are<br />

a b s t r a c t b o o k<br />

noradrenaline (norepinephrine), serotonin<br />

and acetylcholine. The same neuronal<br />

populations that produce and distribute<br />

these neurotransmitters constitute the<br />

central representation of the sympathetic<br />

and parasympathetic nervous systems. The<br />

central autonomic network (CAN), through its<br />

ascending and descending connections<br />

between the hypothalamic-limbic region and<br />

the nucleus tractus solitarii (NTS) in the<br />

medulla, orchestrates the sympathetic and<br />

parasympathetic divisions of the ANS . Sleeppromoting<br />

neurons, which are scattered in<br />

the vicinity of CAN and its connections<br />

(e.g. preoptic–anterior hypothalamic (POAH)<br />

region and NTS) along with cholinergic ‘REMon’<br />

and catecholaminergic ‘REM-off’ cells in<br />

the ponto– mesencephalic junction and pons,<br />

control non-rapid eye movement (NREM) and<br />

rapid eye movement (REM) sleep cycles.<br />

Sleep induces profound changes in the<br />

functions of the ANS, and disorders of the<br />

ANS adversely affect vital functions during<br />

sleep, including circulation and respiration.<br />

R. DRIGO<br />

I dispositivi di ventilazione a pressione positiva nel trattamento delle apnee notturne<br />

La terapia più im<strong>media</strong>ta ed efficace da<br />

proporre ad un paziente con sindrome delle<br />

apnee nel sonno è la terapia ventilatoria. Tale<br />

terapia nella maggior parte dei casi è<br />

rappresentata dall'utilizzo di un dispositivo<br />

per l'erogazione di una pressione positiva<br />

continua nelle vie aeree (CPAP).<br />

La CPAP trova indicazione nel paziente con<br />

un indice di apnea/ipopnea > 15 , anche se<br />

asintomatico, e nei pazienti con AHI > 5 se<br />

sintomatici.<br />

L'efficacia della CPAP dipende dalla<br />

compliance del paziente e da una corretta<br />

prescrizione della pressione terapeutica. La<br />

pressione terapeutica tradizionalmente nel<br />

mondo anglosassone veniva<br />

identificata cercando di definire<br />

durante polisonnografia assistita il livello<br />

pressorio che permetteva di correggere del<br />

tutto gli eventi respiratori (titolazione della<br />

CPAP). Negli ultimi 10 anni si sono sempre<br />

più affermate strategie di titolazione basate<br />

sull'impiego delle autoCPAP, dispositivi che<br />

attraverso sofisticati algoritmi cercano di<br />

definire automaticamante la pressione<br />

terapeutica. Le modalità di esecuzione della<br />

100


a b s t r a c t b o o k<br />

titolazione assistita tradizionale e dell'utilizzo<br />

della autoCPAP sono oggetto di specifiche<br />

linee guida nazionali e internazionali.<br />

Per quanto nelle linee guida siano descritte in<br />

dettaglio le modalità di titolazione, molti<br />

aspetti di questo processo sono ancora molto<br />

"artigianali".<br />

La relazione si focalizza su due problemi<br />

particolari della titolazione, riguardo ai quali<br />

non esiste un approccio codificato. Il primo<br />

riguarda le problematiche relative alla scelta<br />

“per una medicina del sonno sostenibile”<br />

dell'interfaccia, in particolare la scelta tra una<br />

interfaccia nasale o oronasale. Le perdite<br />

orali e la possibilità che la tipologia della<br />

maschera influenzi la pressione terapeutica<br />

sono argomenti pratici che spesso ci mettono<br />

in difficoltà. Il secondo riguarda il paziente<br />

con plurimorbidità (BPCO, obesità, OSA) in<br />

cui non è chiaro come debba avvenire la<br />

titolazione e quali presidi terapeutici vadano<br />

impiegati.<br />

M. BOSI<br />

Lo scoring degli eventi respiratori in corso di ventilazione meccanica non invasiva<br />

La ventilazione meccanica domiciliare non<br />

invasiva (NIV) trova indicazione nei casi piu’<br />

gravi di insufficienza respiratoria cronica da<br />

malattie del polmone/gabbia toracica<br />

/neuromuscolari ed in casi selezionati di<br />

OSA. Poichè viene generalmente applicata<br />

esclusivamente o quasi esclusivamente nel<br />

sonno è necessario verificare sia la sua<br />

efficacia nella correzione del disturbo<br />

respiratorio sia l’esistenza di una accettabile<br />

condizione di sincronismo pazienteventilatore<br />

. I segnali minimi per eseguire<br />

queste verifiche sono :<br />

-pressione in maschera (trasduttore di<br />

pressione )<br />

-flusso aereo (pneumotacografo)<br />

-sforzo toraco-addominale (sensore<br />

piezoelettrico ma meglio se con RIP )<br />

-segnale pulso-ossimetrico<br />

Con questi segnali è possibile tipizzare gli<br />

eventi in sonno in corso di NIV secondo una<br />

precisa semeiotica poligrafica:<br />

- eventi desaturativi da perdite aeree<br />

- eventi ostruttivi a carico delle vie<br />

aeree superiori<br />

- eventi centrali a glottide aperta , a<br />

glottide chiusa , misti<br />

Con questi stessi segnali è possibile<br />

documentare anche gli asincronismi<br />

paziente-ventilatore , i piu’ frequenti dei<br />

quali sono rappresentati dagli sforzi<br />

inefficaci e dagli asincronismi del trigger<br />

espiratorio (hung up).<br />

Il rilievo di questi eventi , quando<br />

eccessivamente numerosi e/o sintomatici ,<br />

consente una mirata e razionale correzione<br />

del setteggio del ventilatore.<br />

101<br />

101

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!