CONGRESSO NAZIONALE - Avenue media
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Associazione Italiana<br />
di Medicina del Sonno<br />
Università<br />
di Parma<br />
XXii aims<br />
congresso<br />
nazionale<br />
associazione italiana di medicina del sonno<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
parma, 21 - 24 ottobre 2012<br />
Centro Congressi - Camera di Commercio<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
evento<br />
accreditato<br />
ecm<br />
a cura di: Liborio Parrino, Giulia Milioli, andrea Grassi,<br />
Silvia riccardi, Mario Giovanni terzano
a b s t r a c t b o o k<br />
INDICE<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
Introduzione Pag 2<br />
Il sonno nella Storia della Medicina Pag 3<br />
Letture Magistrali Pag 4<br />
Simposi Pag 8<br />
Giovani Ricercatori Pag 27<br />
Comunicazioni Orali Pag 40<br />
Video Simposio Pediatrico Pag 91<br />
Corso Medici di Base Pag 93<br />
Corso Tecnici di Neurofisiopatologia Pag 99<br />
1<br />
1
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
2<br />
INTRODUZIONE<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
In un periodo storico di profonda depressione finanziaria e incertezza sul futuro, organizzare un congresso nazionale di<br />
medicina è stata una scommessa impegnativa. Non solo per la limitata disponibilità di risorse economiche ma soprattutto<br />
per la necessità di rivedere profondamente il concetto stesso di salute e di servizio sanitario. Se nei secoli scorsi la salute era<br />
giustamente considerata un diritto (peraltro riconosciutodalla stessa Costituzione Italiana) preservare il benessere proprio e<br />
della collettività è diventatoun dovere. Se un tempo si moriva di fame e di stenti oggi si può morire per troppo cibo e<br />
ingiustificato disprezzo dei ritmi biologici naturali. Stili di vita inadeguati, abitudini alimentari scorrette, assunzione di<br />
sostanze voluttuarie, sedentarietà e scarsa attenzione al riposo diventano comportamenti intollerabili per una società che<br />
fatica a trovare le risorse per curare i cittadini in modo equo e solidale.<br />
Il rispetto del ritmo sonno-veglia può diventare un crocevia importante per migliorare la qualità della vita ma anche per<br />
prevenire conseguenze cliniche pesanti (ipertensione, diabete, infarto miocardico, ictus cerebrale). La ritrovata centralità del<br />
sonno come garante della salute obbliga a rivedere radicalmentenel suo complesso anche la medicina ufficiale, considerata<br />
finora una questione della veglia e del giorno,mai del sonno e della notte.<br />
In quest’ottica nasce il XXII Congresso AIMS del 2012 che si è tenuto a Parma dal 21 al 24 ottobre pressola Camera<br />
di Commercio in Via Verdi. Con l’obiettivo di offrire un’equilibrata miscela di avanguardia e di divulgazione nell’ottica<br />
di una medicina del sonno sostenibile.<br />
Oltre alle letture magistrali affidate a protagonisti eminenti di levatura mondiale, sessioni speciali sono state dedicate ai<br />
medici di base e specialisti del territorio per far conoscere più da vicino la medicina del sonno. Oltre alle insonnie e alle<br />
ipersonnie si è discusso sull’uso razionale dei farmaci ipnotici nell’ambito delle patologie psichiatriche. Un’attenzione<br />
particolare è stata dedicata al ruolo della melatonina e della fototerapia nei meccanismi del ritmo sonno-veglia. Di<br />
conseguenza non è mancato ampio spazio alla medicina del lavoro (in particolare alle conseguenze del turnismo) e alle<br />
idoneità per la patente di guida.<br />
Di grande attualità è stato il dibattito sul ruolo delle assicurazioni, mentre le prospettive di outsourcing delle prestazioni<br />
sanitarie (nel delicato rapporto tra pubblico e privato) sono state affrontate in base ai modelli organizzativi territoriali<br />
della medicina del sonno.<br />
Un’intera mattinata è stata dedicata alle parasonnie in ambito pediatrico e ampio spazio è stato concesso alla ricerca di<br />
base con due sessioni affidate ai giovani ricercatori che rappresentano i giganti del domani.<br />
Infine, un pomeriggio intero è stato focalizzato sulla sindrome delle apnee ostruttive nel sonno che ha visto una forte<br />
integrazione tra pneumologi, neurologi, cardiologi, ipertensivologi, internisti, odontoiatri e chirurghi. Per la prima volta si<br />
sono discusse anche le prospettive di management del paziente con ictus di recente insorgenza <strong>media</strong>nte l’applicazione di<br />
dispositivi ventilatori a pressione positiva.<br />
Infine l’inedito accompagnamento musicale delle sessioni scientifiche ha regalato momenti di emozione e di stupore.<br />
Un grande affresco dipinto in stile multidisciplinare con tutte le sessioni previste in seduta plenaria<br />
che ha consentito ai partecipanti di conoscere da vicino i vari colori del sonno. Grazie all’apporto di tutti i partecipanti,<br />
crediamo che questo Congresso abbia confermato la forte originalità della Scuola italiana di Medicina del Sonno e offerto<br />
spunti innovativi per i futuri appuntamenti scientifici e congressuali.<br />
Il Presidente del Congresso<br />
Prof. Liborio Parrino<br />
2
a b s t r a c t b o o k<br />
Il sonno nella storia e nella medicina<br />
R. Virdis. Parma<br />
L’uomo dorme circa un terzo della sua vita e<br />
un tempo, quando la durata <strong>media</strong> della vita<br />
stessa superava di poco i 20 o 30 anni, il<br />
sonno ne occupava quasi la metà. Questa<br />
premessa può aiutare a far capire<br />
l’importanza sociale, politica e culturale, oltre<br />
che fisiologica, del sonno e quanto esso,<br />
direttamente o indirettamente tramite i suoi<br />
disturbi e il sogno, abbia influenzato la storia<br />
dell’umanità. Durante la notte, periodo del<br />
giorno da dedicare al sonno, funzione<br />
indispensabile per l’uomo per riprendersi<br />
dalle fatiche della vita, per rigenerarsi, si è<br />
sospesa da sempre ogni attività: la caccia e la<br />
ricerca di cibo degli uomini primitivi e degli<br />
animali, il lavoro, la vita sociale e le stesse<br />
guerre. Gli agguati notturni ed ancor più gli<br />
assalti al nemico nel sonno erano considerati<br />
vili e disonorevoli: al massimo si poteva<br />
rubare qualche ora al sonno per il<br />
divertimento, per gli incontri con gli amici, i<br />
banchetti ed infine i piaceri sessuali, ma nelle<br />
ore del sonno non si concludevano affari<br />
importanti, trattati economici o politici,<br />
alleanze politiche e militari che, invece,<br />
dovevano essere fatte “alla luce del sole”,<br />
mentre al contrario i tradimenti, i patti fra<br />
ladri e assassini erano collegati alla notte. La<br />
mancanza forzata del sonno per cose vitali<br />
quali la veglia della sentinella, i pochi lavori<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
notturni importanti per la società civile<br />
(panettieri, guardiani civili e militari) che<br />
costringevano a rimandare il sonno ed a<br />
vegliare nel buio della notte erano vissuti con<br />
sofferenza e l’aurora (cioè la luce, il giorno, la<br />
vita) erano agognati. Il salmista affermando<br />
che “attende il Signore più che la sentinella<br />
l’aurora” esprimeva un desiderio immenso e<br />
quasi paragonava l’assenza di Dio all’assenza<br />
del sonno.<br />
Il XX secolo ha visto l’affermazione di un<br />
nuovo settore della medicina, quello del<br />
sonno, e l’importanza negativa sull’uomo e<br />
sulla società civile dei suoi disturbi, ma già il<br />
secolo precedente aveva tolto dalla<br />
superstizione, dalla magia e dalle credenze<br />
popolari l’attenzione ad un suo particolare<br />
aspetto: il sogno. L’interpretazione<br />
psicoanalitica dello stesso, lo studio della<br />
psiche umana anche attraverso la parte attiva<br />
del sonno come può essere inteso il sogno,<br />
ha influenzato tutto il secolo appena<br />
terminato come più di tante altre filosofie,<br />
quasi come il progresso tecnico e scientifico<br />
che lo ha caratterizzato e distinto dai tempi<br />
precedenti. Detto tutto ciò possiamo<br />
affermare che ci affascina non solo il ruolo<br />
del “sonno nella storia” ma anche la “storia<br />
del sonno e della sua medicina”.<br />
3<br />
3
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
4<br />
P. HALASZ<br />
Epilepsy and sleep microstructure<br />
NREM generally activates epileptic interictal<br />
discharges within NREM phasic slow wave<br />
activity is linked with epileptiform<br />
phenomena (KC, slow waves, CAP A1<br />
subtype).<br />
Phasic slow waves are embedded into<br />
dynamic regulation of NREM. There is a<br />
positive relationship between reactive slow<br />
waves and epileptic events. This is associated<br />
with the instant homeostatic role of CAP.<br />
Epileptic phenomena signalizes distintive<br />
sleep traits in different epilepsies.<br />
LETTURE MAGISTRALI<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
Going deeper in microstructure the
a b s t r a c t b o o k<br />
G. LAVIGNE<br />
Sleep bruxism and pain syndromes<br />
Sleep bruxism: Eight percent of the adult<br />
population grinds their teeth during sleep.<br />
The causes of sleep bruxism (SB) are<br />
unknown. SB is preceded by a rise in heart<br />
rate, blood pressure and with big respiratory<br />
breaths in a significant number of events,<br />
suggesting a strong participation of the<br />
autonomic nervous system in its genesis.<br />
Then, SB may be secondary to brief,<br />
recurrent (3–10 sec, repeated 10–14 times<br />
per hour of sleep) sleep arousals<br />
characterized by autonomic (cardiac and<br />
respiratory) and brain activations. SB is<br />
more prevalent in arousal phase of the Cyclic<br />
Alternating Pattern, the phase A3. Stress<br />
remains a putative factor: it may trigger<br />
physiological activity increasing the<br />
probability of SB generation. Some familial<br />
history can be positive and only one gene<br />
candidate has been suggested, replication is<br />
not done yet.<br />
Early detection of SB causes in children<br />
includes history of tooth grinding, snoring,<br />
attention disrupted behaviour, and an oralpharyngeal<br />
examination. In adult, tooth<br />
grinding reports, jaw pain and headaches are<br />
signs and symptoms to be noted. Only<br />
persistent SB cases with movement or<br />
breathing or chronic pain disorders may need<br />
a sleep laboratory investigation.<br />
Sleep and pain: It is known that a sleeping<br />
brain poorly discriminates pains. An intense<br />
stimulus (nociceptive) during sleep will<br />
trigger arousal to awakening, including a fight<br />
or flight reaction, in all sleep stages. This only<br />
occur if pain last long enough to be process<br />
by a sleeping brain.<br />
Chronic pain, according to various surveys, is<br />
reported by 11to 30% of the adult<br />
population. Complains about poor sleep<br />
quality (e.g., un-refreshing sleep) is made by<br />
50 to 70% of them. Poor sleep is a common<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
complaint is musculoskeletal pain. Insomnia,<br />
sleep apnea-hypopnea and periodic limb<br />
movements and mood alteration are<br />
frequently concomitant; they need to be<br />
included in the differential diagnosis.<br />
Morning Headache is also reported in<br />
association with SB and with sleep apnea;<br />
causes are debated (e.g., poor breathing with<br />
low oxygenation-hypoxia, rise in CO2hypercapnia).<br />
A circular relationship is suggested between a<br />
poor night’s sleep and more pain the<br />
following day, and between too much pain<br />
during the day and a poor night’s sleep. This<br />
simple relationship may be due to mood<br />
alteration, stress-related changes in the HPA<br />
axis, genetic predisposition, and other risk<br />
factors.<br />
In terms of management, clinicians need to:<br />
1) exclude co-morbidities such as<br />
insomnia, periodic limb movements,<br />
and sleep disorder breathing or<br />
neurological disorder (epilepsy, RBD)<br />
and mood disorders;<br />
2) identify if any pain result from<br />
bruxism, these can include temporal<br />
headache (tension type),<br />
temporomandibular pain, cervical<br />
pain and in some cases widespread<br />
pain (fibromyalgia);<br />
3) implement strategies to promote<br />
stable or continuous sleep as part of<br />
regular good sleep practices.<br />
4) Clinicians could also work<br />
5<br />
5
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
6<br />
jointly with psychologists to correct<br />
certain beliefs and misunderstandings<br />
about pain and sleep.<br />
5) offer alternatives, including<br />
medication (short-term sleep aids or<br />
non opioid analgesic up to<br />
antidepressive or antiepileptic),<br />
biofeedback (muscle relaxation and<br />
habit reversal), occlusal splints (to<br />
protect teeth from grinding damage),<br />
or mandibular advancement<br />
appliances (for impaired sleep<br />
breathing or morning pain) or CPAP is<br />
hypopnea-apnea.<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
Funding:<br />
Research from GL supported by Canadian<br />
agencies: CIHR, CFI, the Canada Research<br />
Chair program, and Quebec’s FRQ, in addition<br />
to Surgery-trauma R Denis and Emergency<br />
Unit funds, Hôpital Sacré-Coeur de Montréal.<br />
Conflict of interest:<br />
In the last 24 months, GL was a speaker or<br />
consultant for Pfizer, Canada; UCB Belgium;<br />
and Medotech- Grindcare Denmark.<br />
Oral appliances (such as Silencer and<br />
Klearway from British Columbia, Canada, and<br />
Narval-ORM, ResMed) were provided<br />
without any influence on data analysis,<br />
interpretation, or publication.<br />
6
a b s t r a c t b o o k<br />
JM MONTSERRAT, D NAVAJAS, R. FARRÉ<br />
Sleep Apnea. From the bench to the bediside. Old and new consequences<br />
Obstructive sleep apnea (OSA) is a prevalent<br />
entity secondary to increased upper airway<br />
collapsibility that results in repetitive upper<br />
airway obstruction (apneas or hypopneas).<br />
The major consequences of OSA include<br />
daytime somnolence and fatigue, reduced<br />
quality of life and also mid-term and longterm<br />
morbidity. However, the exact<br />
mechanisms determining its origin are not<br />
well understood.<br />
Similarly, although the association between<br />
OSA and various morbidities has been<br />
demonstrated in patient studies, neither the<br />
causality nor the underlying mechanism have<br />
been clarified, for many reasons – one of the<br />
most important probably being associated<br />
comorbidity such as obesity, diabetes, lack of<br />
exercise, insomnia, insufficient daily sleep<br />
time and hypertension. These introduce<br />
confounding factors that make the study of<br />
cause-effect mechanisms particularly<br />
tortuous.<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
In this context, animal studies using models<br />
of OSA provide valuable information that can<br />
further our understanding of the<br />
pathophysiological mechanisms and explain<br />
certain aspects of the origins, as well as the<br />
consequences, of this syndrome. In this<br />
presentation this subject matter will be<br />
discussed by considering two examples. One,<br />
the classic described consequences of OSA:<br />
i.e. cardiovascular consequences; the other,<br />
the relationship between apnea and cancer,<br />
which represents a brand new topic.<br />
Furthermore, CPAP treatment for OSA is not<br />
always easy. There are different types of<br />
devices, both fixed-CPAP and automatic<br />
CPAP, all with different characteristics, which<br />
sometimes makes treatment more difficult.<br />
Bench studies are essential to a better<br />
understanding of these devices. To<br />
summarize, better basic knowledge means<br />
better management of OSA patients.<br />
7<br />
7
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
8<br />
SIMPOSI<br />
LO PSICHIATRA E I DISTURBI DEL SONNO:<br />
PER UN USO PIU’ RAZIONALE DI IPNOTICI, ANSIOLITICI, ANTIDEPRESSIVI E NEUROLETTICI<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
C. MENCACCI – G. VENTRIGLIA<br />
I disturbi del Sonno: interpretare i numeri da un’indagine osservazionale sul territorio alla<br />
pratica specialistica<br />
L’insonnia, in una delle sue molteplici<br />
manifestazioni, rappresenta senza alcun<br />
dubbio uno dei più comuni disturbi riferiti al<br />
medico. Nel tempo sono state proposte<br />
numerose classificazioni dei disturbi del<br />
sonno. Esse, certamente molto utili per fini di<br />
ricerca, si sono rivelate poco applicabili nella<br />
comune pratica clinica, per cui se ne propone<br />
una semplificazione che riteniamo possa<br />
rispondere al problema di scegliere<br />
l’approccio terapeutico più adatto al paziente<br />
in causa. I relatori presentano inoltre i<br />
risultati di una ricerca effettuata nell’ambito<br />
della medicina generale sulla base di un<br />
Questionario che è stato compilato e<br />
condiviso durante un evento formativo<br />
rivolto a medici di famiglia ed a specialisti.<br />
L’analisi delle 2886 raccolte mostra dati<br />
molto interessanti ed apre uno scenario di<br />
utili considerazioni sul mondo dei pazienti,<br />
uomini e donne, che con elevata prevalenza<br />
hanno dichiarato di avere difficoltà ad<br />
addormentarsi (64%), che hanno frequenti<br />
risvegli del sonno (52 %), che presentano un<br />
risveglio unico con incapacità a riprendere<br />
sonno (45%) e che in qualche modo al<br />
risveglio “non si sentono bene” (78%).<br />
MELATONINA, SUOI AGONISTI E LUCE BRILLANTE: VECCHIE E NUOVE NICCHIE TERAPEUTICHE.<br />
M. ZUCCONI<br />
Melatonina e suoi agonisti: esiste un effetto ipnotico?<br />
La Melatonina (MLT), prodotta dalla<br />
ghiandola pineale durante la notte ha un<br />
effetto promuovente il sonno, attraverso<br />
l’effetto sul nucleo soprachiasmatico<br />
dell’ipotalamo. La MLT tende a diminuire con<br />
l’età ma quello che spesso si modifica è la<br />
risposta recettoriale alle dosi di MLT sia<br />
endogena che esogena. La somministrazione<br />
di MLT esogena, anche con concentrazioni<br />
che raggiungono solo i livelli fisiologici, è in<br />
grado di aumentare la propensione al sonno<br />
durante il giorno o prima dell’apertura dello<br />
“sleep gate” serale. L’altro effetto della MLT,<br />
quello sincronizzatore dei ritmi circadiani, è<br />
indipendente da quello promuovente il<br />
sonno e dipende dall’orario di<br />
somministrazione (curva fase-risposta).<br />
Anche se i dati relativi all’efficacia nella jetlag,<br />
e nel lavoro a turno non sono conclusivi,<br />
l’effetto della MLT come favorente il sonno o<br />
inibitore del drive della veglia, se<br />
somministrata ad orari utili, con dosi non<br />
8
a b s t r a c t b o o k<br />
elevate e in situazioni predisponenti il sonno,<br />
è da considerarsi ormai accertato.<br />
La Agomelatina (agonista dei recettori MT1 e<br />
MT2) è stata di recente introdotto in<br />
commercio per l’effetto antidepressivo e<br />
regolarizzatore del ciclo-sonno veglia. I<br />
risultati degli studi in letteratura confermano<br />
una discreta efficacia nelle sindromi<br />
depressive non gravi, e in cui sia associata<br />
F. BENEDETTI - C. COLOMBO<br />
La terapia della luce brillante nella pratica clinica: nuove applicazioni<br />
La cronoterapia psichiatrica è la<br />
modificazione dei ritmi biologici attuata<br />
<strong>media</strong>nte l’esposizione a stimoli controllati al<br />
fine di ottenere un effetto terapeutico in<br />
particolari condizioni cliniche. Negli ultimi<br />
anni alcune tecniche , in particolare la terapia<br />
con luce brillante e<br />
la deprivazione di sonno sono passate da un<br />
livello di utilizzo esclusivamente sperimentale<br />
ad un uso clinico di prima scelta nel<br />
trattamento dei pazienti depressi. Queste<br />
tecniche hanno efficacia rapida e transitoria<br />
ma possono essere stabilizzate <strong>media</strong>nte la<br />
combinazione di più interventi e<br />
l’associazione con terapie farmacologiche<br />
convenzionali.<br />
L’efficacia antidepressiva della cronoterapia<br />
si manifesta al meglio nella depressione di<br />
pazienti affetti da Disturbo Bipolare. Infatti,<br />
mentre l’alterazione del ritmo sonno-veglia<br />
rappresenta un trigger di partenza<br />
dell’episodio maniacale nel paziente bipolare,<br />
al contrario, la combinazione di deprivazione<br />
L. PARRINO<br />
Melatonina endogena ed esogena: nuove modalità di misurazione<br />
La melatonina è l’ormone dell’oscurità.<br />
Secreta dall’epifisi in condizioni di buio, la<br />
curva della melatonina si intreccia in maniera<br />
speculare con quella della temperatura<br />
corporea. Più sale la melatonina più scende la<br />
temperatura interna e viceversa. Il calo<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
insonnia o irregolarità del ritmo sonno-veglia.<br />
Gli effetti diretti sul sonno e sulla sua<br />
struttura sono meno confortanti e si limitano<br />
a una riduzione della latenza di<br />
addormentamento e alla preservazione della<br />
normale ciclicità del sonno (in<br />
contrapposizione a escitalopram che<br />
aumenta la latenza REM e diminuisce il<br />
numero dei cicli del sonno).<br />
totale di sonno e luce brillante, ottiene la<br />
rapida uscita dalla fase depressiva, a volte<br />
senza che sia necessaria l’assunzione di un<br />
farmaco antidepressivo e, viceversa,<br />
l’estensione delle ore di sonno e una<br />
ambiente privo di luce, sono utili nel ridurre<br />
la sintomatologia maniacale nel paziente in<br />
fase euforica.<br />
Il meccanismo d’azione alla base<br />
dell’intervento cronoterapeutico è<br />
complesso, ma tutti gli studi recenti<br />
concordano nella rilevazione di fattori in<br />
grado di modificare lo stesso sistema<br />
neurotrasmettitoriale e le stesse aree<br />
cerebrali già note come bersaglio delle<br />
terapie farmacologiche. Questo intervento<br />
offre il vantaggio di un’alternativa ai<br />
trattamenti tradizionali, con il vantaggio di<br />
una maggiore sicurezza e di maggiore<br />
rapidità d’azione in assenza di effetti<br />
collaterali e con rischio minore di<br />
assecondare il naturale andamento<br />
ricorrente della patologia.<br />
termico associato alla salita della melatonina<br />
suggerisce un ruolo di raffreddatore del<br />
corpo, un letargo notturno per rendere il<br />
sonno più profondo. Finora, per ricostruire la<br />
curva della melatonina nelle varie fasi della<br />
giornata era necessario eseguire altrettanti<br />
9<br />
9
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
10<br />
prelievi ematici (anche durante il sonno) con<br />
evidenti disagi per il paziente. Ora, la<br />
disponibilità di tamponi salivari consente di<br />
monitorare l’andamento della melatonina<br />
con minori disagi di<br />
prelievo con la possibilità di incrementare i<br />
punti della curva sempre in maniera non<br />
cruenta. Con la metodica messa a<br />
disposizione dai Laboratori Buhlmann è stato<br />
possibile delineare la curva della melatonina<br />
endogena e stabilire, in un gruppo di<br />
volontari sani, il DLMO (dim light melatonin<br />
onset), ovvero il momento in cui la curva<br />
dell’ormone comincia a impennarsi. Questo<br />
dato ha rilevanza clinica soprattutto nei<br />
pazienti con disturbi del ritmo circadiano. In<br />
INSONNIE, IPERSONNIE, FALSE INSONNIE E FALSE IPERSONNIE:<br />
DIAGNOSI E MANAGEMENT<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
particolare, la melatonina esogena andrebbe<br />
somministrata 3-4 ore prima del DLMO nei<br />
pazienti con sindrome da fase di sonno<br />
ritardata e 10 ore dopo il DLMO nei pazienti<br />
con sindrome da fase di sonno anticipata. In<br />
un paziente con sindrome di fase di sonno<br />
ritardata, i tamponi salivari hanno svelato un<br />
DLMO intorno alla mezzanotte, indicando<br />
l’assunzione di melatonina esogena intorno<br />
alle ore 21. Per dimostrare l’azione della<br />
melatonina esogena, i tamponi salivari sono<br />
stati testati anche sugli stessi volontari sani<br />
dopo assunzione di melatonina retard 3 mg<br />
(Armonia Nathura). L’andamento della curva<br />
ha dimostrato valori molto elevati di<br />
melatonina che si sono mantenuti lungo tutta<br />
la notte di osservazione fino al momento del<br />
risveglio.<br />
R. MANNI<br />
Pseudoinsonnie e pseudoipersonnie: fenomeni di dispercezione soggettiva e sociale<br />
Lo sviluppo della nozione di insonnia ha<br />
avuto un iter complesso nel tempo arrivando<br />
solo in tempi recenti a una definizione e<br />
classificazione condivisa, per lo meno in linea<br />
di massima, tra i vari specialisti del settore<br />
(psichiatri, psicologi e neurologi) con il<br />
riconoscimento dell’insonnia come malattia<br />
primaria (InsomniaDisorder del DSM V) e del<br />
concetto di Insonnia in comorbidita’ piu’ che<br />
di insonnia come disturbo meramente<br />
secondario ad altre patologie.<br />
Anche le definizione delle ipersonnie centrali<br />
primarie, quali la Narcolessia e l’ipersonnia<br />
idiopatica, ha avuto un iter faticoso arrivando<br />
solo di recente a una classificazione articolata<br />
che tende ad avvalersi , oltre che di criteri<br />
clinici ed elettrofisiologici, anche di criteri<br />
biochimici e genetici.<br />
Nonostante cio’alcune condizioni cliniche che<br />
hanno meccanismi e significato<br />
neurobiologico differente dall’insonnia e<br />
dall’ipersonnia , sono tuttora erroneamente<br />
percepite, dai soggetti stessi , dal loro<br />
entourage e, talora, anche dai medici, come<br />
tali, con conseguenti errate impostazioni nel<br />
percorsodiagnostico e terapeutico(<br />
framacologico e comportamentale).<br />
Verranno in particolare discusse nella<br />
presente relazione le difficolta’ diagnostiche<br />
a livello clinico e strumentale rispetto alle<br />
sindromi di insonnia e ipersonnia di alcune<br />
condizioni fisiologiche quale quelle dei corto<br />
e lungo dormitori, dei cronotipi estremi<br />
morningness ed eveningness e di alcune<br />
condizioni patologiche quali la sindrome da<br />
posticipazione di fase, la sindrome da<br />
anticipazione di fase, la sindrome da fatica<br />
cronica, la sindrome da sonno insufficiente.<br />
10
a b s t r a c t b o o k<br />
R.SILVESTRI<br />
Insonnia e pseudo insonnia nell’OSAS<br />
Nonostante l’OSA sia più tipicamente<br />
associata ad ipersonnia con eccessiva<br />
sonnolenza diurna, in una minoranza di casi, i<br />
pazienti affetti riferiscono una comorbidità<br />
con insonnia. Il sintomo è di più frequente<br />
riscontro nel sesso femminile e correla con<br />
l’età più avanzata, la presenza di disturbo<br />
dell’umore, una peggiore qualità della vita e<br />
la presenza di co-morbidità quali il diabete e<br />
la sindrome delle gambe senza riposo (RLS).<br />
Quest’ultima condiziona più spesso una<br />
insonnia di tipo iniziale, refrattaria ai comuni<br />
ipnotici ed additiva agli effetti dell’OSAS per<br />
quanto concerne il rischio cardio-vascolare e<br />
di ipertensione. L’insonnia da mantenimento<br />
associata all’OSAS è invece espressione di<br />
una più bassa soglia al risveglio che<br />
interviene al momento dell’arousal tipico<br />
della frammentazione notturna da OSA. È più<br />
M. SAVARESE<br />
Comorbidità psicopatologica nelle insonnie ed ipersonnie<br />
Introduzione:<br />
L’insonnia, specie se cronica, è<br />
frequentemente associata con disturbi<br />
psichici. Sebbene l’insonnia cronica venga<br />
generalmente interpretata come una<br />
insonnia secondaria ad un disturbo psichico,<br />
nella maggior parte dei casi è difficile stabilire<br />
se il disturbo del sonno sia secondario o se si<br />
tratti di una insonnia primaria in comorbidità<br />
con essi. In realtà, spesso il disturbo psichico<br />
ha il ruolo di un fattore precipitante ed<br />
acquista importanza nella fase acuta<br />
dell’insonnia piuttosto che nella sua<br />
cronicizzazione. I fattori perpetuanti nel<br />
tempo l’insonnia cronica che è molto spesso<br />
una insonnia psicofisiologica sono infatti da<br />
ricercare nell’adozione di comportamenti<br />
errati con conseguente difficoltà<br />
condizionata nel sonno ed in un elevato stato<br />
di allertizzazione nel letto.<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
frequente nel diabete e nell’ipertensione<br />
grave, entrambi cause singole di insonnia da<br />
mantenimento. Un risveglio precoce è invece<br />
più spesso associato a disturbo dell’umore o<br />
ad apnee della fase REM. La terapia<br />
ventilatoria non invasiva del disturbo<br />
respiratorio va in questi casi associata a<br />
farmaci psicotropi che non peggiorano il<br />
driving respiratorio. La pseudo insonnia<br />
dell’OSA è quella dei soggetti letargici che<br />
riposano a più riprese nel corsoo della<br />
giornata e si riaddormentano spesso alla TV<br />
in situazioni inappropriate, causa anche una<br />
cattiva igiene del sonno. Gli stessi soggetti<br />
spesso svegliati dopo il primo sonno sul<br />
divano, hanno difficoltà a riaddormentarsi<br />
nel proprio letto e la stessa può essere<br />
aggravata dall’uso del CPAP specie nel primo<br />
periodo di aderenza alla terapia.<br />
Al fine di stabilire se l’insonnia sia realmente<br />
secondaria ad un disturbo mentale, la attuale<br />
classificazione internazionale dei disturbi del<br />
sonno (ICSD-2=International Classification of<br />
Sleep Disorders), propone dei criteri<br />
diagnostici restrittivi. Nella Conferenza del<br />
2005 dei National Institutes for Health sullo<br />
Stato della Scienza riguardo alle<br />
manifestazioni e al trattamento dell’insonnia<br />
cronica negli adulti, sono emerse delle<br />
considerazioni molto importanti ed<br />
applicabili alla gestione dell’insonnia<br />
associata ad aspetti psicopatologici: in primo<br />
luogo, la conoscenza ancora incompleta dei<br />
modelli fisiopatologici dell’insonnia cronica<br />
impedisce di trarre conclusioni sulla natura di<br />
queste associazioni o sulla direzione della<br />
causalità.; inoltre c’è la temibile eventualità<br />
che il termine secondaria possa indurre un<br />
“sotto-trattamento” dell’insonnia; pertanto il<br />
termine “insonnia in comorbidità” viene<br />
11<br />
11
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
12<br />
proposto come più appropriato rispetto a<br />
quello di insonnia secondaria.<br />
L’insonnia non è comunque l’unico disturbo<br />
del sonno associato a condizioni<br />
psicopatologiche. Nell’ambito delle<br />
Ipersonnie di Origine Centrale, la ISCD-2<br />
prevede la cosiddetta “Ipersonnia non dovuta<br />
a sostanze o a condizioni fisiologiche note”<br />
anche denominata “Ipersonnia Non Organica,<br />
NOS”: Le definizioni alternative fornite<br />
dall’ISCD-2 fanno comprendere che con tale<br />
termine ci si riferisce a quella che una volta<br />
veniva definita Ipersonnia Psichiatrica o<br />
Ipersonnia associata a Disturbi Mentali, o<br />
Pseudoipersonnia o Pseudonarcolessia.<br />
Secondo i criteri diagnostici, il paziente<br />
lamenta sonnolenza o sonno eccessivo da<br />
almeno 3 mesi, la lamentela è associata<br />
temporalmente ad una diagnosi psichiatrica<br />
ed il monitoraggio polisonnografico può<br />
dimostrare sia una ridotta efficienza di sonno<br />
e un incremento in frequenza/durata di<br />
risvegli notturni, sia delle latenze medie al<br />
sonno variabili, ma spesso normali, all’MSLT.<br />
La Ipersonnia Non Organica è suddivisa in tre<br />
sottotipi: 1) l’ipersonnia associata ad un<br />
episodio depressivo maggiore; 2) l’ipersonnia<br />
come sintomo di Disturbo di Conversione o di<br />
Disturbo Somatoforme Indifferenziato; 3)<br />
l’ipersonnia associata con il Disturbo<br />
Affettivo Stagionale.<br />
Obiettivo<br />
Lo scopo del presente studio è stato<br />
quantificare nei pazienti afferenti ad una<br />
struttura di terzo livello la prevalenza della<br />
comorbidità psicopatologica in soggetti<br />
affetti da insonnia cronica o ipersonnia e<br />
rapportarla ad eventuali peculiarità dei<br />
soggetti che la presentano.<br />
Casistica e Metodica<br />
E’ stato condotto uno studio retrospettivo su<br />
un campione rappresentato dagli ultimi 100<br />
pazienti inviati al nostro centro per insonnia<br />
persistente e dagli ultimi 100 che si erano<br />
rivolti alla struttura per ipersonnia. La<br />
diagnosi di disturbo mentale è stata<br />
effettuata in accordo con i criteri del DSM IV-<br />
R.<br />
Risultati<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
Gli aspetti psicopatologici emersi più<br />
frequentemente negli insonni cronici sono<br />
risultati la depressione (51%), seguita<br />
dall’ansia generalizzata (31%) e dal disturbo<br />
da attacchi di panico (8%). Anche i pazienti<br />
affetti da ipersonnia, sono apparsi più<br />
frequentemente affetti da depressione<br />
(21%), seguita da ansia generalizzata (11%);<br />
il terzo disturbo più rappresentato è invece<br />
risultato il disturbo somatoforme (4%). Il<br />
campione è successivamente stato suddiviso<br />
in diversi sottogruppi omogenei per età, al<br />
fine di verificare eventuali differenze nella<br />
prevalenza della depressione. Il test del Chi-<br />
Square con la correzione di Yates per la “p”<br />
ha dimostrato una maggiore frequenza di<br />
depressione nelle donne, sia insonni che<br />
ipersonni, rispetto agli uomini (p< 0.05) e<br />
nell’insonnia rispetto all’ipersonnia<br />
(p
a b s t r a c t b o o k<br />
le donne sono risultate più colpite rispetto<br />
agli uomini da una comorbidità tra<br />
depressione e disturbi del sonno;<br />
l’insonnia ha dimostrato una più ferquente<br />
associazione con la depressione rispetto alla<br />
ipersonnia;<br />
sebbene la depressione sia risultata presente<br />
nella metà del campione di insonni cronici,<br />
non appare comunque ragionevole<br />
interpretare aprioristicamente una insonnia<br />
cronica come insonnia secondaria perché in<br />
più del 60% dei pazienti l’insonnia persistente<br />
era una insonnia psicofisiologica, ed in questi<br />
casi la depressione era presente come<br />
disturbo in comorbidità solo nella metà dei<br />
casi;<br />
una diagnosi di insonnia non psicofisiologica<br />
dovrebbe sempre far pensare alla possibilità<br />
di una insonnia in comorbidità con<br />
depressione, o ad una insonnia secondaria a<br />
depressione quando sia possibile soddisfare<br />
con certezza i criteri tale disturbo;<br />
una diagnosi di ipersonnia in pazienti non<br />
affetti da OSAS, narcolessia o sindrome di<br />
Kleine Levin comporta la necessità di<br />
verificare l’applicabilità dei criteri<br />
classificativi per una “Ipersonnia Non<br />
Organica” o perlomeno di indagare la<br />
presenza di una eventuale comorbidità con<br />
depressione.<br />
l’assenza di differenze nella prevalenza di<br />
depressione tra i pazienti con ipersonnia non<br />
dovuta ad OSAS o narcolessia o sindrome di<br />
Kleine Levin e quelli con OSAS conferma il<br />
dato, peraltro già emerso in precedenti studi,<br />
circa la frequente componente depressiva<br />
nella sfera psichica dei soggetti con disturbi<br />
respiratori sonno-correlati.<br />
Certamente queste considerazioni non<br />
possono essere estese alla popolazione<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
generale poiché è noto che nel campione di<br />
pazienti che si rivolgono ad un centro di terzo<br />
livello per la diagnosi e terapia dei disturbi<br />
del sonno, la percentuale di forme più gravi e<br />
resistenti e di forme in associazione con altri<br />
disturbi è più elevata. Ad ogni modo, il<br />
riconoscimento di una insonnia secondaria a<br />
o in comorbidità con un disturbo depressivo<br />
ha delle importanti implicazioni terapeutiche<br />
poiché gli antidepressivi rappresentano dei<br />
farmaci di prima scelta. Generalmente, con la<br />
maggior parte degli antidepressivi si ottiene<br />
un miglioramento sia soggettivo che<br />
oggettivo del sonno dopo 3-4 settimane di<br />
terapia; tuttavia, quando l’insonnia è<br />
particolarmente rilevante, per ottenere un<br />
più precoce miglioramento del sonno, si<br />
possono associare degli ipnoinducenti o si<br />
può dare la preferenza agli antidepressivi con<br />
un profilo sedativo ampiamente ed<br />
efficacemente utilizzati anche nella terapia<br />
dell’insonnia primaria.<br />
Alla luce di questi dati, appare essenziale che<br />
lo specialista del sonno abbia una certa<br />
conoscenza delle diagnosi psichiatriche e<br />
delle loro codifiche non perché debba o<br />
possa sostituirsi ad uno psichiatra ma poiché<br />
spesso l’insonnia lamentata dai pazienti che<br />
afferiscono ai centri dei disturbi del sonno è<br />
un sintomo di altri sottostanti e misconosciuti<br />
disturbi psichiatrici. Sebbene il medico<br />
esperto del sonno non abbia sempre o<br />
necessariamente la competenza psichiatrica<br />
tale da poter seguire autonomamente un<br />
paziente con un disturbo psichiatrico, deve<br />
tuttavia impegnarsi in un tempestivo<br />
riconoscimento di questi disturbi per evitare<br />
al paziente inutili ed ulteriori sofferenze<br />
conseguenti ad inadeguati trattamenti.<br />
13<br />
13
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
14<br />
OSAS E COMORBIDITÀ: IL PUNTO DI VISTA DI CARDIOLOGI,<br />
IPERTENSIVOLOGI E INTERNISTI<br />
O. MARRONE<br />
OSA e insufficienza cardiaca<br />
Disturbi respiratori nel sonno si osservano in<br />
circa la metà dei soggetti con insufficienza<br />
cardiaca. I disturbi ostruttivi sono un fattore<br />
di rischio per la comparsa e l’aggravamento<br />
di insufficienza cardiaca; questa, a sua volta,<br />
può favorire un loro aggravamento poiché<br />
l’eccesso di liquidi che essa comporta viene in<br />
parte dislocato nel collo, restringendo le vie<br />
aeree superiori. Le apnee centrali,<br />
solitamente organizzate in un respiro<br />
periodico di tipo Cheyne-Stokes, sono invece<br />
considerate interamente un effetto<br />
dell’insufficienza cardiaca. Mediamente i<br />
pazienti con disturbi di tipo centrale hanno<br />
una compromissione della funzionalità<br />
cardiaca maggiore rispetto a quelli con<br />
disturbi ostruttivi, ma spesso eventi di tipo<br />
ostruttivo e centrale coesistono nello stesso<br />
soggetto. Tutti i disturbi respiratori nel sonno<br />
sono più frequenti nel sesso maschile.<br />
Nell’insufficienza cardiaca sono fattori di<br />
sospetto per le apnee ostruttive un elevato<br />
M. R. BONSIGNORE<br />
OSA, diabete e sindrome metabolica<br />
La frequente coesistenza di OSA ed obesità<br />
rende difficile l’analisi della patogenesi delle<br />
alterazioni metaboliche nei pazienti OSA.<br />
L’obesità viscerale è associata ad insulinoresistenza,<br />
aumento degli acidi grassi<br />
circolanti, steatosi epatica, e dislipidemia, e<br />
questi elementi si ritrovano nella diagnosi di<br />
Sindrome Metabolica (MetS), insieme<br />
all’aumento della pressione arteriosa. I<br />
pazienti con OSA grave presentano<br />
un’elevata prevalenza di MetS, e<br />
l’associazione tra OSA e MetS è stata<br />
confermata anche in pazienti affetti da<br />
obesità severa. In questo gruppo di soggetti,<br />
studiati prima di un intervento di chirurgia<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
indice di massa corporea ed il russamento,<br />
mentre per le apnee centrali lo sono la<br />
fibrillazione atriale ed una tendenza<br />
all’ipocapnia; non è invece un sintomo di<br />
disturbi respiratori nel sonno la sonnolenza<br />
diurna soggettivamente riportata. Il<br />
trattamento delle apnee ostruttive <strong>media</strong>nte<br />
CPAP è seguito da un miglioramento della<br />
funzionalità ventricolare sinistra e da una<br />
riduzione della mortalità. Gli effetti del<br />
trattamento delle apnee centrali sulla<br />
funzionalità cardiaca e sulla sopravvivenza<br />
sono più incerti, mentre è noto che<br />
l’ottimizzazione del trattamento<br />
dell’insufficienza cardiaca può portare ad una<br />
riduzione o alla scomparsa delle apnee<br />
centrali o alla loro sostituzione con apnee<br />
ostruttive. Il trattamento delle apnee<br />
centrali, per quanto di discussa utilità, viene<br />
eseguito principalmente <strong>media</strong>nte CPAP o<br />
ventilazione servoadattativa.<br />
bariatrica, i soggetti con OSA presentavano<br />
simile BMI ma peggiore quadro metabolico<br />
rispetto ai soggetti senza OSA. Tuttavia, la<br />
terapia dell’OSA non è associata a<br />
miglioramento del quadro metabolico nella<br />
maggior parte degli studi. Pertanto, i dati<br />
disponibili suggeriscono che la coesistenza di<br />
OSA e obesità aumenta il rischio di MetS, e<br />
l’OSA potrebbe rappresentare un marker di<br />
gravità nel quadro metabolico dell’obesità.<br />
Per quanto riguarda il rapporto tra diabete<br />
mellito ed OSA, studi epidemiologici<br />
suggeriscono che l’obesità, non l’OSA, è il<br />
principale fattore patogenetico. Gli studi<br />
clinici al riguardo hanno riportato risultati<br />
14
a b s t r a c t b o o k<br />
contrastanti, specialmente riguardo al<br />
controllo dei valori glicemici durante<br />
trattamento con CPAP. E’ possibile che la<br />
glicemia a digiuno sia un indicatore poco<br />
sensibile delle alterazioni indotte dall’OSA,<br />
mentre alcuni dati suggeriscono che l’uso<br />
dell’emoglobina glicosilata (HBa1c), un<br />
marker di controllo “globale” della glicemia,<br />
sarebbe più sensibile ed appropriato<br />
nell’analisi delle alterazioni glicemiche dei<br />
SIMPOSIO CONGIUNTO AIMS- SNO<br />
SONNO E STROKE: NUOVE PROSPETTIVE DI MANAGEMENT<br />
F. PIZZA<br />
Stroke, metabolismo cerebrale e apnee notturne<br />
Numerosi studi hanno evidenziato strette e<br />
reciproche relazioni tra disturbi respiratori in<br />
sonno e ictus. La sindrome delle apnee<br />
ostruttive in sonno (OSAS) è un fattore di<br />
rischio indipendente per l’occorrere di eventi<br />
ischemici cerebrali. Di converso nella fase<br />
acuta dell’ictus si verificano alterazioni del<br />
respiro in sonno (e.g. peggioramento di<br />
preesistente OSAS, comparsa di apnee<br />
centrali, respiro periodico) secondarie alla<br />
patologia cerebrale stessa.<br />
L’OSAS influisce sul rischio cerebrovascolare<br />
attraverso molteplici meccanismi solo<br />
parzialmente noti nelle loro mutue<br />
interazioni. Cronicamente promuove lo<br />
sviluppo di ipertensione arteriosa, di uno<br />
stato proinfiammatorio, di aterosclerosi<br />
nonché di disfunzioni endoteliali.<br />
Acutamente il ripetersi di apnee nel sonno<br />
determina riduzioni della saturazione di<br />
ossigeno e complessi effetti emodinamici:<br />
fasiche variazioni della pressione<br />
intratoracica responsabili di repentine<br />
modificazioni di gittata e frequenza cardiaca<br />
(incluse aritmie) associate a transitori<br />
aumenti della pressione arteriosa sistemica<br />
con conseguenti fluttuazioni della perfusione<br />
cerebrale.<br />
L’OSAS influisce anche sull’evoluzione<br />
dell’ictus in fase acuta determinando una<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
pazienti OSA. D’altra parte, il diabete è più<br />
frequente in pazienti di età relativamente<br />
avanzata (>65 anni), quando l’OSA potrebbe<br />
dipendere più da alterazioni legate<br />
all’invecchiamento che da fattori di rischio<br />
“classici” per OSA. L’argomento è tuttora<br />
aperto, e soltanto studi randomizzati e<br />
controllati in pazienti OSA diabetici potranno<br />
fornire informazioni definitive.<br />
peggiore ripresa funzionale, una maggiore<br />
durata di ospedalizzazione, una maggiore<br />
mortalità a breve e lungo termine ed un<br />
aumentato rischio di ricorrenza di eventi<br />
ischemici cerebrali. I meccanismi<br />
fisiopatologici responsabili di tale negativo<br />
impatto clinico in fase acuta sono<br />
scarsamente noti, anche a causa della difficile<br />
applicazione delle tecniche di imaging<br />
funzionale (e.g tomografia ad emissione di<br />
positroni) necessarie per esplorare l’impatto<br />
dei disturbi del respiro in sonno<br />
sull’evoluzione dinamica della lesione<br />
cerebrale.<br />
Infine, lo stretto rapporto tra OSAS ed ictus si<br />
riflette sulle possibili opzioni terapeutiche.<br />
Infatti la terapia ventilatoria a pressione<br />
positiva continua (CPAP) si è oramai<br />
dimostrata efficace sia nel ridurre il rischio<br />
cerebrovascolare dei pazienti OSAS in<br />
condizioni di base, sia nel migliorare<br />
marcatori surrogati di tale rischio (quali la<br />
pressione arteriosa) dopo l’occorrere di un<br />
primo evento ischemico cerebrale. Ne deriva<br />
l’importanza clinica di includere la<br />
valutazione diagnostica e terapeutica di un<br />
eventuale compresente disturbo del respiro<br />
in sonno nell’ambito della gestione<br />
complessa del paziente affetto da ictus<br />
cerebrale.<br />
15<br />
15
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
16<br />
L. NOBILI<br />
Il trattamento con CPAP nella fase acuta dell’ictus<br />
Negli ultimi anni è stato dimostrato che la<br />
presenza di apnee ostruttive in sonno<br />
costituisce un importante fattore di rischio<br />
per lo sviluppo di malattie cardio e cerebrovascolari.<br />
Inoltre è stato riportato che nella<br />
fase acuta dell’ictus i disturbi del respiro<br />
durante il sonno sono molto più frequenti di<br />
quanto riscontrato nella popolazione<br />
generale. Uno studio recente multicentrico<br />
(Studio DARIA, Detection of sleep Apnea as<br />
Risk factor In Acute stroke) ha confermato<br />
tali osservazioni, evidenziando che in circa il<br />
60% dei pazienti ricoverati in stroke unit con<br />
ictus moderato-lieve è presente un disturbo<br />
del respiro durante il sonno che risulta di<br />
grado severo e di natura ostruttiva (apnee ed<br />
ipopnee ostruttive) nel 30% dei casi, con<br />
marcate cadute dei valori di ossigenazione<br />
cerebrale ed importante attivazione<br />
vegetativa.<br />
Il disturbo respiratorio in sonno può essere<br />
trattato in maniera efficace utilizzando<br />
dispositivi ventilatori a Pressione Positiva<br />
(Positive Airways Pressure – PAP); è stato<br />
dimostrato che l’utilizzo della PAP oltre a<br />
migliorare globalmente la qualità della vita<br />
del soggetto riduce significativamente il<br />
rischio di malattie cerebrovascolari. Alcuni<br />
dati recenti sembrano indicare che l’inizio del<br />
trattamento con PAP nella fase post acuta<br />
dell’ictus possa ridurre significativamente il<br />
rischio di recidiva; tuttavia, non è stato<br />
ancora definitivamente dimostrato se il<br />
trattamento del disturbo respiratorio, iniziato<br />
nella fase acuta dell’ictus, possa modificare la<br />
prognosi. Uno studio di costo-efficacia<br />
A. BRAGHIROLI<br />
Stroke e OSAS: management riabilitativo<br />
L’associazione tra Stroke e OSAS rientra tra le<br />
complicanze cardiovascolari delle apnee nel<br />
sonno ed il ruolo degli eventi respiratori nel<br />
sonno come fattore di rischio indipendente<br />
per stroke è stato dimostrato da studi<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
condotto negli Stati Uniti ha ipotizzato che<br />
l’applicazione della PAP nella fase acuta<br />
dell’ictus potrebbe non soltanto migliorare<br />
l’esito clinico del paziente ma ridurre le spese<br />
conseguenti a tale patologia. La PAP<br />
potrebbe modificare la prognosi dei pazienti<br />
con ictus con diversi meccanismi: 1)<br />
Un’azione specifica sulla lesione vascolare<br />
cerebrale: l’ipossia e l’ipercapnia giocano un<br />
ruolo importante nel determinare la prognosi<br />
dell’ictus poiché possono determinare un<br />
peggioramento dell’ischemia<br />
compromettendo quindi anche l’esito a lungo<br />
termine; 2) Un’azione sul sistema<br />
cardiovascolare: è noto che i disturbi del<br />
respiro nel sonno favoriscono lo sviluppo di<br />
ipertensione arteriosa, aritmie cardiache e<br />
dilatazione atriale; il trattamento con PAP<br />
potrebbe ridurre la morbilità/mortalità<br />
cardiovascolare che rappresenta una<br />
problematica di rilievo nei pazienti che hanno<br />
avuto un ictus; 3) Un’azione sulla<br />
prevenzione precoce delle recidive: le apnee<br />
ostruttive in sonno sono un fattore di rischio<br />
indipendente per ipertensione arteriosa,<br />
cardiopatia ischemica, insufficienza cardiaca,<br />
fibrillazione atriale, morte improvvisa e ictus;<br />
il trattamento con PAP potrebbe ridurre<br />
nuovi eventi vascolari anche nei pazienti con<br />
ictus trattati precocemente.<br />
In letteratura esistono soltanto pochi lavori<br />
che dimostrano la fattibilità del trattamento<br />
con CPAP nella fase acuta dell’ictus e che<br />
riportano preliminari dati positivi nei pazienti<br />
trattati; tuttavia suggeriscono un cauto<br />
utilizzo dei valori pressori dei ventilatori.<br />
prospettici su casistiche ben controllate<br />
(Wisconsin sleep cohort, Sleep Heart Health<br />
Study).<br />
Anche l’efficacia del trattamento degli eventi<br />
respiratori nel sonno, specialmente di tipo<br />
16
a b s t r a c t b o o k<br />
ostruttivo, è stata teorizzata da alcuni<br />
contributi, ma l’evidenza risulta mitigata dalle<br />
difficoltà di applicazione dei dispositivi di<br />
trattamento in fase acuta (abitualmente circa<br />
il 20% dei pazienti lo accetta) e dal bias di<br />
fondo della proporzionalità inversa con la<br />
gravità delle condizioni del paziente: più<br />
l’ictus è devastante, più difficile è il<br />
trattamento ventilatorio. A questo non<br />
sfugge chi, come il gruppo di Valencia che ha<br />
pubblicato in ripetizioni successive (acuto, 3 –<br />
5 e 7 anni) le curve di sopravvivenza dei<br />
pazienti con ictus e OSAS che hanno o non<br />
hanno accettato il trattamento con CPAP,<br />
ostenta risultati apparentemente protettivi in<br />
termini di sopravvivenza.<br />
Perché il trattamento del paziente con ictus,<br />
anche al di fuori della fase acuta, è così<br />
frequentemente fallimentare? La procedura<br />
è davvero time-consuming, individuare<br />
l’interfaccia richiede tempo: le parestesie al<br />
volto, l’incapacità a mantenere la bocca<br />
chiusa in gran parte dei pazienti, la necessità<br />
di terzi che aiutino nel posizionamento della<br />
maschera senza provocare decubiti è un<br />
primo scoglio. Si aggiunge l’idea di un<br />
trattamento supplementare che scoraggia chi<br />
già tende, specie nelle prime fasi del<br />
recupero, a sentirsi molto sotto pressione per<br />
la serie di trattamenti cui è sottoposto già<br />
durante la giornata. Gli eventi centrali si<br />
sommano e intersecano con gli ostruttivi e<br />
non sono ancora disponibili dati che ci diano<br />
IL SONNO E LA RICERCA DI BASE:<br />
NUOVE TECNOLOGIE E NUOVI PARADIGMI<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
certezze su quali debbano essere<br />
necessariamente trattate. I ventilatori<br />
servoassistiti, inizialmente presentati come<br />
possibile soluzione per gli eventi centrali di<br />
questi pazienti, sul campo si dimostrano<br />
spesso inefficaci e lo specialista del sonno<br />
fatica a trasportare in questo campo le<br />
nozioni e i protocolli di trattamento che ha<br />
imparato ad applicare in altri ambiti (OSA<br />
semplice, BPCO, scompenso cardiaco<br />
cronico).<br />
Avviare questa tipologia di paziente a<br />
trattamento in un setting domiciliare è<br />
davvero impresa ardua. Sebbene non<br />
manchino gli inviti ad inserire nei protocolli<br />
delle stroke unit la diagnostica ed il<br />
trattamento degli eventi ventilatori nel sonno<br />
siamo ancora molto lontani dalla diffusione<br />
come standard operativo. Ecco quindi che<br />
l’ambito riabilitativo risulta la condizione<br />
probabilmente più adatta per la gestione di<br />
questi pazienti, avvalendosi di figure<br />
professionali che già hanno buona esperienza<br />
nell’applicazione della ventilazione non<br />
invasiva in altri ambiti e che hanno<br />
soprattutto la capacità di gestire pazienti,<br />
interfacce e protesica a 360°, includendo<br />
l’addestramento dei care-giver e l’avvio delle<br />
procedure burocratiche per la fornitura che a<br />
volte rappresentano un ostacolo<br />
supplementare a sfondare la soglia dell’1 su 5<br />
che ce la fa.<br />
A. SILVANI<br />
Sonno e funzioni vegetative: un approccio genetico sperimentale alla fisiopatologia delle<br />
regolazioni integrate<br />
La veglia ed il sonno sono comportamenti che<br />
coinvolgono l’intero organismo. La<br />
regolazione delle funzioni cardiovascolari e<br />
respiratorie è strettamente integrata col<br />
comportamento di veglia e sonno in<br />
condizioni fisiologiche. L’alterazione di<br />
queste regolazioni integrate ha un ruolo<br />
importante nella fisiopatologia<br />
cardiovascolare, come testimoniato dalle<br />
apnee notturne e dallo smorzamento della<br />
riduzione notturna della pressione arteriosa. I<br />
meccanismi genetici e nervosi centrali alla<br />
base della fisiologia e fisiopatologia delle<br />
regolazioni integrate durante il sonno<br />
17<br />
17
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
18<br />
rimangono ancora virtualmente inesplorati.<br />
L’evidenza disponibile in veglia indica che<br />
questi meccanismi vegetativi fondamentali<br />
per la sopravvivenza sono ben conservati tra<br />
specie diverse di mammiferi. Nei mammiferi,<br />
similmente, gli stati di sonno non-REM e REM<br />
sono conservati e ben distinguibili. Il topo<br />
(Mus musculus) è la specie di mammifero che<br />
offre le maggiori opportunità di<br />
manipolazione genetica. Lo sviluppo tecnico<br />
(telemetria abbinata alla pletismografia<br />
corporea totale) permette di effettuare<br />
registrazioni polisonnografiche complete<br />
(elettroencefalogramma, elettromiogramma,<br />
frequenza cardiaca, pressione arteriosa,<br />
M. MASSIMINI<br />
Sonno ed eccitabilità corticale: dalla teoria ai pazienti<br />
Secondo un’ipotesi di recente formulazione<br />
(Tononi e Cirelli, 2004) il sonno avrebbe la<br />
funzione di tenere sotto controllo, tramite un<br />
meccanismo omeostatico, l’eccitabilità dei<br />
circuiti corticali. Una serie di evidenze<br />
sperimentali raccolte nel modello animale<br />
hanno dimostrato una netta prevalenza dei<br />
processi di potenziamento sinaptico durante<br />
la veglia. Quest’aumento dei pesi sinaptici è<br />
legato all’interazione con l’ambiente e<br />
all’apprendimento che avviene durante la<br />
veglia, ma deve in qualche modo essere<br />
bilanciato, per non incorrere in costi<br />
metabolici insostenibili e per prevenire la<br />
saturazione della capacità di apprendimento.<br />
Il sonno riporterebbe, tramite un processo di<br />
“ri-scalamento” sinaptico i pesi sinaptici<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
frequenza ventilatoria, volume corrente) in<br />
topi in condizioni di comportamento<br />
spontaneo ed indisturbato nonostante le loro<br />
piccole dimensioni (20-30 g). L’applicazione<br />
di tali tecniche in topi con modificazione di<br />
specifici geni coinvolti nel funzionamento del<br />
sistema nervoso centrale permette un<br />
approccio genetico sperimentale alla<br />
fisiopatologia delle regolazioni integrate.<br />
Questo approccio ha recentemente messo in<br />
luce il ruolo delle ipocretine/orexine e del<br />
sistema degli endocannabinoidi nel controllo<br />
respiratorio e cardiovascolare durante il<br />
sonno.<br />
globali ad un livello sostenibile, pur<br />
mantenendo le differenze relative. Una<br />
predizione fondamentale di questa ipotesi è<br />
che l’eccitabilità corticale deve aumentare<br />
durante la veglia e ridursi durante sonno.<br />
Recentemente siamo stati in grado di<br />
verificare questa direttamente nell’uomo<br />
utilizzando una combinazione di stimolazione<br />
magnetica transcranica e di<br />
elettroengefalografia. Queste nuove misure<br />
applicate a controlli sani e pazienti affetti da<br />
depressione bipolare durante protocolli di<br />
deprivazione di sonno forniscono importanti<br />
indizi sulle complesse relazioni che legano il<br />
sonno, l’eccitabilità corticale e la<br />
fisiopatologia dei disturbi dell’umore.<br />
L. DE GENNARO<br />
Modulare l’attività elettrica spontanea durante il sonno e la veglia: stimolazione elettrica e<br />
stimolazione magnetica transcranica<br />
Introduzione. Negli ultimi anni due tecniche<br />
non invasive, la stimolazione magnetica<br />
transcranica (TMS) e la stimolazione<br />
transcranica a corrente diretta (tDCS), hanno<br />
permesso di modificare nell’umano l’attività<br />
cerebrale spontanea ed evocata.<br />
L’ambizioso obiettivo di una serie di studi<br />
ancora in corso di svolgimento è quello di<br />
verificare se queste tecniche possono<br />
contribuire ad influenzare l’attività elettrica<br />
spontanea prima e durante il sonno. Nello<br />
specifico, ci si propone di incrementare<br />
18
a b s t r a c t b o o k<br />
l’attività EEG ad onde lente prima e dopo<br />
l’inizio del sonno. Nel primo caso, con una<br />
serie di protocolli sperimentali di<br />
stimolazione tDCS stiamo verificando la<br />
possibilità in soggetti normali svegli ad occhi<br />
chiusi di incrementare i ritmi EEG coerenti<br />
con il build up della sincronizzazione<br />
corticale. Nel secondo, abbiamo utilizzato un<br />
protocollo di stimolazione TMS per<br />
incrementare regionalmente la slow-wave<br />
activity (SWA) durante il sonno.<br />
Risultati e Conclusioni. I risultati di un<br />
protocollo associativo di stimolazione TMS<br />
sulla corteccia motoria hanno mostrato che<br />
effettivamente l’attività regionale durante il<br />
sonno è localmente influenzata, nella<br />
direzione di un incremento di SWA.<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
Comunque, i siti corticali interessati<br />
all’incremento di SWA sono quelli peri-focali<br />
e controlaterali alla stimolazione TMS<br />
presonno, con alcune aree adiacenti che<br />
invece esprimono una riduzione di SWA.<br />
I risultati ancora preliminari di alcuni<br />
protocolli di stimolazione tDCS anodica,<br />
catodica o alternata (con frequenza
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
20<br />
SONNO, LAVORO E TRASPORTI<br />
L. PERSIA<br />
Incidenti stradali e sicurezza nella UE<br />
L'intervento esamina la situazione<br />
dell'incidentalità nelle diverse aree del<br />
mondo, evidenziandone i trend e le<br />
caratteristiche principali.<br />
Vengono presentate le azioni<br />
programmatiche dell'ONU e della<br />
Commissione Europea, descrivendo le<br />
principali azioni di ricerca condotte in Europa<br />
negli ultimi anni.<br />
N. MAGNAVITA<br />
L’opinione del medico competente<br />
La sonnolenza oggi è un problema. La<br />
scoperta della luce elettrica nel 1883 ha<br />
cambiato modi e tempi del lavoro; si può dire<br />
che il lavoro industriale riduce i tempi del<br />
sonno. Nell’ultimo secolo, i paesi<br />
industrializzati hanno ridotto il tempo medio<br />
di sonno di oltre il 20% (da 9 a 7 ore). Dal<br />
1969 ad oggi, il tempo annuo di lavoro (e<br />
viaggio) è aumentato in <strong>media</strong> di 158 ore pro<br />
capite. L’aumento dell’orario di lavoro<br />
settimanale determina disturbi del sonno,<br />
fatica e sonnolenza (Dahlgren et al. 2006). Il<br />
bisogno di dormire è una esigenza biologica<br />
come bere o mangiare. Gli effetti di un riposo<br />
inadeguato non possono essere ri<strong>media</strong>ti da<br />
motivazione, training, o esperienza. Possiamo<br />
dire che: il lavoro (per chi ce l’ha) è troppo!<br />
Fatica e sonnolenza sono i due argomenti di<br />
maggiore interesse per il medico del lavoro .<br />
La sonnolenza è la tendenza ad<br />
addormentarsi. La fatica è la risposta<br />
dell’organismo alla perdita di sonno o ad un<br />
esercizio prolungato o strenuo. La fatica può<br />
essere ridotta da una attività sedentaria,<br />
mentre la sonnolenza ne è esacerbata. La<br />
sonnolenza si accompagna a ridotta allerta<br />
che induce ridotta attenzione ai particolari,<br />
compromissione del giudizio, rallentamento<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
Viene poi analizzata la situazione italiana, con<br />
riferimento ai trend dell'ultimo decennio,<br />
riportando le valutazioni sulle politiche e gli<br />
interventi rivelatisi realmente efficaci.<br />
Nell'ultima parte vengono presentate le<br />
politiche che il nostro Paese si appresta ad<br />
intraprendere negli anni futuri, con<br />
l'obiettivo di conseguire il dimezzamento,<br />
rispetto al 2011, del numero dei morti su<br />
strada entro il 2020.<br />
dei tempi di risposta. Ciò può compromettere<br />
produttività, sicurezza e salute<br />
La deprivazione dal sonno è un rischio per la<br />
salute pubblica generalmente misconosciuto.<br />
Molti credono di potersi adattare ad una<br />
cronica perdita di sonno. Altri pensano che<br />
per recuperare basta una buona dormita.<br />
Purtroppo (per loro stessi e per gli altri) si<br />
sbagliano<br />
Sia la carenza di sonno, che il disallineamento<br />
circadiano possono avere effetti sulla salute.<br />
Non dormire per 24 ore produce gli stessi<br />
effetti neurocomportamentali di chi ha una<br />
alcolemia di 0,10% (Dawson & Reid, 1997).<br />
Due ore di sonno in meno ogni notte in una<br />
settimana producono lo stesso effetto<br />
(Belenky et al. 2003). Tra le conseguenze<br />
della deprivazione di sonno: incidenti (nei<br />
trasporti, nell’industria, nella sanità), malattie<br />
(diabete, sindrome metabolica, obesità,<br />
ipertensione, malattie cardiovascolari, turbe<br />
della fertilità, tumori). Negli USA: si riconosce<br />
che il sonno è un problema di salute<br />
pubblica. Circa il 50% degli Americani sono<br />
deprivati dal sonno, il 30% dorme meno di 6<br />
ore per notte, circa 70 milioni hanno sonno<br />
insufficiente, 7 su 10 hanno difficoltà ad<br />
addormentarsi, 40 milioni soffrono di disturbi<br />
cronici, 20 milioni hanno problemi<br />
20
a b s t r a c t b o o k<br />
occasionali, 1/3 degli Americani hanno<br />
sintomi di insonnia. Da noi la situazione è<br />
diversa?<br />
Nel lavoro occorre considerare alcuni<br />
parametri: il lavoro nelle ore di notte, il<br />
lavoro per più di 40 ore a settimana, il lavoro<br />
per più di 8 ore consecutive, il tipo di turno<br />
(fisso, a rotazione), le modificazioni<br />
dell’orario (previste, imprevedibili) lo<br />
straordinario (volontario, obbligatorio) e gli<br />
altri fattori che influenzano l’allerta, come Il<br />
tipo di compito svolto, l’orario, rispetto ai<br />
ritmi circadiani, l’ambiente di lavoro<br />
(stimolante o faticoso?). Occorre anche<br />
valutare se ciascun lavoratore ha il riposo<br />
adeguato durante il periodo di non lavoro, e<br />
se l’ambiente di riposo domestico lo<br />
consente, anche in relazione alla presenza di<br />
condizioni emozionali, fisiche, mediche che<br />
interferiscono con il recupero di sonno o con<br />
lo stato di allerta.<br />
La sorveglianza sanitaria in Italia non è<br />
obbligatoria per il rischio di sonnolenza<br />
diurna o per la fatica. E’ però obbligatorio<br />
valutare “tutti i rischi” e tutelare anche i<br />
terzi.<br />
Il Medico Competente dovrebbe indicare al<br />
DDL e al RSPP l’opportunità di prevedere<br />
questi rischi nel DVR (documento di<br />
valutazione dei rischi aziendale) e di istituire<br />
quindi la sorveglianza specifica, con il<br />
concorde parere dei lavoratori e dei loro<br />
rappresentanti. In assenza di tale atto, il<br />
medico competente non può fare<br />
sorveglianza dei disturbi del sonno, e non<br />
può convocare a visita lavoratori solo sulla<br />
base di questo rischio, che non è previsto per<br />
legge.<br />
In ogni caso, il medico non può ignorare la<br />
fatica che insorge nei lavoratori sottoposti a<br />
sorveglianza er altri motivi.<br />
La Sorveglianza è giustificata? Dal punto di<br />
vista medico (evidence-based) se:<br />
l’esposizione a rischio è continua, esiste un<br />
metodo di controllo, la diagnosi precoce è<br />
utile. Dal punto di vista giuridico (L.300/70)<br />
se: il rischio professionale è previsto per<br />
legge, oppure il rischio professionale è<br />
previsto dal DVR. Attenzione: il MC è<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
penalmente responsabile della omessa<br />
valutazione del rischio.<br />
La prevenzione è stata fatta<br />
tradisizonalmente <strong>media</strong>nte l’adozione di<br />
linee-guida e normative (nei trasporti<br />
stradali, marittimi, aerei, ferroviari, in sanità)<br />
. Si constata che le restrizioni dell’orario di<br />
servizio non bastano, da sole, a garantire il<br />
livello massimo di allerta nelle attività<br />
critiche. La risposta più efficace è l’istituzione<br />
di un Sistema di gestione della fatica.<br />
Il Sistema è diretto a gestire i rischi associati<br />
con la fatica. E’ analogo (o è una parte di) un<br />
Sistema di Gestione dei Rischi per la salute e<br />
sicurezza lavorativa<br />
E’ basato sull’evidenza, controllato dai dati<br />
raccolti e soggetto ad un continuo<br />
miglioramento. La responsabilità della sua<br />
applicazione poggia in egual misura sul<br />
management e sui lavoratori. Il medico del<br />
lavoro, nella sua funzione di consulente del<br />
datore di lavoro, ne è promotore. Un sistema<br />
basato sull’evidenza e diretto dai dati<br />
obiettivi che controlla la fatica dei lavoratori,<br />
in modo flessibile e appropriato al livello di<br />
rischio e alla natura dell’attività lavorativa.<br />
Storicamente, i primi Sistemi di gestione della<br />
fatica (SGF) sono stati elaborati dopo il<br />
verificarsi di eventi disastrosi. E’ importante<br />
che il SGF sia concepito come un sistema<br />
proattivo, non reattivo.<br />
Un SGF si articola in 4 fasi: (1) Identificare e<br />
valutare il rischio (assessment); (2) Applicare<br />
le misure correttive, mettere in atto un<br />
sistema di reporting e di sorveglianza<br />
(surveillance) (3) Informare e formare i<br />
lavoratori (information); (4) Verificare<br />
procedure, processi, punti critici (audit).<br />
Questa sequenza è nota come “Metodo<br />
A.S.I.A. (Magnavita, 2003).<br />
Anche se c’è un responsabile, il processo<br />
deve coinvolgere tutti i lavoratori in tutte le<br />
fasi (valutazione, elaborazione proposte di<br />
miglioramento e loro applicazione,<br />
segnalazioni, verifiche). Si deve stabilire una<br />
catena di responsabilità. Deve essere previsto<br />
un sistema di sanzioni .<br />
Contro l’evento da prevenire, si ergono 5<br />
barriere: equilibrio tra carico di lavoro e<br />
21<br />
21
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
22<br />
personale, organizzazione dei turni,<br />
educazione dei lavoratori e giudizi di<br />
idoneità, ambiente di lavoro, monitoraggio<br />
della fatica e dell’allerta.<br />
Difesa 1: Personale sufficiente. La carenza di<br />
personale aumenta sia la fatica acuta che<br />
quella cronica. I lavoratori spesso<br />
preferiscono la carenza di personale, in<br />
quanto portatrice di benefici economici. Il<br />
singolo lavoratore può essere indotto a<br />
lavorare al di là delle proprie capacità, per<br />
motivi economici Quale controllo fare sul<br />
secondo lavoro? Ci può essere un ciclo<br />
vizioso tra superlavoro, assenteismo e<br />
turnover creato da carenze di personale.<br />
Difesa 2: Gestione dei turni. Il lavoro a turni è<br />
una potenziale sorgente di fatica. Il<br />
disallineamento dei ritmi circadiani può<br />
causare problemi per la salute. Occorre<br />
combinare tre strategie: adottare un orario<br />
che consenta frequenti opportunità di riposo<br />
notturno per recuperare il debito contratto<br />
nei turni, educare i lavoratori a massimizzare<br />
le occasioni di sonno, modificare l’ambiente<br />
di lavoro in modo da stimolare l’allerta e<br />
proteggere da errori. Esistono anche modelli<br />
biomatematici che stimano la fatica fatta dai<br />
lavoratori, ma la loro applicazione non è<br />
ancora stata verificata in Italia.<br />
Difesa 3a: Educazione. I lavoratori sono<br />
responsabili per usare in modo appropriato le<br />
opportunità di dormire, per verificare il loro<br />
livello di fatica, per curare i disturbi del<br />
sonno.<br />
I lavoratori dovrebbero essere<br />
adeguatamente formati a conoscere il rischio<br />
e le modalità di prevenzione, nonché a<br />
riconoscere in sé e negli altri i segni di fatica e<br />
sonnolenza.<br />
Difesa 3b: Curare i disturbi del sonno. I<br />
disturbi del sonno sono comuni nella<br />
popolazione. Lo screening dei disturbi del<br />
sonno può essere utilmente inserito nelle<br />
attività del medico competente, senza un<br />
significativo impegno di tempo e con<br />
soddisfazione dei lavoratori (es. Solaris). Il<br />
medico competente deve indirizzare il<br />
lavoratore allo specialista per il trattamento e<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
seguire nel tempo l’adesione al programma<br />
terapeutico e l’evoluzione della patologia .<br />
Difesa 3c: Il giudizio di idoneità. Ha tre<br />
finalità: (1) Evitare che il lavoratore subisca<br />
danni dal lavoro. (2) Evitare che il lavoratore<br />
malato danneggi i terzi (La.R.A.). (3) Valutare<br />
la capacità professionale (vietato al DDL e al<br />
MC dalla L.300/70).<br />
Cìè un conflitto etico, difficile bilanciamento<br />
tra il diritto alla salute (preminente) ed il<br />
diritto al lavoro (fondamentale). Si deve<br />
tenere conto delle esigenze del datore di<br />
lavoro e degli interessi della società<br />
Il medico del lavoro cura i sani, ha l’obiettivo<br />
di migliorarne il benessere e la produttività.<br />
Per farlo agisce (chiede di agire)<br />
sull’ambiente e sull’organizzazione del<br />
lavoro.<br />
La soluzione per la sonnolenza, come per altri<br />
problemi, NON E’ MAI L’ALLONTANAMENTO<br />
dal lavoro. Se il rischio causa la patologia,<br />
allontanare uno, farà ammalare un altro. Se<br />
la patologia non è causata dal lavoro, non si<br />
vede perché il datore di lavoro (privato o<br />
pubblico) se ne debba fare carico. La<br />
soluzione è MIGLIORARE IL LAVORO.<br />
I lavoratori a rischio generalmente NON sono<br />
sottoposti a sorveglianza sanitaria<br />
obbligatoria, e generalmente NON rientrano<br />
nei criteri di legge per il lavoro notturno;<br />
magari, a volte sono sottoposti a controlli<br />
onerosi e di dubbia efficacia.<br />
Difesa 4: L’ambiente di lavoro. Deve<br />
stimolare lo stato di allerta. Luce,<br />
temperatura, umidità, rumore e design<br />
ergonomico possono influenzare l’allerta. I<br />
compiti critici dovrebbero essere<br />
programmati nelle ore di massima allerta. I<br />
periodi di ridotta allerta comprendono tutti i<br />
momenti di cambio-turno, il primo<br />
pomeriggio e le prime ore del giorno.<br />
Dovrebbero essere previste brevi pause per<br />
esercizio fisico, conversazione o pisolini<br />
possono essere programmati per aumentare<br />
l’allerta<br />
Difesa 5: Difese individuali. I lavoratori, i loro<br />
colleghi e supervisori devono fare attenzione<br />
ai segni prodromici di eccessiva fatica. I<br />
supervisori hanno la responsabilità e<br />
22
a b s t r a c t b o o k<br />
l’impegno di adottare misure per mitigare la<br />
fatica o i suoi rischi per la sicurezza. Le misure<br />
im<strong>media</strong>te possono comprendere una pausa<br />
di riposo, il passaggio a compiti meno<br />
rischiosi, l’uso moderato di caffè,<br />
l’affiancamento di un collega, l’uso di luci o<br />
musica. Ripetuti episodi di fatica dovrebbero<br />
motivare il ricorso al medico competente.<br />
Esistono questionari in italiano per il<br />
monitoraggio della fatica. Il questionario di<br />
Yoshitake misura la fatica fisica e mentale. E’<br />
stato da noi impiegato nel monitoraggio di<br />
compiti critici già negli anni ‘80, in<br />
associazione con misurazioni dei tempi di<br />
reazione e del flicker fusion test. Altri<br />
questionari: la Epworth Sleepiness Scale, la<br />
Occupational Fatigue Exhaustion Recovery<br />
Scale<br />
Il medico inoltre deve cogliere i segni di<br />
eccessiva fatica, fisici (sbadigliare, strofinarsi<br />
gli occhi o socchiuderli, crollare il capo,<br />
micro-addormentamenti, disturbi digestivi),<br />
mentali (difficoltà di concentrazione, calo di<br />
attenzione, difficoltà a ricordare le cose fatte,<br />
dimenticare di comunicare cose importanti,<br />
non riuscire a prevedere eventi o azioni, fare<br />
la cosa sbagliata, non fare la cosa giusta) ed<br />
emozionali (essere più tranquillo o meno<br />
attivo del solito, mancanza di energia,<br />
mancare della motivazione per fare le cose<br />
bene).<br />
In ogni azienda si dovrebbero condurre<br />
indagini in caso di incidenti. Gli incidenti<br />
devono essere investigati raccogliendo<br />
adeguate informazioni circa lo stato di fatica<br />
dei lavoratori coinvolti. Per questo scopo<br />
esistono questionari appositi che indagano in<br />
particolare lo stato dell’operatore, il suo<br />
orario, fattori medici e il tipo di incidente. Gli<br />
investigatori devono essere opportunamente<br />
formati nel riconoscere i segni della fatica<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
Altre indagini dovrebbero essere fatte nel<br />
caso di malattie potenzialmente relate alla<br />
fatica. Il medico competente deve<br />
determinare se la condizione è dovuta al<br />
lavoro, indicare i rimedi e tenere conto dei<br />
possibili eventi a lungo termine, I dati<br />
aziendali relativi alle assenze, allo<br />
straordinario, agli infortuni e alla produttività<br />
dovrebbero essere periodicamente analizzati.<br />
Nel caso di problemi, si dovrebbe<br />
approfondire <strong>media</strong>nte focus group,<br />
questionari, interviste o valutazioni oggettive<br />
più dettagliate.<br />
Il sistema di gestione deve essere<br />
costantemente monitorato e periodicamente<br />
rivisto.<br />
Nella scelta degli indicatori, evitare i<br />
frequenti errori: troppe misure, ne servono<br />
poche, ma critiche, misure difficili da<br />
ottenere, misure non significative<br />
In sintesi: cosa deve fare il MC? (1) Fare il<br />
medico. (2) Adottare gli strumenti opportuni<br />
ai fini diagnostici ed epidemiologici. (3)<br />
Rivolgersi quando necessario allo specialista<br />
e seguire insieme l’evoluzione del caso. (4)<br />
Partecipare alla valutazione e alla gestione<br />
del rischio come consulente del datore di<br />
lavoro.<br />
La fatica e la sonnolenza sono cause maggiori<br />
di infortuni, perdita di produttività e<br />
peggioramento della qualità della vita. I<br />
fattori demografici ed economici in atto ci<br />
dicono che fatica e sonnolenza<br />
aumenteranno. Per salvaguardare salute e<br />
sicurezza occorre: programmare<br />
correttamente gli orari di lavoro,<br />
iImplementare contromisure di provata<br />
efficacia, considerare il sonno una priorità. E<br />
ricordare che: nulla può sostituire il sonno!<br />
23<br />
23
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
24<br />
PDT E MODELLI ORGANIZZATIVI TERRITORIALI:<br />
PER UNA MEDICINA DEL SONNO INTEGRATA<br />
V. PATRUNO<br />
Integrazione ospedale territorio: l’esempio della sleep apnea<br />
Il tema della integrazione fra territorio e<br />
struttura ospedaliera è di complessità<br />
enorme e sicuramente non riducibile a<br />
qualche esempio isolato. Un punto di<br />
partenza è dato dalla evidenza che dopo 20<br />
anni dalla approvazione della legge 833/78<br />
l’obbiettivo programmatico più importante,<br />
appunto la realizzazione di tale target<br />
primario di politica sanitaria, sia ancora<br />
inseguito senza successo.<br />
Gli ostacoli sono continuamente discussi e<br />
sottoposti ad analisi spesso tanto ponderose<br />
quanto inefficaci: fra quelli che mi sentirei di<br />
condividere più radicalmente a)<br />
programmazione insufficiente, b) modelli<br />
organizzativi inapplicabili c) paradigmi di<br />
riferimento, cioè i modelli fondamentali,<br />
superati, d) divario fra competenze e conosce<br />
sempre più ampio.<br />
Pensiamo al paradigma di riferimento (non<br />
possiamo fare altrimenti) che “Territorio”<br />
identifica il Distretto che è investito dagli<br />
obbiettivi di cura nel luogo di vita e<br />
l’ospedale identifica come il laboratorio<br />
tempio della oggettività che è ha l’investitura<br />
di fornire risposte certe. Si capisce bene<br />
come il livello di integrazione in questa<br />
dicotomia è quasi per definizione assoluto.<br />
A tutto questo si aggiunga che se vogliamo<br />
uscire dagli slogan della presa in carico dei<br />
bisogni complessi per entrare nella logica<br />
della fattibilità, allora e im<strong>media</strong>tamente ci<br />
scontriamo con difficoltà insormontabili: le<br />
fragilità individuali e familiari, il peso<br />
importabile della cronicità, le variabili sociali,<br />
culturali ed economiche, la accessibilità.<br />
L’esempio della sleep-apnea riflette nella<br />
esperienza di ogni operatore sul campo e fino<br />
in fondo la declinazione esatta egli ostacoli<br />
sopradescritti responsabili della inattuazione<br />
della integrazione fra ospedale e territorio.<br />
Nella maggior parte delle realtà<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
semplicemente il territorio non esiste se non<br />
come erogatore burocratico di quanto<br />
definito da una, o più strutture superiori che<br />
gestiscono nella interezza ogni aspetto di<br />
diagnosi-cura-controllo dei pazienti con<br />
sleep-apnea. E’ un sistema, tuttavia, che<br />
funziona solo finché ci sono le risorse<br />
necessarie a livello del sistema-ospedale. O<br />
meglio finché continuano ad esserci e quindi<br />
ad aumentare le risorse richieste , perché<br />
sappiamo tutti molto bene che la patologia di<br />
cui stiamo parlando determina un<br />
incremento esponenziale delle risorse<br />
necessarie nel tempo.<br />
Nel momento in cui le risorse disponibili in<br />
ospedale si attestano o diminuiscono,<br />
l’ospedale deve cercare alleati con cui<br />
dividere i costi. Ma può farlo mantenendo<br />
l’unicità del modello hub-spoke attuale?<br />
Non ho ovviamente risposte risolutive. Posso<br />
descrivervi il punto di vista del territorio<br />
(ASSL di cui faccio parte).<br />
Il principio della autosufficienza territoriale,<br />
come suggerito da qualche osservatore può<br />
essere una base concettuale di risposta,<br />
almeno la dove a livello distrettuale si possa<br />
prevedere l’erogazione di prestazioni di I –II e<br />
III livello.<br />
Immaginiamo un profilo di cura della sleepapnea<br />
basato su una diagnostica<br />
ospedaliera, su un approccio terapeutico<br />
ospedaliero e/o territoriale e su un percorso<br />
di follow-up territoriale.<br />
L’Ospedale è deputato alla diagnostica<br />
(ambulatoriale o, nei casi richiesti,<br />
ospedaliera) e si fa promotore di un<br />
approccio terapeutico (ventilatorio,<br />
chirurgico, ecc) la cui esecuzione potrà essere<br />
sia ospedaliera ( chirurgia evidentemente)<br />
che distrettuale (addestramento e titolazione<br />
CPAP, ad esempio). Il follow-up potrebbe<br />
ricadere interamente sul territorio.<br />
24
a b s t r a c t b o o k<br />
Il modello di riferimento a quel punto non è<br />
più “core-system” ma diventa un “in<br />
parallelo”. Linee cioè di attività che si<br />
orientano su percorsi specifici integrandosi<br />
l’un l’altra.<br />
La difficoltà principale è che cambiano gli<br />
attori di cura (non vi è più un unico casemaneger”)<br />
e il sistema semplicemente cessa<br />
di funzionare se gli attori non mantengono<br />
un livello altissimo di integrazione fra loro.<br />
F. PEVERINI – L. PARRINO – RAPPRESENTANTE ASSOGAS<br />
Medicina del sonno: il ruolo dei privati e dei service<br />
Le molteplici e recenti richieste di esame<br />
Polisonnografico corrispondono alla<br />
progressiva presa di coscienza generale<br />
dell’importanza sociale e sanitaria delle<br />
problematiche legate ai disturbi del sonno, in<br />
particolare all’OSAS, ma dimostrano<br />
parallelamente l’attuale mismatch<br />
osservabile in Italia tra necessità diagnostica<br />
ed offerta in tal senso.<br />
Dove, come e a quale costo eseguire una<br />
Polisonnografia è il naturale quesito, ma<br />
estremamente significativa è la reale e<br />
generale disinformazione su una materia<br />
molto complessa come la Medicina del Sonno<br />
e la diagnostica della Sindrome delle Apnee<br />
Notturne.<br />
In condizioni di limitata risposta da parte del<br />
SSR, in poco tempo si è creato un vero<br />
“mercato” della Polisonnografia, all’interno<br />
del quale Medici qualificati o meno, oppure<br />
Centri privati o perfino Aziende del settore<br />
offrono Polisonnografie anche a domicilio a<br />
costi sempre più bassi.<br />
Quanto costa? E' infatti una delle prime<br />
domande che il paziente rivolge al Centro, del<br />
resto naturale in tempi di crisi.<br />
E quindi: come si svolge? Qui possiamo<br />
aiutare facilmente il paziente: le Linee Guida<br />
Italiane (Linee Guida di Procedura<br />
Diagnostica nella Sindrome delle Apnee<br />
Ostruttive nel Sonno dell'Adulto) prevedono<br />
una definizione precisa della tipologia di<br />
esami che possono essere contemplati nella<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
Altro punto imprescindibile è che i percorsi,<br />
le indicazioni , le strategie e gli approcci<br />
terapeutici debbano appartenere<br />
completamente al bagaglio culturale dei<br />
diversi attori e debbano essere<br />
periodicamente ridiscussi e condivisi<br />
La attrattiva maggiore è che si possono<br />
fornire ipotesi di integrazione a costi<br />
contenuti e con risultati attesi perseguibili.<br />
diagnostica dei Disturbi Respiratori in Sonno<br />
(Apnee Notturne):<br />
A - Monitoraggio notturno cardiorespiratorio<br />
ridotto<br />
B - Monitoraggio notturno cardiorespiratorio<br />
completo<br />
C - Polisonnografia notturna con sistema<br />
portatile<br />
D - Polisonnografia notturna in laboratorio<br />
Quale apparecchiatura sarà utilizzata? Chi<br />
esegue l’esame? Sono istanze che non<br />
vengono quasi mai formulate. Al contrario, il<br />
paziente deve poter conoscere la qualifica del<br />
Medico che esegue l’esame o nel caso che<br />
l’apparecchiatura venga posizionata da un<br />
tecnico di neurofisiopatologia, chi è il Medico<br />
che referta la Polisonnografia.<br />
A questo proposito, esistono in Italia Centri<br />
Pubblici e Privati che si occupano di Medicina<br />
del Sonno. Per tutti, sono stati definiti i<br />
requisiti minimi in materia di personale,<br />
attrezzature e attività che tali Centri devono<br />
possedere.<br />
La Medicina del Sonno ed in particolare lo<br />
studio delle Apnee Notturne, sono un campo<br />
di recente sviluppo scientifico, molto<br />
articolato, la cui caratteristica peculiare è la<br />
multidisciplinarietà. Questo vuol dire che<br />
sono molti gli specialisti che si occupano della<br />
diagnosi e delle possibili terapie di ogni<br />
singolo paziente. E’ quindi impensabile che<br />
un paziente sia sottoposto ad un Esame<br />
Polisonnografico da medici che non<br />
appartengano ad una Equipe largamente<br />
25<br />
25
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
26<br />
qualificata, così come è necessario che il<br />
referto sia valutato alla luce delle più attuali<br />
regole di lettura dell’esame<br />
Polisonnografiche (le Linee Guida della<br />
American Academy of Sleep Medicine del<br />
2007).<br />
Allo stesso modo non è ammissibile che i<br />
pazienti si vedano consegnare un referto che<br />
il software delle apparecchiature produce<br />
automaticamente. Sono purtroppo molti i<br />
casi in cui i pazienti portano in visita referti<br />
enormemente differenti per qualità e<br />
contenuto, con risposte spesso ampiamente<br />
contraddittorie o incomplete. In altre parole,<br />
effettuare un Esame Polisonnografico non è<br />
acquistare banalmente sul mercato una<br />
comune prestazione sanitaria, effettuata da<br />
un medico qualsiasi.<br />
Al contrario, alla luce delle possibili<br />
complicanze cardiovascolari della Sindrome<br />
delle Apnee Notturne, la Polisonnografia è un<br />
importantissimo accertamento, in grado di<br />
contribuire significativamente al<br />
miglioramento della salute attuale e futura<br />
del paziente che ne risulta affetto.<br />
Ed ora l’ultimo, ma non meno importante,<br />
punto in questione: una volta ottenuto il<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
referto, a quale medico affidare le decisioni<br />
in ambito diagnostico – terapeutico?<br />
Il medico di riferimento è quello che chiede<br />
di effettuare l’esame Polisonnografico, a cui<br />
una volta ottenuta una diagnosi, l’ Equipe<br />
affiderà il futuro iter diagnostico-terapeutico<br />
del paziente.<br />
Solo in assenza di una simile figura, i medici<br />
dell’Equipe, una volta formulata la diagnosi,<br />
potranno proporre eventuali procedure<br />
diagnostiche o terapeutiche, sempre<br />
comunicando i dati ottenuti, al medico di<br />
base del paziente.<br />
La vera sfida della Medicina del Sonno in<br />
Italia, in costante carenza di supporto da<br />
parte del SSR, è quella di creare comunque,<br />
<strong>media</strong>nte il progressivo ampliamento<br />
dell’offerta clinica e dei programmi di<br />
formazione, una rete specialistica affidabile,<br />
che non sia naturalmente solo pubblica, in<br />
grado di offrire su tutto il territorio un<br />
efficace ed omogeneo iter diagnostico<br />
terapeutico.<br />
Allo stesso tempo è necessario che venga<br />
costantemente incoraggiata, da parte di tutti<br />
gli operatori, la produzione di dati scientifici<br />
che promuovano la comprensione del<br />
fenomeno e dei suoi effetti nel nostro paese.<br />
26
a b s t r a c t b o o k<br />
NUOVE TENDENZE IN MEDICINA DEL SONNO<br />
GIOVANI RICERCATORI<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
Il controllo autonomico cardiovascolare durante sonno nella sindrome di brugada: l’importanza<br />
della comorbidità con i disturbi respiratori de sonno.<br />
E. Tobaldini 1 , J.Brugada 2 , B. Begona 2 , I.<br />
Molina 2 , J. Montserrat 3 , T.Kara 4 ,<br />
P.Leinveber 5 , PG. Macedo 6 , VK. Somers 6 , N.<br />
Montano 1 .<br />
1Dip. Scienze Biomediche e Cliniche, Osp.<br />
L.Sacco, Univ. degli Studi di Milano, 2,3 Dip.<br />
Cardiologia-Pneumologia, Hospital Clínic,<br />
Barcellona, 4,5 ICRC and Int Clin Res Center, St.<br />
Anne's Hospital Brno, 6 Div CV Diseases, Mayo<br />
Clinic, Rochester, MN.<br />
Obiettivo. La sindrome di Brugada (BRU) è<br />
caratterizzata da specifiche anomalie<br />
elettrocardiografiche, quali aritmie<br />
ventricolari e morte cardiaca improvvisa, più<br />
frequenti durante la notte, quando la<br />
modulazione vagale è predominante [1]. E’<br />
stato dimostrato che questi pazienti hanno<br />
una maggior prevalenza di disturbi respiratori<br />
del sonno (SDB) rispetto ai controlli [2].<br />
Tuttavia, gli effetti di SDB sulla regolazione<br />
autonomica durante sonno in pazienti affetti<br />
da sindrome di Brugada non sono noti.<br />
Materiali e metodi. Abbiamo valutato il<br />
controllo autonomico nei pazienti BRU con<br />
SDB (BRU-SDB, n=9), Bru senza SDB (BRU,<br />
n=9) e controlli (CON, n=8), durante la veglia<br />
(V) e sonno (NREM 1, NREM 2, NREM 3 e<br />
REM). Il controllo autonomico è stato<br />
valutato <strong>media</strong>nte analisi spettrale della<br />
variabilità della frequenza cardiaca (HRV) e<br />
indici di entropia (indice di regolarità, Ro e<br />
Corrected Conditional Entropy, CCE). HRV<br />
quantifica le oscillazioni ritmiche delle serie<br />
temporali del ciclo cardiaco; due componenti<br />
principali possono essere identificate: la<br />
componente a bassa frequenza, LF, e la<br />
componente ad alta frequenza, HF, indici<br />
rispettivamente di modulazione simpatica e<br />
vagale. Gli indici non lineari di entropia<br />
valutano la complessità del controllo<br />
autonomico cardiovascolare. Ro varia da 1<br />
(massima regolarità, minima complessità) a 0<br />
(minima regolarità, massima complessità).<br />
CCE rappresenta la massima quota di<br />
informazione derivata da una serie RR; vale 0<br />
quando il nuovo campione è completamente<br />
prevedibile e ha valore massimo quando<br />
invece è completamente imprevedibile.<br />
Risultati. Il gruppo BRU-SDB è caratterizzato<br />
da una ridotta HRV totale rispetto a BRU e<br />
CON durante V (1528 ms 2 vs 8076 ms 2 e 7993<br />
ms 2 ) e sonno e da una significativamente<br />
ridotta componente LF soprattutto durante<br />
N2 (47 vs 66 e 69nu) e REM (32 vs 62 e 73nu).<br />
Durante REM, è stata osservata<br />
un’incrementata modulazione parasimpatica<br />
rispetto a BRU e CON. Gli indici di entropia<br />
sono risultati simili nei tre gruppi durante<br />
veglia e sonno.<br />
Discussione. Questi dati suggeriscono che i<br />
pazienti con sindrome di Brugada senza SDB<br />
hanno un controllo autonomico conservato<br />
sia durante veglia che sonno; tuttavia, la<br />
presenza di SDB si accompagna ad un<br />
aumento di modulazione vagale più evidente<br />
durante sonno REM. Le modificazioni della<br />
complessità del controllo autonomico sono<br />
simili nei pazienti con sindrome di Brugada<br />
con e senza SDB, rispetto ai controlli.<br />
Conclusione. La sindrome di Brugada non è<br />
associata, di per se, ad alterazioni<br />
autonomiche durante veglia e sonno,<br />
tuttavia, la presenza di SDB gioca un ruolo<br />
chiave nelle modificazioni autonomiche<br />
cardiovascolari durante sonno.<br />
Bibliografia:<br />
[1] Brugada P, J Am Coll Cardiol 1992; [2]<br />
Macedo PG et al. AJC 2011; [3] Montano N et<br />
al. Neur Bio Rev 2009.<br />
27<br />
27
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
28<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
Studio dell’attività autonomica in sonno in pazienti affetti da Epilessia Notturna del Lobo<br />
Frontale: il ruolo modulatore del Cyclic Alternating Pattern<br />
G Milioli 1 , F De Paolis 1 , A Grassi 1 , S Riccardi 1 ,<br />
MG Terzano 1 , P. Cortelli 2 L Parrino 1<br />
1 Centro di Medicina del Sonno, Azienda<br />
Ospedaliero Universitaria di Parma.<br />
2 IRCSS Istituto delle Scienze Neurologiche di<br />
Bologna, Dipartimento di Scienze<br />
Neurologiche, Università di Bologna.<br />
Obbiettivi: le variazioni di ampiezza dell’onda<br />
di polso pletismografica (PWA) sono il<br />
risultato di una vasocostrizione periferica<br />
indotta dall’attivazione del sistema nervoso<br />
simpatico. E' stato dimostrato che le cadute<br />
del PWA posso essere considerate un marker<br />
di modificazione dell'attività corticale anche<br />
in assenza di arousals elettroencefalografici<br />
convenzionali [1]. Il nostro studio vuole<br />
analizzare la relazione esistente tra le cadute<br />
del PWA e le fluttuazioni dei sistemi d'arousal<br />
espresse attraverso il Cyclic Alternating<br />
Pattern (CAP) in pazienti affetti da Epilessia<br />
Notturna del Lobo Frontale (NFLE) .<br />
Materiali e Metodi: sono state selezionate<br />
20 video-polisonnografie notturne condotte<br />
in soggetti affetti da NFLE (età <strong>media</strong> 25 ± 7<br />
anni di cui 12 maschi e 8 femmine). I<br />
parametri macrostruttuarli e CAP sono stati<br />
analizzati in cieco rispetto alle variazioni di<br />
ampiezza del PWA. Solo le riduzioni del PWA<br />
≥30% sono state incluse nell’analisi. L'analisi<br />
di correlazione temporale tra PWA e fasi A<br />
del CAP è stata effettuata in una finestra<br />
temporale che andava da10 secondi prima<br />
della caduta del PWA a 15 secondi dopo<br />
l’inizio della caduta del PWA. Per esplorare in<br />
maniera più approfondita il ruolo modulatore<br />
del CAP sull'attività autonomica è stata<br />
inoltre confrontata la variabilità<br />
dell'intervallo RR nelle fasi A del CAP<br />
associate e in quelle non associate a caduta<br />
del PWA.<br />
Risultati: nei pazienti con NFLE il CAP rate<br />
(vm 59%) è significativamente più elevato<br />
paragonato ai soggetti normativi bilanciati<br />
per età (vm 32%). Sono state individuate un<br />
totale di 5870 cadute del PWA e 11234 fasi A<br />
del CAP. 4561 cadute del PWA (78%) erano<br />
associate, nell’intervallo temporale<br />
analizzato, con una fase A del CAP. Le fasi A<br />
del CAP che si collocavano nei 10 s prima<br />
dell’inizio della caduta dell’onda di polso<br />
pletismografica (3004) erano<br />
significativamente più numerose (p
a b s t r a c t b o o k<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
Valutazione del controllo stato dipendente dei parametri cardiovascolari e della temperatura<br />
corporea interna nei pazienti con lesione spinale<br />
P. Guaraldi 1 , G. Calandra-Buonaura 1 , A.<br />
Cecere 1 , D. Grimaldi 1 , G. de Scisciolo 2 , F.<br />
Provini 1 , P. Cortelli 1<br />
1<br />
IRCSS Istituto delle Scienze Neurologiche di<br />
Bologna, Dipartimento di Scienze<br />
Neurologiche, Università di Bologna, ITALIA<br />
2<br />
Unità Spinale, AOUC (Azienda Ospedaliera<br />
Careggi), Firenze, ITALIA<br />
Scopo del lavoro: i pazienti con lesione<br />
spinale, oltre al deficit motorio e sensitivo, a<br />
seconda della sede e della severità del danno<br />
lesionale, presentano vari gradi di<br />
disautonomia (1-3), che oltre a ridurre<br />
notevolmente la loro qualità di vita si<br />
associano a un aumentato rischio di morbilità<br />
e mortalità (3-5).<br />
Studi precedenti hanno dimostrato la stretta<br />
relazione presente tra il sistema nervoso<br />
vegetativo e il sonno (6). Tuttavia, anche se in<br />
letteratura troviamo diversi studi<br />
epidemiologici che evidenziano la netta<br />
prevalenza dei disturbi del sonno nei pazienti<br />
mielolesi (7-10), ad oggi solo pochi studi<br />
polisonnografici (PSG) sono stati pubblicati<br />
(11, 12).<br />
Infine, nei pazienti con lesione spinale, non<br />
sono mai state analizzate le modificazioni<br />
circadiane e stato dipendenti della pressione<br />
arteriosa (PA), della frequenza cardiaca (FC)<br />
e della temperature corporea interna (TCI).<br />
Oggetto del nostro studio è stato monitorare<br />
in continuo per 24h PA, FC, TCI ed EEG nei<br />
pazienti mielolesi per valutare la presenza di<br />
alterazioni nel controllo vegetativo dei<br />
parametri cardiovascolari e della TCI durante<br />
il ciclo sonno-veglia e la loro possibile<br />
associazione all’aumentato rischio<br />
cardiovascolare.<br />
Materiali e Metodi: 5 pazienti tetraplegici<br />
con lesione cervicale (C4-C7), 7 paraplegici<br />
con lesione toracica (D2-D12) e 7 controlli<br />
sani (CNT) hanno eseguito una Video-PSG di<br />
24-h in condizioni controllate.<br />
Abbiamo registrato in continuo la PA sistolica<br />
e diastolica (PAS, PAD) e la FC attraverso il<br />
device portatile Portapres. La temperatura<br />
rettale è stata monitorata a intervalli di 2<br />
minuti grazie al registratore portatile Minilogger<br />
TM. L’EEG è stato registrato in<br />
continuo attraverso un poligrafo<br />
ambulatoriale registrante I seguenti<br />
parametri C3-A2, C4-A1, O2-A1, EOG destro e<br />
sinistro, ECG, EMG del muscolo miloioideo e<br />
tibiale anteriore destro e sinistro, oltre al<br />
respiro toraco-addominale.<br />
Risultati:<br />
1. I pazienti con lesione cervicale e tracica<br />
presentano un alterazione della<br />
macrostruttura del sonno caratterizzata<br />
dalla netta prevalenza delle fasi di sonno<br />
leggero NREM rispetto ai controlli sani.<br />
2. Le modificazioni circadiane della PA sono<br />
abolite/invertite nei pazienti tetraplegici,<br />
mentre sono ridotte nei paraplegici. Non<br />
sono state riscontrate modificazioni<br />
significative dei valori giorno-notte di FC<br />
nei tre gruppi, ma i pazienti tetraplegici<br />
presentavano valori più elevai di FC nelle<br />
ore notturne rispetto ai controlli.<br />
3. L’analisi stato dipendente di PA, FC ha<br />
dimostrato che sia i tetraplegici che i<br />
paraplegici non presentano la fisiologica<br />
modulazione dei parametri cardiovascolari<br />
durante le fasi di veglia e sonno REM e<br />
NREM.<br />
4. I tetraplegici presentano una grave<br />
alterazione dell’andamento circadiano<br />
della TCI.<br />
5. L’analisi stato dipendente della TCI ha<br />
evidenziato che sia i pazienti con lesione<br />
cervicale che toracica non presentano la<br />
fisiologica modulazione della TCI durante<br />
la veglia e le varie fasi di sonno.<br />
Conclusioni: Questo è lo studio PSG più<br />
numeroso fino ad oggi eseguito in una<br />
29<br />
29
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
30<br />
popolazione di pazienti mielolesi ed è il primo<br />
studio eseguito con monitoraggio continuo<br />
dei parametri cardiovascolari e TCI. I risultati<br />
ottenuti evidenziano che i pazienti mielolesi<br />
presentano un’importante compromissione<br />
del ritmo sonno veglia e del controllo<br />
vegetativo dei parametri cardiovascolari e<br />
della TCI che potrebbe associarsi<br />
all’aumentato mortalità e morbilità<br />
riscontrata in questi pazienti.<br />
Bibliografia:<br />
1. Claydon VE, Krassioukov AV.<br />
Orthostatic hypotension and<br />
autonomic pathways after spinal cord<br />
injury. Journal of neurotrauma.<br />
2006;23(12):1713-25. Epub<br />
2006/12/23.<br />
2. Furlan JC, Fehlings MG, Shannon P,<br />
Norenberg MD, Krassioukov AV.<br />
Descending vasomotor pathways in<br />
humans: correlation between axonal<br />
preservation and cardiovascular<br />
dysfunction after spinal cord injury.<br />
Journal of neurotrauma.<br />
2003;20(12):1351-63. Epub<br />
2004/01/30.<br />
3. Krassioukov A, Claydon VE. The<br />
clinical problems in cardiovascular<br />
control following spinal cord injury: an<br />
overview. Progress in brain research.<br />
2006;152:223-9. Epub 2005/10/04.<br />
4. Myers J, Lee M, Kiratli J.<br />
Cardiovascular disease in spinal cord<br />
injury: an overview of prevalence,<br />
risk, evaluation, and management.<br />
Am J Phys Med Rehabil.<br />
2007;86(2):142-52. Epub 2007/01/26.<br />
5. Garshick E, Kelley A, Cohen SA,<br />
Garrison A, Tun CG, Gagnon D, et al. A<br />
prospective assessment of mortality<br />
in chronic spinal cord injury. Spinal<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
Cord. 2005;43(7):408-16. Epub<br />
2005/02/16.<br />
6. Cortelli P, Lombardi C. Autonomic<br />
Dysfunctions in Sleep Disorders. In:<br />
Culebras A, editor. Sleep disorders<br />
and neurologic diseases. 2nd ed. New<br />
York: Informa Healthcare; 2007. p.<br />
337-48.<br />
7. Biering-Sorensen F, Biering-Sorensen<br />
M. Sleep disturbances in the spinal<br />
cord injured: an epidemiological<br />
questionnaire investigation, including<br />
a normal population. Spinal Cord.<br />
2001;39(10):505-13. Epub<br />
2001/10/20.<br />
8. Norrbrink Budh C, Hultling C,<br />
Lundeberg T. Quality of sleep in<br />
individuals with spinal cord injury: a<br />
comparison between patients with<br />
and without pain. Spinal Cord.<br />
2005;43(2):85-95. Epub 2004/12/01.<br />
9. Jensen MP, Hirsh AT, Molton IR,<br />
Bamer AM. Sleep problems in<br />
individuals with spinal cord injury:<br />
frequency and age effects. Rehabil<br />
Psychol. 2009;54(3):323-31. Epub<br />
2009/08/26.<br />
10. Biering-Sorensen F, Jennum P, Laub<br />
M. Sleep disordered breathing<br />
following spinal cord injury. Respir<br />
Physiol Neurobiol. 2009;169(2):165-<br />
70. Epub 2009/09/05.<br />
11. Adey WR, Bors E, Porter RW. EEG<br />
sleep patterns after high cervical<br />
lesions in man. Arch Neurol.<br />
1968;19(4):377-83. Epub 1968/10/01.<br />
12. Scheer FA, Zeitzer JM, Ayas NT, Brown<br />
R, Czeisler CA, Shea SA. Reduced sleep<br />
efficiency in cervical spinal cord<br />
injury; association with abolished<br />
night time melatonin secretion. Spinal<br />
Cord. 2006;44(2):78-81. Epub<br />
2005/09/01.<br />
30
a b s t r a c t b o o k<br />
Valutazione neurofisiologica dell’ipereccitabilita’ spinale nella SGSR<br />
P. Congiu, P. Tacconi, G. Gioi, F. Marrosu, M.<br />
Puligheddu<br />
Dipartimento Scienze Cardiovascolari –<br />
Università di Cagliari<br />
Obiettivi: La Sindrome delle Gambe Senza<br />
Riposo (SGSR) è una patologia molto<br />
frequente ma misconosciuta e sottostimata,<br />
arrivando ad interessare fino al 5-10% della<br />
popolazione generale. Le caratteristiche<br />
salienti della patologia sono l’impellente<br />
necessità di muovere le gambe,<br />
generalmente associata a sensazioni<br />
spiacevoli a livello delle stesse, l’andamento<br />
circadiano dei sintomi con presentazione<br />
nelle ore serali ed il beneficio derivante dal<br />
movimento. Caratteristiche associate nella<br />
quasi totalità dei casi sono i PLM e la pronta<br />
risposta alla terapia dopaminergica.<br />
Nonostante sia una patologia diffusa, ancora<br />
la sua fisiopatologia non è stata compresa<br />
totalmente. Sicuramente il sistema<br />
dopaminergico svolge un ruolo di primo<br />
livello, inoltre alcuni studi hanno evidenziato<br />
una condizione d’ipereccitabilità spinale. Lo<br />
scopo del nostro studio è stato quello di<br />
dimostrare l’ipereccitabilità spinale,<br />
<strong>media</strong>nte valutazione elettrofisiologica del<br />
sistema nervoso periferico e spinale.<br />
Materiali e Metodo: tra i pazienti affetti da<br />
SGSR afferenti al Centro del Sonno di Cagliari,<br />
sono state selezionate 15 donne, confrontate<br />
con 17 soggetti di controllo di sesso<br />
femminile, corrispondenti per età. Tutti i<br />
soggetti sono stati sottoposti avalutazione<br />
ENGper escludere eventuali cause secondarie<br />
di parestesie agli arti inferiori e per valutare<br />
l’eccitabilità spinale; analogamente a quanto<br />
proposto da Isaak nel suo studio, abbiamo<br />
considerato due parametri facilmente<br />
estrapolabili dagli esami effettuati<br />
routinariamente nei laboratori di<br />
neurofisiopatologia, la durata delle onde F<br />
(FWD) dei nervi SPI ed ulnare ed il rapporto<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
tra la FWD e la durata del CMAP (CMAPD)<br />
corrispondente.<br />
Risultati: Nessuno dei soggetti inclusi<br />
presentava alterazioni delle velocità di<br />
conduzione nervosa. La FWD <strong>media</strong> e la<br />
<strong>media</strong> del rapporto FWD/CMAPD erano in<br />
maniera statisticamente significativa più alte<br />
nel gruppo dei pazienti rispetto ai controlli<br />
per entrambi i nervi: ulnare (p
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
32<br />
Bara-Jimenez W, et al. Periodic limb<br />
movements in sleep: statedependentexcitability<br />
of the<br />
spinalflexorreflex. Neurology2000;54:1609-<br />
1616<br />
Trenkwalder C, Pauluc W. Restless legs<br />
syndrome: pathophysiology,<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
clinicalpresentation and management.<br />
NatRevNeurol2010;6:337-346<br />
Allen RP, et al. Restless legs syndrome:<br />
diagnostic criteria, special considerations and<br />
epidemiology. A report from the restless legs<br />
syndrome diagnosis and epidemiology<br />
workshop at the National Institute of health.<br />
SleepMed2003;4(2):101-109<br />
La coma recovery scale revised (crs-r) comparata con gli esami neurofisiologici (polisonnografia e<br />
potenziali evocati) nella valutazione dei disturbi prolungati di coscienza<br />
S. Lorenzut¹, S. de Biase¹, F. Basaldella¹, M.<br />
Fuccaro¹, P. Sfreddo², G. Rossato³, C.<br />
Bianconi³, G. Gigli¹<br />
¹ Centro di Medicina del Sonno, Clinica<br />
Neurologica, Università di Udine<br />
² Residenza S.S. "Pineta del Carso" – Trieste<br />
³ Neurologia - "Ospedale Sacro Cuore Don<br />
Calabria" - Negrar (VR)<br />
Obiettivi: scopo del nostro studio è di<br />
valutare l’importanza della registrazione del<br />
sonno notturno nei pazienti con disturbo<br />
prolungato di coscienza, ricercando una<br />
possibile correlazione tra valutazione clinica,<br />
caratteristiche del sonno e potenziali evocati.<br />
Per quanto a nostra conoscenza non ci sono<br />
studi che abbiano utilizzato questi esami<br />
neurofisiologici in questa tipologia di<br />
pazienti, confrontandoli con scale cliniche<br />
standardizzate, in particolare la CRS-R.<br />
Materiali e Metodi: I pazienti sono stati<br />
sottoposti a una valutazione clinica e<br />
neurofisiologia. La valutazione clinica<br />
prevedeva l’applicazione delle seguenti scale:<br />
CRS-R, Disability Rating Scale (DRS) and<br />
Glasgow Coma Scale (GCS). La valutazione<br />
neurofisiologica prevedeva invece la<br />
polisonnografia delle 24 ore, e potenziali<br />
evocati multimodali (PESS, PEV, BAEP) e<br />
cognitivi (P300 e MMN).<br />
Risultati: Il punteggio medio alla CRS- R dei<br />
pazienti in Stato Vegetativo era di 4,61±1,58<br />
vs 9,00±0,71 dei pazienti in Stato di Minima<br />
Coscienza.In 7 pazienti la polisonnografia<br />
delle 24 ore aveva evidenziato la presenza di<br />
un sonno ben strutturato (alternanza sonnoveglia,<br />
ciclicità, alternanza REM-NREM,<br />
presenza di k-complex e fusi del sonno); In<br />
tali pazienti il punteggio medio delle CRS- R<br />
era di 8,14 ±1,68, a differenza dei 16 pazienti<br />
restanti in cui mancava uno o più di questi<br />
elementi, il cui punteggio medio era di<br />
4,31±1,54 (p
a b s t r a c t b o o k<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
Alterazioni dei pattern spontanei di local coherence e network topology in pazienti con osas.<br />
Santarnecchi E. 1 2 , Del Bianco C. 1 2 , Sicilia I. 1<br />
2 , Marino. D. 1 2 , Polizzotto N. 3 , Vatti G. 1 2 ,<br />
Rocchi R. 1 2 , Rossi A. 1<br />
1<br />
Department of Neurological and<br />
Neurosensorial Sciences, University of Siena,<br />
Italy.<br />
2<br />
Centre for Sleep Medicine, University of<br />
Siena, Italy<br />
3<br />
University of Pittsburgh, Psychiatry section,<br />
PA, U.S.A.<br />
Obiettivi. Numerose evienze supportano un<br />
impatto dell’OSAS sull’integrità della sostanza<br />
bianca e grigia corticali (maggior<br />
interessamento del lobo temporale,<br />
dell’ippocampo, della corteccia cingolata<br />
anteriore e cervelletto) [Macey et al. 2008],<br />
un possibile decremento del metabolismo<br />
cerebrale nell’emisfero destro [PET, Yaouhi et<br />
al. 2009], alterazioni del rapporto NAA/Cr-<br />
Cho/Cr in aree frontali e nel talamo [SPECT,<br />
Algin et al. 2012]. Inoltre, studi di fMRI hanno<br />
evidenziato un possibile riarrangiamento dei<br />
network funzionali ingaggiati in compiti di<br />
attenzione, decision making e memoria<br />
(Ayalon et al. 2006). Nell’ultimo decennio,<br />
l’analisi dell’informazione inerente le<br />
fluttuazioni a bassa frequenza del segnale<br />
BOLD-fMRI acquisito durante resting state<br />
(rs-fMRI) si è dimostrata un tool di adeguata<br />
affidabilità e sensitività sia per la detezione di<br />
condizioni di interesse<br />
neurologico/psichiatrico, sia per la<br />
modellizzazione del funzionamento cognitivo<br />
in soggetti sani (Fox et al. 2010). Attualmente<br />
non vi sono evidenze di tali indagini in<br />
pazienti affetti da OSAS, pertanto il nostro<br />
contributo si compone di un’originale analisi<br />
del profilo di rs-fMRI in pazienti con apnee<br />
del sonno di livello grave.<br />
Materiali. 20 pazienti con OSAS grave (età<br />
55yrs+/-8, BMI 28+/-1) e 20 controlli sani<br />
comparabili per età, livello di istruzione, BMI<br />
e sesso sono stati sottoposti a: visita<br />
specialistica con un esperto di medicina del<br />
sonno, polisonnografia, diario del sonno, ESS,<br />
MRI-fMRI. Criteri di esclusione: storia di<br />
disturbi psichiatrici-neurologici, età >65 anni,<br />
lesioni evidenti in sequenze MRI T2, MMSE<br />
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
34<br />
saranno necessarie per valutare la<br />
reversibilità di tali pattern in seguito a<br />
trattamento tramite Cpap.<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
Fig. 1 Pipeline di analisi in ambiente MATLAB, con integrazione dei pacchetti software FSL, SPM,<br />
AFNI. Sono illustrati gli steps dal preprocessing delle immagini strutturali/funzionali fino alla<br />
computazione delle metriche di topologia del network cerebrali a riposo<br />
Fig. 2 Intrinsic brain local coherence profiles. Figure show regional homogeneity mapping across<br />
healthy controls (A) and OSA patients (B) (One-sample t test; P < 0.001, FDR correction). Significant<br />
ReHo clusters observed in both groups include default mode network (DMN) areas , like<br />
precuneus and posterior cingulate cortex. OSA patients didn’t show DMN bilateral parietal and<br />
frontal (mainly middle prefrontal cortex) nodes. Radiological convention.<br />
34
a b s t r a c t b o o k<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
Fig. 3 Results of PSG-ReHo correlational analysis. Red and blue clusters represent positive and<br />
negative correlation (Pearson correlation coefficient, p < 0.05, Montecarlo correction) between<br />
regional homogeneity values and clinical indexes in OSA patients (AHI= apnea-hypopnea index;<br />
Sa02min= lowest nocturnal oxygen saturation (SpO2) value; T
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
36<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
Fig. 4 Regions showing differences in smoothed and unsmoothed fALFF values between OSA and<br />
healthy controls Panel A shows fALFF results, regarding an increased spontaneous activity in right<br />
middle and superior temporal gyri, Heschls gyrus and Insula Panel B shows axial, sagittal and<br />
coronal views of OSA vs Controls contrast result using fALFF with no smoothing, highlighting an<br />
increase in OSA patients of bilateral thalamus spontaneous low-frequency fluctuation Panel C<br />
shows the cluster of hypoactivation that partially overlap with thalamus structures in OSA patients<br />
Panel D shows the cyto-architectonic mapping of significant clusters on to different thalamus<br />
regions, divided by using a thalamo-cortical projection criteria Rows displayed areas that overlap<br />
with significant clusters, while columns represents different probability classes Dark-blue/dark-red<br />
color-code representation indicate over/underrepresentation of different regions into clusters,<br />
Quotient (Q) stand for how much more likely this area was observed in the functionally defined<br />
volume Both left and right thalamic clusters show an overlap with somatosensory, motor and<br />
premotor-linked thalamic regions.<br />
36
a b s t r a c t b o o k<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
Fig. 5 Thalamus functional connectivity differences. Panel A, B and C respectively show the<br />
differences between seed-based functional connectivity profile of thalamus regions linked to<br />
somatosensory, premotor and motor cortex. Showed clusters represent increased functional<br />
connectivity in OSA patients respect to healthy controls (p.
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
38<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
Fig. 6 Results of univariate analysis of functional connectivity data. Figure shows statistically<br />
increased (red) or decreased (blue) vertex properties in OSA patients respect to controls. Images<br />
are in neurological format. Abbreviations: IFGtriang=Inferior frontal gyrus triangular part;<br />
IFGoperc=Inferior frontal gyrus opercular part; PoCG=Postcentral gyrus; PreCG=Precentral gyrus;<br />
STG=Superior temporal gyrus.<br />
38
a b s t r a c t b o o k<br />
Effetti della deprivazione di sonno sull’eccitabilita’ corticale<br />
M. Gorgoni 1 , F. Ferlazzo 1 , F. Moroni 2 , S.<br />
Donarelli 1 , A. D’Atri 1 , S. Fanelli 1 , I. Gizzi<br />
Torriglia 1 , G. Lauri 1 , S. Sdoia 1 , M. Ferrara 3 , C.<br />
Marzano 1 , P.M. Rossini 4 , L. De Gennaro 1<br />
1. Dipartimento di Psicologia, Università di<br />
Roma “Sapienza”, Roma<br />
2. Dipartimento di Psicologia, Università di<br />
Bologna, Bologna<br />
3. Dipartimento di Scienze della Salute,<br />
Università di L’Aquila, L’Aquila<br />
4. Università Cattolica di Roma, Roma<br />
Obiettivi: gli effetti degradanti su vigilanza e<br />
performance cognitiva indotti dalla<br />
deprivazione di sonno (SD) suggeriscono<br />
l’esistenza di alterazioni nell’attività di<br />
specifici circuiti corticali. Studi animali<br />
indicano la presenza di un incremento<br />
dell’eccitabilità corticale dopo veglia<br />
prolungata, mentre le ricerche sull’umano<br />
portano a risultati contrastanti.<br />
Recentemente è stato osservato un chiaro<br />
incremento dell’eccitabilità corticale frontale<br />
nell’umano, valutato tramite TMS-evoked<br />
potentials (TEPs), in seguito a SD (Huber et<br />
al., 2012). Nel presente studio abbiamo<br />
utilizzato i potenziali evocati<br />
somatosensoriali (SEPs) allo scopo di valutare<br />
gli effetti della SD sull’eccitabilità corticale<br />
nell’umano.<br />
Materiali e metodo: all’interno di un<br />
protocollo di SD della durata di 40 ore, 16<br />
soggetti sperimentali sono stati sottoposti a 4<br />
sessioni sperimentali (ore 11.00 e 23.00 del<br />
primo e del secondo giorno) con: a)<br />
valutazione della sonnolenza soggettiva<br />
tramite Karolinska Sleepiness Scale (KSS,<br />
Akerstedt e Gillberg, 1990); b) registrazione<br />
dei SEPs.<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
Risultati: dai risultati della KSS è emerso un<br />
incremento della sonnolenza auto-percepita<br />
in seguito a SD. Per quanto riguarda i SEPs, la<br />
veglia prolungata ha indotto un incremento<br />
progressivo dell’ampiezza delle componenti<br />
P14, P25 e P40 in corteccia somatosensoriale.<br />
Inoltre, dai confronti statistici (t di Student)<br />
tra SEPs Pre- e Post-SD è emerso un<br />
incremento del voltaggio in aree posteriori ed<br />
un decremento in aree anteriori in seguito a<br />
SD nella finestra temporale compresa tra 24<br />
e 27 ms (intorno alla componente P25). Le<br />
modificazioni SD-dipendenti del voltaggio dei<br />
SEPs nelle aree posteriori sono risultate<br />
correlate positivamente con i risultati della<br />
KSS.<br />
Discussione e conclusioni: La SD sembra<br />
indurre un sostanziale incremento<br />
dell’eccitabilità corticale somatosensoriale, in<br />
linea con quanto osservato negli studi<br />
sull’animale e nel lavoro di Huber et al.<br />
(2012). Le modificazioni della topografia<br />
corticale dei SEPs in seguito a SD sembrano<br />
essere in relazione con l’incremento della<br />
sonnolenza soggettiva. Il sonno, pertanto,<br />
sembrerebbe avere un ruolo fondamentale<br />
nel mantenere l’eccitabilità corticale al di<br />
sotto di un livello superato il quale potrebbe<br />
interferire con la normale performance<br />
cognitiva.<br />
Bibliografia<br />
1. Huber R., Mäki H., Rosanova M., Casarotto<br />
S., Canali P., Casali A.G., Tononi G., Massimini<br />
M. Human Cortical Excitability Increases with<br />
Time Awake. Cerebral Cortex 2012;<br />
doi:10.1093/cercor/bhs014.<br />
2. Akerstedt T., Gillberg M. Subjective and<br />
objective sleepiness in the active individual.<br />
Int. J. Neurosci. 1990; 52, 29-37.<br />
39<br />
39
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
40<br />
MISCELLANEA – I SESSIONE<br />
COMUNICAZIONI ORALI<br />
Caratteristiche cliniche e polisonnografiche del sonno nella sclerosi multipla, uno studio<br />
preliminare.<br />
D. Arnaldi 1 , F. Famà 1 , C. Manfredi 1 , A.<br />
Primavera 1 , L. Roccatagliata 2 , C. Mattei 2 , L.<br />
Bonzano 2 , L. Cocito 2 , M. Pardini 2 .<br />
1) Centro di Fisiopatologia del Sonno,<br />
DiNOGMI, Genova.<br />
2) Clinica Neurologica, DiNOGMI, Genova.<br />
Obiettivi: I disturbi del sonno sono stati<br />
riscontrati in pazienti affetti da sclerosi<br />
multipla (SM) con una frequenza superiore<br />
rispetto alla popolazione generale. Tali<br />
disturbi, oltre ad essere associati ad un<br />
aumentato rischio di mortalità e morbilità,<br />
possono peggiorare o mascherare alcuni<br />
sintomi comunemente riscontrati nella SM<br />
quali la depressione, l’ansia, il dolore e la<br />
fatica. Scopo del presente studio è di valutare<br />
le caratteristiche cliniche e polisonnografiche<br />
in un gruppo di pazienti con SM recidivanteremittente<br />
(SM-RR).<br />
Metodi: Sono stati selezionati pazienti early<br />
SM-RR afferenti al centro per le malattie<br />
demielinizzanti del nostro dipartimento con<br />
anamnesi negativa per patologie<br />
neuropsichiatriche e disturbi del sonno. Tutti<br />
i pazienti hanno effettuato una<br />
polisonnografia (PSG) domiciliare che<br />
comprendesse lo studio macrostrutturale del<br />
sonno, lo studio cardio-respiratorio e<br />
l’attività muscolare degli arti inferiori. Sono<br />
stati inoltre valutati la qualità del sonno<br />
(Pittsburgh Sleep Quality Index-PSQI), la<br />
sonnolenza diurna (Epworth Sleepiness Scale-<br />
ESS), il grado di severità di malattia<br />
(Expanded Disability Status Scale-EDSS), la<br />
fatica (Modified Fatigue Inventory Scale-<br />
MFIS), le funzioni attentive (Symbol Digit<br />
Modalities Test-SDMT) e la depressione (Beck<br />
Depression Inventory-BDI). È stata infine<br />
effettuata, in tutti i pazienti, una risonanza<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
magnetica cerebrale con tecniche di<br />
diffusione.<br />
Risultati: Sono stati registrati 7 pazienti, 6 F e<br />
1 M, età 43,6±5,8, BMI 24,1±2,2, con un<br />
tempo di malattia di 9,1±4,8 anni. I parametri<br />
polisonnografici hanno mostrato un AHI di<br />
6,6±5,8 (0-14,7), un ODI di 6,8±8,0 (0-15,8),<br />
un indice PLM di 16,9±25,4 (3,4-73,3),<br />
un’efficienza del sonno di 65,8%±13,5 (47,1-<br />
89,9), una latenza all’addormentamento di<br />
107,7±62,8 minuti (8-188,5) ed una veglia<br />
infra-sonno (WASO) di 64,4±37,6 minuti<br />
(20,5-116). Il Suggested Immobilization Test<br />
(SIT) è risultato positivo in 4 pazienti. La<br />
valutazione clinica ha evidenziato un PSQI di<br />
6,7±2,5 (4-11), una<br />
ESS di 6,6±1,4 (5-9), una EDSS di 2,1±1,1 (1-<br />
4), una MFIS di 27,0±6,9 (16-35), un SDMT di<br />
45,3±9,9 (35-62) ed una BDI di 4,3±3,5 (0-9).<br />
Conclusioni: I dati preliminari del presente<br />
studio hanno confermato la presenza di<br />
disturbi del sonno nei pazienti SM,<br />
soprattutto un disturbo a tipo PLMs ed una<br />
ridotta efficienza del sonno, con<br />
caratteristiche di mispercezione, che<br />
potrebbe svolgere un ruolo nella percezione<br />
della fatica da parte di tali pazienti. Analisi<br />
successive su di un campione più numeroso,<br />
sufficiente per effettuare un’analisi statistica<br />
tra tali dati ed i dati di neuroimmagine,<br />
potrebbero aiutare nella comprensione dei<br />
substrati neuroanatomici di tali riscontri.<br />
Bibliografia:<br />
1. Brass SD, Duquette P, Proulx-Therrien<br />
J, Auerbach S. Sleep disorders in<br />
patients with multiple sclerosis. Sleep<br />
Med Rev 2010;14:121-129.<br />
2. Li Y, Munger KL, Batool-Anwar S, De<br />
Vito K, Ascherio A, Gao X. Association<br />
of multiple sclerosis with restless legs<br />
40
a b s t r a c t b o o k<br />
syndrome and other sleep disorders<br />
in women. Neurology 2012;78:1500-<br />
1506.<br />
3. Neau JP, Paquereau J, Auche V, et al.<br />
Sleep disorders and multiple sclerosis:<br />
a clinical and polysomnography study.<br />
Eur Neurol 2012;68:8-15.<br />
Il sonno e lo stato vegetativo: uno studio<br />
descrittivo polisonnografico.<br />
R.Cremascoli 1 , D.Arnaldi 2 , M.Terzaghi 1 , F.De<br />
Carli 3 , G.Maggioni 4 , C.Pistarini 4 , A.Moglia 5 ,<br />
R.Manni 1<br />
1 U.O. Medicina del Sonno ed Epilessia -<br />
Istituto Neurologico Nazionale IRCCS “C.<br />
Mondino”. Pavia<br />
2 DiNOG, Neurofisiologia Clinica, Genova.<br />
3 Istituto di Bioimmagini e Fisiologia<br />
Molecolare CNR, Genova<br />
4 Unità Risveglio, I.R.C.C.S. Fondazione S.<br />
Maugeri, Pavia<br />
5 Unita’ Complessa Neurofisiologia Clinica<br />
Neurologica.Universita’ di Pavia<br />
Obiettivi: Nonostante nei pazienti in Stato<br />
Vegetativo (SV) si assista alla persistenza di<br />
stati comportamentali suggestivi per la<br />
presenza di sonno, l'esistenza reale di pattern<br />
di sonno in questi pazienti e il loro significato<br />
rispetto all'evoluzione dello Stato Vegetativo<br />
sono lungi dall'essere stabiliti. Questo studio<br />
ha lo scopo di indagare l’esistenza di pattern<br />
sonno-veglia nei pazienti in Stato Vegetativo<br />
Persistente e di valutare le possibili<br />
correlazioni tra i risultati PSG e l'evoluzione<br />
clinica del disturbo di coscienza.<br />
Materiali E Metodi: 27 soggetti (età <strong>media</strong><br />
52.6 ± 19.4; 18 M), con diagnosi di SV<br />
persistente a differente eziologie (14<br />
traumatica; 13 non traumatica) sono stati<br />
valutati <strong>media</strong>nte polisonnografia 24 ore<br />
portile entro 11 mesi (<strong>media</strong> 3.5 ± 2.3) dopo<br />
l'insulto. baseline. I pazienti sono stati<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
valutati tramite Coma Recovery Scale –<br />
revised (CRS-R) ad un Follow up di 16.7 ± 11.0<br />
mesi. E’ stato valutato l’effetto degli elementi<br />
rilevabili alla PSG (applicabilità stadiazione<br />
del sonno, presenza di REMs, presenza di Kcomplex/<br />
spindles, presenza di SWS,<br />
alternanza sonno-veglia) sul punteggio totale<br />
CRS-R e sull’outcome clinico.<br />
Risultati: L’evoluzione clinica è stata: 8<br />
decessi; 7 SV Permanente; 9 Stato minima<br />
coscienza, 3 recupero coscienza.<br />
La stadiazione del sonno è stata applicabile in<br />
9 pazienti, mentre una alternanza sonnoveglia<br />
è presente in 14 pazienti.<br />
Il punteggio totale della CRS-R correla con<br />
l’età (p = 0.002), una maggior strutturazione<br />
del sonno (in particolare la stadiabilità del<br />
sonno e la presenza di REMs, p= 0.007) e il<br />
punteggio della CRS-R totale al baseline (p=<br />
0.007).<br />
La stadiabilità del sonno e la presenza di<br />
REMs correlano con un migliore outcome<br />
clinico (p= 0.0001 e p= 0.001<br />
rispettivamente).<br />
Conclusioni: Appare evidente come sia<br />
difficoltoso applicare i comuni criteri di<br />
stadiazione, con la possibilità di eseguire una<br />
stadiazione tradizionale in circa 1/3 dei<br />
pazienti. Nei restanti casi sono stati osservati<br />
pattern EEG-poligrafici caratterizzati da isolati<br />
elementi fasici.<br />
I parametri PSG che meglio correlano con un<br />
miglior andamento clinico sono l’applicabilità<br />
della stadiazione convenzionale e la presenza<br />
di REMs.<br />
Inoltre una miglior organizzazione globale del<br />
sonno correla con un miglior andamento<br />
clinico, che si riflette in un miglior punteggio<br />
alla CRS-R. In accordo con i dati presenti in<br />
letteratura, anche l’età correla con un miglior<br />
andamento clinico. Questi dati evidenziano il<br />
ruolo dell’indagine PSG per la valutazione<br />
prognostica dei pazienti in Stato Vegetativo<br />
Persistente.<br />
41<br />
41
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
42<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
Modificazione dello schema corporeo e contenuto onirico in soggetti sottoposti a intervento<br />
chirurgico di amputazione<br />
V Francese 1 , A Giordano 1 , M Boffano 2 , R<br />
Piana 2 , E Boux 2 , A Cicolin 1<br />
1<br />
Centro di Medicina del Sonno –<br />
Dipartimento di Neuroscienze<br />
2<br />
S.C. Ortopedia Oncologica e Ricostruttiva –<br />
AO CTO/Maria Adelaide<br />
Torino<br />
Obiettivo: valutazione del vissuto relativo<br />
alla corporeità, del contenuto onirico e delle<br />
eventuali modificazioni dello schema<br />
corporeo, ivi compresi il fenomeno definito<br />
arto fantasma e la telescopia in pazienti<br />
affetti da sarcoma sottoposti ad intervento di<br />
amputazione.<br />
Metodi: sono stati reclutati 27 pazienti<br />
consecutivi afferenti al S.C. Ortopedia<br />
Oncologica e Ricostruttiva. Criteri di<br />
inclusione: diagnosi di sarcoma dell’osso o<br />
delle parti molli, età minima 14 anni, ≤ 1anno<br />
da intervento chirurgico. Criteri di esclusione:<br />
compromissione cognitiva, patologie<br />
psichiatriche, precedenti deficit nervosi o<br />
amputazioni. Due gruppi di studio:<br />
retrospettivo, pazienti stabilizzati (≤ 1 anno<br />
da intervento chirurgico); prospettico,<br />
pazienti sottoposti a intervento recente<br />
valutati entro 1 mese dall’intervento (T0) e<br />
rivalutati a 4 mesi (T1).<br />
Materiali: questionario sull’arto fantasma di<br />
Koojiman, diario dei sogni settimanale e<br />
rievocazione sogno recente, questionario sul<br />
dolore West Haven-Yale Multidimensional<br />
Pain Inventory, questionario sull’immagine<br />
corporea Body Image Concern Inventory.<br />
Analisi statistica <strong>media</strong>nte SPSS 19.0<br />
(<strong>media</strong>+/-SD, p
a b s t r a c t b o o k<br />
• [4] Shukla G.D. et al.. Phantom Limb:<br />
A Phenomenological Study. Brit. J.<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
Psychiat. 1982; 141: 54-58<br />
Valutazione della gravità e della natura del sintomo fatica nei disturbi del sonno, prima e dopo<br />
trattamento, ed in altre malattie neurologiche.<br />
E. Di Coscio 1 , N.T. Economou 2 , M. Manconi 2 ,<br />
E. Bonanni 1 , G. Orlandi 1 , S. Marelli 3 , C.<br />
Gobbi 2 , L. Petrini-Klieber 2 , E. Iacopini 1 , L.<br />
Carnicelli 1 , C. Zecca 2 , M. Gola-Bricalli 2 , C.<br />
Cereda 2 , C. Limoni 2 , O. Petrini 2 , L. Ferini-<br />
Strambi 3 , C. Bassetti 2, 4 .<br />
1) Dipartimento di Neuroscienze, Università<br />
di Pisa<br />
2) Neurocentro della Svizzera Italiana,<br />
Lugano, Svizzera<br />
3) Centro del Sonno – Università San<br />
Raffaele, Milano<br />
4) Clinica Neurologica. Università di Berna,<br />
Svizzera<br />
Obiettivi: Nonostante il sintomo fatica mostri<br />
una elevata prevalenza in ambito<br />
neurologico, essa resta attualmente sotto<br />
diagnosticata, in particolare nel contesto dei<br />
disturbi del sonno (DS). Circa il rapporto tra<br />
fatica e DS, numerosi punti necessitano<br />
ancora di una risposta: la correlazione tra<br />
gravità della fatica e del DS, l’effetto del<br />
trattamento del SD sulla stessa ed infine il<br />
chiarire se il paziente con DS e fatica si<br />
riferisca strettamente ai sintomi della fatica<br />
oppure alle sue conseguenze<br />
comportamentali. Questi aspetti<br />
rappresentano gli obiettivi del nostro studio.<br />
Metodo: Uno studio prospettico,<br />
osservazionale, multicentrico, condotto su<br />
694 pazienti affetti da DS (447M, 247F, età<br />
<strong>media</strong> 54.27±13.13 aa), 131 controlli sani<br />
negativi per fatica (52M, 60F, età <strong>media</strong><br />
52.12±11.24 aa), 41 pazienti con sclerosi<br />
multipla (SM) (13M, 28F, età 25.24±7.24 aa)<br />
e 15 pazienti con pregresso stroke (8M, 7F,<br />
età <strong>media</strong> 47.68±10.89 aa). I DS mostravano<br />
la seguente rappresentazione: apnee<br />
notturne (44.6%), insonnia (21.9%),<br />
RLS/PLMs (8.1%), EDS/ipersonnia di altra<br />
origine (8.1%), parasonnia (7.4%), narcolessia<br />
con cataplessia (1.2%), altri disturbi del ritmo<br />
sonno-veglia (1.6%); una combinazione di più<br />
DS era evidente nel 7.1%. A pazienti e<br />
controlli sono state somministrate due<br />
differenti scale per la valutazione della fatica:<br />
la Fatigue Scale (FS) e la Fatigue Severity<br />
Scale (FSS). La FS è in grado di individuare i<br />
sintomi di fatica (sia fisica che mentale),<br />
mentre la FSS valuta i sintomi di fatica ed i<br />
suoi effetti comportamentali. Per ciò che<br />
riguarda i pazienti con DS, le scale sono state<br />
somministrate sia nel pre che nel post<br />
trattamento. I cut-off di normalità della FS e<br />
della FSS sono rispettivamente 3/4 e 4.<br />
Risultati: Il punteggio della FSS si è rivelato<br />
superiore al range di normalità sia nei<br />
pazienti con DS che con SM (DS: 4.1±1.7, SM:<br />
4.2±1.7), mentre la FS indicava valori<br />
patologici soltanto nei pazienti con DS (DS:<br />
4.5±4.4, SM: 3.2±3.3). Pazienti con pregresso<br />
stroke e controlli ottenevano invece punteggi<br />
nel range di normalità (stroke FS: 2.9±3.4,<br />
FSS: 3.9±1.6, controlli FS: 2.3±3.4, FSS:<br />
3.0±1.4). Pertanto la FSS ha individuato valori<br />
di fatica significativamente più elevati nei<br />
pazienti DS ed SM rispetto ai controlli<br />
(p
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
44<br />
Infine, il trattamento del DS si associa ad un<br />
significativo miglioramento dei sintomi della<br />
fatica e delle sue ripercussioni sulla vita<br />
quotidiana.<br />
Melatonina endogena ed esogena in un paziente con sindrome di fase di sonno ritardata<br />
A.Sciortino 1 ; R.Piazza 1 ; G.Milioli 2 ; A. Grassi<br />
2 , C.Gnocchi 3 , M.Dipalo 3 , R.Aloe 3 , A.Sgoifo 1 ;<br />
L.Parrino 2 ; M. G.Terzano 2<br />
1 Università degli Studi di Parma<br />
Dipartimento di Neuroscienze;<br />
2 Centro di Medicina del Sonno, AOU Parma;<br />
3 Biochimica a Elevata Automazione, AOU<br />
Parma.<br />
Obiettivi: utilizzo di tamponi salivari per<br />
determinare la concentrazione della<br />
melatonina endogena ed esogena nella<br />
saliva. Premessa: la melatonina viene<br />
prodotta dalla ghiandola pineale in condizioni<br />
di oscurità facilitando la sincronizzazione del<br />
ritmo circadiano con il ciclo luce-buio.<br />
L’ormone svolge, tra gli altri, anche un ruolo<br />
di regolatore della temperatura corporea. La<br />
determinazione della concentrazione della<br />
melatonina nei fluidi biologici, <strong>media</strong>nte la<br />
definizione della Dim Light Melatonin Onset<br />
(DLMO), offre un parametro biologico<br />
oggettivo per la valutazione del ritmo<br />
circadiano a fini diagnostico-terapeutici. Il<br />
monitoraggio dell’andamento della<br />
melatonina ha previsto finora l’utilizzo di<br />
metodi invasivi, come prelievi ematici sia<br />
durante il giorno che durante le ore notturne,<br />
giustificando sforzi tecnologici verso soluzioni<br />
alternative. Materiali e Metodi: 5 volontari<br />
sani hanno effettuato prelievi sequenziali di<br />
saliva, tramite l’utilizzo di semplici tamponi di<br />
cotone (salivette), in condizioni basali e dopo<br />
assunzione di melatonina a rilascio<br />
controllato (Armonia® Retard 3 mg di<br />
Nathura). Il kit Direct Saliva Melatonin RIA dei<br />
laboratori BUHLMANN è stato utilizzato per<br />
la determinazione della concentrazione della<br />
melatonina nella saliva. I campioni di saliva,<br />
raccolti dalle salivette per centrifugazione,<br />
sono stati analizzati tramite un<br />
radioimmunodosaggio a doppio anticorpo. I<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
campioni, i controlli ed i calibratori sono stati<br />
incubati con un anticorpo anti-melatonina e<br />
con melatonina marcata con I 125 . La<br />
melatonina marcata con I 125 compete con la<br />
melatonina presente nei campioni, nei<br />
calibratori e nei controlli. La frazione legata<br />
all’anticorpo è stata fatta precipitare in<br />
seguito all’incubazione con un secondo<br />
anticorpo anti-melatonina in fase solida, e<br />
contando la reattività associata a questa<br />
frazione, tramite la costruzione di una curva<br />
di taratura si è proceduto alla<br />
determinazione della concentrazione della<br />
melatonina. La metodologia è stata<br />
automatizzata con l‘utilizzo dell’ analizzatore<br />
Stratec SR300. Risultati: per tutti e 5 i<br />
volontari si è riuscito a determinare la DLMO,<br />
che veniva raggiunta in <strong>media</strong> alle ore 22:40.<br />
Negli stessi volontari l’assunzione di<br />
melatonina esogena a rilascio controllato,<br />
effettuata 1 ora prima della DLMO calcolata,<br />
ha determinato una modificazione della<br />
curva di dosaggio con la comparsa di un picco<br />
ad 1 ora dall’assunzione del farmaco, seguito<br />
dalla permanenza di alti valori di melatonina<br />
nel corso di tutta la notte. Discussione:<br />
L’utilizzo di tamponi salivari ha indubbi<br />
vantaggi per la determinazione della<br />
melatonina, è un test facilmente eseguibile al<br />
domicilio. Oltre al notevole miglioramento<br />
della compliance, l’efficacia della<br />
determinazione della melatonina nella saliva<br />
consente anche di effettuare un maggior<br />
campionamento del paziente nel tempo,<br />
rispetto invece al numero limitato di prelievi<br />
di sangue effettuabili. Questo permette una<br />
visione più ampia e completa dell’andamento<br />
della melatonina nelle diverse fasi della<br />
giornata. Tale metodica ha inoltre consentito<br />
di monitorare la cinetica della melatonina<br />
esogena a rilascio controllato nel corso della<br />
notte.
a b s t r a c t b o o k<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
Melatonina endogena ed esogena in un paziente con sindrome di fase di sonno ritardata<br />
R.Piazza 1; A.Sciortino 1 ; A. Grassi 2 ; G.Milioli 2 ;<br />
C.Gnocchi 3 ; M.Dipalo 3 ; R.Aloe 3 ; A.Sgoifo 1 ;<br />
L.Parrino 2 ; M. G.Terzano 2<br />
1 Università degli Studi di Parma<br />
Dipartimento di Neuroscienze;<br />
2 Centro di Medicina del Sonno, AOU Parma;<br />
3 Biochimica a Elevata Automazione, AOU<br />
Parma.<br />
Obiettivi: Misurare la melatonina endogena<br />
ed esogena in un paziente con sindrome di<br />
fase di sonno ritardata (SFSR).<br />
Materiali e metodi: Paziente di 17 anni con<br />
SFSR. Dalla compilazione del diario del sonno<br />
viene confermato che l’orario medio di<br />
addormentamento è alle ore 3. Mediante<br />
l’utilizzo del kit Buhlmann (Direct Salive<br />
Melatonin), vengono misurate le<br />
concentrazioni di melatonina endogena per<br />
determinare la DLMO (dim light melatonin<br />
onset). Vengono effettuati 7 prelievi salivari<br />
(uno ogni ora), a partire da 3 ore prima<br />
dell’ora <strong>media</strong> di addormentamento fino a 3<br />
ore dopo. In base alla determinazione della<br />
DLMO al paziente viene somministrata<br />
regolarmente melatonina a rilascio<br />
controllato (Armonia® Retard 3 mg di<br />
Nathura) 3 ore prima della DLMO. Al mattino,<br />
appena sveglio, il paziente si sottopone a<br />
fototerapia (10000 lux per almeno 20<br />
minuti). Dopo 2 mesi di trattamento, la<br />
concentrazione salivare della melatonina<br />
esogena viene misurata nell’arco delle 24 ore<br />
(dalle 20:00 alle 20:00 del giorno dopo),<br />
<strong>media</strong>nte 13 prelievi<br />
Risultati: Il paziente con sindrome di fase di<br />
sonno ritardata presenta concentrazioni di<br />
partenza di 0,8 pg/ml raggiungendo un picco<br />
di 43,13 pg/ml alle 05:00 con DLMO alle<br />
00:15. Il paziente trattato con melatonina<br />
esogena a rilascio controllato raggiunge un<br />
picco di 4656 pg/ml 90 minuti dopo<br />
l’assunzione. Al risveglio (h 9:00) il valore<br />
misurato è di 59,2 pg/ml ma dopo<br />
l’esposizione alla luce (fototerapia) i valori<br />
scendono bruscamente a 16,67 pg (ore<br />
10:30).<br />
Discussione: La misurazione della melatonina<br />
endogena ha consentito di determinare il<br />
ritardo della DLMO (00.30) confermando un<br />
SFSR. Rispetto allo studio condotto su<br />
volontari sani, i valori di picco della<br />
melatonina endogena nel paziente sono<br />
risultati posticipati e quasi doppi. Al<br />
contrario, le concentrazioni notturne di<br />
melatonina esogena hanno raggiunto valori<br />
meno elevati rispetto ai volontari sani. A<br />
distanza di 24 ore dalla somministrazione<br />
orale di melatonina esogena (ore 20.00), la<br />
concentrazione salivare di melatonina aveva<br />
recuperato valori basali (2 pg/ml).<br />
Conclusioni: La disponibilità di tamponi<br />
salivari consente di monitorare l’andamento<br />
della melatonina endogena ed esogena con<br />
minori disagi di prelievo delineando la curva<br />
in maniera non cruenta. La determinazione<br />
del DLMO ha consentito di stabilire l’orario<br />
più congeniale di somministrazione di<br />
melatonina esogena nel paziente con SFSR<br />
L’uso regolare di melatonina nella<br />
formulazione Armonia® Retard (Nathura s.r.l)<br />
, abbinato alla fototerapia, ha anticipato il<br />
ritmo sonno-veglia. Gli elevati livelli di<br />
melatonina al risveglio, durante il<br />
trattamento con melatonina esogena,<br />
suggeriscono di sottoporre il paziente alla<br />
fototerapia.<br />
45
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
46<br />
Terapia coadiuvante di stabilizzazione del sonno notturno in paziente affetto da sindrome<br />
narcolettica e instabilita’ ipnica microstrutturale.<br />
A. Grassi, G. Milioli, S. Riccardi, F. De Paolis,<br />
N. Azzi, I. Pollara, A. Abramo, L. Parrino, M.G.<br />
Terzano<br />
Centro Interdipartimentale di Medicina del<br />
Sonno, Clinica Neurologica, Ospedale<br />
Maggiore di Parma.<br />
Obiettivi: valutare gli effetti della terapia con<br />
trazodone in paziente affetto da sindrome<br />
narcolettica e concomitante instabilità<br />
microstrutturale del sonno notturno.<br />
Materiali: paziente maschio, 23 anni, afferito<br />
presso il nostro Centro per eccessiva<br />
sonnolenza diurna con colpi di sonno<br />
incoercibili, sonno frammentato e non<br />
ristoratore, veniva indagato con<br />
polisonnografia notturna completa e<br />
successivo Multi Sleep Latency Test (MSLT),<br />
che risultavano compatibili con sindrome<br />
narcolettica. Contestuale riscontro di lieve<br />
riduzione percentuale del sonno ad onde<br />
lente (20% del tempo totale di sonno TST),<br />
associato a significativa instabilità<br />
microstrutturale (CAP rate: 59%), in assenza<br />
di disturbi respiratori o motori in sonno.<br />
Positiva la tipizzazione genetica per HLA<br />
DQB1 0602. Il paziente veniva posto in<br />
trattamento con modafinil 100 mg x2/die<br />
associata a terapia comportamentale (nap<br />
diurni), con parziale controllo della<br />
sonnolenza diurna. Persisteva sonno<br />
frammentato e percezione di scarso ristoro al<br />
risveglio mattutino.<br />
Metodi: alla luce degli elevati valori di CAP<br />
rate, si impostava in add on ciclo di<br />
stabilizzazione ipnica con trazodone 75 mg,<br />
protratto per 18 mesi, al termine del quale si<br />
ripeteva controllo strumentale con PSG<br />
notturna completa.<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
Risultati: parallelamente al dato clinico di<br />
sonno maggiormente ristoratore e miglior<br />
controllo della sonnolenza diurna, il tracciato<br />
polisonnografico mostrava un incremento<br />
degli stadi profondi di sonno NREM (28% del<br />
TST), associato a netta riduzione<br />
dell’instabilità micro strutturale, compatibile<br />
con la condizione narcolettica (CAP rate:<br />
17%).<br />
Discussione e Conclusioni: com’è noto da<br />
letteratura, la sindrome narcolettica può<br />
associarsi, oltre che ad alterazioni del profilo<br />
ipnico macrostrutturale, a valori di instabilità<br />
microstrutturali inferiori al range di<br />
normalità. Qualora il riferito di sonno<br />
qualitativamente non ristoratore si<br />
accompagni al riscontro polisonnografico di<br />
un CAP rate patologicamente aumentato in<br />
assenza di disturbi respiratori o motori<br />
clinicamente rilevanti, un cìclo terapeutico<br />
coadiuvante con farmaci stabilizzatori del<br />
sonno notturno (es. trazodone) può rivelarsi<br />
utile nel migliorare il quadro clinico e<br />
strumentale del paziente.<br />
Bibliografia<br />
Terzano MG, Smerieri A, Del Felice A, Giglia F,<br />
Palomba V, Parrino L. “Cyclic alternating<br />
pattern (CAP) alterations in narcolepsy” Sleep<br />
Medicine 7 (2006) 619–62<br />
Ferri R, Miano S, Bruni O, Vankova<br />
J, Nevsimalova S, Vandi S, Montagna<br />
P, Ferini-Strambi L, Plazzi G. NREM sleep<br />
alterations in narcolepsy/cataplexy. Clin<br />
Neurophysiol. 2005 Nov;116(11):2675-84<br />
Parrino L, Spaggiari MC, Boselli M, Di<br />
Giovanni G, Terzano MG. “Clinical and<br />
polysomnographic effects of trazodone CR in<br />
chronic insomnia associated with dysthymia”<br />
Psychopharmacology (Berl). 1994<br />
Dec;116(4):389-95.<br />
46
a b s t r a c t b o o k<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
Progetto di costruzione di un nuovo questionario italiano di valutazione della qualita’ del sonno<br />
“Sleep Quality Questionnaire”<br />
C. Sguazzin 1 , E. Morrone 2 , F.De Carli 2 , R.<br />
Manni 4 , M. Terzaghi 4 .F.Fanfulla 3 .<br />
1Servizio di Psicologia, Fondazione Salvatore<br />
Maugeri-IRCCS, Pavia- sede Boezio<br />
2Istituto di Bioimmagini e Fisiologia<br />
Molecolare CNR, Genova<br />
3 Servizio di Medicina del Sonno, Fondazione<br />
Salvatore Maugeri-IRCCS, Pavia<br />
4 Unità di Medicina del Sonno, Istituto<br />
Neurologico Fondazione Casimiro Mondino,<br />
Pavia<br />
Nella valutazione e misurazione della qualità<br />
del sonno convergono fattori:oggettivi<br />
(durata, efficienza, presenza di patologie che<br />
ne alterano la stabilità e<br />
continuità);soggettivi (qualità percepita,<br />
difficoltà e disturbi soggettivamente rilevati);<br />
generali che fanno riferimento all’area<br />
lavorativa, allo stile di vita,alla presenza di un<br />
disagio psicologico.Ad oggi gli strumenti<br />
psicometrici di valutazione della Qualità del<br />
Sonno sono orientati ad indagare uno<br />
specifico disturbo, o un pattern di<br />
atteggiamenti ed abitudini.<br />
L’obiettivo di questo lavoro è quello di<br />
costruire uno strumento<br />
(SleepQualityQuestionnaire –SQuare) che<br />
permetta al clinico di effettuare uno<br />
screening sulla qualità del sonno favorendo<br />
peraltro la formulazione di una ipotesi<br />
diagnostica.<br />
Il questionario, oltre a comprendere una<br />
raccolta di essenziali dati sociodemografici<br />
(età, scolarità, caratteristiche dell'attività<br />
lavorativa) ed una sintetica raccolta<br />
anamnestica, è composto da due parti. 1)<br />
Parte Afinalizzata allo studio delle<br />
caratteristiche del sonno per ottenere una<br />
misura della sua efficacia, e alla<br />
ricerca(attraverso risposte chiuse) di quelle<br />
abitudini di vita che possono condizionarla<br />
negativamente. 2)Parte B,volta ad<br />
individuare eventuali disturbi del sonno o<br />
sonno-correlati, composta da 35 item per cui<br />
è prevista una risposta su una scala a 4 punti.<br />
Gli item fanno riferimento a costrutti quali<br />
ansia e depressione (componente Mentale)<br />
ed a costellazioni di sintomi (con componenti<br />
sia Mentali che Fisiche) correlati a specifici<br />
disturbi del sonno.<br />
Sono stati effettuati focus group con un<br />
campione di soggetti normali che hanno<br />
portato alla ridefinizione di due item che<br />
apparivano di difficile comprensione e<br />
confusivi (item 32: allucinazioni ipnagogiche<br />
ed item 33: Cataplessia/narcolessia).<br />
Per misurare la validità di costrutto sono stati<br />
utilizzati il Pittsburgh SleepQuality Index (di<br />
recente validazione in Italia), e le Scale di<br />
Ansia e Depressione del<br />
CognitiveBehaviouralAssessment 2.0. Lo<br />
SQuare è stato somministrato ad un<br />
campione di soggetti volontariche non si<br />
sono mai rivolti ad un Centro di Medicina del<br />
Sonnoed in cui sono compresi anche<br />
lavoratori attivi su più turni in settori<br />
professionali differenti. Lo SQuare è stato<br />
inoltre somministrato ad un campione di<br />
soggetti afferenti a due Centri di Medicina<br />
del Sonno, con diagnosi già accertata o in<br />
fase di accertamento.<br />
Lo strumento si propone di individuare2<br />
indici per valutare una "componente<br />
mentale/emozionale"e una "componente<br />
fisica" e definire un cut-off che possa indicare<br />
la soglia di rilevanza di un eventuale<br />
problema legato al sonno. La presenza di<br />
descrittori specifici ed il raggiungimento di<br />
una determinata configurazione di sintomi<br />
(RLS, PLMD, OSAS, RBD, Depressione etc)<br />
dovrebbero orientare il clinico nella<br />
costruzione di una ipotesi diagnostica, nella<br />
scelta terapeutica o di invio ad altro<br />
professionista.<br />
47<br />
47
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
48<br />
Studio dell’Heart Rate Variability nell’emicrania sonno-correlata<br />
Heart Rate Variability nell’emicrania.<br />
V. Gnoni 1 , C. Vollono 1 , E. Testani 1 , A.<br />
Losurdo 1 , S. Dittoni 1 , S. Colicchio 1 , C. Di<br />
Blasi 1 , S. Mazza 1 , G. Della Marca 1<br />
1 Department of Neurosciences, Catholic<br />
University, Rome, Italy.<br />
Obiettivi: L’emicrania ha stretti rapporti con<br />
il sonno ed i ritmi circadiani. L’attività del<br />
Sistema Nervoso Autonomo è caratterizzata<br />
da oscillazioni circadiane ed ultradiane, che<br />
sono strettamente connesse con le fasi di<br />
veglia e sonno. Lo scopo del nostro studio è<br />
stato quello di analizzare le interazioni<br />
reciproche tra sonno, Sistema Nervoso<br />
Autonomo ed insorgenza degli attacchi di<br />
emicrania.<br />
Metodi: Abbiamo studiato otto emicranici<br />
(due uomini e sei donne, età <strong>media</strong><br />
48.1±9.3), con elevata frequenza di attacchi<br />
(> 5 al mese) ed una stretta correlazione degli<br />
attacchi col sonno (> 75% degli attacchi ad<br />
esordio durante il sonno). I pazienti sono stati<br />
valutati nel corso di notti libere da attacchi. I<br />
pazienti sono stati sottoposti a<br />
polisonnografia ed analisi dell’Heart Rate<br />
Variability (HRV). I risultati ottenuti negli<br />
emicranici sono stati confrontati con un<br />
ampio campione di soggetti normali. Tutti i<br />
soggetti sono stati sottoposti ad un esame<br />
video-PSG notturno in laboratorio. Per le<br />
analisi dell’HRV, nel dominio del tempo e<br />
della frequenza, abbiamo selezionato periodi<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
di 5 minuti di veglia (W), fase 2 (N2) e 3 (N3)<br />
di sonno N-REM e sonno REM (R).<br />
Risultati: i dati PSG e HRV ottenuti nei<br />
pazienti sono stati confrontati con i dati di 55<br />
soggetti sani (23 uomini e 32 donne, età<br />
<strong>media</strong> 54.2±13.0) selezionati in modo casuale<br />
dal database del nostro laboratorio. Abbiamo<br />
trovato una riduzione statisticamente<br />
significativa del rapporto LF/HF durante il le<br />
fasi N2 ed N3 NREM nei soggetti emicranici<br />
rispetto ai controlli. Al contrario, durante il<br />
sonno REM, il rapporto HF/LF ha mostrato<br />
una tendenza ad aumentare nei pazienti, che<br />
però non ha raggiunto la significatività<br />
statistica.<br />
Discussione e Conclusioni: L’attività del<br />
Sistema Nervoso Autonomo negli emicranici<br />
con attacchi sonno-correlati è caratterizzata<br />
da un aumento relativo dell’attività<br />
parasimpatica durante il sonno NREM.<br />
Questo potrebbe essere conseguente ad una<br />
lieve disfunzione cronica del sistema<br />
simpatico, che potrebbe manifestarsi<br />
selettivamente, oppure diventare più<br />
evidente durante il sonno. Questi dati<br />
confermano un meccanismo di ridotta<br />
arousability durante il sonno nei pazienti con<br />
Emicrania sonno-correlata. L’interessamento<br />
simultaneo del Sistemi Nervoso Autonomo,<br />
dei sistemi di arousal e del dolore potrebbe<br />
suggerire e il coinvolgimento delle vie<br />
ipotalamiche orexinergiche.<br />
Caratterizzazione ed evoluzione dei disturbi del movimento in veglia e del sonno notturno nella<br />
narcolessia con cataplessia pediatrica: studio caso-controllo e lungitudinale.<br />
F.Pizza 1 , F.Poli 1 , F.Franceschini 1 , S.Vandi 1 ,<br />
D.Banal 1 , L.Nobili 2 , O.Bruni 3 , Y.Dauvilliers 4 ,<br />
E.Mignot 5 , K.P.Bhatia 6 , G.Plazzi 1 .<br />
1, IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche /<br />
Dipartimento di Scienze Neurologiche,<br />
Università di Bologna, Bologna;<br />
2, Centro per la Chirurgia dell’Epilessia<br />
“C.Munari”, Ospedale Niguarda, Milano;<br />
3, Dipartimento di Neuropsichiatria Infantile,<br />
Università “La Sapienza”, Roma;<br />
4- Dipartimento di Neurologia, Ospedale Guide<br />
Chauliac, Montpellier, Francia;<br />
5- Centro per la Narcolessia, Stanford<br />
University, Palo Alto, California, USA;<br />
48
a b s t r a c t b o o k<br />
6- Sobell Department of Motor Neuroscience<br />
and Movement Disorders, UCL Institute of<br />
Neurology, Queen Square, London, United<br />
Kingdom.<br />
Obiettivi: La narcolessia con cataplessia (NC)<br />
è una ipersonnia da perdita di neuroni<br />
ipocretinergici ipotalamici. La patogenesi<br />
sembra una aggressione autoimmune<br />
potenzialmente innescata da un evento<br />
esterno (e.g.infezione streptococcica). Nostro<br />
obiettivo è la valutazione del fenotipo<br />
motorio in veglia e del sonno notturno e della<br />
loro evoluzione.<br />
Materiali: Sono stati valutati 39 bambini (età<br />
<strong>media</strong> = 11±3 anni) al momento della<br />
diagnosi di NC e 25 bambini sono stati<br />
rivalutati longitudinalmente (<strong>media</strong> di<br />
osservazione = 2,1±1,7 anni), appaiati per età<br />
e sesso ad adeguati gruppi di controllo.<br />
Metodo: Ogni soggetto è stato<br />
videoregistrato in condizioni basali e durante<br />
stimolo emotivo. Un esaminatore ha valutato<br />
tramite una scala semiquantitativa la<br />
presenza di fenomeni motori negativi (i.e.<br />
cadute di capo o corpo, ptosi e protrusione<br />
linguale, ipotonia facciale o generalizzata) ed<br />
attivi (i.e. sollevamento delle sopracciglia,<br />
movimenti periorali e linguali, grimaces,<br />
oscillazioni del tronco, movimenti<br />
stereotipati, discinetici e distonici) in<br />
entrambe le condizioni. I punteggi globali per<br />
le fenomenologie motorie negative ed attive<br />
sono stati confrontati tra controlli e pazienti<br />
(alla diagnosi ed al follow up), e messi in<br />
relazione con dati clinici (età di esordio,<br />
durata di malattia) e laboratoristici (TASL,<br />
ipocretina liquorale). I dati poligrafici inerenti<br />
il sonno notturno e la sonnolenza diurna<br />
(MSLT) sono stati confrontati<br />
longitudinalmente.<br />
Risultati: Il pattern motorio dei bambini<br />
affetti da NC ha evidenziato maggiori<br />
fenomeni negativi ed attivi rispetto ai<br />
controlli sia in condizioni di base (2,37±3,21<br />
vs. 0,0±0,0, p
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
50<br />
Alta prevalenza di obesita’ e puberta’ precoce nella narcolessia con cataplessia pediatrica<br />
F. Poli, 1 F. Pizza, 1 E. Finotti, 1 S. Taheri, 2 F.<br />
Bernardi, 3 A. Balsamo, 3 E. Mignot, 4 U.<br />
Pagotto, 5 L. Nobili, 6 O. Bruni, 7 R. Ferri, 8 G.<br />
Plazzi 1<br />
1. Dipartimento di Scienze<br />
Neurologiche/IRCCS Istituto delle Scienze<br />
Neurologiche di Bologna, Bologna, Italia<br />
2. School of clinical and experimental<br />
Medicine, University of Birmingham,<br />
United Kingdom<br />
3. Clinica Pediatrica, Ospedale S. Orsola-<br />
Malpighi, Bologna, Italia<br />
4. Stanford Center for Sleep Sciences,<br />
Stanford University, California, USA<br />
5. Unità di Endocrinologia, Ospedale S.<br />
Orsola-Malpighi, Bologna, Italia<br />
6. Centro per la Chirurgia dell’Epilessia "C.<br />
Munari", Centro di Medicina del Sonno,<br />
Ospedale Niguarda, Milano, Italia<br />
7. Dipartimento di Neuropsichiatria<br />
Infantile, Università La Sapienza; Roma,<br />
Italia<br />
8. Dipartimento di Neurologia I.C., Istituto<br />
Oasi per il ritardo mentale e l’involuzione<br />
cerebrale senile (IRCCS), Troina, Italia<br />
Obiettivi. In questo studio sono stati<br />
sistematicamente indagati i parametri<br />
antropometrici ed endocrinologici di bambini<br />
e adolescenti affetti da narcolessia con<br />
cataplessia (NC), con particolare riguardo<br />
all’aumento di peso, al timing dello sviluppo<br />
puberale e alla possibile interazione fra<br />
questi due fenomeni. E’ noto infatti che la NC<br />
pediatrica si presenta con<br />
sovrappeso/obesità ed esistono descrizioni<br />
aneddotiche di associazione con pubertà<br />
precoce. 1,2<br />
Materiali. 42 pazienti di età 85°percentile), appaiati<br />
per sesso, età ed area geografica di<br />
provenienza.<br />
Metodo. Studio trasversale su pazienti NC<br />
reclutati consecutivamente presso<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
l’Ambulatorio del Sonno del Dipartimento di<br />
Scienze Neurologiche di Bologna. I pazienti<br />
NC hanno seguito un protocollo neurologicopediatrico/endocrinologico<br />
per indagare la<br />
presenza di accelerazioni del timing di<br />
sviluppo puberale e di aumento dei percentili<br />
di peso rapportati all’età e al sesso,<br />
comprendente misurazione di peso, altezza,<br />
pressione arteriosa, scala puberale di Tanner;<br />
analisi ematiche per profili glucidico, lipidico,<br />
ormonale; dosaggio ipocretina liquorale,<br />
risonanza magnetica cerebrale.<br />
Risultati. I bambini e adolescenti narcolettici,<br />
tutti ipocretino-deficienti, hanno mostrato<br />
una prevalenza di pubertà precoce del 17%.<br />
Sono stati osservati anche segni isolati di<br />
accelerato sviluppo puberale (telarca isolato,<br />
presenza di pelo pubico, età ossea avanzata)<br />
nel 41%. La prevalenza di sovrappeso/obesità<br />
è risultata pari al 74%. La giovane età<br />
all’esordio della NC e la precocità di diagnosi<br />
risultano essere i fattori predittivi della<br />
pubertà precoce. La giovane età predice<br />
anche l’obesità, caratterizzata da riduzione<br />
del colesterolo HDL. La pubertà precoce e<br />
l’obesità non si influenzano reciprocamente.<br />
Il confronto con bambini e adolescenti obesi,<br />
altrimenti sani, ha mostrato un rischio<br />
aumentato di sviluppare la pubertà precoce<br />
nella NC di circa 10 volte. I sintomi della NC,<br />
l’aumento di peso e la comparsa di segni<br />
puberali anticipati si verificano<br />
concomitantemente nell’arco di pochi mesi.<br />
Discussione. L’esordio di NC nei bambini più<br />
piccoli, in un periodo critico per lo sviluppo<br />
puberale, è associato a un’alta prevalenza di<br />
pubertà precoce e di obesità. Al confronto<br />
con la popolazione generale la pubertà<br />
precoce prevale di circa 1000 volte (17% vs<br />
0.015%) e l’obesità risulta raddoppiata (74%<br />
vs 36%). Il fatto che pubertà precoce e<br />
obesità non risultino correlate, e il ristretto<br />
lasso di tempo di comparsa di queste due<br />
condizioni insieme alla NC, suggeriscono che<br />
ci possa essere una sottostante origine<br />
comune a partenza dal sistema nervoso<br />
50
a b s t r a c t b o o k<br />
centrale. La dimostrazione in studi animali<br />
della presenza di recettori ipocretinergici nei<br />
neuroni secernenti gli ormoni di rilascio delle<br />
gonadotropine, 4 cruciali per il timing<br />
puberale, e il ruolo chiave della ipocretina nel<br />
metabolismo energetico offrono spunti<br />
speculativi per i fenomeni osservati con una<br />
frequenza così alta.<br />
Conclusione. L’esordio della NC nei bambini<br />
più piccoli è caratterizzato dalla presenza di<br />
obesità e pubertà precoce con prevalenza<br />
drammaticamente superiore rispetto alla<br />
popolazione generale. Il rischio<br />
cardiovascolare associato all’obesità infantile<br />
e l’impatto auxologico e psicologico della<br />
pubertà precoce impongono la diagnosi e il<br />
trattamento di tali comorbidità insieme alla<br />
gestione della NC. L’implementazione di<br />
percorsi clinico-diagnostici multidisciplinari<br />
per la NC, già invocata nei casi adulti, 5 è qui<br />
nuovamente richiamata.<br />
Bibliografia:<br />
1. Kotagal S, Krahn LE, Slocumb N. A<br />
putative link between childhood<br />
narcolepsy and obesity. Sleep<br />
Med 2004;5:147-50.<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
2. Plazzi G, Parmeggiani A, Mignot E,<br />
et al. Narcolepsy-cataplexy<br />
associated with precocious<br />
puberty. Neurology 2006;66:1577-<br />
9.<br />
3. American Academy of Sleep<br />
Medicine. International<br />
Classification of Sleep Disorders,<br />
2nd ed: Diagnostic and coding<br />
manual. Westchester, IL:<br />
American Academy of Sleep<br />
Medicine; 2005.<br />
4. Campbell RE, Grove KL, Smith MS.<br />
Gonadotropin-releasing hormone<br />
neurons coexpress orexin 1<br />
receptor immunoreactivity and<br />
receive direct contacts by orexin<br />
fibers. Endocrinology<br />
2003;144:1542-8.<br />
5. Poli F, Plazzi G, Di Dalmazi, et al.<br />
Body mass index-independent<br />
metabolic alterations in<br />
narcolepsy with cataplexy. Sleep<br />
2009;32:1491-7.<br />
Associazione di episodi parossistici in sonno nrem e in sonno rem in un bambino con disturbo<br />
generalizzato dello sviluppo, ritardo mentale ed epilessia farmacoresistente: aspetti di<br />
comorbidità e diagnosi differenziale<br />
E Zambrelli*, A Vignoli *, M Savini °, L<br />
Giordano §, A Pincherle *, MP Canevini*°<br />
*Centro Epilessia – Medicina del Sonno. AO<br />
Ospedale San Paolo<br />
°Università degli Studi di Milano<br />
§Ospedale dei Bambini di Brescia<br />
Obiettivi: viene presentato il caso di un<br />
bambino di 9 anni, affetto da disturbo<br />
generalizzato dello sviluppo, ritardo mentale<br />
ed epilessia sintomatica di malformazione<br />
bitemporale con sclerosi dell'ippocampo<br />
inviato all'indagine polisonnografica per<br />
inquadramento di episodi parossistici in<br />
sonno notturno.<br />
Paziente e metodi: l’esordio dell’epilessia<br />
risale all’età di 19 mesi con crisi inizialmente<br />
in iperpiressia e successivamente anche in<br />
apiressia, farmacoresistenti. Non riferita<br />
occorrenza di crisi in sonno. EEG nei primi<br />
anni negativi e successivamente caratterizzati<br />
da anomalie lente ed epilettiformi bilaterali<br />
prevalenti sulle regioni fronto-temporali di<br />
sinistra, in veglia e sonno. RMN encefalo<br />
inizialmente negativa, nel 2011 documentava<br />
la presenza di estesa malformazione dello<br />
sviluppo corticale associata a sclerosi<br />
dell'ippocampo bilaterale. Il bambino veniva<br />
indirizzato a indagine video-polisonnografica<br />
per episodi parossistici notturni.<br />
Risultati: La polisonnografia notturna ha<br />
documentato la presenza di anomalie lente<br />
ed epilettiformi prevalenti sulle regioni<br />
fronto-temporali di sinistra e la presenza di<br />
51<br />
51
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
52<br />
crisi epilettiche in sonno NREM a origine<br />
fronto-temporale sinistra clinicamente<br />
caratterizzate da distonia della mano destra,<br />
frequentemente portata al viso, sfregamento<br />
del naso, talora brusco movimento<br />
retropulsivo del capo e “scatto” dell'arto<br />
superiore destro, incostante masticazione<br />
(video). Sono stati registrati alcuni episodi<br />
emergenti da sonno lento clinicamente<br />
caratterizzati da espressione spaventata,<br />
tentativo di scendere dal letto, interazione<br />
con la madre interpretati come parasonnie<br />
dell'arousal (video). Sono infine stati<br />
registrati episodi in sonno REM clinicamente<br />
caratterizzati da attivazione motoria del'arto<br />
superiore di destra e retropulsione del capo,<br />
seguiti da movimento complesso eseguito<br />
con gli arti superiori, tipo difesa e<br />
aggressione (video), di non univoca<br />
interpretazione.<br />
Discussione: Il caso presenta comorbidità fra<br />
epilessia e parasonnie dell'arousal con<br />
documentazione video-polisonnografica di<br />
crisi focali a origine fronto-temporale sinistra<br />
in sonno, episodi parasonnici NREM (terrore<br />
notturno) ed episodi parossistici in sonno<br />
REM di non univoca interpretazione,<br />
registrati nella stessa notte. Il dato di<br />
comorbidità epilessia e parasonnie è noto<br />
dalla letteratura in particolare nel bambino<br />
fra epilessia e parasonnie dell'arousal. È<br />
altresì riportata la comorbidità fra epilessia e<br />
parasonnie REM, in particolare RBD in età<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
adulta (Manni, 2010). Questo caso rispecchia<br />
numerose problematiche rispetto allo studio<br />
degli episodi parossistici in sonno in<br />
particolare negli aspetti di diagnosi<br />
differenziale.<br />
Conclusione: Gli autori ipotizzano che questo<br />
bambino, con alterato sviluppo psicomotorio<br />
e quadro malformativo cerebrale, presenti<br />
episodi critici in sonno NREM e sonno REM<br />
con pattern elettrico analogo ma suscettibile<br />
di variazioni morfologiche nei differenti stadi<br />
di sonno e che, da un punto di vista<br />
semeiologico, gli episodi in REM possano<br />
essere arricchiti da una componente<br />
successiva che ricorda fenotipicamente<br />
aspetti comportamentali tipici dell'RBD. Il<br />
significato di queste associazioni non è<br />
univocamente interpretabile potendo essere<br />
attribuibile ad associazione casuale o a<br />
condivisione di momenti fisiopatologici<br />
comuni che coinvolgono il sistema<br />
dell'arousal e, probabilmente anche<br />
meccanismi più complessi nel caso delle<br />
parasonnie REM. Infine è interessante<br />
ricordare dati di letteratura (Tassinari, 2005)<br />
che sottolineano come sia frequente<br />
l'emergenza di comportamenti innati<br />
espressione dell'attivazione di CPGs, fra cui<br />
anche a carattere difensivo/predatorio, nel<br />
contesto di crisi epilettiche o parasonnie che<br />
condividono il sistema dell'arousal per<br />
esprimersi.<br />
Fattori di rischio di mortalità in una popolazione di anziani (over-65 anni): follow up a 11 anni<br />
G. Canal, S. Lorenzut, V. Russo, F. Romanese,<br />
G.L. Gigli<br />
Centro di Medicina del Sonno, Clinica<br />
Neurologica, Università di Udine<br />
Obiettivi: in letteratura ci sono pochi studi<br />
che analizzino la relazione tra demenza,<br />
disturbi del sonno e mortalità; in particolare<br />
non ci sono lavori che abbiano considerato<br />
queste tre variabili tutte assieme. Lo scopo<br />
del nostro studio è quello di valutare, in una<br />
popolazione di anziani, se il rischio di<br />
mortalità aumenta quando disturbi del sonno<br />
e deterioramento cognitivo sono associati.<br />
Materiali e metodi: sono state consultate le<br />
schede di morte di 752 pazienti arruolati in<br />
un precedente studio (Merlino et al. Sleep<br />
Medicine 2010; 11: 372-377) e valutato il<br />
follow up a 11 anni. Sono state pertanto<br />
costruite le relative curve di mortalità ed è<br />
stata ricercata la possibile correlazione tra<br />
mortalità, demenza e disturbi del sonno<br />
52
a b s t r a c t b o o k<br />
(sindrome delle gambe senza riposo,<br />
eccessiva sonnolenza diurna, incubi,<br />
sonnambulismo, sindrome delle apnee in<br />
sonno e insonnia).<br />
Risultati: dopo11 anni di follow-up, 9<br />
pazienti sono stati persi; dei restanti 743<br />
pazienti, 308 (41%) erano morti e 435<br />
(57,8%) erano ancora in vita. In particolare,<br />
tra i pazienti dementi era deceduto l’ 83,7%,<br />
mentre solo il 35,5% dei non dementi era<br />
morto (p=0,001). L’ età <strong>media</strong> al decesso non<br />
differiva in modo significativo tra i due gruppi<br />
(86,6 ± 7,36 nei dementi vs. 85,08 ± 7,26 nei<br />
non dementi). I fattori di rischio indipendenti<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
di mortalità nella popolazione risultavano<br />
essere l’età (OR: 1,12), il fumo (OR:1,62) e la<br />
demenza (OR:2,76). Inoltre all’interno del<br />
gruppo dei dementi il rischio di morte<br />
risultava essere ulteriormente accentuato<br />
dalla contemporanea presenza di eccessiva<br />
sonnolenza diurna (p=0,07).<br />
Discussione e conclusione: il nostro studio<br />
conferma non solo che la sonnolenza diurna<br />
è associata ad un maggiore rischio di<br />
demenza, ma che la demenza stessa sembra<br />
essere un fattore di rischio di mortalità, in<br />
particolare se associata alla presenza di<br />
eccessiva sonnolenza diurna.<br />
Effetti della terapia antiepilettica sulle crisi notturne e sulla struttura del sonno nella Nocturnal<br />
Frontal Lobe Epilepsy<br />
F. De Paolis 1 , E. Colizzi 1 , G. Milioli 1 , A. Grassi 1 ,<br />
S. Riccardi 1 , M. Puligheddu 2 , M. G. Terzano 1 ,<br />
F. Marrosu 2 , L. Parrino 1<br />
1Centro di Medicina del Sonno, Clinica<br />
Neurologica, Dipartimento di Neuroscienze,<br />
Parma<br />
2 Centro per i Disturbi del Sonno, Policlinico<br />
Universitario Monserrato, Cagliari<br />
Scopo: studiare gli effetti della terapia<br />
antiepilettica (clinicamente efficace) sui<br />
parametri video-polisonnografici relativi alla<br />
struttura del sonno e alle crisi notturne in<br />
pazienti affetti da Nocturnal Frontal Lobe<br />
Epilepsy (NFLE).<br />
Materiali e Metodi: 20 pazienti (12 M e 8 F,<br />
età <strong>media</strong> 32 ± 12 anni) con diagnosi clinica e<br />
video-polisonnografica di NFLE sono stati<br />
sottoposti a follow-up clinico e ad un<br />
secondo studio video-PSG dopo 6 mesi di<br />
terapia antiepilettica efficace, in accordo a<br />
criteri clinici soggettivi basati sul diario delle<br />
crisi notturne soggettivamente percepite o<br />
riferite. La sonnolenza diurna è stata valutata<br />
<strong>media</strong>nte Epworth Sleepiness Scale (ESS)<br />
prima e dopo il trattamento. I parametri PSG<br />
convenzionali della struttura del sonno e<br />
quelli del Cyclic Alternating Pattern (CAP)<br />
sono stati analizzati in accordo ai rispettivi<br />
criteri internazionali di scoring prima e dopo<br />
il trattamento antiepilettico nei pazienti NFLE<br />
e confrontati con quelli di un gruppo di<br />
controllo costituito da 20 soggetti sani buoni<br />
dormitori (12 M e 8 F, età <strong>media</strong> 33 ± 8). Il<br />
numero totale delle crisi video-PSG e il loro<br />
rapporto con i parametri della macro- e<br />
microstruttura del sonno sono stati analizzati<br />
e confrontati prima e dopo terapia<br />
antiepilettica nei pazienti NFLE.<br />
Risultati: 7 pazienti risultavano liberi da crisi<br />
mentre i restanti 13 riportavano una<br />
riduzione delle crisi notturne percepite o<br />
riferite maggiore del 50% rispetto al quadro<br />
pre-terapia. Nonostante la soddisfacente<br />
efficacia clinica soggettiva, il trattamento<br />
antiepilettico ha determinato la riduzione<br />
solo parziale delle crisi notturne oggettivate<br />
in video-PSG (-25% rispetto al quadro basale),<br />
prevalentemente nella prima parte della<br />
notte. Sebbene i principali parametri<br />
macrostrutturali alterati in condizioni basali<br />
(incremento di REM latency e WASO,<br />
riduzione di SE) siano andati incontro a<br />
normalizzazione in corso di trattamento,<br />
l’elevata instabilità microstrutturale basale<br />
espressa dal CAP rate ha mostrato solo una<br />
parziale riduzione (-12% rispetto al basale),<br />
53<br />
53
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
54<br />
rimanendo lontana da valori normali (+26%<br />
nei pazienti trattati rispetto ai controlli) e<br />
associandosi a persistenza di moderata<br />
sonnolenza diurna (ESS score 11±3 in<br />
trattamento vs 13 ±3 basale).<br />
Discussione: la significativa persistenza di<br />
numerosi eventi critici e intercritici residui e<br />
di una elevata instabilità microstrutturale in<br />
corso di trattamento definiscono una sorta di<br />
resistenza sia delle crisi che del disturbo<br />
dell’arousal agli obiettivi terapeutici della<br />
terapia antiepilettica nei pazienti con NFLE.<br />
L’elevata quota di CAP rate potrebbe essere<br />
secondaria alla persistenza di parossismi<br />
epilettiformi intercritici che agiscono da<br />
trigger delle fluttuazioni del sistema di<br />
arousal in sonno [1].<br />
OSAS e Epilessia: effetti della comorbidità.<br />
L Campolo, I Aricò, R Silvestri.<br />
Centro di Medicina del Sonno, UOSD di<br />
Neurofisiopatologia e Disordini del<br />
Movimento, AOU Messina<br />
Razionale e Obiettivi:La sindrome delle<br />
apnee morfeiche di tipo ostruttivo (OSAS) e<br />
l’epilessia sono due patologie associate. La<br />
letteratura riporta che l’epilessia nei pazienti<br />
con OSAS va incontro ad un peggioramento<br />
delle crisi e che il miglioramento del respiro<br />
notturno corrisponde ad una riduzione delle<br />
stesse. Obiettivo dello studio valutare la<br />
relazione tra OSAS e epilessia nei pazienti<br />
afferiti presso il nostro centro di medicina del<br />
sonno.<br />
Metodi: Sono stati inclusi tutti i pazienti di<br />
età >18 anni, afferiti presso il Centro di<br />
Medicina del Sonno dell’AOU di Messina e<br />
diagnosticati per sindrome delle apnee<br />
morfeiche di tipo ostruttivo (OSAS) di vario<br />
grado e che presentavano anche forme<br />
differenti di epilessia.<br />
Risultati:Sono stati selezionati 27 pazienti (23<br />
M e 4 F) di età <strong>media</strong> di 47.4 anni e BMI<br />
medio 30.1. Al monitoraggio cardiorespiratorio<br />
notturno, l’Indice di<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
Conclusioni: la terapia ottimale di questi<br />
pazienti dovrebbe includere tra gli obiettivi<br />
anche il trattamento delle alterazioni della<br />
struttura del sonno, attraverso una maggiore<br />
attenuazione delle anomalie epilettiformi in<br />
sonno o <strong>media</strong>nte un innalzamento della<br />
soglia d’arousal allo stimolo disturbante delle<br />
anomalie intercritiche stesse.<br />
Bibliografia<br />
[1] Terzaghi M, Sartori I, Mai R, Tassi L,<br />
Francione S, Cardinale F, Castana L, Cossu M,<br />
LoRusso G, Manni R, Nobili L. Coupling of<br />
minor motor events and epileptiform<br />
discharges with arousal fluctuations in NFLE.<br />
Epilepsia 2008; 49 (4):670-676<br />
apnea/ipopnea (AHI) medio è risultato pari a<br />
16.7 con desaturazione minima <strong>media</strong><br />
dell’85.3%. Soltanto 4 M presentavano anche<br />
broncopneumopatia cronica ostruttiva<br />
(BPCO). In 3 casi la diagnosi di OSAS è stata<br />
posta prima della comparsa dell’epilessia; nei<br />
restanti casi l’OSAS è comparsa<br />
successivamente. In 11 casi si tratta di crisi<br />
parziali (2 casi di meningioma, 1 caso di<br />
displasia parietale dx, 1 caso di ischemia<br />
cerebrale post-intervento chirurgico, 7 casi<br />
criptogenetici) con focalità EEG<br />
prevalentemente fronto-temporale, in 16 casi<br />
di crisi primitivamente o secondariamente<br />
generalizzate (2 casi post-trauma cranico, 1<br />
con sclerosi tuberosa).Le crisi sono riportate<br />
maggiormente la sera e al mattino.11<br />
pazienti sono in trattamento, oltre che con<br />
AEDs, con ventilazione a pressione positiva<br />
non invasiva (CPAP) durante il sonno<br />
notturno. I pazienti hanno riferito riduzione<br />
del numero delle crisi, dopo qualche mese di<br />
ventiloterapia.<br />
Conclusioni:Nella nostra casistica sono per lo<br />
più pazienti con epilessia di vario genere che<br />
sviluppano OSAS di grado differente,<br />
probabilmente per motivi legati sia all’età, sia<br />
al sesso (F:M=1:6, maggiore incidenza di<br />
54
a b s t r a c t b o o k<br />
OSAS negli uomini rispetto alle donne) sia alla<br />
terapia farmacologica, che determina spesso<br />
un aumento di peso. La correzione dell’OSAS<br />
Studio dei pattern ipnici nella demenza a corpi di Lewy<br />
M. Terzaghi 1 , D. Arnaldi 2 , M.C. Rizzetti 3 , R.<br />
Cremascoli 1 , V. Rustioni 1 , R.Manni 1<br />
1 Unità Medicina del Sonno ed Epilessia -<br />
IRCCS Fondazione “Istituto Neurologico<br />
Nazionale C. Mondino”, Pavia,<br />
2 DiNOG, Neurofisiologia Clinica, Genova.<br />
3 Unità di Neurologia - Università di Brescia,<br />
Brescia, Italy<br />
Obiettivi. La conoscenza dell’architettura e<br />
dei disturbi del sonno nella demenza a corpi<br />
di Lewy (DLB) è condizionata dall’assenza di<br />
valutazioni sistematiche condotte con videopolisonnografia.<br />
Vengono qui descritti i<br />
risultati di indagini video-polisonnografiche in<br />
29 pazienti consecutivi con demenza a corpi<br />
di Lewy probabile .<br />
Materiali E Metodo. Tutti i pazienti (età<br />
<strong>media</strong> 75.4±5.1 anni; durata di malattia<br />
3.3±2.4 anni, dose equivalente di levodopa<br />
519±235 mg, MMSE 20.1±4.8) sono stati<br />
sottoposti a valutazione clinica mirata e<br />
video-polisonnografia notturna ambulatoriale<br />
in ambiente ospedaliero. 29 soggetti con<br />
malattia di Parkinson (PD) senza alterazioni<br />
cognitive appaiati per sesso ed età sono stati<br />
selezionati come controllo.<br />
Risultati. Nei soggetti con DLB si rileva meno<br />
sonno 1NREM (p=.000) e più sonno 2NREM<br />
(p=.000) rispetto ai soggetti con PD. La sleep<br />
apnea (30.4% vs 34.6%) e i movimenti<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
migliora la risposta alla terapia, riducendo la<br />
frequenza critica.<br />
periodici degli arti in sonno (60.9% vs 50.0%)<br />
sono risultati essere frequenti in entrambi i<br />
gruppi. Gli episodi motorio comportamentali<br />
abnormi sono risultati più frequenti nel<br />
gruppo DLB (69.9% vs 26.9;p=.008) e<br />
consistono non solo nel REM Sleep Behaviour<br />
Disorder (RBD), ma anche in episodi arousal<br />
relati fenomenologicamente simili ed<br />
indistinguibili dall’RBD ed episodi<br />
confusionali (30.4% vs 3.8%; p=.020). I<br />
soggetti DLB con disturbo del sonno come<br />
sintomo di presentazione hanno punteggi<br />
migliori al MMSE (22.4 vs 18.1, p=.019) e alla<br />
Frontal Assessment Battery (15.8 vs 10.3,<br />
p=.010).<br />
Discussione E Conclusioni. L’analisi<br />
videopolisonnografica dimostra nei soggetti<br />
con DLB multiple alterazioni del pattern<br />
ipnico, comprendenti alterazione della<br />
macrostruttura del sonno, comorbidità<br />
ipniche e differenti tipologie di disturbi<br />
motorio-comportamentali, che consistono<br />
non solo in RBD.<br />
L’esordio della malattia con disturbi del<br />
sonno sembra indicare un differente fenotipo<br />
di malattia con minor compromissione<br />
cognitiva.<br />
I clinici dovrebbero considerare la possibilità<br />
di misdiagnosi e quella di trascurare la<br />
possibilità di comorbidità del sonno, tenendo<br />
presente la possibilità di eseguire la<br />
videopolisonnografia in casi selezionati.<br />
La riduzione del sonno REM in fase acuta è un fattore prognostico negativo nell’ictus ischemico<br />
S.Fulda 1 , M.Caporro 1 , I. Zavalko 1,2 , J. Mathis 3 ,<br />
L. Nobili4, C. Cereda5, I. Pisarenco1, C.L.<br />
Bassetti 3 , M. Manconi 1<br />
1 Centro di medicina del Sonno ed<br />
Epilettologia, Neurocentro della Svizzera<br />
Italiana, Ospedale Civico di Lugano, Lugano<br />
2 Severtsov Institute Ecology/Evolution<br />
Russian Academy of Sciences, Mosca<br />
3 Dipartimento di Neurologia, Ospedale<br />
Universitario, Inselspital Berna,<br />
4 Centro di Medicina del Sonno, Ospedale<br />
Niguarda, Milano<br />
55<br />
55
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
56<br />
5 Neurocentro della Svizzera Italiana,<br />
Ospedale Civico di Lugano,<br />
Obiettivo di questo studio è stato quello di<br />
valutare se esistono variabili<br />
polisonnografiche precoci dopo lo stroke<br />
inschemico che si associano ad un<br />
peggioramento neurologico precoce o un<br />
miglior recupero a breve o lungo termine.<br />
Metodo: 65 pazienti con stroke ischemico o<br />
TIA che partecipavano nello studio<br />
prospettico, multicentrico SAS-CARE1 study<br />
(NCT01097967) sono stati valutati<br />
clinicamente con la NIH stroke scale (NIHSS) a<br />
24 ore, alla dimissione e dopo 3 mesi e sono<br />
stati sottoposti a polisonnografia entro 9<br />
giorni dallo stroke e dopo 3 mesi. In base al<br />
miglioramento atteso secondo la valutazione<br />
clinica all’ammissione, i pazienti sono stati<br />
DISTURBI DEL MOVIMENTO DEL SONNO<br />
I SESSIONE<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
classificati in pazienti con migliore o peggiore<br />
recupero a breve (dimissione) o lungo<br />
termine (a 3 mesi)<br />
Risultati: I pazienti con un peggiore recupero<br />
a breve o lungo tempo avevamo una<br />
significativa riduzione del sonno REM (ridotta<br />
percentuale del sonno REM e prolungata<br />
latenza REM) durante la fase acuta<br />
indipendentemente dalla severità dello<br />
stroke. La riduzione del sonno REM non era<br />
piú valutabile dopo 3 mesi.<br />
Conclusioni: La riduzione acuta della REM<br />
dopo lo stroke predice una prognosi peggiore<br />
indipendentemente dalla severitá dell’ictus e<br />
del disturbo respiratorio in sonno. Ulteriori<br />
studi sono necessari per confermare questo<br />
marker precoce che potrebbe aiutare<br />
nell’identificare quali pazienti che potrebbero<br />
giovarsi di interventi precoci ed aggiuntivi.<br />
Attivita’ motoria in sonno all’esordio dei parkinsonismi: un possibile biomarker per la diagnosi<br />
differenziale<br />
M. Alessandria, G. Calandra-Buonaura, L.<br />
Sambati, R. Terlizzi, P. Guaraldi, F. Provini, P.<br />
Cortelli.<br />
IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche,<br />
Università di Bologna.<br />
Obiettivo Descrivere il possibile valore<br />
diagnostico delle caratteristiche<br />
videopolisonnografiche (VPSG) nella diagnosi<br />
differenziale dei parkinsonismi ad esordio<br />
recente.<br />
Pazienti Sono stati studiati 31 pazienti<br />
consecutivi (13 donne; età <strong>media</strong> 62±11 anni;<br />
range: 37-79 anni) con parkinsonismo<br />
esordito da meno di 3 anni (durata <strong>media</strong> di<br />
malattia: 18±10 mesi; range: 5-39 mesi; età<br />
<strong>media</strong> all’esordio: 60±11 anni; range 35-78<br />
anni), inclusi nello studio BO-ProPark<br />
(Bologna-motor and non motor Prospective<br />
study on Parkinsonisms at onset). Tutti i<br />
pazienti sono stati sottoposti alla stessa<br />
valutazione clinico-strumentale,<br />
comprendente: anamnesi, esame obiettivo<br />
neurologico, risonanza magnetica cerebrale,<br />
test neuropsicologici, studio del controllo<br />
vegetativo dei riflessi cardiovascolari,<br />
quantificazione della risposta motoria alla<br />
levo-dopa e VPSG. In accordo con i criteri<br />
diagnostici internazionali, sono state poste le<br />
diagnosi di: Malattia di Parkinson (MP, 9<br />
pazienti), MP plus (MP con demenza o<br />
disautonomia, 4 pazienti) e sindrome<br />
parkinsoniana (SP, 8 pazienti).<br />
Metodi I pazienti sono stati sottoposti a<br />
VPSG notturna, comprendente: EEG (C3-A2,<br />
O2-A1, CZ-A1); EOG dx e sn; EMG dei muscoli<br />
miloioideo, estensore del polso dx e sn,<br />
tibiale anteriore dx e sn e intercostale; ECG;<br />
microfono; respirogramma oronasale,<br />
56
a b s t r a c t b o o k<br />
toracico e addominale; saturazione di<br />
ossigeno; pressione arteriosa sistemica. Le<br />
VPSG sono state valutate da un neurologo<br />
esperto in medicina del sonno in cieco<br />
rispetto alla diagnosi clinica. Il sonno e<br />
l’attività tonica e fasica durante il sonno REM<br />
sono stati scorati secondo i criteri<br />
dell’American Academy of Sleep Medicine.<br />
Risultati Tutti i pazienti avevano una ridotta<br />
efficienza del sonno (<strong>media</strong>: 62±15%; v.n<br />
>85%). La macrostruttura del sonno e l’indice<br />
di arousal non erano significativamente<br />
differenti nei diversi gruppi di pazienti.<br />
L’indice di apnea/iponea era >5 in 5 pazienti<br />
(1/19 MP; 4/8 SP). L’indice di PLMS era ≥5 in<br />
23 pazienti (14/19 MP; 3/4 MP plus; 6/8 SP).<br />
20 pazienti (9/19 MP, 4/4 MP plus, 7/8 SP)<br />
presentavano un’attività muscolare tonica<br />
e/o fasica eccessiva durante il sonno REM. La<br />
<strong>media</strong> del numero di epoche con eccessiva<br />
attività muscolare fasica in sonno REM era<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
significativamente più alta nei pazienti con<br />
MP plus e SP rispetto ai pazienti con MP. 5<br />
pazienti (3/4 MP plus; 2/8 SP) presentavano<br />
un disturbo del comportamento in sonno<br />
REM. In 7 pazienti (2/19 MP; 1/4 MP plus;<br />
4/8 SP) era presente un mioclono<br />
frammentario ipnico eccessivo; i pazienti con<br />
MP plus e SP avevano frequenti “sussulti<br />
mioclonici” in sonno, coinvolgenti il tronco e<br />
gli arti.<br />
Conclusioni I nostri dati preliminari<br />
suggeriscono che un’alterazione dell’attività<br />
motoria in sonno REM è più frequente<br />
all’esordio di malattia nei pazienti affetti da<br />
MP plus e SP che nei pazienti con MP.<br />
Ulteriori dati sono necessari per stabilire se le<br />
caratteristiche VPSG in pazienti con<br />
parkinsonismo all’esordio abbiano un valore<br />
diagnostico nella diagnosi differenziale dei<br />
parkinsonismi.<br />
La sindrome delle gambe senza riposo nella malattia di Parkinson: studio longitudinale<br />
prospettico in pazienti de novo<br />
E.Marchesi 1 , M.Angelini 1 , A.Negrotti 1 , P.De<br />
Giampaolis 1 , M.Goldoni 2 , S.Calzetti 1<br />
1 Dipartimento di Neuroscienze, U.O.<br />
Neurologia, Azienda Ospedaliero-<br />
Universitaria di Parma<br />
2 Dipartimento di Clinica Medica, Nefrologia<br />
e Scienze della Prevenzione, Laboratorio di<br />
Tossicologia Industriale, Università degli Studi<br />
di Parma<br />
Introduzione: la relazione tra la sindrome<br />
delle gambe senza riposo (Restless Legs<br />
Syndrome, RLS) e la malattia di Parkinson<br />
(MP) è a tutt’oggi controversa: i vari studi<br />
epidemiologici di prevalenza forniscono dati<br />
contrastanti e non vi sono in letteratura studi<br />
che indaghino l’incidenza della RLS nella MP.<br />
Obiettivi: studio longitudinale prospettico a<br />
coorte dinamica della durata di 8 anni per<br />
valutare l’incidenza di RLS di nuova diagnosi<br />
in pazienti con MP.<br />
Materiali e metodi: 106 pazienti con diagnosi<br />
di MP de novo, drug-naive all’inclusione e con<br />
negatività al questionario RLS secondo i<br />
criteri dell’IRLSSG, sono stati valutati con<br />
cadenza semestrale in merito alla comparsa<br />
di RLS nel corso della terapia dopaminergica<br />
(DAergica). Sono stati calcolati i tassi di<br />
incidenza annuale di RLS, espressi sia come<br />
RLS globale sia separatamente come RLS<br />
primaria e secondaria, ed i tassi d’incidenza<br />
globale suddivisi per fasce di età; questi<br />
ultimi sono stati confrontati con quelli della<br />
popolazione generale disponibili in<br />
letteratura. Risultati: 15 pazienti (14,5%)<br />
hanno sviluppato una RLS in corso di terapia<br />
(12 forme primarie e 3 forme secondarie). Il<br />
tasso d’incidenza annuale di RLS è risultato di<br />
47 casi/1000persone/anno (37<br />
casi/1000persone/anno per la RLS primaria e<br />
9,4 casi/1000persone/anno per la RLS<br />
secondaria). Solo il tasso d’incidenza globale<br />
per la classe di età dai 55-64 anni<br />
(70casi/1000persone/anno) è risultato<br />
57<br />
57
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
58<br />
significativamente aumentato nei pazienti<br />
con MP rispetto alla popolazione generale. La<br />
positivizzazione per RLS è risultata<br />
inaspettatamente precoce in rapporto sia<br />
all’esordio della MP (intervallo medio 29,25<br />
mesi) sia all’inizio del trattamento DAergico<br />
(intervallo medio 17,58 mesi).<br />
Discussione: l’incrementata incidenza di RLS<br />
nei pazienti con MP in corso di terapia<br />
DAergica rispetto alla popolazione generale,<br />
osservata per la classe di età di 55-64 anni,<br />
suggerisce un ruolo critico della terapia nel<br />
suo sviluppo. Considerando infatti che nei<br />
pazienti con MP drug-naive non risulta<br />
esserci una maggiore prevalenza di RLS,<br />
contrariamente a quanto riportato nei<br />
pazienti in terapia DAergica cronica, si<br />
potrebbe ipotizzare che la MP rappresenti di<br />
per sé una condizione necessaria ma non<br />
sufficiente a determinare lo sviluppo di RLS, e<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
che l’incrementata incidenza del disturbo<br />
osservata nei pazienti trattati con farmaci<br />
dopaminomimetici sia ascrivibile ad<br />
un’iperstimolazione a livello midollare dei<br />
recettori DAergici post-sinaptici resi<br />
ipersensibili dalla degenerazione dell’area<br />
ipotalamica A11, sede di origine della via<br />
DAergica diencefalo-spinale. Conclusione: se<br />
l’ipotesi generata da questa indagine verrà<br />
confermata su casistiche più estese e dai<br />
risultati derivati da una manipolazione della<br />
terapia DAergica (riduzione e/o incremento<br />
posologico), la RLS che si manifesta nei<br />
pazienti con MP trattati con tale classe di<br />
farmaci, o per lo meno una sua elevata<br />
percentuale, potrebbe essere considerata<br />
un’ulteriore forma di RLS “secondaria”,<br />
responsabile dell’aumentata prevalenza del<br />
disturbo sensitivo-motorio riportata in<br />
letteratura in tali pazienti.<br />
Follow up a 4 anni di pazienti affetti da “restless legs syndrome” con insufficienza renale cronica<br />
in fase “pre-dialitica”<br />
G. Macorig¹ , S. Lorenzut¹, D. Montanaro ²,<br />
G.L. Gigli ¹, G. Romano², M.R. Valente¹<br />
¹Centro di Medicina del Sonno, Clinica<br />
Neurologica, Università di Udine<br />
²SOC di Nefrologia e Dialisi, AOU di Udine<br />
Obiettivi: Sono poco numerosi gli studi che<br />
hanno valutato il follow up a lungo termine di<br />
pazienti dializzati affetti da RLS. Ancora meno<br />
sono gli studi che hanno esteso tale<br />
valutazione a pazienti nella fase pre-dialitica<br />
dell’insufficienza renale cronica. L’obiettivo<br />
del nostro studio è di valutare il possibile<br />
impatto della sindrome delle gambe senza<br />
riposo sull’andamento della funzione renale e<br />
sul possibile sviluppo di eventi di natura<br />
cardio e/o cerebro-vascolare.<br />
Materiali e metodi: Sono state rivalutate a<br />
distanza di 4 anni le cartelle cliniche dei 138<br />
pazienti arruolati in un nostro precedente<br />
studio (Merlino et al, Mov Dis 2010); sono<br />
state ricercate informazioni sull’eventuale<br />
decesso, sull’andamento della funzione<br />
renale (calo del filtrato stimato come mL min -<br />
1 -1<br />
mese ) e sull’eventuale sviluppo di eventi<br />
cardio-cerebro-vascolari.<br />
Risultati: dei 138 casi di partenza sono stati<br />
persi al follow up 12 pazienti; dei restanti 126<br />
pazienti, 19 risultavano affetti da RLS. Per<br />
quanto riguarda l’andamento della funzione<br />
renale, il calo del filtrato non presentava<br />
differenze significative tra pazienti con e<br />
senza RLS (0,49 ± 0,91 mL min -1 mese -1 per i<br />
pazienti affetti vs 0,40 ± 0,86 dei non affetti).<br />
Il 21,1 % dei pazienti affetti da RLS<br />
risultavano aver dovuto avviare terapia<br />
dialitica vs 16,9 % dei pazienti non affetti (p=<br />
0,6). Si è ritrovato invece un significativo<br />
maggiore calo del filtrato tra i pazienti affetti<br />
da eccessiva sonnolenza diurna rispetto ai<br />
non affetti (1,08 ± 1,40 per i pazienti con EDS<br />
vs 0,38 ± 0,74 per i pazienti senza EDS;<br />
p=0,04). Per quanto riguarda la mortalità non<br />
sono state rilevate differenze significative tra<br />
pazienti con e senza RLS. Dal punto di vista<br />
58
a b s t r a c t b o o k<br />
cardio e cerebro-vascolare è stata invece<br />
rilevata una maggiore tendenza allo sviluppo<br />
di eventi vascolari cerebrali (ictus ischemico)<br />
nei pazienti affetti da RLS rispetto a quello<br />
non affetti: 2 su 19 (10,5%) pazienti affetti da<br />
RLS vs. 1 su 107 (0,9%) dei pazienti non<br />
affetti (p=0,04). Tale dato è inoltre<br />
confermato dal fatto che i pazienti che<br />
avevano presentato l’evento vascolare<br />
cerebrale avevano un tempo totale di sonno<br />
ridotto rispetto ai pazienti che non avevano<br />
avuto ictus (310 min vs. 389,51 min; p=0,09).<br />
Discussione e conclusioni: Il nostro studio<br />
conferma il ruolo della RLS come possibile<br />
fattore di rischio vascolare; il dato è<br />
rafforzato anche dal fatto che i pazienti che<br />
avevano sviluppato eventi vascolari<br />
presentavano un tempo totale di sonno<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
ridotto rispetto ai pazienti che non avevano<br />
avuto eventi. Il ruolo della EDS nel<br />
peggioramento della funzione renale<br />
potrebbe essere interpretato come un indice<br />
di disturbi del sonno non indagati che<br />
possono a loro volta portare a<br />
peggioramento della funzione renale .<br />
Sarebbe importante una sempre maggiore<br />
attenzione da parte degli specialisti verso<br />
questo tipo di disturbo del sonno, in quanto,<br />
oltre a peggiorare la qualità di vita dei<br />
pazienti (Mucsi et al. NDT 2005), possono<br />
anche influire sull’outcome a lungo termine.<br />
Non si può escludere che un periodo di<br />
follow up più prolungato possa anche<br />
provocare differenze in termini di mortalità<br />
tra i gruppi con e senza RLS.<br />
Valutazione neuropsicologica nel Rem Sleep Behavior Disorder Idiopatico: studio di follow-up.<br />
M. Terzaghi 1 , C. Zucchella 2 , V. Rustioni 1 , R.<br />
Manni 1<br />
1 Unità Medicina del Sonno ed Epilessia -<br />
2 Laboratorio Neuropsicologia<br />
IRCCS Fondazione “Istituto Neurologico<br />
Nazionale C. Mondino”, Pavia,<br />
Obiettivi. La valutazione neuropsicologica nel<br />
REM Sleep behavior disorder (RBD) idiopatico<br />
ha evidenziato diversi deficit cognitivi in aree<br />
specifiche, potenzialmente evidenziando la<br />
presenza di processi neurodegenerativi. Il<br />
reale significato di questi deficit resta tuttavia<br />
imprecisato per la mancanza di dati di follow<br />
up.<br />
Materiali e Metodo. 21 soggetti con RBD (20<br />
maschi, età <strong>media</strong> 66.1±6.9 anni) idiopatico<br />
sono stati sottoposti a valutazione clinica e<br />
neuropsicologica di baseline e ad un follow<br />
up medio di 43±18 mesi. Al baseline le<br />
performances cognitive sono state<br />
confrontate con un gruppo di controllo<br />
appaiato per sesso, età e scolarità.<br />
Risultati. Al follow up un significativo<br />
peggioramento (Wilcoxon test) si è verificato<br />
al test delle matrici colorate di Raven<br />
((p=.01), alle matrici attentive (p=.02), alla<br />
fluenza fonologica (p=.04) e semantica<br />
(p=.04).<br />
Sulla base dei punteggi equivalenti, 14<br />
soggetti (66.7%) hanno mostrato un<br />
peggioramento delle abilità cognitive nelle<br />
abilità visuo-costruttive, logiche non verbali,<br />
attentive/esecutive e memoria a lungo e<br />
breve termine, con significatività statistica in<br />
ambito delle abilità visuo-costruttive (p=.01).<br />
7 soggetti (33.3%) hanno mantenuto un<br />
profilo cognitivo stabile di normalità. Non<br />
sono emerse differenze cliniche tra soggetti<br />
con profilo neuropsicologico di normalità e<br />
quelli che hanno avuto un peggioramento<br />
delle performances.<br />
4 soggetti hanno sviluppato durante il follow<br />
up malattie extrapiramidali: non sono emerse<br />
differenze del profilo cognitivo tra questi<br />
soggetti e quelli che hanno mantenuto una<br />
diagnosi di RBD idiopatico.<br />
Discussione e Conclusioni. I nostri dati<br />
confermano le disfunzioni visuo spaziali come<br />
l’area di maggior compromissione cognitiva<br />
dell’RBD, a carattere evolutivo,<br />
potenzialmente candidabile come marker<br />
59<br />
59
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
60<br />
neuropsicologico di malattia . Un<br />
peggioramento delle funzioni cognitive<br />
coinvolgente anche altre aree<br />
(prevalentemente logiche non verbali e<br />
attentive/esecutive) è rilevabile e suggerisce<br />
la presenza di sottostanti fenomeni<br />
neurodegenerativi.<br />
Con i limiti legati alla numerosità della<br />
casistica e della porzione di campione<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
studiato con evoluzione in malattie<br />
extrapiramidali, non sono identificabili, da un<br />
lato, un profilo cognitivo in grado di predire<br />
l’evoluzione verso una patologia<br />
degenerativa, dall’altro caratteristiche<br />
cliniche nell’RBD idiopatico suggestive per la<br />
presenza di mild cognitive impairment.<br />
Funzioni cognitive, disturbo dell'umore, qualità della vita e strategie di coping nel disturbo<br />
comportamentale in sonno REM idiopatico.<br />
V.Cardinali ¹, M.Carnicelli ¹, R. Barulli ¹, M.<br />
Esposito ², M.Carotenuto², B.Brancasi¹, Della<br />
Porta R. ¹, S. Caputo ¹, M.F. De Caro ¹, G.<br />
Logroscino ¹, M. Savarese ¹<br />
¹ Dipartimento di Neuroscienze e Organi di<br />
Senso Università degli Studi di Bari<br />
² Dipartimento di Psichiatria,<br />
Neuropsichiatria infantile e adolescenziale,<br />
Audiofoniatria e Dermatovenereologia,<br />
Seconda Università di Napoli<br />
Introduzione:. E’ dimostrato che pazienti<br />
affetti da disturbo comportamentale in<br />
sonno REM Idiopatico (IRBD) possano<br />
presentare maggiore compromissione di<br />
specifiche funzioni cognitive, quali le funzioni<br />
visuocostruttive ed esecutive rispetto a<br />
soggetti sani appaiati per sesso, età e<br />
scolarità (Fantini 2011). Allo stato attuale non<br />
esistono, invece, dati sulla qualità della vita e<br />
le strategie di affrontare la patologia nei<br />
pazienti affetti da IRBD e pochi sono gli studi<br />
che hanno valutato i disturbi dell'umore in<br />
questi pazienti (Postuma 2009). Obiettivo:<br />
valutare in pazienti con diagnosi di IRBD, le<br />
funzioni cognitive, l'umore, la capacità di<br />
coping e l'impatto di questa patologia sulla<br />
qualità di vita.<br />
Materiali e Metodi: Lo studio è stato<br />
condotto su pazienti con IRBD pervenuti al<br />
Centro Disturbi del Sonno del Dipartimento di<br />
Neuroscienze, Policlinico di Bari. Tutti i<br />
pazienti sono stati sottoposti ad un’estesa<br />
batteria di tests neuropsicologici(l’elenco dei<br />
tests e i corrispettivi domini cognitivi sono<br />
esposti nella tabella 1); sono stati inoltre<br />
valutati i disturbi dell'umore, la qualità della<br />
vita e la capacità di coping.<br />
Risultati: Lo studio ha coinvolto 22 soggetti<br />
con IRBD (20 uomini, 2 donne) con età <strong>media</strong><br />
di 67 anni (range :44-79 anni). 13 pazienti<br />
(59%) soddisfacevano i criteri di Petersen per<br />
Mild Cognitive Impairment (MCI) (4 MCI<br />
amnesico dominio multiplo, 1 MCI amnesico<br />
singolo dominio, 3 non-MCI amnesico<br />
dominio multiplo, 5 non-MCI amnesico<br />
singolo dominio). Tra i pazienti con IRBD<br />
senza declino cognitivo (iRBDwoMCI) e<br />
pazienti con IRBD e MCI (IRBD+MCI), non<br />
c'erano differenze di: durata della malattia<br />
(p:0,30), età al momento della valutazione<br />
(p:0,19), l'età alla comparsa del RBD (p:0,86)<br />
e alla diagnosi (p:0,23). Riguardo alle<br />
strategie di coping, tutti i pazienti hanno<br />
utilizzato positivamente l'approccio e la<br />
pianificazione nella gestione della patologia<br />
rispetto al disimpegno comportamentale e la<br />
negazione. Confrontando i due gruppi<br />
(iRBDwMCI e IRBD+MCI) si è riscontrata una<br />
differenza nella scala del COPE per<br />
l’"affrontare positivamente" la patologia con<br />
valori più elevati per il gruppo iRBDwoMCI.<br />
Per tutti i pazienti la qualità della vita è stata<br />
riportata come non soddisfacente, infatti in<br />
tutti i campi della scala SF-36, fatta eccezione<br />
per il dolore fisico e la salute generale, i<br />
pazienti hanno riportato valori più bassi<br />
rispetto alla norma. Confrontando i due<br />
gruppi è stata dimostrata una differenza nel<br />
60
a b s t r a c t b o o k<br />
campo dell’attività fisica e ruolo fisico, con<br />
valori più bassi nel gruppo IRBD+MCI. La<br />
metà dei pazienti ha mostrato tono<br />
dell’umore adeguato, i restanti hanno<br />
mostrato una depressione lieve. Non sono<br />
emerse differenze per l'umore tra i due<br />
gruppi (iRBDwMCI e IRBD+MCI).<br />
Discussione: Il 59% dei pazienti con IRBD ha<br />
presentato un MCI e le funzioni<br />
maggiormente compromesse sono state le<br />
esecutive e visuocostruttive, similmente a<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
quanto riscontrato in precedenti studi su<br />
pazienti IRBD (Fantini 2010). La maggiore<br />
compromissione cognitiva si associa a qualità<br />
della vita insoddisfacente e minore capacità<br />
di adattamento alla patologia, mentre il tono<br />
dell’umore non sembra associato a maggiore<br />
compromissione cognitiva.<br />
Conclusioni: Questi risultati suggeriscono la<br />
presenza di un sottostante processo<br />
neurodegenerativo in pazienti con IRBD ed<br />
una ridotta qualità della vita.<br />
Cognitive domines Neuropsychological tests<br />
Mini Mental State Examination (MMSE)<br />
Global cognitive efficiency (Folstein 1975, Measso 1991)<br />
Frontal Assessment Battery (FAB) (Appollonio<br />
2005)<br />
Rey Auditory Verbal Learning test (RAVLT) (Rey<br />
1964)<br />
Prose memory test (PMT) (Novelli 1986)<br />
Memory<br />
Digit Span subtest forward (Wechsler 1997)<br />
Corsi Block-Tapping Task forward (Spinnler<br />
1987)<br />
Copy of the Ray-Osterrieth (Rey 1941)<br />
Attention and executive<br />
functions<br />
Visuospatial functions<br />
Table 1 Neuropsychological assesment administered<br />
Digit symbol modalities test (SDMT) (Wechsler<br />
1997)<br />
Raven’s progressive matrices (Spinnler 1987)<br />
London’s tower test (Shallice 1982)<br />
Stroop color word test (Bohnen 1992)<br />
Trail making part A-B (Giovagnoli 1996)<br />
Digit Span subtest backward (Wechsler 1997)<br />
Corsi Block-Tapping Task backward (Spinnler<br />
1987)<br />
Phonemic fluency (Spinnler 1987)<br />
Semantic fluency (Spinnler 1987)<br />
Clock Drawing test (Libon 1993)<br />
The overlapping figures (Rey 1966)<br />
Ray-Osterrieth Complex Figure Copy (Caffarra<br />
2002)<br />
61<br />
61
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
62<br />
Studio delle vie nocicettive nella sindrome delle gambe senza riposo idiopatica<br />
E. Testani 1 , C. Vollono 1 , G. Della Marca 1 , D.<br />
Ferraro 2 , D. Virdis 1 , D. Le Pera 3 , S. Dittoni 1 ,<br />
S. Mazza 1 , M. Valeriani 4,5<br />
1. Dipartimento di Neuroscienze- Università<br />
Cattolica del Sacro Cuore, Roma<br />
2. Divisione di Neurologia, Università di<br />
Modena e Reggio Emilia<br />
3. Riabilitazione Motoria, IRCCS San Raffaele<br />
Pisana, Tosinvest Sanità, Roma<br />
4. Divisione di Neurologia - Ospedale<br />
Pediatrico Bambino Gesù, Roma<br />
5. Center for Sensory–Motor Interaction,<br />
Aalborg University, Aalborg, Denmark<br />
Obiettivo Valutare la presenza di alterazioni<br />
del sistema nocicettivo tramite lo studio dei<br />
potenziali evocati laser (LEP) in un gruppo di<br />
soggetti affetti da sindrome delle gambe<br />
senza riposo idiopatica(RLS), a confronto con<br />
un gruppo di soggetti sani.<br />
Materiali I LEP si registrano <strong>media</strong>nte la<br />
stimolazione nocicettiva, tramite Laser a CO2,<br />
delle piccole fibre mielinizzate A-delta;<br />
permettono pertanto di indagare in modo<br />
specifico la funzionalità delle vie del dolore.<br />
La stimolazione delle fibre A-delta determina<br />
la comparsa di una componente più precoce<br />
N1-P1, che origina dalle corteccie<br />
somatosensoriali e di una componente più<br />
tardiva, N2-P2 che origina dalla regione<br />
cingolo-insulare.<br />
Metodi Sono stati studiati 11 pazienti affetti<br />
da RLS idiopatica (età <strong>media</strong> 53.18 ± 19.65; 6<br />
maschi e 5 femmine) ed 11 controlli ( età<br />
<strong>media</strong> 53.40±18.59; 6 maschi e 5 femmine).<br />
Tutti i pazienti presentavano sintomatologia<br />
disestesica marcatamente prevalente agli arti<br />
inferiori e quasi esclusivamente limitata alle<br />
ore serali. I LEP sono stati registrati la sera<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
(tra le 21.00 e le 23.00) e nel primo<br />
pomeriggio (tra le 13.00 e le 15.00) dopo<br />
stimolazione del piede destro, della mano<br />
destra e della regione periorale di destra.<br />
Sono state registrate due medie consecutive<br />
(ciascuna ottenuta dopo 20 stimoli) per ogni<br />
sito di stimolazione. I LEP sono stati registrati<br />
da 3 elettrodi posizionati su Cz, Fz e T3 (SI 10-<br />
20). Risultati L’ampiezza della componente<br />
N2/P2 dopo stimolazione del piede era<br />
significativamente aumentata nella<br />
registrazione notturna nel gruppo dei<br />
pazienti, a confronto con la registrazione<br />
diurna. L’ampiezza del complesso N2/P2<br />
dopo stimolazione della mano e della regione<br />
periorale non era significativamente diversa<br />
tra notte e pomeriggio nel gruppo dei<br />
pazienti. Nel gruppo di controllo non sono<br />
emerse differenze significative dopo<br />
stimolazione laser delle tre regioni nelle due<br />
fasce orarie. Sono stati considerati poi i<br />
rapporti delle ampiezze di N2/P2 ottenuti<br />
dividendo rispettivamente l’ampiezza di<br />
N2/P2 alla mano (N2/P2m/p) e l’ampiezza di<br />
N2/P2 (N2/P2o/p)alla regione periorale per<br />
l’ampiezza di N2/P2 al piede. Entrambi i<br />
rapporti sono ridotti nella notte rispetto al<br />
giorno, sia nel gruppo dei pazienti che nel<br />
gruppo dei controlli. Nel gruppo dei pazienti<br />
il rapporto N2/P2m/p raggiunge la<br />
significatività statistica.<br />
Discussione e Conclusione Nel gruppo dei<br />
pazienti non sono state trovate alterazioni<br />
nelle vie di conduzione A-delta. Tuttavia, il<br />
rapporto N2/P2 rivela una prevalente attività<br />
delle fibre nocicettive A-delta quando viene<br />
stimolato il piede durante la notte,<br />
suggerendo una disinibizione circadiana<br />
dell’elaborazione delle informazioni di input<br />
delle fibre A-delta agli arti inferiori.<br />
62
a b s t r a c t b o o k<br />
Associazione tra Emicrania e Sindrome delle gambe senza riposo<br />
A.Fontana, V.Russo, M.Sommaro, A.Travanut,<br />
M.R. Valente, G.L. Gigli<br />
Centro di Medicina del Sonno, Clinica<br />
Neurologica, Università di Udine<br />
Obiettivi: La Sindrome delle gambe senza<br />
riposo (RLS) il più delle volte presente in<br />
forma idiopatica, può essere associata a<br />
diversi disturbi neurologici tra i quali è stata<br />
ipotizzata l’emicrania. Basandoci su recenti<br />
studi che confermano l’associazione tra RLS e<br />
la cefalea primaria abbiamo realizzato uno<br />
studio osservazionale per valutare la<br />
prevalenza di RLS nei pazienti affetti da<br />
emicrania.<br />
Materiali e metodi: Sono stati arruolati 179<br />
pazienti emicranici (con e senza aura)<br />
afferenti alla nostra clinica. Per essere inclusi<br />
nello studio i pazienti dovevano aver<br />
compiuto 18 anni e rispettare i criteri per la<br />
diagnosi di emicrania con e senza aura,<br />
facendo riferimento alla classificazione<br />
internazionale ICHD-II (International<br />
Classification Headache Disorders). La RLS è<br />
stata diagnosticata usando i criteri IRLSSG<br />
(International Restless Leg Syndrome Study<br />
Group). La presenza di eventuali disturbi del<br />
sonno è stata valutata attraverso la<br />
somministrazione del Pittsburgh Sleep<br />
Quality Index (PSQI), la scala Epworth (ESS)<br />
per valutare la presenza di eccessiva<br />
sonnolenza diurna (EDS) e per la gravità della<br />
RLS è stato utilizzato l’International RLS Study<br />
Group Rating Scale (IRLSSG). I pazienti<br />
abusatori di farmaci sintomatici sono stati<br />
classificati prendendo come riferimento<br />
sempre i criteri ICHD-II<br />
Risultati: Sul campione totale di 177 pazienti<br />
emicranici, il 79,7% era di sesso femminile. Il<br />
31% dei pazienti intervistati presentava i<br />
sintomi di emicrania con aura, nel 73% dei<br />
casi presentava fotofobia e il 61% invece<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
presentava fonofobia. L’età <strong>media</strong> dei<br />
soggetti è 42 anni (Range 19-79). La<br />
prevalenza di RLS era del 16% (n=28) e non<br />
sono state riscontrate differenze significative<br />
tra maschi e femmine. In 22 pazienti che<br />
presentavano i sintomi della RLS veniva<br />
riferita fonofobia (p=0.03). Gli abusatori di<br />
farmaci rappresentano il 36.7% del campione<br />
totale (22 triptani, 37 FANS, 5 oppiacei). Il<br />
33,7% dei pazienti presentava scarsa qualità<br />
del sonno (PSQI totale >5) e il 13,6%<br />
presentava eccessiva sonnolenza diurna.<br />
Discussione e conclusioni: Il nostro studio ha<br />
confermato un’elevata prevalenza di RLS nei<br />
pazienti affetti da emicrania, confrontati con i<br />
dati della popolazione generale. Abbiamo<br />
inoltre riscontrato una correlazione<br />
significativa tra fonofobia e la presenza di RLS<br />
(P=0,03). La presenza di RLS nel nostro studio<br />
non è associata al sesso. La relazione tra<br />
emicrania e RLS continua ad essere ancora<br />
non chiara, entrambi i disturbi potrebbero<br />
avere un substrato patologico comune,<br />
ovvero una disfunzione del nucleo<br />
dopaminergico ipotalamico dorsale<br />
posteriore (A 11). Questo è suggerito dalla<br />
risposta dei sintomi dell’emicrania ai farmaci<br />
antidopaminergici. L’associazione tra<br />
fonofobia e RLS può inoltre essere<br />
un’espressione dell’alterazione di questo<br />
sistema.<br />
Bibliografia 1) Daniela Cologno, Giulio<br />
Cicarelli, Vi orio Petre a, Florindo<br />
d TMOnofrio and Gennaro Bussone “High<br />
prevalence of Dopaminergic Premonitory<br />
Symptoms in migraine patients with Restless<br />
Legs Syndrome: a pathogenetic link?”<br />
Neurological Sciences Volume 29,<br />
Supplement 1 (2008), 166-168. 2)Stephen D.<br />
Silberstein, “Association between restless<br />
legs syndrome and migraine”; J Neurol<br />
neurosurg psychiatry May 2010; 81: 473 –<br />
475<br />
63<br />
63
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
64<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
Sindrome delle gambe senza riposo e movimenti periodici in un caso di neurinoma cervicale.<br />
A. Losurdo 1 , M. Luigetti 1 , D. Restuccia 1 , C,<br />
Vollono 1 , E. Testani 1 , V. Gnoni 1 , C. Di Blasi 1 ,<br />
NM Giannantoni 1 , G. Della Marca 1<br />
1 Dipartimento di Neuroscienze, UCSC, Roma.<br />
Obiettivi. Descrivere un caso di Sindrome<br />
delle gambe senza riposo (RLS) associata a<br />
movimenti periodici nel sonno in una donna<br />
di 72 anni con neurinoma cervicale C3 ad<br />
effetto compressivo sul midollo spinale, in<br />
assenza di altre possibili cause di RLS.<br />
Metodo. La paziente è stata sottoposta a<br />
visita neurologica ed esame obiettivo<br />
neurologico, esami ematochimici (dosaggio<br />
ferritina, sideremia, creatinina),<br />
videopolisonnografia (video-PSG), Potenziali<br />
Evocati Somatosensitivi (SEP), e Motori<br />
(MEP), esame della velocità di conduzione<br />
nervosa ai quattro arti (ENG),<br />
Elettromiografia (EMG) dei muscoli trapezio,<br />
deltoide, bicipite, estensore comune delle<br />
dita bilateralmente.<br />
Risultati. L’ esame neurologico, gli esami<br />
ematochimici e gli esami neurofisiologici<br />
(MEP, EMG, ENG) sono risultati nella norma.<br />
Ai SEP la risposta spinale N13 è risultata<br />
inevocabile dopo stimolazione del nervo<br />
<strong>media</strong>no destro e di ampiezza ridotta dopo<br />
stimolazione del nervo <strong>media</strong>no sinistro. Tale<br />
reperti erano indicativi di sofferenza<br />
funzionale della sostanza grigia<br />
centromidollare a livello dei mielomeri C6-C7.<br />
La RMN del midollo spinale ha documentato<br />
la presenza di un neurinoma para<strong>media</strong>no<br />
destro intradurale, extramidollare, che<br />
improntava la superficie ventrale del midollo<br />
cervicale. La video-PSG ha documentato<br />
reperti compatibili con RLS associata a<br />
movimenti periodici in corso di<br />
addormentamento e durante le fasi di sonno<br />
leggero. A livello dei segmenti muscolari<br />
esaminati sono risultati nettamente<br />
prevalenti i movimenti periodici a destra.<br />
Discussione e Conclusioni. La RLS può essere<br />
provocata da lesioni del midollo spinale. La<br />
presenza di una lesione compressiva<br />
midollare, l’alterazione della componente<br />
N13 dei SEP ed il riscontro di movimenti<br />
periodici, assiali e degli arti, nettamente<br />
lateralizzati suggerisce un possibile ruolo<br />
patogenetico del neurinoma cervicale nella<br />
genesi della RLS.<br />
La mirtazapina causa movimenti periodici nel sonno (PLMS) in volontari sani giovani<br />
S. Fulda, S. Kloiber, T. Dose, S. Lucae, F.<br />
Holsboer, L. Schaaf, J. Hennings<br />
Neurocenter of Southern Switzerland, Civic<br />
Hospital (EOC) of Lugano, Lugano,<br />
Switzerland<br />
Max Planck Institute of Psychiatry, Munich,<br />
Germany<br />
Obiettivo: recenti evidenze suggeriscono che<br />
alcuni antidepressivi siano associati ad un<br />
aumento dell’attività motoria durante il<br />
sonno, in particolare a movimenti periodici<br />
degli arti inferiori (PLMS) che possono<br />
disturbare il sonno notturno. Finora, queste<br />
osservazioni sono state effettuate in pazienti<br />
in trattamento per depressione e in studi<br />
trasversali valutando l’effetto di diversi<br />
farmaci ma non della mirtazapina. Non è<br />
chiaro se gli antidepressivi inducano la<br />
comparsa dei PLMS o aumentino un disturbo<br />
già esistente e se questo sia un effetto<br />
associato a proprietà degli antidepressivi o<br />
evidenziato solo nei pazienti depressi. Scopo<br />
di questo studio è stato quindi quello di<br />
valutare l’effetto della mirtazapina in un<br />
gruppo di volontari sani.<br />
Metodo: dodici volontari sani tutti di sesso<br />
maschile (20 - 25 anni) hanno partecipato a<br />
questo studio clinico in aperto<br />
64
a b s t r a c t b o o k<br />
(NCT00878540), che comprendeva un<br />
periodo preparatorio di tre settimane, con<br />
standardizzazione delle condizioni generali<br />
(cibo, attività fisica e ritmi sonno-veglia) e<br />
una fase sperimentale in laboratorio con due<br />
giorni di valutazione basale e sette giorni di<br />
assunzione serale (ore 22) di 30 mg di<br />
mirtazapina. Il sonno è stato registrato nelle<br />
prime due notti basali, nelle prime due notti<br />
di terapia farmacologica e nelle ultime due<br />
notti di terapia.<br />
Risultati: Otto dei dodici soggetti hanno<br />
mostrato un incremento dei PLMS dopo la<br />
prima dose di mirtazapina (PLMS index 28-<br />
DISTURBI DEL MOVIMENTO DEL SONNO<br />
II SESSIONE<br />
Mioclono del collo in sonno - esempi video e considerazioni cliniche<br />
P.Agazzi, I. Pisarenco, M.Maestri, G. Bianco,<br />
S. Fulda, S.Manconi<br />
Centro di Medicina del Sonno ed<br />
Epilettologia, Neurocentro della Svizzera<br />
Italiana, Lugano<br />
Il mioclono del collo si verifica tipicamente<br />
soprattutto in sonno REM e viene in genere<br />
riconosciuto all’esame videopolisonnografico<br />
in quanto produce un tipico<br />
artefatto, indotto dal movimento, sulle<br />
derivazioni EEG. Viene generalmente<br />
considerato un fenomeno raro e fisiologico<br />
(in genere meno di uno all’ora). Allo stato<br />
attuale non sono comunque presenti in<br />
letteratura esempi video di tali disturbi e non<br />
è chiaro l’impatto sul sonno di tali<br />
movimenti.<br />
Presentiamo 2 casi clinici di pazienti, di sesso<br />
maschile di 18 e 60 anni, che hanno<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
98). La frequenza dei PLMS era piú alta nella<br />
prima notte e progressivamente si riduceva<br />
nei giorni successivi. Non sono state<br />
evidenziate differenze nei parametri di sonno<br />
o in altri parametri tra i partecipanti con<br />
PLMS indotti dalla mirtazapina rispetto agli<br />
altri.<br />
Conclusioni: la mirtazapina provoca PLMS in<br />
una percentuale sostanziale di volontari sani,<br />
con un effetto piú evidente nei primi giorni.<br />
Meccanismi istaminergici e serotoninergici<br />
possono essere implicati nei PLMS indotti da<br />
mirtazapina.<br />
effettuato polisonnografia, in un caso per<br />
sospetta epilessia e nell’altro per sospetta<br />
OSAS. Abbiamo osservato casualmente dal<br />
riscontro di artefatti EEG la presenza di<br />
mioclono del collo, che si evidenziava anche<br />
alla videoregistrazione con movimenti rapidi<br />
sia in versione che in flessione del collo.<br />
Questi movimenti determinavano<br />
frequentemente arousal o risvegli e<br />
comparivano anche in sonno NREM .<br />
Sulla base di questi casi ipotizziamo che il<br />
mioclono del collo in sonno possa avere un<br />
significato patologico causando<br />
frammentazione del sonno micro o<br />
macrostrutturale e non sia solo un fenomeno<br />
parafisiologico, come precedentemente<br />
descritto. Sono necessari studi su più ampie<br />
casistiche per approfondire ulteriormente il<br />
meccanismo di generazione e il ruolo clinico<br />
di tale movimento involontario.<br />
65<br />
65
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
66<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
Movimenti ritmici nel sonno correlati ad eventi respiratori e successivi a ictus ischemico: caso<br />
clinico con videoregistrazione.<br />
M.Maestri, S. Fulda, I. Pisarenco, G. Bianco, P.<br />
Agazzi, M. Manconi<br />
Centro di medicina del Sonno ed<br />
Epilettologia, Neurocentro della Svizzera<br />
Italiana, Ospedale Civico di Lugano, Lugano,<br />
Svizzera<br />
I movimenti ritmici in sonno compatibili con<br />
body e head rolling sono in genere nel<br />
bambino o nel soggetto adulto con problemi<br />
comportamentali o psichiatrici. Sono stati<br />
descritti nella transizione veglia-sonno, ma<br />
anche in corrispondenza di fluttuazioni del<br />
sonno ed associati ad altri disturbi del<br />
movimento nel sonno. Non abbiamo<br />
evidenziato in letteratura casi di associazione<br />
con disturbi respiratori in sonno.<br />
Descriviamo qui il caso clinico di una paziente<br />
di 63 anni, con numerosi fattori di rischio<br />
cardiovascolari, che ha presentato una<br />
emisindrome sensitivo-motoria a sinistra<br />
dovuta ad un ictus ischemico in sede pontina<br />
<strong>media</strong>na e para<strong>media</strong>na destra. Ha<br />
presentato un ottimo recupero funzionale a 3<br />
mesi, in assenza di deficit all’esame<br />
neurologico.<br />
La valutazione polisonnografica in acuto ha<br />
evidenziato una sindrome delle apnee<br />
ostruttive nel sonno di entità medio-grave e<br />
movimenti periodici agli arti inferiori, in<br />
assenza di ulteriori alterazioni. Nella<br />
valutazione a 3 mesi, la paziente ha<br />
evidenziato la comparsa di un disturbo<br />
motorio ritmico in sonno compatibile con<br />
“body e head rolling” (20 episodi, < 30 s)<br />
associati ad arousal o risvegli al termine di<br />
apnee, presenti sia in sonno NREM che REM,<br />
di cui presentiamo il video. Il disturbo<br />
motorio ritmico non era presente<br />
anamnestica prima dello stroke e quindi<br />
ipotizziamo che possa essere correlato alla<br />
lesione pontina e potrebbe fornire elementi<br />
per una migliore definizione della patogenesi<br />
ed dei circuiti che generano i movimenti.<br />
Inoltre, l’associazione con un disturbo<br />
respiratorio in sonno non era stata<br />
precedentemente descritta<br />
Efficacia del pramipexolo a rilascio prolungato nella gestione dell’augmentation nella sindrome<br />
delle gambe senza riposo.<br />
M.Maestri 1 , S. Fulda 1 , C. Bassetti 1,2 , M.<br />
Manconi 1<br />
1Centro di Medicina del Sonno ed<br />
Epilettologia, Neurocentro della Svizzera<br />
Italiana, Lugano<br />
2 Dipartimento di Neurologia, Ospedale<br />
Universitario, Inselspital Berna<br />
Nei pazienti con sindrome delle gambe senza<br />
riposo (RLS) , il trattamento di prima scelta è<br />
rappresentato dai dopaminoagonisti.<br />
Tuttavia nella terapia cronica si verificano<br />
alcune complicanze, non sempre facili da<br />
diagnosticare, come la perdita di efficacia, la<br />
progressione della RLS con l’età, ma<br />
soprattutto il fenomeno di augmentation.<br />
L’augmentation, definita come la comparsa di<br />
sintomi piú gravi e diffusi anche ad altre parti<br />
del corpo, con un anticipo dell’orario, dopo<br />
un periodo di buona risposta farmacologica è<br />
attualmente il principale problema<br />
terapeutico nella RLS e non ci sono allo stato<br />
attuale linee guida per il suo trattamento.<br />
Descriviamo quindi 7 pazienti giunti alla<br />
nostra osservazione con una augmentation<br />
clinicamente significativa durante<br />
trattamento dopaminergico. In tutti e 7 i<br />
pazienti, abbiamo ottenuto un miglioramento<br />
clinico importante con scomparsa del<br />
fenomeno con l’utilizzo di pramipexolo a<br />
lento rilascio al posto di una terapia<br />
dopaminergica a breve emivita.<br />
66
a b s t r a c t b o o k<br />
E’ possibile quindi suggerire l’utilizzo di<br />
dopaminoagonisti a lunga emivita come<br />
strategia di trattamento dell’augmentation e<br />
anche per i sintomi diurni se necessario.<br />
L’utilizzo di farmaci dopaminoagonisti con<br />
stimolazione piú prolungata sembra piú<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
praticabile delle altre possibilitá attualmente<br />
suggerite (dividere la dose di<br />
dopaminoagonisti, aggiungere un altro<br />
farmaco, effettuare un washout<br />
farmacologico).<br />
Dissociazione tra instabilità del sonno e movimenti periodici degli arti inferiori nella sindrome<br />
delle gambe senza riposo (RLS)<br />
M. Manconi 1 , R. Ferri 2 , M. Zucconi 3 , C.<br />
Bassetti 1,4 , S. Fulda 1 , I. Aricó 2 , L. Ferini<br />
Strambi 3<br />
1 Centro di Medicina del Sonno ed<br />
Epilettologia, Neurocentro della Svizzera<br />
Italiana, Lugano;<br />
2 Centro del Sonno, Dipartimento di<br />
Neurologia, Istituto Oasi, Troina,<br />
3 Centro di Medicina del Sonno, Dipartimento<br />
di Neurologia, Istituto Scientifico e Ospedale<br />
Universitario San Raffaele, Università Vita-<br />
Salute, Milano,<br />
4 Dipartimento di Neurologia, Ospedale<br />
Universitario, Inselspital Berna<br />
La relazione tra movimenti periodici degli arti<br />
inferiori (PLMS) e attivazione corticale nei<br />
pazienti con sindrome delle gambe senza<br />
riposo appare complessa da un punto di vista<br />
causale, sintomatologico e terapeutico, con<br />
importanti conseguenze cliniche e<br />
speculative.<br />
Scopo di questo studio è stato quello di<br />
caratterizzare la natura delle correlazioni tra<br />
movimenti periodici degli arti inferiori<br />
(PLMS) e arousal corticali per contribuire al<br />
dibattito sul significato clinico e sul<br />
trattamento dei PLMS e sull’esistenza del<br />
disturbo da movimenti periodici degli arti<br />
inferiori.<br />
Metodo: abbiamo effettuato uno studio<br />
prospettico, controllato con placebo, a gruppi<br />
paralleli in singolo cieco includendo 46<br />
pazienti con RLS idiopatica. Ogni paziente è<br />
stato sottoposto a 2 registrazioni<br />
polisonnografiche notturne consecutive, di<br />
cui la prima basale in assenza di trattamento.<br />
Prima delle seconda registrazione, un gruppo<br />
di pazienti ha assunto pramipexolo 0,25 mg,<br />
un altro clonazepam 0,5 mg ed il terzo<br />
placebo.<br />
la struttura del sonno notturno<br />
(macrostruttura, microstruttura <strong>media</strong>nte il<br />
pattern alternante ciclico) e i movimenti degli<br />
arti inferiori sono stati valutati secondo i<br />
criteri standard internazionali.<br />
Risultati: il pramipexolo ha determinato la<br />
scomparsa dei movimenti periodici degli arti<br />
inferiori senza migliorare l’instabilitá EEG<br />
misurata <strong>media</strong>nte CAP o arousal, mentre il<br />
clonazepam ha fatto l’opposto, riducendo<br />
l’intabilità NREM senza effetto sui PLMS.<br />
Ambedue i farmaci sono stati efficaci sui<br />
sintomi sensitivi di RLS.<br />
Discussione e conclusioni: lo studio mostra<br />
che un approccio farmacologico selettivo puó<br />
disconnettere i PLMS dagli arousal o dal CAP,<br />
suggerendo una relazione indiretta tra i due.<br />
Da un lato, questi risultati mettono in<br />
discussione l’ipotesi di un ruolo<br />
patologenetico diretto dei PLMS sul disturbo<br />
del sonno, dall’altro e aggiungono elementi a<br />
sfavore dell’esistenza del disturbo da<br />
movimenti periodici nel sonno. Inoltre,<br />
questo studio apre le porte alla possibilità di<br />
un trattamento combinato che miri al<br />
controllo dei sintomi sensitivi e motori ma<br />
anche dell’instabilitá del sonno notturno in<br />
questa condizione.<br />
67<br />
67
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
68<br />
RLS e comorbidita’ psichiatrica: la nostra esperienza. dati clinici<br />
L.R. Pisani, I. Aricò, L. Campolo, G. Mento, R.<br />
Silvestri<br />
Dipartimento di Neuroscienze, Scienze<br />
Psichiatriche ed Anestesiologiche, UOSD di<br />
Neurofisiopatologia e Disordini del<br />
Movimento, Messina<br />
Obiettivi: obiettivi dello studio sono stati:<br />
valutare la frequenza di co-morbidità<br />
psichiatriche con la RLS e l’eventuale effetto<br />
della terapia psicotropa sulla RLS.<br />
Materiali: sono stati studiati pazienti<br />
afferenti al Centro di Medicina del Sonno<br />
della nostra struttura.<br />
Metodi: lo studio è stato di tipo retrospettivo<br />
ed è stato effettuato attraverso una indagine<br />
sulle cartelle cliniche di pazienti affetti da RLS<br />
afferenti al nostro Centro negli ultimi tre<br />
anni. Sono state somministrate: ESS per<br />
valutare la sonnolenza diurna, PSQI per la<br />
qualità del sonno, BDI e HAMA per ansia e<br />
depressione, IRLS-RS per la gravità dell’ RLS e<br />
SF36 (MCS e PCS) per la qualità di vita.<br />
Risultati: sono risultati eleggibili 68 pazienti,<br />
17 M, 51 F, di età compresa tra 19 e 79 anni.<br />
Di questi, 47 (68.1%) presentavano sindrome<br />
depressiva (42 con ansia associata), 43<br />
(62.3%) disturbi d’ ansia, 20 (29.0%) SRED<br />
(Sleep-Related Eating Disorders), 6 (8.8%)<br />
disturbo ossessivo compulsivo (DOC) e 1<br />
paziente fumo notturno . I pazienti affetti da<br />
depressione (M:F=1:3) erano più giovani<br />
rispetto a quelli non affetti (p=0.02), mentre i<br />
punteggi all’ESS, al PSQI al IRLS-RS e all’MCS e<br />
al PCS non differivano. Di questi solo 6 erano<br />
già in trattamento antidepressivo al<br />
momento della diagnosi di RLS, con un<br />
punteggio all’IRLS-RS pari a 26.3 (> ma non in<br />
modo statisticamente significativo, di quello<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
dei pazienti non ancora in trattamento, 23.7).<br />
Solo 22 pz (42.0%) hanno successivamente<br />
aderito al trattamento antidepressivo, oltre a<br />
quello per la RLS. I pazienti che non hanno<br />
iniziato terapia antidepressiva hanno avuto<br />
un miglioramento maggiore della<br />
sintomatologia RLS, come dimostrano i<br />
punteggi all’IRLS-RS.<br />
Discussione: le nostre osservazioni<br />
suggeriscono che la RLS è frequentemente<br />
associata a disturbi depressivi, come già<br />
emerso da recenti dati della letteratura<br />
soprattutto relativamente alle donne (1). Il<br />
trattamento con antidepressivi, inoltre,<br />
sembra non avere risultati omogenei e sono<br />
necessari studi controllati per identificare<br />
quali antidepressivi possano risultare più<br />
efficaci (2).<br />
Conclusione: una elevata percentuale di<br />
pazienti affetta da RLS risulta affetta da<br />
disturbi depressivi e disturbi d’ansia. E’<br />
possibile, pertanto, ipotizzare che tali<br />
patologie condividano meccanismi<br />
patogenetici parzialmente comuni (3).<br />
Bibliografia<br />
- Li Y, Mirzaei F, O'Reilly EJ, Winkelman J,<br />
Malhotra A, Okereke OI, Ascherio A, Gao X<br />
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- Hornyak M, Kopasz M, Berger M, Riemann<br />
D, Voderholzer U. Impact of sleep-related<br />
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- Hornyak M. Depressive disorders in restless<br />
legs syndrome: epidemiology,<br />
pathophysiology and management. CNS<br />
Drugs. 2010;24(2):89-98.<br />
68
a b s t r a c t b o o k<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
Sviluppo di un sistema software di video-analisi integrata realizzato per la detezione del<br />
movimento e l’analisi del sonno. validazione di un “tool” per lo studio comportamentale del<br />
sonno in restless legs syndrome.<br />
S.Dittoni 1 , M. Scatena 1 , C.Vollono 1 ,<br />
A.Losurdo 1 , E.Testani 1 , S.Colicchio 1 , V.Gnoni<br />
1 , R. Maviglia 2 , M.A. Pennisi 2 , G.Della Marca 1<br />
1Dipartimento di Neuroscienze, Laboratorio<br />
di Medicina del Sonno, Università Cattolica<br />
del Sacro Cuore, Roma<br />
2 Dipartimento di Anestesia e Rianimazione,<br />
Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma<br />
Obiettivi La RLS è altamente prevalente nella<br />
popolazione generale, nelle popolazioni<br />
europee e del Nord America si aggira intorno<br />
fra il 5 e il 10%. Si caratterizza per una<br />
spiacevole sensazione definita di disestesia,<br />
disconfort, o bruciore, associata a<br />
irrequietezza motoria urgenza di muovere le<br />
gambe che puo’ essere attenuata dal<br />
movimento. I sintomi peggiorano nel corso<br />
della notte e nella fase di addormentamento<br />
e sono aggravati da condizioni di immobilità<br />
prolungata. Valutare l’attività motoria diurna<br />
con videopolisonnografia e confrontare con<br />
la detezione del movimento effettuata da<br />
Zoneminder. ZM (1) rivela le differenze di<br />
frame video, le quantifica e le stora in un<br />
database.<br />
Materiali 24 pazienti adulti con sospetta<br />
diagnosi di Restless Legs Syndrome. L’analisi<br />
è stata effettuata con videoregistrazione e<br />
scorata secondo i criteri poligrafici.<br />
Metodo E’ stata condotta un’analisi su<br />
registrazioni video di pazienti sottoposti a<br />
test di immobilizzazione. I criteri di inclusione<br />
prevedevano: pazienti di ambo i sessi; età<br />
>18 anni; sottoposti ad anamnesi ipnologica,<br />
valutazione neurologica dei sintomi predittivi<br />
di RLS. Esecuzione di Test di Immobilizzazione<br />
per sospetta sindrome delle gambe senza<br />
riposo. Esclusione di pazienti affetti da altre<br />
patologie di medicina del sonno (apnee nel<br />
sonno, epilessia, etc). Confronto con analisi<br />
video effettuata con Zoneminder.<br />
Risultati Sono state scorate 4512 epoche. Il<br />
confronto epoca per epoca sulla detezione<br />
del movimento fra le due metodiche ha<br />
mostrato un alto livello di concordanza,<br />
espressa dal coefficiente K di Cohen (k=<br />
0,252). L’analisi di Bland-Altmann conferma<br />
che non ci sono differenze significative tra gli<br />
scores ottenuti con ZM e con test di<br />
immobilizzazione. ZM mostra un alto livello di<br />
accuratezza (0,726) versus test di<br />
immobilizzazione, alta specificità (0,815) e<br />
una sensibilità relativamente piu’ bassa<br />
(0,440). Il coefficiente di Person è risultato<br />
0,2523.<br />
Discussione<br />
Il software di analisi è in grado di detectare la<br />
presenza o l’assenza di movimento. La<br />
definizione del movimento puo’ essere<br />
effettuata su specifiche aree di interesse<br />
<strong>media</strong>nte analisi video. ZM riconosce eventi<br />
motori anche minimi.<br />
Conclusione<br />
Sovrapposizione del pattern motorio<br />
notturno con le diverse metodiche utilizzate.<br />
Il sistema permette la rilevazione di eventi<br />
motori anche minimi rispetto all’analisi<br />
effettuata visivamente con test di<br />
immobilizzazione. Utilizzo di ZM nello studio<br />
psg dei neonati, in epilessia, nelle<br />
registrazioni prolungate nelle unità di<br />
Rianimazione.<br />
Bibliografia<br />
1. Scatena M, et all. An integrated videoanalysis<br />
software system designed for<br />
movement detection and sleep analysis.<br />
Validation of a tool for the behavioural<br />
study of sleep. Clin Neurophysiol. 2012<br />
Feb;123(2):318-23. Epub 2011 Aug 27.<br />
69<br />
69
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
70<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
Studio osservazionale clinico e video-PSG degli effetti del clonazepam nel Rem Sleep Behavior<br />
Disorder<br />
R Ferri 1 , S Marelli 2 , LFerini-Strambi 2 , A<br />
Oldani 2 , F Colli 2 , CH Schenck 3 , M Zucconi 2<br />
1 UOC di Neurologia IC, IRCCS Oasi, Troina;<br />
2 Centro di Medicina del Sonno, Università<br />
Vita-Salute, Ospedale San Raffaele, Milano<br />
3 Minnesota Regional Sleep Disorders Center,<br />
University of Minnesota Medical School,<br />
Minneapolis, MN, U.S.A.<br />
Obiettivo: Lo scopo di questo studio era<br />
quello di analizzare le differenze della<br />
struttura del sonno e dell’attività motoria<br />
notturna in REM nei pazienti con REM<br />
sleepbehaviordisorder (RBD) con o senza<br />
terapia con clonazepam e di valutare le<br />
modificazioni longitudinali a lungo termine<br />
durante terapia cronica con clonazepam.<br />
Soggetti e Metodo: Sono stati reclutati 57<br />
pazienti con RBD idiopatico (52 maschi e 5<br />
donne, età <strong>media</strong> 68.8±6.03 anni).<br />
Quarantadue pazienti non assumevano<br />
alcuna terapia al momento della valutazione<br />
(RBD-Clo) mentre 15 assumevano<br />
clonazepam (0.5-1 mg)(RBD+Clo). E’ stata<br />
valutata la scalaClinical Global Impression-<br />
Severity (CGI-S) ed è stata effettuata una<br />
video-PSG; è stata valutata anche la RBD<br />
La RLS come sintomo d’esordio di mieloma multiplo: un case report<br />
D. Aricò 1 , A. Raggi 2 , M. Siragusa 3 , M.<br />
Zucconi 4 , R. Ferri 1<br />
1 Dipartimento di Neurologia I.C. e<br />
2 Unità di Neurologia, Ospedale G.B.<br />
Morgagni-L. Pierantoni, Forlì;<br />
3 Unità di Dermatologia, Oasi (IRCCS), Troina;<br />
4 Centro del sonno, Dipartimento di<br />
Neurologia, Ospedale San Raffaele,<br />
Università Vita-Salute, Ospedale San Raffaele,<br />
Milano.<br />
Obiettivi Le condizioni che maggiormente si<br />
associano alla sindrome delle gambe senza<br />
riposo includono danno renale, carenza di<br />
severity scale (RBDSS). L’ampiezza<br />
dell’EMGsottomentoniero in REM è stata<br />
valutata quantitativamente ed è stato<br />
calcolato l’Atonia index.<br />
Risultati:La durata di malattia era più lunga<br />
nei pazienti RBD+Cloi quali mostravano<br />
anche un numero minore di cambiamenti di<br />
fase, una efficienza di sonno più alta ed una<br />
percentuale minore di veglia intrasonno e di<br />
stadio 1, oltre ad un aumento della<br />
percentuale di stadio 2. Il follow-up a lungo<br />
termine in un sottogruppo di 13 pazienti in<br />
terapia con clonazepammostrava un<br />
aumento moderato del tempo totale di<br />
sonno,efficienza di sonno, stadio 2 e sonno<br />
ad onde lente, insieme ad un decremento<br />
della veglia intrasonno e dello stadio 1. La<br />
scala CGI tendeva a migliorare chiaramente<br />
in trattamento ma non era evidente nessuna<br />
tendenza per RBDSS o Atonia index.<br />
Conclusioni:Questo studio costituisce<br />
l’evidenza di effetti importanti ed oggettivi<br />
del clonazepam sul sonno NREM nell’RBD;<br />
questi dati potrebbero essere molto<br />
importanti per lo sviluppo di trattamenti<br />
nuovi ed efficaci per questa condizione<br />
clinica.<br />
ferro, neuropatia, mielinopatia, gravidanza,<br />
sclerosi multipla, malattia di Parkinson.<br />
Tuttavia, diverse condizioni mediche possono<br />
causare e/o esacerbare i sintomi RLS.<br />
L’obiettivo del lavoro è presentare un caso di<br />
una paziente con diagnosi di RLS che si<br />
presenta come sintomo d’esordio del<br />
mieloma multiplo, un tumore ematologico<br />
caratterizzato dalla proliferazione clonale di<br />
cellule plasmatiche nel midollo osseo e<br />
immunoglobuline monoclonali nel sangue<br />
e/o urina. Il mieloma multiplo comporta<br />
sintomi e segni molto eterogenei, quali<br />
dolore osseo, infezione, danno renale,<br />
anemia, e ipercalcemia da cui derivano, a<br />
70
a b s t r a c t b o o k<br />
loro volta, alcuni sintomi neurologici quali<br />
debolezza, confusione e fatica.<br />
Materiali e Metodi La paziente riportava una<br />
grave sintomatologia RLS, è stata sottoposta<br />
a PSG prima e dopo la terapia farmacologica.<br />
Risultati I dati ematici mostrano iron<br />
deficiency e il protidogramma mostra una<br />
sospetta componente monoclonale in zona<br />
gamma. I risultati ematologici ci hanno<br />
condotto a richiedere una biopsia osteomidollare<br />
e una visita ematologia. I sintomi<br />
riportati e i risultati strumentali e di<br />
laboratorio hanno portato alla diagnosi di<br />
mieloma multiplo. La PSG al follow-up<br />
conferma il miglioramento clinico dopo<br />
terapia con gabapentin e pramipexolo. La<br />
terapia dermatologica ha risolto il forte<br />
prurito.<br />
Discussione Sono stati proprio i gravi sintomi<br />
alle gambe, fortemente invalidanti, che<br />
hanno spinto la paziente a rivolgersi al nostro<br />
centro del sonno. Comunque, il nostro studio<br />
clinico ha dimostrato chiaramente che la RLS<br />
non è in questo caso primaria, ma molto<br />
probabilmente secondaria ad una serie di<br />
fattori, che si sa essere capaci di causarla. La<br />
radicolopatia era certamente presente prima<br />
della comparsa della RLS e del MM; al<br />
contrario, la mancanza di ferro e il forte<br />
dolore osseo probabilmente sono insorti con<br />
il mieloma e hanno determinato la comparsa<br />
di sintomi RLS gravi e apparentemente<br />
resistenti alla terapia con dopamino-agonisti.<br />
Conclusione Non è possibile, a partire dai<br />
dati che abbiamo, stabilire l’esatta sequenza<br />
temporale dei sintomi ed eventi e non si può,<br />
altresì, dire con certezza se la RLS, in questo<br />
caso, possa essere considerata una<br />
condizione paraneoplastica indotta dal<br />
tumore o solo una forma secondaria che<br />
dipende dallo sviluppo del mieloma multiplo,<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
possibilmente esacerbata dall’associazione<br />
con la radicolopatia. L’aspetto che riteniamo<br />
più importante di questo lavoro è che<br />
qualche volta i sintomi RLS possono essere<br />
indicativi della presenza di una grave<br />
condizione pericolosa per la vita cui si<br />
dovrebbe pensare quando la RLS stessa non<br />
risponde prontamente ai farmaci dopaminoagonisti<br />
e dovrebbero essere valutati<br />
accuratamente i dati clinici e di laboratorio a<br />
disposizione.<br />
Bibliografia:<br />
1. Allen RP, Picchietti D, Hening WA,<br />
Trenkwalder C, Walters AS, Montplaisir J, et<br />
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criteria, special considerations, and<br />
epidemiology. A report from the restless legs<br />
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Sleep Med. 2003;4:101-19.<br />
2. Raab MS, Podar K, Breitkreutz I,<br />
Richardson PG, Anderson KC. Multiple<br />
Myeloma. Lancet 2009;374:324-39<br />
3. Ferri R, Zucconi M, Manconi M, Plazzi G,<br />
Bruni O, Ferini-Strambi L. New approaches to<br />
the study of periodic leg movements during<br />
sleep in restless legs syndrome. Sleep<br />
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4. Lal R, Ellenbogen A, Chen D, Zomorodi K,<br />
Atluri H, Luo W, et al. A randomized, doubleblind,<br />
placebo-controlled, dose-response<br />
study to assess the pharmacokinetics,<br />
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in subjects with restless legs syndrome. Clin<br />
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10.1097/WNF.0b013e318259eac8.<br />
5. Ferini-Strambi L, Aarskog D, Partinen M,<br />
Chaudhuri KR, Sohr M, Verri D, Albrecht S.<br />
Effect of pramipexole on RLS symptoms and<br />
sleep: a randomized, double-blind, placebocontrolled<br />
trial. Sleep Med 2008;9:874-81.<br />
71<br />
71
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
72<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
Significato del timing dell’insorgenza di Rem Sleep Behavior Disorder e malattia di Parkinson<br />
Disease<br />
FII Cosentino 1 , S Fulda 2 , F Pizza 3 , G Plazzi 3 , R<br />
Ferri 1<br />
1<br />
UOC di Neurologia IC, IRCCS Oasi, Troina;<br />
2<br />
Neurocentro della Svizzera Italiana, Lugano<br />
3<br />
Dipartmento di Scienze Neurologiche,<br />
Università di Bologna.<br />
Obiettivi:Lo scopo di questo studio era quello<br />
di confrontare le caratteristiche cliniche e I<br />
pattern di sonno REM in pazienti in cui la<br />
REM sleepdisorder (RBD) aveva anticipato la<br />
comparsa di malattia di Parkinson (PD) e<br />
quelli in cui la sua insorgenza era avvenuta<br />
contemporaneamente o dopo quella delle<br />
manifestazioni cliniche della PD.<br />
Soggetti:Sono stati arruolati 27 pazienti PD<br />
consecutivi (età <strong>media</strong> 67.9 anni) and 19<br />
controlli normali (età <strong>media</strong> 67.5 anni).<br />
Metodo:In tutti I soggetti sono stati ottenuti<br />
studi dettagliati clinici laboratoristici e<br />
polisonnografici; in particolare, le<br />
caratteristiche dell’ampiezza del segnale<br />
EMG mentoniero durante sonno REM sono<br />
state analizzate per mezzo di un approccio<br />
quantitativo automatico (Indice di Atonia).<br />
DISTURBI RESPIRATORI DEL SONNO<br />
I SESSIONE<br />
Risultati:Sedici dei 27 pazientiPD erano<br />
affetti anche da RBD e avevano uno stadio PD<br />
significativamente piùalto, assumevano dosi<br />
di farmaci dopaminergici significativamente<br />
più alte, la loro durata di malattia tendeva ad<br />
essere più lunga e il livello cognitivo tendeva<br />
ad essere più basso. L’Indice di Atonia<br />
mostrava una alta sensibilità e specificità per<br />
la presenza di RBD. Inoltre, la RBD non aveva<br />
preceduto la PD in 10 pazienti che<br />
mostravano uno stadio di PD<br />
significativamente più alto, assumevano un<br />
più alto dosaggio di farmaci dopaminergici e<br />
la loro durata di malattia era<br />
significativamente più lunga di quelli con RBD<br />
che precedeva la PD.<br />
Discussione e Conclusioni:Questo studio<br />
mostra che l’Indice di Atonia può essere<br />
raccomandato come una misura oggettiva a<br />
supporto della diagnosi clinica di RBP nella<br />
PD. Inoltre, i nostri dati sono compatibili con<br />
l’ipotesi che i pazienti nei quali RBD precede<br />
o no la PD potrebbero costituire due gruppi<br />
clinici e fisiopatologici distinti, basati su<br />
sequenze di eventi neuropatologici diverse.<br />
Ruolo della cpap nella osas in paziente con sindrome di Treacher-Collins-Franceschetti<br />
J. Accardo, F. Famà, D. Arnaldi, M. Ferrara, A.<br />
Picco, C. Manfredi, A. Ferrari, A. Primavera.<br />
Centro di Fisiopatologia del Sonno, DINOG,<br />
Università di Genova.<br />
Obiettivo Descrizione di un caso di sindrome<br />
delle apnee ostruttive in sonno (OSAS) in<br />
paziente adulto con sindrome di Treacher-<br />
Collins-Franceschetti (TCFS) trattato con<br />
successo <strong>media</strong>nte continuous positive<br />
airway pressure (CPAP).<br />
Materiali e Metodi Case report e revisione<br />
della letteratura.<br />
Risultati Riportiamo il caso di un uomo di 49<br />
anni affetto da TCFS giunto alla nostra<br />
osservazione per probabile OSAS. Il soggetto<br />
presentava disostosi zigomatico-temporomascellare<br />
ed ipoacusia, più marcata a<br />
sinistra. L’espressione fenotipica nella TCFS,<br />
calcolata <strong>media</strong>nte un sistema sviluppato da<br />
Teber et al (2004) 1 , indicava un grado severo<br />
(score >11). Per questo motivo, il paziente<br />
era stato sottoposto a 14 interventi chirurgici<br />
72
a b s t r a c t b o o k<br />
otorinolaringoiatrici. In anamnesi era riferito<br />
incremento del russamento (che era presente<br />
dall’infanzia) ed apnee morfeiche. Il<br />
punteggio all’Epworth Sleepiness Scale (ESS)<br />
era 4/21. Il BMI risultava di 27,5.<br />
La polisonnografia (PSG) ha dimostrato<br />
un’OSAS severa con apnea-hypopnea index<br />
(AHI) di 37, desaturazione <strong>media</strong> dell’83% ed<br />
oxygen-desaturation index (ODI) di 49, per<br />
cui è stato intrapreso trattamento con CPAP.<br />
Il management del paziente ha richiesto<br />
l’utilizzo di differenti tipi di maschera e solo<br />
la scelta di una maschera oro-facciale<br />
ipoallergenica ha permesso una migliore<br />
compliance. Ad una pressione di 10 cmH2O si<br />
verificava un miglioramento dell’AHI (da 37 a<br />
< 10) ed un’abolizione quasi completa delle<br />
desaturazioni.<br />
Discussione e Conclusioni La TCFS è un<br />
disordine autosomico dominante dello<br />
sviluppo cranio-facciale caratterizzato da<br />
micrognazia, ipoplasia del complesso<br />
mandibolo-zigomatico, coloboma ed<br />
anomalie dell’orecchio esterno con ipoacusia<br />
e palatoschisi. L’OSAS è comune, ma<br />
sottostimata e sottotrattata, nella TCFS<br />
(prevalenza: 46%) 2 . Non è presente<br />
un’associazione significativa con la severità<br />
del fenotipo, il russamento od il punteggio<br />
all’ESS, per cui è necessaria una PSG per<br />
diagnosticarla e quantificarla 3 . La diagnosi ed<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
il trattamento dell’OSAS sono importanti a<br />
causa dei seri rischi a lungo termine con<br />
ripercussioni sulla performance<br />
lavorativa/scolastica e sulla mortalità. Nella<br />
TCFS il trattamento con CPAP deve integrare<br />
la chirurgia correttiva, in quanto questa<br />
potrebbe non essere risolutiva, essendo<br />
l’ostruzione possibile a diversi livelli 4,5 .<br />
Bibliografia<br />
1. Teber O et al. Genotyping in 46<br />
patients with tentative diagnosis of<br />
Treacher-Collins syndrome revealed<br />
unexpected phenotypic variation. Eur<br />
J Hum Genet 2004: 12(11):879-890.<br />
2. Plomp et al. Obstructive sleep apnoea<br />
in Treacher Collins syndrome:<br />
prevalence, severity and cause. Int J<br />
Oral Maxillofac Surg 2012: 41:696-<br />
701.<br />
3. Miller S et al. The role of nasal CPAP in<br />
obstructive sleep apnoea syndrome<br />
due to mandibular hypoplasia.<br />
Respirology 2010: 15:377-381.<br />
4. Akre H et al. Obstructive sleep apnea<br />
in Treacher Collins syndrome. Eur Arch<br />
Otorhinolaryngol 2012: 269:331-337.<br />
5. Plomp et al. Screening for obstructive<br />
sleep apnea in Treacher-Collins<br />
syndrome. The Laryngoscope 2012:<br />
122:930-934.<br />
In nome della CPAP: le rappresentazioni cognitive dei pazienti sulla sindrome apnoica ostruttiva<br />
e sul trattamento con CPAP<br />
s. Barello 1 , R. Balestrieri 2 , L. Borghi 2 , A.<br />
Pincherle 3 , E. Zambrelli 3 , M.P. Canevini 3 , E.A.<br />
Moja 2 , E. Vegni 2<br />
1<br />
Facoltà di Psicologia, Università Cattolica del<br />
Sacro Cuore, Milano<br />
2<br />
Cattedra di Psicologia Clinica e Medica,<br />
Università degli Studi di Milano.<br />
3<br />
U.O. Neurologia II e Medicina del Sonno,<br />
A.O. San Paolo-Polo Universitario, Milano<br />
Obiettivi. La sindrome apnoica ostruttiva nel<br />
sonno (OSAS) colpisce il 2-5% della<br />
popolazione generale [1] e costituisce un<br />
fattore di rischio per lo sviluppo di patologie<br />
cardiovascolari, cerebrovascolari e<br />
metaboliche [2]. Trattamento d’elezione per<br />
le apnee ostruttive nel sonno è l’utilizzo del<br />
dispositivo CPAP (Continous Positive Airway<br />
Pressure) [3]. Tuttavia l’aderenza al<br />
trattamento risulta difficoltosa e si attesta tra<br />
il 65% e l’80% dei pazienti [4]. Scopo del<br />
presente lavoro è descrivere l’esperienza<br />
pilota di gruppo psico-educativo rivolto a<br />
pazienti affetti da OSAS e in trattamento<br />
ventilatorio notturno con CPAP presso<br />
73<br />
73
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
74<br />
l’Ospedale S.Paolo-Polo Universitario di<br />
Milano.<br />
Materiali e Metodo: il campione di questo<br />
studio è stato costituito da 7 pazienti (6<br />
Maschi/1 Femmina – età <strong>media</strong>: 64,6 -<br />
range: 46-77 - BMI medio: 33,76 - AHI medio:<br />
33,2 - ODI medio: 37,7) con diagnosi di OSAS<br />
severa ricevuta in <strong>media</strong> da 1 mese. Il<br />
programma si articola in 8 incontri della<br />
durata di 1 h e ½ e sono condotti da un team<br />
multidisciplinare<br />
Risultati: I pazienti hanno discusso i benefici<br />
e le difficoltà connesse all’uso della CPAP,<br />
così come il vissuto di malattia e le cognizioni<br />
latenti sulla patologia. I risultati preliminari<br />
evidenziano un miglioramento nella gestione<br />
del dispositivo CPAP ed una diminuzione<br />
dell’ansia connessa al suo utilizzo.<br />
Discussione e conclusione I gruppi<br />
psicoeducativi costituiscono un metodo<br />
applicabile a pazienti affetti da OSAS al fine di<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
elaborare strategie funzionali all’uso della<br />
CPAP.<br />
Bibliografia<br />
[1]. Young T, Peppard P, Gottlieb D.<br />
Epidemiology of obstructive sleep apnea: a<br />
population health perspective. Am J Resp Crit<br />
Care Med 2002;165:1217–39.<br />
[2] Shamsuzzaman AS, Gersh BJ, Somers VK.<br />
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Assoc 2003;290:1906–14.<br />
[3] Gilles TL, Lasserson TJ, Smith BJ, White J,<br />
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[4] Engleman H, Wild M. Improving CPAP use<br />
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syndrome (SAHS). Sleep Med Rev 2003;7:81–<br />
99.<br />
Sleep endoscopy con simulatore di avanzamento mandibolare nei pazienti osas: nostra<br />
esperienza<br />
R.Gobbi,*F.Milano, F.Marra, O.Piccin,<br />
G.Scaramuzzino, G. Sorrenti<br />
U.O. ORL Policlinico Universitario S.Orsola-<br />
Malpighi Bologna;<br />
*Private Practice Bologna<br />
Introduzione L’identificazione dei siti<br />
ostruttivi è cruciale nell’iter diagnosticoterapeutico<br />
del paziente OSAS nell’ottica di<br />
una corretta terapia non ventilatoria<br />
(chirurgia/oral appliance).<br />
L’efficacia terapeutica del trattamento<br />
<strong>media</strong>nte Oral appliance è altamente<br />
variabile, anche in considerazione del fatto<br />
che non vi sono procedure diagnostiche con<br />
elevata predittività positiva per questa<br />
tipologia di dispositivi.<br />
Lo scopo di questo studio è quello di rilevare<br />
e confrontare, a livello endoscopico, i<br />
cambiamenti anatomici faringei durante<br />
sleep endoscopy, effettuata con simulatore di<br />
avanzatore mandibolare e senza.<br />
Materiali e Metodi Dopo un iter diagnostico<br />
comprendente anche una valutazione<br />
ortodontica e il confezionamento di un<br />
simulatore di avanzamento mandibolare<br />
(George Gauge fork), il paziente è stato<br />
sottoposto, in sala operatoria, a Sleep<br />
Endoscopy in sedazione con propofol, previo<br />
inserimento orale del dispositivo. Dopo aver<br />
rilevato i quadri endoscopici e i parametri<br />
anestesiologici si è rimosso il simulatore ed<br />
effettuato Sleep Endoscopy routinaria con<br />
l’esecuzione della manovra di Esmarch,<br />
annotando l’effetto sulle VADS, sul<br />
russamento e le apnee.<br />
La Sleep Endoscopy è stata eseguita dallo<br />
stesso team di chirurghi ORL, esperti di OSAS,<br />
e simultaneamente visualizzata su monitor in<br />
sala operatoria e classificata di comune<br />
accordo. I risultati endoscopici, sia con<br />
l’utilizzo di George Gauge, sia senza, sono<br />
stati classificati secondo la classificazione di<br />
Sher modificata, evidenziando sito, grado e<br />
pattern di ostruzione.<br />
74
a b s t r a c t b o o k<br />
Risultati: Risultati preliminari hanno<br />
evidenziato come il grado ed il pattern di<br />
ostruzione vengano modificati dall’utilizzo del<br />
George Gauge durante la sleep endoscopy:<br />
l’effetto è quello di stabilizzare le pareti<br />
laterali oro-ipofaringee ed il complesso base<br />
lingua-epiglottide, in misura variabile a<br />
seconda delle caratteristiche anatomiche del<br />
paziente.<br />
La manovra di Esmarch, o pull-up<br />
mandibolare, produce differenti modifiche<br />
endoscopiche a livello esclusivamente della<br />
base linguale.<br />
Conclusioni: Numerosi studi in letteratura<br />
hanno evidenziato come i rilievi della Sleep<br />
Endoscopy possano essere un indicatore<br />
prognostico di efficacia dell’utilizzo di Oral<br />
appliance. Siccome la risposta delle vie aeree<br />
all’avanzatore mandibolare è dinamica, la<br />
sleep endoscopy con George Gauge si rivela<br />
come promettente predittore di efficacia<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
rispetto a valutazioni statiche, in veglia, e<br />
spesso non in posizione supina, come ad<br />
esempio la teleradiografia del cranio in<br />
latero-laterale.<br />
La Sleep endoscopy effettuata con simulatore<br />
George Gauge ha il vantaggio di fornire<br />
indicazioni endoscopiche direttamente<br />
visualizzabili mantenendo una protrusione ed<br />
un’apertura orale verticale riproducibili e<br />
standardizzate. Inoltre il simulatore George<br />
Gauge funge poi da stampo su cui costruire<br />
l’Oral appliance finale. Per questi motivi<br />
questa metodica si pone come un ulteriore<br />
strumento per ottimizzare e migliorare<br />
l’efficacia terapeutica dell’Oral appliance.<br />
Ulteriori studi sono necessari per<br />
comprendere l’effetto funzionale sulle vie<br />
aeree dell’avanzatore mandibolare e<br />
l’efficacia della Sleep endoscopy con George<br />
Gauge come predittore di successo<br />
terapeutico dell’Oral appliance.<br />
Apnee ostruttive nel sonno ed ipertensione arteriosa: impatto sulla funzione diastolica del<br />
ventricolo sinistro<br />
E. Lisi 1 , C. Lombardi 2 , A. Faini 2 , LM. Lonati 3 , S.<br />
Salerno 1 , P. Mattaliano 1 , F. Gregorini 2 , V.<br />
Giuli 1 , A. Giuliano 1 , M. Revera 3 , G. Branzi 3 , G.<br />
Parati 1<br />
(1) Istituto Auxologico Italiano IRCCS, Milano,<br />
Italia – Università degli studi di Milano-<br />
Bicocca, Milano, Italia<br />
(2) Centro medicina del sonno, Dipartimento<br />
di Cardiologia, Ospedale San Luca, Istituto<br />
Auxologico Italiano IRCCS, Milano, Italia<br />
(3) Dipartimento di Cardiologia, Ospedale San<br />
Luca, Istituto Auxologico Italiano, Milano,<br />
Italia<br />
Obiettivi Le apnee ostruttive nel sonno (OSA)<br />
sono associate ad un aumentato rischio<br />
cardiovascolare; ipertensione arteriosa (IA),<br />
coronaropatia e malattia cerebrovascolare<br />
sono spesso associati positivamente con la<br />
severità delle apnee. Sia l’IA sia l’OSA severa<br />
contribuiscono ad una disfunzione diastolica<br />
del ventricolo sinistro (VS), ma poco è noto<br />
sulla prevalenza di disfunzione diastolica del<br />
VS in pazienti con IA associata a OSA lievemoderata.<br />
Obiettivo del nostro studio è stato<br />
pertanto valutare se la frequenza di<br />
disfunzione diastolica del VS in pazienti<br />
ipertesi controllati con OSA lieve-moderata.<br />
Materiali Abbiamo reclutato 94 pazienti con<br />
IA essenziale controllata (51 uomini, 43<br />
donne; età 57.8±11.7 anni; BMI 28.0±4.2<br />
Kg/m 2 ; AHI 6.6±6.8 eventi/h)<br />
consecutivamente afferenti al nostro<br />
ambulatorio IA, escludendo pazienti affetti da<br />
valvulopatia mitralica, disturbi del ritmo, OSA<br />
in trattamento o con AHI>30 eventi/ora.<br />
Metodi Tutti i soggetti sono stati sottoposti a<br />
polisonnografia cardiorespiratoria notturna,<br />
ecocardiocolorDoppler transtoracico e<br />
monitoraggio pressorio delle 24 ore. In 70<br />
pazienti è stata valutata la funzione diastolica<br />
del VS <strong>media</strong>nte studio del pattern di flusso<br />
transmitralico (rapporto tra picco di velocità<br />
75<br />
75
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
76<br />
diastolica precoce, onda E, e picco di velocità<br />
tardivo, onda A); in 51 di questi è stato<br />
effettuato inoltre il Tissue-Doppler-Imaging a<br />
livello dell’anulus mitralico per la valutazione<br />
della velocità dell’onda E’. Un AHI≥5 è stato<br />
considerato diagnostico per OSA, mentre<br />
E/A
a b s t r a c t b o o k<br />
minima ed è stata effettuata una stadiazione<br />
delle fasi di sonno. A causa dell’elevata<br />
incidenza di artefatti nel segnale proveniente<br />
dalla nasocannula, le analisi sono state<br />
condotte sui valori di ODI, considerando<br />
patologici i valori maggiori o uguali a 5.<br />
Risultati La distribuzione oraria di esordio<br />
dell’ictus era sovrapponibile a quella della<br />
popolazione generale, con un picco maggiore<br />
di incidenza mattutino (51%) e un secondo<br />
picco minore (22%) pomeridiano, seguito<br />
dalla notte (15%) e dalla sera (12%) .<br />
Nella popolazione in esame l’OSA (ODI>5) ha<br />
una prevalenza elevata (n=66, 71%), ed i<br />
valori maggiori di ODI sono stati riscontati nei<br />
pazienti (n=42, 57%) con esordio nella fascia<br />
oraria mattutina, in particolare nel primo<br />
mattino (h 6-10) e nel primo pomeriggio (h<br />
12-16). Tali soggetti avevano un valore di ODI<br />
significativamente più elevato (20.6±19.4)<br />
rispetto ai soggetti con esordio nelle altre<br />
fasce orarie (10.9±11.0), p=0.008. Inoltre la<br />
frequenza di OSAS medio (ODI≥15) in queste<br />
due fasce d’esordio, era significativamente<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
più elevata (75.9%), rispetto alle altre fasce<br />
orarie (24.1%, p=0.007).<br />
Discussione e Conclusioni il nostro studio<br />
conferma l’elevata prevalenza e il ruolo<br />
importante dell’OSA come fattore di rischio<br />
nell’ictus ischemico.<br />
Lo studio dimostra inoltre che i pazienti con<br />
ictus nelle prime ore del mattino e nel<br />
pomeriggio hanno una maggior frequenza e<br />
una maggior gravità di OSA.<br />
Il picco di esordio pomeridiano potrebbe<br />
essere spiegabile considerando l’abitudine al<br />
sonno pomeridiano, diffusa nella nostra<br />
popolazione e nella fascia d’età considerata.<br />
I nostri dati suggeriscono che l’associazione<br />
tra le alterazioni emodinamiche legate<br />
all’OSA e quelle che si realizzano nel<br />
passaggio dal sonno alla veglia possa<br />
costituire un importante fattore di rischio per<br />
l’insorgenza di ictus.<br />
Bibliografia<br />
1<br />
Obstructive sleep apnea linked to wake-up<br />
strokes, Sun-Wung Hsieh, J Neurol, 2011<br />
2<br />
Chronobiology and Stroke, Stergiou, Hellenic<br />
J Cardiol, 2004<br />
77<br />
77
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
78<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
Disturbi respiratori e periodic leg movements in sonno nei pazienti con lesione midollare acuta<br />
P.Proserpio 1 , K.Sambusida 1 , A.Lanza 1 ,<br />
L.Fratticci 2 , P.Frigerio 1 , M.Sommariva 1 ,<br />
T.Redaelli 1 , F.De Carli 3 , L.Nobili 1 .<br />
1<br />
Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale<br />
Niguarda, Milano<br />
2<br />
Neurologia, “Humanitas”, Rozzano, Milano<br />
3<br />
CNR, Genova<br />
Obiettivi: Diversi lavori dimostrano<br />
un'elevata prevalenza di disturbi respiratori<br />
in sonno (DRS) in pazienti mielolesi; tuttavia<br />
la maggior parte degli studi sono stati<br />
condotti su campioni limitati e dopo almeno<br />
un anno dall'evento. Solo due lavori<br />
confermano tale dato anche in pazienti con<br />
lesioni acute 1,2 . Altro riscontro<br />
polisonnografico comune in questa<br />
popolazione, sebbene analizzato in pochi<br />
studi e su casistiche selezionate 3 , sembra<br />
essere la presenza di movimenti periodici a<br />
carico degli arti inferiori (PLM). Scopo del<br />
nostro lavoro è analizzare le caratteristiche<br />
polisonnografiche di un ampio ed eterogeneo<br />
gruppo di pazienti con lesioni midollari acute.<br />
Materiali e Metodi: Sono stati sono stati<br />
raccolti i dati demografici, clinici,<br />
morfometrici, farmacologici e<br />
polisonnografici di 32 pazienti ricoverati<br />
nell’Unità Spinale dell’Ospedale Niguarda<br />
entro un anno da una lesione midollare.<br />
Risultati: Sono stati reclutati 26 maschi e 6<br />
femmine, con età <strong>media</strong> di 37 anni. Due terzi<br />
dei pazienti presentano una lesione<br />
completa. Nel 37% la lesione è cervicale, nel<br />
56% toracica, un paziente presenta una<br />
lesione lombare. Nel 31% dei pazienti la<br />
rappresentazione del sonno REM è inferiore<br />
al 10%. Nel 22% dei pazienti (7/32, di cui 4<br />
con una lesione completa; 6 con una lesione<br />
cervicale e 1 toracica) è stato riscontrato un<br />
DRS (indice di apnea-ipopnea -AHI- superiore<br />
a 5): di grado lieve in 3 soggetti, moderato in<br />
3 e severo in 1. In 6/7 pazienti tale disturbo<br />
appare REM-correlato. Nei pazienti senza<br />
DRS, 7 presentano un AHI in REM superiore a<br />
5. Nel 37,5% dei pazienti (12/32, di cui 6 con<br />
lesione completa; 5 con lesione cervicale e 7<br />
toracica) sono stati documentati PLM, che<br />
nella maggior parte dei casi non sono<br />
associati ad arousal 4 (in 10/12) e persistono o<br />
incrementano durante il sonno REM (in<br />
8/12). In 4 soggetti l’indice di PLM/h risulta<br />
superiore a 50.<br />
Discussione e Conclusione: In questo lavoro,<br />
condotto su un’ampia casistica, il DRS,<br />
prevalentemente di natura ostruttiva, è più<br />
frequente nei pazienti tetraplegici e peggiora,<br />
o appare esclusivamente, in sonno REM. La<br />
più alta prevalenza di DRS nei mielolesi<br />
riportata in letteratura potrebbe essere<br />
legata a fattori che occorrono durante la fase<br />
cronica e pertanto sarà utile monitorare tali<br />
pazienti nel tempo. L’alta prevalenza di PLM<br />
riscontrata sia in sonno NREM che REM e la<br />
loro apparente dissociazione dall’attività<br />
corticale, suggerisce una modulazione dei<br />
PLM da parte di un “central pattern<br />
generator” midollare. Obiettivo di studi futuri<br />
sarà quello di valutare la correlazione di tali<br />
eventi motori con variazioni vegetative e<br />
microstrutturali del sonno.<br />
Bibliografia<br />
1. Berlowitz DJ. et al., Arch Phys Med<br />
Rehabil (2005)<br />
2. Tran K. et al., Respirology (2010)<br />
3. Telles SC. et al., J Neurol Sci. (2011)<br />
4. Iber C. et al., AASM (2007)<br />
78
a b s t r a c t b o o k<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
L'insonnia nell'OSAS: caratteristiche cliniche e comorbidità della popolazione affetta.<br />
I. Aricò, L. Campolo, L.R. Pisani, G. Mento,<br />
R.Silvestri<br />
Centro di Medicina del Sonno, Dipartimento<br />
di Neuroscienze, AOU Messina<br />
Obiettivi: Valutare le caratteristiche cliniche<br />
di pazienti affetti da OSAS e insonnia.<br />
Materiali e metodi: Sono stati selezionati<br />
retrospettivamente tutti i pazienti<br />
diagnosticati per OSAS negli ultimi 4 anni<br />
presso il nostro centro che riferivano anche<br />
insonnia.<br />
Risultati: 23/400 i pazienti affetti sia da OSAS<br />
che da insonnia (16 M e 7 F, range di età 37-<br />
80). BMI medio 32,5. L’età <strong>media</strong> dei M e<br />
delle F era pressoché sovrapponibile (57.2 e<br />
57.5, rispettivamente). 7 pazienti riferivano<br />
insonnia iniziale, i restanti 16 di<br />
mantenimento. Soltanto in 5 riferivano<br />
sonnolenza diurna (ESS= 14.2).Il 74%<br />
presentava ipertensione arteriosa, il 61%<br />
dislipidemia, il 48% tireopatia, il 39% malattia<br />
da reflusso, il 39,1% broncopatia cronica<br />
ostruttiva, il 17% diabete mellito. 2 pazienti<br />
erano affetti anche da RLS. Al PSQI per la<br />
valutazione della qualità del sonno i pazienti<br />
avevano un punteggio medio di 9,3, indice di<br />
cattiva qualità di sonno; mentre al BDI 15,21,<br />
disturbo dell’umore moderato e all’HAM-A<br />
20,5, ansia moderata. La qualità della vita<br />
all’SF-36 risultava bassa sia nella componente<br />
fisica che mentale (55.4 e 55.6,<br />
rispettivamente). Il 74% dei pazienti<br />
presentava una OSAS moderata o grave (AHI<br />
medio 40.5): a tutti questi pazienti è stata<br />
proposta la terapia con CPAP, 1 solo paziente<br />
ha rifiutato. Al controllo dopo un mese di<br />
terapia con CPAP è stata riportata una<br />
riduzione dell’insonnia nel 75% dei pazienti,<br />
con miglioramento nei punteggi per l’ansia e<br />
la qualità di vita.<br />
Discussione e Conclusione Il 5,7% dei nostri<br />
pazienti con OSAS riferisce anche insonnia<br />
per lo più di mantenimento, probabilmente<br />
legata alle difficoltà respiratorie e all’esigenza<br />
di urinare più volte per notte. I soggetti con<br />
insonnia sono ansiosi e depressi e la terapia<br />
ventilatoria notturna può migliorare la<br />
continuità del sonno.<br />
The trouble with bubbles: la sindrome delle apnee ostruttive e la pervieta’ del forame ovale.<br />
A.Picco, M. Ferrara, D. Arnaldi, J. Accardo, F.<br />
Famà, A. Primavera.<br />
Introduzione<br />
Nel corso della gravidanza, la maggior parte<br />
delle donne riporta disturbi del sonno. Infatti,<br />
i cambiamenti fisiologici legati allo stato<br />
gravidico possono portare ad un rischio<br />
aumentato di patologie come la sindrome<br />
delle apnee ostruttive (OSAS)(1). Viene<br />
descritta inoltre un’aumentata incidenza di<br />
eventi cerebrovascolari, fra le cui cause si<br />
annovera, nella donna gravida, anche<br />
l’embolia paradossa(2).<br />
Materiali<br />
Riportiamo il caso di una giovane donna che<br />
giunge all’osservazione durante la<br />
trentottesima settimana di gravidanza<br />
gemellare. La paziente presentava, in corso di<br />
lieve rialzo pressorio, un episodio di afasia<br />
espressiva della durata di circa 20 minuti<br />
seguito da parestesie all’arto superiore e<br />
all’emivolto destro. Veniva quindi praticato<br />
taglio cesareo. L’anamnesi patologica remota<br />
riportava un episodio analogo della durata di<br />
circa 10 minuti avvenuto l’anno precedente.<br />
Metodi<br />
La TC cerebrale e l’esame obiettivo<br />
neurologico risultarono negativi, mentre un<br />
supplemento anamnestico metteva in luce<br />
alcuni dati che sono stati reputati degni di<br />
nota: nel corso della gravidanza la paziente<br />
era aumentata di circa 23 kg e, a detta del<br />
79<br />
79
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
80<br />
marito, aveva presentato russamento con<br />
apnee specie nell’ultimo trimestre.<br />
Inoltre, la signora praticava attività<br />
subacquea a livello professionale, e qualche<br />
anno prima era stata sottoposta a<br />
ecodoppler transcranico con mezzo di<br />
contrasto, a scopo preventivo. L’esame aveva<br />
evidenziato la presenza di un forame ovale<br />
pervio (PFO) di medio-grandi dimensioni.<br />
Un ecocardiogramma transesofageo eseguito<br />
poco tempo dopo reperiva invece un setto<br />
interatriale con incostante effetto<br />
sbandierante, non aneurismatico, in assenza<br />
di PFO.<br />
Non era stata quindi intrapresa nessuna<br />
terapia.<br />
Risultati<br />
Il 4° giorno dopo il parto un ecodoppler<br />
transcranico di controllo riconfermava la<br />
presenza di shunt destro-sinistro. Dopo circa<br />
40 giorni veniva l’ecocardiogramma<br />
transesofageo risultava anch’esso positivo<br />
per PFO associato ad importante passaggio di<br />
microbolle dopo manovra di Valsalva.<br />
Veniva quindi introdotta terapia con acido<br />
acetilsalicilico e consigliata l’astensione dalla<br />
pratica di attività subacquea.<br />
Discussione e Conclusioni<br />
La discrepanza fra i risultati delle due<br />
metodiche ha probabilmente ritardato, nel<br />
DISTURBI RESPIRATORI NEL SONNO<br />
II SESSIONE<br />
Esperienza di un odontoiatra in un centro del sonno<br />
F. Sacchi 1 , P. Pozzi 2 , L. Ferini Strambi 2 , A.<br />
Oldani 2 , S. Marelli 2 , M. Zucconi 2<br />
1<br />
Medico odontoiatra libero professionista -<br />
Milano<br />
2<br />
Centro del Sonno Ospedale San Raffaele –<br />
Milano<br />
L’utilità degli apparecchi orali (Oral<br />
Appliances, OA) nella terapia delle Apnee<br />
Ostruttive nel Sonno (Obstructive Sleep<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
caso di questa paziente, la diagnosi di PFO ed<br />
il suo relativo trattamento. La signora inoltre<br />
ha sofferto di OSAS nel corso di una<br />
gravidanza con importante incremento<br />
ponderale.<br />
La presenza di OSAS può stimolare<br />
l’insorgenza di eventi embolici paradossi nei<br />
pazienti con PFO(3). Inoltre, lo shuntinteratriale<br />
incrementa in modo sostanziale il<br />
numero di desaturazioni in OSA e questo<br />
potrebbe forse rendere ragione<br />
dell’aumentato rischio di ictus in questi<br />
pazienti(4).<br />
Riferimenti bibliografici<br />
1 Pien G., Schwab R. Sleep Disorders<br />
During Pregnancy. Sleep, 2004;<br />
27:1405-17<br />
2 Treadwell S. et al. Stroke in pregnancy<br />
and the puerperium. Postgrad<br />
Med J, 2008; 84:238-245<br />
3 Beelke M. et al. Obstructive sleep<br />
apnea can be provocative for<br />
right-to-left shunting through a<br />
patent foramen ovale. Sleep,<br />
2002; 25:856-62.<br />
4 Johansson M. et al. The influence of<br />
patent foramen ovale on oxygen<br />
desaturation in obstructive sleep<br />
apnoea. Eur Respir J 2007;<br />
29:149–155<br />
Apnea, OSA) è ormai accertata e riconosciuta<br />
a livello internazionale (1). Tuttavia la<br />
presenza di odontoiatri nelle strutture che si<br />
occupano di patologia del sonno non è<br />
abituale. Questa relazione vuole descrivere le<br />
motivazioni che hanno spinto un dentista a<br />
frequentare il centro del sonno (CDS)<br />
dell’ospedale San Raffaele, quelle che hanno<br />
spinto i neurologi ad accettarlo, e alcuni<br />
risultati ottenuti fino ad oggi. L’impulso<br />
iniziale per questa collaborazione è stato la<br />
80
a b s t r a c t b o o k<br />
necessità di approfondire la conoscenza della<br />
medicina del sonno, al di là degli aspetti<br />
strettamente odontoiatrici. La<br />
frequentazione del CDS ha portato al<br />
miglioramento delle conoscenze non solo<br />
riguardo alla OSA, ma anche sulle altre<br />
patologie del sonno, e questo ha permesso<br />
un affinamento della capacità di diagnosi, al<br />
fine di differenziare i soggetti da sottoporre a<br />
terapia con OA da quelli da inviare agli<br />
specialisti in medicina del sonno per cure<br />
diverse. Nel periodo fra aprile 2011 e luglio<br />
2012, sono stati candidati alla terapia con OA<br />
38 pazienti, di cui 26 (21 affetti da OSA e 5 da<br />
russamento semplice, o altre patologie non<br />
valutabili con indicatori obiettivi) hanno<br />
accettato la cura. Quattro dei pazienti non-<br />
OSA hanno completato il trattamento e sono<br />
soddisfatti. I dati oggettivi post-trattamento<br />
sono disponibili per 14 dei 21 pazienti affetti<br />
da OSA e sono riportati in Fig.1. Nonostante<br />
la scarsa numerosità del campione, il<br />
trattamento con OA è risultato<br />
significativamente efficace per il<br />
Fig. 1 – Risultati del trattamento con OA.<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
miglioramento di quasi tutti i parametri<br />
considerati. In tutti i casi con apnea lieve o<br />
moderata si è ottenuto un risultato ottimale<br />
(AHI
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
82<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
Sindrome delle apnee ostruttive durante il sonno complessa (compSAS): proposta per un nuovo<br />
trattamento ventilatorio.<br />
A. Tansella 1 , A. Concetti 1 , A. M. Calcagni 2 , E.<br />
Di Crescenzo 3<br />
1 Ambulatorio di Medicina del Sonno ad<br />
indirizzo Respiratorio, Casa di Cura Villa<br />
Verde di Fermo<br />
2 Servizio di Pneumologia ASUR Marche ASL<br />
Fermo<br />
3Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti<br />
Marche Nord - UOC Programmazione e<br />
Controllo/internal Auditing<br />
La OSAS complessa (compSAS) è<br />
caratterizzata dalla persistenza di apnee e<br />
ipopnee centrali e/o respiro periodico di<br />
Cheyne- Stokes (CSR) durante il trattamento<br />
con CPAP.<br />
I pazienti affetti da compSAS non rispondono<br />
alla terapia con CPAP e sembrano avere un<br />
pattern respiratorio notturno più simile a<br />
quello della CSAS: rispondono invece in<br />
modo ottimale alla terapia ventilatoria a<br />
pressione positiva adattiva (Adaptive<br />
ServoVentilation).<br />
Obiettivi. Obiettivo dello studio è stato<br />
dimostrare la efficacia della terapia con CPAP<br />
con sistema F.O.T (Forced oscillation<br />
technique) in pazienti affetti da compSAS, in<br />
alternativa alla terapia ventilatoria a<br />
pressione positiva adattiva (Adaptive<br />
ServoVentilation).<br />
Materiali e metodi. Abbiamo arruolato<br />
diciannove pazienti (diciotto maschi, una<br />
femmina) affetti da OSAS con pattern<br />
respiratorio”complesso. Tutti i pazienti sono<br />
stati studiati con polisonnigrafo con sistema<br />
portatile Vitalnight PRO (ditta Vitalaire): l’età<br />
<strong>media</strong> era di 58, 6 ± 12,1 dev. st. con un AHI<br />
basale medio 50,9±16,5 dev. st., ODI basale<br />
medio 57,8 ±19,2 dev. st. Tutti i pazienti<br />
lamentavano sonnolenza diurna patologica<br />
(Epworth sleepiness scale = 15,27±4,17 dev.<br />
st.).<br />
Cinque dei diciannove pazienti sono stati<br />
trattati dapprima con BiPAP autoSV (ditta<br />
Respironics), in modalità ASV, poi in<br />
modalità CPAP con sistema F.O.T (ditta<br />
Resmed), con normalizzazione del pattern<br />
respiratorio in entrambi i casi. Mediante<br />
ventilazione in ASV si ottenevano i seguenti<br />
risultati: AHI medio 1,3 ±1 dev. st., ODI medio<br />
17,8±22,7 dev. st.; con CPAP <strong>media</strong>nte<br />
sistema F.O.T. AHI 4,5±4,2 dev. st., ODI<br />
17,6±14,1.<br />
I rimanenti quattordici pazienti venivano<br />
direttamente sottoposti a titolazione con<br />
CPAP con sistema F.O.T.<br />
Risultati. Per l’analisi dei risultati è stato<br />
usato il test T di Student per dati appaiati. I<br />
quattordici pazienti affetti da compSAS<br />
trattati direttamente in CPAP con sistema<br />
F.O.T. mostravano normalizzazione del<br />
pattern respiratorio notturno AHI=4,5± 4,2<br />
dev. st. ODI=17,6±14,1 dev. st., con riduzione<br />
significativa sia dell’AHI (p
a b s t r a c t b o o k<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
Upper Airways Resistance Syndrome (UARS): esiste un marker clinico identificativo?<br />
A. Tansella 1 , A. Concetti 1 , A. M. Calcagni 2 , E.<br />
Di Crescenzo 3<br />
1 Ambulatorio di Medicina del Sonno ad<br />
indirizzo Respiratorio, Casa di Cura Villa<br />
Verde di Fermo<br />
2 Servizio di Pneumologia ASUR Marche ASL<br />
Fermo<br />
3Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti<br />
Marche Nord - UOC Programmazione e<br />
Controllo/internal Auditing<br />
Dal punto di vista clinico la UARS è<br />
praticamente sovrapponibile all’OSAS: in<br />
entrambe le sindromi sono presenti con la<br />
stesa distribuzione sonnolenza diurna,<br />
russamento, pause respiratorie riferite,<br />
sonno agitato, cefalea mattutina.<br />
Obiettivi. Scopo dello studio è stato quello di<br />
identificare l’eventuale esistenza di un<br />
marker clinico distintivo della UARS.<br />
Materiali e metodi. Sono stati arruolati<br />
quarantatré pazienti (undici femmine e<br />
trentadue maschi) affetti da UARS (gruppo A)<br />
già diagnosticati sulla base di registrazioni<br />
<strong>media</strong>nte polisonnografia con sistema<br />
portatile (Vitalnight PRO della ditta Vitalaire,<br />
Somnoscreen Plus PSG della ditta<br />
Somnomedics ) e ottantuno pazienti (dodici<br />
femmine e sessantanove<br />
maschi) affetti da OSAS (gruppo B). I pazienti<br />
del gruppo A presentavano i seguenti<br />
parametri polisonnografici: AHI=3,58±2,85<br />
dev. st, ODI=13,84±10,59 dev st.<br />
t90=1,04±4,12 dev.st.<br />
I pazienti del gruppo B i seguenti parametri:<br />
AHI=42,97±21,95 dev.st. ODI=59,33±25,16<br />
dev.st. t90=20,5±23,37dev. st.<br />
I pazienti di entrambi i gruppi sono stati<br />
sottoposti a valutazione della qualità del<br />
sonno <strong>media</strong>nte intervista, sulla presenza di:<br />
russamento, pause respiratorie riferite,<br />
sonno agitato, cefalea mattutina e incubi.<br />
Tutti i pazienti di entrambi i gruppi<br />
presentavano sonnolenza diurna (Epworth<br />
medio 15,53± 2,88 dev st.).<br />
Risultati. I pazienti di entrambi i gruppi non<br />
presentavano differenze significative per<br />
quanto riguarda risvegli, sonno agitato,<br />
cefalea mattutina e pause respiratorie<br />
riferite. Invece gli incubi erano presenti nel<br />
29% dei pazienti nel gruppo A e nel 48,2% dei<br />
pazienti del gruppo B. I pazienti del gruppo B<br />
che presentavano incubi avevano i seguenti<br />
parametri: AHI=46,69±21,34 dev. st.<br />
ODI=66,61±23,87 dev.st. t90=24,64±22 dev.<br />
st.<br />
I pazienti del gruppo B che non riferivano<br />
incubi presentavano i seguenti parametri:<br />
AHI=39,5±22,2 dev.st. ODI=52,6±24,7 dev.st.<br />
t90=16,7±24,2 dev.st.<br />
La differenza tra i due sottogruppi riguardo<br />
all’ODI era statisticamente significativa<br />
(p=0,0114), mentre non lo era né per l’AHI<br />
(p=0,1418) né per il t90=(p=0,1273).<br />
Conclusioni. I pazienti affetti da UARS<br />
sembrano differire da quelli affetti da OSAS<br />
per la minor prevalenza di incubi, che<br />
appaiono correlarsi non tanto con la gravità<br />
dell’OSAS né con la presenza di insufficienza<br />
respiratoria, quanto piuttosto su una<br />
peggiore ipossia intermittente notturna.<br />
83<br />
83
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
84<br />
Case report: ischemia cerebrale in paziente giovane con fibrillazione atriale OSAS correlata.<br />
L. Picchetto 1 , P. Scavalli 2 , M. Aquilini 3 , M.<br />
Caporro 1 , F. Costalunga 2 , M. Rasura 1 , C.<br />
Buttinelli 1<br />
1 Dipartmento di NEuroscienze, Salute<br />
Mentale e Organi di Senso (NESMOS),<br />
Università di Roma "La Sapienza", Ospedale<br />
Sant’Andrea.<br />
2 Dipartimento di Pneumologia, Ospedale San<br />
Giovanni Andosilla, Civita Castellana, VT.<br />
3 Dipartimento di Pneumologia, Università di<br />
Roma "La Sapienza", Ospedale Sant’Andrea.<br />
Introduzione: Evidenze crescenti dimostrano<br />
che la Sindrome delle Apnee Ostruttive del<br />
Sonno (OSAS) è un fattore di rischio per ictus<br />
(1). Si ritiene che l’ipossia e l’elevata attività<br />
del sistema nervoso autonomo causate<br />
dall’OSA portino ad un aumento della<br />
pressione arteriosa sistemica e della<br />
pressione intracranica, ad alterazioni del<br />
flusso sanguigno, del metabolismo degli<br />
zuccheri e della coagulazione, oltre a favorire<br />
l’aterogenesi e l’insorgenza di aritmie<br />
emboligene, tra cui la fibrillazione atriale (FA)<br />
(1). Viene qui descritto il caso di un giovane<br />
paziente colpito da ictus cerebri con<br />
fibrillazione atriale correta a sindrome delle<br />
apnee ostruttive di grado severo.<br />
Decorso clinico: un uomo di 41 anni si recava<br />
al pronto soccorso per un disturbo di forza<br />
all’emisoma di destra e afasia, riscontrati al<br />
risveglio. In anamnesi patologica remota<br />
ipertensione arteriosa di grado lieve e sotto<br />
controllo farmacologico, un TIA emisferico<br />
cerebrale destro ed uno stroke<br />
vertebrobasilare; entrambi gli eventi<br />
cerebrovascolari si verificavano due anni<br />
prima quando iniziava ad assumere ASA 100<br />
mg pro die. Storia negativa per diabete,<br />
dislipidemia o cardiopatie. Durante la<br />
degenza nel reparto di medicina interna lo<br />
status neurologico del paziente migliorava,<br />
pur persistendo lieve debolezza all’emisoma<br />
di destra. Venne sottoposto a TAC cerebrale,<br />
ecocolor doppler dei vasi carotidei, esami<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
ematochimici, elettrocardiogramma,<br />
ecocardiogramma, RMN encefalo con<br />
sequenze in diffusione e angiormn dei vasi<br />
intracranici. Quest’ultima rivelava tre lesioni<br />
ischemiche in fase acuta nella regione frontotemporale<br />
sinistra, un piccolo ictus di vecchia<br />
data a carico del peduncolo cerebellare ed un<br />
quadro di encefalopatia multiinfartuale. Nulla<br />
che definisse la patogenesi dello stroke. Iniziò<br />
Clopidrogel 75 mg al giorno in sostituzione<br />
dell’aspirina. Dopo il ciclo di riabilitazione,<br />
vista anche la giovane età del paziente e il<br />
ripetersi degli episodi, vennero programmate<br />
ulteriori indagini più approfondite e<br />
finalizzate a definire la causa di tali ischemie<br />
cerebrali. Per tale motivo sono state eseguiti<br />
un ecocardiogramma trans esofageo e uno<br />
screening trombofilico e autoanticorpale,<br />
senza riscontrare nulla di rilevante. Visto il<br />
sovrappeso (BMI:31), l’eccessiva sonnolenza<br />
diurna, il russamento rumoroso e numerosi<br />
risvegli di notte durante il sonno, abbiamo<br />
consigliato un monitoraggio<br />
cardiorespiratorio notturno completo.<br />
Quest’ultimo rivelò un AHI di 38,4 con picchi<br />
di desaturazione di O2 del 75% . La durata<br />
massima delle apnee era stata di 85 secondi<br />
ed alcuni di essi erano seguiti da episodi di<br />
FA, avvenuti nelle ultime ore della notte. Un<br />
Holter cardiaco di 24 ore confermò la<br />
presenza di episodi di FA esclusivamente<br />
durante il sonno notturno. Il paziente iniziò<br />
una terapia con anticoagulanti orali e<br />
contemporaneamente una terapia con CPAP,<br />
con risoluzione del disturbo respiratorio del<br />
sonno e scomparsa degli episodi di FA. Il<br />
risultato fu confermato tramite un<br />
monitoraggio cardiorespiratorio di controllo<br />
eseguito 4 mesi più tardi e che rivelò un AHI<br />
di 2; non ulteriori eventi di ischemia<br />
cerebrale.<br />
Conclusioni: i medici dovrebbero tenere in<br />
maggiore considerazione il potenziale fattore<br />
di rischio costituito dall’OSAS nella<br />
patogenesi della fibrillazione atriale (2), come<br />
dello stroke ischemici. Il monitoraggio<br />
84
a b s t r a c t b o o k<br />
cardiorespiratorio notturno dovrebbe essere<br />
preso in considerazione nei casi di ictus<br />
criptogenico, specialmente in quelli che si<br />
manifestano di notte o al risveglio (3).<br />
Blibliografia:<br />
1- J Neurol. 2012 Jan 4. Obstructive sleep<br />
apnea linked to wake-up strokes. Hsieh SW,<br />
Lai CL, Liu CK, Hsieh CF, Hsu CY.<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
2- Circulation. 2003 May 27. Obstructive<br />
sleep apnea and the recurrence of atrial<br />
fibrillation. Kanagala R, Murali NS, Friedman<br />
PA, Ammash NM, Gersh BJ, Ballman KV,<br />
Shamsuzzaman AS, Somers VK.<br />
3- J Clin Neurophysiol. 2006 Feb 23. Why a<br />
polysomnogram should become part of the<br />
diagnostic evaluation of stroke and transient<br />
ischemic attack. Grigg-Damberger M.<br />
Effetti della CPAP sul drive ventilatorio in pazienti con Obesity Hypoventilation<br />
Syndrome (OHS)<br />
V.A.Falcone, V.N.Quaranta, A.Capozzolo,<br />
M.F.Damiano,V.N.Valerio, O.Resta<br />
Unita’ Operativa Universitaria Malattie<br />
Dell'apparato Respiratorio- Ospedale<br />
Policlinico Consorziale- Bari<br />
Introduzione: Zwillich et Al. hanno<br />
evidenziato una riduzione del drive<br />
ventilatorio durante lo stimolo ipercapnico.<br />
C-C. Lin successivamente presentava<br />
evidenze sul miglioramento del drive<br />
ventilatorio basale e durante rebreathing<br />
della CO2 in 6 pazienti OHS.<br />
Obiettivo principale del nostro studio è stato<br />
verificare gli effetti della pressione continua<br />
positiva (CPAP) dopo tre mesi sul drive<br />
respiratorio in pazienti con OHS.<br />
Materiali e metodi: è stata selezionata una<br />
popolazione di 26 soggetti affetti dalla<br />
Sindrome obesità ed ipoventilazione afferenti<br />
al nostro Centro del Sonno. Tutti i pazienti<br />
venivano sottoposti allo studio dei disturbi<br />
respiratori durante il sonno , ad una prova<br />
funzionale spirometrica globale, ad un test<br />
del cammino di 6 minuti. I pazienti<br />
eseguivano inoltre un prelievo su sangue<br />
arterioso, misure antropometriche (BMI,<br />
NECK, WAIST circumference), il test di<br />
Epworth e la valutazione della risposta del<br />
drive respiratorio basale e <strong>media</strong>nte lo<br />
stimolo ipercapnico eseguito con la tecnica<br />
del rebreathing , prima (tempo 0) e dopo tre<br />
mesi dall’inizio del trattamento col<br />
dispositivo CPAP (tempo 1) .<br />
Risultati: i dati antropometrici a distanza di<br />
tre mesi non subiscono variazioni<br />
statisticamete significative. La PCO2 del<br />
sangue arterioso migliora dopo terapia<br />
(tempo 0: 47,6±2,7; tempo 1: 44,7v±3,53;<br />
p
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
86<br />
normocapnic and hypercapnic patients with<br />
obstructive sleep apnoea syndrome”.<br />
C.W.Zwillich et Al., The American Journal of<br />
Medicine vol. 59 sept. 1975. “Decreased<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
hypoxic ventilator y drive in the Obesity<br />
Hypoventilation Syndrome.<br />
Effetti di lesioni ischemiche infratentoriali e sottotentoriali sui disturbi respiratori in sonno:<br />
valutazione polisonnografica longitudinale<br />
G. Bianco 1 , M. Caporro 1 ,M. Manconi 1 , I.<br />
Zavalko 1,2 , C. Cereda 3 , S. Fulda 1 , C. L. Bassetti<br />
1,4<br />
1 Centro di medicina del Sonno ed<br />
Epilettologia, Neurocentro della Svizzera<br />
Italiana, Ospedale Civico di Lugano, Lugano,<br />
Svizzera<br />
2 Severtsov Institute Ecology/Evolution<br />
Russian Academy of Sciences, Moscow,<br />
Russia<br />
3 Neurocentro della Svizzera Italiana,<br />
Ospedale Civico di Lugano, Svizzera<br />
4 Dipartimento di Neurologia, Ospedale<br />
Universitario, Inselspital Berna, Berna,<br />
Svizzera<br />
Obiettivi. Lesioni di natura vascolare<br />
possono determinare effetti diversi sul sonno<br />
a seconda delle strutture encefaliche<br />
coinvolte. Al momento sono pochi i lavori in<br />
letteratura che si occupano degli effetti di<br />
eventi ischemici in relazione al sito<br />
interessato. Il nostro intento è quello di<br />
paragonare, in termini di disturbi del sonno,<br />
pazienti colpiti da stroke ischemico in sede<br />
infratentoriale con quelli determinati da<br />
lesioni in sede sopratentoriale.<br />
Metodi. Abbiamo arruolato, in maniera<br />
prospettica, 14 pazienti con lesioni<br />
ischemiche infratentoriali e 14 con lesioni<br />
sopratentoriali, in campioni omogenei per<br />
età e gravità clinica all’esordio, i quali sono<br />
stati sottoposti a polisonnografia<br />
rispettivamente entro 9 giorni dall’evento<br />
acuto e a distanza di 3 mesi.<br />
Risultati. I disturbi respiratori nel sonno<br />
sono risultati prevalenti nei pazienti con<br />
lesioni infratentoriali, rispetto a quelli con<br />
lesioni sopratentoriali, in fase acuta. Tali<br />
disturbi migliorano notevolmente nel<br />
passaggio dalla fase acuta a quella subacuta<br />
dello stroke, pur rimanendo presenti in un<br />
numero elevato di soggetti. In generale, è<br />
stato riscontrato un miglioramento del<br />
sonno, nel passaggio dalla fase acuta a quella<br />
subacuta, analogo fra i due gruppi. In ultimo,<br />
il recupero clinico, a 3 mesi di distanza, si è<br />
dimostrato migliore nei pazienti con lesioni<br />
sopratentoriali, nonostante il grado di<br />
severità dello stroke fra i due gruppi fosse<br />
analogo.<br />
Conclusioni. I pazienti con lesioni ischemiche<br />
infratentoriali hanno un rischio aumentato di<br />
incorrere in disturbi respiratori in sonno ed<br />
un minor recupero rispetto a pazienti con<br />
lesioni sovratentoriali. Cio’ rafforza la<br />
necessità di interventi precoci soprattutto in<br />
questi pazienti.<br />
86
a b s t r a c t b o o k<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
Riscontro di alterazioni del ritmo cardiaco in paziente affetto da sindrome delle apnee<br />
morfeiche: il ruolo dell’onda di polso pletismografica<br />
rilievo di irregolarità della traccia foto-<br />
S. Riccardi, A. Grassi, G. Milioli, F. De Paolis, pletismografica dell’onda di polso con<br />
N. Azzi, I. Pollara, A. Abramo, L. Parrino, M.G. persistenza della già nota bradicardia<br />
Terzano<br />
sinusale (frequenza cardiaca (FC) <strong>media</strong>: 39<br />
bpm). Metodi: il paziente veniva sottoposto<br />
Centro Interdipartimentale di Medicina del ad ulteriore monitoraggio cardiorespiratorio<br />
Sonno, Clinica Neurologica, Ospedale di controllo dotato di traccia ECG. Risultati: la<br />
Maggiore di Parma.<br />
traccia ECGrafica mostrava ritmo sinusale<br />
alternato a fasi di blocco atrio-ventricolare di<br />
Obiettivi: valutare l’utilità del segnale foto- secondo grado tipo Mobiz I e II, con FC <strong>media</strong><br />
pletismografico nella detezione di alterazioni 39 bpm, già presente in veglia con<br />
del ritmo cardiaco in corso di monitoraggio accentuazione in sonno notturno, senza<br />
cardiorespiratorio completo in paziente chiara correlazione con gli eventi respiratori<br />
affetto da sindrome delle apnee morfeiche. in sonno. Discussione e Conclusioni: In studi<br />
Materiali: riportiamo il caso di un paziente recenti è stato dimostrato che l’onda di polso<br />
maschio, di 61 anni, affetto da sindrome delle pletismografica rappresenta uno strumento<br />
apnee morfeiche di entità medio-grave a efficace per lo studio indiretto dell’attività<br />
modulazione posizionale (indice di apnee e nervosa simpatica, al pari del PAT (Peripheral<br />
iponea (AHI): 31 fasi/ora, indice di Arterial Tonometry) e del PTT(Pulse Transit<br />
desaturazione ossiemoglobinica (ODI): 22 Time PTT). La possibilità di derivare tale<br />
fasi/ora, AHI in posizione supina: 47 segnale dalla semplice applicazione di un<br />
fasi/ora), già indagato in ambito cardiologico pulsossimetro e l’elevata affidabilità in<br />
per ritmo sinusale tendenzialmente termini di corrispondenza con l’attività<br />
bradicardico, in assenza di aritmie simpatica ne fanno uno strumento di grande<br />
clinicamente rilevanti. Dopo primo tentativo interesse nella pratica clinica. Un<br />
terapeutico con CPAP, fallito per mancata approfondimento in ambito cardiologico<br />
compliance, il paziente veniva posto in andrebbe pertanto preso in considerazione in<br />
terapia posizionale con dispositivo anti- presenza di alterazioni della traccia fotosnoring.<br />
Si ripeteva monitoraggio pletismografica.<br />
cardiorespiratorio completo a distanza di 1 Bibliografia<br />
mese, con riscontro di buon controllo degli Grote L, Zou D, Kraiczi H, Hedner J. Finger<br />
eventi respiratori in sonno (AHI residuo: 5 plethysmography. A method for monitoring<br />
fasi/ora, ODI: 0.5 fasi/ora). Collateralmente, finger<br />
blood flow during sleep disordered reactivity to cold stress using digital volume<br />
breathing. Respir Physiol Neurobiol pulse characteristics in health and diabetes. J<br />
2003;136:141-52.<br />
Jaryal AK, Selvaraj N, Santhosh J, Anand S,<br />
Deepak KK. Monitoring of cardiovascular<br />
Clin Monit Comput 2009;23:123-30.<br />
87<br />
87
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
88<br />
Valutazione dei dati polisonnografici di pazienti ipertesi che sviluppano osas.<br />
R D’Ippolito 1 , R Melej 1 , N Azzi 2 , M Burlone 1 ,<br />
M Riccardi 1 , A Abramo 2 , I Pollara 2<br />
1 Dipartimento Cardio-Nefro-Polmonare,<br />
U.O. Di Fisiopatologia Respiratoria Azienda<br />
Ospedaliero-Universitaria Di Parma<br />
2 Centro Di Medicina Del Sonno, Azienda<br />
Ospedaliero-Universitaria Di Parma.<br />
Numerosi studi epidemiologici hanno<br />
dimostrato l’associazione tra la sindrome<br />
ostruttiva delle apnee notturne (Osas) e<br />
l’ipertensione arteriosa, tanto che possiamo<br />
considerare l’Osas come un importante causa<br />
d’Ipertensione. Infatti, i pazienti con indice di<br />
Apnea (AHI) maggiore di 15/ora hanno<br />
significative probabilità di sviluppare<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
ipertensione entro 4 anni dalla diagnosi di<br />
OSAS. Scopo dello studio è stato valutare i<br />
parametri della polisonnografia di pazienti<br />
ipertesi che hanno sviluppato Osas. Sono<br />
stati per questo analizzati in modo<br />
retrospettivo i dati polisonnografici di<br />
pazienti afferenti presso il Centro del Sonno<br />
del nostro Ospedale dal 2008. I pazienti<br />
affetti da solo Osas ed i pazienti ipertesi da<br />
almeno 8 anni da quando hanno sviluppato<br />
Osas con AHI > 15 sono stati inclusi nello<br />
studio. Sono stati selezionati 22 (5f) pazienti<br />
Osas con età <strong>media</strong> (± DS) di 51 (11) anni e 28<br />
(6f) pazienti ipertesi con Osas di 59 (11) anni<br />
(p=0.03). Di seguito i dati (<strong>media</strong> ± DS)<br />
polisonnografici:<br />
BMI Desaturazioni Apnee Sat.minima FC sonnolenza CPAP<br />
(ODI,n/h) % (AHI,n/h) % Batt/min (Epworth) cmH20<br />
Osas 33±6 47±21 50±19 86±5 68±9 10±4 10±2<br />
IP+Osas 32±5 41±19 46±19 88±4 63±8 10±6 12±3<br />
t-test ns ns ns Ns ns ns p=0.021<br />
Dal confronto dei dati polisonnografici dei<br />
due gruppi risulta che i pazienti ipertesi che<br />
sviluppano Osas affinché riducano le apnee<br />
(AHI) a meno di 10/h necessitano di pressioni<br />
continue (CPAP) significativamente più alte<br />
rispetto ai pazienti con solo Osas. Non ci sono<br />
differenze significative per il numero di<br />
desaturazioni, per l’indice d'apnea, per i<br />
valori medi di desaturazioni minime, per la<br />
frequenza cardiaca, e per la sonnolenza<br />
diurna. In conclusione mentre la presenza di<br />
Osas può far sviluppare valori elevati di<br />
pressione arteriosa, la presenza d'<br />
ipertensione non peggiora i valori<br />
polisonnografici dell’Osas, anche se necessita<br />
di valori significativi più elevati di CPAP.<br />
Nuove osservazioni sono necessarie per<br />
poter spiegare il motivo di queste differenze<br />
pressorie.<br />
Lavie P, Hoffstein V. Sleep apnea sindrome: a<br />
possibly contributing factor to resistant<br />
hypertension. Sleep, 24, 771-725,2001<br />
Wolk R, ASM Shamsuzzaman, Vk Somers:<br />
Obesity, Sleep Apnea, and Hypertension.<br />
Hypertension, 42,1067-1074, 2003<br />
Gottlieb DJ, Redline S, Nieto FJ et al:<br />
Association of usual sleep duration with<br />
hypertension: the Sleep Heart Health Study.<br />
Sleep, 29, 1009-1014,2006<br />
S Kapa, FHS Kuniyoshi, Vk Somers: Sleep<br />
Apnea and Hypertension:Interaction and<br />
implication for management.<br />
L Lozano, JL Tovar, G Sampol et al:<br />
Continuous positive airway pressure<br />
treatment in sleep apnea patients with<br />
resistant hypertension: a randomized,<br />
controlled trial. Journal of Hypertension, 28,<br />
2161-2168, 2010<br />
88
a b s t r a c t b o o k<br />
Osas e funzioni esecutive in età evolutiva: il ruolo dell’ipossiemia notturna<br />
M. Esposito, F. Precenzano, L. Antinolfi, A. Di<br />
Dona, L. Castaldo, A. Montesanto, M.<br />
Carotenuto<br />
Ambulatorio Specialistico per i Disturbi del<br />
sonno ed Enuresi Notturna in età evolutiva<br />
Cattedra di Neuropsichiatria Infantile<br />
Dipartimento di Psichiatria, Neuropsichiatria<br />
Infantile, Audiofoniatria,<br />
Dermatovenereologia<br />
Seconda Università degli Studi di Napoli<br />
Obiettivi: Scopo del presente studio è<br />
valutare l’influenza dei disordini respiratori<br />
del sonno sulle funzioni esecutive in una<br />
popolazione di soggetti in età scolare.<br />
Materiali e Metodi: Sono stati arruolati 59<br />
bambini (38 M) in età scolare (età <strong>media</strong><br />
9.839 ± 1.844), afferiti presso l’Ambulatorio<br />
per i Disturbi del sonno ed enuresi notturna<br />
della Seconda Università degli Studi di Napoli,<br />
affetti da Sindrome delle apnee ostruttive in<br />
sonno (OSAS) diagnosticata con esame<br />
polisonnografico, secondo i criteri diagnostici<br />
proposti ICSD-2. Per le comparazioni è stato<br />
utilizzato un gruppo di controllo composto da<br />
74 bambini (43 M) sani (età <strong>media</strong> 9.664 ±<br />
1.748) arruolati presso le scuole della<br />
Regione Campania. Tutti i soggetti sono stati<br />
sottoposti ad esame delle funzioni esecutive<br />
<strong>media</strong>nte Modified Card Sorting Test (MCST)<br />
secondo la correzione di Cianchetti [1] ed<br />
esame polisonnografico.<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
Risultati: i soggetti con OSAS presentano una<br />
prestazione significativamente peggiore al<br />
MCST rispetto ai soggetti di controllo<br />
(p≤0.001); dall’esame delle correlazioni tra i<br />
parametri respiratori e le prestazioni al MCST<br />
eseguite su tutto il campione in esame, le<br />
differenze prestazionali risultano correlate in<br />
maniera significativa (p≤0.001) con i valori di<br />
tutti gli indici respiratori calcolati nel corso<br />
del sonno (AHI, ODI, Saturazione <strong>media</strong> di O2,<br />
Desaturazione <strong>media</strong>). Discussione e<br />
Conclusioni: Negli anni sono stati condotti<br />
diversi studi sulla prestazione cognitiva e<br />
sugli aspetti neuropsicologici dell’OSAS,<br />
riservando poca attenzione allo studio delle<br />
funzioni esecutive dei pazienti affetti in età<br />
evolutiva. I risultati del presente studio<br />
suggeriscono anche per l’età evolutiva<br />
l’ipotesi che il deficit di funzionamento<br />
esecutivo possa essere legato primariamente<br />
al grado di severità dell’ipossiemia notturna<br />
più che alla sonnolenza diurna, sebbene<br />
numerosi altri studi su popolazioni più ampie<br />
siano necessari.<br />
Bibliografia:<br />
1. Cianchetti C, Corona S, Foscoliano M,<br />
et al Modified Wisconsin Card Sorting<br />
Test (MCST, MWCST): Normative Data<br />
in Children 4–13 Years Old, According<br />
to Classical and New Types of Scoring,<br />
The Clinical Neuropsychologist,<br />
2007;21:3, 456-478<br />
Apnea del sonno e sintomi depressivi in età evolutiva: uno studio caso-controllo<br />
M. Esposito, F. Precenzano, T. Messana, F. Di<br />
Pasquale, M.A. Faraldo, R. Santalucia,<br />
M.Carotenuto<br />
Ambulatorio Specialistico per i Disturbi del<br />
sonno ed Enuresi Notturna in età evolutiva<br />
Cattedra di Neuropsichiatria Infantile<br />
Dipartimento di Psichiatria, Neuropsichiatria<br />
Infantile, Audiofoniatria,<br />
Dermatovenereologia<br />
Seconda Università degli Studi di Napoli<br />
Obiettivi: obiettivo di questo studio è<br />
esaminare la relazione tra Disturbi<br />
Respiratori in sonno (SRBD) e sintomi<br />
depressivi in una popolazione di bambini in<br />
età scolare.<br />
Materiali e Metodi: la popolazione<br />
esaminata è composta da 94 bambini affetti<br />
da SRBD e 107 bambini di controllo non<br />
89<br />
89
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
90<br />
affetti da SRBD. Tutta la popolazione è stata<br />
sottoposta a PSG respiratoria notturna per<br />
l’identificazione di SRBD e alla versione<br />
italiana del Children Depression Inventory<br />
(CDI) test per rilevare la presenza di sintomi<br />
depressivi. Risultati: I soggetti affetti da SRBD<br />
mostrano valori <strong>media</strong>mente più alti al CDI<br />
rispetto ai soggetti non affetti da SRBD (21,94<br />
± 8,07 vs 17,59 ± 3,87; p< 0,001), ed una<br />
relazione significativamente positiva tra i<br />
punteggi al CDI e i valori di AHI (r= .4246<br />
p 4.2.<br />
Discussione e conclusioni: è noto che l’SRBD<br />
potrebbe avere un ruolo nello sviluppo di<br />
sintomatologia depressiva in età adulta[1-3],<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
anche se i meccanismi patogenetici restano<br />
poco chiari; i risultati del presente studio<br />
suggeriscono l’importanza della valutazione<br />
degli aspetti legati all’umore nei soggetti<br />
affetti da SRBD anche in età evolutiva.<br />
Bibliografia:<br />
1. Hattori M, Kitajima T, Mekata T,<br />
Kanamori A, Imamura M, Sakakibara<br />
H, Kayukawa Y, Okada T, Iwata N. Risk<br />
factors for obstructive sleep apnea<br />
syndrome screening in mood<br />
disorder patients. Psychiatry Clin<br />
Neurosci. 2009 Jun;63(3):385-91<br />
2. Koutsourelakis I, Perraki E, Economou<br />
NT, Dimitrokalli P, Vagiakis E, Roussos<br />
C, Zakynthinos S. Predictors of<br />
residual sleepiness in adequately<br />
treated obstructive sleep apnoea<br />
patients. Eur Respir J. 2009<br />
Sep;34(3):687-93<br />
3. Saunamäki T, Jehkonen M. Depression<br />
and anxiety in obstructive sleep apnea<br />
syndrome: a review. Acta Neurol<br />
Scand. 2007 Nov;116(5):277-88<br />
90
a b s t r a c t b o o k<br />
VIDEO SIMPOSIO PEDIATRICO<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
CASI PEDIATRICI CON PARASONNIE, EPILESSIA, CATAPLESSIA O ALTRE MANIFESTAZIONI<br />
COMPORTAMENTALI ANOMALE LEGATE AL SONNO<br />
F. PISANI – G. CANTALUPO<br />
Manifestazioni parossistiche in età neonatale<br />
Le convulsioni neonatali (CN) sono un<br />
sintomo frequente di patologia neurologica<br />
acuta e la loro incidenza varia dallo 0.8% -<br />
1.4%, nei neonati a termine, fino al 25% nei<br />
pretermine. Le eziologie più frequenti di<br />
danno cerebrale acuto nel periodo perinatale<br />
sono l’encefalopatia ipossico-ischemica nel<br />
neonato a termine e le emorragie cerebrali<br />
nei neonati pretermine, spesso gravate da<br />
importanti sequele neurologiche come<br />
paralisi cerebrale, ritardo mentale, e in circa<br />
il 15 -50% dei pazienti, da epilessia. Ci sono<br />
significative evidenze che le CN possono<br />
aggravare il danno cerebrale che le sottende<br />
con conseguenze prognostiche negative.<br />
Inoltre, studi sperimentali su animali<br />
F. BISULLI – L. NOBILI<br />
Parasonnie<br />
Le parasonnie sono disturbi parafisiologici del<br />
sonno che frequentemente esordiscono in<br />
età pediatrica e che nella maggior parte dei<br />
casi si risolvono spontaneamente durante lo<br />
sviluppo. Tuttavia questi disturbi del sonno<br />
possono entrare in diagnosi differenziale con<br />
l’ Epilessia Frontale Notturna (EFN) (Scheffer<br />
et al., 1994; Scheffer et al., 1995). Le crisi<br />
dell’EFN infatti possono avere una<br />
semeiologia bizzarra, con vocalizzazioni,<br />
automatismi gestuali e deambulatori<br />
complessi, a fronte di accertamenti<br />
neuroradiologici e neurofisiologici essere<br />
spesso completamente normali. Tutto ciò<br />
porta a frequenti errori diagnostici e queste<br />
crisi spesso vengono interpretate come<br />
fenomeni di natura psicogena (pseudocrisi) o<br />
mostrano che il sistema nervoso centrale in<br />
epoca neonatale sia più suscettibile allo<br />
sviluppo di crisi epilettiche sintomatiche e,<br />
purtroppo, in tale epoca non esistono<br />
farmaci antiepilettici efficaci e sicuri.<br />
L’unico strumento diagnostico di cui si<br />
dispone è l’esame Videoelettroencefalografico<br />
(EEG), il quale non è<br />
sempre disponibile nelle unità di<br />
Neonatologia e comunque richiede tempi di<br />
esecuzione prolungati e personale<br />
specializzato per la sua interpretazione.<br />
Appare quindi importante riconoscerle subito<br />
avendo ben presenti i principali aspetti<br />
clinico-semiologici delle manifestazioni<br />
parossistiche convulsive in epoca neonatale.<br />
di natura parasonnica. D’altra parte alcune<br />
parasonnie possono esprimersi in modo<br />
violento tanto da essere confuse con crisi<br />
frontali notturne (es Rem Behaviour<br />
Disorder) o presentarsi all’esordio con una<br />
frequenza degli episodi plurinotturna. Gli<br />
errori nella diagnosi differenziale di questi<br />
episodi possono avere importanti ricadute sul<br />
paziente che potrebbe invece beneficiare di<br />
una terapia appropriata. Attualmente non<br />
esistono criteri clinici per la diagnosi di EFN,<br />
neppure nell’ultima versione della ICSD<br />
(ICSD-II) (Tinuper et al. 2007), mentre i criteri<br />
disponibili per molti fenomeni motori<br />
notturni non sono riproducibili (Vignatelli et<br />
al., 2005). Il gold standard per la diagnosi<br />
differenziale nei casi dubbi rimane la video-<br />
91<br />
91
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
92<br />
polisonnografia (VPSG), esame costoso e non<br />
sempre facilmente accessibile. Inoltre è<br />
possibile che durante la registrazione in<br />
condizioni artificiali come quelle del<br />
laboratorio il paziente non presenti gli<br />
episodi abituali oppure presenti<br />
esclusivamente fenomeni minori (es arousal<br />
parossitici) per i quali il giudizio diagnostico<br />
finale non è riproducibile, essendo scarsa la<br />
concordanza interosservatore (Vignatelli et<br />
al., 2007).<br />
Infine il problema della diagnosi differenziale<br />
tra parasonnie e EFN è ulteriormente<br />
O. BRUNI<br />
Insonnia<br />
In età evolutiva, una delle definizione di<br />
insonnia è la presenza per tre o più notti a<br />
settimana, per almeno tre settimane, di uno<br />
dei seguenti sintomi: 1) latenza del sonno di<br />
almeno 45 minuti, 2) risvegli notturni con<br />
almeno 30 minuti per riaddormentarsi, 3)<br />
risvegli precoci. Nella maggior parte dei casi<br />
l’insonnia è l’espressione di un’alterazione<br />
dei processi fisiologici piuttosto che di una<br />
vera e propria patologia. La base<br />
eziopatogenetica è rappresentata dalle<br />
interazioni di variabili fisiologiche, genetiche<br />
e comportamentali, in cui importanza<br />
rilevante hanno i fattori genitoriali<br />
(comportamenti errati dei genitori<br />
all’addormentamento e durante i risvegli,<br />
modalità di alimentazione, cosleeping, ecc.).<br />
L’International Classification of Sleep<br />
Disorders (ICSD-2, 2005), definisce l’insonnia<br />
comportamentale infantile (Behavioral<br />
Insomnia of Childhood) come una difficoltà<br />
ad iniziare e/o mantenere il sonno la cui<br />
eziologia è ascrivibile a comportamenti errati<br />
appresi dal bambino e riconosce due tipi di<br />
insonnia:<br />
Disturbo di inizio del sonno per associazione<br />
si verifica quando l’addormentamento è<br />
impossibile se non in presenza di certi oggetti<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
complicato dalla possibile coesistenza di<br />
questi due fenomeni motori del sonno nello<br />
stesso individuo o nei vari membri. Tra tutte<br />
le parasonnie si è visto che sono quelle<br />
dell’arousal ad essere più frequenti nei<br />
pazienti affetti da EFN e nei loro familiari<br />
rispetto ai soggetti di controllo (Bisulli et al.,<br />
2010). Tale dato suggerisce che le parasonnie<br />
e l’EFN potrebbero essere due condizioni che<br />
sottendono un meccanismo patogenetico<br />
comune rappresentato da un disturbo<br />
dell’arousal.<br />
o circostanze (per es. la presenza di un<br />
genitore, l’uso del biberon). Il disturbo è<br />
molto frequente nei b. al di sotto di 1 anno e<br />
tende a scomparire intorno ai 3-4 anni. I b.<br />
hanno risvegli normali, ma sono incapaci a<br />
riaddormentarsi da soli se non vengono<br />
ripristinate le condizioni iniziali<br />
dell’addormentamento.<br />
Disturbo da inadeguata definizione del limite<br />
si verifica quando vi è una difficoltà da parte<br />
dei genitori nello stabilire e far rispettare<br />
alcune regole per il momento<br />
dell’addormentamento, con conseguente<br />
rifiuto da parte del bambino di andare a letto<br />
a un orario determinato o di rimanerci per<br />
tutta la notte. Il disturbo caratteristico<br />
dell’età pre-scolare. Il sonno è ridotto di<br />
almeno 1-2 ore con 3-5 episodi notturni di<br />
rifiuto, richiamo o uscita dalla stanza. Una<br />
volta iniziato il sonno è normale.<br />
Solo nel 20% dei casi l’insonnia riconosce<br />
cause organiche ed in alcune patologie<br />
l’alterazione del sonno rappresenta, a volte,<br />
uno dei sintomi più evidenti (reflusso<br />
gastroesofageo, otite, allergie, ecc.). La<br />
prevalenza del disturbo varia con l’età: nei<br />
primi due anni è circa 20-30% e dai 3 anni in<br />
poi rimane costante intorno al 15%.<br />
92
a b s t r a c t b o o k<br />
CORSO MEDICI DI BASE<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
MEDICI DI BASE E SPECIALISTI INCONTRANO ESPERTI DEL SONNO SUI PROBLEMI DELLA<br />
MEDICINA DEL SONNO NELLA PRATICA CLINICA QUOTIDIANA<br />
M.C SPAGGIARI<br />
Fisiologia del sonno (con accenno ai disturbi del ritmo e ai problemi di sonnolenza alla guida e<br />
sul lavoro)<br />
La Medicina del Sonno è una disciplina che si<br />
occupa della fisiologia e delle patologie della<br />
vigilanza, nei suoi 2 aspetti di sonno e di<br />
veglia. Il sonno è un processo biologico che<br />
segue un ritmo circadiano endogeno, che<br />
viene regolato dal nucleo soprachiasmatico<br />
dell’ipotalamo (orologio endogeno) il quale<br />
regola anche i ritmi di altre funzioni<br />
biologiche, quali ad es le variazioni circadiane<br />
della temperatura interna e le diverse<br />
secrezioni ormonali, coordinandoli tra loro. In<br />
particolare la temperatura corporea è tra i<br />
diversi ritmi circadiani quella che più sembra<br />
influenzare l’alternanza sonno-veglia: oscilla<br />
infatti nelle 24 ore con un ritmo che prevede<br />
una discesa nelle ore serali e notturne (e<br />
questo favorisce l’inizio del sonno) e una<br />
risalita che inizia nelle prime ore del mattino<br />
(e questo favorisce il successivo risveglio).<br />
Esistono poi fattori esogeni che influenzano il<br />
ritmo sonno-veglia e contribuiscono a<br />
mantenerne la circadianità, primo fra tutti<br />
l’alternanza luce-buio. Risulta da ciò la<br />
tendenza comune a dormire nelle ore<br />
notturne e a restare svegli e attivi lungo la<br />
giornata. Esistono però molti soggetti nei<br />
quali il ritmo endogeno si presenta anticipato<br />
o al contrario ritardato rispetto a quelli che<br />
sono gli orari comunemente accettati per<br />
l’alternanza sonno-veglia (cronotipo<br />
mattutino o serotino): quanto più è<br />
importante questo fenomeno tanto maggiore<br />
sarà il disagio del soggetto nell’adeguarsi agli<br />
orari tradizionali, fino ad arrivare a vere<br />
condizioni patologiche. I cosiddetti disturbi<br />
del ritmo circadiano rappresentano una<br />
buona percentuale delle patologie del sonno<br />
e possono essere sia di origine endogena sia<br />
di origine esogena (come ad esempio la<br />
Sindrome del Turnista). La comparsa del<br />
sonno è influenzata però, oltre che dagli<br />
aspetti circadiani, anche da meccanismi di<br />
regolazione omeostatica per cui maggiore è<br />
la durata della veglia precedente più<br />
importante sarà la propensione al sonno. I<br />
meccanismi omeostatici e circadiani si<br />
integrano e, in condizioni fisiologiche,<br />
contribuiscono insieme a determinare il<br />
normale ritmo sonno-veglia. La durata <strong>media</strong><br />
del sonno fisiologico di un adulto sano è di<br />
circa 7-8 ore. Ma va ricordata l’importante<br />
variabilità interindividuale, per cui esistono<br />
soggetti (i cosiddetti “brevi dormitori”) che<br />
hanno bisogno di meno ore di sonno per<br />
ottenere un buon riposo fisiologico (5 ore o<br />
meno) così come esiste la condizione<br />
speculare di “lungo dormitore” in quei<br />
soggetti che necessitano di un sonno di lunga<br />
durata (almeno 10 ore) per sentirsi riposati<br />
ed efficienti lungo la giornata. Il<br />
riconoscimento dell’ipnotipo (breve, normale<br />
o lungo dormitore) è fondamentale nella<br />
valutazione di un paziente che lamenta<br />
disturbi di vigilanza e consente di evitare<br />
false diagnosi e relative terapie inopportune.<br />
Vengono classicamente distinti due tipi di<br />
sonno (1):il sonno non-REM, costituito a sua<br />
volta da 4 stadi di diversa profondità (stadi 1,<br />
2, 3 e 4) caratterizzati da una<br />
sincronizzazione del tracciato EEG<br />
progressiva che si accompagna ad una<br />
sempre maggiore profondità del sonno (gli<br />
stadi 3 e 4 sono denominati “sonno<br />
profondo”);<br />
il sonno REM, caratterizzato da un tracciato<br />
EEG desincronizzato, molto simile a quello<br />
della veglia, e dalla presenza di atonia<br />
muscolare e di movimenti oculari rapidi<br />
93<br />
93
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
94<br />
(Rapid Eye Movements, da cui l’acronimo)<br />
oltre che di una certa anarchia delle funzioni<br />
vegetative, cardiovascolari e respiratorie. La<br />
comparsa di REM e non-REM nell’arco della<br />
notte non è casuale. In condizioni<br />
fisiologiche, l’adulto sano si addormenta<br />
sempre in sonno non-REM, che si<br />
approfondisce via via in stadi di sempre<br />
maggiore sincronizzazione e che viene<br />
interrotto ogni 90 minuti circa da un episodio<br />
di sonno REM di durata variabile, delineando<br />
così l’organizzazione macrostrutturale in cicli.<br />
Il sonno profondo compare per lo più nella<br />
prima metà del sonno mentre la maggior<br />
parte del sonno REM prevale nella seconda<br />
parte della notte. Il sonno presenta inoltre<br />
un’organizzazione anche di tipo<br />
microstrutturale: esistono periodi di sonno<br />
caratterizzati da fluttuazioni cicliche del<br />
livello di vigilanza, denominate Cyclic<br />
Alternating Pattern (CAP), identificate da<br />
modificazioni EEG e dei parametri vegetativi,<br />
e che si alternano a periodi di sonno più<br />
stabile o non-CAP (2). La percentuale di CAP<br />
rispetto alla durata del sonno (CAP rate) ne<br />
indica la stabilità e quindi l’efficienza: più il<br />
valore del CAP rate aumenta rispetto ai valori<br />
fisiologici peggiore è la qualità del sonno e<br />
più facilmente il soggetto presenterà astenia<br />
o sonnolenza diurne. Il valore del CAP rate è<br />
quindi indice della qualità ristorativa del<br />
sonno. Anche se è ormai ampiamente noto<br />
quanto un sonno di durata ottimale e di<br />
buona qualità sia essenziale per porre le basi<br />
di un buon livello di veglia e di performance<br />
cognitive, l’attenzione dedicata attualmente<br />
al riposo e al diritto al sonno è molto scarsa a<br />
qualunque età. Assai diffusa quindi è la<br />
condizione di cronica deprivazione di sonno,<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
che si può instaurare per motivi molto diversi<br />
(orari di lavoro, attività ludiche e sociali,<br />
disturbi fisici o ambientali, patologie del<br />
sonno intrinseche), che può dipendere sia da<br />
una riduzione quantitativa sia da un<br />
peggioramento qualitativo del sonno, ma<br />
che nei diversi soggetti conduce a<br />
conseguenze molto simili.<br />
Studi recenti dimostrano come una<br />
deprivazione di sonno cronica porti ad una<br />
serie di alterazioni biologiche a carico<br />
soprattutto degli equilibri endocrinometabolici,<br />
con impatto sullo stato di salute<br />
generale (3), ma anche ad una riduzione delle<br />
performance cognitive (soprattutto della<br />
concentrazione, dell’attenzione e della<br />
memoria a breve termine): tali conseguenze<br />
possono avere ricadute di estremo rilievo a<br />
livello di salute pubblica, di sicurezza<br />
stradale (sonnolenza e colpi di sonno alla<br />
guida) e di salute nel mondo del lavoro (basti<br />
pensare alle problematiche connesse al<br />
lavoro a turni o alla difficile questione delle<br />
idoneità per mansioni particolari in caso di<br />
presenza di alterazioni della vigilanza).<br />
Bibliografia<br />
Rechtschaffen A., Kales A. A manual of<br />
standardized terminology, techniques and<br />
scoring system for sleep stages of human<br />
subjects. Los Angeles: BIS/BRI, UCLA, 1968<br />
Terzano MG, Parrino L, Spaggiari MC. The<br />
cyclic alternating pattern sequences in the<br />
dynamic organization of sleep.<br />
Electroencephalogr Clin Neurophysiol. 1988;<br />
69: 437-447.<br />
Van Cauter E. Sleep and the epidemic of<br />
obesity in children and adults. Eur J<br />
Endocrinol. 2008; 159 suppl 1: S59-66.<br />
94
a b s t r a c t b o o k<br />
A. CICOLIN<br />
Insonnie<br />
Con il termine di insonnia si deve intendere la<br />
sensazione puramente soggettiva di un<br />
sonno insufficiente o poco ristoratore,<br />
incapace di recuperare le energie necessarie<br />
per lo svolgimento delle attività diurne.<br />
Sul piano eziopatogenetico di distinguono<br />
insonnie primarie ed insonnie secondarie.<br />
Queste ultime risultano principalmente relate<br />
ad eventi ambientali, condizioni fisiche<br />
(dolore, affezioni mediche) e disturbi mentali<br />
(principalmente disturbi d’ ansia e dell’<br />
umore, ma anche malattie neurologiche).<br />
L’insonnia, globalmente intesa, è il più<br />
frequente fra i disturbi del sonno poiché, se si<br />
considerano anche le forme transitorie,<br />
E. BONANNI<br />
Terapie delle insonnie (farmaci e cbt)<br />
Il trattamento farmacologico va infatti<br />
inserito in un quadro terapeutico più ampio,<br />
nel quale siano sottolineate altresì le<br />
modalità per assicurare una corretta igiene<br />
del sonno oltre al trattamento delle<br />
comorbidità. I farmaci ipnoinducenti (BDZ e<br />
non BDZ) rappresentano la classe di gran<br />
lunga più utilizzata per il trattamento dei<br />
disturbi del sonno. Un ipnotico ideale – oltre<br />
all’efficacia persistente - deve possedere<br />
caratteristiche di buona tollerabilità sia nei<br />
giovani che negli anziani, assenza di<br />
alterazione della performance diurna, nessun<br />
effetto negativo sulla memoria e sulle altre<br />
funzioni cognitive, essere privo di fenomeni<br />
di rimbalzo a seguito della sospensione del<br />
trattamento, e non indurre tolleranza<br />
all’effetto terapeutico, nè dipendenza. I<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
interessa una percentuale superiore al 40%<br />
della popolazione generale, con una<br />
prevalenza nettamente più elevata nelle<br />
fasce di età più avanzata e nel sesso<br />
femminile.<br />
Solo nel 10% dei soggetti però il problema<br />
diviene cronico e necessita di terapia<br />
(farmacologica o comportamentale). I<br />
farmaci attualmente più utilizzati nel<br />
trattamento sintomatico delle insonnie sono i<br />
composti benzodiazepinici e nonbenzodiazepinici,<br />
oppure alcuni<br />
antidepressivi inibitori del reuptake della<br />
serotonina o triciclici.<br />
farmaci ipnoinducenti attualmente<br />
disponibili, se utilizzati in modo corretto,<br />
soddisfano alcune di queste caratteristiche, e<br />
pertanto assicurano una idonea efficacia<br />
associata a buona tollerabilità e sicurezza<br />
d’impiego. Accanto a farmaci ipnoinducenti,<br />
vengono comunemente utilizzati altre classi<br />
di farmaci (antidepressivi, antiistaminici)<br />
mentre nuove tipologie di sostanze (agonisti<br />
dei recettori melatoninergici, antagonisti dei<br />
recettori dell’orexina) sono in corso di<br />
sperimentazione. Possono essere indicate<br />
anche tecniche che mirano ad affrontare<br />
l’insieme dei fattori cognitivi e<br />
comportamentali alla base dell’insonnia<br />
cronica.<br />
95<br />
95
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
96<br />
M. BOSI<br />
Osas e sue terapie<br />
La sindrome delle apnee ostruttive nel sonno<br />
(OSA) ha un’alta prevalenza nella<br />
popolazione generale (4% dei maschi e 2 %<br />
delle femmine nella popolazione adulta ) ed è<br />
gravata da un’alta percentuale di sintomi e<br />
conseguenze: eccessiva sonnolenza diurna ,<br />
deficit neurocognitivi , ridotta qualità di vita ,<br />
incrementato rischio di incidenti<br />
stradali/lavorativi/domestici, incrementata<br />
morbilità cardiovascolare e mortalità<br />
cardiaca (, aumento dei costi sanitari e<br />
sociali.<br />
La patogenesi dell’OSA è multifattoriale :<br />
intervengono infatti fattori generali ( età,<br />
sesso, razza, assetto ormonale ) , fattori<br />
antropometrici ed anatomici-malformativi<br />
delle vie aeree superiori , alterazioni in<br />
sonno dei meccanismi di compenso dei<br />
muscoli delle vie aeree superiori e dei<br />
meccanismi di controllo della ventilazione nel<br />
sonno, alterazioni nella soglia dell’arousal .<br />
Sono state da tempo definite con chiarezza le<br />
configurazioni cliniche che devono accendere<br />
il sospetto di OSA sulla base di segni ( BMI ,<br />
diametro del collo, malformazioni/dimorfismi<br />
facciali ) e sintomi clinici (russamento ,<br />
apnee riferite , eccesso di sonnolenza diurna ,<br />
risvegli notturni in gasping). Parimenti sono<br />
state definite dalla letteratura le condizioni<br />
cliniche che piu’ frequentemente si associano<br />
all’OSA .<br />
Il ventaglio delle possibilità terapeutiche è in<br />
linea generale in grado di fornire una<br />
risposta efficace ad ogni livello di gravità<br />
poligrafica e clinica di OSA , spaziando da<br />
opzioni terapeutiche mediche ( terapia<br />
comportamentale , terapia posizionale<br />
obbligata nel sonno , oral appliance ,<br />
dispositivi a pressione positiva nelle vie aeree<br />
superiori ) a opzioni chirurgiche (chirurgia<br />
delle VAS chirurgia maxillo-facciale , chirurgia<br />
bariatrica , che generalmente trovano<br />
indicazione nel caso di fallimento o rifiuto<br />
delle terapie mediche) .<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
La sindrome delle apnee ostruttive nel sonno<br />
(OSA) ha un’alta prevalenza nella<br />
popolazione generale (4% dei maschi e 2 %<br />
delle femmine nella popolazione adulta ) ed è<br />
gravata da un’alta percentuale di sintomi e<br />
conseguenze: eccessiva sonnolenza diurna ,<br />
deficit neurocognitivi , ridotta qualità di vita ,<br />
incrementato rischio di incidenti<br />
stradali/lavorativi/domestici, incrementata<br />
morbilità cardiovascolare e mortalità<br />
cardiaca (, aumento dei costi sanitari e<br />
sociali.<br />
La patogenesi dell’OSA è multifattoriale :<br />
intervengono infatti fattori generali ( età,<br />
sesso, razza, assetto ormonale ) , fattori<br />
antropometrici ed anatomici-malformativi<br />
delle vie aeree superiori , alterazioni in<br />
sonno dei meccanismi di compenso dei<br />
muscoli delle vie aeree superiori e dei<br />
meccanismi di controllo della ventilazione nel<br />
sonno, alterazioni nella soglia dell’arousal .<br />
Sono state da tempo definite con chiarezza le<br />
configurazioni cliniche che devono accendere<br />
il sospetto di OSA sulla base di segni ( BMI ,<br />
diametro del collo, malformazioni/dimorfismi<br />
facciali ) e sintomi clinici ( russamento ,<br />
apnee riferite , eccesso di sonnolenza diurna ,<br />
risvegli notturni in gasping).Parimenti sono<br />
state definite dalla letteratura le condizioni<br />
cliniche che piu’ frequentemente si associano<br />
all’OSA .<br />
Il ventaglio delle possibilità terapeutiche è in<br />
linea generale in grado di fornire una<br />
risposta efficace ad ogni livello di gravità<br />
poligrafica e clinica di OSA , spaziando da<br />
opzioni terapeutiche mediche ( terapia<br />
comportamentale , terapia posizionale<br />
obbligata nel sonno, oral appliance,<br />
dispositivi a pressione positiva nelle vie aeree<br />
superiori ) a opzioni chirurgiche ( chirurgia<br />
delle VAS chirurgia maxillo-facciale , chirurgia<br />
bariatrica , che generalmente trovano<br />
indicazione nel caso di fallimento o rifiuto<br />
delle terapie mediche).<br />
96
a b s t r a c t b o o k<br />
S. FRASSINETI<br />
Terapia chirurgica di russa mento ed apnee<br />
Le procedure chirurgiche impiegate in ronco<br />
chirurgia sono deputate a: by-passare<br />
l’ostruzione , ridurre le resistenze dei siti<br />
coinvolti, ablare e/o ridurre il tessuto delle<br />
vie aeree ostruite, irrigidire soprattutto il<br />
tessuto oro-ipofaringeo esuberante; inoltre<br />
sospendere con suture o pretensionare i<br />
muscoli interessati.<br />
Tutto ciò con una chirurgia nasale sotto<br />
forma di settoplastica con o senza<br />
turbinoplastica inferiore, quest’ultima anche<br />
in anestesia locale con pinza bipolare o con<br />
tecnica di radiofrequenza (RFVR), e/o<br />
chirurgia dei seni paranasali.<br />
La chirurgia orofaringea propone ablazione o<br />
riduzione volumetrica delle tonsille palatine,<br />
il rimodellamento o irrigidimento del palato<br />
molle con uvulopalatofaringoplastica o<br />
faringoplastica laterale, in anestesia generale<br />
F. PROVINI<br />
Le ipersonnie e loro terapie<br />
L’eccessiva sonnolenza diurna e’ uno dei<br />
disturbi del sonno di maggior riscontro nella<br />
pratica clinica quotidiana, interessando circa<br />
il 20% della popolazione. Le persone affette<br />
da eccessiva sonnolenza diurna presentano<br />
piu’ frequentemente incidenti alla guida e sul<br />
lavoro e, in generale, riferiscono una ridotta<br />
qualita’ di vita rispetto alla popolazione<br />
generale.<br />
Le cause piu’ frequenti di eccessiva<br />
sonnolenza diurna sono: la privazione di<br />
sonno, la sindrome delle apnee ostruttive nel<br />
sonno e l’utilizzo di farmaci che agiscono sul<br />
sistema nervoso centrale (antistaminici,<br />
benzodiazepine a lunga durata d’azione,<br />
antidepressivi sedativi, antipertensivi, alfa2agonisti,<br />
anticonvulsivanti e antipsicotici). Tra<br />
le sostanze d’abuso, l’alcool ha un<br />
importante effetto sedativo come pure la<br />
marijuana.<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
o anche con tecnica conservativa con RFVR in<br />
anestesia locale.<br />
Nel distretto ipofaringeo si interviene con la<br />
sospensione ioidea, trattando così<br />
l’ostruzione causata dalla parete laterale, o<br />
con l’asportazione di tonsille linguali con<br />
tecnica Robotica, oppure ancora di riduzione<br />
volumetrica di queste ultime con RFVR.<br />
Tali tecniche si possono eseguire<br />
singolarmente o contemporaneamente su<br />
più siti (fase I di Stanford), sia in anestesia<br />
locale che generale.<br />
Qualora tale chirurgia di fase I dovesse non<br />
essere risolutiva si può procedere, rimanendo<br />
sempre in campo chirurgico, ad una fase II<br />
(avanzamento bimascellare, o chirurgia<br />
Robotica).<br />
La sonnolenza diurna puo’ essere<br />
secondaria a molte condizioni mediche, come<br />
traumi cranici, ictus, tumori, malattie<br />
infiammatorie, patologie neurodegenerative<br />
o psichiatriche, in particolare la depressione.<br />
Anche altri disturbi del sonno, come la<br />
presenza di apnee ostruttive durante il sonno<br />
e le alterazioni del ritmo circadiano, possono<br />
manifestarsi con una sonnolenza diurna in<br />
primo piano.<br />
L’eccessiva sonnolenza diurna, infine, puo’<br />
essere dovuta ad un’ipersonnia primaria di<br />
origine centrale. La narcolessia e’ la piu’<br />
frequente ipersonnia primaria; interessa lo<br />
0.02%-0.18 % della popolazione e spesso e’<br />
sotto- diagnosticata. Accanto ad attacchi<br />
improvvisi ed irresistibili di sonno REM<br />
durante la veglia, i pazienti narcolettici<br />
possono presentare attacchi cataplettici,<br />
(improvvise e transitorie perdite del tono<br />
97<br />
97
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
98<br />
muscolare scatenate dall’emozione), paralisi<br />
nel sonno e allucinazioni ipnagogiche. Forme<br />
meno comuni di ipersonnia primaria sono:<br />
l’ipersonnia idiopatica, (caratterizzata da<br />
addormentamenti non ristoratori e marcata<br />
inertia al risveglio del mattino), di cui se ne<br />
distinguono due forme, con e senza lungo<br />
periodo di sonno notturno, e l’ipersonnia<br />
ricorrente, di cui la piu’ nota e’ la sindrome di<br />
Kleine- Levin. Questa rara forma di<br />
ipersonnia, che interessa soprattutto i maschi<br />
adolescenti, associa, ad episodi di sonnolenza<br />
della durata di giorni, disturbi<br />
comportamentali quali iperfagia ed<br />
ipersessualita’.<br />
Un’attenta raccolta anamnestica, l’esame<br />
obiettivo neurologico, l’utilizzo di questionari<br />
ed esami laboratoristici consentono di<br />
giungere ad una diagnosi specifica,<br />
R. SILVESTRI<br />
Medicina di genere e accenno ai disturbi del sonno in pediatria<br />
Il genere influenza tanto la prevalenza<br />
quanto le caratteristiche dei disturbi del<br />
sonno. In particolare la costellazione<br />
ormonale della donna ed i vari periodi della<br />
sua vita riproduttiva interagiscono in larga<br />
misura con le alterazioni del sonno. Durante<br />
il ciclo riproduttivo in particolare il<br />
progesterone svolge un ruolo<br />
ansiolitico/sedativo ed accentua il driving<br />
respiratorio in sonno, mentre gli estrogeni<br />
migliorano le capacità cognitive e di vigilanza<br />
e hanno un effetto antidepressivo<br />
modulando il sonno REM. L’insonnia è un<br />
disturbo maggiormente declinato al<br />
femminile con prevalenza di genere così<br />
come per il disturbo dell’umore e l’ansia. La<br />
gravidanza ma anche e soprattutto la<br />
menopausa ne accentuano o precipitano i<br />
sintomi, con o senza le tipiche vampate di<br />
calore. La sindrome delle gambe senza riposo<br />
(RLS) ha una prevalenza almeno doppia nel<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
necessaria per impostare un trattamento<br />
adeguato.<br />
Il trattamento terapeutico sara’ volto alla<br />
cura delle cause dell’eccessiva sonnolenza:<br />
dalla correzione di eventuali abitudini<br />
sbagliate, al trattamento ventilatorio con<br />
CPAP, nel caso di sindrome delle apnee<br />
ostruttive nel sonno.<br />
Il modafinil e’ un farmaco di provata efficacia<br />
per trattare la sonnolenza dei pazienti<br />
narcolettici, ma non dei pazienti affetti da<br />
ipersonnia idiopatica. Il sodio oxibato e’ un<br />
trattamento efficace per la cataplessia e la<br />
marcata frammentazione del sonno notturno<br />
dei pazienti narcolettici. Gli antidepressivi<br />
triciclici, gli SSRI e la venlafaxina sono il<br />
trattamento di scelta per gli attacchi<br />
cataplettici.<br />
sesso femminile con picchi in gravidanza,<br />
specie nel 3° trimestre ed in menopausa. La<br />
familiarità è maggiore nelle donne e l’anemia<br />
sideropenia cha a sua volta si accentua<br />
durante il ciclo ed in gravidanza, nonché le<br />
tireopatie, influenzano negativamente sul<br />
disturbo. Al contrario la sindrome delle<br />
apnee morfeiche ha una netta predominanza<br />
maschile ma può verificarsi nelle donne in età<br />
fertile solo se gravemente obesa o in<br />
gravidanza, specie se complicata da gestosi,<br />
con rischio di outcome fetale negativo,<br />
mentre è di più frequente insorgenza in<br />
menopausa, cessato l’effetto di protezione<br />
ormonale che condiziona, tra l’altro, la<br />
distribuzione del grasso. Non solo la donna<br />
affetta da OSAS è più spesso depressa,<br />
insonne, diabetica e la qualità della vita<br />
risulta più compromessa dalla malattia<br />
malgrado una migliore aderenza alla terapia.<br />
98
a b s t r a c t b o o k<br />
CORSO DI TECNICI DI NEUROFISIOPATOLOGIA<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
G. MILIOLI<br />
Organizzazione macro e microstrutturale del sonno: dalla fisiologia alle applicazioni cliniche<br />
Il sonno è un fenomeno biologico necessario<br />
a tutti gli esseri viventi; l’uomo trascorre circa<br />
un terzo della sua vita dormendo. Il ritmo<br />
sonno-veglia è regolato dall'interazione tra<br />
tre processi: il processo circadiano che<br />
sovrintende alla distribuzione temporale<br />
della veglia e del sonno, con la<br />
determinazione di finestre permissive di<br />
maggior propensione all’uno o all’altro stato;<br />
il processo omeostatico che condiziona<br />
l’intensità del sonno notturno, correlando il<br />
bisogno di dormire alla durata dello stato di<br />
veglia precedente, ed il processo ultradiano<br />
che regola l’alternarsi ciclico nel corso della<br />
notte tra sonno NREM (sonno senza<br />
movimenti oculari rapidi, “Non Rapid Eye<br />
Movement”) e REM (sonno con movimenti<br />
oculari rapidi, “Rapid Eye Movement”).<br />
L’interazione dei tre processi oltre a regolare<br />
il ciclo sonno-veglia fa si che il sonno si<br />
sviluppi seguendo uno schema ordinato e<br />
ripetibile in cui il soggetto passa dalla fase di<br />
veglia quieta a quella di sonno NREM, il quale<br />
dopo essersi progressivamente approfondito<br />
lascia spazio al primo periodo di sonno REM;<br />
NREM e REM si alternano, per 5-6 volte nel<br />
corso della notte, ogni 90 minuti circa.<br />
Nel 2007 l’ American Academy of Sleep<br />
Medicine ha introdotto nuovi criteri di<br />
definizione degli stadi del sonno che pur<br />
mantenendo inalterata la distinzione tra<br />
sonno NREM e REM, già codificata nei<br />
precedenti criteri di Rechtschaffen e Kales del<br />
1968, modificano la struttura interna del<br />
NREM cancellando la suddivisione del sonno<br />
profondo in due stadi (S3+S4). La fusione<br />
degli stadi 3 e 4 in un unico stadio N3<br />
contrasta con lo sviluppo notturno del<br />
processo omeostatico, che vede un rapporto<br />
direttamente proporzionale tra la<br />
propensione al sonno accumulata durante la<br />
veglia e la profondità del sonno, rendendo<br />
così meno evidente la funzione ristoratrice<br />
del sonno profondo e la sua relazione diretta<br />
con le attività di veglia.<br />
Accanto all’organizzazione macro-strutturale,<br />
il sonno mostra anche una sua particolare<br />
impalcatura micro-strutturale, identificata da<br />
Terzano e Coll. e definita Cyclic Alternating<br />
Pattern (CAP). All’interno dei singoli periodi<br />
di sonno, infatti, si verificano delle oscillazioni<br />
cicliche del livello di vigilanza, dell'attività<br />
vegetativa e del tono muscolare che vanno<br />
appunto a costituire il CAP. Questo pattern<br />
alternante ciclico, identificato quindi da<br />
modificazioni del tracciato EEG e dei<br />
parametri vegetativi presenta un'alternanza<br />
di due diverse fasi: la fase A (a sua volta<br />
suddivisibile in tre sotto-fasi: A1, A2 e A3),<br />
che è una fase di attivazione, e la fase B, una<br />
fase di inibizione e ripristino dei precedenti<br />
parametri vegetativi e del tracciato EEG. Tali<br />
fluttuazioni si alternano a periodi di sonno<br />
più stabile definiti come non-CAP. La<br />
composizione o microstruttura del sonno,<br />
con una percentuale più o meno elevata di<br />
periodi CAP (CAP rate), ha una notevole<br />
rilevanza pratica, poiché indica la stabilità, e<br />
quindi l’efficienza e la buona qualità del<br />
sonno nel suo complesso.<br />
Valori alterati di CAP rate sono stati ritrovati<br />
nella maggior parte delle patologie del<br />
sonno, ma anche nel contesto di<br />
numerosissime patologie internistiche, le<br />
quali provocano incisive ripercussioni sia sulla<br />
quantità che sulla qualità del sonno notturno.<br />
La relazione tra CAP e patologia è biunivoca:<br />
se da un lato un determinato disturbo<br />
presenta un impatto più o meno forte sulla<br />
microstruttura del sonno, è anche vero che la<br />
stessa organizzazione del CAP si può rendere<br />
responsabile del plasmarsi di quel disturbo. Il<br />
forte potere attrattivo del CAP nei confronti<br />
di determinate patologie deriva<br />
principalmente dalle caratteristiche di<br />
attivazione della fase A.<br />
99<br />
99
XXii congresso nazionale aims - Parma, 21-24 ottobre 2012<br />
100<br />
P. CORTELLI – G. BARLETTA<br />
Sleep and autonomic nervous system<br />
The autonomic nervous system (ANS),<br />
through its complex central and peripheral<br />
circuits, controls vital involuntary functions of<br />
the body, such as circulation, respiration,<br />
thermoregulation, neuroendocrine secretion,<br />
gastrointestinal and genitourinary functions.<br />
The autonomic nervous system (ANS) and<br />
sleep are closely related along anatomical,<br />
physiological and neurochemical lines. In the<br />
past, it was commonly assumed that<br />
autonomic regulation remained unchanged<br />
across behavioral states; the concept of a<br />
state-dependent regulation of the ANS has<br />
been addressed only recently. A major<br />
confirmation of this link between ANS and<br />
sleep is the demonstration of dynamic and<br />
synchronous fluctuations in sleep phases and<br />
autonomic functions. Sleep and the ANS are,<br />
in fact, interdependent on each other by<br />
virtue of common controls, neurobiological<br />
substrates and functions. It is important, for<br />
example, to emphasize that changes in state<br />
during sleep are coordinated principally by<br />
the pons, basal forebrain areas and other<br />
subcortical structures, and the main<br />
neurotransmitters involved are<br />
a b s t r a c t b o o k<br />
noradrenaline (norepinephrine), serotonin<br />
and acetylcholine. The same neuronal<br />
populations that produce and distribute<br />
these neurotransmitters constitute the<br />
central representation of the sympathetic<br />
and parasympathetic nervous systems. The<br />
central autonomic network (CAN), through its<br />
ascending and descending connections<br />
between the hypothalamic-limbic region and<br />
the nucleus tractus solitarii (NTS) in the<br />
medulla, orchestrates the sympathetic and<br />
parasympathetic divisions of the ANS . Sleeppromoting<br />
neurons, which are scattered in<br />
the vicinity of CAN and its connections<br />
(e.g. preoptic–anterior hypothalamic (POAH)<br />
region and NTS) along with cholinergic ‘REMon’<br />
and catecholaminergic ‘REM-off’ cells in<br />
the ponto– mesencephalic junction and pons,<br />
control non-rapid eye movement (NREM) and<br />
rapid eye movement (REM) sleep cycles.<br />
Sleep induces profound changes in the<br />
functions of the ANS, and disorders of the<br />
ANS adversely affect vital functions during<br />
sleep, including circulation and respiration.<br />
R. DRIGO<br />
I dispositivi di ventilazione a pressione positiva nel trattamento delle apnee notturne<br />
La terapia più im<strong>media</strong>ta ed efficace da<br />
proporre ad un paziente con sindrome delle<br />
apnee nel sonno è la terapia ventilatoria. Tale<br />
terapia nella maggior parte dei casi è<br />
rappresentata dall'utilizzo di un dispositivo<br />
per l'erogazione di una pressione positiva<br />
continua nelle vie aeree (CPAP).<br />
La CPAP trova indicazione nel paziente con<br />
un indice di apnea/ipopnea > 15 , anche se<br />
asintomatico, e nei pazienti con AHI > 5 se<br />
sintomatici.<br />
L'efficacia della CPAP dipende dalla<br />
compliance del paziente e da una corretta<br />
prescrizione della pressione terapeutica. La<br />
pressione terapeutica tradizionalmente nel<br />
mondo anglosassone veniva<br />
identificata cercando di definire<br />
durante polisonnografia assistita il livello<br />
pressorio che permetteva di correggere del<br />
tutto gli eventi respiratori (titolazione della<br />
CPAP). Negli ultimi 10 anni si sono sempre<br />
più affermate strategie di titolazione basate<br />
sull'impiego delle autoCPAP, dispositivi che<br />
attraverso sofisticati algoritmi cercano di<br />
definire automaticamante la pressione<br />
terapeutica. Le modalità di esecuzione della<br />
100
a b s t r a c t b o o k<br />
titolazione assistita tradizionale e dell'utilizzo<br />
della autoCPAP sono oggetto di specifiche<br />
linee guida nazionali e internazionali.<br />
Per quanto nelle linee guida siano descritte in<br />
dettaglio le modalità di titolazione, molti<br />
aspetti di questo processo sono ancora molto<br />
"artigianali".<br />
La relazione si focalizza su due problemi<br />
particolari della titolazione, riguardo ai quali<br />
non esiste un approccio codificato. Il primo<br />
riguarda le problematiche relative alla scelta<br />
“per una medicina del sonno sostenibile”<br />
dell'interfaccia, in particolare la scelta tra una<br />
interfaccia nasale o oronasale. Le perdite<br />
orali e la possibilità che la tipologia della<br />
maschera influenzi la pressione terapeutica<br />
sono argomenti pratici che spesso ci mettono<br />
in difficoltà. Il secondo riguarda il paziente<br />
con plurimorbidità (BPCO, obesità, OSA) in<br />
cui non è chiaro come debba avvenire la<br />
titolazione e quali presidi terapeutici vadano<br />
impiegati.<br />
M. BOSI<br />
Lo scoring degli eventi respiratori in corso di ventilazione meccanica non invasiva<br />
La ventilazione meccanica domiciliare non<br />
invasiva (NIV) trova indicazione nei casi piu’<br />
gravi di insufficienza respiratoria cronica da<br />
malattie del polmone/gabbia toracica<br />
/neuromuscolari ed in casi selezionati di<br />
OSA. Poichè viene generalmente applicata<br />
esclusivamente o quasi esclusivamente nel<br />
sonno è necessario verificare sia la sua<br />
efficacia nella correzione del disturbo<br />
respiratorio sia l’esistenza di una accettabile<br />
condizione di sincronismo pazienteventilatore<br />
. I segnali minimi per eseguire<br />
queste verifiche sono :<br />
-pressione in maschera (trasduttore di<br />
pressione )<br />
-flusso aereo (pneumotacografo)<br />
-sforzo toraco-addominale (sensore<br />
piezoelettrico ma meglio se con RIP )<br />
-segnale pulso-ossimetrico<br />
Con questi segnali è possibile tipizzare gli<br />
eventi in sonno in corso di NIV secondo una<br />
precisa semeiotica poligrafica:<br />
- eventi desaturativi da perdite aeree<br />
- eventi ostruttivi a carico delle vie<br />
aeree superiori<br />
- eventi centrali a glottide aperta , a<br />
glottide chiusa , misti<br />
Con questi stessi segnali è possibile<br />
documentare anche gli asincronismi<br />
paziente-ventilatore , i piu’ frequenti dei<br />
quali sono rappresentati dagli sforzi<br />
inefficaci e dagli asincronismi del trigger<br />
espiratorio (hung up).<br />
Il rilievo di questi eventi , quando<br />
eccessivamente numerosi e/o sintomatici ,<br />
consente una mirata e razionale correzione<br />
del setteggio del ventilatore.<br />
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