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Volevo fare la rockstar - Giampaolo Corradini

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6<br />

Rock di opposizione<br />

L’epopea musicale<br />

di Leopoldo Barbieri Manodori<br />

(consigliere provinciale<br />

di Alleanza Nazionale) e Stefano Tombari<br />

(coordinatore provinciale di Forza Italia)<br />

Adesso suonano musica country, in un gruppo che, a partire<br />

dal nome, è tutto un programma: House of Freedom. Voce<br />

del<strong>la</strong> “Casa delle libertà” in versione musicale è Leopoldo<br />

Barbieri Manodori, che siede tra i banchi di Alleanza Nazionale<br />

nel<strong>la</strong> sa<strong>la</strong> consiliare del<strong>la</strong> Provincia. Al<strong>la</strong> chitarra c’è Stefano Tom-<br />

bari, coordinatore provinciale di Forza Italia. “Quando io e Stefano<br />

abbiamo fondato il gruppo – spiega Leopoldo Barbieri Manodori<br />

– abbiamo deciso di chiamarlo House of Freedom proprio per es-<br />

sere sicuri che non ci avrebbero mai invitati a suonare al<strong>la</strong> Festa<br />

dell’Unità, anche se abbiamo un bassista di nome Red...”. Ma se,<br />

politicamente par<strong>la</strong>ndo, nel centro destra ci sono alcune divisioni<br />

tra gli alleati, sul versante musicale è tutta un’altra cosa: “Stefano<br />

al<strong>la</strong> chitarra è veramente un fenomeno” assicura Barbieri Mano-<br />

dori, anche se il diretto interessato replica in maniera polemica:<br />

“Leopoldo è un ottimo cantante ed un bravo chitarrista – conferma<br />

Tombari – anche se mi obbliga a <strong>fare</strong> del country, mentre io vorrei<br />

<strong>fare</strong> dei pezzi più hard rock, tipo i Red Hot Chili Peppers!”. Guai<br />

a scherzare sul<strong>la</strong> musica: il rock, soprattutto, riesce a scaldare gli<br />

animi peggio di un dibattito sui Dico. Ne sa qualcosa Leopoldo<br />

Leopoldo Barbieri Manodori<br />

oggi, nel<strong>la</strong> foto a destra,<br />

e negli anni ‘70 con <strong>la</strong> band<br />

Il Giardino, nel<strong>la</strong> quale militava<br />

anche Luigi Maramotti, al<strong>la</strong><br />

chitarra nelle due foto qui sotto<br />

Barbieri Manodori, che ha iniziato a calcare i palchi imbracciando <strong>la</strong><br />

chitarra all’alba dei turbolenti anni ’70: “Il mio debutto in assoluto<br />

è avvenuto a Londra nel 1971 – ci racconta – Avevo diciassette<br />

anni e, nel corso di una vacanza studio, ho conosciuto un chitar-<br />

rista di Lugano che mi ha convinto ad esibirmi dal vivo. Il primo<br />

pezzo che cantai di fronte ad un pubblico fu Hey Joe, versione Jimi<br />

Hendrix: una cosa terribile!”. Tornato in Italia, Barbieri Manodori<br />

continua a coltivare <strong>la</strong> sua passione per il soft rock melodico, con<br />

un atteggiamento bipartisan ante litteram: “Amavo i cantautori<br />

italiani: Battisti, Guccini, De Gregori. Erano questi i nomi cui mi<br />

ispiravo nel<strong>la</strong> composizione dei miei primi brani”. Una scelta un<br />

po’ strana per un giovane di destra, specialmente negli anni ’70:<br />

“Ma quale ideologia – si schernisce Barbieri Manodori – quel<strong>la</strong> dei<br />

cantautori di sinistra è una bufa<strong>la</strong>. Nel ’72 mi capitò di intervistare<br />

Guccini per <strong>la</strong> rivista del liceo e mi confessò di votare Repubblicano<br />

da sempre...”. Proprio in quegli anni, il giovane Barbieri Manodori<br />

scopre anche l’ondata folk americana: i suoni acustici di Bob Dy-<br />

<strong>la</strong>n, James Taylor, Jim Croce e Cat Stevens fanno da colonna so-<br />

nora all’educazione musicale del giovane reggiano che, nel 1974,

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