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<strong>FREEDOM</strong> <strong>WRITERS</strong><br />
di Richard LaGravenese<br />
Il film che abbiamo visto<br />
si intitola “Freedom<br />
writers” ed è ispirato<br />
alla vera storia di Ein<br />
Gruwell, un’insegnante<br />
americana che è<br />
riuscita a far capire ai<br />
suoi studenti<br />
l’importanza di avere<br />
un’istruzione. Ma forse<br />
l’insegnamento principale,<br />
al di là di un diploma di<br />
scuola superiore, che<br />
questa docente ha dato a<br />
questi ragazzi, è stato quello di convincerli a superare quelle barriere sociali e<br />
razziali in mezzo a cui erano cresciuti sino a quel momento, nella convinzione che<br />
per loro non ci sarebbe stata alcuna alternativa.<br />
Erin Gruwell è quindi una giovane insegnante che negli anni novanta inizia la sua<br />
prima vera esperienza lavorativa e si presenta al lavoro carica di entusiasmo e<br />
voglia di fare. Si scontrerà però con la dura realtà della scuola, della sua classe<br />
composta da ragazzi di periferia a cui non interessa nulla dello studio. Alcuni sono<br />
costretti dall’assistenza sociale a frequentare la scuola dell’obbligo e vivono<br />
separati in gruppi determinati dal colore della pelle. Pur lavorando duramente, Erin<br />
non sembra riuscire ad ottenere alcun<br />
risultato, fin quando un ennesimo atto<br />
di “bullismo” in classe (un disegno<br />
irriverente che costituisce una<br />
caricatura di un ragazzo di colore)<br />
scatena una discussione tra<br />
l’insegnante e gli studenti ed Erin, con<br />
suo grande stupore, scopre che nessun<br />
studente della sua classe conosceva il<br />
significato della parola “olocausto”.<br />
L’insegnante capisce quindi che se<br />
vuole ottenere qualcosa da loro, deve<br />
modificare il suo metodo di insegnamento e sfruttare strategie a volte poco<br />
compatibili con il normale percorso scolastico. Decisa a proseguire per la sua<br />
strada Erin si troverà a scontrarsi con i suoi colleghi, i suoi superiori e il suo<br />
ambiente familiare. La forza di questa insegnante sta dunque nel lavorare “al di là<br />
degli schemi”, pur di ottenere dei risultati con i suoi studenti. Ogni studente<br />
all’inizio è completamente assorbito dalle dinamiche delle gang, delle rivalità
azziali, ma poi sembrano passare in secondo piano, grazie al lavoro dell’insegnante.<br />
Inizialmente tra i ragazzi prevale l’odio razziale, ma pian piano scoprono il valore<br />
dell’amicizia.<br />
Questo film ci porta dunque a<br />
considerare l’odio e la violenza che<br />
spesso sembrano governare il<br />
nostro mondo, ma ci offre anche<br />
una ragione di speranza perché<br />
cambiare è possibile. La parte più<br />
commovente del film, a nostro<br />
parere, è quella in cui un ragazzo<br />
del secondo anno, all’inizio del<br />
nuovo anno scolastico chiede di<br />
poter leggere un brano che ha scritto sul suo “paper”. Sono parole così belle che ve<br />
le vogliamo ricordare.<br />
“L’estate è stata la peggiore estate della mia breve vita di quattordicenne. E’<br />
cominciato tutto con una telefonata; mia madre piangeva e implorava, continuava a<br />
chiedere tempo, come se stesse aspirando l’ultima boccata d’aria; mi teneva più<br />
stretto che poteva e piangeva. Le sue lacrime mi colpivano come pallottole. Diceva<br />
che ci avevano dato lo sfratto e continuava a chiedermi di perdonarla. “Non abbiamo<br />
una casa- ho pensato- Avrei dovuto chiedere un regalo meno costoso a Natale”. La<br />
mattina dello sfratto mi sono<br />
svegliato che bussavano alla porta:<br />
era lo sceriffo che era venuto a fare<br />
il suo lavoro. Ho alzato lo sguardo al<br />
cielo aspettando che succedesse<br />
qualcosa, mia madre non ha una<br />
famiglia su cui contare, nessuna<br />
entrata economica…<br />
A che serve venire a scuola e<br />
prendere buoni voti se non hai una<br />
casa?<br />
L’autobus si ferma davanti alla scuola, ho addosso i vestiti dello scorso anno, un paio<br />
di scarpe vecchie, non ho i capelli tagliati, penso che mi derideranno. Invece mi<br />
vengono incontro due amici che erano al corso con me e mi salutano.<br />
Allora penso: SONO A CASA. “<br />
Elisabetta Ghiani e Jessica Bergamaschi