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LA DOMUS PUBLICA DI PIETRABBONDANTE

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Dalla venerazione della<br />

natura alle feste primaverili<br />

Attingendo alle suggestioni dell’antichità ricordiamo<br />

la dea Flora citata da Ovidio (Fasti:<br />

V) e le feste denominate Floralia, tenute tra la<br />

fine di aprile e gli inizi di maggio: “itaque iidem<br />

Floralia IIII kal. easdem instituerunt urbis<br />

anno DXVI ex oraculis Sibyllae, ut omnia<br />

bene deflorescerent” (Plinio, Historia Naturalis:<br />

XVIII). La via delle antiche reminiscenze<br />

è densa di tracce, che sopravvivono non tanto<br />

nelle “sopravvivenze”, più o meno consapevoli,<br />

delle tradizioni, ma soprattutto nella considerazione<br />

su di esse. Eppure tale via, nella<br />

sua impossibilità di spiegazione del presente,<br />

ha una grande carica evocativa: “La festosa<br />

costumanza molisana di cantar maggio è assai<br />

antica e trova precedenti celebri nell’era pagana.<br />

Presso gli italici si venerava Flora, dea<br />

dei fiori e della primavera. Sotto la sua egida<br />

era l’agricoltura e il primo maggio le era sacro,<br />

riconoscendosi in una rigogliosa fioritura un<br />

promettente raccolto” (Salvatore Moffa, “Calendimaggio<br />

Molisano”, 1938).<br />

Le pratiche popolari collegate alle feste primaverili<br />

rimanderebbero dunque a forme religiose<br />

preesistenti. Al pari di altre, tali pratiche<br />

divengono oggetto di numerose condanne<br />

lanciate dalla chiesa, nella sua incessante lotta<br />

per l’evangelizzazione del “volgo”. La venerazione<br />

della natura resiste tenacemente e viene<br />

considerata tra le più esecrabili, in quanto<br />

contraria al concetto stesso della creazione<br />

come opera divina: “Alii adorabant solem, alii<br />

lunam vel stellas, alii ignem, alii aquam profundam<br />

vel fontes aquarum, credentes haec omnia<br />

non a deo esse facta ad usum hominum, sed ipsa<br />

ex se orta deos esse” (Martinus Bracarensis [VI<br />

sec. d.C.], “De correctione rustico rum”: 6). Particolari<br />

rituali vengono celebrati nei confronti<br />

di alberi, pietre, acque e, nonostante il cristianesimo,<br />

permane un’ideologia di contrapposizione<br />

alla religione ufficiale, determinata da<br />

situazioni economiche e sociali strettamente<br />

ancorate al mondo naturale come fonte primaria<br />

di sopravvivenza, soprattutto presso<br />

comunità agricole e pastorali. Questi comportamenti<br />

rientrano in una “ecolatria”, intesa<br />

nel senso di un’ideologia non tanto “pagana”<br />

quanto arcaica e radicata presso tutte le culture.<br />

La profonda avversione della chiesa si<br />

manifesterà nel tempo con strategie di sostituzione<br />

delle entità venerate, con la sovrapposizione<br />

e l’adattamento dei propri simboli.<br />

L’appartenenza al cristianesimo non esclude<br />

la persistenza di atteggiamenti precristiani:<br />

“Sotto i Re Longobardi, che pure professavano<br />

la legge Cristiana colla lor nazione, apparisce<br />

Nell’altra pagina:<br />

Acquaviva Collecroce, 30-4-2007:<br />

preparazione del Mája.<br />

In basso:<br />

Acquaviva Collecroce, 1-5-2007:<br />

sosta del Mája in piazza.<br />

che molti del rozzo popolo con pazza credulità<br />

veneravano certi alberi, da lor chiamati<br />

Sanctivi, come se fossero cose sacre. Gran sacrilegio<br />

avrebbero creduto il tagliarli; sembra<br />

ancora che prestassero ad essi qualche segno<br />

di adorazione” (Lodovico Antonio Muratori,<br />

“Dissertazioni sopra le antichità italiane”,<br />

1837: LIX).<br />

I rituali primaverili sembrano essere i per-<br />

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