NESSUNA IMPRESA È UN'ISOLA - Trentino Sviluppo
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BIM della Valle del Chiese <strong>Trentino</strong> <strong>Sviluppo</strong> SpA<br />
Figura 1 - Distretti Industriali (SLL) – ISTAT 2001<br />
✔<br />
SH2001_s.shp<br />
Alimentari<br />
Beni per la casa<br />
Cartotecniche e polig.<br />
Meccanica<br />
Oreficeria, strum. musicali<br />
Pelli, cuoio e calzature<br />
Prodotti in gomma e plast.<br />
Tessile e abbigliamento<br />
Nei decenni scorsi la Valle del Chiese ha vissuto un processo di industrializzazione che in<br />
buona parte si è alimentato di contaminazioni con il sistema distrettuale della fascia pedemontana<br />
lombarda: come avvenuto in tante altre vallate alpine, si è verificato il tipico processo di “risalita a<br />
salmone” del modello di industrializzazione diffusa.<br />
Attualmente, in Valle del Chiese stanno venendo al pettine i problemi strutturali di una<br />
zona che nel recente passato ha visto la crescita di una consistente presenza industriale, fatta di<br />
piccole aziende che lavoravano in conto terzi, e di aziende più grosse (da settanta a centocinquanta<br />
dipendenti) che avevano al di fuori dell’area i loro centri direzionali: anche unità produttive di<br />
aziende multinazionali.<br />
Nel corso degli anni ‘90 si è assistito alla chiusura di importanti realtà industriali. La prima<br />
fu la Nicolini, fabbrica storica di Pieve di Bono, specializzata nella costruzione di bagni di qualità.<br />
Successivamente, nel ’98 chiusero la Rheda e la FBZ di Condino ed il Calzificio di Storo, con circa<br />
duecento lavoratori lasciati a casa. Negli ultimi tempi si è assistito alla chiusura della sede di Storo<br />
della Lowara, industria vicentina affermata nella produzione di pompe idrauliche acquisita dalla<br />
multinazionale americana ITT.<br />
Finora la piccola impresa è riuscita a svolgere il ruolo di “camera di compensazione” rispetto<br />
al processo di crisi industriale, riassorbendo buona parte della manodopera espulsa dalla grande<br />
impresa. Nei tre poli di Storo, Darzo e Condino, con appendici a Pieve di Bono e a Roncone, sono<br />
oggi concentrate decine di piccole imprese, che danno lavoro a migliaia di residenti. Accanto al<br />
tessuto diffuso dell’artigianato sono cresciute imprese locali di maggiori dimensioni che hanno<br />
saputo sviluppare produzioni di alto contenuto tecnologico e qualificati rapporti di subfornitura,<br />
anche all’interno di filiere produttive internazionalizzate.<br />
La realtà locale si chiede oggi cosa accadrà in futuro. Le riflessioni avviate nell’ambito del<br />
Patto Territoriale hanno evidenziato la necessità di un ripensamento sullo sviluppo industriale<br />
della zona, volto a far fronte alle situazioni di debolezza manifestatasi negli ultimi anni. Attraverso<br />
l’elaborazione del patto territoriale il contesto locale cerca di dotarsi di strategie per: