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NUMERO 21 INVERNO 2006 / COPIA GRATUITA ... - Beautiful Freaks

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<strong>Beautiful</strong> Agony<br />

Dalla sedia del dentista al talamo nuziale<br />

L’angolo dove non si risparmiano ingiurie vere, dove non esistono<br />

mezzi termini, dove si appiccicano gomme masticate senza<br />

sapore su ciò che ci ha deluso, che ci fatto sprecare soldi, che<br />

ci lasciato indifferenti o peggio svuotati. L’angolo accartocciato<br />

dove si bacia a lungo e con la lingua, dove si fa all’amore per<br />

strada e si buttano le chiavi della stanza da letto dalla finestra,<br />

dove si spegne il Powerbook, si prende un mese di ferie, si sconnettono<br />

tutti i fili, le luci, i suoni, i neuroni, per permettere che<br />

l’unica connection possibile sia quella tra una X e una Y. L’angolo<br />

dove la passione dello scrittore è mista all’agonia del lettore.<br />

E viceversa. E’ Secretary che incontra Marvin Gaye, Alice in the<br />

Wonderland e il favoloso mondo di Amelie. E’ Yoko Ono in Kill Bill<br />

che incrocia le Giggles e Fate a NY. E’ dove suona la musica dei<br />

Clap your hands say yeah. <strong>Beautiful</strong> Agony è il piacere del dolore<br />

e quel dolore che produce piacere. E’ l’inevitabile e perverso life<br />

game a cui non è possibile sottrarsi. Da una sedia del dentista<br />

che fa vedere le stelle e ingoiare l’amarezza, al talamo nuziale che<br />

mantiene le promesse, legalizza l’amore e libera il dolore...con un<br />

paio di manette.<br />

Life Is A Game, Enjoy The Pain<br />

First Impression of Mars<br />

Il tiramisù: pavesini o savoiardi? Clonazione o non clonazione?<br />

Europa o America? John Lennon o Paul McCartney? Bionda o<br />

mora? Mutevoli e mutanti in tempi poco consoni alla coerenza<br />

delle scelte e delle idee, per i “temi scottanti” niente è cambiato:<br />

no alle mezze misure, o bianco o nero, a favore o contro. Gli<br />

schieramenti sono fatti, più affilate sono le armi e più sicura è la<br />

fortezza della nostra identità: nessuno sarà disposto a cambiare<br />

idea a costo, se serve, di andare a piangere dalla mamma o far<br />

passare accettabile un album dei Genesis. L’Arena è aperta, i<br />

leoni vagano sciolti e il pollice verso è tutto per gli Strokes.<br />

C’è chi questo “nome” lo lascerebbe alle prime quattro lettere<br />

aggiungendo altro alla fine e chi, i più, pur militando con ai piedi le<br />

All Star, le spille di Franz Ferdinand e Arctic Monkeys, non smette<br />

di considerare i cinque buoni a nulla-viziatelli-manipolati prodotti<br />

pubblicitari senz’anima. Non meno contraddittorio, il discorso per<br />

gli irremovibili fans: consapevoli che la perfezione di quello che<br />

era Is This it, 11 tracce tutti potenziali singoli, non potrà essere<br />

riprodotta, spolverano e abbelliscono l’altare dedicato ai 5, pronti<br />

ad immolare il proprio credo e a sbattere in faccia agli infedeli le<br />

“prove” di una storia gloriosa, di quello che fu un inizio fulminante<br />

con una standing ovation a motore automatico incorporato. Se<br />

è vero che i dibattiti ci animano la vita, le relazioni sociali e le ora<br />

di fila fuori dai locali, come la mettiate la situazione non cambia:<br />

ognuno vorrà uscirne con le proprie convinzioni rafforzate. Eppure,<br />

c’è una cosa degli Strokes che mette tutti sullo stesso piano:<br />

quando si annuncia il loro ritorno, al loro arrivo, il mondo, contrario<br />

o a favore, SI PREPARA.

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