Farmaci e genoma - Università degli Studi di Verona
Farmaci e genoma - Università degli Studi di Verona
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2 luglio 2001<br />
INCONTRI GLAXOSMITHKLINE<br />
SOCIETÀ ITALIANA DI GENETICA UMANA<br />
<strong>Farmaci</strong><br />
e <strong>genoma</strong><br />
Promesse e limiti<br />
<strong>di</strong> una scienza nuova
Promesse<br />
e limiti<br />
LL<br />
LL<br />
a seconda tavola rotonda organizzata<br />
dalla Società italiana <strong>di</strong> genetica<br />
umana e da GlaxoSmithKline è<br />
stata de<strong>di</strong>cata alla farmacogenetica, cioè<br />
allo stu<strong>di</strong>o delle variazioni nel DNA e ai<br />
loro riflessi sulla risposta in<strong>di</strong>viduale ai<br />
farmaci. Questo termine viene impropriamente<br />
assimilato alla farmacogenomica,<br />
che, <strong>di</strong> fatto, definisce lo stu<strong>di</strong>o del <strong>genoma</strong><br />
e dei suoi prodotti e i loro rapporti con la<br />
scoperta e lo sviluppo dei farmaci.<br />
La farmacogenetica è <strong>di</strong> solito presentata<br />
come una scienza moderna, una delle derivazioni<br />
più stimolanti e promettenti dell’era<br />
postgenomica. Tuttavia l’idea non è<br />
nuova. Roberto Barale ci ricorda che re<br />
Mitridate è stato il primo sperimentatore<br />
inconscio <strong>di</strong> questa scienza. Infatti, circa<br />
2.000 anni fa il sovrano del Ponto aveva<br />
in<strong>di</strong>viduato nell’autosomministrazione <strong>di</strong><br />
piccole dosi <strong>di</strong> veleno la strategia per<br />
sopravvivere agli attentati alla sua vita. E’<br />
stato scoperto recentemente che questa<br />
pratica, agendo sul recettore SXR, lo attiva<br />
e porta a neutralizzare i veleni.<br />
Negli ultimi 50 anni sono state ottenute<br />
prove del controllo genetico dei farmaci ed<br />
è stata identificata una ventina <strong>di</strong> famiglie<br />
<strong>di</strong> geni coinvolti nel loro metabolismo, nel<br />
loro trasporto e nella loro escrezione.<br />
L’idea basilare della farmacogenetica è<br />
che, se un farmaco è in grado <strong>di</strong> interagire<br />
con una specifica proteina cellulare e la<br />
inattiva, il fenotipo della cellula trattata<br />
con quel farmaco dovrebbe essere simile a<br />
quello <strong>di</strong> una cellula nella quale è stato<br />
inattivato il gene che co<strong>di</strong>fica per quella<br />
proteina. Pertanto il confronto tra il profilo<br />
d’espressione <strong>di</strong> una cellula trattata con<br />
un farmaco e quelli delle cellule contenenti<br />
singoli geni inattivati consente <strong>di</strong> correlare<br />
le mutazioni con specifiche molecole e,<br />
perciò, alcuni bersagli con i farmaci.<br />
Questa tavola rotonda ha <strong>di</strong>battuto tre<br />
aspetti principali: i principi generali che<br />
guidano la terapia farmacologia personalizzata<br />
(Roberto Barale) e che sono potenzialmente<br />
applicabili allo sviluppo dei farmaci<br />
(Giuseppe Recchia e Antonella<br />
Pirazzoli); gli stu<strong>di</strong> preliminari sulla terapia<br />
dell’asma (Pier Franco Pignatti), sull’analisi<br />
della suscettibilità e della resistenza<br />
alle infezioni (Giuseppe Novelli), sulla<br />
risposta alla terapia del <strong>di</strong>abete <strong>di</strong> tipo 2<br />
(Giorgio Sesti) e delle malattie car<strong>di</strong>ovascolari<br />
(Enrico Agabiti Rosei); gli aspetti<br />
etici connessi con questo settore della ricerca<br />
(Antonio G. Spagnolo e Maurizio Mori).<br />
La farmacogenetica, come scienza, contribuisce<br />
a rafforzare un concetto generale<br />
della me<strong>di</strong>cina: esistono malati e non<br />
malattie; superando l’idea fatta propria<br />
dalla me<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> fine novecento, <strong>di</strong> una<br />
terapia basata su protocolli, piuttosto che<br />
su in<strong>di</strong>vidui, riporta alla me<strong>di</strong>cina vista<br />
come arte e non come scienza, in quanto<br />
considera il paziente come in<strong>di</strong>viduo e non<br />
come soggetto depersonalizzato a causa <strong>di</strong><br />
una patologia con<strong>di</strong>visa con altri.<br />
Inoltre, la farmacogenetica, percorre<br />
para<strong>di</strong>gmaticamente uno <strong>degli</strong> obiettivi<br />
della scienza postgenomica, quello <strong>di</strong> deci-<br />
PREMESSA<br />
1
2<br />
frare la complessità biologica, compresa<br />
l’interazione tra i geni e tra geni e ambiente.<br />
Infine, aiuta a razionalizzare l’uso dei<br />
farmaci. Integrandosi con le nuove prospettive<br />
della terapia genica e con l’uso<br />
delle cellule staminali, affronta autorevolmente<br />
l’obiettivo più avanzato della ricerca<br />
genetica, quello <strong>di</strong> superare il tra<strong>di</strong>zionale<br />
controllo delle malattie, basato sulla<br />
<strong>di</strong>agnosi e sulla prevenzione, ottimizzando<br />
le risposte ai farmaci, in termini <strong>di</strong> efficacia<br />
e <strong>di</strong> tollerabilità.<br />
UUUU<br />
Bruno Dallapiccola<br />
Presidente della Società italiana<br />
<strong>di</strong> genetica umana<br />
na delle applicazioni più interessanti<br />
delle scoperte <strong>di</strong> genetica e<br />
genomica riguarda la possibilità<br />
<strong>di</strong> identificare i legami tra la costituzione<br />
genetica <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>viduo e la sua risposta a<br />
farmaci somministrati, sia in termini <strong>di</strong><br />
efficacia sia in termini <strong>di</strong> tossicità. E’ ben<br />
noto infatti che non sempre un farmaco,<br />
anche correttamente prescritto, sortisce<br />
l’effetto desiderato. Per questo motivo le<br />
industrie farmaceutiche devono talvolta<br />
ritirare dal commercio alcuni me<strong>di</strong>cinali<br />
che provocano effetti collaterali in una<br />
minoranza della popolazione, identificabile<br />
solo dopo l’immissione sul mercato. In<br />
questo modo però l’accesso alla terapia<br />
viene negato anche a quanti ne potrebbero<br />
beneficiare.<br />
Quando negli anni cinquanta i ricercatori<br />
cominciarono a pensare che la variabilità<br />
<strong>di</strong> risposta a una molecola potesse avere<br />
basi genetiche, si aprì la strada alla possibilità<br />
<strong>di</strong> correlare la risposta a un certo<br />
farmaco con la costituzione genetica dei<br />
singoli in<strong>di</strong>vidui, con la prospettiva <strong>di</strong><br />
identificare a priori chi può beneficiare <strong>di</strong><br />
una certa terapia e chi no. Figlie <strong>di</strong> questo<br />
pensiero sono la farmacogenetica e la farmacogenomica<br />
che negli ultimi anni<br />
hanno attirato l’attenzione non solo della<br />
comunità scientifica, ma anche dei grossi<br />
gruppi farmaceutici internazionali. Tutte<br />
le multinazionali del farmaco stanno<br />
facendo grossi investimenti in questo<br />
campo, nonostante molti aspetti siano<br />
ancora da chiarire, e non vi siano ancora<br />
applicazioni cliniche <strong>di</strong> questo approccio<br />
alla terapia, come il <strong>di</strong>battito <strong>di</strong> questa<br />
tavola rotonda ha chiaramente in<strong>di</strong>cato.<br />
In realtà le promesse della farmacogenetica<br />
sono così allettanti da far accettare<br />
anche una quota <strong>di</strong> incertezza. Questa<br />
scienza viene abitualmente vista come la<br />
<strong>di</strong>sciplina che potrebbe portare a personalizzare<br />
la terapia, fino al punto <strong>di</strong> prescriverla<br />
solo a chi ne può davvero beneficiare.<br />
In realtà, la farmacogenetica ha altri<br />
potenziali vantaggi. Per esempio potrebbe<br />
dare un forte impulso anche al processo <strong>di</strong><br />
ricerca e sviluppo dei farmaci, che è a tutt’oggi<br />
ancora inefficiente a fronte <strong>di</strong> costi<br />
ingenti. Inserendo valutazioni <strong>di</strong> farmacogenetica<br />
fin dalle prime fasi della sperimentazione<br />
clinica si potrebbero ridurre<br />
tempi e costi dello sviluppo dei farmaci.<br />
La farmacogenetica, poi, potrebbe trovare<br />
applicazione anche nella farmacovigilanza<br />
permettendo <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re gli effetti collaterali<br />
gravi e riducendo i casi <strong>di</strong> ritiro dal<br />
commercio <strong>di</strong> farmaci me<strong>di</strong>amente efficaci<br />
e ben tollerati, ma che generano gravi<br />
effetti su un numero limitato <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui.<br />
La presente tavola rotonda ha esplorato<br />
questo affascinante settore della ricerca<br />
scientifica che, sebbene ancora agli albori,<br />
sta cominciando a dare frutti interessanti.<br />
Gli interventi qui riportati consentono da<br />
un lato <strong>di</strong> apprezzare le promesse <strong>di</strong> questa<br />
nuova linea <strong>di</strong> ricerca e dall’altro <strong>di</strong><br />
esaminarne i limiti e le questioni, sia etiche<br />
sia scientifiche, ancora da esplorare.<br />
L’auspicio è che si possa creare, tra il<br />
mondo industriale, i genetisti, i me<strong>di</strong>ci, i<br />
ricercatori, gli esperti <strong>di</strong> bioetica, le associazioni<br />
<strong>di</strong> pazienti e le autorità regolatorie,<br />
quella collaborazione necessaria per<br />
elaborare, <strong>di</strong> comune accordo, le soluzioni<br />
ai problemi esistenti e portare a un reale<br />
successo della farmacogenetica.<br />
Giuseppe Recchia<br />
Direttore me<strong>di</strong>co GlaxoSmithKline<br />
Antonella Pirazzoli<br />
Responsabile Genetica clinica<br />
GlaxoSmithKline
1<br />
5<br />
17<br />
23<br />
31<br />
37<br />
43<br />
51<br />
59<br />
63<br />
VERONA<br />
30 gennaio 2001<br />
GLAXOSMITHKLINE<br />
PREMESSA<br />
Promesse e limiti<br />
MOLECOLE SU MISURA<br />
Cercare nei geni la risposta ai farmaci<br />
IN PRATICA<br />
Asma<br />
Malattie infettive<br />
Diabete mellito <strong>di</strong> tipo 2<br />
Malattie car<strong>di</strong>ovascolari<br />
NEI LABORATORI<br />
Dal <strong>genoma</strong> alla pastiglia<br />
RISVOLTI ETICI<br />
<strong>Farmaci</strong> e genetica nel bene e nel male<br />
APPENDICE<br />
Dichiarazione <strong>di</strong> Erice sui principi etici<br />
della ricerca farmacogenetica<br />
GLOSSARIO<br />
Enrico Agabiti Rosei<br />
Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina interna,<br />
Dipartimento <strong>di</strong> scienze me<strong>di</strong>che<br />
e chirurgiche,<br />
<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Brescia<br />
Franco Ajmar<br />
Direttore della Scuola<br />
<strong>di</strong> specializzazione in genetica<br />
me<strong>di</strong>ca, Dipartimento<br />
<strong>di</strong> scienze neurologiche<br />
e della visione,<br />
<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Genova<br />
Roberto Barale<br />
Direttore del Dipartimento <strong>di</strong> scienze<br />
dell’uomo e dell’ambiente,<br />
<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Pisa<br />
Giampietro Chiamenti<br />
Direttore del Centro stu<strong>di</strong><br />
Federazione italiana me<strong>di</strong>ci pe<strong>di</strong>atri,<br />
San Martino Buon Albergo (VR)<br />
Bruno Dallapiccola<br />
Presidente della Società italiana<br />
<strong>di</strong> genetica umana, Cattedra <strong>di</strong><br />
genetica umana, Dipartimento <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina<br />
sperimentale e patologia, <strong>Università</strong><br />
<strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> La Sapienza<br />
e Istituto CSS-Mendel, Roma<br />
Maurizio Mori<br />
Consulta <strong>di</strong> bioetica, Milano<br />
Giuseppe Novelli<br />
Cattedra <strong>di</strong> genetica umana,<br />
Dipartimento <strong>di</strong> biopatologia<br />
e <strong>di</strong>agnostica per immagini,<br />
<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Roma Tor Vergata<br />
Pier Franco Pignatti<br />
Direttore della Scuola<br />
<strong>di</strong> specializzazione in genetica<br />
me<strong>di</strong>ca, Dipartimento materno-infantile<br />
e <strong>di</strong> biologia-genetica,<br />
<strong>Università</strong> <strong>di</strong> <strong>Verona</strong><br />
Antonella Pirazzoli<br />
Responsabile Genetica clinica,<br />
GlaxoSmithKline, <strong>Verona</strong><br />
Giuseppe Recchia<br />
Direttore me<strong>di</strong>co,<br />
GlaxoSmithKline, <strong>Verona</strong><br />
Franco Rengo<br />
Direttore del Dipartimento <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina<br />
interna e geriatria<br />
Nuovo Policlinico, Napoli<br />
Gabriella Salvini Porro<br />
Presidente della Federazione Alzheimer<br />
Italia, Milano<br />
Giorgio Sesti<br />
Cattedra <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina interna, <strong>Università</strong><br />
<strong>di</strong> Catanzaro Magna Graecia<br />
Antonio G. Spagnolo<br />
Direttore dell’Istituto <strong>di</strong> bioetica,<br />
<strong>Università</strong> cattolica del Sacro Cuore,<br />
Roma<br />
SOMMARIO<br />
3
4<br />
Un’iniziativa del Programma <strong>di</strong> comunicazione e formazione sulla genetica a cura<br />
<strong>di</strong> GlaxoSmithKline e della Società italiana <strong>di</strong> genetica umana (SIGU)<br />
Organizzazione e coor<strong>di</strong>namento dell’iniziativa<br />
Antonella Pirazzoli<br />
Responsabile Genetica clinica, GlaxoSmithKline, <strong>Verona</strong><br />
Comitato scientifico<br />
Enrico Agabiti Rosei<br />
Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina interna, Dipartimento <strong>di</strong> scienze me<strong>di</strong>che e chirurgiche,<br />
<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Brescia<br />
Franco Ajmar<br />
Direttore della Scuola <strong>di</strong> specializzazione in genetica me<strong>di</strong>ca<br />
Dipartimento <strong>di</strong> scienze neurologiche e della visione, <strong>Università</strong> <strong>di</strong> Genova<br />
Pietro Armani<br />
Segretario nazionale della Lega italiana fibrosi cistica,<br />
Azienda ospedaliera Borgo Trento, <strong>Verona</strong><br />
Giampietro Chiamenti<br />
Direttore del Centro stu<strong>di</strong> Federazione italiana me<strong>di</strong>ci pe<strong>di</strong>atri<br />
San Martino Buon Albergo (VR)<br />
Clau<strong>di</strong>o Cricelli<br />
Presidente della Società italiana <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina generale, Firenze<br />
Bruno Dallapiccola<br />
Presidente della Società italiana <strong>di</strong> genetica umana<br />
Cattedra <strong>di</strong> genetica me<strong>di</strong>ca, Dipartimento <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina sperimentale e patologia,<br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> La Sapienza e Istituto CSS-Mendel, Roma<br />
Maurizio Mori<br />
Consulta <strong>di</strong> bioetica, Milano<br />
Giuseppe Novelli<br />
Cattedra <strong>di</strong> genetica umana, Dipartimento <strong>di</strong> biopatologia e <strong>di</strong>agnostica per immagini<br />
<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Roma Tor Vergata<br />
Pier Franco Pignatti<br />
Direttore della Scuola <strong>di</strong> specializzazione in genetica me<strong>di</strong>ca<br />
Dipartimento materno-infantile e <strong>di</strong> biologia-genetica<br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Verona</strong><br />
Franco Rengo<br />
Direttore del Dipartimento <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina interna e geriatria, Nuovo Policlinico, Napoli<br />
Gabriella Salvini Porro<br />
Presidente della Federazione Alzheimer Italia, Milano<br />
Antonio G. Spagnolo<br />
Direttore dell’Istituto <strong>di</strong> bioetica, <strong>Università</strong> cattolica del Sacro Cuore, Roma<br />
Stesura e coor<strong>di</strong>namento testi<br />
Valeria Brancolini<br />
Redazione<br />
Occam srl, Via Calzecchi, 10 - 20131 Milano<br />
Grafica e contributi foto-iconografici<br />
Giuseppe Festino (ritratti), Clau<strong>di</strong>o Uracchi<br />
Fotolito<br />
Areaimmagine snc, Milano<br />
Stampa<br />
Arti grafiche Passoni srl, Milano<br />
Tiratura<br />
10.000 copie
Cercare nei geni<br />
la risposta ai farmaci<br />
E’ nel DNA il segreto <strong>di</strong> una terapia<br />
farmacologica personalizzata<br />
L<br />
a terapia farmacologica presenta<br />
due problemi fondamentali:<br />
il primo è che i farmaci<br />
non hanno sempre l’effetto<br />
auspicato in tutti i pazienti (si ha<br />
la risposta attesa solo nel 50 per<br />
cento dei casi, 1); il secondo è che<br />
spesso i farmaci possono avere<br />
effetti collaterali <strong>di</strong> varia intensità,<br />
fino a esiti fatali.<br />
Reazioni<br />
in<strong>di</strong>viduali<br />
Per esempio, è noto che alcuni<br />
soggetti sono molto sensibili al 5fluorouracile,<br />
come alla 6-tioguanina<br />
o mercaptopurina, analoghi<br />
delle basi azotate (elementi fondamentali<br />
della struttura del<br />
DNA) usati nella terapia antitumorale.<br />
Per i soggetti sensibili<br />
(circa una persona su 200-300<br />
per la 6-tioguanina) la dose standard<br />
<strong>di</strong> farmaco può essere ad<strong>di</strong>rittura<br />
letale, tanto che, una volta<br />
in<strong>di</strong>viduate queste persone, nei<br />
cicli <strong>di</strong> terapia successivi, viene<br />
loro somministrato un dosaggio<br />
pari a circa 1/15 –1/20 <strong>di</strong> quello<br />
utilizzato normalmente.<br />
A questo proposito le statistiche<br />
statunitensi pongono gli effetti<br />
collaterali provocati dai farmaci<br />
tra la quarta e la sesta causa <strong>di</strong><br />
morte nella popolazione generale,<br />
Principi da ritenere<br />
■ la risposta alle terapie farmacologiche<br />
è me<strong>di</strong>ata anche dal patrimonio<br />
genetico<br />
■ la ricerca si sta concentrando<br />
sulle <strong>di</strong>fferenze genetiche che influenzano<br />
la risposta ai farmaci<br />
■ l’obiettivo finale è pre<strong>di</strong>re l’efficacia<br />
e la tollerabilità <strong>di</strong> un certo farmaco<br />
in un singolo in<strong>di</strong>viduo<br />
prima <strong>di</strong> polmonite e <strong>di</strong>abete (2).<br />
Un dato che, anche se probabilmente<br />
amplificato dal fatto che in<br />
quel paese l’autome<strong>di</strong>cazione è un<br />
comportamento piuttosto comune,<br />
resta comunque impressionante.<br />
Uno stu<strong>di</strong>o recente in<strong>di</strong>ca inoltre<br />
che ogni anno, negli Stati Uniti,<br />
circa 2 milioni <strong>di</strong> persone vengono<br />
ricoverate a causa <strong>degli</strong> effetti collaterali<br />
dei farmaci e <strong>di</strong> queste<br />
circa 100 mila muoiono (3).<br />
A queste osservazioni si aggiunga<br />
il fatto che non sempre la terapia<br />
dà la risposta desiderata, come<br />
<strong>di</strong>mostra il grafico della figura 1 a<br />
pagina 6. Se, per esempio, si con-<br />
MOLECOLE<br />
SU MISURA<br />
Roberto Barale<br />
Direttore del Dipartimento<br />
<strong>di</strong> scienze dell’uomo<br />
e dell’ambiente,<br />
<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Pisa<br />
5
6<br />
trattamento<br />
dell’ipertensione<br />
e delle malattie<br />
car<strong>di</strong>ovascolari ◆<br />
antidepressivi ▲<br />
farmaci per ridurre<br />
il colesterolo<br />
farmaci antivirali e anticancro<br />
trattamento della carenza<br />
<strong>di</strong> testosterone<br />
farmaci contro la cefalea<br />
farmaci anticancro<br />
antibiotici e antifungini<br />
0 100<br />
percentuale <strong>di</strong> persone con una scarsa risposta<br />
figura 1<br />
Come <strong>di</strong>mostrato dalla rappresentazione grafica i farmaci possono essere inefficaci in larghe fasce della popolazione.<br />
In giallo è in<strong>di</strong>cata la percentuale me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> soggetti che rispondono poco alla terapia per <strong>di</strong>verse categorie <strong>di</strong> farmaci,<br />
in blu lo spettro <strong>di</strong> variazione <strong>di</strong> tale percentuale nelle popolazioni testate<br />
tratta da (4)<br />
siderano i farmaci antivirali e<br />
antitumorali, si può osservare che<br />
la percentuale <strong>di</strong> soggetti che non<br />
rispondono alla terapia arriva fino<br />
al 25 per cento (4).<br />
Nei geni la chiave<br />
della <strong>di</strong>versità<br />
Dal grafico emerge anche la grande<br />
variabilità dei risultati, dovuta al<br />
fatto che le ricerche sono state condotte<br />
su popolazioni <strong>di</strong>verse. A<br />
questo proposito, la genetica <strong>di</strong><br />
popolazioni <strong>di</strong>mostra infatti che le<br />
varie etnie, oltre a presentare una<br />
grande eterogeneità al loro interno,<br />
possono essere molto <strong>di</strong>verse le une<br />
me<strong>di</strong>a<br />
variazione<br />
nei <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong><br />
◆ betabloccanti<br />
◆ ACE inibitori<br />
◆ inibitori dell’angiotesina 2<br />
▲ SSRIs<br />
▲ triciclici<br />
dalle altre (5) (ve<strong>di</strong> il box «Dall’in<strong>di</strong>viduo<br />
alla popolazione» a<br />
pagina 14).<br />
Per capire meglio i motivi <strong>di</strong> questa<br />
situazione, si ricor<strong>di</strong> che ogni<br />
organismo umano ha 23 coppie <strong>di</strong><br />
cromosomi e che un elemento<br />
della coppia viene ere<strong>di</strong>tato dal<br />
padre e l’altro dalla madre. Su<br />
ogni cromosoma ci sono geni<br />
<strong>di</strong>versi, ognuno dei quali svolge<br />
una funzione specifica; se si suppone<br />
<strong>di</strong> prendere in considerazione<br />
un ipotetico gene A, ogni in<strong>di</strong>viduo<br />
ne possiede quin<strong>di</strong> due<br />
copie (alleli), una per ogni cromosoma<br />
della coppia su cui si trova il<br />
gene (per ogni gene ci possono
essere più <strong>di</strong> due varianti alleliche).<br />
Se le due copie o alleli sono<br />
identici, allora l’in<strong>di</strong>viduo è omozigote<br />
per il gene A; se le due<br />
copie sono <strong>di</strong>verse, allora è eterozigote<br />
e la funzione <strong>di</strong> uno dei due<br />
alleli può essere anche completamente<br />
<strong>di</strong>versa da quella dell’altro.<br />
Quando le varianti genetiche o<br />
alleli sono presenti in una popolazione<br />
con una frequenza che varia<br />
dall’1 al 5 per cento, allora si parla<br />
<strong>di</strong> polimorfismo e si <strong>di</strong>ce che il<br />
gene in questione è polimorfico.<br />
In particolare, se un allele è presente<br />
con una frequenza dell’1 per<br />
cento, ci si attende un in<strong>di</strong>viduo<br />
omozigote per quell’allele con una<br />
probabilità <strong>di</strong> 1 su 10.000.<br />
Da un punto <strong>di</strong> vista più generale,<br />
questo significa che, poiché si<br />
stima che nel <strong>genoma</strong> ci siano dai<br />
30 ai 40 mila geni (ve<strong>di</strong> il box «Il<br />
libro della vita svelato» a pagina<br />
10), per la legge del caso, ogni<br />
volta che nasce un in<strong>di</strong>viduo c’è<br />
una combinazione <strong>di</strong>versa <strong>di</strong> alleli<br />
e la probabilità che nascano due<br />
soggetti uguali è estremamente<br />
bassa. Ne risulta che, in tutta la<br />
storia dell’umanità, è quasi<br />
impossibile che ci siano stati due<br />
soggetti geneticamente identici e<br />
quin<strong>di</strong> non deve stupire che ognuno<br />
possa reagire in modo <strong>di</strong>verso<br />
a qualsiasi stimolo esterno, farmaci<br />
compresi.<br />
L’unica eccezione a questa osservazione<br />
è rappresentata dai gemelli<br />
monozigoti che, proprio per<br />
la loro identità genetica, sono<br />
stati oggetto <strong>di</strong> molti stu<strong>di</strong> per<br />
comprendere l’ere<strong>di</strong>tarietà <strong>di</strong> alcuni<br />
caratteri, compresa la reazione<br />
ai farmaci (ve<strong>di</strong> il box «<strong>Stu<strong>di</strong></strong><br />
sui gemelli» a pagina 12).<br />
Nel profilo genetico<br />
la risposta<br />
Ma quale può essere la base genetica<br />
della risposta a un farmaco in<br />
termini <strong>di</strong> efficacia terapeutica e<br />
<strong>di</strong> tossicità?<br />
Per rispondere a questa domanda<br />
può essere <strong>di</strong> aiuto ricordare che<br />
un farmaco, quando entra nell’organismo,<br />
si <strong>di</strong>stribuisce al suo<br />
interno e a questo punto può essere<br />
metabolizzato, attivato, coniugato<br />
(cioè legato ad altre molecole)<br />
e infine escreto.<br />
Si supponga, per esempio, che un<br />
certo farmaco, per avere effetto,<br />
abbia bisogno <strong>di</strong> essere metabolizzato<br />
e poi trasportato, tramite<br />
un recettore, all’interno della cellula.<br />
Si supponga inoltre che,<br />
semplificando un processo molto<br />
Il segreto<br />
<strong>di</strong> re<br />
Mitridate<br />
Nelle considerazioni riguardanti<br />
i fattori che influenzano<br />
la risposta ai farmaci non bisogna<br />
<strong>di</strong>menticare le possibili interazioni<br />
tra molecole <strong>di</strong>verse. In questo<br />
senso è relativamente recente<br />
la scoperta che l’iperforina, il principio<br />
attivo responsabile dell’azione<br />
antidepressiva dell’Hypericum<br />
perforatum, riduce l’efficacia <strong>di</strong><br />
alcuni farmaci, come la warfarina<br />
e la teofillina, attivando un recettore<br />
che agisce sul citocromo<br />
CYP3A, un enzima coinvolto nel<br />
metabolismo dei farmaci (6). Lo<br />
spunto della ricerca che ha portato<br />
a questa conclusione è stato proprio<br />
l’osservazione <strong>di</strong> alcuni soggetti<br />
in cui l’assunzione <strong>di</strong> iperico<br />
causava la mancata efficacia <strong>di</strong><br />
terapie farmacologiche in corso.<br />
Alla GlaxoSmithKline, in Nord Carolina,<br />
hanno subito pensato che<br />
l’erba me<strong>di</strong>cinale potesse agire in<br />
qualche modo sull’enzima CYP3A,<br />
accelerando così il metabolismo e<br />
MOLECOLE<br />
SU MISURA<br />
l’eliminazione <strong>di</strong> altri farmaci. La<br />
questione era capire in che modo<br />
questo avvenisse e la risposta è<br />
arrivata da un esperimento condotto<br />
nei topi.<br />
Quest’ultimo ha infatti <strong>di</strong>mostrato<br />
che l’iperforina, uno dei principi<br />
attivi dell’iperico, attiva il recettore<br />
Pregnane X Receptor o PXR, che a<br />
sua volta attiva l’enzima CYP3A.<br />
Il recettore PXR, il cui omologo nell’uomo<br />
è SXR, sarebbe l’elemento,<br />
o almeno uno <strong>degli</strong> elementi,<br />
attraverso cui il fegato esplica la<br />
sua azione detossificante e neutralizzante<br />
nei confronti delle sostanze<br />
tossiche in generale.<br />
Una conclusione questa che svela<br />
un mistero durato oltre 2.000<br />
anni, quello dell’invulnerabilià <strong>di</strong><br />
Re Mitridate.<br />
Il mitico sovrano del Ponto, infatti,<br />
temendo <strong>di</strong> essere avvelenato dai<br />
suoi nemici, aveva escogitato un<br />
metodo che lo fece vivere a lungo<br />
nonostante gli innumerevoli attentati<br />
alla sua vita: si autosomministrava<br />
piccole dosi <strong>di</strong> veleno, che lo<br />
rendevano immune probabilmente<br />
proprio agendo sul recettore SXR,<br />
che una volta attivato metabolizzava<br />
anche qualsiasi altro veleno.<br />
7
8<br />
<strong>Farmaci</strong> e geni:<br />
una storia<br />
lunga 50 anni<br />
La farmacogenetica nasce intorno<br />
agli anni cinquanta quando<br />
i ricercatori cominciarono a pensare<br />
che anche la risposta ai farmaci<br />
potesse essere regolata, almeno in<br />
parte, dai geni e che la variabilità<br />
<strong>di</strong> reazione a un certo principio attivo<br />
da parte <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong>versi non<br />
fosse altro che il riflesso delle <strong>di</strong>fferenze<br />
genetiche.<br />
In particolare, sulla scia <strong>di</strong> questa<br />
ipotesi, gli stu<strong>di</strong>osi si sono posti<br />
come obiettivo quello <strong>di</strong> identificare<br />
i geni che fossero coinvolti nel<br />
metabolismo dei farmaci, nel loro<br />
trasporto all’interno dell’organismo<br />
e nella loro escrezione.<br />
più complesso, metabolismo e trasporto<br />
siano controllati solo da<br />
due geni <strong>di</strong>versi che possono essere<br />
polimorfici.<br />
In questo caso la variabilità <strong>di</strong><br />
risposta sarà determinata dalle<br />
<strong>di</strong>verse interazioni delle varianti<br />
<strong>di</strong> questi due geni, come rappresentato<br />
schematicamente nella<br />
figura 2 a pagina 9. Nella prima<br />
colonna si osserva l’effetto che il<br />
patrimonio genetico del soggetto<br />
ha nel determinare il metabolismo<br />
del farmaco e <strong>di</strong> conseguenza<br />
la sua concentrazione nel plasma,<br />
supponendo che per semplicità<br />
questa sia controllata da un unico<br />
gene polimorfico. Si avranno così<br />
in<strong>di</strong>vidui con entrambi gli alleli<br />
normali (in<strong>di</strong>cati come wt/wt =<br />
wild type, selvatico) che metabolizzano<br />
rapidamente e che hanno<br />
una concentrazione me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> farmaco<br />
nel sangue piuttosto bassa;<br />
in<strong>di</strong>vidui che hanno un allele<br />
mutato e sono quin<strong>di</strong> eterozigoti<br />
Da allora sono state in<strong>di</strong>viduate<br />
circa 20 famiglie <strong>di</strong> geni <strong>di</strong> questo<br />
tipo, che sono coinvolti nel metabolismo<br />
dei farmaci a tutt’oggi conosciuti.<br />
Gli sviluppi tecnologici della genetica<br />
e la lettura dell’intera sequenza<br />
del <strong>genoma</strong> umano hanno messo i<br />
ricercatori nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> fare<br />
un ulteriore passo avanti, cercando<br />
non più solo le interazioni tra singoli<br />
geni (con i loro polimorfismi) e<br />
farmaci, ma tra le molecole e l’intero<br />
patrimonio genetico umano,<br />
con le sue variazioni <strong>di</strong> sequenza e<br />
<strong>di</strong> struttura. In questo modo non è<br />
più necessario conoscere la funzione<br />
<strong>di</strong> un gene per potergli attribuire<br />
un ruolo, ma questo viene scoperto<br />
attraverso gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> correlazione<br />
tra il profilo genetico <strong>degli</strong><br />
in<strong>di</strong>vidui trattati e le loro risposte ai<br />
farmaci.<br />
(wt/m), che metabolizzano più<br />
lentamente e hanno una concentrazione<br />
plasmatica <strong>di</strong> farmaco<br />
più alta e infine in<strong>di</strong>vidui che<br />
hanno entrambi gli alleli mutati<br />
(m/m) e che hanno concentrazioni<br />
elevate <strong>di</strong> farmaco nel plasma.<br />
Si consideri, poi, il gene polimorfico<br />
che controlla il recettore del<br />
farmaco (seconda colonna della<br />
figura 2): possono esserci in<strong>di</strong>vidui<br />
omozigoti per il gene normale,<br />
che trasportano il farmaco nella<br />
cellula in modo efficace e con<br />
rapi<strong>di</strong>tà; in<strong>di</strong>vidui eterozigoti che<br />
hanno una capacità interme<strong>di</strong>a <strong>di</strong><br />
trasportare il farmaco nella cellula<br />
e soggetti omozigoti per la<br />
mutazione che non hanno il recettore<br />
o ne hanno uno <strong>di</strong>fettoso.<br />
L’efficacia terapeutica del farmaco<br />
<strong>di</strong>penderà quin<strong>di</strong> dall’interazione<br />
tra i due geni polimorfici.<br />
Dalla figura 2 si osserva che, per<br />
esempio, in una persona che<br />
metabolizza velocemente, anche<br />
se possiede i recettori funzionanti<br />
in modo ottimale (wt/wt), l’efficacia<br />
terapeutica sarà del 75 per<br />
cento. Se invece l’attività del<br />
recettore è in qualche modo minore,<br />
perché l’in<strong>di</strong>viduo è eterozigote<br />
per il recettore (wt/m), allora<br />
l’efficacia del farmaco sarà interme<strong>di</strong>a<br />
perché ne entra meno nella<br />
cellula. Infine, se il soggetto è omozigote<br />
per la mutazione nel recettore<br />
(m/m), l’efficacia del farmaco<br />
sarà pressoché inesistente.<br />
Se si considera come secondo<br />
parametro anche la tossicità del<br />
farmaco, quest’ultima <strong>di</strong>pende, in<br />
modo lineare, dalla concentrazione<br />
del principio attivo nel plasma.<br />
Nel caso dell’in<strong>di</strong>viduo che metabolizza<br />
normalmente, ma che ha<br />
recettori non perfettamente funzionanti,<br />
l’efficacia della molecola<br />
è bassa, ma la sua concentrazione<br />
nel plasma è in ogni caso più<br />
bassa <strong>di</strong> quella necessaria per produrre<br />
una reazione tossica.
Diversa è la situazione per gli altri<br />
profili genetici; nel caso interme<strong>di</strong>o<br />
(seconda riga della figura),<br />
essendoci più farmaco nel plasma<br />
per più tempo, l’effetto terapeutico<br />
aumenta (85 per cento), ma si<br />
sfiora l’effetto tossico (minore del<br />
10 per cento).<br />
Infine per l’in<strong>di</strong>viduo che non<br />
metabolizza il farmaco (terza riga<br />
della figura), la situazione preci-<br />
concentrazione del farmaco<br />
24 ore<br />
effetto %<br />
24 ore<br />
0 0<br />
24 ore<br />
0 0<br />
tempo concentrazione del farmaco<br />
pita, perché si hanno concentrazioni<br />
altissime <strong>di</strong> farmaco per<br />
molto tempo con il massimo della<br />
tossicità (maggiore dell’80 per<br />
cento), pur essendo questa situazione<br />
associata alla massima attività<br />
terapeutica (95 per cento).<br />
Coloro che poi hanno i recettori<br />
che non funzionano subiscono<br />
solo gli effetti tossici (7).<br />
Se fosse possibile conoscere la fre-<br />
figura 2<br />
In<strong>di</strong>cazione schematica del complesso meccanismo <strong>di</strong> azione dei geni che controllano il metabolismo dei farmaci.<br />
Come si può vedere, l’eterogeneità <strong>di</strong> risposta ai farmaci è la risultante <strong>di</strong> due componenti: il polimorfismo dei geni che controllano<br />
l’esposizione al farmaco e quello dei geni che ne regolano invece la sensibilità. Si veda il testo per la spiegazione del meccanismo<br />
=efficacia; =tossicità; wt (wild type) =allele normale; m=allele mutato<br />
tratta da (6)<br />
polimorfismo genetico<br />
dell’esposizione al farmaco<br />
genotipi associati<br />
al metabolismo del farmaco<br />
100<br />
0<br />
wt/wt<br />
polimorfismo genetico<br />
+ della sensibilità al farmaco =<br />
genotipi associati<br />
al recettore del farmaco<br />
100<br />
100 wt/m<br />
100<br />
100 m/m<br />
100<br />
0<br />
100<br />
100<br />
100<br />
eterogeneità <strong>di</strong> risposta<br />
al farmaco<br />
MOLECOLE<br />
SU MISURA<br />
effetto terapeutico tossicità<br />
% %<br />
wt/wt 75 1<br />
wt/m 35 1<br />
m/m 10 1<br />
wt/wt 85 80<br />
9
Il libro<br />
della vita<br />
svelato<br />
In una serie <strong>di</strong> conferenze stampa<br />
organizzate a Parigi, Londra,<br />
Tokyo, e Washington il 12 febbraio<br />
dell’anno 2001, i ricercatori<br />
dell’International Human Genome<br />
Sequencing Consortium e quelli<br />
della società privata Celera<br />
Genomics hanno annunciato ufficialmente<br />
il completamento della<br />
lettura del <strong>genoma</strong> umano e presentato<br />
i primi risultati e le prime<br />
scoperte. Contemporanea la pubblicazione<br />
dei dati sulle due riviste più<br />
prestigiose del circuito scientifico,<br />
Science e Nature (8, 9).<br />
In realtà la notizia della conclusione<br />
<strong>di</strong> questo ambizioso progetto<br />
era stata già comunicata a giugno<br />
dell’anno 2000. Solo ora però i due<br />
gruppi <strong>di</strong> ricerca che si sono contrapposti<br />
nell’ultimo anno per la<br />
corsa alla conclusione del progetto<br />
– l’uno guidato da Francis Collins e<br />
l’altro da Craig Venter –, hanno<br />
comunicato i dati che riguardano la<br />
stima dei geni presenti nel nostro<br />
organismo, che funzione hanno<br />
alcuni <strong>di</strong> questi e come si organizza<br />
il DNA, la materia <strong>di</strong> cui è fatto il<br />
<strong>genoma</strong>.<br />
Le scoperte interessanti sono molte.<br />
La prima è che i geni, le unità che<br />
portano le informazioni per la produzione<br />
<strong>di</strong> tutte le proteine del<br />
nostro organismo, non sono oltre<br />
100 mila come avevano predetto<br />
alcuni, ma si aggirano intorno ai<br />
30-40 mila.<br />
«Se questo è vero – osserva in proposito<br />
David Baltimore del<br />
California Institute of Technology e<br />
autore <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>toriale sulla rivista<br />
Nature –, allora gli essere umani<br />
avrebbero solo 13 mila geni in più<br />
10<br />
rispetto al moscerino della frutta<br />
Drosophila melanogaster, un modello<br />
animale molto utilizzato nella<br />
ricerca. Con una <strong>di</strong>fferenza però, e<br />
cioè che la struttura dei geni dell’uomo<br />
è più articolata <strong>di</strong> quella<br />
<strong>degli</strong> invertebrati e questo rifletterebbe<br />
la maggiore complessità<br />
delle funzioni dei vertebrati».<br />
Un’altra interessante osservazione<br />
riguarda il fatto che la stragrande<br />
maggioranza del <strong>genoma</strong> è costituito<br />
da sequenze ripetute, che non<br />
co<strong>di</strong>ficano per proteine e la cui funzione<br />
non è ancora conosciuta, ma<br />
che rappresentano un interessante<br />
ambito <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o soprattutto per gli<br />
evoluzionisti.<br />
A questo si aggiunga che circa 200<br />
dei geni umani sono stati importati,<br />
in tempi lontani nell’evoluzione,<br />
da <strong>di</strong>versi ceppi batterici, una situazione<br />
questa ancora misteriosa per<br />
gli scienziati.<br />
E’ da sottolineare che la sequenza<br />
non è stata ancora assemblata in<br />
modo completo, ma queste prime<br />
scoperte rappresentano già un<br />
punto <strong>di</strong> partenza per tutti gli stu<strong>di</strong>osi<br />
coinvolti in questo tipo <strong>di</strong><br />
ricerca.<br />
«Siamo solo all’inizio – <strong>di</strong>ce Craig<br />
Venter nell’articolo pubblicato su<br />
Science –. Ora che finalmente <strong>di</strong>sponiamo<br />
<strong>di</strong> una seppure imperfetta<br />
sequenza possiamo cominciare a<br />
conoscere meglio noi stessi. Ci si<br />
aprono le porte per capire molti dei<br />
meccanismi che fanno funzionare il<br />
nostro organismo, anche se non<br />
bisogna cadere nel pericolo <strong>di</strong> considerare<br />
i geni alla base <strong>di</strong> tutto. Il<br />
fatto che il numero dei nostri geni<br />
non sia così <strong>di</strong>verso da quello <strong>di</strong><br />
altri organismi più semplici <strong>di</strong>mostra<br />
proprio che molte delle nostre<br />
funzioni <strong>di</strong>pendono da come i geni<br />
si esprimono nello sviluppo interagendo<br />
con l’ambiente esterno (epigenesi)».<br />
quenza <strong>degli</strong> alleli normali e<br />
mutati <strong>di</strong> questi geni, si potrebbe<br />
calcolare in anticipo quanti in<strong>di</strong>vidui<br />
avranno una determinata<br />
reazione a un farmaco specifico,<br />
una osservazione questa che invece<br />
oggi è possibile fare solo al<br />
momento delle sperimentazioni<br />
cliniche dei farmaci. Da questo<br />
punto <strong>di</strong> vista il fatto che le frequenze<br />
alleliche siano <strong>di</strong>verse<br />
nelle varie popolazioni spiega perché,<br />
se per esempio si sperimenta<br />
un farmaco in Svezia, i risultati<br />
del trial possano essere <strong>di</strong>versi da<br />
quelli che si ottengono in un paese<br />
dell’Europa meri<strong>di</strong>onale o in un<br />
altro paese del mondo.<br />
Il punto<br />
della ricerca<br />
Alla luce <strong>di</strong> quanto in<strong>di</strong>cato fino a<br />
ora è comprensibile come sarebbe<br />
cruciale in<strong>di</strong>viduare, prima della<br />
somministrazione <strong>di</strong> un farmaco,<br />
quali soggetti avranno una reazione<br />
favorevole e quali invece sono<br />
a rischio <strong>di</strong> effetti collaterali più o<br />
meno gravi. Per poterlo fare, la<br />
ricerca è già molto avanti, avendo<br />
in<strong>di</strong>viduato una certa quantità <strong>di</strong><br />
geni polimorfici che sono coinvolti<br />
nel metabolismo dei farmaci.<br />
Quest’ultimo prevede sostanzialmente<br />
due fasi: l’attivazione del<br />
farmaco e successivamente il suo<br />
legame con altre molecole per<br />
essere escreto con le urine. Nella<br />
figura 3 a pagina 11 sono in<strong>di</strong>cati<br />
alcuni dei geni coinvolti nell’attivazione<br />
dei farmaci (la prima<br />
torta) e nella loro coniugazione ed<br />
escrezione (seconda torta). La<br />
porzione delle fette in<strong>di</strong>ca la percentuale<br />
<strong>di</strong> farmaci metabolizzati<br />
da un certo gene; la famiglia <strong>di</strong><br />
geni CYP3A4/5/7, per esempio,<br />
metabolizza circa il 40 per cento<br />
dei farmaci conosciuti.<br />
Anche la metilazione del DNA è<br />
stata recentemente in<strong>di</strong>cata come
una possibile causa <strong>di</strong> variabilità<br />
nella risposta ai farmaci (ve<strong>di</strong> il<br />
box «La metilazione del DNA» a<br />
pagina 12). Il grado <strong>di</strong> metilazione<br />
del DNA determina infatti una<br />
maggiore o minore attività dei<br />
geni.<br />
Un gruppo <strong>di</strong> ricercatori britannici,<br />
per esempio, ha recentemente<br />
<strong>di</strong>mostrato che, nel caso <strong>di</strong> pazienti<br />
affetti da glioma – un tumore<br />
cerebrale particolarmente aggressivo<br />
–, a rendere alcuni soggetti<br />
più sensibili alla terapia con<br />
carmustina, un farmaco chemioterapico<br />
usato in questi casi, è<br />
CYP2C19<br />
CYP2E1<br />
CYP2A1/2<br />
ADH<br />
altri<br />
ALDH DPD<br />
NQO1<br />
CYP2A6<br />
epossido<br />
idrolasi<br />
CYP1B1<br />
CYP2B6<br />
CYP2C8<br />
CYP2C9<br />
CYP2D6<br />
NAT1<br />
proprio la metilazione <strong>di</strong> una<br />
regione regolatrice del DNA (10).<br />
I farmaci chemioterapici hanno<br />
un’attività alchilante e come tali<br />
danneggiano il DNA attaccando<br />
alcuni gruppi metilici alla doppia<br />
elica. La carmustina, in particolare,<br />
attacca gruppi metilici all’ossigeno<br />
in posizione 6 della guanina,<br />
una base azotata del DNA.<br />
L’organismo però è <strong>di</strong> solito preparato<br />
a riparare questo tipo <strong>di</strong><br />
danni, essendo dotato <strong>di</strong> enzimi<br />
che si occupano <strong>di</strong> eliminare gli<br />
eventuali gruppi metilici attaccati<br />
al DNA. Uno <strong>di</strong> questi enzimi è<br />
GST-P<br />
NAT2<br />
CYP3A4/5/7<br />
GST-A<br />
COMT GST-T<br />
GST-M<br />
HMT<br />
TPMT<br />
altri<br />
STs<br />
MOLECOLE<br />
SU MISURA<br />
figura 3<br />
Alcuni dei geni coinvolti<br />
rispettivamente<br />
nell’attivazione<br />
(prima torta)<br />
e nella coniugazione<br />
ed escrezione dei farmaci<br />
(seconda torta)<br />
UGTs<br />
11
<strong>Stu<strong>di</strong></strong><br />
sui<br />
gemelli<br />
Quando, negli anni cinquanta,<br />
si cominciò a pensare<br />
che le risposte abnormi ai sulfami<strong>di</strong>ci<br />
da parte <strong>di</strong> alcuni pazienti<br />
potessero avere una base genetica,<br />
i primi stu<strong>di</strong> interessanti in questo<br />
senso furono condotti sui gemelli.<br />
I gemelli monozigoti (MZ) con<strong>di</strong>vidono<br />
lo stesso patrimonio genetico,<br />
mentre quelli <strong>di</strong>zigoti (DZ) ne con<strong>di</strong>vidono<br />
solo il 50 per cento, come<br />
i fratelli. L’aspetto interessante<br />
<strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> condotti sui gemelli MZ e<br />
DZ riguarda il fatto che è facile<br />
La metilazione<br />
del<br />
DNA<br />
In ogni cellula adulta alcuni geni<br />
sono inattivi. E’ normale che ciò<br />
avvenga, nel corso dello sviluppo e<br />
della vita, perché ogni tipo <strong>di</strong> cellula,<br />
una volta <strong>di</strong>fferenziata, utilizza<br />
solo le istruzioni genetiche che le<br />
servono (<strong>di</strong>verse per la pelle o per<br />
il muscolo, per esempio).<br />
La specializzazione delle cellule<br />
avviene sia attraverso un meccanismo<br />
<strong>di</strong> regolazione fine, in cui vengono<br />
attivati o inattivati singoli<br />
geni che ne definiscono la specificità,<br />
sia attraverso meccanismi <strong>di</strong><br />
12<br />
separare l’effetto ambientale da<br />
quello genetico perchè, nella maggioranza<br />
dei casi, i gemelli in genere<br />
con<strong>di</strong>vidono lo stesso ambiente,<br />
ma i gemelli MZ con<strong>di</strong>vidono anche<br />
il 100 per cento del <strong>genoma</strong>, a <strong>di</strong>fferenza<br />
<strong>di</strong> quelli DZ. Per questo<br />
motivo molti stu<strong>di</strong> finalizzati a definire<br />
se un carattere venga o meno<br />
ere<strong>di</strong>tato e, se viene ere<strong>di</strong>tato, qual<br />
è la percentuale <strong>di</strong> ere<strong>di</strong>tarietà, si<br />
basano proprio sul confronto tra i<br />
gemelli monozigoti e i <strong>di</strong>zigoti. Per<br />
quanto riguarda i farmaci, questo<br />
tipo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> ha <strong>di</strong>mostrato, fin dagli<br />
anni sessanta, che il metabolismo<br />
<strong>di</strong> farmaci come il litio, il fenilbutazone,<br />
il <strong>di</strong>pumarolo e altri, è strettamente<br />
correlato al genotipo dei<br />
pazienti (11).<br />
l’O 6 metilguanina-DNA-metiltransferasi<br />
(MGMT), che stacca proprio<br />
i gruppi metilici a livello dell’ossigeno<br />
in posizione 6 della guanina.<br />
I ricercatori britannici hanno<br />
osservato che il 30 per cento <strong>di</strong><br />
regolazione più grossolani, in cui<br />
interi gruppi <strong>di</strong> geni vengono inattivati<br />
(o spenti) nello stesso momento.<br />
Quest’ultima possibilità si<br />
realizza soprattutto attraverso la<br />
metilazione del DNA interessato<br />
dall’inattivazione. La metilazione<br />
consiste nell’aggiunta <strong>di</strong> gruppi<br />
metile (CH 3 ) alle basi del DNA e in<br />
particolare alla citosina: quando i<br />
geni hanno questi gruppi non vengono<br />
più tradotti in proteine.<br />
Mentre inizialmente si pensava che<br />
il processo <strong>di</strong> metilazione fosse<br />
simile per tutti gli in<strong>di</strong>vidui in<strong>di</strong>stintamente,<br />
ora sembra accertato che<br />
ci sia una <strong>di</strong>fferenza in<strong>di</strong>viduale<br />
anche in questo meccanismo e<br />
quin<strong>di</strong> nella regolazione dell’espressione<br />
dei geni (12).<br />
pazienti affetti da glioma manca<br />
proprio <strong>di</strong> questo enzima, perché<br />
la zona del cromosoma dove è<br />
localizzato il gene della MGMT è<br />
metilata e <strong>di</strong> conseguenza il gene<br />
non si esprime. In questo caso i<br />
pazienti reagiscono meglio all’azione<br />
del chemioterapico che non<br />
può essere contrastato dall’enzima<br />
MGMT.<br />
Alla luce <strong>di</strong> questa osservazione i<br />
soggetti affetti da glioma possono<br />
essere <strong>di</strong>visi in due categorie:<br />
quelli che rispondono alla terapia<br />
e hanno un decorso più lento e<br />
favorevole della malattia, e quelli<br />
che, invece, non rispondono al<br />
farmaco, ai quali quin<strong>di</strong> sarebbe<br />
meglio somministrare un altro<br />
tipo <strong>di</strong> terapia.<br />
Da questo esempio risulta evidente<br />
come la ricerca genetica applicata<br />
alla farmacologia non si limiti<br />
più allo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> singoli geni<br />
coinvolti nel metabolismo dei farmaci,<br />
ma si estenda ora anche<br />
all’analisi del <strong>genoma</strong> e delle<br />
risposte complessive della cellula<br />
alle con<strong>di</strong>zioni ambientali. Per<br />
questo si parla sempre più <strong>di</strong> farmacogenomica<br />
piuttosto che <strong>di</strong><br />
farmacogenetica.<br />
Un aiuto<br />
dalla tecnologia<br />
Lo scopo della ricerca è soprattutto,<br />
quin<strong>di</strong>, quello <strong>di</strong> avere a <strong>di</strong>sposizione<br />
alcuni test semplici e veloci<br />
per in<strong>di</strong>viduare, per ogni paziente,<br />
le varianti dei geni coinvolti<br />
nel metabolismo del farmaco<br />
da somministrare. Il fine ultimo è<br />
quello <strong>di</strong> prevedere come potrà<br />
rispondere.<br />
Un possibile approccio si basa<br />
sulla tecnologia dei microchip a<br />
DNA, una tecnica che viene usata<br />
anche per la <strong>di</strong>agnosi e per la<br />
caratterizzazione dei geni attivati<br />
nelle cellule tumorali (ve<strong>di</strong> il box<br />
«Microchip a DNA» a pagina 16).
Dal punto <strong>di</strong> vista della ricerca<br />
farmacologica, questo metodo ha<br />
il duplice vantaggio <strong>di</strong> consentire<br />
l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> nuovi genimalattia<br />
che fungano da bersaglio<br />
per lo sviluppo <strong>di</strong> nuovi farmaci e<br />
<strong>di</strong> fornire un profilo genetico in<strong>di</strong>viduale<br />
che metta in luce la presenza<br />
<strong>di</strong> varianti polimorfiche<br />
significative nelle sequenze <strong>di</strong><br />
DNA che controllano il metaboli-<br />
9,8<br />
0,0<br />
11,3<br />
11,7<br />
8,9<br />
smo dei farmaci. Proprio su questo<br />
profilo potrebbe basarsi la<br />
scelta <strong>di</strong> procedere o meno con<br />
una terapia farmacologica.<br />
Quanta<br />
variabilità<br />
figura 4<br />
La frequenza dell’allele CCR5delta32 in varie popolazioni (in percentuale)<br />
5,5<br />
Da quanto detto finora risulta evidente<br />
che la variabilità genetica<br />
gioca un ruolo determinante nella<br />
8,9<br />
13,7<br />
10,8 13,3<br />
13,3<br />
7,7<br />
4,4<br />
13,3<br />
4,5<br />
13,6<br />
6,3<br />
MOLECOLE<br />
SU MISURA<br />
cechi 10,2<br />
sloveni 13,3<br />
cazaki 1,7<br />
uzbeki 2,4<br />
azerbagiani 2,4<br />
tartari 3,2<br />
sau<strong>di</strong>ti 0,0<br />
in<strong>di</strong>ani 0,0<br />
coreani 0,0<br />
cinesi 0,0<br />
0,0<br />
0,0<br />
13
Dall’in<strong>di</strong>viduo<br />
alla<br />
popolazione<br />
Gli stu<strong>di</strong> sulla variabilità genetica<br />
delle popolazioni, condotti per la<br />
gran parte all’interno dello Human<br />
Genome Diversity Project, in<strong>di</strong>cano che,<br />
calcolando le <strong>di</strong>fferenze su 50 geni, gli<br />
africani e gli aborigeni sono i popoli più<br />
<strong>di</strong>versi dal resto del mondo. Per quanto<br />
riguarda l’Europa in particolare, anche in<br />
questo caso ci sono grosse <strong>di</strong>fferenze tra i<br />
<strong>di</strong>versi paesi, cosicché anche i caucasici, <strong>di</strong><br />
cui si parla spesso nei lavori scientifici<br />
come <strong>di</strong> un’unica etnia, sono in realtà<br />
molto eterogenei dal punto <strong>di</strong> vista genetico.<br />
In particolare, alcune popolazioni – i<br />
baschi, i finlandesi, i sar<strong>di</strong>, gli islandesi, i<br />
lapponi, i greci e gli abitanti dell’ex<br />
Jugoslavia – deviano decisamente dalla<br />
costituzione genetica del resto dell’Europa,<br />
la cui variabilità è strettamente<br />
correlata alle migrazioni avvenute nel<br />
corso dei secoli.<br />
Anche solo considerando l’Italia, sono<br />
molte le variazioni tra gli abitanti delle<br />
<strong>di</strong>verse regioni (ve<strong>di</strong> la figura qui a fianco):<br />
senza considerare i sar<strong>di</strong>, <strong>di</strong> cui si è<br />
già accennato, i siciliani sono i più <strong>di</strong>versi<br />
in assoluto, anche all’interno della stessa<br />
14<br />
regione, per via delle dominazioni esterne<br />
che hanno caratterizzato questa terra<br />
nei secoli.<br />
I la<strong>di</strong>ni, invece, presenti nelle province <strong>di</strong><br />
risposta in<strong>di</strong>viduale ai farmaci.<br />
Ma <strong>di</strong> che entità è la <strong>di</strong>fferenza<br />
genetica davvero presente sulla<br />
Terra? Come esempio si consideri<br />
l’allele CCR5delta32, che determina<br />
la resistenza all’AIDS (se ne<br />
conosce un secondo, CCR2, che,<br />
insieme al primo, determina<br />
un’ulteriore protezione) (13).<br />
La frequenza <strong>di</strong> questo allele in<br />
Europa è molto <strong>di</strong>versa da paese a<br />
paese; l’allele è infatti molto frequente<br />
nel Nord Europa (ve<strong>di</strong> la<br />
figura 4 a pagina 13), con un gra<strong>di</strong>ente<br />
da Nord a Sud.<br />
Le popolazioni <strong>di</strong> Asia e Africa,<br />
Bolzano, Trento e Belluno, risalirebbero a<br />
popolazioni me<strong>di</strong>orientali, a <strong>di</strong>fferenza<br />
<strong>degli</strong> abitanti delle vicine regioni che sono<br />
più simili ai tedeschi (14).<br />
invece, non hanno la variante protettiva.<br />
Si tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> una<br />
mutazione che è originata proba-<br />
Risorse in rete<br />
◆ Il sito della rivista Nature<br />
www.nature.com<br />
◆ Il sito della rivista Science<br />
www.science.com<br />
◆ Il sito della società Celera Genomics<br />
www.celera.com<br />
◆ Il sito dello Human Genome Project<br />
www.ornl.gov/hgmis
Gabriella Salvini Porro<br />
In un futuro prossimo si può pensare <strong>di</strong><br />
sapere in anticipo se si ha un certo polimorfismo<br />
che fa metabolizzare un farmaco <strong>di</strong><br />
più o <strong>di</strong> meno?<br />
Roberto Barale<br />
Noi lo facciamo per ora a livello <strong>di</strong> conoscenza<br />
generale, ma quello che molti me<strong>di</strong>ci<br />
vorrebbero è che ognuno <strong>di</strong> noi avesse<br />
non solo un cartellino con il gruppo sanguigno,<br />
ma anche un’in<strong>di</strong>cazione sulla sua<br />
costituzione genetica per un numero <strong>di</strong> geni<br />
importanti, sia per la risposta ai farmaci, sia<br />
per la terapia <strong>di</strong> urgenza. Un infartuato, per<br />
esempio, se trattato farmacologicamente<br />
entro due ore, ha buone probabilità <strong>di</strong> essere<br />
recuperato. Il 20 per cento circa <strong>di</strong> questi<br />
pazienti, però, non risponde alla terapia<br />
classica; se ci fossero alcuni marcatori per<br />
in<strong>di</strong>care le suscettibilità, si potrebbe sapere<br />
quali sono i farmaci a cui si è sensibili, cosicché<br />
si possano scegliere quelli più idonei<br />
Bruno Dallapiccola<br />
Mi sembra che nella sostanza si possa <strong>di</strong>re<br />
che la vecchia farmacogenetica <strong>degli</strong> anni<br />
sessanta corrisponde alla biologia molecolare<br />
<strong>di</strong> oggi. Tutto il resto è un’avventura<br />
proiettata nel futuro: prima bisogna aspettare<br />
<strong>di</strong> sapere quanti sono i geni (ve<strong>di</strong> il box<br />
«Il libro della vita svelato» a pagina 10) e<br />
come interagiscono tra loro.<br />
Bisogna inoltre raccogliere una grande<br />
quantità <strong>di</strong> dati e creare punti <strong>di</strong> raccolta. La<br />
farmacogenomica è una scienza ancora in<br />
<strong>di</strong>venire e che ha enormi ostacoli e costi. Dal<br />
punto <strong>di</strong> vista della ricerca è sicuramente<br />
molto affascinante, ma c’è ancora molto da<br />
fare e probabilmente i risultati riguarderanno<br />
pochi farmaci<br />
bilmente nel Nord Europa e poi si<br />
è via via trasmessa agli altri paesi,<br />
attraverso le successive migrazioni.<br />
Secondo l’ipotesi dei ricercatori,<br />
la variante protettiva nei confronti<br />
dell’AIDS sarebbe insorta<br />
DISCUSSIONE<br />
Antonella Pirazzoli<br />
Le valutazioni fatte dalle aziende sono<br />
<strong>di</strong>verse: alcune in<strong>di</strong>cazioni interessanti,<br />
infatti, possono venire in tempi relativamente<br />
brevi e alcuni risultati già <strong>di</strong>sponibili<br />
hanno una potenziale applicabilità clinica<br />
imme<strong>di</strong>ata. Non c’è bisogno <strong>di</strong> fare tutto e<br />
subito, sarebbe già sufficiente riuscire a<br />
ridurre gli effetti collaterali per alcuni farmaci<br />
fondamentali, per realizzare gran<strong>di</strong><br />
benefici per i pazienti e per la sanità<br />
Franco Rengo<br />
La terapia in<strong>di</strong>vidualizzata ha costi enormi,<br />
soprattutto per la tecnologia dei microchip.<br />
Per farmaci che hanno un’attività sistemica,<br />
su quale DNA, estratto da dove, si va a cercare<br />
il polimorfismo che dovrebbe influenzare<br />
l’attività del farmaco?<br />
Roberto Barale<br />
In questa prima fase è impraticabile, a<br />
causa dei costi e delle scarse conoscenze,<br />
dare a ogni in<strong>di</strong>viduo solo quello che va<br />
bene per lui. Si può viceversa capire quali<br />
farmaci una certa persona non deve prendere,<br />
perché gli fanno male o perché non è<br />
in grado <strong>di</strong> metabolizzarli. In questo senso si<br />
potrebbero in<strong>di</strong>viduare, per pochi farmaci -<br />
quelli più utilizzati -, i geni chiave e i relativi<br />
polimorfismi, e identificare <strong>di</strong> conseguenza<br />
i soggetti che non metabolizzano quei<br />
farmaci. Si tratterebbe quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> una ricerca<br />
molto mirata, su farmaci <strong>di</strong> largo uso. E questo<br />
lo si può fare sui linfociti. Fare questo,<br />
ammesso che si tratti <strong>di</strong> 15-20 geni, non ha<br />
costi enormi; ci sono società statunitensi, per<br />
esempio, che cercano i polimorfismi <strong>di</strong> un<br />
gene per un dollaro, quin<strong>di</strong> con 100 mila<br />
lire si potrebbero identificare i polimorfismi<br />
<strong>di</strong> 100 geni, che, secondo me sono più che<br />
circa 700 anni fa e sarebbe stata<br />
selezionata dalla peste bubbonica<br />
che ha imperversato tra il 1346 e il<br />
1353, causando la morte <strong>di</strong> circa il<br />
30-35 per cento della popolazione<br />
europea. Il gene, che co<strong>di</strong>fica per<br />
sufficienti a capire il metabolismo della<br />
maggior parte dei farmaci <strong>di</strong> largo uso<br />
Pietro Armani<br />
A noi, non specificamente addetti ai lavori,<br />
risultano impressionanti i dati statistici presentati<br />
da Roberto Barale in relazione alla<br />
percentuale <strong>di</strong> pazienti ricoverati per gli<br />
effetti collaterali dei farmaci e alla risposta<br />
attesa nella somministrazione <strong>di</strong> un me<strong>di</strong>cinale.<br />
Stante che è provato come la terapia<br />
farmacologica sia me<strong>di</strong>ata dal patrimonio<br />
genetico, risulta <strong>di</strong> vitale importanza perseguire<br />
la ricerca su quelle specificità genetiche<br />
che sono in relazione con la risposta ai<br />
farmaci. Per molte patologie, come la car<strong>di</strong>opatie,<br />
l’imme<strong>di</strong>atezza dell’intervento<br />
terapeutico è fondamentale; ma anche per<br />
altre malattie – AIDS, <strong>di</strong>abete, fibrosi cistica<br />
– questo tipo <strong>di</strong> ricerca, e la conoscenza a<br />
priori della risposta a un farmaco, potrebbe<br />
risolvere in parte il rapporto <strong>di</strong> o<strong>di</strong>o/<strong>di</strong>pendenza<br />
che lega, per esempio, la maggior<br />
parte dei pazienti con fibrosi cistica alle terapie<br />
che devono assumere. L’assunzione <strong>di</strong><br />
un così congruo numero <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cinali a<br />
dosaggi molto alti, infatti, crea loro conflittualità<br />
con le terapie che sono costretti a<br />
seguire e dalle quali, tuttavia, <strong>di</strong>pende la<br />
loro vita.<br />
Vorrei mettere in risalto un’altra questione<br />
che accennerò soltanto, non essendo tema<br />
del nostro <strong>di</strong>scutere: l’in<strong>di</strong>fferenza o la non<br />
compentenza dei me<strong>di</strong>ci che prescrivono la<br />
terapia senza rispondere alle legittime<br />
aspettative dei pazienti che vorrebbero<br />
essere informati sia <strong>degli</strong> effetti collaterali,<br />
sia <strong>di</strong> quelli indesiderati, delle caratteristiche<br />
cioè del farmaco, a volte vissuto come<br />
schiavitù o vergogna, a volte vissuto come<br />
panacea che crea aspettative poi <strong>di</strong>silluse<br />
15
Microchip<br />
a DNA<br />
Dei microchip a DNA si è occupata<br />
anche la rivista Time,<br />
che ha de<strong>di</strong>cato alla farmacogenomica<br />
la copertina <strong>di</strong> un suo numero<br />
(15 gennaio 2001). Si tratta <strong>di</strong> una<br />
meto<strong>di</strong>ca che permette <strong>di</strong> analizzare<br />
contemporaneamente fino a<br />
60.000 sequenze geniche <strong>di</strong>verse e<br />
che si basa sul fatto che, una volta<br />
separati, i due filamenti <strong>di</strong> una<br />
molecola <strong>di</strong> DNA sono in grado <strong>di</strong><br />
formare legami con filamenti complementari,<br />
nella fattispecie molecole<br />
<strong>di</strong> DNA ottenute dagli RNA<br />
messaggeri presenti in una cellula<br />
quando un certo gene è attivo.<br />
Il primo passo consiste quin<strong>di</strong> nell’identificare<br />
le sequenze che si<br />
vogliono prendere in esame - per<br />
esempio quelle dei recettori presenti<br />
sulla superficie delle cellule<br />
tumorali. Successivamente queste<br />
sequenze vengono fissate su <strong>di</strong> un<br />
supporto rigido, il cosiddetto microchip,<br />
tipicamente fatto <strong>di</strong> silicone e<br />
delle <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> un francobollo.<br />
Una volta ottenuto un microchip<br />
con le sequenze desiderate, questo<br />
viene messo in contatto con il DNA<br />
16<br />
delle cellule tumorali, opportunamente<br />
marcato con sostanze fluorescenti.<br />
Questa operazione permette,<br />
per esempio, <strong>di</strong> verificare<br />
quali recettori sono attivati nelle<br />
cellule <strong>di</strong> un tumore rispetto a quelle<br />
normali, identificando in questo<br />
modo eventuali bersagli per la<br />
terapia farmacologica.<br />
Lavorando con questa meto<strong>di</strong>ca su<br />
culture cellulari, per esempio <strong>di</strong><br />
tumori, si può anche verificare se<br />
un certo farmaco attiva o <strong>di</strong>sattiva<br />
determinati geni coinvolti nello sviluppo<br />
del tumore in questione. In<br />
questo modo da un lato si possono<br />
in<strong>di</strong>viduare i geni che rispondono o<br />
meno a un farmaco e dall’altro si<br />
possono identificare i farmaci che<br />
funzionano meglio. La stessa tecnologia<br />
viene usata anche per fare le<br />
<strong>di</strong>agnosi o determinare, per esempio,<br />
i geni presenti in una data<br />
linea cellulare. A questo proposito,<br />
recentemente è stato costruito il<br />
Linfochip, dove si trovano tutti i<br />
geni che vengono attivati quando si<br />
ha la trasformazione neoplastica<br />
dei linfociti B. Si è visto cosí che i<br />
pazienti con leucemia <strong>di</strong> tipo B possono<br />
essere <strong>di</strong>visi in due classi,<br />
quelli che rispondono ai farmaci e<br />
quelli che invece non lo fanno, per<br />
i quali l’unica scelta è il trapianto.<br />
un antigene superficiale dei linfociti<br />
T e macrofagi, sarebbe stato<br />
selezionato perché conferiva la<br />
resistenza alla peste bubbonica e<br />
ora determinerebbe una <strong>di</strong>versa<br />
risposta all’AIDS (15).<br />
Come per la variante che determina<br />
la resistenza all’AIDS, anche<br />
per i polimorfismi associati alla<br />
risposta ai farmaci ci si deve<br />
aspettare la stessa variabilità, con<br />
<strong>di</strong>fferenze nella frequenza <strong>degli</strong><br />
alleli non solo a livello mon<strong>di</strong>ale,<br />
ma anche <strong>di</strong> singolo paese.<br />
Bibliografia<br />
◆ 1) Li AP. Screening for human ADME/Tox drug properties<br />
in drug <strong>di</strong>scovery. Drug Discov Today 2001; 6:<br />
357.<br />
◆ 2) Ozdemir V et al. What will be the role of pharmacogenetics<br />
in evaluating drug safety and minimising<br />
adverse effects? Drug Saf 2001; 24: 75.<br />
◆ 3) Lazarou J et al. Incidence of adverse drugs reactions<br />
in hospitalized patients: a metanalysis of prospective<br />
stu<strong>di</strong>es. JAMA 1998; 279: 1200.<br />
◆ 4) New Scientist. 4 novembre 2000: 31.<br />
◆ 5) Cavalli Sforza LL et al. History and Geography of<br />
Human Genes. Princeton University Press, 1993.<br />
◆ 6) Vogel G. How the body’s garbage <strong>di</strong>sposal may<br />
inactivate drugs. Science 2001; 291: 36.<br />
◆ 7) Evans WE et al. Pharmacogenomics: translating<br />
functional genomics into rational therapeutics.<br />
Science 1999; 286: 487.<br />
◆ 8) The Genome International Sequencing Consortium.<br />
Initial sequencing and analysis of the human<br />
genome. Nature 2001; 409: 860.<br />
◆ 9) Venter JC et al. The sequence of the human genome.<br />
Science 2001; 291: 1304.<br />
◆ 10) Esteller M et al. Inactivation of the DNA-repair<br />
gene MGMT and the clinical response of gliomas to<br />
alkylating agents. N Engl J Med 2000; 343: 1350.<br />
◆ 11) Vogel & Motulsky. Genetica umana. Milano:<br />
McGraw-Hill Italia, 1988.<br />
◆ 12) Weinstein JN. Pharmacogenomics - teaching old<br />
drugs new tricks. N Engl J Med 2000; 343: 1408.<br />
◆ 13) Magierowska M et al. Combined genotypes of<br />
CCR5, CCR2, SDF1, and HLA genes can pre<strong>di</strong>ct the<br />
long-term nonprogressor status in human immunodeficiency<br />
virus-1-infected in<strong>di</strong>viduals. Blood 1999; 93:<br />
936.<br />
◆ 14) Stenico M et al. High mitochondrial sequence<br />
<strong>di</strong>versity in linguistic isolates of the Alps. Am J Hum<br />
Genet 1996; 59: 1363.<br />
◆ 15) Stephens JC et al. Dating the origin of the<br />
CCR5delta32 haplotype AIDS-resistance allele by the<br />
coalescence of haplotypes. Am J Hum Genet 1998;<br />
62:1507.
Asma<br />
Ci sono risultati per la terapia dell’asma,<br />
ma sono ancora preliminari<br />
P<br />
ur essendo la farmacogenetica<br />
una scienza relativamente<br />
giovane <strong>di</strong> cui non si<br />
conoscono ancora pienamente né<br />
le ricadute né i tempi <strong>di</strong> realizzazione,<br />
ci sono già alcune in<strong>di</strong>cazioni<br />
per una possibile applicazione<br />
pratica delle conoscenze in<br />
questo campo.<br />
Per quanto riguarda l’asma in particolare,<br />
si presenteranno quattro<br />
esempi <strong>di</strong> altrettanti polimorfismi<br />
che colpiscono geni implicati<br />
nello sviluppo del <strong>di</strong>sturbo e che<br />
potrebbero avere una ricaduta<br />
pratica relativamente rapida per<br />
la terapia con i farmaci.<br />
Come noto, l’asma è una malattia<br />
infiammatoria cronica delle vie<br />
aeree polmonari con ipereattività<br />
della muscolatura bronchiale a<br />
stimoli specifici. Le terapie farmacologiche<br />
adottate fino a oggi agiscono<br />
contrastando l’ipereattività<br />
bronchiale o il processo infiammatorio<br />
vero e proprio. In questo<br />
senso le categorie <strong>di</strong> farmaci usati<br />
nella terapia dell’asma sono<br />
<strong>di</strong>verse (circa 7-8), ma in questa<br />
trattazione ne verranno prese in<br />
considerazione due:<br />
■ i beta agonisti: sono i farmaci<br />
più usati; mimano l’azione dei<br />
beta adrenergici (per questo sono<br />
detti agonisti) e funzionano come<br />
bronco<strong>di</strong>latatori rapi<strong>di</strong> e potenti;<br />
Principi da ritenere<br />
■ tre polimorfismi, uno nel gene<br />
beta2AR e altri due nei geni ALOX5 e<br />
LTC4S, potrebbero influenzare la<br />
risposta al trattamento con i beta<br />
agonisti e con gli antileucotrieni<br />
■ sono necessarie altre indagini per<br />
verificare i dati finora ottenuti<br />
■ gli antagonisti dei leucotrieni:<br />
al contrario della categoria<br />
precedente, stimolano la bronco<strong>di</strong>latazione,<br />
contrastando (per<br />
questo prendono il nome <strong>di</strong> antagonisti)<br />
l’azione dei leucotrieni<br />
che funzionano come broncocostrittori.<br />
Sette svolte del recettore<br />
Per quanto riguarda la prima<br />
categoria <strong>di</strong> molecole, ci si concentrerà<br />
su un gene, beta2AR, che<br />
co<strong>di</strong>fica per il recettore beta2adrenergico,<br />
e su un polimorfismo<br />
<strong>di</strong> questo gene che è responsabile<br />
<strong>di</strong> una <strong>di</strong>fferente risposta ai farmaci<br />
beta agonisti, che agiscono<br />
stimolando il recettore.<br />
Pier Franco Pignatti<br />
Direttore della Scuola<br />
<strong>di</strong> specializzazione<br />
in genetica me<strong>di</strong>ca<br />
(<strong>Verona</strong>)<br />
IN PRATICA<br />
17
18<br />
citoplasma<br />
Arg16Gly<br />
figura 1<br />
Rappresentazione grafica del recettore beta2adrenergico. Quelli in<strong>di</strong>cati in arancio sono gli aminoaci<strong>di</strong> critici<br />
per il legame. La freccia in<strong>di</strong>ca il polimorfismo Arg16Gly<br />
tratta da: Barnes et al. AJRCCM 1995; 152: 838<br />
Il gene beta2AR è espresso in<br />
varie cellule ma in particolare in<br />
quelle dei muscoli lisci bronchiali.<br />
Sulla membrana <strong>di</strong> questi ultimi il<br />
recettore beta2adrenergico induce<br />
la <strong>di</strong>latazione dei muscoli bronchiali<br />
in seguito allo stimolo delle<br />
catecolamine endogene (che regolano<br />
fisiologicamente il calibro<br />
delle vie aeree) o <strong>di</strong> agonisti esogeni,<br />
come per esempio i farmaci<br />
beta agonisti, citati in precedenza.<br />
Il recettore, come gli altri della<br />
stessa famiglia, attraversa sette<br />
volte la membrana plasmatica<br />
(ve<strong>di</strong> la figura 1 in questa pagina)<br />
e c’è una porzione della proteina,<br />
che si trova fuori dalla membrana,<br />
nello spazio extracellulare, dove<br />
vanno ad attaccarsi le catecolamine<br />
o gli agonisti <strong>di</strong> cui si parlava<br />
regione extracellulare<br />
I II III IV V VI VII<br />
posizioni critiche per il legame<br />
con il ligando<br />
aminoaci<strong>di</strong> (413)<br />
NH 2<br />
COOH<br />
membrana<br />
cellulare<br />
prima. C’è una mutazione,<br />
Arg16Gly, che colpisce proprio<br />
questa regione (in posizione 16, a<br />
partire dal terminale NH2 della<br />
proteina, provoca il cambiamento<br />
dell’aminoacido arginina nell’aminoacido<br />
glicina), come in<strong>di</strong>cato<br />
dalla freccia nella figura 1. Si tratta<br />
<strong>di</strong> un polimorfismo frequente<br />
(interessa circa metà della popolazione<br />
generale) e che, come tale,<br />
è piuttosto interessante dal punto<br />
<strong>di</strong> vista farmacogenetico, perché<br />
eventuali ricadute sulla terapia<br />
farmacologica potrebbero riguardare<br />
molte persone.<br />
In particolare, alcuni stu<strong>di</strong> hanno<br />
messo in luce che questo polimorfismo:<br />
■ aumenta la degradazione intracellulare<br />
del complesso recet-
tabella 1<br />
Il polimorfismo Arg16Gly e la risposta all’albuterolo<br />
genotipo numero <strong>di</strong> bambini risposta<br />
(1 = variazione del FEV1 del 15%)<br />
Arg/Arg 40 (15%) 5,3 X<br />
Arg/Gly 126 (47%) 2,3 X<br />
Gly/Gly 103 (38%) 1 X<br />
tabella 2<br />
Risposta al formoterolo in relazione al polimorfismo Arg16Gly<br />
genotipo numero <strong>di</strong> pazienti insensibili al farmaco<br />
Arg/Arg 4 30%<br />
Arg/Gly 8 60%<br />
Arg/Gly 10 80%<br />
tore-ligando e <strong>di</strong> conseguenza <strong>di</strong>minuisce<br />
la produzione del recettore<br />
beta2adrenergico. Quest’ultimo,<br />
infatti, una volta attivato,<br />
non solo stimola la bronco<strong>di</strong>latazione,<br />
ma, attraverso un meccanismo<br />
<strong>di</strong> autoregolazione, anche<br />
la sintesi <strong>di</strong> nuovo recettore.<br />
Il polimorfismo Arg16Gly <strong>di</strong>minuisce<br />
proprio la produzione<br />
autoregolata;<br />
■ è più comune nell’asma steroido<br />
<strong>di</strong>pendente;<br />
■ è più comune nell’asma notturna;<br />
■ è associato alla <strong>di</strong>minuita risposta<br />
al trattamento con i farmaci<br />
beta agonisti.<br />
Per quanto riguarda quest’ultimo<br />
punto, due stu<strong>di</strong> hanno analizzato<br />
proprio l’associazione tra il polimorfismo<br />
in questione e la risposta<br />
a due molecole che appartengono<br />
alla famiglia dei beta agonisti:<br />
l’albuterolo e il formoterolo.<br />
La prima ricerca, condotta da un<br />
gruppo <strong>di</strong> ricercatori statunitensi,<br />
ha preso in considerazione l’associazione<br />
tra il polimorfismo<br />
Arg16Gly e la risposta acuta a una<br />
somministrazione unica <strong>di</strong> albute-<br />
rolo su un campione <strong>di</strong> 269 bambini<br />
asmatici (1).<br />
I piccoli soggetti sono stati <strong>di</strong>visi<br />
in tre gruppi, gli omozigoti<br />
Arg/Arg, gli eterozigoti Arg/Gly, e<br />
gli omozigoti Gly/Gly, e la risposta<br />
alla terapia con albuterolo è<br />
stata misurata in termini <strong>di</strong> FEV 1<br />
(Forced Expiratory Volume in un<br />
secondo). I risultati, presentati<br />
nella tabella 1 in questa pagina,<br />
mostrano che la risposta al farmaco<br />
è superiore per i piccoli omozigoti<br />
Arg/Arg (più <strong>di</strong> cinque volte<br />
maggiore rispetto a quella <strong>degli</strong><br />
omozigoti per l’allele mutato).<br />
Inoltre, come si può osservare<br />
nella tabella, gli eterozigoti, che<br />
hanno solo una copia dell’allele<br />
mutato, hanno una risposta interme<strong>di</strong>a,<br />
che è più <strong>di</strong> due volte quella<br />
<strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui con il fenotipo<br />
mutato, <strong>di</strong>mostrando così che la<br />
risposta al farmaco è proporzionale<br />
alla dose genica.<br />
Per quanto riguarda il formoterolo,<br />
anche questo un beta agonista,<br />
uno stu<strong>di</strong>o, condotto su un campione<br />
<strong>di</strong> 22 adulti trattati con il<br />
farmaco per un mese, ha dato<br />
risultati molto simili alla ricerca<br />
IN PRATICA<br />
19
20<br />
nucleo<br />
acido arachidonico<br />
5-lipossigenasi<br />
leucotriene A 4<br />
ZILEUTON<br />
leucotriene C 4<br />
sintasi<br />
leucotriene C 4<br />
precedente: la percentuale <strong>di</strong> soggetti<br />
<strong>di</strong>ventata insensibile al farmaco<br />
è infatti inferiore nel caso<br />
<strong>degli</strong> omozigoti Arg/Arg sui quali<br />
quin<strong>di</strong> il farmaco è più efficace<br />
rispetto a chi ha il genotipo mutato<br />
(ve<strong>di</strong> la tabella 2 a pagina 19,<br />
2).<br />
Dall’arachidonico in poi<br />
Passando alla seconda categoria<br />
<strong>di</strong> farmaci presi in considerazione<br />
in questa trattazione, gli antagonisti<br />
dei leucotrieni rappresentano<br />
l’ultima generazione <strong>di</strong> molecole<br />
per il trattamento dell’asma.<br />
Questi farmaci agiscono contrastando<br />
l’azione dei leucotrieni,<br />
molecole che intervengono non<br />
trasportatore<br />
<strong>di</strong> membrana<br />
leucotriene C 4<br />
ZAFIRLUKAST<br />
membrane<br />
cellulari<br />
leucotriene D 4<br />
leucotriene E 4<br />
broncocostrizione<br />
migrazione<br />
<strong>degli</strong> eosinofili<br />
edema<br />
figura 2<br />
Schema parziale della via <strong>di</strong> sintesi e <strong>di</strong> azione dei cisteinil-leucotrieni e i farmaci che inibiscono la loro azione. Le frecce tratteggiate<br />
rappresentano i passaggi inibiti. Sono rappresentate due cellule e lo spazio extracellulare<br />
tratta da (3)<br />
recettore<br />
CysLT 1<br />
solo nella contrazione dei muscoli<br />
lisci delle vie aeree, ma – insieme<br />
all’istamina, alle prostaglan<strong>di</strong>ne e<br />
alle citochine – anche nel fenomeno<br />
infiammatorio dell’asma.<br />
La via <strong>di</strong> sintesi e <strong>di</strong> azione dei<br />
leucotrieni è schematizzata nella<br />
figura 2 in questa pagina (3).<br />
Sono <strong>di</strong>versi i farmaci che appartengono<br />
al gruppo <strong>degli</strong> antileucotrieni,<br />
ma in questa presentazione<br />
ci si soffermerà sullo zileuton,<br />
in<strong>di</strong>cato a sinistra in rosso, e sullo<br />
zafirlukast, mostrato a destra in<br />
blu. Il primo interviene nella via<br />
<strong>di</strong> sintesi dei leucotrieni e la inibisce<br />
bloccando l’azione dell’enzima<br />
5-lipossigenasi. Il secondo farmaco,<br />
invece, è un antagonista <strong>di</strong> un<br />
recettore dei leucotrieni.
In relazione all’azione <strong>di</strong> questi<br />
due farmaci, si prenderanno in<br />
considerazione due geni che co<strong>di</strong>ficano<br />
per enzimi necessari alla<br />
sintesi dei leucotrieni – la 5-lipossigenasi<br />
(ALOX5) e la leucotriene<br />
C4 sintasi (LTC4S) – e due polimorfismi<br />
<strong>di</strong> questi geni che determinano<br />
un’alterazione della risposta<br />
agli antileucotrieni.<br />
In particolare, per quanto riguarda<br />
la 5-lipossigenasi, uno stu<strong>di</strong>o<br />
pubblicato su Nature Genetics nel<br />
1999 ha indagato l’associazione<br />
tra il polimorfismo -147Sp1 e la<br />
risposta all’inibitore ABT-761, un<br />
derivato del farmaco zileuton (4).<br />
Nella tabella 3 in questa pagina<br />
sono in<strong>di</strong>cati i risultati della ricerca.<br />
Si consideri che il polimorfismo<br />
consiste nella variazione del<br />
numero <strong>di</strong> ripetizioni <strong>di</strong> una<br />
sequenza <strong>di</strong> sei nucleoti<strong>di</strong> localizzati<br />
nel promotore (la regione che<br />
si trova a monte <strong>di</strong> ogni gene e che<br />
ne regola la trascrizione cioè, in<br />
pratica, la quantità <strong>di</strong> proteina<br />
prodotta), e che l’allele più comune<br />
ha cinque ripetizioni. Come si<br />
può osservare gli in<strong>di</strong>vidui che<br />
hanno un genotipo 5/5 (in<strong>di</strong>ca il<br />
numero <strong>di</strong> ripetizioni), hanno una<br />
risposta migliore <strong>di</strong> quelli che<br />
invece hanno le varianti polimorfiche<br />
(qualsiasi altro numero <strong>di</strong><br />
ripetizioni: 3, 4, o 6). In questo<br />
caso, a <strong>di</strong>fferenza dei due precedenti,<br />
l’eterozigote non dà risposta<br />
interme<strong>di</strong>a, quin<strong>di</strong> basta una<br />
dose del gene normale per ottenere<br />
la risposta desiderata. Inoltre,<br />
mentre nei casi precedenti la percentuale<br />
dei soggetti che non<br />
rispondevano alla terapia era<br />
piuttosto alta, in questo caso solo<br />
il 9 per cento <strong>degli</strong> esaminati si<br />
trova in questa situazione.<br />
Passando all’ultimo esempio <strong>di</strong> un<br />
polimorfismo che influenza la<br />
risposta agli antileucotrieni,<br />
anche in questo caso si tratta <strong>di</strong><br />
una mutazione nel promotore <strong>di</strong><br />
un gene, la leucotriene C4 sintasi<br />
o LTC4S (5). Il polimorfismo,<br />
meno noto dei precedenti, provoca<br />
il cambiamento <strong>di</strong> una base<br />
nucleoti<strong>di</strong>ca, da un’adenina a una<br />
citosina, e viene in<strong>di</strong>cato come<br />
-444 A/C. I ricercatori hanno analizzato<br />
un campione <strong>di</strong> 68 in<strong>di</strong>vi-<br />
tabella 3<br />
Associazione tra il gene della 5-lipossigenasi (polimorfismo -147Sp1) e la risposta all’ABT-761<br />
genotipo numero <strong>di</strong> pazienti risposta<br />
(variazione del FEV1)<br />
5/5 64 (56%) + 19%<br />
5/3, 4, 6 40 (35%) + 23%<br />
3, 4, 6/3, 4, 6 10 (9%) - 1%<br />
tabella 4<br />
Associazione tra il gene della leucotriene C 4 sintasi (polimorfismo -444A/C) e il zafirlukast<br />
genotipo numero <strong>di</strong> pazienti risposta<br />
(variazione del FEV1)<br />
A/A 34 (50%) + 9%<br />
A/C 30 (44%) + 9%<br />
C/C 4 (6%) - 3%<br />
IN PRATICA<br />
21
22<br />
dui, sud<strong>di</strong>videndoli in omozigoti<br />
A/A, eterozigoti A/C e omozigoti<br />
C/C. Circa il 6 per cento <strong>degli</strong><br />
in<strong>di</strong>vidui presi in considerazione<br />
sono omozigoti per il genotipo<br />
mutato e ancora una volta chi ha il<br />
genotipo più comune ha una<br />
risposta migliore al farmaco, in<br />
questo caso il zafirlukast.<br />
Quelle presentate sono in<strong>di</strong>cazioni<br />
<strong>di</strong> massima che potrebbero<br />
comunque aiutare a in<strong>di</strong>viduare<br />
quantomeno i soggetti non rispondenti<br />
a una certa terapia.<br />
Certamente alcuni <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> presentati<br />
sono stati condotti su<br />
numeri troppo piccoli <strong>di</strong> soggetti e<br />
andrebbero riconfermati in popolazioni<br />
più estese. Inoltre restano<br />
da indagare le possibili interazioni<br />
dei <strong>di</strong>versi genotipi. Queste<br />
ultime infatti potrebbero dare<br />
risultati <strong>di</strong>versi da quelli ottenuti<br />
considerando i polimorfismi singolarmente.<br />
Bibliografia<br />
◆ 1) Martinez FD et al. Association between genetic<br />
polymorphisms of the b2-adrenoceptor and response<br />
to albuterol in children with and without a history of<br />
wheezing. J Clin Invest 1997; 100: 3184.<br />
◆ 2) Tan S et al. Association between beta2 adrenoreceptor<br />
polymorphism and susceptibility to broncho<strong>di</strong>lator<br />
desensitisation in moderately severe stable<br />
asthmatic. Lancet 1997; 350: 995.<br />
◆ 3) Drazen JM et al. Treatment of asthma with drugs<br />
mo<strong>di</strong>fying the leukotriene pathway. N Engl J Med<br />
1999; 340: 197.<br />
◆ 4) Drazen JM et al. Pharmacogenetic association between<br />
ALOX5 promoter genotype and the response to<br />
anti-asthma treatment. Nat Genet 1999; 22: 168.<br />
◆ 5) Anderson W et al. Effects of polymorphisms in the<br />
promoter region of 5-lipoxygenase and LTC4 synthase<br />
on the clinical response to zafirlukast and fluticasone.<br />
Eur Respir 2000; 16 (S31): abstract 1360.
Malattie infettive<br />
La lunga convivenza tra microbi e umani<br />
ha dato origine a suscettibilità e resistenze<br />
S<br />
ulla Terra ci sono circa 3<br />
miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> microbi, che nel<br />
loro insieme costituiscono<br />
più o meno il 60 per cento della<br />
biomassa. Questi minuscoli esseri<br />
viventi, che sono comparsi sulla<br />
terra tre miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni prima <strong>di</strong><br />
piante e animali, hanno avuto un<br />
tempo straor<strong>di</strong>nariamente lungo<br />
per adattarsi a convivere con i<br />
loro ospiti. Durante questo lasso<br />
<strong>di</strong> tempo i germi non solo hanno<br />
escogitato sofisticati meccanismi<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa per sfuggire agli attacchi<br />
sferrati dall’uomo, ma hanno<br />
anche mo<strong>di</strong>ficato in maniera<br />
sostanziale molte delle sue attività<br />
biologiche nonché il suo <strong>genoma</strong><br />
(per esempio influenzando la presenza<br />
<strong>di</strong> polimorfismi specifici<br />
che possono favorire la resistenza<br />
ai germi).<br />
Nelle pagine precedenti si è parlato<br />
della mortalità associata alla<br />
tossicità dei farmaci, ma non si<br />
deve <strong>di</strong>menticare che ancora oggi<br />
circa 13 milioni <strong>di</strong> persone muoiono<br />
a causa delle infezioni batteriche<br />
e virali. In particolare le polmoniti<br />
colpiscono circa 3,5 milioni<br />
<strong>di</strong> persone; la <strong>di</strong>arrea circa 2,5;<br />
la tubercolosi 1,5; l’AIDS 2,3 e la<br />
malaria circa 15 milioni.<br />
La situazione è quin<strong>di</strong> ancora<br />
allarmante, nonostante in questi<br />
ultimi decenni siano intervenute<br />
Principi da ritenere<br />
■ è <strong>di</strong>mostrato che la suscettibilità e<br />
la resistenza ad alcune malattie<br />
infettive possono essere influenzate<br />
dalla costituzione genetica<br />
■ anche la risposta ad alcuni farmaci<br />
antivirali può avere una base<br />
genetica<br />
numerose misure (con<strong>di</strong>zioni<br />
ambientali, igieniche, <strong>di</strong> immunizzazione<br />
e farmacologiche) che<br />
hanno ridotto drasticamente i<br />
decessi dovuti a questi agenti<br />
patogeni (ve<strong>di</strong> le figure 1 e 2 a<br />
pagina 24 e 25).<br />
Resta comunque il fatto che alcune<br />
persone sopravvivono alle<br />
malattie infettive e altre no, un<br />
fenomeno questo dovuto principalmente<br />
alla costituzione genetica<br />
dei singoli in<strong>di</strong>vidui. E’ il patrimonio<br />
genetico, infatti, a influenzare,<br />
insieme all’ambiente, non<br />
solo la probabilità <strong>di</strong> contrarre<br />
una malattia virale o batterica, ma<br />
anche la progressione della malattia<br />
stessa, nonché le complicazioni<br />
che ne possono derivare. E que-<br />
Giuseppe Novelli<br />
Dipartimento<br />
<strong>di</strong> biopatologia<br />
e <strong>di</strong>agnostica<br />
per immagini,<br />
sezione <strong>di</strong> genetica<br />
<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Roma<br />
Tor Vergata<br />
IN PRATICA<br />
23
24<br />
figura 1<br />
I due grafici<br />
rappresentano<br />
le cause <strong>di</strong> morte<br />
rispettivamente<br />
nel 1900<br />
e nel 1997<br />
(in percentuale)<br />
5,2<br />
1900<br />
1997<br />
8,0<br />
5,1<br />
6,9<br />
23,3<br />
8,1<br />
4,7<br />
4,5<br />
4,1<br />
3,7<br />
10,2<br />
3,7<br />
2,7<br />
31,4<br />
2,6<br />
sto è tanto vero che oggi si pensa<br />
che la componente genetica nelle<br />
malattie infettive sia almeno doppia<br />
rispetto alle stime <strong>di</strong> qualche<br />
anno fa.<br />
Il gene CFTR<br />
e Pseudomonas aeruginosa<br />
11,3<br />
Per quanto riguarda gli agenti<br />
patogeni che colpiscono l’uomo,<br />
un esempio particolarmente illustrativo<br />
dell’interazione tra il patrimonio<br />
genetico dell’ospite e<br />
quello dell’agente infettivo è il batterio<br />
Pseudomonas aeruginosa.<br />
La lettura della sequenza genomica<br />
<strong>di</strong> questo germe ha rivelato che<br />
esso contiene una grande quantità<br />
<strong>di</strong> geni regolatori, un fatto questo<br />
che risulterebbe dall’ essere venuto<br />
in contatto con il <strong>genoma</strong> <strong>di</strong><br />
molti ospiti e dalla forte competizione<br />
con gli altri microrganismi.<br />
2,3<br />
1,3<br />
1,1<br />
1,1<br />
tubercolosi<br />
polmonite<br />
<strong>di</strong>arrea<br />
malattia car<strong>di</strong>ovascolare<br />
malattia epatica<br />
incidenti<br />
ictus<br />
cancro<br />
bronchite<br />
<strong>di</strong>fterite<br />
malattia car<strong>di</strong>ovascolare<br />
cancro<br />
ictus<br />
malattia polmonare cronica<br />
incidenti<br />
polmonite/influenza<br />
<strong>di</strong>abete<br />
suici<strong>di</strong>o<br />
malattia renale cronica<br />
malattia epatica cronica<br />
Nella comunità me<strong>di</strong>co-scientifica,<br />
pseudomonas gode <strong>di</strong> una cattiva<br />
fama, dovuta da un lato alla<br />
sua resistenza alle classi più<br />
aggressive <strong>di</strong> antibiotici e dall’altro<br />
al fatto che questo microbo è<br />
tra i primi in classifica come causa<br />
<strong>di</strong> malattie nell’uomo. In particolare,<br />
questo agente infettivo è<br />
associato a una patologia ere<strong>di</strong>taria<br />
piuttosto frequente: la fibrosi<br />
cistica. Circa il 10 per cento dei<br />
malati, infatti, all’esor<strong>di</strong>o della<br />
malattia, ha un’infezione dovuta<br />
alla colonizzazione da pseudomonas,<br />
una percentuale questa<br />
che cresce fino al 100 per cento<br />
per i malati cronici. Si tratta <strong>di</strong><br />
una colonizzazione che può essere<br />
molto specifica; ci sono cioè ceppi<br />
<strong>di</strong> Pseudomonas aeruginosa che<br />
infettano solo alcuni gruppi <strong>di</strong><br />
pazienti, un’osservazione questa<br />
che fa supporre l’esistenza <strong>di</strong> una
antibiotici<br />
migliori<br />
con<strong>di</strong>zioni<br />
igieniche<br />
complementarità tra l’ospite e l’agente<br />
infettivo in questione.<br />
Oggi si sa che il Cystic Fibrosis<br />
Transmembrane Conductance Regulator<br />
(CFTR), la proteina che se<br />
mutata è responsabile dello sviluppo<br />
della fibrosi cistica, è uno<br />
dei principali canali del cloro<br />
della cellula; la sua funzione però<br />
non si limita solo al trasporto <strong>di</strong><br />
ioni, ma si estende anche ad altri<br />
soluti, come il glutatione, o altri<br />
aminoaci<strong>di</strong> e recentemente il<br />
bicarbonato.<br />
Inoltre si è fatta l’ipotesi che<br />
CFTR possa essere valido anche<br />
come recettore per Pseudomonas<br />
aeruginosa: quando il canale funziona,<br />
il batterio viene inglobato<br />
nella cellula e <strong>di</strong>strutto con enzimi<br />
proteolitici; nei soggetti affetti<br />
da fibrosi cistica, invece, il malfunzionamento<br />
del recettore provocherebbe<br />
una maggiore sensibi-<br />
alimentazione migliore<br />
<strong>di</strong>minuisce la suscettibilità<br />
dell’ospite<br />
<strong>di</strong>minuiscono<br />
le malattie<br />
infettive<br />
<strong>di</strong>minuisce la trasmissione<br />
<strong>di</strong> malattie<br />
vaccinazioni<br />
figura 2<br />
Le con<strong>di</strong>zioni che hanno determinato la riduzione delle malattie infettive<br />
abitazioni<br />
migliori<br />
acqua<br />
e cibi<br />
più sicuri<br />
lità all’infezione da parte del batterio.<br />
Sulla scia <strong>di</strong> questa ipotesi, alcuni<br />
stu<strong>di</strong>osi hanno indagato se esista<br />
una correlazione tra mutazioni<br />
<strong>di</strong>verse del gene CFTR (che determinano<br />
fenotipi più o meno gravi<br />
della malattia) e il grado <strong>di</strong> colonizzazione<br />
da pseudomonas. I<br />
risultati in<strong>di</strong>cano che, se si considerano<br />
le mutazioni singolarmente,<br />
non c’è una correlazione; se<br />
però si considerano i due gruppi<br />
<strong>di</strong> mutazioni che generalmente<br />
sono associati a due fenotipi<br />
ormai accertati nella fibrosi cistica,<br />
cioè l’insufficenza e la sufficienza<br />
pancreatica (in<strong>di</strong>cate<br />
rispettivamente come PI e PS), si<br />
può osservare che la percentuale<br />
<strong>di</strong> colonizzazione da pseudomonas<br />
nei due gruppi è significativamente<br />
<strong>di</strong>versa (ve<strong>di</strong> la figura 3 a<br />
pagina 27): negli in<strong>di</strong>vidui con il<br />
IN PRATICA<br />
25
Convivenze<br />
che lasciano<br />
il segno<br />
Un esempio evidente <strong>di</strong> come e<br />
quanto un agente infettivo<br />
possa influenzare l’attività biologica<br />
del suo ospite è rappresentato da un<br />
batterio della famiglia delle richettsiacee<br />
(batteri gram negativi responsabili<br />
<strong>di</strong> varie malattie, tra le<br />
quali il tifo): la Wolbachia. Questo<br />
batterio era praticamente sconosciuto<br />
fino agli anni novanta, ma a partire<br />
da quel periodo 21 gruppi <strong>di</strong><br />
ricerca nel mondo hanno concentrato<br />
i loro sforzi sullo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> questo<br />
germe, pubblicando almeno 127<br />
articoli sull’argomento. Si tratta <strong>di</strong><br />
un batterio simbionte che vive nel<br />
citoplasma <strong>di</strong> circa il 15-20 per cento<br />
delle specie <strong>di</strong> insetti conosciute,<br />
oltre che <strong>degli</strong> aracni<strong>di</strong> e dei nemato<strong>di</strong>.<br />
Il microbo si localizza soprattutto nel<br />
citoplasma delle cellule germinali<br />
dell’ospite e viene trasmesso dalle<br />
26<br />
fenotipo più grave l’infezione è<br />
precoce e più grave.<br />
Da quanto detto finora si potrebbe<br />
pensare che sia sufficiente stabilire<br />
un nesso tra l’espressione<br />
del gene CFTR e la sua l’attività<br />
biologica, per capire se un paziente<br />
in esame è resistente all’infezione<br />
o meno. Nel caso specifico,<br />
se in un certo soggetto il canale è<br />
espresso (e lo si può capire analizzando<br />
l’RNA messaggero) e se<br />
questa espressione è correlata,<br />
per esempio, a una minore suscettibilità<br />
all’infezione, allora l’in<strong>di</strong>viduo<br />
in esame è resistente.<br />
Purtroppo non è tutto così semplice,<br />
proprio perché non sempre<br />
esiste un rapporto <strong>di</strong>retto tra l’espressione<br />
<strong>di</strong> un gene e l’attività<br />
femmine alla loro progenie, un po’<br />
come se fosse un fattore citoplasmatico<br />
materno ere<strong>di</strong>tario. Poiché quin<strong>di</strong><br />
la trasmissione del batterio <strong>di</strong>pende<br />
dalla produzione <strong>di</strong> femmine, la<br />
Wolbachia tende a favorire queste<br />
ultime nel rapporto numerico tra i<br />
due sessi e lo fa con modalità <strong>di</strong>verse.<br />
In alcune specie <strong>di</strong> insetti, per<br />
esempio, il batterio trasforma i<br />
maschi infetti in femmine; in altre,<br />
attraverso un meccanismo noto come<br />
incompatibilità citoplasmatica,<br />
impe<strong>di</strong>sce gli incroci che darebbero<br />
origine a una progenie non infetta<br />
(per esempio i maschi infetti non<br />
possono fertilizzare uova non infette).<br />
Infine c’è anche il caso estremo<br />
<strong>di</strong> alcune specie <strong>di</strong> vespe, in cui la<br />
presenza della Wolbachia induce la<br />
riproduzione delle femmine per partenogenesi.<br />
Se un batterio è in grado<br />
<strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare un processo così importante<br />
come la riproduzione <strong>di</strong> svariate<br />
specie <strong>di</strong> insetti, ci si può immaginare<br />
quale enorme influenza i microbi<br />
in genere possano avere sul <strong>genoma</strong><br />
dell’uomo con il quale sono in<br />
contatto da moltissimo tempo.<br />
biologica del suo prodotto nell’organismo.<br />
Proprio la fibrosi cistica<br />
ne è un esempio: nei malati con la<br />
mutazione G551D, una <strong>di</strong> quelle<br />
che provocano il fenotipo più<br />
grave, il canale del cloro viene<br />
prodotto (e quin<strong>di</strong> il suo RNA<br />
viene espresso), ma la proteina<br />
viene degradata prima <strong>di</strong> raggiungere<br />
la membrana e quin<strong>di</strong>, a tutti<br />
gli effetti, non funziona. La situazione<br />
è perciò uguale a quella<br />
<strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui in cui il canale non<br />
viene espresso per niente.<br />
La funzionalità del canale quin<strong>di</strong><br />
non è strettamente correlata all’espressione<br />
del gene nella cellula,<br />
perché intervengono, oltre alla<br />
trascrizione del gene, anche almeno<br />
altre due tappe – la traduzione<br />
e il riciclo della proteina – che<br />
hanno altrettanta importanza nel<br />
determinare il fenotipo.<br />
Il motivo della colonizzazione da<br />
pseudomonas nei malati <strong>di</strong> fibrosi<br />
cistica va quin<strong>di</strong> cercato altrove.<br />
L’infezione potrebbe essere dovuta,<br />
per esempio, all’elevata concentrazione<br />
<strong>di</strong> cloruro so<strong>di</strong>co presente<br />
sulle membrane quando il<br />
canale del cloro non funziona e<br />
non fa passare il cloruro <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o.<br />
Quest’ultimo infatti inibisce, ad<br />
alcune concentrazioni, le defensine,<br />
sostanze prodotte dall’organismo<br />
per <strong>di</strong>fendersi dai batteri. Se<br />
questa ipotesi fosse vera allora il<br />
meccanismo della suscettibilità a<br />
pseudomonas sarebbe in<strong>di</strong>retto,<br />
pur sembrando apparentemente<br />
legato all’assenza <strong>di</strong> un recettore<br />
geneticamente mo<strong>di</strong>ficato.<br />
AIDS, resistenza<br />
e suscettibilità<br />
Per ritornare alla questione più<br />
generale della pre<strong>di</strong>sposizione<br />
genetica alle malattie infettive,<br />
alcuni esempi <strong>di</strong> geni che determinano<br />
la suscettibilità sono in<strong>di</strong>cati<br />
nella tabella 1 in questa pagina.
tabella 1<br />
Esempi <strong>di</strong> alcuni alleli e delle suscettibilità alle malattie infettive che possono determinare<br />
allele/gene metabolismo alterato agente esterno induzione malattia/resistenza<br />
IFNGR1, IFNGR2 risposta immune micobatteri/salmonella micobatteriosi atipica<br />
IL12RB1, IL12B familiare<br />
IL1 ignoto ignoto periodontiti<br />
FcgammaRIIIA risposta immune HHV-8 sarcoma <strong>di</strong> Kaposi<br />
HLA DRB1*14, DQB1*0301 risposta immune (?) Trypanosoma cruzi resistenza alla car<strong>di</strong>omiopatia<br />
infettiva da Trypanosoma cruzi<br />
IFNgamma/IFNgammaR risposta immune micobatterio tubercolosi<br />
IL12/IL12R<br />
P53 risposta immune HPV16, HPV18 rischio <strong>di</strong> cancro<br />
della cervice da HPV<br />
CFTR internalizzazione pseudomonas infezione polmonare<br />
CX3CR1 risposta immune HIV1 AIDS (?)<br />
CCR5, CCR2, SDF1 risposta immune HIV1 AIDS<br />
HLAB53 risposta immune Plasmo<strong>di</strong>um falciparum malaria<br />
HLAII-DRB1*1302<br />
HLA DRB1*0401 risposta immune Borrella burgdofori artrite <strong>di</strong> Lyme<br />
Tra questi c’è probabilmente un<br />
solo caso – una forma familiare <strong>di</strong><br />
micobatteriosi – <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>sposizione<br />
determinata da mutazioni classiche<br />
in un gruppo <strong>di</strong> geni. In que-<br />
Percentuale <strong>di</strong> malati senza infezione da P. aeruginosa<br />
100<br />
75<br />
50<br />
25<br />
sto caso i genitori sono portatori<br />
sani e i figli che sono omozigoti<br />
per la mutazione contraggono<br />
infezioni da tutti i micobatteri esistenti<br />
al mondo. Ci sono poi altri<br />
genotipi<br />
PS/PI e PS/PS<br />
genotipo<br />
PI/PI<br />
0<br />
0 10<br />
20<br />
età (anni)<br />
30<br />
40<br />
IN PRATICA<br />
figura 3<br />
Il grafico in<strong>di</strong>ca come<br />
l’infezione<br />
da P.aeurginosa<br />
colpisca soprattutto<br />
(e precocemente)<br />
i malati <strong>di</strong> fibrosi cistica<br />
portatori <strong>di</strong> mutazioni<br />
che determinano<br />
un fenotipo<br />
con insufficienza<br />
pancreatica.<br />
PI = mutazione<br />
associata a insufficienza<br />
pancreatica<br />
PS = mutazione associata<br />
a sufficienza pancreatica<br />
27
28<br />
Abacavir<br />
alla prova<br />
del DNA<br />
In un incontro avvvenuto<br />
alla New York Academy of<br />
Sciences, Allen Roses, <strong>di</strong>rettore<br />
mon<strong>di</strong>ale della genetica <strong>di</strong><br />
GlaxoSmithKline, ha annunciato<br />
che la società farmaceutica<br />
sta avviando una ricerca<br />
<strong>di</strong> farmacogenetica sull’ipersensibilità<br />
all’abacavir, una<br />
casi <strong>di</strong> alleli che determinano la<br />
suscettibilità a un gruppo <strong>di</strong> agenti<br />
infettivi.<br />
Naturalmente il panorama è ampio<br />
e comprende alcuni polimorfismi<br />
nella proteina p53 che sono<br />
correlati al tipo <strong>di</strong> risposta immunitaria<br />
contro i papilloma virus 16<br />
e 18, e quin<strong>di</strong> al rischio <strong>di</strong> sviluppare<br />
un cancro alla cervice. Per<br />
non parlare <strong>degli</strong> esempi storici<br />
che riguardano l’HLA e la correlazione<br />
con la malaria o la tubercolosi.<br />
L’esempio più stu<strong>di</strong>ato in assoluto<br />
resta però quello del virus HIV-1,<br />
responsabile dell’AIDS. Si sa da<br />
tempo, infatti, che alcuni soggetti<br />
sono maggiormente suscettibili<br />
all’infezione da parte del virus,<br />
mentre altri sono ad<strong>di</strong>rittura resistenti<br />
e, pur venendo a contatto<br />
regolarmente con il germe, non ne<br />
vengono mai contagiati.<br />
A questo proposito una revisione<br />
pubblicata sull’Annual Review of<br />
Genetics illustra i risultati <strong>di</strong> una<br />
ricerca condotta, in un campione<br />
<strong>di</strong> oltre 10.000 soggetti a rischio<br />
<strong>di</strong> AIDS, per verificare come i<br />
polimorfismi <strong>di</strong> alcuni geni influenzino<br />
la resistenza o la suscettibilità<br />
all’infezione.<br />
L’eterogeneità <strong>di</strong> risposta all’infe-<br />
molecola utilizzata nella terapia<br />
dell’AIDS.<br />
Nel 4 per cento circa dei soggetti<br />
che assumono l’abacavir<br />
si manifesta una reazione <strong>di</strong><br />
ipersensibilità, alla quale consegue<br />
necessariamente la sospensione<br />
della terapia.<br />
Poiché i sintomi dell’ipersensibilità<br />
sono molto aspecifici<br />
(febbre) e confon<strong>di</strong>bili con<br />
quelli caratteristici del quadro<br />
clinico <strong>di</strong> questi pazienti, è <strong>di</strong>fficile<br />
capire quando è davvero<br />
necessaria la sospensione del-<br />
la terapia. Lo stu<strong>di</strong>o si propone<br />
quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> identificare i marcatori<br />
genetici dell’ipersensibilità,<br />
per in<strong>di</strong>viduare i soggetti<br />
in cui tale reazione è<br />
probabile.<br />
«Stiamo usando la mappa<br />
dello SNP Consortium – ha<br />
commentato Roses – per costruire<br />
un pannello <strong>di</strong> 200<br />
mila marcatori da usare in<br />
questo stu<strong>di</strong>o che dovrebbe<br />
durare due anni e consentirci<br />
<strong>di</strong> raccogliere dati importanti<br />
per la terapia con abacavir».<br />
zione, nei soggetti presi in esame,<br />
è stata valutata in base a <strong>di</strong>versi<br />
parametri, come:<br />
■ l’infezione con HIV;<br />
■ la velocità <strong>di</strong> progressione<br />
nella forma più grave della malattia;<br />
■ la presenza <strong>di</strong> complicanze<br />
connesse con l’infezione primaria<br />
(il sarcoma <strong>di</strong> Kaposi, il linfoma,<br />
le infezioni opportunistiche);<br />
■ la risposta immunitaria all’agente<br />
infettivo;<br />
■ l’efficacia e gli eventuali effetti<br />
collaterali della terapia antiretrovirale.<br />
Per quanto riguarda i geni can<strong>di</strong>dati,<br />
si calcola che quelli coinvolti<br />
nel meccanismo dell’infezione<br />
siano centinaia (recettori, corecettori,<br />
citochine e loro recettori,<br />
fattori <strong>di</strong> trascrizione, geni che<br />
regolano la risposta immunitaria<br />
eccetera), ma i ricercatori del<br />
National Cancer Institute del<br />
Maryland, negli Stati Uniti, ne<br />
hanno presi in considerazione<br />
<strong>di</strong>eci, tra cui quelli che co<strong>di</strong>ficano<br />
per i corecettori CCR5 e CCR2<br />
(siti <strong>di</strong> legame <strong>di</strong> alcune citochine),<br />
necessari al virus per penetrare<br />
nella cellula.<br />
I polimorfismi presi in considerazione<br />
sono tutti alleli presenti
comunemente nella popolazione e<br />
la cui presenza può ritardare o<br />
accelerare la progressione della<br />
malattia.<br />
Uno dei più importanti è<br />
CCR5delta32, una delezione nel<br />
recettore CCR5 che determina uno<br />
scivolamento della lettura della<br />
sequenza. La mutazione ha un<br />
effetto protettivo, che si esplica<br />
soprattutto in omozigosi (quando<br />
entrambi gli alleli sono mutati).<br />
La stessa osservazione vale anche<br />
per il polimorfismo CCR2-641:<br />
entrambe le mutazioni hanno la<br />
capacità <strong>di</strong> ritardare la progressione<br />
della malattia <strong>di</strong> circa 2-5<br />
anni.<br />
D’altro canto ci sono esempi <strong>di</strong><br />
polimorfismi che aumentano la<br />
suscettibilità all’infezione e uno <strong>di</strong><br />
questi è l’allele B35 del gene HLA<br />
<strong>di</strong> classe 1, che, in omozigosi, ha<br />
un effetto <strong>di</strong> accelerazione dell’AIDS<br />
particolarmente grave.<br />
Il secondo esempio <strong>di</strong> polimorfismo<br />
che accelera, dai 2 ai 5 anni,<br />
la progressione della malattia è<br />
rappresentato dall’allele IL10 5’A,<br />
una mutazione che coinvolge il<br />
promotore dell’interleuchina 10.<br />
Occorre ricordare comunque che<br />
l’interazione tra più alleli può<br />
alterare completamente l’effetto<br />
dei singoli polimorfismi. Un<br />
esempio <strong>di</strong> questo fenomeno è<br />
rappresentato, per esempio, dall’interazione<br />
<strong>di</strong> tre polimorfismi<br />
(CCR5delta32, CCR2-641 e IL10<br />
5’A) che mo<strong>di</strong>fica le curve <strong>di</strong><br />
sopravvivenza rispetto ai singoli<br />
polimorfismi.<br />
I ricercatori hanno anche cercato<br />
<strong>di</strong> dare una spiegazione funzionale<br />
a quanto osservato.<br />
In particolare, per il polimorfismo<br />
CCR5delta32, la protezione nei<br />
confronti dell’infezione sarebbe<br />
strettamente legata al fatto che il<br />
recettore funziona, insieme a<br />
CD4, come porta d’ingresso per il<br />
virus, che può iniziare a prolifera-<br />
re nella cellula infettata. La mancanza<br />
<strong>di</strong> 32 nucleoti<strong>di</strong> provoca<br />
uno slittamento nella sequenza<br />
del DNA per cui viene prodotto un<br />
recettore non funzionante, che<br />
non raggiunge la membrana. In<br />
questo modo l’entrata del virus<br />
viene ritardata.<br />
Il gene IL10, invece, co<strong>di</strong>fica per<br />
una citochina che, tra le altre<br />
cose, inibisce anche la produzione<br />
del virus HIV-1 nei macrofagi. Il<br />
polimorfismo IL10 5’A colpisce il<br />
promotore del gene e inibisce la<br />
trascrizione <strong>di</strong> citochina, favorendo<br />
<strong>di</strong> conseguenza l’infezione e la<br />
progressione della malattia.<br />
La conoscenza dei polimorfismi <strong>di</strong><br />
Nella genetica<br />
il futuro<br />
dei vaccini<br />
La conoscenza del <strong>genoma</strong> dei<br />
microrganismi sta influenzando<br />
ra<strong>di</strong>calmente anche l’approccio<br />
alla produzione <strong>di</strong> nuovi vaccini,<br />
tanto che sempre più si parla <strong>di</strong><br />
immunogenetica inversa. Un termine<br />
questo che crea una contrapposizione<br />
con il vecchio approccio in<br />
cui la produzione <strong>di</strong> un vaccino partiva<br />
dalla malattia infettiva, da qui<br />
passava alla scoperta del microrganismo<br />
responsabile, dell’antigene<br />
<strong>di</strong> membrana specifico, dell’epitopo<br />
(cioè la porzione dell’antigene cui<br />
si lega l’anticorpo) fino alla produzione<br />
del vaccino vero e proprio.<br />
Questo processo è ora invertito,<br />
perché, pur partendo sempre dalla<br />
malattia, si sfrutta la conoscenza<br />
genetica del microrganismo per<br />
arrivare, attraverso l’analisi delle<br />
sue proteine <strong>di</strong> membrana, a identificare<br />
i possibili bersagli per la<br />
sintesi del vaccino.<br />
Un esempio <strong>di</strong> questo approccio è<br />
IN PRATICA<br />
rappresentato dal recente vaccino<br />
contro la meningite, ottenuto con<br />
un processo che è partito dai dati<br />
ricavati dal sequenziamento del<br />
batterio Nesseira meningiti<strong>di</strong>s.<br />
Questi ultimi sono stati analizzati<br />
da un computer, per identificare gli<br />
eventuali bersagli per un vaccino.<br />
Sono state trovate 570 sequenze<br />
potenzialmente utili (che co<strong>di</strong>ficano<br />
per proteine secrete o <strong>di</strong> membrana)<br />
e da queste si è arrivati a identificare<br />
350 proteine come possibili<br />
bersagli per il vaccino.<br />
Con queste sono stati immunizzati<br />
alcuni topi <strong>di</strong> laboratorio e dagli<br />
anticorpi prodotti si sono selezionate<br />
due proteine bersaglio per lo sviluppo<br />
<strong>di</strong> eventuali farmaci.<br />
Per il futuro ci si aspetta che la<br />
banca dati sui genomi batterici sviluppata<br />
da Craig Venter, fondatore<br />
della Celera Genomics, e dal suo<br />
gruppo <strong>di</strong> ricerca fornisca informazioni<br />
per lo sviluppo <strong>di</strong> nuovi farmaci.<br />
Venter stima infatti che presto<br />
ci saranno circa 300 mila nuovi<br />
geni da stu<strong>di</strong>are, della cui funzione<br />
non si sa ancora nulla, ma che<br />
potrebbero fornire informazioni<br />
utili per nuovi vaccini.<br />
29
MRP4<br />
e la resistenza alla<br />
terapia antivirale<br />
La mancata efficacia, in alcuni<br />
pazienti, della terapia contro<br />
l’AIDS, potrebbe essere dovuta<br />
non solo a virus HIV resistenti, ma<br />
anche all’eccessiva espressione <strong>di</strong><br />
un gene, MRP4. Lo sostiene uno<br />
stu<strong>di</strong>o, pubblicato nel 1999 sulla<br />
rivista Nature Me<strong>di</strong>cine da ricercatori<br />
del St. Jude Children’s<br />
Research Hospital <strong>di</strong> Memphis,<br />
negli Stati Uniti.<br />
Da tempo si sa che la terapia contro<br />
la temibile infezione non funziona<br />
allo stesso modo in tutti i<br />
soggetti, così come è noto che la<br />
resistenza ai farmaci (AZT, ddC,<br />
ddl, d4T 3TC e abacavir) può essere<br />
dovuta alla presenza <strong>di</strong> ceppi<br />
resistenti <strong>di</strong> virus HIV.<br />
L’osservazione che la terapia può<br />
non essere efficace anche in soggetti<br />
infettati da ceppi HIV non<br />
resistenti ha indotto gli stu<strong>di</strong>osi<br />
statunitensi a concentrare i loro<br />
sforzi sulla ricerca <strong>di</strong> una spiegazione<br />
a questo fenomeno.<br />
30<br />
«Abbiamo osservato che l’espressione<br />
abnorme del gene MRP4 era<br />
responsabile della resistenza delle<br />
cellule T alla terapia con AZT e<br />
con un altro farmaco sperimentale<br />
- <strong>di</strong>chiara in proposito John<br />
Schuetz, coor<strong>di</strong>natore dello stu<strong>di</strong>o<br />
in questione -. Anche in con<strong>di</strong>zioni<br />
normali la proteina co<strong>di</strong>ficata<br />
da MRP4 pompa i farmaci nucleosi<strong>di</strong>ci<br />
fuori dalla cellula, ma la sua<br />
eccessiva espressione ne amplifica<br />
a tal punto l’azione che la concentrazione<br />
dei farmaci nelle cellule<br />
<strong>di</strong>venta troppo bassa per avere<br />
qualsiasi effetto».<br />
L’identificazione <strong>di</strong> questa alterazione<br />
potrebbe consentire <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>stinguere a priori i soggetti che<br />
risponderanno alla terapia da<br />
quelli che invece non lo faranno.<br />
A questo si aggiunga che questo<br />
tipo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> apre la strada alla<br />
ricerca <strong>di</strong> eventuali inibitori dell’azione<br />
<strong>di</strong> MRP4. Per non parlare<br />
del fatto che questa scoperta<br />
potrebbe aiutare a capire la risposta<br />
ai farmaci anche nel caso <strong>di</strong><br />
altre malattie infettive, come l’epatite<br />
B e il citomegalovirus, che<br />
sono anch’esse curate con farmaci<br />
nucleosi<strong>di</strong>ci.<br />
suscettibilità e <strong>di</strong> resistenza, della<br />
loro frequenza e delle loro possibili<br />
interazioni può essere utilizzata<br />
non solo a livello <strong>di</strong> singolo<br />
in<strong>di</strong>viduo, ma anche <strong>di</strong> popolazione,<br />
per pre<strong>di</strong>re il rischio <strong>di</strong> ammalarsi<br />
una volta venuti in contatto<br />
con l’agente infettivo.<br />
L’unica questione da considerare,<br />
nel caso <strong>di</strong> intere popolazioni, è il<br />
fatto che la frequenza dei polimorfismi<br />
appena descritti è<br />
molto variabile secondo i gruppi<br />
etnici presi in considerazione. Per<br />
esempio, la frequenza dell’allele<br />
CCR5delta32, che conferisce la<br />
resistenza all’infezione, si aggira<br />
intorno al 10 per cento nella<br />
popolazione caucasica, ma lo stesso<br />
allele è assente nelle popolazioni<br />
del Sudest asiatico e dell’Africa,<br />
il che potrebbe spiegare in parte i<br />
motivi della forte epidemia in<br />
questi paesi (ve<strong>di</strong> la figura a pagina<br />
13).<br />
Laddove però l’informazione sul<br />
rischio <strong>di</strong> malattia <strong>di</strong> una popolazione<br />
sia <strong>di</strong>sponibile, questa può<br />
rivelarsi molto utile non solo per i<br />
programmi <strong>di</strong> prevenzione su<br />
larga scala, ma anche per lo sviluppo<br />
<strong>di</strong> farmaci sempre più efficaci.<br />
Bibliografia<br />
◆ Dermott et al. Genetic polymorphism in CX3CR1 and<br />
risk of HIV <strong>di</strong>sease. Science 2000; 290: 2031.<br />
◆ Kramnik I et al. Genetic control of resistence to experimental<br />
infection with virulent mycobacterium tubercolosis.<br />
Proc Natl Acad Sci USA 2000; 18: 8560.<br />
◆ O’Brien SJ et al. Polygenic and multifactorial <strong>di</strong>sease<br />
gene association in man: lessons from Aids. Annu Rev<br />
Genet 2000; 34: 563.<br />
◆ Parsonnet J. Microbes and Malignancy. Infection as a<br />
cause of human cancer. New York: Oxford University<br />
Press, 1999.<br />
◆ TIGR Microbial Database: a listing of published microbial<br />
genomes and chromosomes<br />
http://www.tigr.org/tdb/mdb/mdbcomplete.html<br />
◆ Turelli M et al. Cytoplasmic incompatibility in<br />
Drosophila simulans: dynamics and parameter estimates<br />
from natural populations. Genetics 1995;<br />
140: 1319.<br />
◆ Schilthuizen M et al. Horizontal transmission of parthenogenesis-inducing<br />
microbes in Trichogramma<br />
wasps. Proc R Soc Lond B Biol Sci 1997; 264: 361.<br />
◆ Science Special Section: Microbes, Immunity and<br />
Disease. Science 2000; 284: 1301.<br />
◆ Schuetz JD et al. MRP4: a previously unidentified factor<br />
in resistance to nucleoside-based antiviral drugs.<br />
Nat Med 1999; 5: 1048.<br />
◆ Wren BW et al. Microbial genome analysis: insights<br />
into virulence, host adaptation and evolution. Nature<br />
Reviews 2000; 1: 30.<br />
◆ Young D. A post-genomic perspective. Nature<br />
Me<strong>di</strong>cine 2001; 7: 11.
Diabete mellito <strong>di</strong> tipo 2<br />
Tre polimorfismi spiegherebbero<br />
i casi <strong>di</strong> insuccesso delle sulfaniluree<br />
N<br />
el corso <strong>degli</strong> ultimi anni,<br />
dopo una fase <strong>di</strong> stasi nella<br />
ricerca farmacologica per<br />
il <strong>di</strong>abete, sono stati scoperti<br />
nuovi farmaci per la terapia <strong>di</strong><br />
questo <strong>di</strong>sturbo, alcuni già entrati<br />
in uso, altri che saranno presto<br />
<strong>di</strong>sponibili in farmacia.<br />
<strong>Farmaci</strong> innovativi<br />
Accanto ai trattamenti classici con<br />
le sulfaniluree (glibenclamide, gliburide,<br />
glipizide e glimepiride) e<br />
con le biguani<strong>di</strong> (metformina) è<br />
stata, per esempio, introdotta una<br />
classe <strong>di</strong> inibitori dell’alfaglucosidasi,<br />
un enzima localizzato nell’intestino<br />
che scinde gli zuccheri<br />
complessi in zuccheri semplici. A<br />
questi si aggiunge una nuova classe<br />
<strong>di</strong> derivati dell’acido benzoico<br />
(repaglinide) che agiscono con un<br />
meccanismo simile a quello delle<br />
sulfaniluree, ovvero stimolando la<br />
secrezione <strong>di</strong> insulina da parte<br />
della cellula pancreatica.<br />
Una categoria molto innovativa <strong>di</strong><br />
farmaci, poi, è rappresentata dai<br />
tiazoli<strong>di</strong>ne<strong>di</strong>oni (rosiglitazone,<br />
pioglitazone), che dovrebbero<br />
entrare in commercio quest’anno<br />
anche in Italia e che rappresentano<br />
un primo esempio <strong>di</strong> molecole<br />
capaci <strong>di</strong> aumentare la sensibilità<br />
all’insulina. Infine ci sono <strong>di</strong>verse<br />
Principi da ritenere<br />
■ i casi <strong>di</strong> insuccesso della terapia<br />
con sulfaniluree potrebbero essere<br />
associati a tre polimorfismi, uno nel<br />
gene IRS-1 e due nel gene SUR-1<br />
■ sono necessari nuovi stu<strong>di</strong> per<br />
confermare queste prime in<strong>di</strong>cazioni<br />
insuline mo<strong>di</strong>ficate o analoghi<br />
dell’insulina, utilizzati per l’ottimizzazione<br />
della terapia.<br />
Nella figura 1 a pagina 32 è riassunto<br />
schematicamente il meccanismo<br />
<strong>di</strong> azione dei farmaci appena<br />
citati. In particolare, le sulfaniluree<br />
agiscono a livello pancreatico<br />
stimolando la secrezione <strong>di</strong><br />
insulina, che da un lato inibisce la<br />
produzione <strong>di</strong> glucosio da parte<br />
del fegato, e dall’altro agisce sui<br />
muscoli e sul tessuto a<strong>di</strong>poso,<br />
aumentando l’utilizzo del glucosio.<br />
Gli inibitori dell’alfaglucosidasi,<br />
invece, riducono l’assorbimento<br />
dei carboidrati semplici a<br />
livello del tratto intestinale, e i<br />
glitazonici agiscono a livello del<br />
tessuto muscolare e <strong>di</strong> quello a<strong>di</strong>poso<br />
<strong>di</strong>fferenziando i prea<strong>di</strong>pociti<br />
Giorgio Sesti<br />
Cattedra <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina<br />
interna<br />
<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Catanzaro<br />
Magna Graecia<br />
IN PRATICA<br />
31
32<br />
inibitori<br />
dell’alfaglucosidasi<br />
(–)<br />
intestino<br />
biguani<strong>di</strong><br />
assorbimento<br />
<strong>di</strong> carboidrati<br />
(–)<br />
glucosio plasmatico<br />
produzione<br />
<strong>di</strong> glucosio<br />
sulfaniluree (+) pancreas<br />
fegato (–)<br />
secrezione<br />
d’insulina<br />
figura 1<br />
Il meccanismo <strong>di</strong> azione <strong>di</strong> alcuni farmaci ipoglicemizzanti. Le frecce in<strong>di</strong>cano il tipo <strong>di</strong> azione dei farmaci in esame<br />
–<br />
in a<strong>di</strong>pociti e aumentando la captazione<br />
del glucosio.<br />
I due esempi <strong>di</strong> farmacogenetica<br />
nel <strong>di</strong>abetico <strong>di</strong> tipo 2 presentati<br />
in questa occasione riguardano<br />
l’azione delle sulfaniluree e sono<br />
tutt’ora poco noti alla comunità<br />
<strong>di</strong>abetologica.<br />
Uno dei polimorfismi presentati<br />
in questa trattazione riguarda<br />
l’Insulin Receptor Substrate, IRS-<br />
1, una proteina che funziona come<br />
captazione<br />
<strong>di</strong> glucosio<br />
insulina<br />
esogena<br />
secrezione<br />
d’insulina<br />
glitazoni<br />
(+)<br />
muscolo/<br />
tessuto a<strong>di</strong>poso<br />
(+)<br />
ancoraggio per una serie <strong>di</strong> altre<br />
proteine – tra cui la fosfati<strong>di</strong>linositolo<br />
chinasi 3 (PI3K) – che sono<br />
a loro volta interme<strong>di</strong>ari dell’azione<br />
biologica finale dell’insulina<br />
(crescita cellulare, espressione <strong>di</strong><br />
geni, sintesi proteica, sintesi <strong>di</strong><br />
glicogeno e reclutamento sulla<br />
superficie cellulare del trasportatore<br />
attraverso cui il glucosio<br />
entra nella cellula). Il gene che<br />
co<strong>di</strong>fica per questa proteina è<br />
+
stato ampiamente analizzato e in<br />
particolare si è osservato che esiste<br />
un polimorfismo, Gly→Arg972<br />
(in posizione 972 della sequenza<br />
aminoaci<strong>di</strong>ca un’arginina prende<br />
il posto della glicina), che ha una<br />
prevalenza <strong>di</strong>versa nei vari gruppi<br />
etnici (ve<strong>di</strong> la tabella 1 in questa<br />
pagina). In alcune popolazioni – i<br />
danesi, i francesi, ma anche gli<br />
italiani – la prevalenza <strong>di</strong> questo<br />
polimorfismo è maggiore nei <strong>di</strong>abetici<br />
<strong>di</strong> tipo 2, rispetto ai soggetti<br />
normali (1-15).<br />
Per quanto riguarda il fenotipo<br />
associato a questo polimorfismo, i<br />
portatori sono caratterizzati da:<br />
■ <strong>di</strong>minuzione dei livelli plasmatici<br />
<strong>di</strong> insulina e <strong>di</strong> peptide C;<br />
■ riduzione dell’utilizzazione periferica<br />
del glucosio;<br />
■ aumento dei livelli <strong>di</strong> PAI-1,<br />
inibitore dell’attività del plasmi-<br />
nogeno e associato ai meccanismi<br />
<strong>di</strong> fibrinolisi;<br />
■ aumento dei trigliceri<strong>di</strong> nei<br />
soggetti obesi;<br />
■ aumento del rischio <strong>di</strong> coronaropatia.<br />
Tali osservazioni suggeriscono<br />
che questo polimorfismo <strong>di</strong> IRS-1<br />
possa contribuire al fenotipo <strong>di</strong><br />
insulino-resistenza e <strong>di</strong> insulinodeficienza.<br />
Inoltre alcuni dati preliminari,<br />
raccolti dal laboratorio<br />
<strong>di</strong> chi scrive e che ancora non raggiungono<br />
la significatività, fanno<br />
pensare che la prevalenza <strong>di</strong> questo<br />
polimorfismo sia maggiore nei<br />
<strong>di</strong>abetici <strong>di</strong> tipo 2 che non rispondono<br />
alla terapia con sulfaniluree.<br />
I casi <strong>di</strong> insuccesso della terapia<br />
con questi farmaci potrebbero<br />
quin<strong>di</strong> essere correlati alla presenza<br />
<strong>di</strong> questo polimorfismo.<br />
A livello molecolare, il polimorfi-<br />
tabella 1<br />
Prevalenza del polimorfismo Gly→Arg972 del gene IRS-1 in <strong>di</strong>verse popolazioni<br />
gruppo etnico in<strong>di</strong>vidui normali affetti da <strong>di</strong>abete<br />
<strong>di</strong> tipo 2<br />
danesi (Almind et al. 1993) 3/76 (3,9%) 10/86 (11,6%)<br />
francesi (Hager et al. 1993) 9/130 (6,9%) 26/233 (11,2%)<br />
italiani (Imai et al. 1994) 4/32 (12,5 %) 7/31 (22,5%)<br />
finnici (Laasko et al. 1994) 9/104 (8,7%) 11/112 (9,8%)<br />
giapponesi (Shimokawa et al. 1994) 8/178 (4,5 %) 7/197 (3,6%)<br />
finnici (Hitman et al. 1995) 3/43 (7%) 3/40 (7,5%)<br />
in<strong>di</strong>ani (Hitman et al. 1995) 5/95 (5,3%) 13/126 (10,3%)<br />
in<strong>di</strong>ani Pima (Celi et al. 1995) 0/242 0/190<br />
giapponesi (Mori et al. 1995) 1/45 (2,2%) 8/226 (3,5%)<br />
britannici (Grant et al. 1995) 26/269 (9,7%) 22/209 (10,5%)<br />
taiwanesi (Chuang et al. 1996) 1/82 (1,2%) 1/89 (1,1%)<br />
giapponesi (Ura et al. 1996) 3/70 (4,3%) 5/100 (5%)<br />
britannici (Zhang et al. 1996) 18/164 (11%) 14/54 (26%)<br />
statunitensi (Sigal et al. 1996) 7/104 (6,7%) 11/192 (5,7%)<br />
sudafricani (Panz et al. 1997) 3/40 (8%) 4/20 (20%)<br />
giapponesi (Yamada et al. 1998) 20/491 (4,0%) 13/310 (4,2%)<br />
afroamericani (Lei et al. 1999) 115/992 (11,6%) 39/321 (12,2%)<br />
olandesi <strong>di</strong> Rotterdam (‘t Hart et al. 1999) 31/168 (18%) 24/196 (12%)<br />
olandesi <strong>di</strong> Hoorn (‘t Hart et al. 1999) 16/170 (9%) 23/191 (12%)<br />
messicani statunitensi (ispanici) (Celi et al. 2000) 7/60 (11,6%) 12/60 (20%)<br />
messicani statunitensi (Celi et al. 2000) 3/27 (11,1%) 2/31 (6,5%)<br />
IN PRATICA<br />
33
Farmacogenetica<br />
in rete<br />
Pharmacogenetics Research Network<br />
www.nigms.nih.gov/ pharmacogenetics/<br />
Il National Institute of Me<strong>di</strong>cal Sciences , insieme ad altri sei componenti<br />
dei National Institutes of Health, ha dato origine a un<br />
nuovo programa per stu<strong>di</strong>are le applicazioni della genetica allo<br />
sviluppo dei farmaci. La rete collaborativa è costituita da nove<br />
laboratori statunitensi che stu<strong>di</strong>eranno come i geni influiscono<br />
sulla risposta a varie categorie <strong>di</strong> terapie farmacologiche (antidepressivi,<br />
antiasmatici, trattamenti chemioterapici eccetera).<br />
I dati delle ricerche saranno resi <strong>di</strong>sponibili al sito del Pharmacogenetic<br />
Knowledge Base (PharmGKB) (pharmgkb.org/).<br />
Il network ha anche pubblicato un opuscolo, Me<strong>di</strong>cines for you<br />
(www.nigms.nih.gov/pharmacogenetics/), per<br />
chiarire le idee <strong>degli</strong> utenti comuni sulla farmacogenetica e i suoi<br />
significati.<br />
Il primo incontro organizzato dal gruppo <strong>di</strong> ricerca si è tenuto a<br />
Bethesda, negli Stati Uniti, il 25 aprile del 2001 (il programma<br />
e il video della conferenza sono visibili al sito Internet<br />
pub.nigms.nih.gov/pharmaco/).<br />
Human Project Information<br />
www.ornl.gov/hgmis/<br />
Il Progetto <strong>genoma</strong> umano si occupa <strong>di</strong> farmacogenomica<br />
(www.ornl.gov/hgmis/me<strong>di</strong>cine/pharma.html),<br />
34<br />
smo in questione altera il legame<br />
fisico tra il substrato IRS-1 e l’enzima<br />
PI3K, con <strong>di</strong>versi effetti. Il<br />
laboratorio <strong>di</strong> chi scrive, per<br />
esempio, ha osservato che nelle<br />
cellule muscolari <strong>di</strong> ratto la<br />
variante provoca un <strong>di</strong>fetto nel<br />
trasporto del glucosio. Inoltre, se<br />
si stimolano le celule beta del<br />
pancreas con varie concentrazioni<br />
<strong>di</strong> glucosio, si osserva che la<br />
secrezione insulinica viene ridotta<br />
dalla mutazione. Lo stesso fenomeno<br />
si osserva se la secrezione<br />
viene indotta con glibenclamide,<br />
una sulfanilurea <strong>di</strong> seconda generazione,<br />
e questo supporterebbe<br />
l’ipotesi che la mutazione sia cor-<br />
con una serie <strong>di</strong> link utili a risorse esterne che trattano lo stesso<br />
argomento.<br />
SNP Consortium<br />
http://snp.cshl.org/<br />
Il consorzio <strong>di</strong> aziende farmaceutiche e istituzioni accademiche,<br />
che, senza scopo <strong>di</strong> lucro, si occupa <strong>di</strong> tracciare una mappa dei<br />
polimorfismi <strong>di</strong> singoli nucleoti<strong>di</strong> del <strong>genoma</strong> umano.<br />
Aggiornamento<br />
Da febbraio del 2001 sono visibili in rete i numeri della rivista<br />
Pharmacogenetics (www.jpharmacogenetics.com),<br />
completamente de<strong>di</strong>cata agli stu<strong>di</strong> in questo settore.<br />
Il britannico British Me<strong>di</strong>cal Journal ha de<strong>di</strong>cato un numero della<br />
prestigiosa rivista alla genetica e alle sue ricadute dal punto <strong>di</strong><br />
vista pratico, compreso il processo <strong>di</strong> sviluppo dei farmaci<br />
(www.bmj.com/content/vol322/issue7293).<br />
La rivista statunitense Journal of the Americam Me<strong>di</strong>cal Association<br />
(www.jama.com) ha annunciato un numero sulla<br />
genetica e sulle sue applicazioni nella pratica clinica, previsto per<br />
novembre del 2001.<br />
La rivista International Journal of Pharmaceutical Me<strong>di</strong>cine, nel<br />
numero <strong>di</strong> aprile, ha considerato la farmacogenetica nei suoi<br />
molteplici aspetti (www.ijpm.com).<br />
relata ai casi <strong>di</strong> insuccesso della<br />
terapia con sulfaniluree (16, 17).<br />
Una seconda <strong>di</strong>mostrazione viene<br />
anche da uno stu<strong>di</strong>o condotto<br />
sulle cellule ottenute dalle isole<br />
pancreatiche umane <strong>di</strong> due donatori<br />
portatori del polimorfismo.<br />
Anche in questo secondo caso si è<br />
osservato che la secrezione insulinica,<br />
indotta sia dal glucosio sia<br />
dalla glibenclamide, è alterata<br />
dalla presenza del polimorfismo,<br />
mentre è conservata la secrezione<br />
indotta dall’arginina e quin<strong>di</strong><br />
dagli aminoaci<strong>di</strong>.<br />
Infine una serie <strong>di</strong> altri esperimenti<br />
ha <strong>di</strong>mostrato che la presenza<br />
della stessa mutazione
induce un aumento dell’apoptosi<br />
nelle cellule beta <strong>di</strong> isole umane<br />
(18).<br />
Concludendo il polimorfismo<br />
Gly→Arg972 del gene IRS-1 può<br />
influire sulla mancata azione delle<br />
sulfaniluree attraverso due meccanismi:<br />
■ agendo <strong>di</strong>rettamente, attraverso<br />
un meccanismo <strong>di</strong> inibizione<br />
della secrezione <strong>di</strong> insulina;<br />
■ aumentando la suscettibilità<br />
all’apoptosi, indotta da vari elementi<br />
quali la carenza <strong>di</strong> fattori <strong>di</strong><br />
crescita.<br />
L’altro esempio <strong>di</strong> polimorfismo<br />
che può influenzare la risposta<br />
alla terapia farmacologica del <strong>di</strong>abete<br />
<strong>di</strong> tipo 2 riguarda SUR-1, una<br />
proteina <strong>di</strong> membrana che funziona<br />
come recettore delle sulfaniluree.<br />
In particolare, sono stati descritti<br />
due polimorfismi interessanti nel<br />
gene che co<strong>di</strong>fica per SUR-1.<br />
Il primo viene chiamato 16-3 C→T<br />
perché colpisce il quin<strong>di</strong>cesimo<br />
introne del gene, tre basi prima<br />
dell’inizio del se<strong>di</strong>cesimo esone<br />
(posizione 16-3), determinando la<br />
sostituzione <strong>di</strong> una citosina (C)<br />
con una timi<strong>di</strong>na (T).<br />
Lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> questo polimorfismo<br />
su alcune popolazioni (francesi,<br />
statunitensi, britannici, danesi e<br />
olandesi) <strong>di</strong>mostra che, in particolare<br />
negli Stati Uniti e in Gran<br />
Bretagna, c’è un’aumentata prevalenza<br />
della mutazione nella popolazione<br />
<strong>di</strong>abetica. Poiché il polimorfismo<br />
colpisce un introne (la<br />
regione non co<strong>di</strong>ficante del gene),<br />
non provoca alterazioni nella<br />
sequenza della proteina. Il polimorfismo<br />
determinerebbe quin<strong>di</strong><br />
una suscettibilità allo sviluppo del<br />
<strong>di</strong>abete, agendo su meccanismi<br />
che regolano la produzione della<br />
proteina stessa, cioè interferendo<br />
sulla quantità <strong>di</strong> proteina prodotta<br />
(19, 20).<br />
Il secondo polimorfismo del gene<br />
SUR-1 viene denominato 18 C→T<br />
(perché nel <strong>di</strong>ciottesimo esone si<br />
ha la sostituzione <strong>di</strong> una citosina<br />
con una timi<strong>di</strong>na). Anche questo<br />
polimorfismo risulta prevalente<br />
nei pazienti <strong>di</strong>abetici, rispetto ai<br />
controlli, in molte popolazioni<br />
(21, 22).<br />
Questi polimorfismi potrebbero<br />
anche essere correlati con la mancata<br />
risposta alle sulfaniluree.<br />
Infatti entrambi riducono la secrezione<br />
insulinica indotta dalla<br />
tolbutamide, una sulfanilurea <strong>di</strong><br />
prima generazione. Mancano ulteriori<br />
stu<strong>di</strong> in proposito, ma si può<br />
ipotizzare che i pazienti portatori<br />
<strong>di</strong> questi polimorfismi abbiano<br />
una risposta ridotta o assente alle<br />
sulfaniluree (23).<br />
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variants in the high-affinity sulfonylurea receptor<br />
gene. Diabetes 1998; 47: 598.
Malattie<br />
car<strong>di</strong>ovascolari<br />
Le ricerche in questo campo sono molte,<br />
ma le conclusioni sono spesso contrad<strong>di</strong>ttorie<br />
P<br />
er le malattie car<strong>di</strong>ovascolari<br />
la ricerca ha messo in<br />
luce un’associazione tra<br />
alcune caratteristiche genetiche e<br />
la risposta alla terapia farmacologica,<br />
ma per ora non ci sono certezze<br />
assolute in questo settore.<br />
Come si è già accennato nelle presentazioni<br />
precedenti, sono stati<br />
identificati alcuni sistemi enzimatici<br />
regolati geneticamente che<br />
possono interferire con il metabolismo<br />
dei farmaci.<br />
Alcuni <strong>di</strong> questi interagiscono<br />
anche con le molecole utilizzate<br />
nel trattamento delle malattie car<strong>di</strong>ovascolari:<br />
i betabloccanti come<br />
il metaprololo, gli anticoagulanti<br />
come il warfarin, e gli antipertensivi<br />
o i farmaci che agiscono sul<br />
calibro delle coronarie.<br />
In particolare si sa che per il citocromo<br />
CYP2D6, della famiglia<br />
CYP450, ci sono polimorfismi<br />
capaci <strong>di</strong> determinare un maggiore<br />
o minore metabolismo <strong>di</strong> alcuni<br />
farmaci antiaritmici, come il propafenone,<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi betabloccanti,<br />
tra cui il metoprololo, e <strong>di</strong> alcuni<br />
farmaci antipertensivi (ve<strong>di</strong> la<br />
tabella 1 a pagina 38).<br />
Per quanto riguarda in particolare<br />
i farmaci antipertensivi, nella<br />
tabella 2 a pagina 39 è riportato<br />
l’esempio <strong>di</strong> come eventuali polimorfismi<br />
dei sistemi enzimatici<br />
Principi da ritenere<br />
■ le ricerche <strong>di</strong> farmacogenetica in<br />
questo settore hanno già identificato<br />
alcuni polimorfismi interessanti<br />
■ spesso i risultati <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> sono<br />
contrad<strong>di</strong>ttori e richiedono quin<strong>di</strong><br />
ulteriori indagini<br />
coinvolti nel metabolismo <strong>di</strong> queste<br />
molecole possano avere un<br />
effetto sulla risposta clinica.<br />
Come si può vedere, nel caso dell’idralazina,<br />
per esempio, gli acetilatori<br />
lenti possono presentare<br />
una sindrome caratterizzata da<br />
manifestazioni tipo lupus associate<br />
alla comparsa <strong>di</strong> anticorpi<br />
antinucleo già ai dosaggi abituali.<br />
Per gli acetilatori rapi<strong>di</strong>, invece, è<br />
richiesta una dose <strong>di</strong> farmaco<br />
molto più elevata.<br />
Risultati<br />
non sempre duplicati<br />
Per molte malattie car<strong>di</strong>ovascolari<br />
è stata identificata una grande<br />
quantità <strong>di</strong> polimorfismi genetici<br />
che sembrerebbero avere una<br />
IN PRATICA<br />
Enrico Agabiti Rosei<br />
Or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina<br />
interna<br />
Dipartimento <strong>di</strong> scienze<br />
me<strong>di</strong>che e chirurgiche<br />
<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Brescia<br />
37
38<br />
tabella 1<br />
Agenti car<strong>di</strong>ovascolari la cui azione è influenzata dal gene CYP2D6 e dai suoi polimorfismi<br />
antiaritmici betabloccanti antipertensivi<br />
propafenone timololo indoramina<br />
encainide metoprololo debrisochina<br />
flecainide propranololo guanoxan<br />
sparteina<br />
N-propilaimalina<br />
mexiletina<br />
certa influenza sulla comparsa o<br />
sulla progressione della malattia.<br />
Però l’associazione tra questi polimorfismi<br />
e l’effetto dei farmaci è<br />
stata stu<strong>di</strong>ata in un numero limitato<br />
<strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni morbose e per<br />
alcuni stu<strong>di</strong>, benché interessanti,<br />
mancano conferme o smentite dei<br />
dati preliminari.<br />
E’ il caso, per esempio, <strong>di</strong> uno stu<strong>di</strong>o<br />
recente nel quale è stata in<strong>di</strong>viduata<br />
una mutazione che colpisce<br />
il gene SCN5A e che renderebbe<br />
più efficace il trattamento con<br />
la flecainide – un farmaco antiaritmico<br />
– in pazienti con la sindrome<br />
del QT lungo, pre<strong>di</strong>sposti<br />
alla comparsa <strong>di</strong> tachiaritmie ventricolari<br />
che sono potenzialmente<br />
fatali (1).<br />
Chi ha questo polimorfismo, che<br />
colpisce un canale del so<strong>di</strong>o coinvolto<br />
nel passaggio <strong>di</strong> ioni e quin<strong>di</strong><br />
nella formazione e conduzione<br />
dello stimolo, risponde particolarmente<br />
bene alla flecainide, mentre,<br />
per esempio, non risponde<br />
affatto alla lidocaina che è il farmaco<br />
più usato ed efficace in questi<br />
casi.<br />
Le statine<br />
Tornando agli altri stu<strong>di</strong>, i più<br />
numerosi sono quelli che hanno<br />
cercato <strong>di</strong> valutare se la risposta<br />
alle statine fosse influenzata da<br />
polimorfismi <strong>di</strong> geni coinvolti nel<br />
metabolismo delle lipoproteine.<br />
Una <strong>di</strong> queste indagini, molto<br />
nota ma non ancora replicata, è<br />
stata condotta per verificare l’efficacia<br />
della pravastatina in rapporto<br />
a un polimorfismo del gene che<br />
co<strong>di</strong>fica per la Cholesterol Ester<br />
Transfer Protein (CETP), proteina<br />
che è coinvolta nel trasferimento<br />
<strong>di</strong> colesterolo da parte delle lipoproteine<br />
HDL (2).<br />
Il polimorfismo B1/B1 è stato<br />
associato a una maggiore progressione<br />
della malattia – intesa come<br />
entità <strong>di</strong> riduzione del lume coronarico<br />
me<strong>di</strong>o nell’arco <strong>di</strong> due anni<br />
– e anche a una maggiore efficacia<br />
della terapia con pravastatina,<br />
perché nel sottogruppo <strong>di</strong> pazienti<br />
con questo genotipo la progressione<br />
della stenosi in seguito a<br />
trattamento è risultata minore<br />
rispetto al placebo.<br />
Non si è però riscontrata alcuna<br />
<strong>di</strong>fferenza tra i soggetti con questo<br />
genotipo e gli altri, quando si<br />
sono presi in considerazione gli<br />
eventi miocar<strong>di</strong>ci o la morte per<br />
cause car<strong>di</strong>ovascolari.<br />
Al contrario proprio nei soggetti<br />
in cui la pravastatina avrebbe<br />
dovuto funzionare meglio si è<br />
osservata una maggiore mortalità,<br />
anche se il numero <strong>di</strong> osservazioni<br />
è stato molto basso.<br />
Al <strong>di</strong> là del caso specifico, chi scrive<br />
pensa che in questo campo sia<br />
molto importante stabilire un<br />
nesso tra il risultato interme<strong>di</strong>o –<br />
per esempio la variazione del
danno d’organo – e il risultato<br />
finale, cioè l’evento clinico morboso<br />
o mortale, soprattutto se si<br />
vuole verificare la vera utilità clinica<br />
dell’approccio farmacogenetico.<br />
Nell’esempio appena descritto<br />
non c’è concordanza, probabilmente<br />
per il numero <strong>di</strong> casi relativamente<br />
basso, ma è comunque<br />
un dato da prendere in considerazione.<br />
In un altro stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> prevenzione<br />
secondaria, condotto da un gruppo<br />
scan<strong>di</strong>navo su pazienti che<br />
avevano già avuto un evento coronarico,<br />
è stata stu<strong>di</strong>ata l’efficacia<br />
della simvastatina, in rapporto<br />
alla presenza dell’allele epsilon 4<br />
del gene per l’apolipoproteina E<br />
(3). I risultati in<strong>di</strong>cano che, mentre,<br />
in assenza <strong>di</strong> trattamento, i<br />
soggetti che hanno l’allele epsilon<br />
4 hanno una sopravvivenza inferiore<br />
rispetto ai non portatori, il<br />
trattamento con la statina annulla<br />
la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> sopravvivenza.<br />
Questa risulta migliorata comunque<br />
per tutti i soggetti, ma in par-<br />
ticolare per i portatori dell’allele<br />
epsilon 4.<br />
L’osservazione è interessante nel<br />
senso che i pazienti a rischio <strong>di</strong><br />
mortalità maggiore sono quelli<br />
che beneficiano <strong>di</strong> più del trattamento<br />
con la statina.<br />
Non bisogna però <strong>di</strong>menticare che<br />
la riduzione del rischio assoluto è<br />
sempre maggiore in chi ha in partenza<br />
un rischio maggiore.<br />
È interessante anche notare che<br />
tra i due gruppi non c’era una<br />
sostanziale <strong>di</strong>fferenza nei livelli <strong>di</strong><br />
colesterolo LDL prima e dopo il<br />
trattamento con la statina, sottolineando<br />
ancora una volta la possibilità<br />
<strong>di</strong> una <strong>di</strong>ssociazione tra il<br />
risultato interme<strong>di</strong>o – variazione<br />
<strong>di</strong> lipoproteine o <strong>di</strong> danno d’organo<br />
– e quello finale, cioè la<br />
sopravvivenza.<br />
Quin<strong>di</strong> nel complesso da questi<br />
stu<strong>di</strong> si possono trarre in<strong>di</strong>cazioni<br />
utili e istruttive, anche se l’effetto<br />
<strong>di</strong> un determinato polimorfismo<br />
sui <strong>di</strong>versi parametri che sono<br />
usati per misurare l’efficacia clini-<br />
tabella 2<br />
Conseguenze cliniche <strong>di</strong> eventuali polimorfismi in sistemi enzimatici che metabolizzano i farmaci antipertensivi<br />
enzima farmaco antipertensivo conseguenze cliniche altri farmaci metabolizzati<br />
<strong>di</strong> eventuali polimorfismi<br />
citocromo P450 alprenololo scarsi metabolizzatori: antiaritmici: encainide, flecainide,<br />
CYP2D6 bufuralolo eccessivo betablocco mexiletina, propafenone<br />
metoprololo forti metabolizzatori: antidepressivi: amitriptilina,<br />
propranololo insufficiente controllo pressorio clomipramina, desipramina, imipramina,<br />
timololo alla fine dell’intervallo nortriptilina<br />
tra le somministrazioni neurolettici: perfenazina, resperidone,<br />
tioridazina<br />
N-acetiltransferasi idralazina acetilatori lenti: antiaritmici: procainamide<br />
NAT-2 comparsa <strong>di</strong> anticorpi antinucleo antidepressivi: fenelzina<br />
e sindrome sistemica LES simile antinfettivi: dapsone, isoniazide<br />
acetilatori rapi<strong>di</strong>: antinfiammatori: acido P-salicilico,<br />
richiesta <strong>di</strong> dosi elevate per il controllo sulfasalazina<br />
pressorio<br />
catecol-O-metiltransferasi metildopa scarsi metilatori: antiparkinsoniani: levodopa<br />
richiesta <strong>di</strong> dosi inferiori<br />
per il controllo pressorio<br />
IN PRATICA<br />
39
tabella 3<br />
Farmacogenetica dell’ipertensione arteriosa<br />
articolo polimorfismo osservazione risultato<br />
Hingorani et al. ACE (I/D), AGT (T704→C) risposta alla terapia risposta migliore<br />
J Hypertens AT1 (A1166→C) con ACE inibitori in negli omozigoti<br />
1995; 13: 1602 125 ipertesi AGT (T/T)<br />
Benetos et al. AT1 (A1166→C) cambiamenti nella rigi<strong>di</strong>tà nei portatori dell’allele C la riduzione<br />
J Hypertens aortica dopo terapia antipertensiva della rigi<strong>di</strong>tà aortica è maggiore<br />
1996; 28: 1081 con perindopril (n=40) con perindopril, mentre nei soggetti AA<br />
e nitrenpi<strong>di</strong>na (n=42) l’efficacia maggiore si ha con la nitren<strong>di</strong>pina<br />
Sasaki et al. ACE (I/D) effetto <strong>di</strong> 12 mesi <strong>di</strong> maggiore riduzione della massa ventricolare<br />
J Hypertens trattamento con enalapril sinistra e miglioramento<br />
1996; 14: 1403 sulla massa ventricolare sinistra e sulla della funzione <strong>di</strong>astolica nei soggetti D/D<br />
funzione <strong>di</strong>astolica in 60 ipertesi<br />
Ueda et al. ACE (I/D) effetto dell’infusione <strong>di</strong> Ang I maggiore attenuazione nei pazienti I<br />
Circulation in soggetti, pretrattati con enalapril,<br />
1998; 98: 2148 sulla pressione arteriosa<br />
Kohno et al. ACE (I/D) riduzione della massa ventricolare sinistra gli ipertesi con il genotipo DD hanno meno<br />
Am J Med dopo terapia con ACE-inibitore in 54 probabilità <strong>di</strong> avere una regressione<br />
1999; 106: 544 ipertesi dell’ipertrofia ventricolare<br />
Dudley et al. ACE (I/D) risposta al trattamento antipertensivo nessuna influenza dei polimorfismi genetici<br />
J Hypertens AGT T704→C con atenololo (n=79), lisinopril (n=91), sulla riduzione della pressione arteriosa<br />
1996; 14: 259 nife<strong>di</strong>pina (n=63)<br />
Nakano et al. ACE (I/D) riduzione della pressione arteriosa nessuna <strong>di</strong>fferenza nella risposta in acuto<br />
Am J Hypertens dopo una dose singola <strong>di</strong> 50mg <strong>di</strong><br />
1997; 10: 1064 captopril in 82 ipertesi<br />
Monford et al. ACE (I/D) riduzione della pressione arteriosa nessuna <strong>di</strong>fferenza nella risposta in acuto<br />
Am J Hypertens dopo una singola dose <strong>di</strong> 50mg <strong>di</strong><br />
1998; 11: 174 captopril in 121 ipertesi<br />
40<br />
ca <strong>di</strong> un farmaco non è sempre<br />
coerente.<br />
Polimorfismi e ipertensione<br />
Passando agli stu<strong>di</strong> che hanno<br />
analizzato i farmaci attivi sul controllo<br />
del circolo, in particolare<br />
per il trattamento dell’ipertensione<br />
arteriosa, nell’uomo sono stati<br />
stu<strong>di</strong>ati soprattutto i geni del<br />
sistema renina/angiotensina. Tale<br />
sistema infatti è essenziale nella<br />
regolazione del circolo e molti farmaci<br />
usati nel trattamento dell’ipertensione<br />
agiscono proprio su<br />
<strong>di</strong> esso. Purtroppo i numerosi<br />
stu<strong>di</strong> condotti in questo settore<br />
sono spesso <strong>di</strong>vergenti (ve<strong>di</strong> la<br />
tabella 3 in questa pagina).<br />
In particolare, i polimorfismi più<br />
stu<strong>di</strong>ati sono stati:
■ l’inserzione o la delezione (I o<br />
D) <strong>di</strong> un certo numero <strong>di</strong> basi nel<br />
gene per l’enzima <strong>di</strong> conversione<br />
dell’angiotensina 1 in angiotensina<br />
2;<br />
■ il polimorfismo A1166→C nel<br />
recettore AT1 che me<strong>di</strong>a le risposte<br />
emo<strong>di</strong>namiche e umorali dell’angiotensina<br />
2;<br />
■ il polimorfismo T704→C nel<br />
gene AGT che co<strong>di</strong>fica per l’angiotensinogeno.<br />
Per quanto riguarda i dati positivi,<br />
gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Hingorani e <strong>di</strong><br />
Benetos hanno identificato una<br />
maggiore efficacia <strong>degli</strong> ACE inibitori<br />
in soggetti portatori dei<br />
polimorfismi rispettivamente nel<br />
gene dell’angiotensinogeno e in<br />
quello del recettore dell’angiotensina<br />
2 (4, 5).<br />
Lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Sasaki ha avuto un’eco<br />
favorevole nella comunità<br />
scientifica perché suggerisce che,<br />
nei pazienti omozigoti per l’allele<br />
D del gene ACE, il trattamento<br />
con l’ACE inibitore enalapril<br />
abbia un effetto maggiore sulla<br />
riduzione della massa ventricolare<br />
sinistra e sul miglioramento della<br />
funzione <strong>di</strong>astolica (6).<br />
Da tutte queste osservazioni non<br />
si possono trarre al momento<br />
attuale conclusioni definitive. Il<br />
numero <strong>di</strong> pazienti in ciascuno<br />
stu<strong>di</strong>o non è elevato, ma la popolazione<br />
esaminata nel complesso è<br />
consistente.<br />
Un altro polimorfismo stu<strong>di</strong>ato da<br />
tabella 4<br />
I maggiori isoenzimi della famiglia CYP e alcuni dei loro substrati<br />
un gruppo <strong>di</strong> ricerca italiano<br />
riguarda il gene dell’adducina,<br />
una proteina del citoscheletro che<br />
interferisce con i meccanismi <strong>di</strong><br />
trasferimento <strong>degli</strong> ioni attraverso<br />
la membrana cellulare (7).<br />
Il polimorfismo Gly460Trp è stato<br />
identificato inizialmente in un<br />
ceppo <strong>di</strong> ratti spontaneamente<br />
ipertesi e poi anche nell’uomo,<br />
dove la sostituzione <strong>di</strong> una glicina<br />
con un triptofano sembra associarsi<br />
a una maggiore sensibilità<br />
al so<strong>di</strong>o, a livelli <strong>di</strong> renina plasmatica<br />
più bassi e soprattutto a una<br />
maggiore sensibilità a trattamento<br />
<strong>di</strong>uretico.<br />
Questo stu<strong>di</strong>o è stato replicato<br />
anche nella popolazione sarda e il<br />
polimorfismo identificato è uno <strong>di</strong><br />
quelli che rivestono maggiore<br />
interesse nel campo dell’ipertensione<br />
arteriosa. Ci sono solo dati<br />
relativi alla riduzione pressoria,<br />
mentre mancano ancora in<strong>di</strong>cazioni<br />
sulla mo<strong>di</strong>ficazione del<br />
danno d’organo anche se ci sono<br />
stu<strong>di</strong> in corso.<br />
Infine si ricorda che ulteriori<br />
risultati potrebbero venire da un<br />
approccio innovativo che consiste<br />
nell’analizzare tutto il <strong>genoma</strong><br />
umano per identificare eventuali<br />
loci associati a maggiore o minore<br />
sensibilità ad alcuni farmaci. Si<br />
tratta <strong>di</strong> un approccio che è stato<br />
per ora utilizzato soprattutto nei<br />
modelli animali, ma che potrebbe<br />
avvantaggiarsi della tecnologia<br />
CYP1A2 CYP3A4/3A5 CYP2A6 CYP2C9 CYP2C19 CYP2D6<br />
clozapina* amitriptilina nicotina <strong>di</strong>clofenac <strong>di</strong>azepam amitriptilina<br />
imipramina* carbamazepina ibuprofen omeprazolo codeina<br />
caffeina ciclosporina fenitoina fluoxetina imipramina*<br />
fluvoxamina clozapina* tolbutamide clozapina fluoxetina<br />
paracetamolo nife<strong>di</strong>pina warfarin imipramina* metoprololo<br />
*molecole che sono substrato <strong>di</strong> più <strong>di</strong> un enzima<br />
IN PRATICA<br />
41
42<br />
dei microchip ed essere presto<br />
applicato anche all’uomo.<br />
Conclusioni<br />
In conclusione i dati a <strong>di</strong>sposizione<br />
sono molti, ma al momento<br />
attuale sono abbastanza contrad<strong>di</strong>ttori.<br />
Non ci sono quin<strong>di</strong> ancora certezze<br />
in questo settore, ma solo in<strong>di</strong>cazioni<br />
particolari verso un<br />
approccio che è molto interessante<br />
per tutti, anche se chi scrive<br />
non pensa che sia ancora applicabile,<br />
almeno per le malattie car<strong>di</strong>ovascolari,<br />
nella pratica clinica<br />
quoti<strong>di</strong>ana.<br />
Bibliografia<br />
◆ 1) Benhorin J et al. Effects of flecainide in patients<br />
with new SCN5A mutation: mutation-specific therapy<br />
for long-QT syndrome? Circulation 2000;101: 1698.<br />
◆ 2) Kuivenhoven JA et al. The role of a common<br />
variant of the cholesteryl ester transfer protein gene<br />
in the progression of coronary atherosclerosis. The<br />
Regression Growth Evaluation Statin Study Group. N<br />
Engl J Med 1998; 338: 86.<br />
◆ 3) Gerdes LU et al. The apolipoprotein epsilon4 allele<br />
determines prognosis and the effect on prognosis<br />
of simvastatin in survivors of myocar<strong>di</strong>al infarction :<br />
a substudy of the Scan<strong>di</strong>navian simvastatin survival<br />
study. Circulation 2000;101: 1366.<br />
◆ 4) Hingorani AD et al. Renin/angiotensin system<br />
gene polymorphism influence blood pressure and the<br />
response to angiotensin converting enzyme inhibition.<br />
J Hypertens 1995; 13: 1602.<br />
◆ 5) Benetos A et al. Influence of the angiotensin II<br />
type 1 receptor gene polymorphism on the effects of<br />
perindopril and nitren<strong>di</strong>pine on arterial stiffness in<br />
hypertensive in<strong>di</strong>viduals. Hypertension 1996; 28:<br />
1081.<br />
◆ 6) Sasaki et al. J Hypertens 1996; 14: 1403.<br />
◆ 7) Cusi D et al. Polymorphisms of alfa adducin and<br />
salt sensitivity in patients with essential hypertension.<br />
Lancet 1997; 349: 1353.
Dal <strong>genoma</strong><br />
alla pastiglia<br />
NEI<br />
I principi della farmacogenetica possono essere<br />
applicati anche allo sviluppo dei farmaci<br />
O<br />
ggi il mondo farmaceutico<br />
scopre i farmaci, li sviluppa<br />
attraverso le fasi schematizzate<br />
nella figura 2 a pagina<br />
45 e li mette a <strong>di</strong>sposizione dei<br />
me<strong>di</strong>ci e dei pazienti. Il me<strong>di</strong>co da<br />
parte sua fa una <strong>di</strong>agnosi, prescrive<br />
il farmaco e, se il paziente non<br />
risponde bene, ne varia la dose, lo<br />
associa ad altri o lo cambia.<br />
In<strong>di</strong>pendentemente dalla efficacia<br />
del farmaco, poi, possono comparire<br />
effetti indesiderati.<br />
E’ molto raro che un farmaco sia<br />
efficace in più del 60 per cento dei<br />
pazienti e per tutti i farmaci sono<br />
noti possibili effetti collaterali.<br />
D’altra parte quando una molecola<br />
viene messa in commercio ha<br />
superato una serie <strong>di</strong> prove molto<br />
severe.<br />
E allora come si può mettere a<br />
<strong>di</strong>sposizione dei pazienti farmaci<br />
migliori?<br />
Ci sono almeno tre punti sui quali<br />
si può intervenire: rendere più<br />
efficiente lo sviluppo dei farmaci,<br />
ottimizzare la <strong>di</strong>agnosi e riuscire a<br />
pre<strong>di</strong>re la risposta in<strong>di</strong>viduale al<br />
farmaco.<br />
I passi verso il farmaco<br />
Per quanto riguarda la <strong>di</strong>agnosi,<br />
sono già stati fatti enormi progressi<br />
e non vi è dubbio che in<br />
Principi da ritenere<br />
■ il processo <strong>di</strong> sviluppo dei farmaci<br />
è ancora inefficiente a fronte <strong>di</strong><br />
costi ingenti<br />
■ la farmacogenetica potrebbe permettere<br />
<strong>di</strong> sviluppare più farmaci in<br />
tempi minori e portare a una riduzione<br />
<strong>degli</strong> effetti collaterali<br />
■ per realizzare queste premesse è<br />
necessaria una intensa collaborazione<br />
dell’industria con farmacologi,<br />
genetisti, clinici, esperti <strong>di</strong> bioetica,<br />
associazioni <strong>di</strong> pazienti e con le autorità<br />
regolatorie<br />
futuro si <strong>di</strong>sporrà <strong>di</strong> mezzi sempre<br />
più specifici e sofisticati. La <strong>di</strong>agnostica<br />
giocherà un ruolo fondamentale<br />
nella me<strong>di</strong>cina del futuro,<br />
la me<strong>di</strong>cina pre<strong>di</strong>ttiva.<br />
Si è già esplorato il tema della<br />
pre<strong>di</strong>zione della risposta in<strong>di</strong>viduale<br />
ai farmaci e delle possibili<br />
applicazioni cliniche, per cui ci si<br />
concentrerà qui sullo sviluppo clinico<br />
dei farmaci e in particolare<br />
sull’impatto che la farmacogenetica<br />
potrà avere su questo processo.<br />
Lo sviluppo clinico dei farmaci è<br />
LABORATORI<br />
Giuseppe Recchia<br />
Direttore me<strong>di</strong>co<br />
GlaxoSmithKline (<strong>Verona</strong>)<br />
Antonella Pirazzoli<br />
Responsabile Genetica<br />
clinica<br />
GlaxoSmithKline (<strong>Verona</strong>)<br />
43
44<br />
pazienti senza efficacia<br />
nei trial clinici<br />
pazienti con efficacia<br />
nei trial clinici<br />
pre<strong>di</strong>ttivo <strong>di</strong> non efficacia<br />
pre<strong>di</strong>ttivo <strong>di</strong> efficacia<br />
figura 1<br />
Gli SNPs in<strong>di</strong>viduano <strong>di</strong>fferenze, a livello <strong>di</strong> singole basi, tra i <strong>di</strong>versi in<strong>di</strong>vidui. L’identificazione dei profili<br />
<strong>di</strong> efficacia e <strong>di</strong> non efficacia si basa sull’associazione tra la risposta ai farmaci e gli SNPs<br />
uno dei processi più regolati del<br />
mondo, per il quale esistono<br />
norme precise che vengono stilate,<br />
in Italia, dal Ministero della<br />
sanità. Nel suo complesso si tratta<br />
<strong>di</strong> un sistema inefficiente, per i<br />
lunghi tempi <strong>di</strong> realizzazione, i<br />
costi elevati, la bassa percentuale<br />
<strong>di</strong> successo e le numerose questioni<br />
che lascia ancora scoperte. E’<br />
per questo motivo che ancora<br />
oggi, nonostante i molti anni <strong>di</strong><br />
ricerca che precedono l’immissione<br />
sul mercato <strong>di</strong> una nuova<br />
molecola, alcuni farmaci devono<br />
essere ritirati pochi mesi dopo la<br />
loro <strong>di</strong>stribuzione, a causa delle<br />
reazioni avverse che possono provocare.<br />
Queste reazioni spesso<br />
riguardano un numero molto<br />
limitato <strong>di</strong> persone e la necessità<br />
<strong>di</strong> togliere il farmaco dal commercio<br />
è un metodo <strong>di</strong> intervento<br />
grossolano perché si toglie la terapia<br />
anche a quei pazienti, la stra-<br />
sezione <strong>di</strong> un profilo SNP<br />
grande maggioranza, che potrebbero<br />
averne benefici. Non vi è<br />
dubbio che la possibilità <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re<br />
la reazione avversa, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
evitare la somministrazione del<br />
farmaco nei soli pazienti a rischio,<br />
costituirebbe un sistema molto<br />
più evoluto <strong>di</strong> utilizzazione dei<br />
farmaci.<br />
Nel processo <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong> un farmaco<br />
c’è una prima fase <strong>di</strong> ricerca<br />
<strong>di</strong> base applicata, che può durare<br />
dai 2 ai 10 anni, durante la quale i<br />
chimici e i farmacologi sintetizzano<br />
in laboratorio molecole che poi<br />
testano sugli animali. Delle circa<br />
10 mila molecole che vengono sintetizzate<br />
in questa fase, più o<br />
meno 250 vengono provate su<br />
animali e <strong>di</strong> queste ne restano<br />
circa 5 che passano alla sperimentazione<br />
clinica. Questa inizia con<br />
la fase I, durante la quale si eseguono<br />
gli stu<strong>di</strong> su 20-30 volontari<br />
sani con piccole dosi della nuova
molecola che vengono via via<br />
aumentate fino a trovare quella <strong>di</strong><br />
tolleranza. A questo punto si<br />
passa alla fase II, durante la quale<br />
il farmaco viene somministrato a<br />
100-300 pazienti, per verificare se<br />
c’è attività ed efficacia. Se queste<br />
ultime vengono verificate, si passa<br />
alla fase III, che coinvolge 1.000-<br />
3.000 pazienti e può durare 3-4<br />
anni. Se i risultati sono positivi, si<br />
avvia la richiesta <strong>di</strong> autorizzazione<br />
per l’immissione in commer-<br />
ricerca<br />
fase I<br />
stu<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong> tollerabilità<br />
fase II<br />
valutazione <strong>di</strong> attività<br />
ed efficacia<br />
del farmaco<br />
fase III<br />
valutazione allargata<br />
<strong>di</strong> efficacia<br />
e tollerabilità<br />
fase IV<br />
nuove in<strong>di</strong>cazioni,<br />
nuove presentazioni<br />
e farmacovigilanza<br />
cio, per la quale occorrono 1-2<br />
anni, e si può passare alla commercializzazione,<br />
cui segue la fase<br />
IV per la valuzione, tra l’altro,<br />
<strong>degli</strong> effetti indesiderati a lungo<br />
termine.<br />
In totale i tempi <strong>di</strong> realizzazione<br />
<strong>di</strong> un farmaco si aggirano quin<strong>di</strong><br />
intorno ai 12-14 anni e i costi<br />
intorno ai 500 milioni <strong>di</strong> dollari,<br />
cifra che include anche i costi<br />
sostenuti per tutte quelle molecole<br />
che sono state sintetizzate ma<br />
SITUAZIONE ATTUALE PROPOSTA DI ALLEN ROSES<br />
su 20-30 volontari<br />
su 100-300 pazienti<br />
su 1.000-3.000 pazienti<br />
richiesta <strong>di</strong> autorizzazione<br />
all’immissione in commercio<br />
segnalazione spontanea<br />
<strong>degli</strong> eventi avversi<br />
potrebbe già includere<br />
qualche valutazione preliminare<br />
<strong>di</strong> genetica<br />
su 500-1.000 pazienti<br />
identificazione dei profili SNP<br />
<strong>di</strong> efficacia e <strong>di</strong> tollerabilità<br />
(effetti collaterali comuni)<br />
più piccola, meno costosa<br />
e più rapida da condurre<br />
solo sui pazienti che rispondono<br />
al farmaco identificati in fase II<br />
richiesta <strong>di</strong> autorizzazione all’immissione<br />
in commercio per chi risponde al farmaco<br />
senza effetti collaterali comuni<br />
farmacogenetica applicata<br />
alla farmacovigilanza → pre<strong>di</strong>zione<br />
<strong>degli</strong> eventi avversi rari<br />
figura 2<br />
Nella figura sono riassunti sia il processo <strong>di</strong> sviluppo dei farmaci come è oggi sia lo schema proposto da Allen Roses<br />
NEI<br />
LABORATORI<br />
45
46<br />
non arriveranno mai a essere<br />
testate nell’uomo o che cadono<br />
durante la fase <strong>di</strong> sperimentazione<br />
clinica e non arriveranno mai<br />
in commercio.<br />
Tollerabilità: una<br />
questione ancora irrisolta<br />
Quando si pensa alla farmacogenetica<br />
spesso lo si fa in riferimento<br />
alla risposta ai farmaci in termini<br />
<strong>di</strong> efficacia, mentre si parla<br />
poco della tollerabilità, che invece<br />
rappresenta un aspetto fondamentale<br />
nella sintesi <strong>di</strong> ogni<br />
nuova molecola. Lo ha sottolineato<br />
anche Allen Roses, <strong>di</strong>rettore<br />
mon<strong>di</strong>ale della genetica <strong>di</strong><br />
GlaxoSmithKline, in due articoli<br />
comparsi su Nature e su Lancet,<br />
nei quali segnala la sua visione sul<br />
futuro dello sviluppo dei farmaci<br />
(1, 2). Lo stu<strong>di</strong>oso mette in evidenza<br />
come, dal punto <strong>di</strong> vista dei<br />
bisogni sanitari della società,<br />
<strong>di</strong>venti sempre più necessario non<br />
tanto prevedere l’efficacia in<strong>di</strong>viduale<br />
<strong>di</strong> un determinato farmaco,<br />
quanto conoscerne a priori la tollerabilità,<br />
una questione questa<br />
ancora non completamente affrontata<br />
dalla farmacogenetica.<br />
A questo proposito un’indagine<br />
statunitense del 1973 in<strong>di</strong>ca che il<br />
28 per cento dei pazienti ricoverati<br />
in ospedale accusa reazioni avverse<br />
ai farmaci (3). Una seconda<br />
ricerca del 1979 calcola invece che<br />
il 17 per cento dei bambini ricoverati<br />
presenta eventi attribuibili<br />
alla somministrazione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cinali<br />
(4). Più recentemente, uno<br />
stu<strong>di</strong>o del 1998 stima che in un<br />
anno, negli Stati Uniti, oltre due<br />
milioni <strong>di</strong> reazioni gravi – e 100<br />
mila morti – siano ascrivibili a<br />
farmaci, tra i pazienti ospedalizzati<br />
(5). Per quanto riguarda i<br />
costi dei ricoveri e delle morti<br />
dovute alle reazioni avverse dei<br />
farmaci, uno stu<strong>di</strong>o del 1995 li<br />
stima intorno ai 77 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
dollari (6).<br />
Che questa grave situazione sia in<br />
buona parte derivante dalla attuale<br />
incapacità <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re la reazione<br />
in<strong>di</strong>viduale alle molecole, sia<br />
durante il loro sviluppo clinico,<br />
sia in fase <strong>di</strong> commercializzazione,<br />
è chiaramente <strong>di</strong>mostrato da<br />
un recente stu<strong>di</strong>o condotto dai<br />
National Institutes of Health statunitensi<br />
dal quale emerge che 2<br />
milioni <strong>di</strong> persone sono state<br />
ospedalizzate in un anno negli<br />
Stati Uniti per reazioni avverse a<br />
farmaci correttamente prescritti.<br />
Dallo stesso stu<strong>di</strong>o emerge che le<br />
reazioni avverse a farmaci correttamente<br />
prescritti sono la sesta<br />
causa <strong>di</strong> morte negli Stati Uniti<br />
(www.nigms.nih.gov/pharmacogenetics/).<br />
D’altra parte bisogna considerare<br />
che durante il suo sviluppo clinico,<br />
una molecola viene somministrata<br />
al massimo a 3-4.000 persone.<br />
Questa numerosità permette<br />
<strong>di</strong> identificare buona parte<br />
delle reazioni avverse comuni,<br />
anche se poi nella pratica clinica<br />
si avrà una capacità quasi nulla <strong>di</strong><br />
pre<strong>di</strong>re chi le avrà e chi no. E’<br />
invece quasi impossibile identificare<br />
durante lo sviluppo clinico <strong>di</strong><br />
un farmaco le reazioni avverse<br />
rare, spesso le più gravi, perché<br />
riguardano meno <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>viduo<br />
su 1.000.<br />
Dell’identificazione delle reazioni<br />
avverse si occupa la farmacovigilanza,<br />
sia durante le sperimentazioni<br />
cliniche, sia dopo l’immissione<br />
in commercio. La farmacovigilanza<br />
ha il compito <strong>di</strong> sorvegliare<br />
sulla sicurezza del farmaco<br />
in modo che vengano prontamente<br />
prese misure idonee se emergono<br />
informazioni nuove sull’impiego<br />
<strong>di</strong> una molecola. L’attuale sistema<br />
<strong>di</strong> farmacovigilanza si basa<br />
sulle segnalazioni spontanee <strong>di</strong><br />
eventi avversi (7).
Nonostante l’obbligatorietà da un<br />
punto <strong>di</strong> vista legale <strong>di</strong> effettuare<br />
la segnalazione, si stima che negli<br />
Stati Uniti venga segnalato solo<br />
un evento su 10. Questo rapporto<br />
è molto più basso in Italia dove<br />
non ci sono stime precise, ma probabilmente<br />
ci si attesta su un<br />
evento segnalato su 100 o anche<br />
meno. Sono stati fatti anche alcuni<br />
calcoli – non ancora pubblicati<br />
– sui costi delle reazioni avverse<br />
in Italia. In Pronto soccorso, per<br />
esempio, i due terzi <strong>degli</strong> eventi<br />
collegati ai farmaci è dovuto a reazioni<br />
avverse. Si stima inoltre che<br />
più <strong>di</strong> 600 mila giorni <strong>di</strong> ricovero<br />
l’anno potrebbero essere evitati<br />
prevenendo la comparsa <strong>di</strong> reazioni<br />
avverse.<br />
Secondo dati dell’Istituto superiore<br />
<strong>di</strong> sanità, il 4,3 per cento dei<br />
pazienti ammessi in Pronto soccorso<br />
entra per una reazione<br />
avversa: un ingresso su 20 è cioè<br />
dovuto a <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> tollerabilità.<br />
Proposte per una<br />
maggiore efficienza<br />
La proposta <strong>di</strong> Roses per risolvere,<br />
o almeno ridurre in maniera<br />
significativa, la questione delle<br />
reazioni avverse è quella <strong>di</strong> sviluppare<br />
un profilo genetico <strong>di</strong><br />
risposta ai farmaci, che permetta<br />
<strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re non solo l’efficacia, ma<br />
anche la tollerabilità in<strong>di</strong>viduale.<br />
Il profilo genetico <strong>di</strong> risposta a un<br />
farmaco può essere definito come<br />
la relazione esistente tra un certo<br />
assetto del DNA e la risposta a<br />
una molecola specifica. Conoscere<br />
questa relazione significa poter<br />
pre<strong>di</strong>re se un certo paziente che<br />
ha un assetto genetico <strong>di</strong> tipo “A”<br />
risponderà o meno al farmaco B.<br />
Per sviluppare il profilo genetico<br />
<strong>di</strong> risposta al farmaco, Roses presenta<br />
due strade e ne raccomanda<br />
una. La prima è quella dei geni<br />
can<strong>di</strong>dati: si formula un’ipotesi<br />
che riguarda l’associazione tra<br />
alcuni polimorfismi – in geni che<br />
metabolizzano il farmaco o che<br />
sono coinvolti nell’azione del<br />
principio attivo – e la risposta al<br />
trattamento farmacologico in<br />
esame; si verifica l’ipotesi nei trial<br />
clinici e quin<strong>di</strong> si ottiene un profilo<br />
<strong>di</strong> risposta.<br />
La seconda strada si basa invece<br />
sui Single Nucleotide Polymorphisms<br />
(SNPs), polimorfismi che<br />
colpiscono singoli nucleoti<strong>di</strong> della<br />
sequenza <strong>di</strong> DNA e che funzionano<br />
come marcatori della <strong>di</strong>fferenza<br />
tra un in<strong>di</strong>viduo e l’altro. Il<br />
99,9 per cento del <strong>genoma</strong> umano<br />
– costituito da circa 3 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
basi – è identico in tutti gli in<strong>di</strong>vidui.<br />
Il resto del patrimonio genetico<br />
– circa tre milioni <strong>di</strong> basi –,<br />
invece, sono SNPs.<br />
Alcune società farmaceutiche e<br />
biotecnologiche, insieme a cinque<br />
istituti accademici e a un gruppo<br />
non profit, hanno fondato lo SNP<br />
Consortium, allo scopo <strong>di</strong> creare<br />
una mappa <strong>degli</strong> SNPs umani.<br />
Inizialmente l’obiettivo era <strong>di</strong><br />
identificare il 10 per cento <strong>di</strong> tutti<br />
gli SNPs (circa 200-300 mila), ma<br />
probabilmente entro l’anno 2001<br />
ne verranno identificati circa 800<br />
mila.<br />
Con questo tipo <strong>di</strong> approccio si<br />
crea una correlazione tra gli SNPs<br />
– che normalmente non hanno un<br />
significato funzionale – e la risposta<br />
ai farmaci, e si può arrivare a<br />
identificare i profili <strong>di</strong> SNPs che<br />
sono pre<strong>di</strong>ttivi dell’efficacia e<br />
quelli che, invece, sono pre<strong>di</strong>ttivi<br />
della non efficacia <strong>di</strong> un principio<br />
attivo (ve<strong>di</strong> la figura 1 a pagina<br />
44). La medesima cosa può essere<br />
fatta per le reazioni avverse.<br />
I vantaggi <strong>di</strong> questa tecnica<br />
rispetto a quella dei geni can<strong>di</strong>dati<br />
sono i seguenti:<br />
■ non serve generare ipotesi sul<br />
meccanismo e sui geni coinvolti,<br />
perché il metodo si basa su una<br />
NEI<br />
LABORATORI<br />
47
48<br />
indagine a tappeto volta solo a<br />
trovare <strong>di</strong>fferenze del DNA associate<br />
a <strong>di</strong>versi comportamenti<br />
verso i farmaci;<br />
■ gli SNPs sono solo marcatori e<br />
non c’è quin<strong>di</strong> nessun’altra informazione<br />
genetica coinvolta nella<br />
loro identificazione. Di conseguenza<br />
i potenziali problemi etici<br />
e sociali sono poco rilevanti perché<br />
lo SNP porta poca informazione<br />
se non quella legata alla risposta<br />
al farmaco.<br />
Sulla scia <strong>di</strong> queste considerazioni,<br />
Roses propone quin<strong>di</strong> una<br />
nuova modalità <strong>di</strong> sviluppo dei<br />
farmaci, che permetterebbe <strong>di</strong><br />
accorciarne i tempi e i costi,<br />
aprendo la via a più farmaci messi<br />
in commercio in tempi più brevi.<br />
Secondo questo nuovo approccio<br />
il profilo genetico <strong>di</strong> risposta verrebbe<br />
tracciato già nella fase II<br />
dello sviluppo clinico, che verrebbe<br />
eseguita su un campione <strong>di</strong><br />
500-1.000 pazienti, anziché 100-<br />
200 come prima, e applicando la<br />
tecnica <strong>degli</strong> SNPs.<br />
A questo livello si potrebbe già<br />
definire il profilo <strong>di</strong> risposta per<br />
l’efficacia e per gli eventi avversi<br />
comuni. Sulla base <strong>di</strong> questi risultati<br />
si potrebbe quin<strong>di</strong> condurre<br />
una fase III ridotta, più rapida e<br />
meno costosa perché si selezionerebbero<br />
per questa fase, sulla base<br />
del profilo <strong>di</strong> risposta, solo quei<br />
pazienti che rispondono alla terapia<br />
con il farmaco e che verosimilmente<br />
non avranno effetti collaterali<br />
comuni.<br />
Strutturando in questo modo la<br />
sperimentazione clinica si otterrebbe<br />
un’approvazione dell’autorità<br />
regolatoria limitata ai pazienti<br />
identificati con questo approccio<br />
farmacogenetico, per cui l’uso<br />
del farmaco sarebbe autorizzato<br />
solo nei pazienti identificati dal<br />
profilo genetico come adatti a<br />
ricevere il farmaco (ve<strong>di</strong> la figura<br />
2 a pagina 45).<br />
Una nuova farmacovigilanza<br />
Ci sono però alcune <strong>di</strong>fficoltà<br />
potenziali insite in questo approccio.<br />
Innanzitutto, se complessivamente<br />
si stu<strong>di</strong>ano meno persone –<br />
2-3.000 anzichè 5.000 –, la capacità<br />
<strong>di</strong> identificare le reazioni<br />
avverse è inferiore.<br />
I farmaci così sviluppati, inoltre,<br />
potrebbero nelle normali con<strong>di</strong>zioni<br />
<strong>di</strong> impiego dare origine a un<br />
uso più ampio <strong>di</strong> quello previsto, e<br />
venire assunti <strong>di</strong> fatto da persone<br />
<strong>di</strong> cui non si sa niente in termini<br />
<strong>di</strong> profilo genetico.<br />
Infine resta aperta la questione<br />
della totale incapacità <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re<br />
le reazioni avverse rare.<br />
Per dare soluzione a questi problemi,<br />
Roses propone <strong>di</strong> inserire<br />
un approccio genetico anche nel<br />
processo <strong>di</strong> farmacovigilanza dopo<br />
la commercializzazione. Viene<br />
prelevato il sangue <strong>di</strong> un gruppo<br />
sufficientemente ampio dei primi<br />
pazienti che lo assumono. Dai<br />
campioni prelevati – si tratta <strong>di</strong><br />
molte migliaia (alcune stime parlano<br />
<strong>di</strong> 250.000) – viene estratto<br />
il DNA che viene conservato in<br />
una banca, che potrebbe essere<br />
gestita da un organismo in<strong>di</strong>pendente.<br />
Al verificarsi <strong>di</strong> reazioni<br />
avverse si confronano i profili<br />
genetici <strong>di</strong> coloro che hanno avuto<br />
reazioni avverse e <strong>di</strong> quelli che<br />
non le hanno avute. In questo<br />
modo si arriverebbe, tra l’altro, a<br />
costruire un profilo genetico pre<strong>di</strong>ttivo<br />
delle reazioni avverse<br />
gravi, che permetterebbe <strong>di</strong> realizzare<br />
qualcosa che non è possibile<br />
oggi: la pre<strong>di</strong>zione a livello<br />
in<strong>di</strong>viduale dell’evento avverso<br />
raro.<br />
Integrando tutti i profili <strong>di</strong> risposta<br />
così acquisiti si potrebbe arrivare<br />
a sviluppare un profilo genetico<br />
completo capace <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re<br />
sia l’efficacia, sia gli effetti collaterali,<br />
comuni o rari che siano.
Giuseppe Novelli<br />
Vorrei sottolineare che il<br />
<strong>di</strong>battito sull’opportunità <strong>di</strong><br />
utilizzare un approccio (quello<br />
dei geni can<strong>di</strong>dati) anziché<br />
l’altro (quello <strong>degli</strong> SNPs) è<br />
ancora aperto, tanto che stu<strong>di</strong><br />
recenti sembrano in<strong>di</strong>care che<br />
proprio il primo potrebbe<br />
essere quello che dà i frutti<br />
migliori<br />
Enrico Agabiti Rosei<br />
Alcune industrie farmaceutiche<br />
adottano ancora l’approccio<br />
più ampio possibile, cercando<br />
farmaci che servano<br />
alla maggior parte dei pazienti<br />
e non molecole personalizzate<br />
come fa invece la farmacogenetica.<br />
Da cosa <strong>di</strong>pende<br />
questa <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> atteggiamenti?<br />
Giuseppe Recchia<br />
Si tratta <strong>di</strong> approcci <strong>di</strong>versi.<br />
GlaxoSmithKline ha investito<br />
molto nella ricerca genetica e<br />
si aspetta un ritorno, che consiste<br />
soprattutto nell’in<strong>di</strong>viduare<br />
nuovi bersagli (circa<br />
15-20.000).<br />
Alcuni <strong>di</strong> questi dovrebbero<br />
servire a identificare le molecole<br />
che possono trattare proprio<br />
i pazienti che non rispondono<br />
alle terapie comuni e<br />
che, essendo pochi, con l’attuale<br />
sistema economico-industriale,<br />
non sono sufficienti a<br />
giustificare lo sviluppo <strong>di</strong><br />
nuovi farmaci.<br />
Il gruppo GlaxoSmithKline<br />
pensa quin<strong>di</strong> che debba esserci<br />
un cambiamento, per trovare<br />
trattamenti adeguati a<br />
<strong>di</strong>verse sottoclassi <strong>di</strong> pazienti:<br />
non il farmaco che cura tutto,<br />
DISCUSSIONE<br />
ma il farmaco per ogni tipo <strong>di</strong><br />
paziente<br />
Roberto Barale<br />
Mi sembra abbastanza improbabile<br />
riuscire a trovare<br />
un’associazione statisticamente<br />
significativa con 7-9 geni<br />
coinvolti nel metabolismo <strong>di</strong><br />
un farmaco, analizzando<br />
poche migliaia <strong>di</strong> persone.<br />
Inoltre anche qualora si trovassero<br />
associazioni, potrebbero<br />
comunque esserci <strong>di</strong>fferenze<br />
tra le <strong>di</strong>verse etnie.<br />
Ritornando invece ai costi del<br />
processo <strong>di</strong> sviluppo dei farmaci<br />
- circa 500 milioni <strong>di</strong> dollari<br />
- e ai tempi, <strong>di</strong>venta molto<br />
plausibile l’utilizzo <strong>di</strong> microchip,<br />
sia a DNA sia a proteine,<br />
per in<strong>di</strong>viduare le centinaia o<br />
ad<strong>di</strong>rittura le migliaia <strong>di</strong> geni<br />
coinvolti nell’azione <strong>di</strong> un farmaco.<br />
Questa metodologia permetterebbe<br />
infatti <strong>di</strong> fare molte<br />
osservazioni ancora prima<br />
dell’immissione definitiva<br />
della molecola sul mercato.<br />
Mi viene in mente, a questo<br />
proposito, un lavoro apparso<br />
su Nature circa un anno fa,<br />
nel quale è stata analizzata<br />
l’espressione <strong>di</strong> circa 6.000<br />
geni (presi a caso) nei fibroblasti<br />
<strong>di</strong> persone <strong>di</strong> età compresa<br />
tra i 10 e i 60 anni (8).<br />
Con la tecnologia dei microchip<br />
è stato possibile verificare<br />
quali geni sono accesi a 20<br />
anni e quali sono invece silenziati.<br />
Si è così osservato, per esempio,<br />
che invecchiando si accendono<br />
molti geni della riparazione<br />
del DNA perché contemporaneamente<br />
aumenta lo<br />
stress ossidativo. Usando tessuti<br />
<strong>di</strong> persone con età <strong>di</strong>verse,<br />
e quin<strong>di</strong> con fisiologia<br />
<strong>di</strong>versa, si possono vedere<br />
anche gli effetti <strong>di</strong> un certo<br />
farmaco nelle varie fasi della<br />
vita.<br />
Quella dei microchip è una<br />
tecnologia ancora molto costosa<br />
e che richiede grossi investimenti.<br />
D’altra parte, questo approccio<br />
potrebbe essere preso in<br />
considerazione da un’industria<br />
farmaceutica in virtù<br />
delle preziose informazioni<br />
che produce<br />
Antonella Pirazzoli<br />
GlaxoSmithKline sta attualmente<br />
impiegando nei suoi<br />
stu<strong>di</strong> entrambi gli approcci –<br />
dei geni can<strong>di</strong>dati e <strong>degli</strong><br />
SNPs –, ma abbiamo elementi<br />
per ritenere che, in termini<br />
generali, quest’ultimo darà<br />
maggiori risultati.<br />
Quanto alla reale possibilità <strong>di</strong><br />
trovare un’associazione tra un<br />
certo profilo genetico e le reazioni<br />
avverse a un farmaco,<br />
stiamo già facendo stu<strong>di</strong>, per<br />
esempio sulla reazione <strong>di</strong><br />
ipersensibilità all’abacavir, un<br />
farmaco per la terapia<br />
dell’HIV e quin<strong>di</strong> tra qualche<br />
anno si saprà <strong>di</strong> più su questo<br />
aspetto.<br />
Vorrei infine sottolineare che i<br />
due articoli <strong>di</strong> Roses vogliono<br />
tracciare le linee <strong>di</strong> un possibile<br />
nuovo approccio, che verosimilmente<br />
non sarà generalizzabile<br />
a tutti i farmaci e a<br />
tutte le situazioni, ma che<br />
dovrebbe comunque permettere<br />
<strong>di</strong> ridurre gli effetti collaterali<br />
NEI<br />
LABORATORI<br />
49
50<br />
Prima che questa proposta possa<br />
<strong>di</strong>ventare realtà ci vorrà sicuramente<br />
tempo, e le <strong>di</strong>fficoltà da<br />
superare saranno parecchie, ma<br />
questo approccio dà la possibilità<br />
<strong>di</strong> compiere un reale balzo in<br />
avanti nella modalità con cui si<br />
sviluppano e si somministrano i<br />
farmaci. È perciò necessario avvicinare<br />
clinici, farmacologi e genetisti<br />
con le autorità che si occupano<br />
<strong>di</strong> stilare le regole in questo<br />
settore, per risolvere insieme i<br />
problemi <strong>di</strong> questo promettente<br />
approccio.<br />
Il parere delle autorità<br />
regolatorie<br />
Per quanto riguarda l’autorità<br />
regolatoria, sia italiana sia europea,<br />
non c’è stato interesse per la<br />
farmacogenomica fino al 2000,<br />
anno in cui l’European Agency for<br />
the Evaluation of Me<strong>di</strong>cinal<br />
Products (EMEA) ha emesso un<br />
rapporto sull’uso della farmacogenomica<br />
nel processo <strong>di</strong> sviluppo<br />
dei farmaci, il cui testo integrale<br />
può essere recuperato sul sito<br />
Internet dell’agenzia internazionale<br />
www.emea.eu.int. Il documento<br />
sottolinea la necessità <strong>di</strong><br />
creare una collaborazione nel<br />
campo della farmacogenetica tra<br />
l’industria farmaceutica e le autorità<br />
regolatorie.<br />
Da questa premessa è partita una<br />
collaborazione relativamente a<br />
due progetti specifici: uniformare<br />
la terminologia impiegata in farmacogenetica<br />
e creare, ove possibile,<br />
un approccio armonizzato<br />
alla sperimentazione <strong>di</strong> farmacogenetica.<br />
Tutto ciò in<strong>di</strong>ca che l’autorità<br />
regolatoria sta <strong>di</strong>ventando consapevole<br />
<strong>di</strong> questa nuova possibilità<br />
<strong>di</strong> sviluppare farmaci, creando le<br />
premesse per una realizzazione<br />
pratica del processo ipotizzato da<br />
Roses.<br />
Bibliografia<br />
◆ 1) Roses AD. Pharmacogenetics and the practice of<br />
me<strong>di</strong>cine. Nature 2000; 405: 857.<br />
◆ 2) Roses AD. Pharmacogenetics and future drug<br />
development and delivery. Lancet 2000; 355: 1358.<br />
◆ 3) Miller et al. Am J Hosp Pharm 1973; 30: 584.<br />
◆ 4) Mitchell AA et al. Am J Epid 1979; 110: 196.<br />
◆ 5) Lazarou J et al. Incidence of adverse drug reactions<br />
in hospitalized patients: a meta-analysis of prospective<br />
stu<strong>di</strong>es. JAMA 1998; 279: 1200.<br />
◆ 6) Johnson et al. Arch Intern Med 1995; 155:<br />
1949.<br />
◆ 7) Kienzle-Horn S. Keeping a vigil. Reporting and<br />
regulation of adverse drug reactions. www.currentdrug<strong>di</strong>scovery.com<br />
(aprile 2001).<br />
◆ 8) Martin GM et al. Lessons from human progeroid<br />
syndromes. Nature 2000; 408, 263.
<strong>Farmaci</strong> e genetica<br />
nel bene e nel male<br />
Sono ancora in gran parte da identificare<br />
gli aspetti etici <strong>di</strong> questo settore della ricerca<br />
N<br />
ell’articolo apparso su<br />
Nature (1), Allen Roses,<br />
<strong>di</strong>rettore della sezione <strong>di</strong><br />
genetica <strong>di</strong> GlaxoSmithKline, cita<br />
una frase pronunciata da Sir<br />
William Osler nel 1892: «Se non<br />
fosse per la grande varietà <strong>degli</strong><br />
in<strong>di</strong>vidui, la me<strong>di</strong>cina potrebbe<br />
essere una scienza e non un’arte».<br />
La conclusione <strong>di</strong> Roses è che<br />
oggi, grazie alle prospettive offerte<br />
dalla genetica nel settore farmaceutico,<br />
si riesce a conoscere la<br />
<strong>di</strong>versità in<strong>di</strong>viduale cosicché la<br />
me<strong>di</strong>cina tende a <strong>di</strong>ventare una<br />
scienza e l’informazione fornita ai<br />
me<strong>di</strong>ci deve quin<strong>di</strong> essere adattata<br />
alle nuove esigenze.<br />
Il programma ELSI<br />
La genetica applicata alla ricerca<br />
sui farmaci è uno dei pochi campi<br />
in cui si possano fare programmi<br />
concreti <strong>di</strong> tipo preventivo e quin<strong>di</strong><br />
esaminare i problemi etici corrispondenti.<br />
Un compito questo <strong>di</strong><br />
cui si è occupato il programma<br />
(www.nhgri.nih.gov/ELSI/)<br />
Ethical, Legal and Social Implications<br />
(ELSI) fin dalle prime battute<br />
del Progetto <strong>genoma</strong> umano.<br />
Quando si sono intravisti i possibili<br />
risultati del progetto e le possibili<br />
conseguenze, infatti, il programma<br />
ELSI – finanziato con<br />
Principi da ritenere<br />
■ i risvolti etici <strong>di</strong> un test <strong>di</strong>pendono<br />
dalle finalità<br />
■ i test farmacogenetici in genere<br />
non sono rivelatori <strong>di</strong> menomazioni o<br />
infermità<br />
■ le «soluzioni» per molti aspetti<br />
etici connessi alla farmacogenetica<br />
sono ancora allo stu<strong>di</strong>o<br />
fon<strong>di</strong> federali statunitensi – si è<br />
posto l’obiettivo <strong>di</strong> procedere<br />
parallelamente a identificare le<br />
questioni etiche, giuri<strong>di</strong>che e<br />
sociali già presenti, ma soprattutto<br />
quelle che si potrebbero presentare,<br />
prima che i risultati del<br />
programma possano <strong>di</strong>ffondersi<br />
nella pratica me<strong>di</strong>ca.<br />
In questo senso anche questa<br />
tavola rotonda mette in luce come<br />
gli aspetti etici associati alla farmacogenomica<br />
siano ancora in<br />
parte da esplorare.<br />
A ogni applicazione<br />
la sua specificità etica<br />
La riflessione etica in questo<br />
campo può partire dal preambolo<br />
RISVOLTI<br />
ETICI<br />
Antonio G. Spagnolo<br />
Direttore dell’Istituto<br />
<strong>di</strong> bioetica<br />
<strong>Università</strong> cattolica<br />
del Sacro Cuore<br />
(Roma)<br />
Maurizio Mori<br />
Consulta <strong>di</strong> bioetica<br />
(Milano)<br />
51
52<br />
utilità<br />
cosa viene<br />
analizzato<br />
benefici<br />
rischi<br />
GENETICA DELLE MALATTIE<br />
prognosi e <strong>di</strong>agnosi<br />
ANALISI GENETICHE<br />
figura 1<br />
Le implicazioni etiche e <strong>di</strong> altra natura sono minori per i profili farmacogenetici che per i test genetici<br />
tratta da: Roses AD. Lancet 2000; 355: 1360.<br />
Test<br />
farmacogenetico<br />
malattie rare<br />
mendeliane:<br />
geni-malattia<br />
Secondo la definizione del<br />
Pharmacogenetics Working<br />
Group (www3.<strong>di</strong>ahome.org/committees/pharmacogenetics/background.asp)<br />
un test farmacogenetico<br />
è un’analisi finalizzata a<br />
malattie complesse:<br />
geni <strong>di</strong> suscettibilità<br />
della Dichiarazione universale sul<br />
<strong>genoma</strong> umano e i <strong>di</strong>ritti dell’uomo<br />
dell’UNESCO, del 1997, nella<br />
quale si riconosce che «le ricerche<br />
sul <strong>genoma</strong> umano e le loro applicazioni<br />
aprono immense prospettive<br />
<strong>di</strong> miglioramento della salute<br />
<strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui e dell’umanità<br />
tutta».<br />
FARMACOGENETICA<br />
profili <strong>di</strong> risposta ai farmaci<br />
geni associati<br />
al metabolismo<br />
dei farmaci e loro azione<br />
nuove scoperte su malattie e su farmaci risposta ottimale ai farmaci<br />
implicazioni etiche, legali e sociali<br />
identificare le variazioni <strong>di</strong> sequenza<br />
del DNA con lo scopo <strong>di</strong><br />
pre<strong>di</strong>re la risposta ai farmaci in<br />
termini <strong>di</strong> efficacia, interazione<br />
tra molecole e rischio relativo <strong>di</strong><br />
eventi avversi. In questo l’analisi<br />
è <strong>di</strong>fferente dagli altri test genetici,<br />
in quanto la sua finalità non<br />
è quella <strong>di</strong> determinare o pre<strong>di</strong>re<br />
il rischio <strong>di</strong> una malattia.<br />
profili genetici<br />
(SNPs)<br />
associati<br />
al metabolismo<br />
e all’azione<br />
dei farmaci<br />
Questa <strong>di</strong>chiarazione mette quin<strong>di</strong><br />
in primo piano l’aspetto terapeutico<br />
<strong>di</strong> tali applicazioni. Da un<br />
punto <strong>di</strong> vista etico, però, le <strong>di</strong>verse<br />
ricadute della ricerca genetica,<br />
da un lato i test genetici <strong>di</strong>agnostici<br />
e pre<strong>di</strong>ttivi e dall’altro il profilo<br />
farmacogenetico, hanno risvolti<br />
<strong>di</strong>versi, come illustrato<br />
nella figura 1 in questa pagina.<br />
Mentre le applicazioni dei test<br />
genetici finalizzati alla <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong><br />
una malattia danno origine a un<br />
ampio spettro <strong>di</strong> questioni etiche<br />
e sociali, l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> un<br />
profilo specifico per cercare la<br />
risposta ottimale dei farmaci o per<br />
evitarne gli effetti collaterali, solleva<br />
minori problemi etici.<br />
A questo proposito sia Allen<br />
Roses sia il gruppo ELSI hanno<br />
sottolineato il bisogno <strong>di</strong> una
tabella 1<br />
Aspetti etici <strong>di</strong> test genetici e profilo farmacogenetico<br />
test <strong>di</strong>agnostici e pre<strong>di</strong>ttivi profilo farmacogenetico<br />
garantire privacy e riservatezza ovviare all’insufficiente conoscenza della farmacogenetica<br />
evitare le conseguenze in ambito assicurativo fornire un’informazione il più accurata possibile<br />
per chiarire il valore e i limiti del profilo<br />
evitare il rischio <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione sviluppare e <strong>di</strong>ffondere standard <strong>di</strong> utilità clinica<br />
considerare l’impatto psicologico sul soggetto considerare la possibilità che dalla <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> dati sanitari<br />
in esame e sulla sua famiglia collaterali e non richiesti possa derivare <strong>di</strong>scriminazione<br />
considerare che non c’è chiarezza sul significato considerare il possibile impatto psicologico per un paziente<br />
<strong>di</strong> probabilità e <strong>di</strong> rischio il cui profilo in<strong>di</strong>chi che un trattamento <strong>di</strong>sponibile non è idoneo per lui<br />
assicurare un adeguato accesso alla cura, cercando <strong>di</strong> ridurre<br />
la possibile <strong>di</strong>scriminazione in campo assicurativo<br />
<strong>di</strong>stinzione molto precisa tra i test<br />
<strong>di</strong>agnostici pre<strong>di</strong>ttivi <strong>di</strong> malattia e<br />
il profilo farmacogenetico, per<br />
evitare <strong>di</strong> creare questioni etiche<br />
inesistenti. Il test genetico <strong>di</strong>agnostico<br />
entra nell’ambito della<br />
privacy con conseguenze in campo<br />
assicurativo e lavorativo e con<br />
rischi <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione per i<br />
soggetti coinvolti. Inoltre ha un<br />
forte impatto psicologico sul soggetto<br />
e sulla famiglia, per non parlare<br />
del fatto che il significato <strong>di</strong><br />
probabilità e <strong>di</strong> rischio, associati<br />
ad alcune categorie <strong>di</strong> test, è ancora<br />
poco chiaro per il pubblico.<br />
Questi temi, da un punto <strong>di</strong> vista<br />
etico, confluiscono nell’ambito del<br />
principio dell’autodeterminazione<br />
e dell’autonomia del soggetto (il<br />
consenso ai test, il <strong>di</strong>ritto a sapere<br />
o a non sapere eccetera).<br />
D’altra parte, quando si parla <strong>di</strong><br />
profilo farmacogenetico, non ci si<br />
trova <strong>di</strong> fronte alla <strong>di</strong>agnosi o alla<br />
pre<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> una malattia, ma<br />
alla pre<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> una risposta a<br />
un farmaco specifico. Il soggetto<br />
in esame, quin<strong>di</strong>, ha già una<br />
malattia o è portatore <strong>di</strong> un fatto-<br />
re <strong>di</strong> rischio, e l’attuazione del<br />
profilo avviene quando esiste già<br />
un farmaco per quella patologia.<br />
In questo senso il principio che<br />
sembra prevalere, da un punto <strong>di</strong><br />
vista etico, è quello terapeutico,<br />
della beneficialità. Prevale cioè il<br />
senso unilaterale <strong>di</strong> dovere, da<br />
parte <strong>di</strong> chi imposta la ricerca e<br />
programma la sanità, <strong>di</strong> offrire<br />
qualcosa in più, in forza della sua<br />
competenza in materia.<br />
È <strong>di</strong>fficile in questo caso ipotizzare<br />
una sorta <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto ad avere il<br />
profilo farmacogenetico, ma piuttosto<br />
il dovere da parte dei ricercatori<br />
<strong>di</strong> offrire questa possibilità<br />
laddove praticabile e con una<br />
ragionevole significatività dei dati<br />
ottenibili (ve<strong>di</strong> la tabella 1 in questa<br />
pagina).<br />
Proposte <strong>di</strong> buona condotta<br />
Da un punto <strong>di</strong> vista etico, quin<strong>di</strong>,<br />
l’obiettivo del profilo farmacogenetico<br />
è quello <strong>di</strong> ovviare all’insufficiente<br />
conoscenza, da parte<br />
sia dei pazienti sia dei me<strong>di</strong>ci, dei<br />
fattori che determinano la rispo-<br />
RISVOLTI<br />
ETICI<br />
53
Dichiarazione dell’UNESCO sul <strong>genoma</strong><br />
umano e i <strong>di</strong>ritti dell’uomo (<strong>di</strong>cembre 1997)<br />
(visibile al sito www.unesco.org/ibc)<br />
«Riconoscendo che le ricerche sul<br />
<strong>genoma</strong> umano e le loro applicazioni<br />
aprono immense prospettive<br />
<strong>di</strong> miglioramento della salute<br />
<strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui e dell’umanità<br />
tutta»<br />
«nessuna ricerca concernente il<br />
<strong>genoma</strong> umano né le sue applicazioni<br />
deve prevalere sul rispetto<br />
dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo, delle<br />
libertà fondamentali, e della<br />
<strong>di</strong>gnità umana <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui o<br />
dei gruppi» (articolo 10)<br />
«ognuno deve avere accesso ai<br />
progressi della biologia, della<br />
genetica e della me<strong>di</strong>cina, concernenti<br />
il <strong>genoma</strong> umano, nel<br />
rispetto della propria <strong>di</strong>gnità e<br />
dei propri <strong>di</strong>ritti» (articolo 12a)<br />
«la libertà della ricerca, necessaria<br />
al progresso della conoscenza,<br />
deriva dalla libertà <strong>di</strong> pensiero.<br />
Le applicazioni della ricerca<br />
devono tendere ad alleviare la<br />
sofferenza e migliorare la salute<br />
dell’in<strong>di</strong>viduo e <strong>di</strong> tutta l’umanità»<br />
(articolo 12b)<br />
«le responsabilità inerenti all’attività<br />
dei ricercatori, e cioè la meticolosità,<br />
la cautela, l’onestà intellettuale,<br />
l’integrità nel condurre la<br />
ricerca e nel presentare e utilizzare<br />
i risultati, dovrebbero essere oggetto<br />
<strong>di</strong> un’attenzione particolare nel<br />
contesto della ricerca sul <strong>genoma</strong><br />
umano per via delle implicazioni<br />
etiche. Anche coloro che si occupano<br />
delle politiche scientifiche, sia<br />
nel pubblico sia nel privato, hanno<br />
particolari responsabilità» (articolo<br />
13)<br />
54<br />
«gli Stati dovrebbero approntare<br />
misure adeguate per garantire le<br />
con<strong>di</strong>zioni intellettuali e materiali<br />
che favoriscono la libertà nella<br />
conduzione della ricerca sul<br />
<strong>genoma</strong> umano e nella considerazione<br />
<strong>degli</strong> aspetti etici, legali,<br />
sociali ed economici <strong>di</strong> tale ricerca»<br />
(articoli 14-16)<br />
«gli Stati dovrebbero rispettare e<br />
promuovere la solidarietà verso<br />
gli in<strong>di</strong>vidui, le famiglie e le<br />
popolazioni che sono particolarmente<br />
vulnerabili o affette da<br />
malattie o <strong>di</strong>sabilità <strong>di</strong> carattere<br />
genetico. Dovrebbero, inoltre,<br />
promuovere la ricerca sull’identificazione,<br />
la prevenzione e il<br />
trattamento delle malattie con<br />
componente genetica, in particolare<br />
modo quelle rare e quelle<br />
endemiche» (articolo 17)<br />
«gli Stati dovrebbero impegnarsi<br />
a garantire la <strong>di</strong>ffusione della<br />
conoscenza scientifica riguardante<br />
il <strong>genoma</strong> umano, la <strong>di</strong>versità<br />
umana e la ricerca genetica e sviluppare<br />
la cooperazione culturale<br />
soprattutto tra i paesi industrializzati<br />
e quelli in via <strong>di</strong> sviluppo»<br />
(articolo 18)<br />
«nell’ambito della cooperazione<br />
internazionale con i paesi in via<br />
<strong>di</strong> sviluppo, gli Stati dovrebbero<br />
cercare <strong>di</strong> valutare i vantaggi e i<br />
rischi della ricerca sul <strong>genoma</strong><br />
umano, evitare gli abusi, garantire<br />
il libero scambio delle conoscenze»<br />
(articolo 19)<br />
sta ai farmaci. In questo senso il<br />
dovere morale <strong>di</strong> conoscere il profilo<br />
aumenta con l’aumentare<br />
delle certezze a <strong>di</strong>sposizione.<br />
Il me<strong>di</strong>co, per esempio, prima <strong>di</strong><br />
prescrivere un farmaco che sia<br />
substrato <strong>di</strong> enzimi <strong>di</strong> cui si conoscono<br />
i polimorfismi e il loro<br />
significato, dovrebbe sempre più<br />
preoccuparsi <strong>di</strong> capire se è possibile<br />
prevedere l’effetto della molecola<br />
sul proprio paziente.<br />
In questo senso, l’ELSI in Pharmacogenetics<br />
Working Group<br />
sostiene che bisognerebbe reimpostare<br />
i programmi <strong>di</strong> formazione<br />
farmacologica perché gli studenti<br />
<strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina comincino a<br />
ragionare in questa nuova ottica.<br />
Per quanto riguarda i comitati<br />
etici, poi, ci si potrebbe domandare<br />
se si possa più accettare una<br />
sperimentazione con meto<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zionali<br />
senza associarvi anche la<br />
valutazione del profilo farmacogenetico,<br />
che potrebbe rivelarsi un<br />
beneficio per i pazienti. Un articolo<br />
pubblicato sul British Me<strong>di</strong>cal<br />
Journal, per esempio, sostiene<br />
che in futuro sarà considerato non<br />
etico ignorare il profilo genetico<br />
dei pazienti prima <strong>di</strong> sottoporli a<br />
un farmaco al fine <strong>di</strong> evitare un<br />
ulteriore rischio (2).<br />
Un altro aspetto etico del profilo<br />
farmacogenetico è che l’informazione<br />
deve essere accurata e comprensibile,<br />
cosicché valore e limiti<br />
del profilo siano realistici. In<br />
poche parole occorre chiarire su<br />
cosa si può contare oggi e che cosa<br />
ci si può aspettare dalla conoscenza<br />
in questo campo.<br />
Un ultimo aspetto riguarda la<br />
necessità <strong>di</strong> definire quali sono i<br />
parametri che permettono <strong>di</strong><br />
identificare un test <strong>di</strong> utilità clinica.<br />
Laddove c’è la possibilità <strong>di</strong><br />
arrivare a standard anche minimi,<br />
è doveroso <strong>di</strong>ffonderli perché possano<br />
essere utilizzati in altre<br />
strutture.
Per una ricerca corretta<br />
Ritornando alla Dichiarazione<br />
universale sul <strong>genoma</strong> umano e i<br />
<strong>di</strong>ritti dell’uomo, per ovviare alle<br />
questioni appena descritte, sono<br />
state date alcune in<strong>di</strong>cazioni per<br />
l’esercizio dell’attività scientifica.<br />
Queste riguardano innanzitutto la<br />
responsabilità dei ricercatori,<br />
intesa come rigore, prudenza,<br />
Contro<br />
il razzismo<br />
genetico<br />
Due articoli pubblicati <strong>di</strong><br />
recente sul New England<br />
Journal of Me<strong>di</strong>cine<br />
portano alla ribalta una questione<br />
etica strettamente correlata<br />
alle indagini genetiche<br />
in generale ma anche agli<br />
stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> questo settore applicati<br />
allo sviluppo dei farmaci:<br />
la <strong>di</strong>scriminazione razziale (3,<br />
4). Le due ricerche in questione<br />
riguardano due farmaci già<br />
in commercio e che si sono<br />
rivelati molto utili nella terapia<br />
dello scompenso car<strong>di</strong>aco:<br />
il carve<strong>di</strong>lolo e l’enelapril. Gli<br />
autori dei due stu<strong>di</strong> concludono<br />
che, mentre il primo è utile<br />
nel ridurre il rischio <strong>di</strong> morte e<br />
<strong>di</strong> ospedalizzazione sia nella<br />
popolazione bianca sia in<br />
quella <strong>di</strong> colore, il secondo lo<br />
è solo per la popolazione<br />
bianca, sottolineando l’importanza<br />
<strong>di</strong> conoscere con anticipo<br />
la possibile costituzione<br />
genetica della popolazione in<br />
esame.<br />
In un e<strong>di</strong>toriale <strong>di</strong> commento<br />
ai due lavori Robert Schwartz,<br />
un me<strong>di</strong>co, sottolinea come<br />
parlare <strong>di</strong> razza e <strong>di</strong> gruppi e<br />
<strong>di</strong>fferenze razziali (come<br />
fanno gli autori delle due<br />
ricerche) sia scorretto dal<br />
punto <strong>di</strong> vista biologico e<br />
rischi <strong>di</strong> promuovere una pratica<br />
clinica <strong>di</strong>scriminante (5):<br />
«E’ un errore attribuire fenomeni<br />
fisiologici e clinici complessi<br />
ad aspetti arbitrari<br />
legati all’apparenza esterna.<br />
Non è plausibile infatti che i<br />
pochi geni che spiegano tali<br />
caratteristiche esteriori possano<br />
essere associati in modo<br />
significativo allo sviluppo <strong>di</strong><br />
malattie o alla risposta ai farmaci.<br />
Alcune popolazioni vengono<br />
stu<strong>di</strong>ate per le loro peculiarità<br />
genetiche (si pensi agli<br />
in<strong>di</strong>ani Pima che hanno una<br />
particolare pre<strong>di</strong>sposizione<br />
allo sviluppo del <strong>di</strong>abete mellito<br />
non insulino <strong>di</strong>pendente),<br />
ma non bisogna <strong>di</strong>menticare<br />
che l’insorgenza <strong>di</strong> un <strong>di</strong>sturbo<br />
ha anche importanti componenti<br />
ambientali e culturali.<br />
Si pensi, per esempio, al caso<br />
delle mutazioni nel gene<br />
BRCA1, che pre<strong>di</strong>spongono<br />
allo sviluppo del tumore alla<br />
mammella e che sono particolarmente<br />
frequenti nella<br />
popolazione <strong>di</strong> donne ebree<br />
Ashkenazi. Il motivo <strong>di</strong> tale<br />
frequenza non è certo correlato<br />
all’origine etnica, ma piuttosto<br />
a un fattore culturale,<br />
onestà intellettuale, integrità<br />
nella conduzione della ricerca,<br />
nella presentazione e nell’uso dei<br />
risultati. È ovvio, infatti, che il<br />
modo in cui vengono trasmesse<br />
alcune informazioni può creare o<br />
meno un’aspettativa da parte del<br />
pubblico.<br />
La <strong>di</strong>chiarazione, poi, assegna<br />
responsabilità particolari anche a<br />
chi ha funzioni decisionali in<br />
che ha fatto sì che, per molti<br />
anni gli Ashkenazi si siano<br />
accoppiati all’interno delle<br />
stesse famiglie, aumentando<br />
così la frequenza <strong>di</strong> alcuni<br />
alleli (le varianti <strong>di</strong> uno stesso<br />
gene).<br />
Per quanto riguarda poi la<br />
popolazione <strong>di</strong> colore africana,<br />
dopo 400 anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>spersione<br />
geografica e <strong>di</strong> mescolanza<br />
genetica, non ci sono<br />
alleli che la caratterizzino in<br />
particolar modo rispetto alle<br />
altre, ma è vero che in essa,<br />
come in altri gruppi etnici,<br />
alcuni alleli hanno una prevalenza<br />
maggiore. Un fatto questo<br />
che può essere dovuto, per<br />
esempio, all’effetto protettivo<br />
delle varianti nei confronti <strong>di</strong><br />
certe patologie. E’ il caso, per<br />
esempio, <strong>di</strong> alcune mutazioni<br />
nel gene della betaglobina<br />
che si sono originate nell’Africa<br />
centrale e si sono <strong>di</strong>ffuse<br />
perché determinavano<br />
una resistenza alla malaria. In<br />
questo caso le varianti sono<br />
solo un in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> una particolare<br />
origine geografica e non<br />
certo <strong>di</strong> una razza. Non si<br />
vuole con questo <strong>di</strong>scorso<br />
negare la rilevanza me<strong>di</strong>ca <strong>di</strong><br />
alcune varianti, ma mettere in<br />
guar<strong>di</strong>a contro il pericolo che<br />
possano indurre a fare <strong>di</strong>stinzioni<br />
<strong>di</strong> razza inesistenti».<br />
RISVOLTI<br />
ETICI<br />
55
56<br />
Maurizio Mori<br />
Inizialmente anche io ho con<strong>di</strong>viso<br />
l’idea che il profilo farmacogenetico<br />
annulli le questioni etiche o<br />
almeno ne sollevi molto poche.<br />
Ora però, anche sulla base delle<br />
presentazioni <strong>di</strong> questa giornata,<br />
credo che la <strong>di</strong>stinzione tra i test<br />
<strong>di</strong>agnostici e pre<strong>di</strong>ttivi – che rientrano<br />
nell’ambito dell’autodeterminazione<br />
– e il profilo farmacogenetico<br />
– che rientra nell’ambito<br />
terapeutico, per il quale non esisterebbe<br />
un <strong>di</strong>ritto a conoscere il<br />
proprio profilo – non sia così<br />
netta. Inoltre mi domando se questo<br />
tipo <strong>di</strong> conoscenze alla fine<br />
non verrà applicato anche ad altri<br />
aspetti. Oggi si stu<strong>di</strong>ano le reazioni<br />
ai farmaci, ma si potrebbe arrivare<br />
a sapere, per esempio, quali<br />
sono le reazioni al vino, a una<br />
certa acqua minerale, al caffè<br />
d’orzo o al cotone e così via. In<br />
questo senso quin<strong>di</strong> le questioni<br />
etiche, che per i profili <strong>di</strong> reazione<br />
ai farmaci sono minime, in futuro<br />
potrebbero moltiplicarsi e riguardare<br />
ambiti più complessi. Infine<br />
vorrei sottolineare che la vera<br />
questione, in questo caso, è legata<br />
a un forte prevalere dell’autonomia.<br />
Insieme al principio <strong>di</strong><br />
beneficialità e <strong>di</strong> terapeuticità,<br />
infatti, queste nuove conoscenze<br />
materia <strong>di</strong> politiche scientifiche<br />
sia pubbliche sia private.<br />
L’obbligo morale riguarda dunque<br />
anche le industrie farmaceutiche<br />
che dovrebbero perciò tenere<br />
conto <strong>di</strong> quanto raccomandato<br />
dall’articolo 13 della Dichiarazione<br />
dell’UNESCO (ve<strong>di</strong> il box)<br />
nei loro orientamenti <strong>di</strong> ricerca.<br />
Infine, c’è la responsabilità <strong>degli</strong><br />
Stati, che consiste nel garantire la<br />
libera attività <strong>di</strong> ricerca, l’uso dei<br />
DISCUSSIONE<br />
riporteranno sempre più all’autonomia<br />
e alla responsabilità dell’in<strong>di</strong>viduo<br />
nei confronti <strong>di</strong> tutta<br />
una serie <strong>di</strong> scelte<br />
Franco Ajmar<br />
Volevo sottolineare che i farmaci<br />
si usano perché c’è una malattia e<br />
gran parte delle malattie hanno<br />
una base ere<strong>di</strong>taria. Quin<strong>di</strong> il profilo<br />
genetico relativo al trattamento<br />
farmacologico presumibilmente<br />
serve anche ai figli del malato.<br />
Fare il profilo a un genitore che in<br />
quel momento ha una malattia,<br />
può avere una ricaduta sul figlio<br />
che potrebbe sviluppare il <strong>di</strong>sturbo<br />
a sua volta, e avrebbe quin<strong>di</strong><br />
la possibilità <strong>di</strong> intervenire con<br />
maggior precisione prima che la<br />
malattia progre<strong>di</strong>sca. Questo mi<br />
sembra un aspetto che dà una<br />
forte patente <strong>di</strong> utilizzabilità ai<br />
profili farmacogenetici<br />
Bruno Dallapiccola<br />
Non bisogna <strong>di</strong>menticare che i<br />
profili genetici potrebbero <strong>di</strong>ventare<br />
<strong>di</strong>scriminanti. Se, per esempio,<br />
un profilo genetico identifica<br />
un soggetto che non risponde ai<br />
farmaci, le compagnie <strong>di</strong> assicurazione<br />
potrebbero decidere <strong>di</strong> non<br />
pagare per l’in<strong>di</strong>viduo in questione.<br />
Si profila quin<strong>di</strong> un potenziale<br />
rischio per questo tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione<br />
Enrico Agabiti Rosei<br />
Vorrei segnalare un punto che<br />
emerge spesso nelle <strong>di</strong>scussioni<br />
dei comitati etici. Se risulta una<br />
particolare efficacia <strong>di</strong> un trattamento<br />
in rapporto a un certo<br />
genotipo, la comunicazione alla<br />
persona interessata deve essere<br />
obbligatoria, in<strong>di</strong>pendentemente<br />
dall’esistenza <strong>di</strong> un consenso<br />
informato?<br />
Antonella Pirazzoli<br />
Per ora le ricerche che si stanno<br />
facendo sono ancora da replicare<br />
e quin<strong>di</strong> i risultati sono preliminari<br />
e non hanno comunque nessuna<br />
ricaduta pratica. In questo<br />
senso, quin<strong>di</strong>, la posizione <strong>di</strong><br />
GlaxoSmithKline prevede la<br />
comunicazione dei risultati, se il<br />
paziente li vuole conoscere, ma<br />
nello stesso tempo anche l’avvertimento<br />
che si tratta <strong>di</strong> dati che<br />
non hanno alcuna utilità per il<br />
momento.<br />
A questo proposito quin<strong>di</strong> la<br />
nostra proposta è <strong>di</strong> usare per i<br />
profili farmacogenetici lo stesso<br />
iter dei farmaci, cioé <strong>di</strong> renderli<br />
<strong>di</strong>sponibili solo quando si è certi<br />
della loro vali<strong>di</strong>tà, a meno che il<br />
risultati a fini pacifici, e la creazione<br />
<strong>di</strong> comitati etici che controllino<br />
la sperimentazione.<br />
Nello stesso ambito va considerata<br />
la possibilità che la <strong>di</strong>scriminazione<br />
e l’imposizione <strong>di</strong> uno stigma<br />
possano derivare dalla <strong>di</strong>ffusione<br />
<strong>di</strong> dati collaterali e non<br />
richiesti che emergessero dall’esame<br />
del profilo farmacogenetico.<br />
Come è stato già detto, il fatto che<br />
qualcuno possa conoscere even-
soggetto non li voglia conoscere<br />
comunque<br />
Antonio G. Spagnolo<br />
Per quanto riguarda l’informazione<br />
che potrà scaturire dall’esecuzione<br />
del profilo farmacogenetico,<br />
dovrebbe essere inserita nella<br />
scheda informativa ai fini del consenso,<br />
una frase del tipo: «I risultati<br />
dell’esame genetico potrebbero<br />
in futuro comportare benefici<br />
per lei e per la sua famiglia in<br />
or<strong>di</strong>ne all’efficacia e alla sicurezza<br />
dei farmaci che si assumeranno,<br />
ma non ci sono ancora prove<br />
<strong>di</strong> una tale utilità e pertanto la<br />
conoscenza dei risultati del test ha<br />
ancora un significato <strong>di</strong> ricerca. Su<br />
sua richiesta noi la informeremo<br />
comunque sui risultati, come pure<br />
se dovessero emergere dati rilevanti<br />
per lei e la sua famiglia»<br />
Roberto Barale<br />
Si sta assistendo al passaggio da<br />
una genetica che stu<strong>di</strong>a i geni ad<br />
alta penetranza, le cui mutazioni<br />
sono rare, determinano un alto<br />
rischio per il soggetto, ma hanno<br />
una scarsa rilevanza a livello <strong>di</strong><br />
popolazione, ad una che si occupa<br />
<strong>di</strong> geni a bassa penetranza, le cui<br />
alterazioni danno solo una leggera<br />
suscettibilità e incrementi <strong>di</strong><br />
rischio minimi e che non hanno un<br />
grosso significato a livello in<strong>di</strong>vi-<br />
tuali dati limitati all’effetto dei<br />
farmaci non desta preoccupazione;<br />
tuttavia occorre ricordare che<br />
la relazione tra genotipo e fenotipo<br />
non è sempre chiara. Ne è un<br />
esempio il caso dell’associazione<br />
tra il genotipo ApoE4 e la malattia<br />
<strong>di</strong> Alzheimer. Un eventuale profilo<br />
farmacogenetico che si basi su<br />
questo polimorfismo permette <strong>di</strong><br />
conoscere anche la pre<strong>di</strong>sposizione<br />
alla malattia e pone il <strong>di</strong>lemma<br />
duale, ma lo hanno invece a livello<br />
sociale.<br />
Se un polimorfismo, per esempio,<br />
incrementa il rischio <strong>di</strong> sviluppare<br />
tumore al polmone del 30 per<br />
cento, all’in<strong>di</strong>viduo singolo può<br />
non interessare, ma su una popolazione<br />
<strong>di</strong> 10-20 milioni <strong>di</strong> fumatori,<br />
se questi abbandonassero la<br />
sigaretta, potrebbe significare un<br />
risparmio sociale enorme <strong>di</strong> vite,<br />
<strong>di</strong> anni <strong>di</strong> lavoro, <strong>di</strong> ospedalizzazioni<br />
eccetera.<br />
Diventa quin<strong>di</strong> importante non<br />
tanto che l’in<strong>di</strong>viduo sappia se è a<br />
rischio – perché questo può non<br />
incidere affatto sulle sue decisioni<br />
–, ma piuttosto che l’informazione<br />
provochi in qualche modo un<br />
cambiamento <strong>di</strong> abitu<strong>di</strong>ni a livello<br />
<strong>di</strong> popolazione. Sulla base <strong>di</strong> queste<br />
osservazioni sarebbe necessario<br />
quin<strong>di</strong> intervenire in termini<br />
<strong>di</strong> educazione e <strong>di</strong> cultura<br />
della salute in generale, per avere<br />
risultati reali <strong>di</strong> salute pubblica e<br />
<strong>di</strong> risparmio <strong>di</strong> denaro.<br />
Non bisogna poi correre il rischio<br />
<strong>di</strong> me<strong>di</strong>calizzare la popolazione;<br />
nella maggior parte dei casi,<br />
infatti, se si escludono alcuni soggetti<br />
(molto pochi) particolarmente<br />
suscettibili, il rischio <strong>di</strong> ammalarsi<br />
rientra in quello considerato<br />
normale per la maggior parte<br />
della popolazione.<br />
L’incertezza che esiste sui veri<br />
effetti dei polimorfismi è ancora<br />
talmente grande che si può suggerire<br />
una <strong>di</strong>eta per prevenire il<br />
tumore allo stomaco, ma il tumore<br />
potrebbe colpire altri organi. Si<br />
è visto, per esempio, che alcuni<br />
polimorfismi proteggono dal<br />
tumore in alcuni organi, ma facilitano<br />
il cancro in altri.<br />
A questo punto si pone il problema<br />
della struttura sanitaria che<br />
deve comunicare il rischio;<br />
dovrebbero farlo persone idonee<br />
e preparate e comunque ritengo<br />
che sia ancora prematuro pensare<br />
a questo tipo <strong>di</strong> comunicazione al<br />
singolo, perché il pericolo che la<br />
stima del rischio venga interpretata<br />
in modo erroneo è enorme.<br />
Per quanto riguarda le assicurazioni,<br />
non si dovrebbe consentire<br />
loro <strong>di</strong> imporre i test genetici e<br />
<strong>di</strong>scriminare su questa base. Le<br />
assicurazioni valutano la curva <strong>di</strong><br />
mortalità <strong>di</strong> una data popolazione<br />
e, quando ci si assicura, considerano<br />
l’età attuale, la durata dell’assicurazione,<br />
l’aspettativa <strong>di</strong><br />
vita e fanno pagare un premio<br />
che considerano adeguato, aggiungendo<br />
il loro guadagno. Se<br />
una persona ha o non ha un certo<br />
polimorfismo rischioso influisce<br />
poco, perché i loro calcoli fanno<br />
già riferimento a tutta la popolazione,<br />
comprendendo quin<strong>di</strong> chi è<br />
a rischio e chi non lo è<br />
se sia il caso <strong>di</strong> fornire questa<br />
informazione collaterale relativa a<br />
un <strong>di</strong>sturbo così rilevante sul piano<br />
personale e sociale. Per questo<br />
alcuni ricercatori sottolineano la<br />
necessità <strong>di</strong> linee guida etiche<br />
prima della <strong>di</strong>ffusione routinaria<br />
dei profili farmacogenetici (6).<br />
Non è da <strong>di</strong>menticare poi il possibile<br />
impatto psicologico sul paziente<br />
per il quale, per esempio, il<br />
profilo farmacogenetico in<strong>di</strong>chi<br />
RISVOLTI<br />
ETICI<br />
57
58<br />
che non esiste un trattamento farmacologico<br />
appropriato al suo<br />
caso. Che cosa si dovrebbe fare in<br />
queste circostanze?<br />
Generalmente, <strong>di</strong> fronte a un test<br />
– per esempio per la <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong><br />
AIDS o genetico – l’analisi è preceduta<br />
e seguita dal counselling.<br />
Questa possibilità dovrebbe essere<br />
prevista anche nel caso in cui il<br />
responso del profilo farmacogenetico<br />
in<strong>di</strong>chi che un certo farmaco<br />
non è efficace.<br />
Infine occorre garantire un adeguato<br />
accesso alla cura, cercando<br />
<strong>di</strong> ridurre la possibile <strong>di</strong>scriminazione<br />
sul piano assicurativo.<br />
Quest’ultimo concetto è preso in<br />
considerazione anche nella Dichiarazione<br />
universale sul <strong>genoma</strong><br />
umano e i <strong>di</strong>ritti dell’uomo<br />
dove si <strong>di</strong>chiara che «ognuno deve<br />
avere accesso ai progressi della<br />
biologia, della genetica e della<br />
me<strong>di</strong>cina, concernenti il <strong>genoma</strong><br />
umano, nel rispetto della propria<br />
<strong>di</strong>gnità e dei propri <strong>di</strong>ritti» (articolo<br />
12a). In questo senso si innesca<br />
una obbligazione etica più<br />
rilevante, non sul piano personale,<br />
ma su quello internazionale.<br />
A questo proposito, nell’anno<br />
2000, lo HUGO Ethic Committee<br />
ha fatto una <strong>di</strong>chiarazione sulla<br />
con<strong>di</strong>visione dei risultati del<br />
Progetto <strong>genoma</strong> umano con le<br />
seguenti sei raccomandazioni<br />
(www.gene.ucl.ac.uk/hugo/b<br />
enefit.html):<br />
■ tutta l’umanità con<strong>di</strong>vida e<br />
abbia accesso ai benefici della<br />
ricerca genetica;<br />
■ i benefici non siano limitati<br />
solo a coloro che partecipano alla<br />
ricerca;<br />
■ ci sia un’ampia <strong>di</strong>scussione<br />
pubblica sulla con<strong>di</strong>visione dei<br />
benefici;<br />
■ anche in assenza <strong>di</strong> profitti si<br />
provveda alla realizzazione dei<br />
benefici sanitari imme<strong>di</strong>ati;<br />
■ tutti i partecipanti ricevano<br />
informazioni sui risultati e un<br />
apprezzamento per la loro partecipazione;<br />
■ le organizzazioni che trarranno<br />
profitto, ne devolvano una percentuale<br />
(per esempio l’1-3 per<br />
cento) dell’ammontare netto a<br />
infrastrutture sanitarie e a sforzi<br />
umanitari.<br />
Concludendo, la libertà della<br />
ricerca deve tendere ad alleviare<br />
la sofferenza, per cui l’articolo 12<br />
della <strong>di</strong>chiarazione dell’UNESCO<br />
riba<strong>di</strong>sce l’importanza <strong>di</strong> migliorare<br />
la salute <strong>di</strong> tutta l’umanità a<br />
con<strong>di</strong>zione che non si prevarichino<br />
i <strong>di</strong>ritti dell’uomo. Su questo<br />
campo si fonderà l’etica della<br />
ricerca. Una volta chiarito che<br />
non c’è etica senza un solido fondamento<br />
scientifico, si dovrà verificare<br />
che la scienza, oltre che<br />
buona, sia anche etica.<br />
Bibliografia<br />
◆ 1) Roses AD. Pharmacogenetics and the practice of<br />
me<strong>di</strong>cine. Nature 2000; 405: 857.<br />
◆ 2) Wolf CR et al. Pharmacogenetics. BMJ 2000;<br />
320: 987.<br />
◆ 3) Yancy CW et al. Race and the response to adrenergic<br />
blockade with carve<strong>di</strong>lol in patients with chronic<br />
heart failure. N Engl J Med 2001; 344: 1358.<br />
◆ 4) Exner DV et al. Lesser response to angiotensinconverting-enzyme<br />
inhibitor therapy in black as compared<br />
with white patients with left ventricular<br />
dysfunction. N Engl J Med 2001; 344: 1351.<br />
◆ 5) Schwartz R. Racial profiling in me<strong>di</strong>cal research. N<br />
Engl J Med 2001; 344: 1392.<br />
◆ 6) Myers MA. Use of polymorphism analysis requires<br />
ethical guidelines. BMJ 2000; 321: 453.
Dichiarazione <strong>di</strong> Erice<br />
sui principi etici della ricerca<br />
farmacogenetica<br />
Esposizione dei principi<br />
<strong>di</strong> buona pratica<br />
La genetica, applicata alla ricerca <strong>di</strong><br />
farmaci, consente <strong>di</strong> trovare nuovi<br />
bersagli per le cure e <strong>di</strong> mirarne<br />
meglio l’uso nei singoli malati. A<br />
questo scopo si stu<strong>di</strong>ano quali variazioni<br />
dei geni e del DNA si associano<br />
a una <strong>di</strong>versa risposta ai me<strong>di</strong>cinali.<br />
In pratica, ai malati che assumono<br />
un farmaco si chiede <strong>di</strong> farsi<br />
prelevare anche un campione <strong>di</strong><br />
sangue, su cui eseguire l’analisi<br />
genetica. Per il singolo paziente, il<br />
rischio <strong>di</strong> questa ricerca è dunque<br />
nullo sul piano fisico. Vi sono però<br />
possibili inconvenienti e implicazioni<br />
<strong>di</strong> altra natura, che possono derivare<br />
dalle informazioni fornite dal<br />
soggetto o dai risultati generati<br />
dalla sperimentazione. Una ricerca<br />
<strong>di</strong> farmacogenetica genera infatti<br />
informazione su due livelli. Il primo<br />
riguarda i singoli in<strong>di</strong>vidui sui quali<br />
viene eseguita l’analisi. Il secondo,<br />
che è il vero scopo della ricerca,<br />
produce invece una conoscenza <strong>di</strong><br />
tipo generale che collega determinate<br />
conformazioni dei geni con<br />
certi risultati; una volta verificata,<br />
questa informazione potrà essere<br />
utilizzata sotto forma <strong>di</strong> test in altri<br />
malati, per pre<strong>di</strong>re la loro risposta<br />
ai farmaci.<br />
Stante la novità <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> in oggetto<br />
è urgente in<strong>di</strong>viduare alcune linee<br />
guida che garantiscano una base<br />
minima <strong>di</strong> eticità per lo sviluppo<br />
delle ricerche in questo ambito.<br />
Data l’assenza <strong>di</strong> esperienze consolidate,<br />
vogliamo sottolineare che la<br />
nostra proposta ha valore sulla scor-<br />
ta delle attuali conoscenze e <strong>di</strong>scussioni<br />
pubbliche, e che potrebbe<br />
essere mo<strong>di</strong>ficata a seguito <strong>di</strong> ulteriori<br />
<strong>di</strong>battiti. Essa vuole essere uno<br />
stimolo alla <strong>di</strong>scussione e una base<br />
per assicurare maggiore uniformità<br />
nello stile <strong>di</strong> ricerca.<br />
I <strong>di</strong>ritti in<strong>di</strong>viduali<br />
Per quanto riguarda gli aspetti e i<br />
risultati in<strong>di</strong>viduali della ricerca,<br />
occorre tutelare tre principi: il consenso,<br />
la riservatezza e il <strong>di</strong>ritto<br />
d’accesso.<br />
Consenso. Ogni malato coinvolto<br />
deve essere informato del fatto che<br />
verrà eseguita un’analisi genetica<br />
sul suo sangue (o altro campione) e<br />
deve essere messo in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />
comprendere quali sono gli scopi,<br />
gli ambiti e i meto<strong>di</strong> specifici della<br />
ricerca in cui è coinvolto, quali sono<br />
i possibili rischi e i potenziali benefici<br />
per lui e per i membri della sua<br />
famiglia. Tra gli aspetti <strong>di</strong> metodo,<br />
devono essere ben illustrate le procedure<br />
destinate a tutelare la riservatezza<br />
e il <strong>di</strong>ritto d’accesso ai risultati<br />
(ve<strong>di</strong> oltre).<br />
Il paziente dovrà essere informato<br />
anche delle possibili implicazioni<br />
per altri membri della famiglia delle<br />
informazioni genetiche raccolte attraverso<br />
lo stu<strong>di</strong>o, se sono preve<strong>di</strong>bili.<br />
Particolarmente delicato, da<br />
questo punto <strong>di</strong> vista, è il consenso<br />
dato dai genitori o da altri familiari<br />
a nome dei minori o <strong>degli</strong> incapaci.<br />
Infine il paziente ben informato<br />
potrà dare liberamente il suo consenso,<br />
negarlo o ritirarlo, in<strong>di</strong>pendentemente<br />
dalla sua volontà <strong>di</strong><br />
APPENDICE<br />
La seguente<br />
<strong>di</strong>chiarazione<br />
<strong>di</strong> un gruppo<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>versa<br />
estrazione,<br />
del mondo me<strong>di</strong>co<br />
e sociale,<br />
è il risultato <strong>di</strong> una<br />
riunione svoltasi<br />
ad Erice nell’ambito<br />
della Scuola<br />
Internazionale<br />
<strong>di</strong> Farmacologia<br />
del Centro<br />
E. Majorana,<br />
il 17-18 marzo<br />
2001<br />
59
60<br />
partecipare al trial clinico tra<strong>di</strong>zionale<br />
<strong>di</strong> cui la ricerca farmacogenetica<br />
eventualmente fa parte.<br />
L’ottenimento del consenso è un processo<br />
che si deve realizzare attraverso<br />
un <strong>di</strong>alogo aperto tra me<strong>di</strong>co<br />
e paziente, durante il quale molte<br />
domande e dubbi trovano risposta,<br />
e al termine del quale (secondo i<br />
tempi che sono necessari per maturare<br />
una decisione consapevole) il<br />
paziente sottoscrive il suo assenso e<br />
riceve copia del documento firmato<br />
e delle informazioni fondamentali<br />
che ha ricevuto sulla sperimentazione.<br />
La portata del consenso deve essere<br />
quanto più possibile limitata e specifica,<br />
ma può comprendere anche<br />
opzioni per un uso futuro dei dati<br />
raccolti (e resi anonimi, ve<strong>di</strong> oltre) in<br />
altre ricerche, per esempio sullo<br />
stesso farmaco o sulla stessa malattia,<br />
o ancora più ampie. In questo<br />
caso, il paziente deve essere informato<br />
<strong>di</strong> quali procedure garantiranno<br />
in futuro un uso responsabile<br />
delle informazioni conservate nella<br />
banca dei dati (comitati etici, ve<strong>di</strong><br />
oltre), dal momento che l’anonimato<br />
non consentirà che si torni a chiedere<br />
il suo consenso in<strong>di</strong>viduale specifico<br />
per una eventuale nuova ricerca.<br />
Per evitare forzature o eventuali<br />
<strong>di</strong>scriminazioni (con possibili conseguenze<br />
anche sulla rappresentatività<br />
e quin<strong>di</strong> sulla qualità dei risultati),<br />
la stragrande maggioranza <strong>di</strong> noi<br />
ritiene sia bene escludere forme <strong>di</strong><br />
compenso in denaro. D’altra parte<br />
si fa osservare che non sarebbe<br />
equo escludere da ogni vantaggio<br />
solo e proprio colui che fornisce il<br />
materiale genetico. Si ritiene perciò<br />
che debbano essere offerti, caso per<br />
caso, possibili benefici <strong>di</strong> natura<br />
non economica, per i <strong>di</strong>retti interessati<br />
o per i gruppi cui appartengono,<br />
e che più in generale i partecipanti<br />
a uno stu<strong>di</strong>o debbano essere<br />
considerati partner e non oggetti,<br />
secondo il principio della con<strong>di</strong>visione<br />
(ve<strong>di</strong> oltre).<br />
Riservatezza. Per tutelare le informazioni<br />
genetiche personali, l’identità<br />
del soggetto che ha partecipato<br />
alla sperimentazione deve essere<br />
nota solo allo sperimentatore e ai<br />
suoi collaboratori coinvolti nello stu<strong>di</strong>o.<br />
Per questo motivo non dovrebbe<br />
essere riportato nella cartella clinica<br />
che il soggetto ha partecipato<br />
alla sperimentazione farmacogenetica.<br />
Un metodo efficace per tutelare<br />
la riservatezza delle informazioni e<br />
dei risultati consiste nel rendere<br />
anonimi i dati mantenendo negli<br />
archivi solo il collegamento tra gli<br />
elementi clinici e quelli genetici <strong>di</strong><br />
ogni singolo paziente, ma non il collegamento<br />
tra questi e l’identità del<br />
soggetto.<br />
Questa modalità, se da un lato fornisce<br />
una buona tutela della riservatezza,<br />
dall’altro ha alcuni svantaggi<br />
che sono descritti <strong>di</strong> seguito. Per<br />
questo motivo sono state sviluppate<br />
anche procedure in cui i dati vengono<br />
resi anonimi solo a un certo<br />
punto della sperimentazione, nel<br />
tentativo <strong>di</strong> ottenere una buona<br />
me<strong>di</strong>azione tra il <strong>di</strong>ritto alla riservatezza<br />
e gli altri <strong>di</strong>ritti.<br />
Diritto d’accesso. L’uso <strong>di</strong> dati resi<br />
anonimi, descritto nel punto precedente,<br />
ha l’inconveniente <strong>di</strong> privare<br />
il singolo in<strong>di</strong>viduo del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />
revocare in qualsiasi momento il<br />
consenso all’uso del proprio DNA e<br />
del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> conoscere i propri risultati<br />
personali, se lo desidera ed è<br />
applicabile. Peraltro, gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> farmacogenetica<br />
producono (almeno<br />
per ora) solo risultati preliminari <strong>di</strong><br />
ricerca, che nella maggioranza dei<br />
casi non danno informazioni utili<br />
per il singolo in<strong>di</strong>viduo: è questa<br />
un’informazione essenziale da<br />
comunicare al momento del consenso.<br />
Ciò non toglie che, se il pazien-
te desidera ugualmente conoscere i<br />
risultati concernenti la propria struttura<br />
genetica e tale richiesta è compatibile<br />
col modo in cui la sperimentazione<br />
è stata impostata, la sua<br />
volontà vada rispettata.<br />
Una possibilità per superare tali <strong>di</strong>fficoltà<br />
può venire dalla tecnologia<br />
informatica. Si potrebbe per esempio<br />
fornire al <strong>di</strong>retto interessato, e<br />
solo a lui, una chiave in co<strong>di</strong>ce<br />
(sulla falsariga del Personal Identification<br />
Number usato in campo<br />
bancario) che consenta <strong>di</strong> mantenere<br />
l’accesso ai propri dati anche a<br />
fronte <strong>di</strong> archivi resi anonimi.<br />
Oltre ai risultati personali, ogni paziente<br />
deve poter avere accesso<br />
anche ai risultati generali delle ricerca<br />
cui ha partecipato, in<strong>di</strong>pendentemente<br />
dalla pubblicazione, nel quadro<br />
<strong>di</strong> un più generale principio <strong>di</strong><br />
con<strong>di</strong>visione delle conoscenze (ve<strong>di</strong><br />
oltre).<br />
La responsabilità<br />
verso la società<br />
Diverse sono le implicazioni del<br />
secondo (e più rilevante) livello <strong>di</strong><br />
conoscenze prodotte, il quale ha<br />
come effetto <strong>di</strong> mettere a punto<br />
nuovi test genetici e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> cambiare<br />
la qualità e quantità <strong>di</strong> informazioni<br />
che potrà essere generata<br />
in futuro sui singoli in<strong>di</strong>vidui. Poiché<br />
ogni nuova tecnologia in me<strong>di</strong>cina,<br />
oltre a effetti benefici, può produrre<br />
anche conseguenze negative, per i<br />
singoli o per la popolazione, devono<br />
valere i principi <strong>di</strong> responsabilità,<br />
controllo e ren<strong>di</strong>conto o con<strong>di</strong>visione<br />
(riassumibili nel termine inglese<br />
<strong>di</strong> accountability).<br />
Responsabilità. Coloro che finanziano<br />
una ricerca <strong>di</strong> farmacogenetica<br />
(sponsor) e coloro che la conducono<br />
(sperimentatori) devono definire<br />
e <strong>di</strong>chiarare con chiarezza quali<br />
dati intendono raccogliere, quale<br />
esito si aspettano dallo stu<strong>di</strong>o e<br />
quale rilevanza tale risultato può<br />
avere per la salute. Ogni raccolta <strong>di</strong><br />
campioni a tappeto, senza scopi<br />
precisi, definiti e razionali, deve<br />
essere ban<strong>di</strong>ta. Lo stesso <strong>di</strong>casi per<br />
le sperimentazioni che abbiano<br />
scarse probabilità <strong>di</strong> fornire risultati<br />
<strong>di</strong> valore scientifico in conseguenza<br />
<strong>di</strong> una non corretta impostazione <strong>di</strong><br />
metodo, quale per esempio un<br />
numero troppo scarso <strong>di</strong> soggetti<br />
coinvolti.<br />
Sponsor e sperimentatori hanno<br />
anche il dovere <strong>di</strong> formulare una<br />
previsione, per quanto possibile, sugli<br />
effetti, negativi o positivi, che<br />
possono derivare dalla ricerca.<br />
Quando la ricerca è organizzata da<br />
uno sponsor, questi ha il dovere <strong>di</strong><br />
coinvolgere lo sperimentatore sin<br />
dalla fase <strong>di</strong> progettazione dello stu<strong>di</strong>o<br />
e deve affidargli il compito <strong>di</strong><br />
conduzione responsabile, e non <strong>di</strong><br />
semplice esecuzione.<br />
Gli sperimentatori devono avere<br />
ricevuto un’adeguata formazione,<br />
che consenta loro <strong>di</strong> maneggiare gli<br />
aspetti <strong>di</strong> complessità impliciti in<br />
questo genere <strong>di</strong> ricerche.<br />
Preoccupa che talvolta, ancora<br />
oggi, gli sperimentatori siano soggetti<br />
deboli, in posizione subor<strong>di</strong>nata<br />
rispetto agli sponsor. Preoccupa<br />
altresì che gli sperimentatori siano a<br />
volte poco competenti, così da non<br />
essere in grado <strong>di</strong> fornire adeguate<br />
garanzie <strong>di</strong> correttezza metodologica<br />
nella conduzione dello stu<strong>di</strong>o o <strong>di</strong><br />
in<strong>di</strong>viduare procedure che garantiscano<br />
il pieno rispetto dei <strong>di</strong>ritti dei<br />
pazienti. La verifica della competenza<br />
e responsabilità <strong>degli</strong> sperimentatori<br />
dovrebbe entrare a far parte<br />
delle procedure abituali <strong>di</strong> controllo<br />
<strong>di</strong> una buona pratica <strong>di</strong> ricerca.<br />
Controllo. Ogni raccolta <strong>di</strong> campioni<br />
<strong>di</strong> sangue (o altro materiale biologico)<br />
umani a scopo <strong>di</strong> ricerca<br />
genetica deve essere sottoposto al<br />
APPENDICE<br />
61
62<br />
controllo e al parere del comitato<br />
etico della struttura che partecipa<br />
allo stu<strong>di</strong>o. Il comitato ha il compito<br />
<strong>di</strong> verificare il rispetto, non solo formale,<br />
ma sostanziale, dei <strong>di</strong>ritti in<strong>di</strong>viduali<br />
<strong>di</strong> consenso, riservatezza e<br />
<strong>di</strong>ritto d’accesso dei pazienti coinvolti.<br />
Inoltre deve valutare la razionalità<br />
dello stu<strong>di</strong>o, la rilevanza dei<br />
risultati che si intende raggiungere,<br />
l’adeguatezza del <strong>di</strong>segno sperimentale<br />
proposto rispetto agli obiettivi<br />
<strong>di</strong>chiarati e la competenza <strong>di</strong> chi<br />
lo conduce.<br />
Qualora uno sponsor o uno sperimentatore<br />
intendessero utilizzare<br />
per una nuova ricerca i dati o i campioni<br />
anonimi conservati in archivio,<br />
come minimo è necessario che il<br />
nuovo protocollo sia sottoposto<br />
anche a un nuovo esame da parte<br />
del comitato etico della struttura che<br />
ha in consegna i campioni <strong>di</strong> DNA,<br />
sulla base ogni volta della formulazione<br />
<strong>di</strong> scopi e meto<strong>di</strong> precisi e<br />
definiti. E’ questo un punto essenziale,<br />
in quanto l’anonimato dei<br />
campioni conservati (o dei dati in<br />
archivio) non consente <strong>di</strong> richiedere<br />
un nuovo consenso ai singoli interessati,<br />
per cui il parere del comitato<br />
etico resta come unica garanzia<br />
<strong>di</strong> un uso responsabile delle banche<br />
dati che si andranno costituendo.<br />
Come si vede, si tratta <strong>di</strong> compiti <strong>di</strong>fficili,<br />
per i quali la maggioranza dei<br />
comitati etici, così come sono oggi<br />
costituiti, non <strong>di</strong>spone purtroppo<br />
della necessaria preparazione. E’<br />
perciò urgente uno sforzo <strong>di</strong> formazione<br />
anche a questo livello, come<br />
già ricordato per gli sperimentatori.<br />
Ren<strong>di</strong>conto e con<strong>di</strong>visione. Lo sponsor<br />
non può considerare i dati raccolti<br />
con una ricerca <strong>di</strong> farmacogenetica<br />
come una proprietà esclusiva.<br />
Questo principio apre problemi <strong>di</strong><br />
grande momento, perché da una<br />
parte i <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> brevetto e <strong>di</strong> sfruttamento<br />
economico dei risultati sem-<br />
brano essere un punto fermo e<br />
imprescin<strong>di</strong>bile, e dall’altra sembra<br />
altrettanto urgente e forte l’esigenza<br />
<strong>di</strong> garantire una giusta con<strong>di</strong>visione<br />
dei dati raccolti con coloro che sono<br />
implicati, in maniera più o meno<br />
<strong>di</strong>retta: lo sperimentatore, i pazienti<br />
coinvolti e l’intera società. Queste<br />
due esigenze a volte possono entrare<br />
in conflitto, e non è ancora chiara<br />
la possibile soluzione al riguardo.<br />
Una iniziale proposta è che il<br />
comitato etico valuti la correttezza<br />
<strong>di</strong> quanto previsto dal protocollo <strong>di</strong><br />
ricerca riguardo al <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> pubblicazione<br />
(che deve essere con<strong>di</strong>viso<br />
tra sponsor, sperimentatore e comitato<br />
d’in<strong>di</strong>rizzo) e ad altri strumenti<br />
<strong>di</strong> trasparenza, quali i registri dei<br />
trial.<br />
Al momento della <strong>di</strong>ffusione dei<br />
risultati, infine, lo sponsor ha anche<br />
la responsabilità <strong>di</strong> non favorire un<br />
uso prematuro e improprio <strong>di</strong> test la<br />
cui reale utilità clinica non sia stata<br />
verificata con una procedura scientifica<br />
rigorosa.<br />
Maurizio Agostini, Paola Arslan,<br />
Giuseppe Caruso, Giampietro Chiamenti,<br />
Maria Del Zompo, Laura Ferro,<br />
Silvio Garattini, Massimo Iacobelli,<br />
Milena Lo Giu<strong>di</strong>ce, Annarita Meneguz,<br />
Maurizio Mori, Anna Orru,<br />
Pier Franco Pignatti, Antonella Pirazzoli,<br />
Franca Porciani, Giuseppe Recchia,<br />
Paolo Rizzini, Fabio Samani,<br />
Luigi Santi, Roberto Satolli,<br />
Giovanna Scroccaro, Giampaolo Velo,<br />
Francesca Venturini<br />
Per eventuali contatti:<br />
gpvelo@sfm.univr.it<br />
rsatolli@za<strong>di</strong>g.it
Allele: una delle forme alternative <strong>di</strong> un<br />
gene.<br />
Aplotipo: in<strong>di</strong>ca la precisa sequenza <strong>di</strong><br />
polimorfismi a un locus genico.<br />
Cariotipo: l’insieme delle caratteristiche<br />
che identificano un corredo cromosomico.<br />
In particolare: il numero<br />
<strong>di</strong> cromosomi, la loro grandezza relativa,<br />
la lunghezza delle braccia del<br />
cromosoma, la posizione del centromero<br />
e altre caratteristiche.<br />
Clone: insieme <strong>di</strong> cellule originate da<br />
una stessa progenitrice e che hanno<br />
quin<strong>di</strong> lo stesso genotipo.<br />
DNA polimerasi: è l’enzima che opera<br />
la duplicazione semiconservativa del<br />
DNA.<br />
Ere<strong>di</strong>tabilità: si tratta <strong>di</strong> un parametro<br />
statistico che serve a in<strong>di</strong>care il contributo<br />
genetico alla determinazione<br />
<strong>di</strong> un carattere (in percentuale).<br />
Esone: si definisce in questo modo ogni<br />
sequenza <strong>di</strong> un gene che è presente<br />
anche nell’RNA messaggero e che<br />
viene tradotta a livello proteico.<br />
Espressione: si definisce espressione<br />
genica il processo <strong>di</strong> trasferimento<br />
dell’informazione co<strong>di</strong>ficata nel gene<br />
in un prodotto funzionale, cioè la proteina<br />
Eterozigote: portatore <strong>di</strong> due alleli<br />
<strong>di</strong>versi <strong>di</strong> un gene specifico sui due<br />
cromosomi omologhi.<br />
Farmacocinetica: stu<strong>di</strong>o della velocità<br />
con cui un farmaco viene assorbito,<br />
della sua durata d’azione e del tempo<br />
necessario all’escrezione.<br />
Farmaco<strong>di</strong>namica: con questo termine<br />
si in<strong>di</strong>ca l’insieme dell’assorbimento,<br />
metabolismo ed escrezione <strong>di</strong><br />
un farmaco.<br />
Farmacogenetica: lo stu<strong>di</strong>o della<br />
GLOSSARIO<br />
variabilità <strong>di</strong> risposta a un farmaco<br />
dovuta a fattori ere<strong>di</strong>tari.<br />
Farmacogenomica: la determinazione<br />
e l’analisi del <strong>genoma</strong> (DNA e RNA)<br />
in relazione alla risposta ai farmaci.<br />
Fenotipo: le caratteristiche morfologiche<br />
e fisiologiche dell’in<strong>di</strong>viduo che<br />
sono determinate dal genotipo e dall’ambiente.<br />
Gemelli <strong>di</strong>zigoti: originano dalla<br />
fecondazione <strong>di</strong> due ovociti da parte<br />
<strong>di</strong> due spermatozoi <strong>di</strong>versi.<br />
Gemelli monozigoti: derivano dallo<br />
stesso zigote e hanno quin<strong>di</strong> genotipo<br />
identico.<br />
Gene: una sequenza <strong>di</strong> DNA che porta il<br />
messaggio per la produzione <strong>di</strong> una<br />
proteina.<br />
Gene can<strong>di</strong>dato: un gene la cui funzione<br />
o posizione suggerisce che possa<br />
essere coinvolto nello sviluppo <strong>di</strong> una<br />
malattia o nella manifestazione <strong>di</strong> un<br />
carattere.<br />
Genetica: lo stu<strong>di</strong>o della componente<br />
ere<strong>di</strong>taria nella variabilità dei caratteri<br />
(per esempio il colore <strong>degli</strong> occhi<br />
eccetera).<br />
Genoma: tutto il materiale genetico<br />
contenuto nei cromosomi <strong>di</strong> un organismo.<br />
Genomica: la determinazione e l’analisi<br />
del <strong>genoma</strong> (DNA) e dei suoi prodotti<br />
(per esempio l’RNA). La genomica<br />
usa una serie <strong>di</strong> tecniche <strong>di</strong> laboratorio<br />
<strong>di</strong>rette alla comprensione <strong>di</strong> come<br />
l’informazione contenuta nel <strong>genoma</strong><br />
venga convertita nei meccanismi che<br />
sono alla base della vita.<br />
Genotipo: rappresenta la costituzione<br />
genetica dell’in<strong>di</strong>viduo e viene rivelato<br />
dall’analisi <strong>di</strong> tipo molecolare.<br />
Introne: è una sequenza <strong>di</strong> DNA pre-<br />
63
64<br />
sente in un gene che viene trascritta<br />
in RNA messaggero ma non tradotta<br />
in proteina.<br />
Linkage: rapprensenta la tendenza <strong>di</strong><br />
due geni a essere ere<strong>di</strong>tati insieme in<br />
virtù della loro vicinanza fisica su un<br />
cromosoma. Si misura in termini <strong>di</strong><br />
percentuale <strong>di</strong> ricombinazione; più<br />
due geni sono vicini su un cromosoma,<br />
minore è la propbabilità che si<br />
separino durante il crossing over.<br />
L’analisi <strong>di</strong> linkage ha sfruttato questa<br />
caratteristica per identificare,<br />
attraverso l’uso <strong>di</strong> sequenze specifiche<br />
<strong>di</strong> DNA (marcatori), i gein-malattia<br />
che si trasmettono in alcune gran<strong>di</strong><br />
famiglie.<br />
Microchip: supporto <strong>di</strong> silicio, della<br />
<strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> un francobollo, sul<br />
quale vengono depositate sequenze<br />
<strong>di</strong> DNA da utilizzare in vari tipi <strong>di</strong><br />
stu<strong>di</strong>, dalla identificazione dei geni<br />
attivati in tessuti particolari, alla in<strong>di</strong>viduazione<br />
dei farmaci efficaci contro<br />
alcune patologie.<br />
Metabolismo: l’insieme delle trasformazioni<br />
biochimiche ed energetiche<br />
che avvengono nell’organismo.<br />
Mutazioni: alterazioni a carico della<br />
sequenza nucleoti<strong>di</strong>ca del DNA.<br />
Possono essere <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso genere. Le<br />
mutazioni missense o <strong>di</strong> senso errato<br />
sono quelle in cui il cambiamento <strong>di</strong><br />
un solo nucleotide provoca la sostituzione<br />
<strong>di</strong> un aminoacido nella proteina<br />
co<strong>di</strong>ficata dal gene. Spesso queste<br />
alterazioni non provocano gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbi<br />
alla funzionalità della proteina,<br />
ma ci sono casi in cui anche questa<br />
minima alterazione può avere effetti<br />
gravi. Le mutazioni frameshift o <strong>di</strong><br />
slittamento del modulo <strong>di</strong> lettura<br />
avvengono quando si ha l’inserzione<br />
o la delezione <strong>di</strong> un singolo nucleotide,<br />
con conseguente scivolamento<br />
della lettura e della trascrizione<br />
dell’RNA messaggero. Può provocare<br />
la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> funzionalità della proteina.<br />
Si ha una mutazione non senso<br />
quando il cambiamento nucleoti<strong>di</strong>co<br />
provoca la creazione <strong>di</strong> un codone <strong>di</strong><br />
stop, per cui la proteina viene troncata<br />
prematuramente. In base alla posizione<br />
del codone <strong>di</strong> stop la proteina<br />
potrà o meno mantenere la sua funzionalità.<br />
Mutazione puntiforme: si tratta <strong>di</strong><br />
una mutazione che causa una piccola<br />
alterazione a livello della sequenza<br />
del DNA e spesso consiste nel cambiamento<br />
<strong>di</strong> un solo nucleotide.<br />
Nucleoti<strong>di</strong>: sono i componenti fondamentali<br />
<strong>degli</strong> aci<strong>di</strong> nucleici, costituiti<br />
da basi puriniche e pirimi<strong>di</strong>niche, da<br />
2-desossiribosio e da gruppi fosfato.<br />
Omozigote: in<strong>di</strong>viduo che porta due<br />
alleli identici <strong>di</strong> un gene specifico sui<br />
due cromosomi omologhi.<br />
Penetranza: in<strong>di</strong>ca la probabilità che,<br />
dato un certo genotipo, si manifesti il<br />
fenotipo corrispondente.<br />
Polimorfismo: l’esistenza, nella popolazione,<br />
<strong>di</strong> uno o più alleli <strong>di</strong> un gene<br />
con una frequenza significativa.<br />
Probando: è un in<strong>di</strong>viduo che presenta<br />
la con<strong>di</strong>zione patologica in esame.<br />
Promotore: la porzione <strong>di</strong> un gene dove<br />
si lega l’RNA polimerasi per iniziare<br />
la trascrizione <strong>di</strong> una sequenza <strong>di</strong><br />
DNA.<br />
Recettore: una proteina che, grazie alla<br />
sua particolare struttura, è in grado <strong>di</strong><br />
legare altre molecole. Ne esistono <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>versi tipi, ognuno con una funzione<br />
specifica e localizzati soprattutto sulla<br />
membrana cellulare.<br />
Single Nucleotide Polymorphism<br />
(SNP): variazione <strong>di</strong> una singola<br />
base nucleoti<strong>di</strong>ca, che avviene all’incirca<br />
ogni 1.000 paia <strong>di</strong> basi.<br />
Traduzione: la sintesi <strong>di</strong> una proteina o<br />
<strong>di</strong> un peptide realizzata usando<br />
l’RNA messaggero come stampo.<br />
Trascrizione: la formazione dell’RNA<br />
messaggero a partire dal DNA.
IL PROSSIMO INCONTRO<br />
La ricerca clinica in genetica<br />
I recenti e continui sviluppi della genetica<br />
pongono il problema della ricerca clinica<br />
in questo settore che vede sempre più il me<strong>di</strong>co<br />
tra i protagonisti.<br />
La mancanza, in certi casi <strong>di</strong> una normativa,<br />
in altri <strong>di</strong> linee guida o <strong>di</strong> orientamenti con<strong>di</strong>visi<br />
sulle modalità con cui è opportuno condurre<br />
questa ricerca, creano un’ampia gamma<br />
<strong>di</strong> comportamenti e costituiscono un freno<br />
alla sperimentazione. L’incontro si prefigge <strong>di</strong> chiarire<br />
i <strong>di</strong>versi aspetti della ricerca clinica in genetica<br />
e <strong>di</strong> suggerire orientamenti pratici.<br />
Un’iniziativa del Programma <strong>di</strong> comunicazione e formazione sulla genetica<br />
a cura <strong>di</strong> GlaxoSmithKline e della Società italiana <strong>di</strong> genetica umana<br />
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