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OPPOSTE VEDUTE<br />

TAXE PERÇUE TRIESTE<br />

TASSA RISCOSSA ITALY<br />

“POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE<br />

IN ABBONAMENTO POSTALE -<br />

D.L. 353/2003 (conv.in L. 27/02/2004 n°<br />

46) art. 1, comma 2, DCB TRIESTE”<br />

Iniziativa realizzata<br />

con <strong>il</strong> contributo del Governo italiano<br />

ai sensi della Legge 72/2001<br />

L’ARENA DI POLA - Registrata presso <strong>il</strong> Tribunale di Trieste n. 1061 del 21.12.2002 ANNO LX - 3251 - Mens<strong>il</strong>e n. 8 del 31 agosto 2004<br />

Fondato a Pola <strong>il</strong> 29.7.1945 - Organo dell’Associazione del “Libero Comune di Pola in Es<strong>il</strong>io” - Via S<strong>il</strong>vio Pellico, 2 - 34122 Trieste<br />

Direttore responsab<strong>il</strong>e: S<strong>il</strong>vio Mazzaroli - Redazione: via Malaspina 1 - 34147 Trieste - Telefono e Fax 040.830294<br />

Quote associative annuali per l’Italia: € 30 - Per le Americhe € 60 - Per l’Australia € 66 - da versare sul Conto Corrente Postale n. 38407722 intestato a L’Arena di Pola - Trieste<br />

Le copie non recapitate vanno restituite al CPO di Trieste per la restituzione al mittente previo pagamento resi<br />

Frattura<br />

nel mondo degli Esuli<br />

di S<strong>il</strong>vio Mazzaroli<br />

Come annunciato sulla precedente<br />

“Arena”, <strong>il</strong> 23 luglio<br />

c.a. la Camera ha approvato<br />

<strong>il</strong> Patto di stab<strong>il</strong>izzazione<br />

che apre le porte della UE alla<br />

Croazia. Per alcuni si tratta della<br />

ratifica definitiva del Patto; per altri,<br />

sarà necessario un ulteriore<br />

passaggio al Senato, perché <strong>il</strong> testo<br />

licenziato nella suddetta seduta<br />

non sarebbe identico a quello già<br />

dallo stesso approvato. Sia come<br />

sia, non si vede proprio come <strong>il</strong> risultato<br />

finale possa cambiare.<br />

In altre parole, non essendosi<br />

manifestato alcuno degli atti “di<br />

buona volontà” che <strong>il</strong> Governo -<br />

come suggerito a fine marzo dalla<br />

Federazione (vedasi occhiello) -<br />

avrebbe dovuto richiedere alla<br />

controparte croata prima di procedere<br />

alla ratifica, si è verificata<br />

esattamente la condizione per cui <strong>il</strong><br />

Presidente della Federazione aveva<br />

vent<strong>il</strong>ato un ennesimo tradimento<br />

delle legittime aspettative<br />

degli Esuli. Non basta! Anche la<br />

giusta e circostanziata critica rivolta<br />

al Governo in tema di indennizzi<br />

è rimasta inascoltata, non essendo<br />

intercorso alcun “effettivo e concreto<br />

impegno” per risolvere definitivamente<br />

l’annosa e vergognosa<br />

vicenda (*). Coerenza avrebbe, a<br />

questo punto, dovuto suggerirgli<br />

una ferma e decisa denuncia dell’inqualificab<strong>il</strong>e<br />

operato del Governo.<br />

I suoi precedenti comunicati<br />

autorizzavano l’attesa in tal senso<br />

della maggioranza degli Esuli.<br />

Peraltro, su “Difesa Adriatica” di<br />

luglio, l’operato governativo era<br />

stato bollato, con elegante eufemismo,<br />

dal Vice presidente della Federazione,<br />

Lucio Toth, come un d<strong>il</strong>azionante<br />

“dribbling”. Le “grida<br />

di sdegno” e l’azzeccata ironia di<br />

ieri si sono, invece, dissolte in un<br />

ennesimo apprezzamento, da parte<br />

di entrambi, per l’impegno (?!) del<br />

Governo e la riconferma della fiducia<br />

nella “linea tecnica” da esso<br />

seguita nella trattativa in seno alla<br />

“Commissione mista italo-croata”.<br />

Dal “ruggito” al “belato” <strong>il</strong> passo è<br />

stato veramente breve!<br />

Per quanto precede, in un comunicato<br />

congiunto (°), i Presidenti<br />

dell’Unione degli Istriani (S<strong>il</strong>vio<br />

Delbello) e del Libero Comune di<br />

Pola in Es<strong>il</strong>io (chi scrive), convinti<br />

della necessità di un deciso “pressing<br />

politico” del Governo nei confronti<br />

della Croazia, hanno espresso<br />

<strong>il</strong> loro circostanziato dissenso<br />

con <strong>il</strong> pronunciamento della Presidenza<br />

della Federazione e chiesto<br />

le sue dimissioni, perfettamente<br />

La ratifica del Patto di stab<strong>il</strong>izzazione apre le porte dell’Europa alla Croazia ...in corsivo<br />

consci, peraltro, di essere essi stessi<br />

parte del suo Esecutivo. La reazione<br />

del Presidente Brazzoduro è<br />

stata immediata e - accomodante<br />

con i “potenti” quanto graffiante<br />

con i “dissenzienti” - si è materializzata<br />

nel comunicato, riprodotto<br />

a lato in corsivo. Impossib<strong>il</strong>e non<br />

replicare punto per punto. Così è<br />

stato con un successivo comunicato<br />

(°) di cui, per esigenze di spazio,<br />

si riporta la sola parte introduttiva:<br />

“Né disattenti né politicamente<br />

impreparati, bensì coerenti e fedeli<br />

al mandato avuto dai propri Associati.<br />

Nemmeno irriconoscenti per<br />

quanto sin qui ricevuto in termini<br />

morali e di contributi finanziari<br />

per la salvaguardia della cultura e<br />

delle tradizioni istriane, fiumane e<br />

dalmate; aspetti importanti ma che<br />

lasciano irrisolti, a distanza di quasi<br />

sessant’anni, i primari problemi<br />

relativi ai beni ed agli indennizzi<br />

(definiti dal Presidente della<br />

A.N.V.G.D. “i due corni del d<strong>il</strong>emma”).<br />

Infine, nemmeno irresponsab<strong>il</strong>i<br />

ed irriguardosi delle decisioni<br />

collegialmente assunte nell’ambito<br />

dell’Esecutivo della Federazione,<br />

sia pure con i distinguo già evidenziati<br />

ma, comunque, in precedenza<br />

sempre rispettate per dovere di<br />

squadra. Amareggiati sì, per aver<br />

dovuto, alla fine, esprimere pubblicamente<br />

<strong>il</strong> nostro dissenso nei confronti<br />

di comportamenti che riteniamo<br />

di non poter condividere,<br />

senza tradire quanti a noi hanno affidato<br />

<strong>il</strong> mandato di tutelare i loro<br />

diritti calpestati ed i loro interessi.”<br />

Sin qui - e sarebbe potuto bastare<br />

- la “guerra dei comunicati” tra<br />

presidenti; un confronto “fratricida”<br />

e per questo pernicioso per la<br />

nostra causa - non c’è alcuna necessità<br />

che siano altri a sottolinearlo<br />

- ma inevitab<strong>il</strong>e ai fini di un<br />

chiarimento che deve, in primo<br />

luogo, riguardare gli Esuli.<br />

Il Presidente Toth ha voluto,<br />

però, metterci la sua gattopardesca<br />

unghiata. Infatti, da sue dichiarazioni<br />

apparse sulla stampa, abbiamo<br />

appreso che talune richieste degli<br />

Esuli alimenterebbero “aspettative<br />

irrealistiche e fuori della storia”.<br />

A quali richieste si riferisce?<br />

Forse a quelle che egli stesso ha<br />

contribuito a st<strong>il</strong>are? O, forse, a<br />

quelle contenute nel documento<br />

programmatico del Libero Comune<br />

di Pola, sottoscritto da tutti i<br />

suoi Consiglieri e pubblicato su<br />

“L’Arena” n.3/04? Non risulta che<br />

da parte nostra ne siano state avanzate<br />

delle altre. Ancora: “non è inseguendo<br />

la parte più radicale di<br />

questa base …che si serve… la<br />

causa degli Esuli”. Ritiene, forse,<br />

“radicali” - quasi pericolosi estremisti<br />

- quanti chiedono alla dirigenza<br />

della Federazione maggiore<br />

fermezza nel rappresentare i loro<br />

diritti e, da sempre inascoltati,<br />

chiarezza, onestà ed impegno ai<br />

Governi, succedutisi nel tempo,<br />

nel promuoverne <strong>il</strong> soddisfacimento?<br />

Da ultimo: “sembra quasi un<br />

atteggiamento (quello dei dissenzienti)<br />

che miri a lavarsi le mani da<br />

ogni responsab<strong>il</strong>ità rispetto al Governo<br />

ed alla base dei profughi”.<br />

Eh no, egregio onorevole! Denunciare<br />

una linea di condotta che<br />

non si condivide non significa in<br />

alcun modo “lavarsi le mani”, soprattutto,<br />

nei confronti di quanti<br />

hanno conferito <strong>il</strong> mandato di rappresentarli.<br />

Diffic<strong>il</strong>e capire su che cosa <strong>il</strong><br />

Presidente della Federazione ed <strong>il</strong><br />

suo Vice basino la loro convinzione<br />

di essere nel giusto dal momento<br />

che nessun significativo passo<br />

avanti è stato fatto nei confronti di<br />

entrambi i “due corni del d<strong>il</strong>emma”.<br />

Meditate, meditate Gente! Il<br />

tempo, più che la pazienza, degli<br />

Esuli è in via di rapido esaurimento<br />

e, purtroppo, non ne passerà molto<br />

per sapere chi aveva torto e chi ragione.<br />

SILVIO MAZZAROLI<br />

(*) vedasi, al riguardo, <strong>il</strong> comunicato<br />

pubblicato in corsivo su<br />

“L’Arena” n.7/04)<br />

(°) i comunicati citati, per gli<br />

eventuali interessati ad una loro<br />

lettura completa, sono reperib<strong>il</strong>i<br />

sul sito www.arcipelagoadriatico.it<br />

La risposta<br />

del Presidente<br />

Brazzoduro<br />

di Guido Brazzoduro*<br />

“E’<br />

con amarezza<br />

che si deve constatare<br />

quanto<br />

disattenti e politicamente impreparati<br />

siano alcuni esponenti<br />

delle Associazioni federate,<br />

che, ritenendo la propria visione<br />

delle cose l’unica giusta, vogliono<br />

farla prevalere a colpi di<br />

comunicati stampa.<br />

Premesso che nessuno di noi<br />

è né infallib<strong>il</strong>e né inamovib<strong>il</strong>e,<br />

ma, nell’ambito del volontariato<br />

che assolve, esprime ed interpreta<br />

un mandato ricevuto dalle<br />

associazioni e dagli associati,<br />

occorre ribadire come nell’occasione<br />

citata nel comunicato,<br />

la maggioranza dell’esecutivo<br />

federale - interprete del mandato<br />

del Consiglio - abbia ritenuto<br />

credib<strong>il</strong>e quanto sostenuto dagli<br />

interlocutori politici e tecnici<br />

ministeriali e quindi abbia scelto<br />

la via del negoziato tecnico.<br />

SEGUE A PAGINA 2<br />

ALL’INTERNO<br />

Ritorno nei luoghi natii<br />

di Enzo Bettiza<br />

***<br />

La memoria<br />

dell’Esodo<br />

di Antonio Scarano<br />

***<br />

Federazione.<br />

Perché pensano<br />

di essere<br />

i più bravi?<br />

di Gianantonio Godeas<br />

***<br />

Una città<br />

senz’anima?<br />

di Licia Micov<strong>il</strong>lovich<br />

***<br />

Una fiaba per grandi<br />

di Edda Garimberti<br />

***<br />

L’incendio<br />

del Municipio<br />

di Portole<br />

di Umberto Dussizza<br />

***<br />

…accadde in Canada<br />

nel 1975<br />

di Uccia Ivis Superina<br />

***<br />

Lettere in redazione<br />

risponde S<strong>il</strong>vio Mazzaroli<br />

***<br />

Pola: la strage che cambiò<br />

<strong>il</strong> volto della città<br />

di Arletta Fonio Grubisa


PAG.2 L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004<br />

La risposta<br />

del presidente<br />

Brazzoduro<br />

SEGUE DALLA PRIMA PAGINA<br />

Ciò vale ancor più quando alcune<br />

dichiarazioni, attribuite<br />

dai mezzi di comunicazione ad<br />

esponenti politici italiani, non<br />

riflettono la linea che <strong>il</strong> Ministero<br />

degli Affari Esteri, con<br />

impegno scritto, persegue.<br />

D’altro canto nessuno ci ha mai<br />

assicurato preclusioni all’associazione<br />

della Croazia all’Europa<br />

legandola al problema dei<br />

beni degli esuli, ma sono stati<br />

posti su un piatto composito più<br />

problemi aperti tra i due Paesi.<br />

In questo scenario di dichiarata<br />

disponib<strong>il</strong>ità a trattare <strong>il</strong><br />

nostro problema da entrambe le<br />

parti non pare <strong>il</strong> momento giusto<br />

per “sparare nel mucchio”<br />

come i firmatari del comunicato<br />

del 27 c.m. vorrebbero fare. E<br />

non possono certo dire, come<br />

affermano in chiusura, che siano<br />

convinti che <strong>il</strong> loro operare<br />

risponda all’auspicio che “le associazioni<br />

degli esuli sappiano<br />

trovare la coesione e la forza<br />

per uscire dall’attuale congiuntura”.<br />

La loro posizione sarebbe<br />

possib<strong>il</strong>e unicamente quando<br />

tutti ritenessero chiusa ogni<br />

possib<strong>il</strong>e soluzione in qualche<br />

misura favorevole, precludendoci<br />

qualsiasi interlocutore,<br />

contro cui venga presa la loro<br />

posizione. Riteniamo che degli<br />

spazi per trattare ci siano ancora<br />

ed in tal senso ci muoviamo,<br />

pronti a spiegare e riproporre i<br />

problemi nelle sedi federali,<br />

possib<strong>il</strong>i come tempi e modi,<br />

senza <strong>il</strong>luderci che proclami<br />

sulla stampa possano condizionare<br />

o modificare scelte comuni”.<br />

* GUIDO BRAZZODURO<br />

Presidente della Federazione<br />

delle Associazioni<br />

degli esuli<br />

Istriani, Fiumani e Dalmati<br />

FLASH<br />

Ricordo<br />

di Nazario Sauro<br />

Il sommergib<strong>il</strong>e italiano “Pullino”<br />

si arenò, <strong>il</strong> 31 luglio 1916, sulla secca<br />

della Tagliola. Circondato da navi<br />

austriache l’equipaggio venne fatto<br />

prigioniero. Tra gli arrestati vi era <strong>il</strong><br />

capitano Nazario Sauro nato a Capodistria<br />

nel 1880. Per la sua origine<br />

Sauro venne accusato dall’Austria di<br />

“ crimine di alto tradimento per avere<br />

egli, pur essendo cittadino austriaco,<br />

preso parte, come combattente della<br />

marina nemica italiana, ad una azione<br />

contro la costa istriana”. Il 10 agosto,<br />

dopo un drammatico confronto<br />

con la madre, che nel tentativo di salvargli<br />

la vita finse di non riconoscerlo,<br />

fu, per tale motivo, condannato a<br />

morte mediante impiccagione. La<br />

sentenza venne eseguita, lo stesso<br />

giorno, nel carcere di Pola. Il dramma<br />

dell’Eroe capodistriano, decorato<br />

di M.O.V.M., nel 88° anniversario<br />

della Sua esecuzione è stato ricordato<br />

a Trieste dalle Associazione degli<br />

Esuli con una S. Messa e la deposizione<br />

di una corona al Suo monumento,<br />

alla presenza delle massime<br />

autorità civ<strong>il</strong>i e m<strong>il</strong>itari cittadine.<br />

Red.<br />

Basovizza,<br />

restyling alla Foiba<br />

La Giunta comunale di Trieste ha<br />

approvato i progetti che prevedono la<br />

realizzazione di una nuova zona monumentale<br />

e di un centro documentale<br />

presso la foiba di Basovizza (già<br />

oggi monumento nazionale a ricordo<br />

delle atrocità di matrice titina) e la<br />

messa in opera di una Targa con gli<br />

stemmi dell’Istria, di Fiume e della<br />

Dalmazia, in ricordo dell’Esodo, in<br />

piazza Libertà. Il primo sarà inaugurato<br />

nel maggio 2005, in occasione<br />

del sessantenario della fine dell’oc-<br />

cupazione jugoslava di Trieste; la seconda<br />

nel novembre 2004, cinquantenario<br />

del secondo ritorno della<br />

Città all’Italia, in occasione della visita<br />

del Presidente Ciampi. I costi saranno<br />

coperti con stanziamenti statali<br />

per le celebrazioni del cinquantenario<br />

del ritorno della Città all’Italia.<br />

Prossimamente, inoltre, nella centrale<br />

Piazza Goldoni sarà inaugurato un<br />

obelisco dedicato alle “Vittime di tutti<br />

i totalitarismi.” Red.<br />

Sportelli in italiano<br />

alle Questure di Fiume<br />

e di Pola<br />

Dal 2 agosto presso le Questure di<br />

Fiume e di Pola è stato reso operativo<br />

uno sportello con impiegati che parlano<br />

italiano. Gli stessi, oltre a sbrigare<br />

<strong>il</strong> lavoro ordinario, sono a disposizione<br />

sia degli appartenenti alla locale<br />

minoranza italiana per <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ascio<br />

dei vari documenti (carta d’identità,<br />

patente di guida, certificato di residenza<br />

ed altri), che dei cittadini italiani<br />

per informazioni varie, legate,<br />

ad esempio, all’eventuale smarrimento<br />

di documenti personali. L’apertura<br />

dello sportello rappresenta<br />

l’attuazione pratica di un diritto contemplato<br />

nel cosiddetto accordo Radin-Sanader,<br />

come pure nel Trattato<br />

italo-croato del 1996, sulla reciproca<br />

tutela delle minoranze.<br />

Lo sportello opera dal lunedì al venerdì<br />

dalle 7 alle 14 mentre <strong>il</strong> martedì<br />

è a disposizione dalle 7 alle16.30.<br />

Red.<br />

“Il cuore nel pozzo”,<br />

prime polemiche<br />

La fiction dedicata alla tragedia<br />

delle foibe, in corso di realizzazione<br />

per la RAI, ancora prima di uscire è<br />

stata accolta con irritazione dalla<br />

stampa croata e slovena. I nostalgici<br />

locali hanno definito <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m “vendetta<br />

cinematografica di Berlusconi su<br />

Tito” ed affermato che la sua uscita<br />

“è destinata a complicare i rapporti<br />

fra Italia e Slovenia”, anche perché -<br />

come affermato dalla stampa locale<br />

rifacendosi ad un f<strong>il</strong>m western di<br />

Sergio Leone - i partigiani vi appaiono<br />

come “brutti, sporchi e cattivi”.<br />

Red.<br />

Beni degli esuli. Pressing<br />

della Provincia di Trieste<br />

sul Governo<br />

«Chiedere a Zagabria di inserire la<br />

questione dei beni sottratti agli esuli<br />

italiani dell’Istria, di Fiume e della<br />

Dalmazia nell’agenda delle trattative<br />

b<strong>il</strong>aterali con <strong>il</strong> nostro Paese per l’eventuale<br />

adesione della Croazia nell’Unione<br />

europea dal 2007». Questo<br />

l’invito fatto pervenire al ministro<br />

degli Esteri Franco Frattini da Fabio<br />

Scoccimarro, presidente della Provincia<br />

di Trieste, che afferma di voler<br />

ritenere la mancata considerazione<br />

dell’argomento da parte del Consiglio<br />

d’Europa una semplice svista.<br />

«Ritengo pertanto che <strong>il</strong> nostro ministero<br />

degli Esteri - scrive a Frattini -<br />

possa e debba cogliere l’occasione<br />

per porre rimedio all’errore mediante<br />

un’aperta richiesta all’interlocutore<br />

croato di modo che <strong>il</strong> contenzioso divenga<br />

oggetto di trattativa a partire<br />

dal mese di gennaio, contemporaneamente<br />

all’avvio dei negoziati di<br />

adesione».<br />

Red.<br />

Un’associazione<br />

per tutelare<br />

gli istriani «doc» (!?)<br />

E’ nata a Pola l’associazione per la<br />

tutela dei diritti degli istriani autoctoni.<br />

Promotore del sodalizio, che si<br />

chiama «Autoctonia», è Mario Sandric,<br />

uno dei fondatore della Dieta<br />

democratica istriana. Vi possono<br />

aderire solo gli istriani autoctoni, in<br />

grado di dimostrare che le loro radici<br />

o quelle dei loro avi sono state piantate<br />

in Istria prima del 1 gennaio<br />

1901. Uno dei primi compiti di «Autoctonia»<br />

sarà quello di monitorare<br />

ogni angolo della penisola, visitando<br />

le comunità etniche trascurate se non<br />

addirittura represse, e perciò in grave<br />

pericolo di estinzione. Quali sono<br />

queste comunità? Sandric cita i savrini,<br />

i cicci romeni e i gunjci (isole etniche<br />

dell’Istria centrale e orientale)<br />

e i serbi per incoraggiare un recupero<br />

della loro identità culturale e linguistica.<br />

In proposito Sandric ha annunciato<br />

l’avvio di una stretta collaborazione<br />

con l’Organizzazione mondiale<br />

per i diritti umani e con l’Associazione<br />

dei cittadini danneggiati dalla<br />

guerra. Altro compito: la promozione<br />

dei valori culturali, spirituali e materiali<br />

legati all’autoctonia al fine di<br />

conservare la convivenza nella penisola.<br />

Lo statuto del sodalizio prevede<br />

l’operato di cinque team: per l’introduzione<br />

dell’uso di più lingue e parlate,<br />

per la raccolta di dati sulla storia<br />

istriana, per la tutela del diritto di<br />

proprietà, per l’amministrazione dei<br />

beni e per l’analisi dei fatti storici che<br />

portarono alla cacciata della popolazione<br />

istriana e alla requisizione dei<br />

loro beni, con accento sulle possib<strong>il</strong>ità<br />

di rimediare a queste ingiustizie<br />

storiche. Red.<br />

Novara:<br />

50° anniversario<br />

V<strong>il</strong>laggio Dalmazia<br />

Nell’anno 1954 nasceva a Novara<br />

<strong>il</strong> quartiere “V<strong>il</strong>laggio Dalmazia”,<br />

costruito per ospitare gli Esuli. Nel<br />

50° anniversario della sua nascita <strong>il</strong><br />

locale Comitato A.N.V.G.D., in collaborazione<br />

con la Parrocchia, <strong>il</strong> 20<br />

giugno u.s. ha organizzato una festa a<br />

cui hanno partecipato circa 400 persone.<br />

Nel corso della giornata è stata<br />

inaugurata e benedetta una Targa a ricordo<br />

della “posa della prima pietra”<br />

del v<strong>il</strong>laggio e celebrata una S. Messa,<br />

con la partecipazione dei sacerdoti<br />

che avevano in passato officiato<br />

nella Parrocchia. E’ seguito <strong>il</strong> pranzo<br />

sociale concluso con animazioni e<br />

canti tradizionali. La festa, riuscita<br />

molto bene, resa viva dall’incontro di<br />

persone che non si vedevano da molto<br />

tempo, tra libagioni, ricordi e cori<br />

nostrani si e protratta, in allegria sino<br />

a tarda serata. Red.<br />

«Vacanze in Istria<br />

e Dalmazia?<br />

Ricordate<br />

che era Italia»<br />

Si intitola «Istruzioni per vacanze intelligenti»<br />

<strong>il</strong> volantino che un gruppetto<br />

di Azione Giovani ha distribuito<br />

nei primi giorni d’agosto al valico<br />

italo-sloveno di Rabuiese, per cercare<br />

di contrastare «<strong>il</strong> genocidio culturale»<br />

che oltreconfine «si sta consumando<br />

ai danni dell’Italia». In venti<br />

righe scarse <strong>il</strong> foglio ha rivolto ai nostri<br />

connazionali in transito per le coste<br />

istriane e dalmate, <strong>il</strong> seguente appello:<br />

«Portate con voi un po’ di Italia,<br />

quella che parlate e che avete nel<br />

cuore. Visitate quei borghi e quei<br />

paesi che 350.000 nostri connazionali<br />

sono stati costretti ad abbandonare<br />

da una dittatura comunista». Dubrovnik,<br />

Rijeka, Losinj? «Per una<br />

volta lasciate che quei luoghi tornino<br />

a chiamarsi con i loro nomi: Ragusa,<br />

Fiume, Lussino...»... «Guardatevi attorno<br />

e sentitevi orgogliosi di quanto<br />

la nostra cultura ha saputo esprimere»<br />

e «una volta tornati a casa, sentirete<br />

che ancora qualcosa può essere<br />

difeso: la memoria di ciò che è stato,<br />

l’onore e la dignità di chi è andato e<br />

di chi è rimasto». Red.<br />

Discutib<strong>il</strong>i “picconate”<br />

In questi ultimi mesi “Il Piccolo”<br />

di Trieste ha dato spazio a due interventi,<br />

a dir poco discutib<strong>il</strong>i, dell’ex<br />

Presidente della Repubblica Francesco<br />

Cossiga. Nel primo affermava di<br />

aver sottoscritto, nella metà degli anni<br />

settanta, un piano per la cessione<br />

di Trieste alla Jugoslavia al fine di<br />

evitare lo scoppio della III^ Guerra<br />

mondiale; nel secondo che i triestini<br />

dovrebbero erigere un monumento a<br />

Tito per averli, con <strong>il</strong> suo IX° Corpus,<br />

liberati dal giogo nazifascista.<br />

Circa la prima affermazione, è noto<br />

che i piani operativi m<strong>il</strong>itari di quegli<br />

anni prevedevano, in caso di attacco<br />

delle forze del Patto di Varsavia, la<br />

non difendib<strong>il</strong>ità di Trieste e lo schieramento<br />

delle forze nazionali su una<br />

linea di resistenza più arretrata; si<br />

trattava, però, di una manovra difensiva<br />

a conflitto avviato e non di una<br />

cessione preventiva atta a scongiurarlo.<br />

In merito alla seconda - del tutto<br />

<strong>il</strong>logica ripensando al Cossiga inginocchiato<br />

in raccoglimento alla<br />

foiba di Basovizza - non si sa se propendere<br />

per una “picconata”, una<br />

provocazione o una chiara, anche se<br />

sempre sottaciuta, indicazione di un<br />

certo approccio mentale della classe<br />

politica nazionale, di matrice democristiana,<br />

di ieri (forse anche di oggi)<br />

ai problemi del confine nord orientale.<br />

In ogni caso, una affermazione ingiuriosa<br />

per le vittime di quella, per<br />

noi, infausta “occupazione” ed una<br />

offesa per la memoria collettiva di<br />

centinaia di migliaia di cittadini italiani,<br />

esuli e non. Red.<br />

“Ricordando l’Istria”<br />

Organizzata dalla Delegazione della<br />

A.N.V.G.D. goriziana avrà luogo a Grado, nella<br />

prima quindicina di settembre, la manifestazione<br />

denominata “Ricordando l’Istria, con <strong>il</strong> seguente<br />

programma:<br />

11 settembre - ore 18.00, al campo Patriarca<br />

Elia, concerto della corale “Lino Mariani” della<br />

Comunità degli Italiani di Pola che esguirà canti popolari istro-veneti<br />

nonché, per ricordare <strong>il</strong> 150° anniversario della nascita del<br />

compositore Antonio Smareglia - nato a Pola e deceduto a Grado<br />

nel 1929 – brani musicali con testi di Biagio Marin.<br />

14 settembre - ore 21.00, nella sala San Rocco, recita di “Elegie<br />

istriane” del poeta gradese Biagio Marin, con proiezione di diapositive<br />

delle località liricamente ricordate dal poeta, con sottofondo<br />

musicale.<br />

12–20 settembre - sala San Rocco, esposizione di maxifoto di località<br />

e paesaggi istriani realizzate dalla DETAS dell’ing. Alberto<br />

Durin.


L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004 PAG.3<br />

Sono sbarcato dopo qualche<br />

anno d’assenza in Dalmazia.<br />

Lo spirito e la dubbia nostalgia<br />

con cui ad ogni ritorno riscopro <strong>il</strong><br />

mio luogo di nascita, dal quale l’es<strong>il</strong>io<br />

mi ha allontanato e sradicato, hanno<br />

sempre più un che d’ambiguo, di<br />

contrariato, di non interamente conc<strong>il</strong>iante<br />

e piacevole. In questo genere<br />

di rivisitazioni autobiografiche,<br />

d’immersione perplessa fra ombre e<br />

ricordi ora intensi ora smarriti, <strong>il</strong> tempo<br />

insinua spesso <strong>il</strong> tarlo dell’alienazione<br />

e della delusione. L’impressione<br />

è di accostarmi come un vagante<br />

nosferatu a un sepolcro con divieto di<br />

riposo. Nell’esule che torna dubbioso<br />

alla matrice è sempre in agguato quel<br />

senso di vuoto, spaesamento, esproprio<br />

d’identità, sdoppiamento inconc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>e<br />

tra una sua prima vita perduta<br />

e una seconda vissuta artificialmente<br />

altrove. Si potrebbe anche parlare<br />

di una specie d’angoscia sgomenta<br />

e pudica che sconfina nel rigetto;<br />

si vorrebbe al tempo stesso vedere<br />

e non rivedere <strong>il</strong> reticolo del passato;<br />

per esempio, nel corso di questo<br />

ultimo soggiorno, con prima tappa a<br />

Spalato, non ho voluto dare neppure<br />

da lontano un’occhiata alla vecchia<br />

dimora, dove prima di me erano nati<br />

mio padre e gli antenati. Non ho voluto<br />

più rincontrare un antico e caro<br />

amico croato con cui durante la guerra<br />

(la seconda guerra mondiale intendo)<br />

avevo condiviso gli slanci fervorosi<br />

della tarda pubertà e le travolgenti<br />

letture d’adolescenza. Ho scoperto<br />

invece altre cose e persone che<br />

da tanti decenni rinviavo di vedere e<br />

di conoscere. Con ogni probab<strong>il</strong>ità,<br />

se non avessi deciso di comp<strong>il</strong>are<br />

questo archivio del «non detto»,<br />

avrei tentennato e perseverato nel<br />

rinvio. Avrei continuato a ignorare<br />

luoghi e situazioni di una Dalmazia<br />

isolata e amara di cui sapevo assai<br />

poco. Avrei evitato di abbandonarmi<br />

all’itinerario segreto, chiuso, solitario,<br />

non di piacere ma di mesta esplorazione<br />

esistenziale di cui dirò fra poco.<br />

In altre parole: ho cercato di vivere<br />

finalmente in presa diretta, senza<br />

appuntarlo nel taccuino, un «non detto»<br />

nativo, originario, sempre scansato,<br />

taciuto a me medesimo, immaginato<br />

con la mente e mai assorbito<br />

con gli occhi. Tenterò di spiegarmi<br />

meglio. La Dalmazia, che tra Danubio<br />

e Mediterraneo è un piccolo intarsiato<br />

universo europeo a sé stante,<br />

pieno di vestigia passate e di ferite recenti,<br />

ha da sempre avuto per me tre<br />

dimensioni. La prima è la sorprendente<br />

costa archeologica. Un tempo<br />

dalla böckliniana città murata di Zara,<br />

cancellata dai folli bombardamenti<br />

angloamericani, <strong>il</strong> lungo e frastagliato<br />

litorale scendeva fino a Perasto<br />

e alle Bocche di Cattaro, oggi Montenegro,<br />

che fornirono alle flotte della<br />

Serenissima e all’Austria i loro rinomati<br />

capitani di lungo corso. Persino<br />

Salgari, per darsi una allure conradiana,<br />

s’era inventato come antenato un<br />

lupo di mare dalmata. Il raguseo Ottavio<br />

Missoni non ha dovuto inventare<br />

niente: suo padre era un abbronzato<br />

comandante dei Lloyd austriaci.<br />

Ecco, ho appena nominato l’onirica<br />

Ragusa. «Perla dell’<strong>Adriatico</strong>», Atene<br />

cosmopolita e poliglotta degli slavi<br />

meridionali, per molti secoli opulenta<br />

repubblica marinara la quale,<br />

per difendersi dalla talassocrazia veneziana,<br />

regalò addirittura ai turchi<br />

della vicina Bosnia-Erzegovina uno<br />

sbocco sul mare: un aspro cuneo di<br />

separazione traslata, m<strong>il</strong>itare nonché<br />

culturale, dai dominii e dalle galee<br />

dei Dogi. Poi la roccaforte di Sebenico,<br />

le cattedrali e le calli della bellissima<br />

e aristocratica Traù, la riviera<br />

dei sette Castelli, infine l’apoteosi architettonica<br />

di Spalato, città conficcata<br />

dentro la città-palazzo di Diocleziano:<br />

esse completano nel mio immaginario<br />

privato <strong>il</strong> paesaggio urbano<br />

di una costa che ha conosciuto invasioni,<br />

pest<strong>il</strong>enze, distruzioni endemiche,<br />

costruzioni portentose, plurimi<br />

innesti d’etnie e di civ<strong>il</strong>tà fin dai<br />

Un itinerario segreto e solitario, non di piacere ma di mesta esplorazione esistenziale<br />

Ritorno<br />

nei luoghi natii<br />

tempi delle colonie greche e dell’Illiria<br />

romana. Nella seconda dimensione<br />

rientrano le isole dove, ragazzo,<br />

passavo le vacanze estive imparando<br />

a governare la vela e <strong>il</strong> timone. Isole<br />

piuttosto grandi, accoglienti, pescose,<br />

verdeggianti, spesso leggendarie,<br />

ricche di cittadine d’impronta veneta,<br />

di cui qualcuna si ritiene antro mitologico<br />

della dea Calipso e altre, come<br />

Curzola, reclamano i natali di Marco<br />

Polo. La terza dimensione è l’interno<br />

della Dalmazia terrigna, dura e rustica.<br />

La Zagora, la Morlacchia, detta<br />

anche Vlaöka perché popolata dai<br />

vlaji, cioè morlacchi, i quali, tanto<br />

per semplificare e complicare le cose,<br />

possono essere indifferentemente<br />

serbi come croati. Una parte importante<br />

di tale tormentata regione, abitata<br />

a macchia di leopardo da cattolici<br />

e da ortodossi, che tra guerre e paci<br />

hanno convissuto ora nella fraternità<br />

ora nell’astio di parentela, mi era rimasta<br />

fino a ieri completamente<br />

ignota e buia. E’ dell’incontro con<br />

questa plaga sconosciuta, però legata<br />

in parte alla mia storia personale, che<br />

vorrei ora parlare. In diversi libri ho<br />

spesso evocato con affetto e profondo<br />

rispetto una mia nutrice serba,<br />

chiamata da tutti Baba Mare, che sostituì<br />

col suo latte e le sue cure la<br />

mamma brazzana malata di tifo.<br />

Quella carnosa contadina morlacca,<br />

tenace, paziente, calma, povera ma<br />

alfabetizzata, anzi alla sua maniera<br />

colta, fino all’età di undici anni mi<br />

fece da madre putativa e, insieme col<br />

latte, m’inoculò la mia prima lingua<br />

materna che è <strong>il</strong> serbocroato. M’insegnò<br />

a leggere e scrivere <strong>il</strong> cir<strong>il</strong>lico.<br />

Mi raccontò le leggende balcaniche,<br />

m’introdusse ai riti ortodossi nella<br />

chiesa ortodossa della città, mi recitò<br />

le epiche poesie serbe del Kosovo,<br />

mi parlò di San Giorgio che uccide <strong>il</strong><br />

drago, dei guerrieri omerici, nemici<br />

della mezzaluna, come <strong>il</strong> knjaz M<strong>il</strong>oö<br />

Ob<strong>il</strong>ic o come l’ubiquo e ach<strong>il</strong>leo<br />

Marko Kraljevic. Tutta una chanson<br />

de geste balcanica cantata da una<br />

donna d’intelligenza essenziale e di<br />

devota memoria ancestrale. Baba<br />

Mare proveniva da un v<strong>il</strong>laggio, <strong>il</strong> selo<br />

Kricke, della zona etnicamente<br />

promiscua di Drniö, nota per tre motivi:<br />

per la floridezza e solidità delle<br />

balie, per aver dato i natali al geniale<br />

scultore Ivan Meötrovic e, infine, per<br />

essere stata incorporata a forza du-<br />

di Enzo Bettiza *<br />

rante le ultime guerre fratricide nell’autoproclamata<br />

repubblica serba di<br />

Krajina. Da moltissimi anni io carezzavo<br />

l’idea di contemplare un giorno<br />

le foreste sperdute da cui Baba Mare,<br />

ingaggiata personalmente a Drniö da<br />

mio padre, era discesa fino al grande<br />

porto di mare nella sua tenuta di contadina<br />

rimasta per un decennio sempre<br />

la stessa: doppia crocchia scura<br />

ricoperta dal fazzoletto bianco annodato<br />

alla gola, corsetto nero merlettato<br />

sulle mammelle piene, lunghissima<br />

sottana nera, scarponi neri da rocciatrice<br />

e camminatrice instancab<strong>il</strong>e.<br />

Sapevo che la Baba era morta da<br />

tempo. Sapevo anche che la guerra,<br />

l’operazione «Oluja» o «Tempesta»,<br />

lanciata nel 1985 dall’esercito croato<br />

contro la repubblichetta serba della<br />

Krajina, ne aveva disperso figli e nipoti<br />

svuotando <strong>il</strong> selo ortodosso di<br />

Kricke. Sapevo pure che la desolazione,<br />

la penuria di cibo, la siccità, la<br />

ster<strong>il</strong>ità dei campi abbandonati, le<br />

malattie e la paura della vendetta avevano<br />

fatto <strong>il</strong> resto. Ma nonostante tutto<br />

un f<strong>il</strong>o comunicante, sott<strong>il</strong>e e inossidab<strong>il</strong>e,<br />

fatto di lettere, brevi telefonate,<br />

messaggi per procura, era rimasto<br />

sempre teso fra me e quei miei parenti<br />

di latte senza volto; e, se <strong>il</strong> latte<br />

non è acqua ma linfa di vita, direi<br />

quasi misteriosi fratelli di sangue. Arrivo<br />

al dunque. Una nipote della Baba<br />

riuscì a farmi sapere che tutti i parenti<br />

della diaspora, sparpagliati tra la<br />

croata Sebenico, la serba Belgrado e<br />

la montenegrina Cattaro, avevano<br />

deciso di riunirsi nel v<strong>il</strong>laggio natale<br />

per raccogliersi intorno alla tomba di<br />

famiglia e celebrare una messa funebre<br />

in memoria dei defunti. Io, già<br />

considerarato come un figlio dalla<br />

balia, era invitato alla cerimonia. Accettai.<br />

Presi la nave e sbarcai a Spalato,<br />

lasciando nelle mani della nipote,<br />

che si chiama Mare come la nonna, <strong>il</strong><br />

compito di portare a termine la parte<br />

più occulta di quell’escursione sentimentale:<br />

<strong>il</strong> transito da Spalato a Sebenico<br />

e da lì, per una ventina di ch<strong>il</strong>ometri,<br />

fino alla rintanata regione di<br />

Drniö. Raggiunto in macchina <strong>il</strong> v<strong>il</strong>laggio<br />

di Kricke, accolto come uno di<br />

casa dalla piccola comunità fam<strong>il</strong>iare<br />

serba, ecco quello che ho visto e udito.<br />

Tutt’intorno un senso di pace troppo<br />

densa che Tacito avrebbe definito<br />

«quiete dei cimiteri». Campi una volta<br />

fert<strong>il</strong>i senza l’ombra di un contadi-<br />

no o di un aratro fra le stoppie ingiallite<br />

e marce. Un altro nipote della Baba,<br />

un tecnico che ai tempi di Tito<br />

aveva trascorso diversi anni fra pozzi<br />

e dighe del Medio Oriente, mi parla<br />

senza rancore delle conseguenze della<br />

guerra: «E’stato uno scatenamento<br />

d’odio improvviso e incomprensib<strong>il</strong>e.<br />

Qui, in questa zona, eravamo tutti<br />

sim<strong>il</strong>i e di fatto indistinguib<strong>il</strong>i. Croati<br />

e serbi parlavamo la stessa lingua,<br />

appartenevamo alla stessa razza slava,<br />

eravamo quasi tutti legati da matrimoni<br />

misti, le nuove generazioni<br />

sapevano poco o niente degli orrori<br />

della seconda guerra mondiale, ci divideva<br />

fino ad un certo punto soltanto<br />

la religione che pur sempre era ed<br />

è cristiana. Da dove mai è scaturito<br />

l’odio che ha prodotto tutto questo<br />

deserto intorno?». M’informano che<br />

all’imbrunire soltanto i v<strong>il</strong>laggi del<br />

vicinato cattolico ricevono la corrente<br />

elettrica mentre quelli serbi restano<br />

sommersi dall’oscurità. Poi mi indicano<br />

la parete di bosco che incombe<br />

sul v<strong>il</strong>laggio vuoto e spiegano: «I lupi<br />

temono la luce ma non <strong>il</strong> buio. Di<br />

notte, mentre le pantegane frusciano<br />

tra le erbacce, le fiere si spingono<br />

ululando fin qui». Altri ancora mi<br />

mostrano un cassone dell’immondizia<br />

accostato a una casa interamente<br />

bruciata; invece nessun cassone e<br />

tanta immondizia sparsa vicino alle<br />

poche case rimaste intatte e abitate. Il<br />

commento è prevedib<strong>il</strong>e: «Le nuove<br />

autorità croate, che desiderano ottenere<br />

una pagella di buona condotta<br />

da Bruxelles, ci trattano con ineccepib<strong>il</strong>e<br />

correttezza politica. Ai profughi<br />

fac<strong>il</strong>itano <strong>il</strong> ritorno alle loro case.<br />

Ma, sul piano dei rapporti e servizi<br />

spiccioli quotidiani, luce, immondizie,<br />

fert<strong>il</strong>izzanti, approvvigionamenti,<br />

imposte, sanità, la guerra ha lasciato<br />

purtroppo uno strascico di dispetti<br />

municipali e ci vorrà tempo prima<br />

che le cose tornino come prima. Speriamo<br />

che con l’entrata della Croazia<br />

in Europa s’affermi completamente<br />

tra i due gruppi la vita normale d’una<br />

volta». Comunque, sia pure fra campagne<br />

desolate e lupi notturni, s’avverte<br />

già nell’aria <strong>il</strong> ritorno a una certa<br />

normalità dai ritmi rallentati e<br />

guardinghi. Nessun disturbo, da nessuna<br />

parte, al nostro striminzito corteo<br />

avviato in s<strong>il</strong>enzio al cimitero ortodosso<br />

del paese. Le tombe di pietra<br />

grigia che vedo fra i cipressi, con le<br />

loro scritte in cir<strong>il</strong>lico, pulite, ricoperte<br />

di fiori e corone, non presentano<br />

sfregi né segni d’abbandono; appaiono<br />

non so come più curate dei campi.<br />

La piccola chiesa ortodossa, al centro<br />

del cimitero, si presenta anch’essa<br />

linda e ordinata. Il pope barbuto con<br />

occhiali e paramenti dorati, un serbo<br />

arrivato dalla Bosnia, celebra con accurata<br />

minuziosità liturgica <strong>il</strong> lungo<br />

rito funebre. Il Vangelo tutto cantato<br />

dal pope che scompare e riappare da<br />

dietro <strong>il</strong> paravento sacro, i due vecchi<br />

sagrestani in maniche di camicia che<br />

lo sostengono col controcanto in falsetto,<br />

<strong>il</strong> nome e <strong>il</strong> cognome della mia<br />

balia s<strong>il</strong>labato fra i suoni intermittenti<br />

di una campana quasi allegra, <strong>il</strong> mormorio<br />

fluente delle preghiere recitate<br />

dai parenti intorno a me: la sensazione<br />

d’insieme che ne traggo è mista di<br />

non so quale vaga speranza e d’una<br />

sorta di malinconia bucolica. Il prete,<br />

dopo aver alzato in alto le mani e la<br />

voce in una nenia finale, termina di<br />

colpo la funzione e scompare senza<br />

salutare. Mi spiegano: «E’ seccato di<br />

dover commemorare solo i morti e<br />

mai celebrare un matrimonio o un<br />

battesimo». Dopodiché, usciti dal<br />

camposanto, mi portano a vedere la<br />

miseria di quattro brevi muri corrosi<br />

dal tempo e dalle intemperie, invasi<br />

all’interno da erbacce e da fruscii sospetti,<br />

ormai privi di porta e di tetto:<br />

là dentro era nata in povertà quasi assoluta<br />

la mia balia. Subito a latere del<br />

rudere scorgo i resti di una casupola<br />

un poco più integra e un poco più ampia:<br />

la stalla del bestiame. Il senso di<br />

rimorso che provo si rafforza quando<br />

mi dicono serenamente, senza la minima<br />

punta di rimprovero sociale,<br />

che un parto infelice, una bambina<br />

morta poco dopo la nascita, aveva<br />

fornito alla Baba Mare <strong>il</strong> latte che dovevo<br />

poi succhiare io nella casa ricca<br />

di Spalato. Fino allora non avevo mai<br />

saputo che la mia vita di bambino priv<strong>il</strong>egiato<br />

aveva alle spalle la morte di<br />

una povera neonata serba di Kricke.<br />

Il rimorso si placa a poco a poco<br />

quando mi riportano alla casa vera<br />

dove, al momento dell’arrivo, mi<br />

avevano accolto con calorosa frettolosità<br />

prima della visita al cimitero.<br />

Mi offrono sotto una pergola rinfrescante<br />

un pranzo dai sapori antichi. Il<br />

menù è quello classico dei miei<br />

weekend campagnoli d’infanzia:<br />

trance violastre e ruvide di stagionato<br />

prosciutto morlacco, cetrioli sottaceto,<br />

fette pastose e piccanti di formaggio<br />

di Pago, focaccia di pane scuro<br />

dall’odore denso penetrante, poi un<br />

trionfale agnello allo spiedo annaffiato<br />

da vino rosso contadino e seguito<br />

da cubetti di pita bosniaca e palacinke<br />

viennesi con marmellata di albicocche.<br />

Come corollario <strong>il</strong> bicchierino<br />

di travarica e un granuloso caffè<br />

turco col morbido dado d’un frutto<br />

candito. Finalmente, chiuso <strong>il</strong> lauto<br />

pasto, m’introducono nella casa e me<br />

la fanno visitare. Vi torneranno a vivere<br />

parenti rifugiati durante la guerra<br />

in Serbia. E’ un’abitazione rustica,<br />

ma piuttosto benestante se si considera<br />

l’epoca e <strong>il</strong> luogo in cui la Baba<br />

Mare la fece costruire con grandi fatiche,<br />

tenaci risparmi, e in parte anche<br />

con la liquidazione assicuratale da<br />

undici anni di permanenza materna<br />

nella nostra famiglia. Mob<strong>il</strong>i nitidi,<br />

divani, bagni attrezzati, una cucina<br />

comoda e funzionale. Alla fine mi<br />

mostrano la più piccola delle camere<br />

col letto su cui la Baba ottuagenaria<br />

spirò. Da una fotografia ingiallita, vicina<br />

ad un’oleografia figurante San<br />

Giorgio che trafigge <strong>il</strong> drago, mi fissa<br />

un bambino abbigliato in un vezzoso<br />

vestito à pois. Mai avrei immaginato<br />

di poter ritrovare un giorno, in una dimenticata<br />

contrada di guerra e sventure,<br />

l’immagine remota di quel bambino<br />

di città che fu nutrito, lavato,<br />

educato alla parola e amato da una<br />

seconda madre morlacca.<br />

* ARTICOLO TRATTO<br />

DA “LA STAMPA”


PAG.4 L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004<br />

La memoria<br />

Durante recenti vacanze in<br />

Solo attraverso questa chiave di<br />

Istria, la terra di mia mo-<br />

dell’Esodo<br />

lettura si può comprendere un esoglie,<br />

feci amicizia con un<br />

do dalle dimensioni bibliche, mai<br />

croato dell’interno, innamorato co-<br />

prima verificatosi nella storia plume<br />

me di quel mare, che un giorno<br />

rim<strong>il</strong>lenaria del nostro paese, che <strong>il</strong><br />

mi disse con orgoglio di aver com-<br />

mondo politico rifiutò di vedere e<br />

prato all’estero un ottimo impianto<br />

apprezzare, quasi si trattasse di<br />

stereofonico invitandomi a pro-<br />

una vergogna del popolo italiano,<br />

varlo. Così, la sera, andai a casa<br />

anziché di un valore di cui andare<br />

sua. Mi fece sedere, per gent<strong>il</strong>ezza, nel posto migliore per<br />

di Antonio Scarano *<br />

fieri e orgogliosi. Era certamente più fac<strong>il</strong>e solidarizzare e<br />

l’ascolto, poi mi annunciò con entusiasmo:<br />

commuoversi per <strong>il</strong> dramma dei palestinesi o per quello<br />

«Ora ti farò<br />

bas<strong>il</strong>iche che, ancor oggi, ca- delle famiglie dei desaparecidos argentini, anziché com-<br />

ascoltare la<br />

ratterizzano la bellezza di quei prendere la tragedia dei profughi istriani o delle migliaia<br />

musica più<br />

luoghi, non avrebbero mai po- di scomparsi giuliani gettati nelle “foibe” carsiche. D’al-<br />

bella del<br />

tuto accettare di sottomettersi a tronde costoro non facevano notizia, erano gente tranqu<strong>il</strong>-<br />

mondo!».<br />

un invasore che, pur considerala che non rimaneva un giorno di più nei campi profughi, a<br />

Manco a<br />

to “vicino di casa”, ritenevano carico dello stato italiano, se una qualsiasi opportunità di<br />

farlo appo-<br />

completamente estraneo alla lavoro si presentava all’orizzonte. Rifiutarono ogni forma<br />

sta, era <strong>il</strong><br />

loro splendida cultura. Il feno- di terrorismo e non crearono mai la benché minima diffi-<br />

coro deI<br />

meno dell’abbandono della locoltà al governo nazionale, nemmeno quando vennero sti-<br />

Nabucco e<br />

ro terra da parte di 350.000 pulati gli ultimi trattati con la Jugoslavia, con i quali si ri-<br />

devo aver<br />

istriani, fiumani e dalmati fu nunciò per sempre a quella meravigliosa sponda adriatica<br />

mostrato in<br />

interpretato dai sociologi e da- che, nella sua storia bim<strong>il</strong>lenaria, mai appartenne, nemme-<br />

qualche mogli<br />

storici nei modi più diverno per un giorno o per un’ora, a un’entità statale del mondo<br />

<strong>il</strong> mio<br />

si. Certamente, le “foibe”, i do slavo.<br />

stupore e la<br />

massacri, <strong>il</strong> terrore comunista, Rimasero, gli esuli, disperatamente attaccati alle loro<br />

mia commo-<br />

la “pulizia etnica” - tornata tradizioni, ovunque riaccendessero i loro focolari: era <strong>il</strong><br />

zione perché<br />

tragicamente di moda nel solo modo per tenere in vita almeno l’anima della terra<br />

lui, improv-<br />

mondo slavo - hanno contri- istriana o dalmata, definitivamente perduta. Si organizzavisamentebuito<br />

ad accelerare l’abbanrono, a seconda della loro provenienza, nei liberi comuni<br />

serio, me ne<br />

dono del territorio, ma <strong>il</strong> fatto di Zara, di Fiume, di Pola, di Parenzo, di Buie e di tanti al-<br />

chiese la ra-<br />

straordinario che contadini, tri ancora. Ma quanta tristezza, quanta um<strong>il</strong>iazione per<br />

gione. Fui<br />

artigiani, pescatori e piccoli uno zaratino, un fiumano, un polese o un parentino sentir-<br />

costretto a<br />

si chiedere, da un popolo privo di memoria<br />

spiegargli<br />

storica, se provenivano dalla città di Zadar, di<br />

che cosa quella melodia dell’es<strong>il</strong>io significasse per noi<br />

Rieka, di Pula o di Porec.<br />

giuliani, come fossimo ricorsi a essa per cercar conforto<br />

Il loro es<strong>il</strong>io generò anche aspetti dramma-<br />

quando sembrava che tutto <strong>il</strong> nostro mondo di<br />

tici sul piano fam<strong>il</strong>iare. Le ideologie divisero<br />

tradizioni,di cultura, di civ<strong>il</strong>tà dovesse finire per sempre a<br />

talvolta i padri dai figli, i fratelli dalle sorelle.<br />

causa di loro pretese territoriali, ai nostri occhi dolorose e<br />

Una minoranza volle rimanere nella terra de-<br />

assurde. L’amico croato non conosceva bene la storia delgli<br />

avi, nell’errata convinzione che l’internala<br />

terra che l’ospitava, perciò non andammo oltre. Ci strinzionalismo<br />

comunista desse a ciascuna etnia<br />

gemmo semplicemente la mano e restammo amici. Ma mi<br />

pari dignità, anche se <strong>il</strong> potere statale passa-<br />

chiedo chi, in quel momento, abbia sofferto di più.<br />

va nelle mani del nuovo padrone slavo.<br />

Adesso, ripensando a quel coro del Nabucco ascoltato<br />

Quelli che rimasero furono considerati, dai<br />

fortuitamente in una terra ormai straniera, rivivo i momen-<br />

350.000 che scelsero l’Italia, dei “traditori”.<br />

ti dell’immediato dopoguerra, quando le popolazioni della<br />

Le ferite che allora si aprirono nella comu-<br />

Venezia-Giulia, unite tutte in un comune destino, seppero<br />

nità istriana e dalmata sembravano non po-<br />

dimostrare al mondo dei vincitori - che aveva rifiutato lotersi<br />

più rimarginare, finché non si afro<br />

<strong>il</strong> plebiscito - di voler scegliere comunque l’Italia, quelfacciarono<br />

alla vita le seconde e terze genela<br />

patria povera, sconfitta, distrutta e um<strong>il</strong>iata che pure,<br />

razioni, sia dei profughi, sia di coloro che<br />

nella loro storia plurisecolare, aveva costituito <strong>il</strong> punto di<br />

scelsero di rimanere.<br />

riferimento ideale. Ricordo i momenti di passione patriot-<br />

Solo da pochi anni le comunità degli esuli<br />

tica, momenti esaltanti che coinvolgevano tutti: vecchi e<br />

hanno riallacciato i rapporti con i fratelli ri-<br />

giovani, ricchi e poveri, borghesi e operai, contadini e pemasti<br />

in Jugoslavia, consapevoli che a coscatori.<br />

Sono consapevole di aver respirato gli epigoni di<br />

storo, come in una paradossale<br />

un Romanticismo che gli orrori della guerra avevano, in<br />

realtà, già cancellato per sempre.<br />

borghesi abbiano deciso in<br />

massa di lasciare i campi, le<br />

officine, <strong>il</strong> mare, le case e i cimiteri<br />

non può trovare questa<br />

sola e forse semplicistica spiegazione.<br />

Se, infatti, per alcuni l’esodo<br />

si svolse sotto la minaccia del<br />

terrore “titino”, per la gran<br />

parte avvenne due anni dopo<br />

la fine della guerra, alla firma<br />

dei trattati di pace, alla definizione<br />

dei nuovi confini, quando<br />

la carica diabolica della<br />

vendetta era già in fase di<br />

esaurimento. E allora le ragioni<br />

di una tale tragica scelta<br />

vanno ricercate altrove, in<br />

qualcosa che non tutto <strong>il</strong> popolo<br />

italiano può comprendere,<br />

specie quella parte che fa suo<br />

l’antico detto: “O Francia o<br />

Spagna purché se magna”.<br />

nemesi storica, si deve <strong>il</strong> merito di aver man-<br />

Le genti di frontiera, costrette sempre a difendetenuto sempre viva, tra m<strong>il</strong>le difficoltà, la fiammella del<br />

Fu proprio questa sua atipicità storica e culturale re la propria identità nazionale dalle insidie della storia, patrimonio culturale italiano nelle terre perdute. Solo oggi<br />

che indusse, nell’ottica nazionale, a considerare la nostra sentono l’attaccamento alla propria stirpe in maniera esi- si riconosce che, se in ogni luogo dell’Istria e in tante parti<br />

vicenda come una complicata, addirittura fastidiosa apstenziale, ideale, quasi religiosa. Per esse diviene <strong>il</strong> valore della Dalmazia si sentono ancora i dolci suoni della lingua<br />

pendice della seconda guerra mondiale che poteva turbare più grande, non paragonab<strong>il</strong>e a nessun altro, per la cui sal- del “Sì” confusi tra quelli aspri della favella slovena o<br />

<strong>il</strong> clima sereno della pace da poco conquistata. Nella coravaguardia vale la pena di affrontare anche <strong>il</strong> supremo sa- croata, ciò è dovuto alla perseveranza, al coraggio, al vale<br />

armonia dei vincitori - la guerra “fredda” non era ancora crificio, l’abbandono di ciò che si possiede di più caro. lore di quei “traditori” che hanno saputo difendere <strong>il</strong> dirit-<br />

cominciata - non si comprendeva perché, in un angolo Manlio Cecovini, già sindaco di Trieste, in un suo libro to ad avere le loro scuole, i loro as<strong>il</strong>i, i loro circoli cul-<br />

d’Europa, ci si fronteggiasse ancora per ottenere un lembo scriveva: “In ogni giuliano vi è un’italianità vergine e barturali, di fronte a un regime che conculcava ogni libertà.<br />

di terra e la gente continuasse a rivendicare l’appartenenza bara, un’italianità nuova, fresca e originale. In ognuno di Ma per le antiche ferite che stentano a cicatrizzarsi serve <strong>il</strong><br />

all’uno o all’altro stato. Soltanto i giuliani avvertivano noi c’è un senso morale delle cose che, in Italia, molti han- balsamo della solidarietà. Oggi che le frontiere non sono<br />

pienamente quello che era in gioco, cioè <strong>il</strong> loro stesso deno perduto”. Questo sentimento, diffuso in ogni ceto so- più muri invalicab<strong>il</strong>i, ma caselli autostradali tra paesi in<br />

stino sociale, civ<strong>il</strong>e e culturale che poteva essere segnato, ciale, spiega anche <strong>il</strong> primo esodo dalla Dalmazia dei pri- pace, i problemi degli esuli e quelli della minoranza istria-<br />

in quei disperati momenti, da un semplice tratto di penna o mi anni Venti, quando queste Terre Venete, plurietniche, na possono e debbono essere risolti con l’aiuto dell’Italia<br />

dallo spostamento di una linea su di una carta geografica. passarono, dopo la dissoluzione dell’Impero Asburgico, tutta.<br />

Gli eredi della latinità di Roma e di Venezia, i figli dei sotto la sovranità del Regno di Jugoslavia, dispotico, ma<br />

costruttori dei palazzi, delle logge, delle cattedrali e delle certamente non comunista.<br />

* EX SINDACO DI GORIZIA


L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004 PAG.5<br />

La festa dell’uva<br />

La nostra affezionata lettrice Giuliana Melzi, di Firenze, ci invia<br />

queste bellissime foto della “Festa dell’Uva”, tenutasi a<br />

Pola nel 1936.<br />

Pur immaginando di che cosa si trattasse, la redazione non è in<br />

grado di scrivere un articolo che possa adeguatamente accompagnare<br />

le immagini. Erano certamente tempi ancora sereni; in particolare,<br />

i tanti volti allegri e spensierati, oltre che belli, delle fanciulle<br />

istriane che appaiono in una delle immagini, lo fanno chiaramente<br />

capire.<br />

Si tratta di bei ricordi e magari, qualcuna riconoscendosi, sarà<br />

presa dalla voglia di raccontare, di rivivere quei momenti, rendendo<br />

anche tutti noi partecipi della sua gioia di allora.<br />

La Redazione rimane in fiduciosa attesa.<br />

Federazione. Perché Perché<br />

pensano di essere esser<br />

più bravi?<br />

di Gianantonio Godeas * 1983. Unica pausa allo sbragamento<br />

istituzionale è stata la trat-<br />

Sarebbe molto fac<strong>il</strong>e, se tativa, portata avanti dal sottose-<br />

non fosse tragico, ridicogretario Caputo, con Lubiana in<br />

lizzare la superficialità occasione dell’ accordo di stabi-<br />

con la quale la Presidenza della lizzazione per l’ingresso della<br />

Federazione da degli incompe- Slovenia in Europa. La condiziotenti,<br />

politicamente impreparati e ne posta dal governo Berlusconi<br />

disattenti ai vertici dell’Unione era di trattare in ordine ai “beni<br />

degli Istriani e del Libero Comu- abbandonati”, ma <strong>il</strong> governo<br />

ne di Pola in Es<strong>il</strong>io, per aver osa- cadde ed <strong>il</strong> Presidente Prodi<br />

to manifestare <strong>il</strong> proprio dissenso mandò subito Fassino a tranqu<strong>il</strong>-<br />

con la condotta da essa tenuta in lizzare Lubiana, affermando che<br />

merito ai problemi degli esuli tut- naturalmente avevamo scherzato<br />

tora irrisolti, ritenuta incoerente- e che dei beni dei profughi della<br />

mente acquiescente nei confronti zona B non interessava un bel<br />

del Governo. Una presa di posi- nulla, come dimostrato dall’aczione<br />

sicuramente sofferta e secettazione del “miracoloso” piaria;<br />

basti pensare che giuliani, no Solana.<br />

istriani, fiumani, e dalmati hanno Che pensare, poi, di Fassino e<br />

da sempre sostenuto le scelte del della sua promessa, formulata al-<br />

Governo nazionale, spinti dal lola stazione Marittima di Trieste,<br />

ro amore per la Patria, sia in pace di 5.000 m<strong>il</strong>iardi delle vecchie li-<br />

che in guerra.<br />

re per compensare gli esuli dei<br />

Un atteggiamento, questo, che beni ad essi sottratti e della suc-<br />

in alcun modo è stato premiato, cessiva legge 137, finanziata con<br />

anzi. La guerra fascista, l’otto 450 m<strong>il</strong>ioni a fronte di una valu-<br />

settembre, la cessione di Zara e tazione del loro valore, attualiz-<br />

delle isole dalmatiche, di Fiume e zato ad oggi, fatta dal segretario<br />

della costa liburnica prima di della Federazione - Stefani - am-<br />

qualsiasi trattativa, la non applimontante ad almeno 13.000 micazione<br />

dell’accordo raggiunto liardi?<br />

dal generale Morgan sugli appro- Finte di interessamento per le<br />

di e la negazione del plebiscito in richieste degli esuli a cui condi-<br />

Istria, la supina accettazione delzionare le trattative internazionala<br />

ridicola progettata costituzione li, promesse di accelerare la li-<br />

del TLT, la firma del Diktat di Paquidazione degli indennizzi con<br />

rigi e la mancata difesa degli ita- l’intervento di funzionari delliani<br />

della zona B, sono stazioni l’INPS che non hanno in merito<br />

della via crucis degli esuli. Ma le la più pallida idea, compromis-<br />

scellerate scelte del governo sono soria soluzione inventata da un<br />

continuate, con <strong>il</strong> pagamento dei fantasioso ministro per la restitu-<br />

danni di guerra subiti dai giuliazioni simbolica di qualche bene<br />

no-dalmati con coefficienti infe- …. ogni solidarietà viene espresriori<br />

a quelli riservati agli altri sa a parole agli esuli per alimen-<br />

cittadini italiani, con la cessione tare le loro speranze. In realtà, <strong>il</strong><br />

dei beni immob<strong>il</strong>i dei profughi Governo (purtroppo di qualsiasi<br />

del 1954, in compensazione dei matrice politica) continua a ge-<br />

danni di guerra che tutta l’Italia - stire i problemi degli esuli a pro-<br />

non solo i giuliano-dalmati - doprio piacimento, sacrificando i<br />

veva pagare alla Jugoslavia e da loro diritti sull’altare della real-<br />

ultimo, nonostante le promesse di politik che pone affari economici<br />

fermezza nella difesa dell’italia- ed interessi politici prima di tutnità<br />

della zona B, <strong>il</strong> “tradimento” to, talché <strong>il</strong> credere alle scelte<br />

di Osimo ed <strong>il</strong> suo perfeziona- governative è stato, in ogni temmento<br />

con <strong>il</strong> trattato di Roma del po, foriero di guai per le genti<br />

Ricordo ancora, come fosse ieri, <strong>il</strong> dolore sordo<br />

di quel poveretto che una sera fu portato nella<br />

nostra cella. La nostra sofferenza non era certo<br />

minore della sua, ma dalla sua postura trasudava<br />

una sensazione più forte del dolore più grande,<br />

una sorta di abbandono, di rinuncia a qualsiasi<br />

speranza, ad una incredulità sbalordita di fronte<br />

a tanta barbarie. Il pallore cadaverico del suo viso<br />

emaciato, coperto parzialmente da una barba<br />

ispida, biancastra, sporca, incrostata di muco e<br />

sporcizia, di sangue rappreso contrastava e completava<br />

l’espressione di quegli occhi scuri,<br />

infossati, incavati, rossi di lacrime. Non aveva<br />

più neanche la forza di piangere; gli avevano<br />

strappato anche quella insieme al rispetto di se’ e<br />

dei suoi principi morali.<br />

Le sue braccia scheletriche si tessero verso di<br />

noi in cerca di qualcosa che potesse riempire<br />

quel vuoto baratro in cui la sua anima era precipitata,<br />

perché essa potesse risalire verso la luce.<br />

Ma la luce non c’era più per lui. S’era spenta nel<br />

della V.Giulia, dell’Istria, di Fiume<br />

e della Dalmazia.<br />

Così, anche in occasione del<br />

dibattito parlamentare per <strong>il</strong> Patto<br />

di stab<strong>il</strong>izzazione con la Croazia,<br />

<strong>il</strong> possib<strong>il</strong>ismo buonista della<br />

Federazione degli esuli ha ricevuto<br />

l’ennesimo benservito dai<br />

politici italiani che, non dubitate,<br />

ora chiederanno cosa gli esuli vogliano<br />

ancora, dopo le leggi 72 e<br />

73, l’istituzione della “Giornata<br />

del Ricordo”, la legge “spetime<br />

un poco” 137 e la medaglietta in<br />

ricordo dei nostri poveri morti<br />

infoibati offerta agli eredi.<br />

Non si può far passare gli esuli<br />

per sprovveduti, impreparati, politicamente<br />

digiuni da parte di chi<br />

non ha la capacità per farsi sentire<br />

dalla Presidenza del Consiglio<br />

dei Ministri. Il Governo deve decidere<br />

se questo Stato - l’Italia -<br />

ha la statura internazionale per<br />

trattare alla pari con <strong>il</strong> Sanader di<br />

turno una revisione dei trattati e<br />

la conseguente restituzione dei<br />

beni - che può essere solo frutto<br />

di un accordo politico - oppure,<br />

qualora lo ritenga politicamente<br />

preferib<strong>il</strong>e per <strong>il</strong> paese, accogliere<br />

<strong>il</strong> principio dei “pacta sunt servanda”<br />

ed accettare qualche restituzione<br />

parziale e simbolica, in<br />

barba al trattato di Pace. In questo<br />

caso deve, allora, essere coerente<br />

e, soprattutto, onesto e rimborsare<br />

sollecitamente ed adeguatamente<br />

gli esuli aventi diritto,<br />

o i loro eredi, del valore attualizzato<br />

dei beni sequestrati da Tito<br />

e compagni. Ogni altra soluzione<br />

è contraria al diritto delle<br />

genti ed alla giustizia.<br />

Attendiamo le prossime mosse<br />

della Federazione, all’Aja, a<br />

Bruxelles, a Strasburgo all’ONU,<br />

qualora Roma continui a menarci<br />

per <strong>il</strong> naso! Non è possib<strong>il</strong>e che<br />

solo gli esuli rimangano derubati<br />

dal proprio Governo. Per ottenere<br />

qualcosa devono, forse, anche<br />

loro bloccare qualche stazione<br />

ferroviaria?<br />

* ESULE ISTRIANO<br />

Memoria della Prigionia<br />

di Maria Antonietta Stocchi*<br />

momento in cui la sua bambina era stata presa,<br />

oltraggiata, usata davanti ai suoi occhi costretti<br />

ad assistere allo scempio di quell’anima pura,<br />

vita della sua vita.<br />

Dopo la tortura senza fine, fu gettato come<br />

uno straccio vecchio, anonimo tra anonimi, vittima<br />

tra le vittime, in attesa del verdetto finale.<br />

Lo guardammo impietositi, gli porgemmo chi<br />

una ciotola d’acqua, chi un pane stantio, chi una<br />

vecchia coperta bucherellata sulle spalle segnate<br />

dalle percosse.<br />

Non disse e non fece nulla, si raggomitolò su<br />

se stesso con <strong>il</strong> capo nascosto tra le mani. Il mattino<br />

dopo era morto.<br />

Gli aguzzini lo gettarono nella fossa comune.<br />

Chissà se qualcuno della sua famiglia era ancora<br />

vivo?<br />

*Testimonianza di una sopravvissuta ad un<br />

campo di prigionia dopo la cattura ad opera<br />

dei partigiani di Tito.


PAG.6 L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004<br />

Una città senz’anima?<br />

Era una città con un’anima,<br />

la nostra. Le nostre. Legati<br />

dal dialetto, dall’ingenua<br />

convinzione di essere da sempre e<br />

per sempre qui radicati, dalla benevola<br />

accettazione dell’allegro<br />

ospite “cifariello”, che<br />

innamorandosi imparava a<br />

parlare come noi. Dalla contiguità<br />

senza data con gli<br />

slavi. Un esame quotidiano<br />

senza domande diffic<strong>il</strong>i,<br />

quelle se mai ci aspettavano<br />

a scuola, non erano per la<br />

vita. Le nostre scuole sono<br />

ancora al loro posto con le<br />

sagome solide, quadrate,<br />

protettive, e diresti di sentire<br />

i cicalecci e gli scalpiccii di<br />

tanti bambini e ragazzi che<br />

ci sono passati -noi e i nostri<br />

padri e nonni - e <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio<br />

e <strong>il</strong> rispetto nelle grandi<br />

aule coi soffitti alti, odore<br />

d’inchiostro e grandi finestre<br />

alle quali si affacciavano<br />

rami di pini, nuvole e uccelli<br />

e pioggia a compensarci<br />

dell’inevitab<strong>il</strong>e noia di<br />

quattro ore al chiuso, seduti<br />

composti, con le braccia<br />

conserte. Si fa per dire, ma<br />

la consegna era quella. E si<br />

usciva in f<strong>il</strong>a, senza schiamazzi.<br />

Si ritornava a casa a<br />

piedi, da soli, pregustando le occupazioni<br />

abituali del pomeriggio.<br />

Un libro, i giochi, per i più grandi<br />

la passeggiata ai Giardini. Li chiamano<br />

ancora così. Sui tronchi<br />

possenti dei lodogni verdeggiano<br />

prepotenti i rami giovani nati dopo<br />

l’energica potatura, la gente<br />

passa, si sorbe <strong>il</strong> gelato ai tavolini<br />

all’aperto, i turisti si soffermano<br />

curiosando tra le bancarelle di<br />

“robivecchi”. E’ rimasto solo <strong>il</strong><br />

nome. Non ce la prendiamo troppo.<br />

Anche i nostri figli e nipoti<br />

probab<strong>il</strong>mente si sarebbero dati<br />

abitudini nuove in posti diversi<br />

senza arrivare, però, all’oltraggio<br />

di cui mi accorgo involontariamente.<br />

Lungo le mura antiche che<br />

costeggiano i Giardini è stata scavata<br />

una trincea che ha portato alla<br />

luce mura più antiche, di grossi<br />

blocchi grigi. Neanche un metro<br />

sotto <strong>il</strong> livello dell’asfalto, c’è un<br />

angolo maleodorante. Non sono<br />

escrementi di cane, qui i marciapiedi<br />

sono puliti. Negli anni 50-60<br />

sui muri esterni della bas<strong>il</strong>ica di<br />

Parenzo era affisso un cartello che<br />

recitava brutalmente in serbo-<br />

di Licia Micov<strong>il</strong>lovich<br />

croato: Proibito orinare e defecare.<br />

Altri tempi. Già, altri tempi.<br />

Ciò che più colpisce e dispiace è<br />

l’aspetto maculato e slegato della<br />

città. Accanto a costruzioni ormai<br />

Verteneglio, 2 luglio 2004. Cerimonia di premiazione<br />

del Concorso Istria Nob<strong>il</strong>issima. Licia Micov<strong>il</strong>lovich<br />

ritira, dalle mani di Maurizio Tremul, <strong>il</strong> riconoscimento<br />

per <strong>il</strong> suo racconto autobiografico.<br />

decrepite, scorgiamo palazzi nuovi<br />

rut<strong>il</strong>anti di colori e cristalli,<br />

Max Mara, Benetton, fast-food:<br />

tanti v<strong>il</strong>laggi accostati gli uni agli<br />

altri come capita. E’ diventata una<br />

città senz’anima? Troppo pochi a<br />

difendere storia gusti e tradizioni,<br />

troppi trapianti di etnie diverse<br />

per gusti, storia, cultura e tradizioni.<br />

Due guerre, due ribaltoni, e si<br />

vede. Ne avessero fatto un giardino,<br />

mi leverei <strong>il</strong> cappello, ma così<br />

mi duole <strong>il</strong> cuore. Averla voluta<br />

con tanto accanimento e poi tenerla<br />

senza amore. E’ questo che ti<br />

schiaffeggia quando arrivi e vorresti<br />

andartene subito e ti chiedi<br />

cosa ci sei venuto a fare. Quello<br />

che riconosci non basta a convincerti<br />

di essere vissuto qui, un tempo.<br />

Ti salva un po’di f<strong>il</strong>osofia, tutto<br />

scorre, tutto passa, così va<br />

avanti la storia. “Voi siete portati a<br />

mitizzare;” mi dice un’amica,<br />

“qualche volta anche noi vorremmo<br />

scappare.” E un’altra aggiunge:<br />

“Anch’io vorrei scappare, ma<br />

per tornare.” Io penso che non tornerò.<br />

Lo dico ai rondoni che folleggiano<br />

in alto e ripiombano giù,<br />

a sfiorare quasi la testa della gente.<br />

Tanti rondoni così non li ho<br />

mai visti. Riempiono l’aria di strida<br />

a dispetto di tutti i rumori cittadini.<br />

Vecchia Rena, ti sei fatta<br />

vecchia anche tu, la pietra è<br />

corrosa, <strong>il</strong> colore incerto, sei<br />

stata incravattata. Vecchio<br />

Duomo, la guerra ti ha tolto<br />

ciò che non si può ricostruire.<br />

Però conservi sui grandi<br />

banchi alcune targhette<br />

d’ottone lucidato con <strong>il</strong> nome<br />

dei donatori, nomi sentiti<br />

tante volte, quindici in tutto.<br />

Sbisà, Mam<strong>il</strong>ovich,<br />

Grion, Cerlenizza, Argentini,<br />

Rizzi, Benussi… Per chi<br />

sa intendere parlano di cose<br />

lontane con un linguaggio<br />

che non mente.<br />

Al tramonto esco a prendere<br />

un po’ d’aria: via Besenghi,<br />

via Sissano, i Giardini, via<br />

Giulia, Campo Marzio. Cerco<br />

di ricordare se a quest’ora<br />

c’era sempre così poca<br />

gente per le strade. Non so,<br />

non ci riesco. Mi sono allon-<br />

tanata anch’io. Dobbiamo<br />

ammetterlo, i legami ormai<br />

sono soltanto ideali, mitizzati,<br />

appunto, come dice una<br />

mia amica. Mi presenta <strong>il</strong><br />

marito croato, persona colta<br />

e garbata, che mi dice: “Piacere<br />

mio”. Il giorno dopo anche la sorella<br />

di una mia compagna di<br />

scuola mi saluta così: “Piacere<br />

mio”. Mi commuovono come<br />

un’eco inaspettata queste due parole<br />

gent<strong>il</strong>i ripetute da persone diverse.<br />

Sì, resta qualcosa, a dispetto<br />

di tutto, della lontananza, del<br />

tempo, del nostro spaesamento,<br />

della critica fac<strong>il</strong>e.<br />

L’anima polesana balugina e palpita<br />

ancora. E’ stagione di lucciole,<br />

questa.<br />

***<br />

Sono ritornata a casa, ci ripenso,<br />

mi rivedo solitaria e un po’ sperduta<br />

a ripercorre quelle strade e<br />

mi prende, a tradimento, <strong>il</strong> pensiero<br />

che se mi fossi fermata di più<br />

qualcosa mi avrebbe catturato,<br />

avrei sentito richiami lontani provenire<br />

dalle vie, dall’aria polverosa,<br />

dagli odori - un pérgolo, un<br />

refolo, un’ombra - dagli scoiattoli<br />

di Monte Ghiro, dalle ghiandaie<br />

di Verudella, dagli altari delle scogliere.<br />

Sì, avrei incontrato e riconosciuto<br />

i ragazzi che siamo stati.<br />

LM.<br />

CON AMMIREVOLE TEMPISMO<br />

LA REGIONE LOMBARDIAAPPROVA<br />

LA PROPOSTA DI SILVIA FERRETTO (AN)<br />

DI STANZIARE UN CONTRIBUTO<br />

PER LA NOSTRA “GIORNATA DEL RICORDO 2005"<br />

MILANO - Apprendiamo con<br />

soddisfazione che è stata approvata,<br />

dal Consiglio Regionale della<br />

Lombardia, la proposta Ferretto di<br />

AN - per lo stanziamento di contributi<br />

per promuovere <strong>il</strong> "Giorno<br />

del Ricordo", con l'intento di conservare<br />

la memoria della tragedia<br />

degli italiani delle terre perdute, di<br />

tutte le vittime delle foibe e dell'esodo<br />

forzato di migliaia di Istriani,<br />

Fiumani e Dalmati dalle loro<br />

case. Con l'approvazione dell'ordine<br />

del giorno proposto dal consigliere<br />

di AN, la Regione ha detto<br />

sì allo stanziamento di fondi per la<br />

realizzazione di iniziative relative<br />

alla commemorazione del 10 febbraio<br />

2005, con studi, convegni,<br />

incontri e dibattiti organizzati da<br />

istituzioni ed enti finalizzati alla<br />

conservazione della memoria di<br />

quelle vicende e per la promozione<br />

di iniziative volte a valorizzare<br />

<strong>il</strong> patrimonio culturale, storico,<br />

letterario ed artistico degli italiani<br />

dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia.<br />

Visib<strong>il</strong>mente soddisfatta S<strong>il</strong>via<br />

Ferretto ha dichiarato: "E' un se-<br />

gnale molto importante di un'apertura<br />

verso una delle pagine<br />

meno conosciute della storia italiana.<br />

Riscoprire e divulgare la<br />

storia della "memoria negata" è<br />

dovere delle istituzioni e la Regione<br />

Lombardia ha confermato oggi<br />

<strong>il</strong> diritto di ogni cittadino lombardo<br />

di venire a conoscenza di quegli<br />

avvenimenti. E' un atto dovuto<br />

- ha concluso <strong>il</strong> consigliere regionale<br />

di AN - anche alle migliaia di<br />

esuli istriani, fiumani e dalmati<br />

che risiedono nella nostra regione".<br />

Simona Mottola<br />

Gli Alpini di Montréal<br />

Possono apparire incongrui<br />

e quasi surrealistici i riti<br />

degli Alpini - cori, preghiere,<br />

feste, bevute, rimembranze<br />

di naja - compiuti a migliaia<br />

di ch<strong>il</strong>ometri di distanza<br />

dall’arco alpino, da gente in su<br />

con gli anni, trapiantata in un’altra<br />

terra. Si sarebbe quasi tentati<br />

di sorridere di fronte alla tenacia<br />

di queste memorie guerriere nei<br />

figli montanari di un paese invece<br />

pacifista, che al cinema ha fatto<br />

del “Tutti a casa!” <strong>il</strong> grido di<br />

raccolta delle sue truppe allo<br />

sbando. Si potrebbe provare un<br />

moto di scetticismo, solo non conoscendo<br />

la profondità dei sentimenti<br />

che albergano nel cuore di<br />

tutti gli Alpini, e in particolare di<br />

questi, che, a migliaia di ch<strong>il</strong>ometri<br />

di distanza dalla madrepatria,<br />

celebrano con <strong>il</strong> vino, la<br />

grappa e i canti, le antiche memorie<br />

di un paese dopotutto<br />

straordinario.<br />

Il mito delle Penne Nere, in Italia<br />

e all’estero, è al centro di un<br />

culto nello stesso tempo sacro e<br />

profano, celebrante un’Italia<br />

schietta, leale, tenace che è l’esatta<br />

antitesi di quell’Italia pressapochista,<br />

esibizionistica, rumorosa,<br />

cialtrona che i mass media<br />

ogni giorno ci propongono, e<br />

che nei viaggi di ritorno mette<br />

ogni volta a dura prova, in noi<br />

emigrati, <strong>il</strong> nostro pur forte senso<br />

della patria. L’Italia del Cuore<br />

di De Amicis, come anche quella<br />

del Piccolo Alpino di Salvator<br />

Gotta, è un’Italia ufficialmente<br />

abolita. Abolita perché giudicata<br />

retorica da chi si gargarizza con<br />

le frasi alla moda e con gli slogan<br />

progressisti della retorica<br />

contemporanea.<br />

L’essenza più profonda di questo<br />

straordinario attaccamento al<br />

corpo degli Alpini sono la terra, i<br />

valori montanari, <strong>il</strong> culto delle<br />

tradizioni, l’amore della natura,<br />

ed una sana gioia di vivere. La<br />

geografia non è solo materia ma<br />

è spirito. Le montagne, i picchi,<br />

le valli, la flora, le marce, <strong>il</strong> vento,<br />

i canti, lo sforzo marcano per<br />

sempre l’anima di un giovane<br />

uomo che si apre alla vita, pronto<br />

al dono di sé, amante delle cose<br />

semplici, fedele alle memorie<br />

fam<strong>il</strong>iari e del v<strong>il</strong>laggio. Egli così<br />

resterà legato per sempre ai<br />

comm<strong>il</strong>itoni con cui ha frequentato<br />

questa magnifica scuola di<br />

valori. Io ho trovato l’odore buono<br />

di quest’Italia antica nella Casa<br />

del Veneto, in occasione di un<br />

di Claudio Antonelli<br />

incontro organizzato per celebrare<br />

quei quattro o cinque comm<strong>il</strong>itoni<br />

della Sezione Alpini di<br />

Montréal che combatterono nella<br />

seconda guerra mondiale, e<br />

che sono ancora, pur se un po’<br />

osc<strong>il</strong>lanti, sulla breccia. E non ho<br />

notato negli Alpini di Montréal i<br />

segni dell’amarezza o della delusione,<br />

nonostante i tanti anni trascorsi<br />

in Canada. Ho trovato anzi,<br />

in tutti quelli con cui ho parlato,<br />

senso pratico, avvedutezza,<br />

tranqu<strong>il</strong>lità di spirito. Il rapporto<br />

con la terra è stato, qui in Canada,<br />

sublimato nei riti dell’orto,<br />

del vino fatto in casa, dello chalet<br />

al nord e della scampagnata<br />

con gli altri Alpini. I viaggi in<br />

Italia hanno racquetato l’ansia<br />

del distacco. I figli nati qui hanno<br />

permesso di approfondire <strong>il</strong><br />

legame con la terra adottiva. Ho<br />

trovato, dicevo, questo buon<br />

odore di sentimenti, e ho provato<br />

serenità, conversando con le<br />

Penne Nere al mio tavolo. Ho<br />

ascoltato con interesse le loro<br />

storie.<br />

Alla base di ogni partenza verso<br />

l’estero vi furono <strong>il</strong> disastro della<br />

guerra e le ristrettezze del dopoguerra.<br />

Ettore Morganti, ex presidente<br />

degli Alpini, partì da un<br />

paesino meraviglioso, a due passi<br />

dalla Svizzera: Griante. La<br />

partenza fu da Bassano del<br />

Grappa per Alfredo Lazzarotto,<br />

con <strong>il</strong> quale ho conversato lungamente.<br />

Erano anche ospiti degli<br />

Alpini un paracadutista della<br />

Folgore, l’insegnante Giuseppe<br />

Tomaselli, e un bersagliere, <strong>il</strong><br />

geologo Riccardo Bonaccio, originario<br />

d’Ivrea La sezione di<br />

Montreal, sorta nel 1954, è la più<br />

antica del Nord America.<br />

Il suo attuale presidente è Ferdinando<br />

Bisinella. L’adunata nazionale<br />

si è svolta quest’anno in<br />

maggio a Trieste. Da Montréal vi<br />

hanno partecipato 4 o 5 Penne<br />

Nere. La Sezione Alpini di Montréal<br />

non è mai mancata a questo<br />

appuntamento. Dopotutto i viaggi<br />

più lunghi sono quelli che rendono<br />

i ritorni più dolci.<br />

Andando via dalla Casa del Veneto,<br />

ho voluto sapere da Bonfiglio<br />

Olmi, questo novantenne reduce<br />

della campagna di Russia,<br />

cosa fa sì che un uomo si trasformi,<br />

ad un certo momento della<br />

sua vita, in un Alpino per sempre.<br />

Mi ha risposto semplicemente<br />

di non saperlo, perché “io<br />

sono nato Alpino”.<br />

C.A. (Montréal, Canada)<br />

Il barbiere presso un accampamento del Quarto Reggimento Alpini 1915-<br />

18 (foto del Museo di Storia della fotografia, Fratelli Alinari, Firenze)


L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004 PAG.7<br />

disegno di Gigi Vidriz<br />

-”Bepi, te ga sentì del teremoto<br />

in Slovenia, Istria,Trieste e<br />

anca a Bolsano? Una volta i veci<br />

diseva che da noi no gavevimo<br />

quel pericolo, perchè le foibe faseva<br />

da sfiatatoi ai movimenti<br />

tetonici de la tera, invesse adesso...”-<br />

-”Caro Nane, adesso che le<br />

foibe xe piene dei ossi dei nostri<br />

poveri morti, quei sfiatatoi no i<br />

xe più e cussì i teremoti i vien<br />

anca ne le nostre tere. Però no’l<br />

ga fato gran dano: nè morti, nè<br />

grandi croli, solo un po’ de remitur<br />

e un po’ de spagheto per la<br />

zente e basta. Ma un picio teremoto<br />

xe sta anca da noi, solo che<br />

no’l iera un teremoto terestre,<br />

ma politico. El cavalier, povareto,<br />

ga ciapà anca lu un bel spagheto<br />

e questa volta no dala lega,<br />

ma da la vecia Balena bianca. I<br />

nostri governi, sia de destra che<br />

de sinistra, no i sa star insieme e<br />

governar come se devi, xe senpre<br />

qualchedun che serca de farli<br />

cascar; el boto dei ribaltoni xe<br />

diventà un sport nassional! E sì<br />

che’nei nostri governi le done xe<br />

stade senpre poche e meno che<br />

mai quele tetoniche.”-<br />

Ciacolade<br />

in punta<br />

di penna<br />

di S<strong>il</strong>via Lutterodt Sizzi<br />

Picia storia<br />

de mar<br />

Mia mama gaveva abitudini<br />

piutosto rigide. Co’ rivava<br />

l’estate andavimo sempre a Sisplass<br />

per i bagni e rare volte gavevimo<br />

cambià itinerario. Nono<br />

Piero saria sta più aventuroso,<br />

sempre in serca de posti novi sula<br />

nostra vastissima costa, ma mama<br />

no iera propensa ai cambi. Un per<br />

de volte ierimo stadi a Veruda -<br />

che a mi no me piaseva per gnente<br />

perchè me pareva de nudar in un<br />

lago. E qualche altra volta ierimo<br />

andadi al Bianco, che viceversa<br />

me piaseva assai, col mar averto e<br />

1’orisonte sconfinà.<br />

E iera sta cussì che un giorno se<br />

gavevimo trovadi tuti là, co’ el<br />

mar grosso, agitado assai. A pensarghe<br />

su adesso, a distansa de<br />

tanti ani, me par adiritura strano<br />

che mama se gavessi deciso per el<br />

“Bianco” in un giorno compagno,<br />

perchè se saveva con anticipo, osservando<br />

el tenpo, che le onde saria<br />

stade alte. Ma ierimo tuti là,<br />

con poca gente intorno, e noi pice<br />

se divertivimo a giogar nele “vaschete”<br />

perchè nel mar, scurissimo<br />

e pien de creste bianche, iera<br />

solo do nudadori esperti, giovinoti<br />

robusti, che dopo i gaveva fato<br />

presto a tornar a riva. Anche mama<br />

gaveva voia de far una bela<br />

nudada. La iera brava, ela! La stava<br />

in piedi su l’orlo dele roce candide<br />

a osservar le aque, pronta a<br />

Sommovimenti<br />

di Gecchi<br />

-”Bepi,xe poco de schersar,<br />

qua tra omini e natura la xe senpre<br />

più dura: quando se pensava<br />

de poder finalmente tirar el fià,<br />

xe saltà fora el pericolo più grosso:<br />

el terorismo islamico! Noi,<br />

da grandi moni, ghe gavemo anca<br />

spalancà le porte e i xe entrai<br />

a fiumi: dove che te te volti te<br />

vedi un mussulman!”-<br />

-”Nane, no xe el terorismo<br />

islamico, ma l’omo stesso el vero<br />

pericolo de sto pianeta. Da<br />

quando semo stai creai, no gavemo<br />

fato altro che far la guera a<br />

duti quei che ne capita tra i pie e<br />

no gavemo mai smesso. Le religioni,<br />

in genere, ga senpre sercà<br />

de mitigar el nostro bruto caratere,<br />

ma sensa tropo sucesso. Semo<br />

nati cussì e cussì dovemo finir.<br />

Speremo solo che sto povero<br />

pianeta gabi un po’ più de fortuna<br />

con la prossima rassa dominante:<br />

inseti, usei o chi altro vegnarà.<br />

Adesso vien che te porto<br />

dal sor Zacomo pel nostro solito<br />

bicer e do grapini: tra le poche<br />

poche robe bone che l’omo ga<br />

fato. Eviva el vecio Noè!<br />

Saludi a tuti dal vostro Gecchi.”-<br />

A.M.<br />

butarse. Le onde iera burascose e<br />

le dava l’impression de pegiorar.<br />

Cussì, dopo lunghe considerassioni,<br />

mama gaveva voltà le spale al<br />

mar e la stava per tornar de noi,<br />

‘co un’onda improvisa, più granda<br />

dele altre, altissima, se gaveva<br />

abatù sula spiageta coversendola<br />

tuta. La Rita e mi gavevimo urlà<br />

disperade: “Mama! El mar ne la<br />

ga portada via! La gavemo persa!”<br />

Nono Piero iera scatà in pie,<br />

pronto a butarse per el salvatagio,<br />

ma con altretanta velocità l’onda<br />

se gaveva ritirado e mama iera ancora<br />

là sempre in pìe, grondante<br />

aqua, come un “sorzo negà” ma<br />

sana e salva!<br />

No podevimo creder ai nostri oci!<br />

Alora la gaveva fato presto a corer<br />

de noi prima che rivassi una seconda<br />

ondada, e la ne gaveva<br />

contà che co la iera stada investida<br />

de tuta quel’aqua, sensa apigli dove<br />

guantarse, la gaveva fato fadiga<br />

a star salda sul posto.<br />

Se gaveva tratà de un sforso formidab<strong>il</strong>e<br />

ma istesso la ghe la gaveva<br />

fata a no perder l’equ<strong>il</strong>ibrio e<br />

a no vegnir travolta e portada via<br />

in mar. Per noialtre e per nono<br />

Piero, gaver mama con noi dopo<br />

una sim<strong>il</strong>e esperiensa iera poco<br />

meno de un miracolo E quela<br />

aventura cussì spaurosa, durada<br />

solo pochi istanti, no la gavevimo<br />

mai dimenticada. S.L.S.<br />

foto N. Gregorovich<br />

Una fiaba<br />

per grandi<br />

Gente mia, no sò a voi, ma a mi<br />

no me interessa propio veder i<br />

tanto reclamisadi f<strong>il</strong>m su “Il Signore<br />

degli Anelli”, la grande epopea<br />

cavaleresca inventada da<br />

Tolkien, un libro che ga fato sbrego<br />

‘pena vignù fora, stampà da la<br />

Rusconi nel 1970 e che el xe sempre<br />

rimasto su la cresta de l’onda.<br />

Tanto son sicura che nissun truco<br />

o creassion virtuale, per quanta<br />

maravea la possi far, riussirà a som<strong>il</strong>iarghe<br />

gnanca lontanamente a<br />

quel che la fantasia de ogni letor se<br />

pol crear de solo nel leger le 1357<br />

pagine (comprese le apendici<br />

esplicative) de ‘sta Tr<strong>il</strong>ogia che xe<br />

un capolavoro leterario unico nel<br />

suo genere. L’Autor, John Ronald<br />

Reuel Tolkien, grande studioso inglese<br />

de la leteratura anglosassone,<br />

celtica e medioeva1e, el scrive<br />

‘na fiaba per grandi, per quei (e de<br />

sicuro semo in tanti) che ga conservà<br />

drento de sè el fioluss che se<br />

incantava drìo mondi arcaici, ma<br />

che alora per lù iera più presenti<br />

del presente! Sò quanto me sentivo<br />

coinvolta mi, de picia, prima ne<br />

le fiabe de Grimm, pò ne le mitologie,<br />

saghe e cicli cavalereschi<br />

che papà me contava fin che no go<br />

‘rivà a legermele de sola.<br />

Iera roba che derivava de qualcossa<br />

che iera esistido: iera fumo che<br />

vigniva de antichi arosti! Questa<br />

epopea de Tolkien invesse la xe tuta<br />

inventada, ma con archètipi, ossia<br />

modeli antichi, che diventa figure,<br />

personagi straordinari con fisionomie<br />

inconfondib<strong>il</strong>i che se<br />

move in un mondo che no ga una<br />

data vera. Infati no se sà de dove i<br />

tira origine ma i ocupa genealogie<br />

che risali a una cosmogonia inven-<br />

di Edda Garimberti<br />

tada de sana pianta.’Sto termine,<br />

cosmogonia, che sembra ‘na parolassa,<br />

vol dir semplicemente la<br />

formassion, la genesi de un universo.<br />

I popoli antichi i se lo spiegava,<br />

ognidun a modo suo, co’ le<br />

mitologie! Urca! Me go impegolà<br />

in un discorso che me fa sudar patrone!<br />

Insoma, ‘sto mondo inventà<br />

el xe anca fornì de una precisa mapa<br />

geografica. El xe abità de Elfi,<br />

Orcheti, Omini, Nani, Draghi-<br />

Nazgûl, Re, Guerieri, Troll, Aventurieri,<br />

el ragno Shelob, Maghi e<br />

Mesiomini ciamadi anca Hobbit.<br />

Sarà propio questi ultimi, pacifici<br />

abitanti de la Contea, a distrigar el<br />

gropo e distruser l’Anel che xe in<br />

possesso de Sauron, personificassion<br />

del Mal che stà a Barad-dûr,<br />

la Torre Oscura, ne la Terra de<br />

Mordor . A quel Anel xe ligadi i<br />

Anelli del Potere e perciò, chi per<br />

una rason, chi per un’altra, tuti ghe<br />

fa la sguaita!<br />

Gente mia, xe impossib<strong>il</strong>e in poche<br />

rìghe dar gnanca ‘na palida<br />

idea de quel che ‘sto libro conta.<br />

Ve digo solo questo: lo go comprà<br />

e leto ‘pena publicà e no go volù<br />

più r<strong>il</strong>egerlo propio per no perder<br />

quela sorpresa, gioia, merav<strong>il</strong>ia e<br />

partecipassion che el me ga dà alora,<br />

al primo impato. No stè farve<br />

vignir i cavei driti no xe Fantassiensa,<br />

no xe Fantasy e no xe<br />

gnanca un rèpete de l’Anello del<br />

Nibelungo. El xe un “unico”, pien<br />

oltretuto de sugestioni f<strong>il</strong>osofiche<br />

e anca ‘na miniera per crear <strong>il</strong>ustrassioni.<br />

Mi ghe ne gavevo fata<br />

qualcheduna per gusto mio e una<br />

ve la fasso veder. Ma se volè saver<br />

chi e cossa che la rapresenta comprè<br />

el libro e legèvelo! | E.G.<br />

P O E S I A<br />

Nostalgia dell 'Istria<br />

Non ho che i ricordi<br />

biondi del grano<br />

col chiasso dei papaveri<br />

e qualche fiordaliso<br />

che raccolsi allora<br />

azzurro intenso<br />

come i nostri cieli<br />

quando corre <strong>il</strong> vento<br />

dal Carso e ci fa<br />

dentro sereni.<br />

Ho nostalgia<br />

della mia terra rossa<br />

del tremolar gent<strong>il</strong>e<br />

degli olivi<br />

verso <strong>il</strong> mare accecante<br />

-<strong>il</strong> nostro mare -<br />

del verde dei vigneti<br />

coi grappoli<br />

che attendono vendemmie.<br />

Mi tiene forte<br />

come una malia<br />

l'aspra carezza<br />

dell'idioma antico<br />

che per sentieri agresti<br />

svegliava albe lontane.<br />

Pompea Fabro Inclimona<br />

(Premiata alla I a edizione del<br />

concorso internazionale<br />

di Poesia "Papiro 2000")<br />

Rime Baùche<br />

di S<strong>il</strong>via Sizzi<br />

Ah, quei felici giorni del passado<br />

sensa tante richesse che te asfissia!<br />

Babe! Ricostruì quel tempo andado<br />

e... soto con la senere a far lissia!<br />

Ricordo<br />

di Etto Casalino<br />

a un anno<br />

dalla scomparsa<br />

A Eto mio!<br />

Le onde del mare<br />

ti sembravano<br />

<strong>il</strong> coro degli angeli.<br />

Le fronde dei pini<br />

<strong>il</strong> profumo<br />

di Stoia che accarezzò<br />

l’ultimo tuo soffio di vita.<br />

E le mie braccia<br />

lottavano insieme a te<br />

all’appuntamento<br />

con la morte.<br />

Ma l’amata tua Arena<br />

ti sussurrò <strong>il</strong> suo canto<br />

e lo facesti tuo.<br />

“... son nato drio l’Arena<br />

e là voio morir.”<br />

tua Nadia


PAG.8 L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004<br />

Arte Arte<br />

croata croata<br />

a Pola<br />

Semo partidi da Gorizia, in pulman, per una<br />

gita, de due giorni, organizada dala locale<br />

Anvgd, dal vulcanico Rudy, con meta Cittanova,<br />

Rovigno (pernotamento), Pola e Dignano. Esuli<br />

e non esuli i gitanti. L’amico<br />

Francesco vegniva da<br />

lontan: dal Veneto.<br />

Sul confin pochi controli.<br />

Pochi iera anche prima del<br />

ingresso de la Slovenia in<br />

Eu: no xe cambià gnente.<br />

Xe invesse salida sul pulman<br />

la Signora Rosanna,<br />

una competente guida turistica.<br />

A Cittanova gavemo<br />

pransà divinamente, a base<br />

de pesse, in un local italian:<br />

Da Sergio.<br />

Verso sera semo rivai a<br />

Rovigno in tempo per una<br />

visita guidada e per una foto<br />

su la “Balota”, la piera<br />

da la quale, mi muleto, in<br />

tempo de guera sfolado de<br />

Pola, me tufavo in mar.<br />

A Rovigno, mi e Francesco,<br />

gavemo... a posta incontrà<br />

Bruno con Rosetta.<br />

Se gavemo unì a loro per<br />

una splendida serata, naturalmente<br />

a base de pesse, in<br />

di Ruggero Botterini<br />

un local gestido da un croato con molie rovignese.<br />

Antipasto: sardele in savor, la fine del mondo.<br />

La matina dopo go fato el bagno, in mar naturalmente<br />

(!). Francesco iera<br />

in ansia perché la temperatura<br />

no iera favorevole:<br />

una tociada e col sal su<br />

la pele, subito partensa per<br />

Pola, sempre con la competente<br />

Rosanna.<br />

A Pola, tanta tristessa.<br />

Più divento vecio più go<br />

voia de rivederla, ma aumenta<br />

la malinconia, la<br />

nostalgia de la mia cara<br />

Pola italiana. Un giorno<br />

anche la nostalgia finirà:<br />

sì, sarà quando che i me<br />

meterà el capoto de legno.<br />

Gavemo fato un gireto<br />

per Port’Aurea passando<br />

davanti a Porta Gemina e<br />

soto l’Arco dei Sergi, per<br />

via Sergia fin in piassa Foro.<br />

Davanti a la Rena go...<br />

amirà... la stupenda arte<br />

croata: i BIECHI, segno<br />

ultra tangib<strong>il</strong>e, da tuti notado,<br />

con la bava a la boca,<br />

de una CUL.tura superiore.<br />

L’incendio ’incendio del<br />

Municipio di Portole Portole<br />

di Umberto Dussizza<br />

La notte tra <strong>il</strong> 18 e <strong>il</strong> 19 febbraio<br />

di sessant’anni fa mani sacr<strong>il</strong>eghe<br />

incendiarono <strong>il</strong> bellissimo<br />

edificio municipale di Portole<br />

e con esso andava in cenere<br />

anche l’archivio che dal 1850<br />

documentava la nostra storia e<br />

le nostre origini. L’odio viscerale<br />

nei confronti della comunità<br />

italiana non aveva limiti e doveva<br />

essere distrutto tutto ciò che<br />

le apparteneva.<br />

Apresidiare <strong>il</strong> paese erano<br />

soltanto sei m<strong>il</strong>iti della M.D.T.,<br />

armati di fuc<strong>il</strong>i mod. 91 e di<br />

bombe a mano, le famose “bal<strong>il</strong>la”<br />

che facevano rumore e<br />

nient’altro. Li coadiuvavano nel<br />

servizio di pattugliamento notturno<br />

alcuni volontari civ<strong>il</strong>i.<br />

La sera del 18, fino alle ore<br />

24, era di servizio la pattuglia<br />

formata da Nino Antonelli, m<strong>il</strong>ite,<br />

e da mio barba Toni, civ<strong>il</strong>e. I<br />

due, come se avessero sentito<br />

nell’aria qualcosa che li faceva<br />

sospettare di un imminente attacco,<br />

vollero andare anche nel<br />

cimitero di S. Cec<strong>il</strong>ia per accertarsi<br />

che non ci fossero partigiani<br />

nascosti. Con la baionetta in<br />

canna controllarono le chiome<br />

dei cipressi e quant’altro poteva<br />

offrire rifugio ai loro avversari.<br />

Lo zio, ex feldwebek delle<br />

Sturm truppen (truppe d’assalto<br />

addestrate al combattimento<br />

corpo a corpo) si sarebbe trovato<br />

a suo agio se si fosse incontrato<br />

con i drusi, anche se <strong>il</strong> rischio<br />

era folle perché in due potevano<br />

fare ben poco, considerando<br />

che Nino non aveva nemmeno<br />

adempiuto agli obblighi<br />

di servizio m<strong>il</strong>itare di leva. Lo<br />

Francesco Tromba e Ruggero Botterini<br />

Sessant’anni fa...<br />

zio, per non dimenticare <strong>il</strong> duro<br />

allenamento da recluta ricevuto<br />

nel periodo trascorso in prima linea<br />

sui Capazi, dalla fine della<br />

Prima guerra mondiale non aveva<br />

mai smesso di allenarsi, per<br />

conto suo, per cui quella notte<br />

voleva fare veramente sul serio.<br />

Rientrarono in caserma percorrendo<br />

la strada di Drio la Terra<br />

e giunti sull’aia dove c’era <strong>il</strong><br />

traliccio dell’alta tensione, posizione<br />

strategica che dominava<br />

tutta la zona verso <strong>il</strong> Carso, sostarono<br />

brevemente per accertarsi<br />

che non ci fosse movimento<br />

di persone. Per interrompere <strong>il</strong><br />

s<strong>il</strong>enzio della notte ma soprattutto<br />

per far sapere ai loro avversari<br />

che <strong>il</strong> servizio di vig<strong>il</strong>anza funzionava,<br />

spararono alcuni colpi<br />

di fuc<strong>il</strong>e. Purtroppo tutto fu vano,<br />

perché dopo qualche ora la<br />

situazione nel paese era drammatica.<br />

Come rientrarono in caserma<br />

a dar loro <strong>il</strong> cambio era<br />

già pronta la pattuglia composta<br />

da Ezio Rinandi, civ<strong>il</strong>e, e da un<br />

m<strong>il</strong>itare. Ezio lo conoscevo molto<br />

bene perché con Fauro Aloi e<br />

Giorgio Bassanese, anche se minorenni,<br />

durante le vacanze estive<br />

andavamo molto spesso a<br />

caccia di selvaggina. Egli sapeva<br />

maneggiare con destrezza i<br />

due fuc<strong>il</strong>i da caccia del Sior Barbeta,<br />

nonno di Fauro, e quando<br />

sparava non falliva mai un colpo.<br />

Per fortuna quella notte<br />

toccò a lui scontrarsi con avversari<br />

molto numerosi e bene armati,<br />

che più tardi avrebbero<br />

compiuto <strong>il</strong> folle gesto di incendiare<br />

<strong>il</strong> palazzo municipale.<br />

I partigiani erano venuti in<br />

paese senza che nessuno li sentisse;<br />

per questo lo zio e Nino<br />

non si accorsero che circa sessanta<br />

persone si erano avvicinate<br />

al capoluogo, provenienti proprio<br />

dalla zona del Carso. Ezio si<br />

trovava sotto la loggia con un<br />

m<strong>il</strong>ite e Romano Pocecco i quali<br />

scapparono appena visti i partigiani.<br />

Lui rimase da solo in mezzo<br />

alle pallottole che gli fischiavano<br />

intorno. Ancora oggi considero<br />

Ezio un vero eroe, perché<br />

grazie al suo coraggio e soprattutto<br />

allo spirito di abnegazione,<br />

i m<strong>il</strong>iti che dormivano nel dopolavoro<br />

poterono mettersi in salvo.<br />

Quella notte mio padre era già<br />

al lavoro quando, uscendo di casa<br />

per recarsi nel locale dove<br />

avevamo <strong>il</strong> forno per cuocere <strong>il</strong><br />

pane, udì voci di persone che<br />

non conosceva che erano andate<br />

dal segretario Lughi per farsi dare<br />

<strong>il</strong> binocolo. Più tardi mio padre<br />

venne in camera da letto per<br />

svegliarci e farci vedere <strong>il</strong> centro<br />

del paese <strong>il</strong>luminato a giorno.<br />

Rivedo ancora la sua faccia terrorizzata<br />

perché ignorava tutto.<br />

Dopo che i drusi se ne furono<br />

andati qualcuno dette l’allarme<br />

suonando le campane. I numerosi<br />

intervenuti non poterono, tuttavia,<br />

fare altro che assistere impotenti<br />

allo scempio dell’edificio<br />

in fiamme. Da sei giorni, infatti,<br />

non funzionava l’acquedotto,<br />

perchè <strong>il</strong> capoluogo era<br />

privo d’acqua. Le campane suonarono<br />

a morto!<br />

Per gli slavi delle frazioni finalmente<br />

era giunta l’ora di cantare<br />

vittoria, di imporre la loro<br />

supremazia e di annientarci per<br />

sempre, anche grazie al famigerato<br />

Trattato di Pace del 1947.<br />

Ricordi di guerra<br />

di Vanda Brenci Brecevic<br />

Con l’inizio della Seconda Guerra mondiale, gli uomini idonei partirono<br />

per le varie destinazioni alle quali erano stati destinati durante <strong>il</strong> periodo<br />

di servizio m<strong>il</strong>itare.<br />

Non tardò ad arrivare la chiamata per mio padre che apparteneva alla<br />

Marina m<strong>il</strong>itare. Vestiva la divisa di sottufficiale e devo ammettere che<br />

faceva la sua figura in quanto oltre ad essere giovane (non aveva nemmeno<br />

40 anni) era anche un bell’uomo. Partì da Fiume per Trieste da dove<br />

sarebbe ripartito per destinazione ignota. Io e mia madre lo accompagnammo<br />

alla stazione ferroviaria ma per disordini improvvisi avvenuti<br />

lungo la ferrovia, <strong>il</strong> treno partì con un notevole ritardo. Mio padre propose<br />

di uscire fuori dalla stazione (dove c’era uno studio fotografico) per<br />

avere una foto ricordo di quel giorno tanto triste. A distanza di tanti anni<br />

guardandola non posso fare a meno di ricordarmi <strong>il</strong> dolore che si leggeva<br />

in tutti quei volti consapevoli che <strong>il</strong> ritorno a casa di tanti giovani non era<br />

affatto una certezza. Mio padre venne imbarcato su un cacciatorpediniere<br />

che aveva <strong>il</strong> compito di scortare le grandi navi piene di truppe e munizioni<br />

nei porti assegnati. Più volte furono attaccati dal nemico, ma in una<br />

battaglia aeronavale la nostra Marina, oltre ai mezzi di trasporto, perse<br />

un ingente numero di uomini, ma prima di morire tanti credettero in un<br />

aiuto che nessuno poteva loro fornire, così morirono tra atroci sofferenze.<br />

Io sono in possesso delle Croci al Merito di Guerra (una avuta nel<br />

1941 e l’altra l’anno successivo), consegnate a mio padre da parte del<br />

Ministero della Marina in data 12 febbraio 1947, perché disimpegnava i<br />

propri compiti con coraggio, abnegazione e sentimento del dovere nelle<br />

acque del Mediterraneo. Ricordo che mio padre, dopo essere stato ricoverato<br />

in più ospedali, ritornò a casa ma fu destinato alle unità terrestri e<br />

prestò servizio nel cantiere di Fiume, ma soprattutto all’Arsenale di Pola.<br />

Mio padre raccontò più volte le vicissitudini trascorse in guerra ma<br />

soprattutto di quando perse i suoi marinai; in particolare, ricordò un<br />

giovane marinaio <strong>il</strong> quale lo pregò di ucciderlo a causa delle atroci sofferenze<br />

dovute elle profonde ferite; mio padre in preda allo shock subito<br />

andò a sedersi sopra le munizioni ma ebbe la fortuna di trovarsi in mare<br />

nel momento in cui le munizioni scoppiarono sotto <strong>il</strong> fuoco nemico. Da lì<br />

vide <strong>il</strong> cacciatorpediniere, che tanto si era tanto distinto durante la guerra,<br />

inabissarsi.<br />

Negli anni trascorsi da allora, si sono susseguite parecchie guerre che<br />

hanno portato morte e distruzione con sé ma ora, con la saggezza della<br />

vecchiaia, mi sorge spontanea una domanda: perché sono sempre i giovani<br />

a pagare <strong>il</strong> prezzo più alto? Questa mia domanda purtroppo non potrà<br />

mai avere una risposta sensata in quanto l’unica colpa che una persona<br />

possa avere è quella di essere nata in un periodo sbagliato, in quanto i<br />

giovani d’oggi pagano le conseguenze di quelle inut<strong>il</strong>i e disastrose guerre<br />

che già allora hanno rovinato la vita a noi che abbiamo vissuto le tragedie<br />

della guerra. Ma cosa ci si può aspettare in conseguenza ad una<br />

guerra?<br />

El rullo polesan<br />

Vi mando la fotografia<br />

di un rullo<br />

compressore per<br />

lavori stradali scovato<br />

lungo l’argine<br />

del Piave in località<br />

Ponte della Priula<br />

in provincia di Treviso.<br />

E’ un autentico<br />

“cimelio polesan”<br />

tenuto in perfetto<br />

stato di conservazione<br />

da Tullio<br />

Brussi, ultimo erede<br />

dell’impresa<br />

Brussi di Pola, poi<br />

esule a Treviso.<br />

Quindi anche <strong>il</strong><br />

rullo è un esule!<br />

E’ stato portato<br />

via da Pola nel ‘47<br />

dove aveva contribuito per tanti anni alla sistemazione delle strade<br />

istriane e poi ha continuato la sua vita operosa a Treviso. Si gode adesso<br />

una meritata pensione.<br />

Un particolare: la muleria de via Carpaccio aveva adottato quale<br />

quartier generale delle sue gesta sassaiole uno dei depositi dei materiali<br />

da costruzione dell’impresa Brussi situato in via Badoglio angolo via<br />

Lepanto proprio di fronte al caligher. L’area confinava con le stalle dei<br />

Clapis (Nini Clapis ultimo dei fratelli ci ha lasciati pochi mesi fa) ed un<br />

alto muro bianco faceva da confine.<br />

Giocare a “sconderse” in un labirinto di travi di legno e di ferro e<br />

mucchi di altro materiale era <strong>il</strong> massimo divertimento della “picia muleria<br />

dispetosa” come qualche signora ci chiamava.<br />

Marietto Marotta con la camicia bianca tutta sbottonata, rosso in viso,<br />

ci guidava in qualche battaglia sassaiola contro i muli Calderara. I<br />

sassi fischiavano alle orecchie dei più piccoli vigliacchetti nascosti, per<br />

paura di prenderle, sotto una catasta di legname, sfidando piuttosto le<br />

pantigane che le sberle del ... nemico!<br />

“Ierimo proprio pici...” ma grazie al rullo sembra appena ieri!<br />

Un saluto ai... nemici... Calderara in Australia, a Marietto Marotta e a<br />

sua sorella Margherita moglie di “Napoli”, <strong>il</strong> compagno di avventure<br />

belliche di Dan<strong>il</strong>o Colombo nel libro “Marò”.<br />

BRUNO CARRA


L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004 PAG.9<br />

Atmosfere Atmosfere<br />

Mitteleuropee Mitteleuropee<br />

a Grado<br />

Venerdì 3 settembre 2004 - alle ore 17,30 -<br />

presso l’ex Chiesa di San Rocco,<br />

adiacente la Bas<strong>il</strong>ica del Duomo di Grado, si terrà la<br />

Tavola rotonda sulle problematiche legate<br />

alle terre adriatiche.<br />

PR O G R A M M A<br />

Saluto del Presidente<br />

LUIGI PONTEL<br />

Introduzione di<br />

GIO’ e ALVARO FERRANTE<br />

Interventi di:<br />

GIORGIO GASPAR<br />

su “Cenide l’istriana”<br />

ROMANA DE CARLI SZABADOS<br />

su “Carlo Imperatore della Pace”<br />

FRANCO FORNASARO<br />

su “Etnie tra rispetto e vig<strong>il</strong>anza”<br />

PIERO TARTICCHIO<br />

su “Ragusa 5a Repubblica marinara”<br />

Conclusione di<br />

ANTEO LENZONI<br />

B I B L I O T E C A<br />

Tessere di vita<br />

Con la parsimonia che le è propria<br />

la zaratina Caterina Felici,<br />

da decenni esule nelle Marche, ha<br />

dato alle stampe una nuova s<strong>il</strong>loge<br />

di poesie intitolata “Tessere di vita -<br />

Longo Editore 2004 - pagg. 76 - Euro<br />

7,50, continuando <strong>il</strong> discorso iniziato<br />

fin da “Reciproco possesso”<br />

(1975) e portato avanti a tappe sempre<br />

più vissute.<br />

Il tempo, archisema<br />

della sua<br />

produzione, la<br />

conduce a rievocazioninostalgiche<br />

del passato e<br />

alla “dolce sacrale<br />

attesa” del<br />

futuro. Ma è nel<br />

presente che<br />

l’autrice trova<br />

motivi di meditazione,cogliendone<br />

nella apparente<br />

immob<strong>il</strong>ità<br />

l’inesorab<strong>il</strong>e<br />

panta rei. La coscienza<br />

del faticoso<br />

mestiere di<br />

vivere è sig<strong>il</strong>lata<br />

in composizioni<br />

brevi secondo la<br />

misura che le è<br />

congeniale,<br />

espresse con una<br />

scrittura sempre<br />

concisa e limpida, apparentemente<br />

semplice e invece, densa di valori.<br />

Con pacatezza e autodominio Cate-<br />

di Liana De Luca<br />

rina Felici non si nasconde “le aggressioni<br />

del dolore”, ma più spesso<br />

si lascia incantare da un “Limpido<br />

mattino” Limpido <strong>il</strong> mattino / splendente<br />

di sole. / Con gioia mi abbandono<br />

/ al suo abbraccio di luce”. Fa<br />

da sfondo <strong>il</strong> mare, l’amarissimo<br />

<strong>Adriatico</strong>, memoria dell’infanzia e<br />

conforto nella maturità. S’insinua <strong>il</strong><br />

gioco “sapiente<br />

dell’ironia che<br />

demitizza <strong>il</strong><br />

dramma nella<br />

misura dell’epigramma:<br />

“Scie<br />

variopinte di foglie<br />

/ nel vento<br />

d’autunno./ Allegria<br />

di morte”<br />

(Allegria di morte).<br />

Così anche <strong>il</strong><br />

dolore per la recente<br />

scomparsa<br />

della sorella,<br />

composto nella<br />

lirica che apre la<br />

s<strong>il</strong>loge, è superato<br />

con slancio<br />

positivo: “Non ti<br />

sento possesso<br />

della morte; / resti<br />

luminosa<br />

creatura di vita”<br />

(Luminosa creatura<br />

di vita).<br />

L.D.L.<br />

Per richiedere <strong>il</strong> libro rivolgersi a:<br />

Caterina Felici -Via Padre M. Kolbe,<br />

72 - 61100 Pesaro<br />

...accadde in Canada nel 1975<br />

Capita ogni tanto che, scartabelando<br />

nei cassetini del zervel<br />

salti fora ricordi messi in un cantonsin.<br />

Xe ricordi delicati, involtissadi<br />

in carta velina, come se usa<br />

far, per esempio, con un “corsage”,<br />

usado in qualche ocasion tuta<br />

speciale e messo via per salvarlo<br />

dala corosion del tempo.<br />

Alora se comincia tirar fora veci<br />

album de fotografie o vece “slides”<br />

come quele che mi usavo far<br />

tanti ani fa. Xe sta giusto legendo<br />

l’anuncio del novo libro che don<br />

Ettore Malnati ga scrito su Monsignor<br />

Santin, che me xe saltà fora<br />

certi fati, sentidi contar de mia mama,<br />

sula fam<strong>il</strong>ia del Vescovo; e<br />

esperienze mie personali de tanto<br />

tempo fa. Cussì, come go fato publicando<br />

su L’Arena quel che savevo<br />

sula fam<strong>il</strong>ia Von Trapp, voleria<br />

‘desso condivider ‘ste mie<br />

esperienze con voi e spero che gavaré<br />

voia e pasiensa de starme a<br />

leger. Nel suo libro “Al tramonto”,<br />

Monsignor Santin ricorda i tempi<br />

co’l iera seminarista a Maribor e<br />

l’andava a trovar la sua fam<strong>il</strong>ia a<br />

Vienna durante le vacanse.<br />

Come tuti i civ<strong>il</strong>i de Pola, anche<br />

lori i iera stà internadi in Austria.<br />

Altretanto ghe gaveva tocà a mia<br />

nona Lucia, co’ le sue due fie: Maria<br />

(mia mama) e sua sorela Melania.<br />

I mas’ci i iera al fronte. Le xe<br />

stade a Vagna, in campo per no so<br />

quanto tenpo. Go anca una fotografia<br />

de tre mule sbarassine (beata<br />

gioventù), che per far una ridada,<br />

le se gaveva vestì de m<strong>il</strong>itar.<br />

Quando le ga trovà lavoro in una<br />

fabrica de ciocolata le se ga trasferì<br />

a Vienna in un palasso.<br />

Lo stesso ga fato la fam<strong>il</strong>ia de Antonio<br />

Santin, quando suo papà ga<br />

trovà lavoro nela local<br />

manifatura tabachi.<br />

Cussi mia nona<br />

Lucia che la iera de<br />

Gimin e la mama de<br />

Santin, rovignese, le<br />

iera diventade bone<br />

amiche.<br />

Mama se ricordava<br />

ben quando el giovane<br />

seminarista el tornava<br />

a casa per le<br />

vacanze, ma ghe tocava<br />

lavorar per la<br />

panatica. A quei<br />

tempi iera fame per<br />

tuti, a meno che no<br />

se magnassi solo<br />

ciocolata. A guera fi-<br />

nida tuti xe tornadi a<br />

casa, mama la se ga<br />

sposà, son nata mi e<br />

don Amtonio xe diventà<br />

paroco de Pola.<br />

Nel 1935 semo andadi a Fiume e<br />

Mons. Antonio Santin iera entrado<br />

solenemente in cità, diventado vescovo<br />

za do ani prima.<br />

Xe là che’l me ga cresimà. Nona la<br />

iera a Fiume proprio quando el Vescovo<br />

ga celebrà ‘na Messa speciale<br />

al Tempio votivo de Cosàla.<br />

Quel giorno me xe vignù l’idea de<br />

profitar de l’ocasion per portar nona<br />

(che la gaveva otanta ani) a zercar<br />

de avicinarlo.<br />

No go fato altro che meterla davanti,<br />

in prima f<strong>il</strong>a, cussì che’l la<br />

vedessi vignindo fora de la Cesa.<br />

E cussì xe stà. El Vescovo la ga riconossuda,<br />

el se ga fermà davanti<br />

de ela e el ga dito in rovignese:<br />

“Siora Lussia...” che emossion per<br />

ela, povera, esser stata riconossuda<br />

mentre do lagrime le ghe colava<br />

sul viso. Po’ xe rivà la seconda<br />

di Uccia Ivis Superina<br />

Tre mule polesane a Vagna (mama<br />

xe quela a destra)<br />

guera. Semo scampadi a Trieste e<br />

el nostro Vescovo el iera là anca<br />

lu. Mi son partida per el Canada,<br />

ma quando nel ‘76 co’ xe morto<br />

papà go dovù tornar a Trieste per<br />

portar via mama con mi. Prima de<br />

far ritorno semo andade a saludar<br />

Monsignor e gaver la sua benedission.<br />

El Rosario che’l me ga regalà<br />

in quela ocasion xe restà l’ogeto<br />

più pressioso che go.<br />

Nel fratenpo, nel ‘74 mio marì e<br />

mi, ierimo andadi a Roma per el<br />

raduno dei fiumani e sopratuto per<br />

partecipar ala presentassion del libro<br />

“Per ricordar le cose che ricordo”<br />

de Giani Grohovaz, poeta<br />

e scritor fiuman, amico nostro.<br />

Su quel libro mi gavevo fato, da<br />

d<strong>il</strong>etante, el disegno a pena de la<br />

copertina e altre figure nell’interno.<br />

A raduno finido, mio marì ga<br />

ciapado el treno per Trieste con<br />

l’intension de andar a far visita a<br />

Monsignor Santin e invitarlo a vignir<br />

in Canada a trovar la sua gen-<br />

Monsignor Antonio Santin insieme a un gruppo di esuli davanti<br />

alla Chiesa “Holy Rosary” a Toronto in Canada nel 1975<br />

te. Cossa ga dito l’Arcivescovo in<br />

quela ocasion mio marì no lo ga<br />

contà che dopo tanto tempo, anche<br />

se no iera roba de poco atraversar<br />

l’Atlantico per visitar le sue “pecorelle<br />

emigrate”. Per dirla in poche<br />

parole, Monsignor Santin ga<br />

acetà l’idea fidandose della nostra<br />

promessa de una organisassion<br />

eficiente.<br />

L’ano dopo, alla fine de apr<strong>il</strong>e del<br />

‘75, el Monsignor, ‘compagnado<br />

dal suo segretario, don Malnati, xe<br />

rivà a l’aeroporto de Toronto acolto<br />

da una comitiva de esuli menbri<br />

del Comitato organisator. Nissun<br />

gaveva esperiensa, solo tanta bona<br />

volontà e tanto bonsenso. Tuta la<br />

Comunità giuliano-dalmata ga<br />

partecipà comossa e compatta,<br />

metendo de parte i pici screzi e le<br />

diferenze ideologiche. Monsignor<br />

Santin ga celebrà solenemente la<br />

Messa nela Cesa de “Holy Rosary”<br />

de St. Michael’s College; el<br />

ga comunicà e cresimà i nostri<br />

fioi, el ga parlà a una classe de italiani<br />

dove che el fradel de mia cognada<br />

Padre Rocco Volpe fasseva<br />

l’insegnante. El xe andà a trovar i<br />

fiolussi de un as<strong>il</strong>o italian dove el<br />

picio de Giani Grohovaz lo ga<br />

acolto con un masso de fiori e el<br />

ghe ga recità una poesia de benvenuto.<br />

Infin Monsignor Santin ga<br />

fato visita, per le case, a quei esuli<br />

anziani che non podeva moverse;<br />

tra questi la sua anica d’infansia,<br />

la rovignese Eufemia Rismondo.<br />

El xe sta l’ospite d’onor in una serata<br />

de gala indimenticab<strong>il</strong>e, intanto<br />

che sonava l’orchesta dei<br />

studenti de la scola de musica del<br />

maestro Giani Stuparich de Pola.<br />

Al Consolato d’Italia el xe stà ricevudo<br />

uficialmente: el xe stà alogià<br />

in “Castel” dove el se ga trovà<br />

tanto ben, anche se purtropo el<br />

doveva farse tre piani de scale a<br />

pie per arivar al suo apartamento.<br />

El logo iera la Cesa de Santo<br />

Alfonso, parochia italiana a Toronto,<br />

afidada ale suore Orsoline<br />

soto la guida del paroco don Mario<br />

Bufalini. Don Mario iera un<br />

violinista, ‘passionado e sensib<strong>il</strong>e,<br />

che gaveva la musica ne l’anima.<br />

El Monsignor, da giovane, el<br />

gaveva studià al violin anca lu e<br />

quindi el ga ‘ssai apressà le melodie<br />

sonade dal paroco. Mai me saria<br />

immaginà che un giorno, grassie<br />

a quel “dottor Superina” de<br />

mio marì che gaveva organizà l’avenimento,<br />

gavessi avù l’onor e el<br />

priv<strong>il</strong>egio de goder de la compagnia<br />

del nostro Arcivescovo.<br />

Finido el programa uficial, xe<br />

rivà, dulcis in fundo, la visita ale<br />

Cascate del Niagara<br />

e qua, stando ale parole<br />

de Monsignor<br />

Santin, se gaveva<br />

averado un suo sogno<br />

che al gaveva<br />

avù fin de putel: veder<br />

quele cascate.<br />

Anche se pioveva<br />

gavemo fato de tuto<br />

perchè no’l se bagnassi,<br />

no’l ciapassi<br />

fredo e no’l se rovinassi<br />

quela giornata<br />

particolar. La sua<br />

gioia iera cussì<br />

granda che’l me pareva<br />

un fiol. Da Toronto<br />

lo gavemo<br />

‘compagnà a Montréal<br />

dove lo spetava<br />

un’altra calorosa<br />

acoliensa: la celebrassion<br />

de la Messa solenne a<br />

“Nôtre Dame dela Difesa” co’l<br />

Vescovo aus<strong>il</strong>iare italian Monsignor<br />

Cimichella; ‘na visita ai Padri<br />

dela parochia italiana “Notre<br />

Dame dela Consolata” e l’incontro<br />

de gala co’i esuli entusiasti.<br />

E come sempre xe rivà el momento<br />

del comiato.<br />

Nel viagio de ritorno el ga dovù<br />

fermarse a Roma, “invitado” in<br />

Vaticano, e là i lo ga “s<strong>il</strong>urà”(come<br />

ga scrito la signora Sara Harzarich<br />

Pesle su L’Arena del 30 novenbre<br />

2003).<br />

Amaro tramonto de un “grande<br />

omo”, dopo una vita dedicada solo<br />

al bene dela sua gente. Ma la<br />

giustissia no xe de questo mondo<br />

(...e tanto meno la vien praticada<br />

in Vaticano), ma questo lo savemo<br />

ben tuti noi. Tiremo ‘vanti...<br />

U.I.V.


PAG.10 L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004<br />

Ancora precisazioni<br />

sulle pensioni INPS<br />

Riceviamo, per conoscenza,<br />

la seguente lettera inviata dal<br />

sig. Carlo Montani al Direttore<br />

di “Difesa Adriatica”, dottoressa<br />

Patrizia Hansen.<br />

Egr. Direttore, apprendo con<br />

stupore e con sdegno, dal Suo<br />

surreale articolo di giugno circa<br />

l’annosa vicenda della perequazione<br />

sulle maggiorazioni<br />

pensionistiche dovute dall’IN-<br />

PS ad ex combattenti ed esuli,<br />

che <strong>il</strong> sottoscritto avrebbe chiesto<br />

“scusa”. Apprendo, altresì,<br />

che la fantomatica lettera di<br />

scuse sarebbe stata pubblicata<br />

dal Suo giornale e che avrei<br />

“preso atto della posizione corretta”<br />

espressa dal Vostro consulente<br />

legale. Non ho mai<br />

chiesto scusa a chicchessia, per<br />

non dire che nei numeri di “Difesa<br />

Adriatica” da lei citati non<br />

esiste traccia della mia lettera.<br />

Quanto al Vostro ineffab<strong>il</strong>e<br />

consulente, sappia che è stato<br />

l’avv. Andreicich a rivedere la<br />

posizione assunta in gennaio,<br />

allorché aveva sorprendentemente<br />

affermato di ritenere<br />

“corretta” l’interpretazione<br />

dell’INPS e che, nel parziale<br />

adeguamento successivo, ha<br />

mutuato ampi stralci della mia<br />

dettagliata e garbata protesta<br />

(sia pur senza citarmi). In effetti,<br />

rimango nella certezza<br />

che le perequazioni siano un<br />

obbligo di legge, come risulta<br />

dalla lettura oggettiva dell’articolato<br />

e, soprattutto, come è<br />

stato riconosciuto in sede giudiziaria<br />

con sentenze di primo<br />

e secondo grado che hanno visto<br />

la condanna dell’INPS. Per<br />

carità di Patria rinuncio ad ulteriori<br />

confronti sulle ragioni<br />

che Vi consigliano, unitamente<br />

all’ANVGD, di assumere anche<br />

in questa materia una linea<br />

contraria alle attese ed al diritto<br />

degli Esuli (che Voi dovreste<br />

tutelare), ma esigo la pubblicazione<br />

della presente a difesa<br />

della mia onorab<strong>il</strong>ità e, prima<br />

ancora, della verità. Confermo<br />

quanto già scritto, a mia firma,<br />

su “L’Arena di Pola” (grazie<br />

alla cortese ospitalità del Generale<br />

Mazzaroli) e su “Trieste<br />

Oggi” (grazie a quella del dr.<br />

Radivo) e smentisco ad ogni<br />

effetto di aver chiesto scusa. In<br />

verità, “<strong>il</strong>lo tempore” invitai<br />

l’avvocato Andreicich a “giustificare”<br />

<strong>il</strong> fatto che avessi<br />

scritto manualmente anziché al<br />

computer la mia lettera dell’8<br />

marzo in cui, ben s’intende, ribadivo<br />

la mia posizione. Ebbene,<br />

se questa “giustificazione”<br />

formale fosse diventata una<br />

scusa di merito per devianti interpretazioni<br />

di parte, saremmo<br />

in presenza di un clamoroso<br />

falso ideologico. Quale male<br />

minore non mi resta che confidare<br />

nel “giovan<strong>il</strong>e errore” del<br />

Vostro legale - giacchè “magna<br />

debetur pueris reverentia”<br />

– e nella Sua impertinente<br />

informazione di seconda o terza<br />

mano, per cui Lei, egregio<br />

Direttore, ha pubblicato una<br />

notizia davvero “inesistente”,<br />

sperando di “creare un caso”<br />

(diversamente da quanto ha<br />

fatto “L’Arena di Pola”, a cui<br />

Lei ha attribuito questo strano<br />

intendimento ma che, a ben vedere,<br />

si era limitata a pubblicare<br />

una lettera di comune interesse<br />

per gli esuli pensionati).<br />

CARLO MONTANI<br />

Egregio signor Montani,<br />

pubblico questa Sua lettera,<br />

non solo perché sono stato direttamente<br />

chiamato in causa,<br />

bensì perché ritengo giusto<br />

concedere anche a Lei <strong>il</strong> diritto<br />

di replica precedentemente riconosciuto<br />

all’avv. Andreicich<br />

e ciò a prescindere dalla difesa<br />

da Lei fatta del mio operato e<br />

per la quale, comunque, La<br />

ringrazio. La pubblico anche,<br />

perché essa è indicativa della<br />

insofferenza, per non dire arroganza,<br />

con cui l’ANVGD e la<br />

sua dirigenza trattano tutte le<br />

idee, iniziative e prese di posizione<br />

di esuli e loro rappresentanti<br />

che non abbiano <strong>il</strong> loro<br />

imprimatur. Alla malevola insinuazione<br />

della dottoressa<br />

Hansen, nei confronti della nostro<br />

giornale e della mia per-<br />

sona, rispondo non esserci da<br />

parte nostra nessuna particolare<br />

attenzione per la testata<br />

da Lei diretta bensì, semplicemente<br />

e doverosamente, una<br />

più ampia disponib<strong>il</strong>ità a dare<br />

spazio alla voce degli esuli.<br />

Ricordo<br />

di una fanciulla<br />

dalmata<br />

Nel “Chiostro del 1500 lato<br />

di mezzanotte” della Certosa di<br />

Bologna ho scattato la foto di<br />

questa lapide che ricorda la<br />

fanciulla dalmata Giraloma<br />

Mikuladra, dececuta nel capoluogo<br />

em<strong>il</strong>iano <strong>il</strong> 15 giugno<br />

1941; questa giovane dalmata,<br />

della quale non so nulla, morta<br />

lontana dalla terra natale prima<br />

ancora della tragedia del<br />

1947, spero venga ricordata almeno<br />

nella preghiera dagli<br />

“esuli”.<br />

Ha vissuto con anticipo <strong>il</strong> distacco<br />

dalla terra dei propri padri,<br />

venendo sepolta nella monumentale<br />

Certosa di Bologna;<br />

non rappresenta un piccolo<br />

simbolo della tragedia istriano<br />

- dalmata?<br />

FLORIANO RONCARATI<br />

Egregio signor Roncarati,<br />

La ringrazio per la segnalazione<br />

e per la foto inviataci che<br />

pubblichiamo con piacere certi<br />

che la nostra gente dedicherà<br />

a Girolama una preghiera,<br />

rappresentando pure Lei un<br />

tassello della nostra storia.<br />

Lettere in Redazione<br />

risponde <strong>il</strong> sindaco S<strong>il</strong>vio Mazzaroli<br />

Saluti da Tempio<br />

Pausania<br />

Cara “Rena”, me trovo in<br />

questa bellissima cittadina gallurese,<br />

agli arresti domic<strong>il</strong>iari<br />

(quasi!), no go comunicazioni<br />

col giornal e rientrerò a Cagliari<br />

<strong>il</strong> 1° settembre, sperando<br />

de trovar i numeri arretrati. Ve<br />

mando una foto, scatada a casa<br />

mia a Cagliari in occasion della<br />

“Giornata della Memoria”.<br />

Ve son fotografada, in particolare,<br />

con due bellissime mule<br />

istriane che le me xe tanto affezionate:<br />

la Marisa del Zotto,<br />

pittrice e grafica (suo <strong>il</strong> dipinto<br />

che go in man), cugina prima<br />

del nostro ex sindaco Gissi e la<br />

Nerina M<strong>il</strong>ia, amica carissima<br />

e accurata conservatrice de tu-<br />

te le scartoffie che me interessa.<br />

Ve ricordo tutti!<br />

ANITA BISSARO<br />

Cara Signora, eccola accontentata.<br />

Grazie per <strong>il</strong> pensiero,<br />

però… anche l’arz<strong>il</strong>lo muleto<br />

avrebbe dovuto essere menzionato.<br />

Non Le pare? Ho proprio<br />

l’impressione che tra non molto<br />

sarà <strong>il</strong> cosiddetto “sesso<br />

forte” a dover ricorrere al Ministero<br />

per le pari opportunità!<br />

Buone vacanze.<br />

1 Stanzione Roberto, 2 V<strong>il</strong>la Carlo, 3 Salomon Ennio, 4 Quadretti Antonio,<br />

5 V<strong>il</strong>la Giuseppe, 6 Basso Elio, 7 Vella Franco, 8 Padre Egidio<br />

Carlotto, 9 Sanvincenti Dario, 10 Shinigoi Umberto.<br />

Del gruppo erano assenti: Marti Claudio e Sanvincenti Aldo<br />

Boy scouts a Pola<br />

Caro Sindaco, mi faccio vivo<br />

per lettera perché, con mio<br />

vivo rammarico, non ho potuto<br />

partecipare all’annuale raduno<br />

della comunità polesana<br />

a Roma. Ho letto che è stata<br />

una bella festa e che tutti i<br />

partecipanti si sono ritrovati<br />

intorno a Lei, per rinnovare<br />

impegni e memorie care a tutti<br />

noi. Le scrivo anche per avere<br />

una copia del volume “Arena<br />

- 20 Anni di pagine scelte”;<br />

sono sempre interessato a raccogliere<br />

documenti e testimonianze<br />

sul recente e lontano<br />

passato. Mi piacerebbe anche<br />

partecipare a qualche sua iniziativa<br />

con enti, associazioni<br />

e quant’altro oggi esiste a Pola,<br />

per rinnovare quella cultura<br />

italo-istriana alla quale mi<br />

sento tanto legato. Dopo tanti<br />

anni sarei lieto di ritornare a<br />

Pola, non solo per vedere sassi,<br />

mare, scogli, alberi,….ma<br />

per conoscere cosa c’è di vivo<br />

e vitale nella gente che abita<br />

la mia città e trovare od inventare<br />

qualche iniziativa che<br />

ravvivi la partecipazione italiana<br />

alla crescita di quella<br />

terra. Con questo augurio La<br />

saluto con simpatia ed amicizia<br />

e Le invio una vecchia foto<br />

con <strong>il</strong> I° Raggruppamento<br />

scout di Pola che saluta l’Arena<br />

prima dell’abbandono.<br />

Caro V<strong>il</strong>la, ho provveduto a<br />

soddisfare la Sua richiesta ed<br />

a risponderLe anche personalmente.<br />

Per quanto Lei auspica<br />

i tempi non sono forse<br />

ancora maturi anche se qualcosa<br />

sembra muoversi.<br />

Un’occasione per rivedere<br />

Pola, nel senso da Lei auspicato,<br />

potrebbe essere in novembre<br />

per le celebrazioni dei<br />

defunti. Sarebbe bello poter<br />

organizzare una visita collettiva<br />

alla Città ed alla locale<br />

Comunità italiana. Una corriera<br />

con partenza anche da<br />

Varese (o da qualsiasi altra<br />

località) potrebbe raccogliere<br />

Esuli lungo l’itinerario,<br />

completarsi a Trieste e procedere<br />

per una visita in Istria,<br />

oltre che a Pola, anche di<br />

qualche giorno. In quel periodo<br />

c’è ampia ed economica ricettività.<br />

Basta volerlo fare e<br />

dare la propria adesione, tuttavia,<br />

le mie passate esperienze<br />

non sono state troppo incoraggianti.<br />

Grazie per la foto<br />

che pubblico, certo che qualcuno<br />

si riconoscerà ed avrà<br />

magari piacere di riallacciare<br />

i contatti. Cordiali saluti.<br />

PERCHÉ L’ARENA<br />

VIVA<br />

FRANZI VIDRIS<br />

S<strong>il</strong>va € 30,00<br />

FONTANIVE Lucy 50,00<br />

FRANCESCHINI<br />

GROSSI Anita 15,00<br />

GIOVANNINI Carlo 6,00<br />

UDINA Maria 10,00<br />

DETONI Sereno 20,00<br />

PIASENTIER Evelino 30,00<br />

SANDRI UBIZZO Irma 10,00<br />

PEZZOLI Luciana 20,00<br />

GHERSI Leopoldo 5,00<br />

PATUZZI Gino 30,00<br />

GARIMBERTI Edda 10,00<br />

MASSENI Antonio 20,00<br />

LUBRANI MODINA<br />

Maria 15,00<br />

SOIATTI Otello 10,00<br />

NICOLETTI Ornella 5,00<br />

ZANZARRI Maurizio 15,00<br />

MATIJASICH Valeria 5,00<br />

VECCHIONE<br />

Costantina 25,00<br />

D’ALESSIO Roberto 10,00<br />

SIBENIK Maria 15,00<br />

MELZI Giovanna 15,00<br />

DOBRAN Pietro 30,00


L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004 PAG.11<br />

...INSIEME<br />

A UN FIORE<br />

... ELARGIZIONI<br />

ALLA MEMORIA<br />

ANITA PONTEVIVO<br />

MARTOLINI<br />

insieme a tutta la famiglia,<br />

annunzia con profondo dolore<br />

la scomparsa,<br />

avvenuta a Livorno<br />

<strong>il</strong> 10. 07. u.s. del fratello<br />

DUCCIO PONTEVIVO,<br />

Generale di Divisione Aerea,<br />

nato a Fiume <strong>il</strong> 19. 10. 1922.<br />

In sua memoria<br />

elargisce € 30 pro Arena<br />

Ricordando la cara mamma<br />

CATERINA<br />

nel V anniversario<br />

della sua scomparsa,<br />

la figlia NELLA GALASSI<br />

elargisce € 50 pro Arena<br />

Per onorare la memoria di<br />

NORMA VESCOVI<br />

BIASOLETTO,<br />

MARIO BIASOLETTO<br />

elargisce € 100 pro Arena<br />

Alla cara memoria del papà<br />

NAPOLEONE (TONCI)<br />

FUMIS,<br />

scomparso <strong>il</strong> 15. 07. 1968,<br />

ROMANO FUMIS<br />

elargisce € 20 pro Arena<br />

Nel X anniversario<br />

della scomparsa di<br />

GILDO BIASI<br />

(29. 08. 1994 – 29. 08. 2004),<br />

la moglie ELSA lo ricorda<br />

con infinito rimpianto<br />

e devolve € 150 pro Arena<br />

Per onorare la memoria di<br />

ELDA CATELAN<br />

PERSI PAOLI,<br />

i cugini ARMANDO,<br />

MIRANDA, PAOLO<br />

e LUCIA<br />

elargiscono € 80 pro Arena<br />

Per onorare la memoria<br />

dell’indimenticab<strong>il</strong>e consorte<br />

BRUNO GASPARINI<br />

nel XIII anniversario<br />

della sua scomparsa,<br />

la moglie ALMA<br />

elargisce € 20 pro Arena<br />

Nel XVII anniversario<br />

della scomparsa<br />

del nostro caro<br />

ANGELO CORSI,<br />

i figli ENRICO e SISSY<br />

e la nipote ELISA,<br />

lo ricordano<br />

con l’amore di sempre<br />

e devolvono € 100 pro Arena<br />

In memoria del caro papà<br />

GIUSEPPE,<br />

RICCARDO SPETTI<br />

elargisce € 20 pro Arena<br />

In memoria del caro amico,<br />

Maestro PIERO SOFFICI,<br />

SAVERIO, FRANCESCO<br />

e MIMMA SERGI<br />

elargiscono € 20 pro Arena<br />

Per onorare la memoria<br />

del caro amico<br />

PIERO SOFFICI,<br />

ERNESTO SERGI<br />

elargisce € 20 pro Arena<br />

Il 28 luglio u.s.<br />

è serenamente scomparsa<br />

nella sua casa di Venezia<br />

a 99 anni l’amatissima<br />

ELDA CATELAN<br />

in PERSI PAOLI.<br />

La sua lunga vita e stata<br />

per noi, suoi cari,<br />

una continua offerta d’amore<br />

tradotta nelle piccole cose<br />

quotidiane e nei momenti<br />

fondamentali dell’esistenza.<br />

Per onorarne la memoria,<br />

i figli EDINA e SERGIO<br />

PERSI PAOLI<br />

elargiscono € 100 pro Arena<br />

Per onorare la memoria di<br />

PASQUALE DE SIMONE<br />

e dell’amico MARIO SILLA,<br />

GINO GORLATO<br />

elargisce € 20 pro Arena<br />

Ricordano i cari GENITORI,<br />

figli della Città di Pola,<br />

CLAUDIO CARPENETTI<br />

elargisce € 20 pro Arena<br />

Alla cara memoria di<br />

PASQUALE DE SIMONE<br />

e dei suoi<br />

COLLABORATORI<br />

non più tra noi,<br />

AUGUSTO GRUBISSA<br />

elargisce<br />

€ 30 pro Arena<br />

A perenne ricordo dell’amico<br />

FERRUCCIO DEVESCOVI<br />

scomparso a Napoli<br />

<strong>il</strong> 21 Luglio u.s.,<br />

ALDO FONDA<br />

elargisce € 50 pro Arena<br />

Nell’anniversario della morte<br />

del Generale P<strong>il</strong>ota<br />

LINO MORICO,<br />

la moglie ADA MERNI<br />

MORICO<br />

lo ricorda<br />

con immutato affetto<br />

e devolve € 25 pro Arena<br />

Per onorare la memoria<br />

del nostro indimenticab<strong>il</strong>e<br />

CLAUDIO FONTANIVE,<br />

deceduto a Vicenza<br />

<strong>il</strong> 09.07. 2001<br />

la moglie LUCY,<br />

<strong>il</strong> figlio GLAUCO<br />

con ROSSELLA e CLAUDIO<br />

elargiscono € 100 pro Arena<br />

In ricordo del carissimo amico<br />

FERRUCCIO DEVESCOVI,<br />

ADA e MARIO MERNI<br />

elargiscono € 30 pro Arena<br />

Il giorno 27 luglio 2004<br />

si è spenta serenamente<br />

a Trieste,<br />

alla veneranda età di 95 anni,<br />

MARGHERITA<br />

COVERLIZZA ved. DEHM,<br />

figlia del noto commerciante<br />

Ottavio e moglie<br />

di Luigi Dehm che è stato<br />

dirigente della Cassa<br />

di Risparmio dell’Istria.<br />

Donna gent<strong>il</strong>e e madre buona,<br />

nella sua lunga vita<br />

si è dedicata con amore<br />

e abnegazione ai suoi cari.<br />

La salma è stata tumulata<br />

nella tomba di famiglia<br />

nel cimitero di Pola,<br />

sua città natale tanto amata<br />

e mai dimenticata.<br />

Le figlie MARIA LUISA<br />

e MIRELLA con i nipoti<br />

e pronipoti, per onorare<br />

la sua memoria,<br />

elargiscono € 100 pro Arena<br />

La collaborazione<br />

di Nerina M<strong>il</strong>ia<br />

Rispondendo all’appello<br />

“Chi riconosce queste bimbe,<br />

testimoni dell’Esodo?”, rivolto<br />

ai lettori su “L’Arena”<br />

n.7/04, così ci scrive la nostra<br />

solerte ed affezionata lettrice:<br />

“Credo che la bambina con<br />

la valigia sia la stessa che appariva<br />

sulla foto stampata sulla<br />

videocassetta “Istria: <strong>il</strong> diritto<br />

alla memoria” a cura di<br />

A. M. Mori, prodotta dalla<br />

RAI 1. Se così è, la bambina<br />

in questione è Egea HAFF-<br />

NER TOMAZZONI, nata a<br />

Pola nel 1941 e residente a<br />

Rovereto. Ho avuto modo di<br />

conoscerla in occasione di una<br />

sua visita all’ENPAS di Cagliari,<br />

ente del quale entrambe<br />

eravamo dipendenti.<br />

Certi che l’identificazione è<br />

corretta, saremmo molto grati<br />

se qualcuno, magari la diretta<br />

interessata, potesse fornirci<br />

anche l’indirizzo per poterla<br />

contattare.<br />

Recependo la nostra dichiarata<br />

ignoranza su chi fosse<br />

Mate Balota, apparsa su “L’Arena”<br />

n. 6/04, la sig.ra Nerina<br />

ci informa, altresì, che MATE<br />

BALOTA era <strong>il</strong> soprannome<br />

di Renato PERCAN (leggasi<br />

Perzan), eminente letterato ed<br />

economista istriano. Per <strong>il</strong> restauro<br />

della sua casa natale la<br />

Regione Istria, nella persona<br />

dello Zupano con <strong>il</strong> consenso<br />

della giunta, aveva a suo tempo<br />

stanziato una somma pari a<br />

circa 20.000 € attuali. Con la<br />

disgregazione della ex Jugoslavia,<br />

la via Mate Balote Ulica,<br />

a lui intitolata, è tornata al<br />

suo nome originario di Cararine<br />

Ulica. Le suddette notizie<br />

le sono state fornite dall’ing.<br />

Vidossi.<br />

Spronati dalla curiosità, abbiamo,<br />

a nostra volta, trovato<br />

che MATE BALOTA non sarebbe<br />

altro che lo pseudonimo<br />

usato dall’economista e letterato<br />

istriano MIJO MIRKO-<br />

VIC (Castelnuovo/Rakalj<br />

1898 – Zagabria 1963), membro<br />

della Commissione jugoslava<br />

alla Conferenza di Pace<br />

a Parigi, a cui oggi è intitolata<br />

la Facoltà di Economia e<br />

Turismo con sede a Pola,<br />

mentre RENATO PERCAN<br />

(senza pseudonimo alcuno), è<br />

uno dei pittori contemporanei<br />

istriani, nato a Targhetto/Albona<br />

nel 1936.<br />

Saremo grati a quanti sapranno,<br />

eventualmente, fornirci<br />

ulteriori indicazioni per<br />

risolvere “l’enigma”.<br />

Ringraziamo i due lettori<br />

per la gent<strong>il</strong>e e pronta collaborazione;<br />

in particolare, la<br />

sig.ra Nerina, pubblicando la<br />

foto che ci ha inviato con la finalità<br />

di rintracciare alcune<br />

amiche d’infanzia. Sedute:<br />

Bianca CRITELLI, Nadia<br />

SPONZA, Maria GERINI e<br />

Myriam ANDREATTINI; in<br />

ginocchio: Nora CRITELLI e<br />

Nerina MILIA.<br />

51 anni assieme<br />

Il 26 luglio scorso hanno festeggiato,<br />

a Torino,<br />

<strong>il</strong> loro 51° anniversario<br />

di matrimonio<br />

NIVES DEVESCOVI DA POLA<br />

E<br />

RENATO PENCO DA FIUME.<br />

Con <strong>il</strong> sempre vivo ricordo<br />

della loro terra perduta,<br />

con questa graziosa foto<br />

salutano amici e parenti,<br />

vicini e lontani,<br />

e la grande famiglia<br />

de “L’Arena di Pola”.<br />

Nella lieta circostanza<br />

elargiscono € 15,00<br />

“perché l’Arena viva”.


PAG.12 L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004<br />

La ferita di Vergarolla: troppe ancora sulla tragedia le domande senza risposta<br />

Pola: a 58 anni<br />

dalla strage<br />

che cambiò<br />

<strong>il</strong> volto<br />

della Città<br />

di Arletta Fonio Grubisa *<br />

Sarebbe stato provvidenziale<br />

non aderire all’invito<br />

dell’“Arena di Pola” a partecipare<br />

in massa alla manifestazione<br />

sportiva della “Coppa Scarioni”, gara<br />

natatoria ripetutamente annunciata<br />

per la domenica del 18 agosto<br />

1946. Occasione di pubblico ritrovo<br />

e di bagni alla vicina spiaggia di<br />

Vergarolla favoriti da una giornata<br />

splendida, soleggiata sin dal primo<br />

mattino. Ogni polesano di bell’età<br />

può ancora testimoniare quanto era<br />

tradizione consolidata quella di trascorrere<br />

le domeniche estive in<br />

quella spiaggia-pineta comoda da<br />

raggiungersi. Funesta fu purtroppo<br />

anche la buona organizzazione per <strong>il</strong><br />

pubblico accadimento che vide istituire<br />

persino una motobarca che faceva<br />

da spola dalla riva al molo di<br />

Vergarolla: un tragitto veloce per<br />

raggiungere per direttissima <strong>il</strong> posto<br />

della tragedia...<br />

Era tempo di pace, e quelle 28 mine<br />

di profondità di produzione tedesco-francese,<br />

prive di detonatore disinnescate<br />

dagli artificieri, accatastate<br />

sulla spiaggia di Vergarolla non<br />

avrebbero dovuto rappresentare un<br />

pericolo. Invece, <strong>il</strong> residuato di<br />

guerra, come testimoniato nelle pagine<br />

pregne di emozioni de “L’esodo<br />

da Pola”, libro firmato da Lino<br />

Vivoda, si trasformò in “deposito di<br />

morte”.<br />

Un passo di una sofferta descrizione:<br />

”La carneficina avvenne poco<br />

dopo le due pomeridiane di quella<br />

assolata domenica d’agosto: la<br />

deflagrazione fu tremenda, con decine<br />

di morti e feriti scaraventati<br />

ovunque dallo spostamento d’aria e<br />

brandelli di carne umana che piombavano<br />

dappertutto in acqua e sugli<br />

alberi. Fu come immergere un coltello<br />

rovente nelle carni vive della<br />

città...” Ancora ricordi di chi visse<br />

quell’orrib<strong>il</strong>e momento: “<strong>il</strong> mare era<br />

scuro e i gabbiani, tantissimi, si precipitavano<br />

dal cielo stridendo e poi<br />

tornavano su dopo aver colpito l’acqua;<br />

avevano qualcosa in bocca.”<br />

E via a raccontare del cordone di<br />

polizia che sbarrava l’accesso alla<br />

pineta e al luogo del massacro da<br />

dove ambulanze civ<strong>il</strong>i e m<strong>il</strong>itari partivano<br />

a sirene spiegate. Gente disperata<br />

che si muoveva tra i cadaveri<br />

sulla spiaggia alla ricerca di parenti.<br />

L’esplosione di nove tonnellate<br />

di tritolo aveva causato centinaia<br />

di feriti mentre ancor oggi si discute<br />

sull’entità esatta dei morti che si ritengono<br />

avvicinarsi o superare <strong>il</strong><br />

centinaio a seconda delle fonti. Quel<br />

giorno, Radio Pola aveva costantemente<br />

trasmesso notizie ed appelli,<br />

tra cui uno diceva di un bambino all’ospedale<br />

che chiamava disperatamente<br />

la mamma... Sempre stando<br />

al racconto di Lino Vivoda “<strong>il</strong> giorno<br />

seguente lo scoppio, Pola rimane<br />

attonita. Intere famiglie sono sterminate.<br />

Molti parenti non possono avere<br />

nemmeno la consolazione di<br />

piangere sulle salme dei propri morti,<br />

squarciati e scomparsi nella tremenda<br />

deflagrazione. Un centinaio<br />

di feriti tra gravi e leggeri sono ricoverati<br />

all’ospedale. Decine di salme,<br />

assieme a diciassette cadaveri orrendamente<br />

mut<strong>il</strong>ati e a casse di resti<br />

umani non scaraventati in mare, recuperati,<br />

giacciono all’obitorio e nel<br />

prato antistante.”<br />

In città si diffondono i nomi delle<br />

vittime: quelli della famiglie Brandis,<br />

Bressan, Berdini, Dinelli, Mingaroni,<br />

Maresi, Rocco, Roici, Saccon,<br />

Volchieri... mentre assurge a figura<br />

eroicamente tragica quella del<br />

dott. Micheletti medico chirurgo che<br />

pur con <strong>il</strong> cuore infranto dal dolore<br />

per la perdita dei suoi figli Carlo (9<br />

anni) e Renzo (6 anni) e di altri parenti,<br />

aveva continuato ad operare e<br />

salvare vite in corsia durante tutta la<br />

giornata dello scoppio.<br />

Il Consiglio Comunale si<br />

radunò d’urgenza inoltrando un’indignata<br />

protesta al Comando Supremo<br />

alleato nel Mediterraneo, e ad altre<br />

istanze come all’ammiraglio Stone<br />

a Roma, al Comando del 13.esimo<br />

Corpo al quale appartenevano le<br />

truppe di stanza polese, al Colonnello<br />

dell’AMGVG di Trieste e dell’Area<br />

Commissioner di Pola, invitando<br />

inut<strong>il</strong>mente le autorità a “stab<strong>il</strong>ire<br />

le responsab<strong>il</strong>ità”.<br />

Disperate righe di costernazione<br />

vengono scritte da “L’Arena di Pola”<br />

che sotto titoli a caratteri cubitali<br />

“”POLA E’ IN LUTTO” constata<br />

che “non è finita la guerra. Lutti che<br />

si rinnovano, bare che si compongono<br />

in lunga f<strong>il</strong>a, lamento di feriti che<br />

riempiono ancora le corsie degli<br />

ospedali. Un martirio che poche<br />

città hanno conosciuto!”. Una città<br />

che da quel giorno che risultò essere<br />

un invito, una ragione in più per salire<br />

da esule sul “Toscana”, incominciò<br />

a cambiare volto. Il giorno dei<br />

funerali coinvolse tutti. Si testimonia<br />

che non vi fu famiglia che non<br />

avesse avuto da piangere un parente,<br />

un amico o un conoscente. L’estremo<br />

saluto venne porto da tutta Pola<br />

in “un cordoglio ed un pianto generale”<br />

tanto che le vie sarebbero state<br />

insufficienti a contenere la marea di<br />

gente avviatasi alla santa messa officiata<br />

dal vescovo di Parenzo e Pola,<br />

Mons. Raffaele Radossi, e distribuita<br />

in due cortei funebri snodatisi dalla<br />

cappella mortuaria da via Sissano<br />

alla volta del Cimitero della Marina<br />

e del camposanto di Monte Ghiro.<br />

“La partecipazione - sempre secondo<br />

la fonte di Vivoda - è stata corale:<br />

stab<strong>il</strong>imenti, uffici, negozi chiusi in<br />

segno di lutto.”<br />

Portato l’ultimo saluto alle vittime,<br />

pure <strong>il</strong> quotidiano italiano di Pola<br />

tentava di far luce sulle cause analizzando<br />

la questione tecnica delle<br />

mine al tritolo che br<strong>il</strong>lano solo con<br />

detonatore apposito mentre era stato<br />

accertato che i detonatori erano stati<br />

tutti tolti da questi ordigni. “Stando<br />

così le cose - ipotizzava <strong>il</strong> giornale -<br />

le mine non possono essere scoppiate<br />

da sole senza l’intervento di alcuno”<br />

viceversa si scartava l’eventualità<br />

di un’autocombustione di mine<br />

esposte all’ombra della pineta avvenuta<br />

proprio durante l’affollatissima<br />

domenica mentre le giornate precedenti<br />

erano state molto più calde.<br />

Dal Comando alleato venne istituita<br />

una Corte d’inchiesta ma si testimonia<br />

che in città rimase viva la convinzione<br />

che i m<strong>il</strong>itari alleati, responsab<strong>il</strong>i<br />

del governo cittadino<br />

agissero con poca determinatezza<br />

nella ricerca dei colpevoli. Vergarolla<br />

non è “caso chiuso”, resta una storia<br />

senza ep<strong>il</strong>ogo.<br />

Commemorando Vergarolla -<br />

Messa e fiori per le vittime dell’immane<br />

sciagura del ‘46<br />

In Cattedrale, per Vergarolla, a ricordare<br />

le sue vittime, noi stessi, i<br />

momenti della nostra storia, di polesani<br />

rimasti ed esuli anche per innalzare,<br />

su invito di don Staver che ha<br />

officiato la messa, un requiem, inno<br />

ai valori del perdono. Gremito di<br />

gente <strong>il</strong> Duomo è stato teatro della<br />

cerimonia in ricordo del terrib<strong>il</strong>e<br />

giorno dello scoppio delle mine nella<br />

spiaggia di Vergarolla, quel funesto<br />

18 agosto 1946, riconfermando a<br />

distanza di cinquatott’anni la necessità<br />

di mantener viva nella mente la<br />

più grande sciagura toccata a Pola,<br />

ai nostri concittadini, in tempo di<br />

pace. Alla mattinata commemorativa<br />

hanno preso parte numerose autorità<br />

che depositando corone di fiori<br />

ai piedi del cippo di Vergarolla<br />

hanno rinnovato <strong>il</strong> simbolico gesto<br />

di pietà nei confronti degli innocenti,<br />

di coloro che persero la vita nella<br />

tremenda deflagrazione.<br />

“Oggi commemoriamo l’anniversario<br />

di uno degli eventi più dolorosi<br />

Nei giorni 18 e 19 agosto 2004 <strong>il</strong> quotidiano “La Voce del Popolo”<br />

ha dedicato ampio spazio alla immane tragedia di Vergarolla<br />

che sconvolse la vita di tutti noi polesani ed al resoconto<br />

della cerimonia con cui si è inteso tramandarne <strong>il</strong> ricordo, a<br />

monito per le future generazioni, perché sim<strong>il</strong>i lutti non abbiano<br />

mai a ripetersi.<br />

La Redazione, pur avendo preparato dei propri articoli al riguardo,<br />

ha deciso di dare invece spazio ai presenti “pezzi”, intendendo<br />

così ricambiare un gesto che si ritiene sia stato da<br />

tutti apprezzato.<br />

Lo fa nella speranza che anche questo pubblico ringraziamento,<br />

rivolto all’Autrice degli articoli ed alla succitata Testata,<br />

possa invogliare sempre più “esuli e rimasti” a sentirsi<br />

un’unica comunità, non solo nella comune pietà per i propri<br />

morti ma anche alla luce di una condivisa italianità di fondo.<br />

SILVIO MAZZAROLI<br />

e tragici nella storia di Pola (...)<br />

Amareggiato per <strong>il</strong> fatto che gli autori<br />

di questo crimine non sono stati<br />

scoperti e puniti ed esprimendo le<br />

mie condoglianze ai fam<strong>il</strong>iari delle<br />

vittime, invito a rendere loro omaggio,<br />

con la speranza che una sim<strong>il</strong>e<br />

tragedia non abbia a ripetersi mai<br />

più.”: così <strong>il</strong> Sindaco di Pola, Luciano<br />

Delbianco nel suo discorso sia in<br />

croato che in italiano.<br />

Gli ha fatto seguito <strong>il</strong> Presidente<br />

della Comunità degli Italiani di Pola,<br />

Mauro Seppi “In questo giorno<br />

del ricordo, <strong>il</strong> nostro pensiero corre<br />

a quel tragico evento che ha segnato<br />

per sempre la storia della nostra città<br />

(...) Rimarrà sempre <strong>il</strong> ricordo indeleb<strong>il</strong>e<br />

di quei polesani sereni e allegri<br />

che volendo trascorrere una<br />

spensierata giornata al mare, non<br />

hanno fatto più ritorno alle loro case<br />

e alle loro famiglie”. Si è così sottolineato<br />

quanto <strong>il</strong> raduno sia un doveroso<br />

atto di rispetto per i morti di<br />

Vergarolla ma anche segno di impegno<br />

civ<strong>il</strong>e e umano per un futuro migliore,<br />

scevro di siffatti episodi.<br />

La parola quindi al Sindaco del<br />

Libero Comune di Pola in es<strong>il</strong>io,<br />

Generale S<strong>il</strong>vio Mazzaroli che ha<br />

ringraziato le autorità cittadine per<br />

la promozione e viva partecipazione<br />

alla cerimonia commemorativa, lodando<br />

le sentite omelie cui hanno<br />

dato maggiore spiritualità i canti<br />

delle corali “Lino Mariani” dirette<br />

dalle maestre Linda M<strong>il</strong>ani e Orietta<br />

Sverko con accompagnamento all’organo<br />

di Branko Okmaca. “Siamo<br />

qui - ha detto Mazzaroli - per rivolgere<br />

un umano messaggio e una<br />

preghiera in suffragio dei nostri<br />

morti. Auspico che l’ufficialità vada<br />

scemando e aumenti la spontaneità<br />

di questi nostri incontri affinché risultino<br />

fatti di semplicità, di strette<br />

di mano per sentirci comunità come<br />

lo siamo stati in passato e vorremmo<br />

esserlo anche in futuro.”<br />

Oltre a r<strong>il</strong>evare le manifestazioni<br />

di pietà nei confronti degli scomparsi,<br />

Livio Dorigo, presidente del Circolo<br />

culturale “Istria” di Trieste, ha<br />

considerato poi importanti incontri<br />

come questi, tesi a ritrovare l’orgoglio<br />

della città, la sua serenità e la<br />

vocazione per un futuro migliore.<br />

Spontaneità ha caratterizzato, in<br />

seguito, <strong>il</strong> raduno-rinfresco alla Comunità<br />

degli Italiani di Pola dove<br />

Comunità e Circolo “Istria”, con <strong>il</strong><br />

pieno sostegno della nostra municipalità,<br />

hanno creato i primi importanti<br />

presupposti per l’istituzione di<br />

un “Comitato per la ricerca della verità”;<br />

sarà un preludio per andare incontro<br />

al sessantesimo del terrib<strong>il</strong>e<br />

episodio, ingaggiando studiosi di<br />

ambo le sponde dell’<strong>Adriatico</strong> per<br />

far luce sul “caso Vergarolla”. Non<br />

per nulla Dorigo ha voluto rendere<br />

pubblico l’obiettivo di risalire alla<br />

verità, una e non quella trina che<br />

sempre caratterizza e avvolge nel<br />

mistero quel fatto nella Pola del 46.<br />

* ARTICOLO TRATTO<br />

DA “LA VOCE DEL POPOLO”<br />

L’ARENA DI POLA<br />

Periodico dell’Associazione<br />

del “Libero comune<br />

di Pola in Es<strong>il</strong>io”<br />

Direttore responsab<strong>il</strong>e<br />

S<strong>il</strong>vio Mazzaroli<br />

Editore:<br />

LIBERO COMUNE DI POLA<br />

IN ESILIO<br />

Via S<strong>il</strong>vio Pellico, 2<br />

34122 Trieste<br />

Redazione di Trieste:<br />

L’Arena di Pola<br />

Via Malaspina, 1<br />

34147 Trieste (TS)<br />

Telefono-fax 040 830 294<br />

redazione.arena@tiscali.it<br />

Redazione di M<strong>il</strong>ano:<br />

Residenza del Cantone, 761<br />

20090 M<strong>il</strong>ano 2 Segrate (MI)<br />

Telefono-fax 02.26410573<br />

arenadipola@libero.it<br />

Comitato di redazione:<br />

Argeo Benco, Livio Dorigo,<br />

Alberto Durin, Bernardo Gissi,<br />

S<strong>il</strong>vio Mazzaroli (Presidente),<br />

Piero Tarticchio e Lino Vivoda<br />

Stampa:<br />

Artigraficheriva srl<br />

via Malaspina, 1 - Trieste

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