Scarica il PDF - Arcipelago Adriatico
Scarica il PDF - Arcipelago Adriatico
Scarica il PDF - Arcipelago Adriatico
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
OPPOSTE VEDUTE<br />
TAXE PERÇUE TRIESTE<br />
TASSA RISCOSSA ITALY<br />
“POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE<br />
IN ABBONAMENTO POSTALE -<br />
D.L. 353/2003 (conv.in L. 27/02/2004 n°<br />
46) art. 1, comma 2, DCB TRIESTE”<br />
Iniziativa realizzata<br />
con <strong>il</strong> contributo del Governo italiano<br />
ai sensi della Legge 72/2001<br />
L’ARENA DI POLA - Registrata presso <strong>il</strong> Tribunale di Trieste n. 1061 del 21.12.2002 ANNO LX - 3251 - Mens<strong>il</strong>e n. 8 del 31 agosto 2004<br />
Fondato a Pola <strong>il</strong> 29.7.1945 - Organo dell’Associazione del “Libero Comune di Pola in Es<strong>il</strong>io” - Via S<strong>il</strong>vio Pellico, 2 - 34122 Trieste<br />
Direttore responsab<strong>il</strong>e: S<strong>il</strong>vio Mazzaroli - Redazione: via Malaspina 1 - 34147 Trieste - Telefono e Fax 040.830294<br />
Quote associative annuali per l’Italia: € 30 - Per le Americhe € 60 - Per l’Australia € 66 - da versare sul Conto Corrente Postale n. 38407722 intestato a L’Arena di Pola - Trieste<br />
Le copie non recapitate vanno restituite al CPO di Trieste per la restituzione al mittente previo pagamento resi<br />
Frattura<br />
nel mondo degli Esuli<br />
di S<strong>il</strong>vio Mazzaroli<br />
Come annunciato sulla precedente<br />
“Arena”, <strong>il</strong> 23 luglio<br />
c.a. la Camera ha approvato<br />
<strong>il</strong> Patto di stab<strong>il</strong>izzazione<br />
che apre le porte della UE alla<br />
Croazia. Per alcuni si tratta della<br />
ratifica definitiva del Patto; per altri,<br />
sarà necessario un ulteriore<br />
passaggio al Senato, perché <strong>il</strong> testo<br />
licenziato nella suddetta seduta<br />
non sarebbe identico a quello già<br />
dallo stesso approvato. Sia come<br />
sia, non si vede proprio come <strong>il</strong> risultato<br />
finale possa cambiare.<br />
In altre parole, non essendosi<br />
manifestato alcuno degli atti “di<br />
buona volontà” che <strong>il</strong> Governo -<br />
come suggerito a fine marzo dalla<br />
Federazione (vedasi occhiello) -<br />
avrebbe dovuto richiedere alla<br />
controparte croata prima di procedere<br />
alla ratifica, si è verificata<br />
esattamente la condizione per cui <strong>il</strong><br />
Presidente della Federazione aveva<br />
vent<strong>il</strong>ato un ennesimo tradimento<br />
delle legittime aspettative<br />
degli Esuli. Non basta! Anche la<br />
giusta e circostanziata critica rivolta<br />
al Governo in tema di indennizzi<br />
è rimasta inascoltata, non essendo<br />
intercorso alcun “effettivo e concreto<br />
impegno” per risolvere definitivamente<br />
l’annosa e vergognosa<br />
vicenda (*). Coerenza avrebbe, a<br />
questo punto, dovuto suggerirgli<br />
una ferma e decisa denuncia dell’inqualificab<strong>il</strong>e<br />
operato del Governo.<br />
I suoi precedenti comunicati<br />
autorizzavano l’attesa in tal senso<br />
della maggioranza degli Esuli.<br />
Peraltro, su “Difesa Adriatica” di<br />
luglio, l’operato governativo era<br />
stato bollato, con elegante eufemismo,<br />
dal Vice presidente della Federazione,<br />
Lucio Toth, come un d<strong>il</strong>azionante<br />
“dribbling”. Le “grida<br />
di sdegno” e l’azzeccata ironia di<br />
ieri si sono, invece, dissolte in un<br />
ennesimo apprezzamento, da parte<br />
di entrambi, per l’impegno (?!) del<br />
Governo e la riconferma della fiducia<br />
nella “linea tecnica” da esso<br />
seguita nella trattativa in seno alla<br />
“Commissione mista italo-croata”.<br />
Dal “ruggito” al “belato” <strong>il</strong> passo è<br />
stato veramente breve!<br />
Per quanto precede, in un comunicato<br />
congiunto (°), i Presidenti<br />
dell’Unione degli Istriani (S<strong>il</strong>vio<br />
Delbello) e del Libero Comune di<br />
Pola in Es<strong>il</strong>io (chi scrive), convinti<br />
della necessità di un deciso “pressing<br />
politico” del Governo nei confronti<br />
della Croazia, hanno espresso<br />
<strong>il</strong> loro circostanziato dissenso<br />
con <strong>il</strong> pronunciamento della Presidenza<br />
della Federazione e chiesto<br />
le sue dimissioni, perfettamente<br />
La ratifica del Patto di stab<strong>il</strong>izzazione apre le porte dell’Europa alla Croazia ...in corsivo<br />
consci, peraltro, di essere essi stessi<br />
parte del suo Esecutivo. La reazione<br />
del Presidente Brazzoduro è<br />
stata immediata e - accomodante<br />
con i “potenti” quanto graffiante<br />
con i “dissenzienti” - si è materializzata<br />
nel comunicato, riprodotto<br />
a lato in corsivo. Impossib<strong>il</strong>e non<br />
replicare punto per punto. Così è<br />
stato con un successivo comunicato<br />
(°) di cui, per esigenze di spazio,<br />
si riporta la sola parte introduttiva:<br />
“Né disattenti né politicamente<br />
impreparati, bensì coerenti e fedeli<br />
al mandato avuto dai propri Associati.<br />
Nemmeno irriconoscenti per<br />
quanto sin qui ricevuto in termini<br />
morali e di contributi finanziari<br />
per la salvaguardia della cultura e<br />
delle tradizioni istriane, fiumane e<br />
dalmate; aspetti importanti ma che<br />
lasciano irrisolti, a distanza di quasi<br />
sessant’anni, i primari problemi<br />
relativi ai beni ed agli indennizzi<br />
(definiti dal Presidente della<br />
A.N.V.G.D. “i due corni del d<strong>il</strong>emma”).<br />
Infine, nemmeno irresponsab<strong>il</strong>i<br />
ed irriguardosi delle decisioni<br />
collegialmente assunte nell’ambito<br />
dell’Esecutivo della Federazione,<br />
sia pure con i distinguo già evidenziati<br />
ma, comunque, in precedenza<br />
sempre rispettate per dovere di<br />
squadra. Amareggiati sì, per aver<br />
dovuto, alla fine, esprimere pubblicamente<br />
<strong>il</strong> nostro dissenso nei confronti<br />
di comportamenti che riteniamo<br />
di non poter condividere,<br />
senza tradire quanti a noi hanno affidato<br />
<strong>il</strong> mandato di tutelare i loro<br />
diritti calpestati ed i loro interessi.”<br />
Sin qui - e sarebbe potuto bastare<br />
- la “guerra dei comunicati” tra<br />
presidenti; un confronto “fratricida”<br />
e per questo pernicioso per la<br />
nostra causa - non c’è alcuna necessità<br />
che siano altri a sottolinearlo<br />
- ma inevitab<strong>il</strong>e ai fini di un<br />
chiarimento che deve, in primo<br />
luogo, riguardare gli Esuli.<br />
Il Presidente Toth ha voluto,<br />
però, metterci la sua gattopardesca<br />
unghiata. Infatti, da sue dichiarazioni<br />
apparse sulla stampa, abbiamo<br />
appreso che talune richieste degli<br />
Esuli alimenterebbero “aspettative<br />
irrealistiche e fuori della storia”.<br />
A quali richieste si riferisce?<br />
Forse a quelle che egli stesso ha<br />
contribuito a st<strong>il</strong>are? O, forse, a<br />
quelle contenute nel documento<br />
programmatico del Libero Comune<br />
di Pola, sottoscritto da tutti i<br />
suoi Consiglieri e pubblicato su<br />
“L’Arena” n.3/04? Non risulta che<br />
da parte nostra ne siano state avanzate<br />
delle altre. Ancora: “non è inseguendo<br />
la parte più radicale di<br />
questa base …che si serve… la<br />
causa degli Esuli”. Ritiene, forse,<br />
“radicali” - quasi pericolosi estremisti<br />
- quanti chiedono alla dirigenza<br />
della Federazione maggiore<br />
fermezza nel rappresentare i loro<br />
diritti e, da sempre inascoltati,<br />
chiarezza, onestà ed impegno ai<br />
Governi, succedutisi nel tempo,<br />
nel promuoverne <strong>il</strong> soddisfacimento?<br />
Da ultimo: “sembra quasi un<br />
atteggiamento (quello dei dissenzienti)<br />
che miri a lavarsi le mani da<br />
ogni responsab<strong>il</strong>ità rispetto al Governo<br />
ed alla base dei profughi”.<br />
Eh no, egregio onorevole! Denunciare<br />
una linea di condotta che<br />
non si condivide non significa in<br />
alcun modo “lavarsi le mani”, soprattutto,<br />
nei confronti di quanti<br />
hanno conferito <strong>il</strong> mandato di rappresentarli.<br />
Diffic<strong>il</strong>e capire su che cosa <strong>il</strong><br />
Presidente della Federazione ed <strong>il</strong><br />
suo Vice basino la loro convinzione<br />
di essere nel giusto dal momento<br />
che nessun significativo passo<br />
avanti è stato fatto nei confronti di<br />
entrambi i “due corni del d<strong>il</strong>emma”.<br />
Meditate, meditate Gente! Il<br />
tempo, più che la pazienza, degli<br />
Esuli è in via di rapido esaurimento<br />
e, purtroppo, non ne passerà molto<br />
per sapere chi aveva torto e chi ragione.<br />
SILVIO MAZZAROLI<br />
(*) vedasi, al riguardo, <strong>il</strong> comunicato<br />
pubblicato in corsivo su<br />
“L’Arena” n.7/04)<br />
(°) i comunicati citati, per gli<br />
eventuali interessati ad una loro<br />
lettura completa, sono reperib<strong>il</strong>i<br />
sul sito www.arcipelagoadriatico.it<br />
La risposta<br />
del Presidente<br />
Brazzoduro<br />
di Guido Brazzoduro*<br />
“E’<br />
con amarezza<br />
che si deve constatare<br />
quanto<br />
disattenti e politicamente impreparati<br />
siano alcuni esponenti<br />
delle Associazioni federate,<br />
che, ritenendo la propria visione<br />
delle cose l’unica giusta, vogliono<br />
farla prevalere a colpi di<br />
comunicati stampa.<br />
Premesso che nessuno di noi<br />
è né infallib<strong>il</strong>e né inamovib<strong>il</strong>e,<br />
ma, nell’ambito del volontariato<br />
che assolve, esprime ed interpreta<br />
un mandato ricevuto dalle<br />
associazioni e dagli associati,<br />
occorre ribadire come nell’occasione<br />
citata nel comunicato,<br />
la maggioranza dell’esecutivo<br />
federale - interprete del mandato<br />
del Consiglio - abbia ritenuto<br />
credib<strong>il</strong>e quanto sostenuto dagli<br />
interlocutori politici e tecnici<br />
ministeriali e quindi abbia scelto<br />
la via del negoziato tecnico.<br />
SEGUE A PAGINA 2<br />
ALL’INTERNO<br />
Ritorno nei luoghi natii<br />
di Enzo Bettiza<br />
***<br />
La memoria<br />
dell’Esodo<br />
di Antonio Scarano<br />
***<br />
Federazione.<br />
Perché pensano<br />
di essere<br />
i più bravi?<br />
di Gianantonio Godeas<br />
***<br />
Una città<br />
senz’anima?<br />
di Licia Micov<strong>il</strong>lovich<br />
***<br />
Una fiaba per grandi<br />
di Edda Garimberti<br />
***<br />
L’incendio<br />
del Municipio<br />
di Portole<br />
di Umberto Dussizza<br />
***<br />
…accadde in Canada<br />
nel 1975<br />
di Uccia Ivis Superina<br />
***<br />
Lettere in redazione<br />
risponde S<strong>il</strong>vio Mazzaroli<br />
***<br />
Pola: la strage che cambiò<br />
<strong>il</strong> volto della città<br />
di Arletta Fonio Grubisa
PAG.2 L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004<br />
La risposta<br />
del presidente<br />
Brazzoduro<br />
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA<br />
Ciò vale ancor più quando alcune<br />
dichiarazioni, attribuite<br />
dai mezzi di comunicazione ad<br />
esponenti politici italiani, non<br />
riflettono la linea che <strong>il</strong> Ministero<br />
degli Affari Esteri, con<br />
impegno scritto, persegue.<br />
D’altro canto nessuno ci ha mai<br />
assicurato preclusioni all’associazione<br />
della Croazia all’Europa<br />
legandola al problema dei<br />
beni degli esuli, ma sono stati<br />
posti su un piatto composito più<br />
problemi aperti tra i due Paesi.<br />
In questo scenario di dichiarata<br />
disponib<strong>il</strong>ità a trattare <strong>il</strong><br />
nostro problema da entrambe le<br />
parti non pare <strong>il</strong> momento giusto<br />
per “sparare nel mucchio”<br />
come i firmatari del comunicato<br />
del 27 c.m. vorrebbero fare. E<br />
non possono certo dire, come<br />
affermano in chiusura, che siano<br />
convinti che <strong>il</strong> loro operare<br />
risponda all’auspicio che “le associazioni<br />
degli esuli sappiano<br />
trovare la coesione e la forza<br />
per uscire dall’attuale congiuntura”.<br />
La loro posizione sarebbe<br />
possib<strong>il</strong>e unicamente quando<br />
tutti ritenessero chiusa ogni<br />
possib<strong>il</strong>e soluzione in qualche<br />
misura favorevole, precludendoci<br />
qualsiasi interlocutore,<br />
contro cui venga presa la loro<br />
posizione. Riteniamo che degli<br />
spazi per trattare ci siano ancora<br />
ed in tal senso ci muoviamo,<br />
pronti a spiegare e riproporre i<br />
problemi nelle sedi federali,<br />
possib<strong>il</strong>i come tempi e modi,<br />
senza <strong>il</strong>luderci che proclami<br />
sulla stampa possano condizionare<br />
o modificare scelte comuni”.<br />
* GUIDO BRAZZODURO<br />
Presidente della Federazione<br />
delle Associazioni<br />
degli esuli<br />
Istriani, Fiumani e Dalmati<br />
FLASH<br />
Ricordo<br />
di Nazario Sauro<br />
Il sommergib<strong>il</strong>e italiano “Pullino”<br />
si arenò, <strong>il</strong> 31 luglio 1916, sulla secca<br />
della Tagliola. Circondato da navi<br />
austriache l’equipaggio venne fatto<br />
prigioniero. Tra gli arrestati vi era <strong>il</strong><br />
capitano Nazario Sauro nato a Capodistria<br />
nel 1880. Per la sua origine<br />
Sauro venne accusato dall’Austria di<br />
“ crimine di alto tradimento per avere<br />
egli, pur essendo cittadino austriaco,<br />
preso parte, come combattente della<br />
marina nemica italiana, ad una azione<br />
contro la costa istriana”. Il 10 agosto,<br />
dopo un drammatico confronto<br />
con la madre, che nel tentativo di salvargli<br />
la vita finse di non riconoscerlo,<br />
fu, per tale motivo, condannato a<br />
morte mediante impiccagione. La<br />
sentenza venne eseguita, lo stesso<br />
giorno, nel carcere di Pola. Il dramma<br />
dell’Eroe capodistriano, decorato<br />
di M.O.V.M., nel 88° anniversario<br />
della Sua esecuzione è stato ricordato<br />
a Trieste dalle Associazione degli<br />
Esuli con una S. Messa e la deposizione<br />
di una corona al Suo monumento,<br />
alla presenza delle massime<br />
autorità civ<strong>il</strong>i e m<strong>il</strong>itari cittadine.<br />
Red.<br />
Basovizza,<br />
restyling alla Foiba<br />
La Giunta comunale di Trieste ha<br />
approvato i progetti che prevedono la<br />
realizzazione di una nuova zona monumentale<br />
e di un centro documentale<br />
presso la foiba di Basovizza (già<br />
oggi monumento nazionale a ricordo<br />
delle atrocità di matrice titina) e la<br />
messa in opera di una Targa con gli<br />
stemmi dell’Istria, di Fiume e della<br />
Dalmazia, in ricordo dell’Esodo, in<br />
piazza Libertà. Il primo sarà inaugurato<br />
nel maggio 2005, in occasione<br />
del sessantenario della fine dell’oc-<br />
cupazione jugoslava di Trieste; la seconda<br />
nel novembre 2004, cinquantenario<br />
del secondo ritorno della<br />
Città all’Italia, in occasione della visita<br />
del Presidente Ciampi. I costi saranno<br />
coperti con stanziamenti statali<br />
per le celebrazioni del cinquantenario<br />
del ritorno della Città all’Italia.<br />
Prossimamente, inoltre, nella centrale<br />
Piazza Goldoni sarà inaugurato un<br />
obelisco dedicato alle “Vittime di tutti<br />
i totalitarismi.” Red.<br />
Sportelli in italiano<br />
alle Questure di Fiume<br />
e di Pola<br />
Dal 2 agosto presso le Questure di<br />
Fiume e di Pola è stato reso operativo<br />
uno sportello con impiegati che parlano<br />
italiano. Gli stessi, oltre a sbrigare<br />
<strong>il</strong> lavoro ordinario, sono a disposizione<br />
sia degli appartenenti alla locale<br />
minoranza italiana per <strong>il</strong> r<strong>il</strong>ascio<br />
dei vari documenti (carta d’identità,<br />
patente di guida, certificato di residenza<br />
ed altri), che dei cittadini italiani<br />
per informazioni varie, legate,<br />
ad esempio, all’eventuale smarrimento<br />
di documenti personali. L’apertura<br />
dello sportello rappresenta<br />
l’attuazione pratica di un diritto contemplato<br />
nel cosiddetto accordo Radin-Sanader,<br />
come pure nel Trattato<br />
italo-croato del 1996, sulla reciproca<br />
tutela delle minoranze.<br />
Lo sportello opera dal lunedì al venerdì<br />
dalle 7 alle 14 mentre <strong>il</strong> martedì<br />
è a disposizione dalle 7 alle16.30.<br />
Red.<br />
“Il cuore nel pozzo”,<br />
prime polemiche<br />
La fiction dedicata alla tragedia<br />
delle foibe, in corso di realizzazione<br />
per la RAI, ancora prima di uscire è<br />
stata accolta con irritazione dalla<br />
stampa croata e slovena. I nostalgici<br />
locali hanno definito <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m “vendetta<br />
cinematografica di Berlusconi su<br />
Tito” ed affermato che la sua uscita<br />
“è destinata a complicare i rapporti<br />
fra Italia e Slovenia”, anche perché -<br />
come affermato dalla stampa locale<br />
rifacendosi ad un f<strong>il</strong>m western di<br />
Sergio Leone - i partigiani vi appaiono<br />
come “brutti, sporchi e cattivi”.<br />
Red.<br />
Beni degli esuli. Pressing<br />
della Provincia di Trieste<br />
sul Governo<br />
«Chiedere a Zagabria di inserire la<br />
questione dei beni sottratti agli esuli<br />
italiani dell’Istria, di Fiume e della<br />
Dalmazia nell’agenda delle trattative<br />
b<strong>il</strong>aterali con <strong>il</strong> nostro Paese per l’eventuale<br />
adesione della Croazia nell’Unione<br />
europea dal 2007». Questo<br />
l’invito fatto pervenire al ministro<br />
degli Esteri Franco Frattini da Fabio<br />
Scoccimarro, presidente della Provincia<br />
di Trieste, che afferma di voler<br />
ritenere la mancata considerazione<br />
dell’argomento da parte del Consiglio<br />
d’Europa una semplice svista.<br />
«Ritengo pertanto che <strong>il</strong> nostro ministero<br />
degli Esteri - scrive a Frattini -<br />
possa e debba cogliere l’occasione<br />
per porre rimedio all’errore mediante<br />
un’aperta richiesta all’interlocutore<br />
croato di modo che <strong>il</strong> contenzioso divenga<br />
oggetto di trattativa a partire<br />
dal mese di gennaio, contemporaneamente<br />
all’avvio dei negoziati di<br />
adesione».<br />
Red.<br />
Un’associazione<br />
per tutelare<br />
gli istriani «doc» (!?)<br />
E’ nata a Pola l’associazione per la<br />
tutela dei diritti degli istriani autoctoni.<br />
Promotore del sodalizio, che si<br />
chiama «Autoctonia», è Mario Sandric,<br />
uno dei fondatore della Dieta<br />
democratica istriana. Vi possono<br />
aderire solo gli istriani autoctoni, in<br />
grado di dimostrare che le loro radici<br />
o quelle dei loro avi sono state piantate<br />
in Istria prima del 1 gennaio<br />
1901. Uno dei primi compiti di «Autoctonia»<br />
sarà quello di monitorare<br />
ogni angolo della penisola, visitando<br />
le comunità etniche trascurate se non<br />
addirittura represse, e perciò in grave<br />
pericolo di estinzione. Quali sono<br />
queste comunità? Sandric cita i savrini,<br />
i cicci romeni e i gunjci (isole etniche<br />
dell’Istria centrale e orientale)<br />
e i serbi per incoraggiare un recupero<br />
della loro identità culturale e linguistica.<br />
In proposito Sandric ha annunciato<br />
l’avvio di una stretta collaborazione<br />
con l’Organizzazione mondiale<br />
per i diritti umani e con l’Associazione<br />
dei cittadini danneggiati dalla<br />
guerra. Altro compito: la promozione<br />
dei valori culturali, spirituali e materiali<br />
legati all’autoctonia al fine di<br />
conservare la convivenza nella penisola.<br />
Lo statuto del sodalizio prevede<br />
l’operato di cinque team: per l’introduzione<br />
dell’uso di più lingue e parlate,<br />
per la raccolta di dati sulla storia<br />
istriana, per la tutela del diritto di<br />
proprietà, per l’amministrazione dei<br />
beni e per l’analisi dei fatti storici che<br />
portarono alla cacciata della popolazione<br />
istriana e alla requisizione dei<br />
loro beni, con accento sulle possib<strong>il</strong>ità<br />
di rimediare a queste ingiustizie<br />
storiche. Red.<br />
Novara:<br />
50° anniversario<br />
V<strong>il</strong>laggio Dalmazia<br />
Nell’anno 1954 nasceva a Novara<br />
<strong>il</strong> quartiere “V<strong>il</strong>laggio Dalmazia”,<br />
costruito per ospitare gli Esuli. Nel<br />
50° anniversario della sua nascita <strong>il</strong><br />
locale Comitato A.N.V.G.D., in collaborazione<br />
con la Parrocchia, <strong>il</strong> 20<br />
giugno u.s. ha organizzato una festa a<br />
cui hanno partecipato circa 400 persone.<br />
Nel corso della giornata è stata<br />
inaugurata e benedetta una Targa a ricordo<br />
della “posa della prima pietra”<br />
del v<strong>il</strong>laggio e celebrata una S. Messa,<br />
con la partecipazione dei sacerdoti<br />
che avevano in passato officiato<br />
nella Parrocchia. E’ seguito <strong>il</strong> pranzo<br />
sociale concluso con animazioni e<br />
canti tradizionali. La festa, riuscita<br />
molto bene, resa viva dall’incontro di<br />
persone che non si vedevano da molto<br />
tempo, tra libagioni, ricordi e cori<br />
nostrani si e protratta, in allegria sino<br />
a tarda serata. Red.<br />
«Vacanze in Istria<br />
e Dalmazia?<br />
Ricordate<br />
che era Italia»<br />
Si intitola «Istruzioni per vacanze intelligenti»<br />
<strong>il</strong> volantino che un gruppetto<br />
di Azione Giovani ha distribuito<br />
nei primi giorni d’agosto al valico<br />
italo-sloveno di Rabuiese, per cercare<br />
di contrastare «<strong>il</strong> genocidio culturale»<br />
che oltreconfine «si sta consumando<br />
ai danni dell’Italia». In venti<br />
righe scarse <strong>il</strong> foglio ha rivolto ai nostri<br />
connazionali in transito per le coste<br />
istriane e dalmate, <strong>il</strong> seguente appello:<br />
«Portate con voi un po’ di Italia,<br />
quella che parlate e che avete nel<br />
cuore. Visitate quei borghi e quei<br />
paesi che 350.000 nostri connazionali<br />
sono stati costretti ad abbandonare<br />
da una dittatura comunista». Dubrovnik,<br />
Rijeka, Losinj? «Per una<br />
volta lasciate che quei luoghi tornino<br />
a chiamarsi con i loro nomi: Ragusa,<br />
Fiume, Lussino...»... «Guardatevi attorno<br />
e sentitevi orgogliosi di quanto<br />
la nostra cultura ha saputo esprimere»<br />
e «una volta tornati a casa, sentirete<br />
che ancora qualcosa può essere<br />
difeso: la memoria di ciò che è stato,<br />
l’onore e la dignità di chi è andato e<br />
di chi è rimasto». Red.<br />
Discutib<strong>il</strong>i “picconate”<br />
In questi ultimi mesi “Il Piccolo”<br />
di Trieste ha dato spazio a due interventi,<br />
a dir poco discutib<strong>il</strong>i, dell’ex<br />
Presidente della Repubblica Francesco<br />
Cossiga. Nel primo affermava di<br />
aver sottoscritto, nella metà degli anni<br />
settanta, un piano per la cessione<br />
di Trieste alla Jugoslavia al fine di<br />
evitare lo scoppio della III^ Guerra<br />
mondiale; nel secondo che i triestini<br />
dovrebbero erigere un monumento a<br />
Tito per averli, con <strong>il</strong> suo IX° Corpus,<br />
liberati dal giogo nazifascista.<br />
Circa la prima affermazione, è noto<br />
che i piani operativi m<strong>il</strong>itari di quegli<br />
anni prevedevano, in caso di attacco<br />
delle forze del Patto di Varsavia, la<br />
non difendib<strong>il</strong>ità di Trieste e lo schieramento<br />
delle forze nazionali su una<br />
linea di resistenza più arretrata; si<br />
trattava, però, di una manovra difensiva<br />
a conflitto avviato e non di una<br />
cessione preventiva atta a scongiurarlo.<br />
In merito alla seconda - del tutto<br />
<strong>il</strong>logica ripensando al Cossiga inginocchiato<br />
in raccoglimento alla<br />
foiba di Basovizza - non si sa se propendere<br />
per una “picconata”, una<br />
provocazione o una chiara, anche se<br />
sempre sottaciuta, indicazione di un<br />
certo approccio mentale della classe<br />
politica nazionale, di matrice democristiana,<br />
di ieri (forse anche di oggi)<br />
ai problemi del confine nord orientale.<br />
In ogni caso, una affermazione ingiuriosa<br />
per le vittime di quella, per<br />
noi, infausta “occupazione” ed una<br />
offesa per la memoria collettiva di<br />
centinaia di migliaia di cittadini italiani,<br />
esuli e non. Red.<br />
“Ricordando l’Istria”<br />
Organizzata dalla Delegazione della<br />
A.N.V.G.D. goriziana avrà luogo a Grado, nella<br />
prima quindicina di settembre, la manifestazione<br />
denominata “Ricordando l’Istria, con <strong>il</strong> seguente<br />
programma:<br />
11 settembre - ore 18.00, al campo Patriarca<br />
Elia, concerto della corale “Lino Mariani” della<br />
Comunità degli Italiani di Pola che esguirà canti popolari istro-veneti<br />
nonché, per ricordare <strong>il</strong> 150° anniversario della nascita del<br />
compositore Antonio Smareglia - nato a Pola e deceduto a Grado<br />
nel 1929 – brani musicali con testi di Biagio Marin.<br />
14 settembre - ore 21.00, nella sala San Rocco, recita di “Elegie<br />
istriane” del poeta gradese Biagio Marin, con proiezione di diapositive<br />
delle località liricamente ricordate dal poeta, con sottofondo<br />
musicale.<br />
12–20 settembre - sala San Rocco, esposizione di maxifoto di località<br />
e paesaggi istriani realizzate dalla DETAS dell’ing. Alberto<br />
Durin.
L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004 PAG.3<br />
Sono sbarcato dopo qualche<br />
anno d’assenza in Dalmazia.<br />
Lo spirito e la dubbia nostalgia<br />
con cui ad ogni ritorno riscopro <strong>il</strong><br />
mio luogo di nascita, dal quale l’es<strong>il</strong>io<br />
mi ha allontanato e sradicato, hanno<br />
sempre più un che d’ambiguo, di<br />
contrariato, di non interamente conc<strong>il</strong>iante<br />
e piacevole. In questo genere<br />
di rivisitazioni autobiografiche,<br />
d’immersione perplessa fra ombre e<br />
ricordi ora intensi ora smarriti, <strong>il</strong> tempo<br />
insinua spesso <strong>il</strong> tarlo dell’alienazione<br />
e della delusione. L’impressione<br />
è di accostarmi come un vagante<br />
nosferatu a un sepolcro con divieto di<br />
riposo. Nell’esule che torna dubbioso<br />
alla matrice è sempre in agguato quel<br />
senso di vuoto, spaesamento, esproprio<br />
d’identità, sdoppiamento inconc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>e<br />
tra una sua prima vita perduta<br />
e una seconda vissuta artificialmente<br />
altrove. Si potrebbe anche parlare<br />
di una specie d’angoscia sgomenta<br />
e pudica che sconfina nel rigetto;<br />
si vorrebbe al tempo stesso vedere<br />
e non rivedere <strong>il</strong> reticolo del passato;<br />
per esempio, nel corso di questo<br />
ultimo soggiorno, con prima tappa a<br />
Spalato, non ho voluto dare neppure<br />
da lontano un’occhiata alla vecchia<br />
dimora, dove prima di me erano nati<br />
mio padre e gli antenati. Non ho voluto<br />
più rincontrare un antico e caro<br />
amico croato con cui durante la guerra<br />
(la seconda guerra mondiale intendo)<br />
avevo condiviso gli slanci fervorosi<br />
della tarda pubertà e le travolgenti<br />
letture d’adolescenza. Ho scoperto<br />
invece altre cose e persone che<br />
da tanti decenni rinviavo di vedere e<br />
di conoscere. Con ogni probab<strong>il</strong>ità,<br />
se non avessi deciso di comp<strong>il</strong>are<br />
questo archivio del «non detto»,<br />
avrei tentennato e perseverato nel<br />
rinvio. Avrei continuato a ignorare<br />
luoghi e situazioni di una Dalmazia<br />
isolata e amara di cui sapevo assai<br />
poco. Avrei evitato di abbandonarmi<br />
all’itinerario segreto, chiuso, solitario,<br />
non di piacere ma di mesta esplorazione<br />
esistenziale di cui dirò fra poco.<br />
In altre parole: ho cercato di vivere<br />
finalmente in presa diretta, senza<br />
appuntarlo nel taccuino, un «non detto»<br />
nativo, originario, sempre scansato,<br />
taciuto a me medesimo, immaginato<br />
con la mente e mai assorbito<br />
con gli occhi. Tenterò di spiegarmi<br />
meglio. La Dalmazia, che tra Danubio<br />
e Mediterraneo è un piccolo intarsiato<br />
universo europeo a sé stante,<br />
pieno di vestigia passate e di ferite recenti,<br />
ha da sempre avuto per me tre<br />
dimensioni. La prima è la sorprendente<br />
costa archeologica. Un tempo<br />
dalla böckliniana città murata di Zara,<br />
cancellata dai folli bombardamenti<br />
angloamericani, <strong>il</strong> lungo e frastagliato<br />
litorale scendeva fino a Perasto<br />
e alle Bocche di Cattaro, oggi Montenegro,<br />
che fornirono alle flotte della<br />
Serenissima e all’Austria i loro rinomati<br />
capitani di lungo corso. Persino<br />
Salgari, per darsi una allure conradiana,<br />
s’era inventato come antenato un<br />
lupo di mare dalmata. Il raguseo Ottavio<br />
Missoni non ha dovuto inventare<br />
niente: suo padre era un abbronzato<br />
comandante dei Lloyd austriaci.<br />
Ecco, ho appena nominato l’onirica<br />
Ragusa. «Perla dell’<strong>Adriatico</strong>», Atene<br />
cosmopolita e poliglotta degli slavi<br />
meridionali, per molti secoli opulenta<br />
repubblica marinara la quale,<br />
per difendersi dalla talassocrazia veneziana,<br />
regalò addirittura ai turchi<br />
della vicina Bosnia-Erzegovina uno<br />
sbocco sul mare: un aspro cuneo di<br />
separazione traslata, m<strong>il</strong>itare nonché<br />
culturale, dai dominii e dalle galee<br />
dei Dogi. Poi la roccaforte di Sebenico,<br />
le cattedrali e le calli della bellissima<br />
e aristocratica Traù, la riviera<br />
dei sette Castelli, infine l’apoteosi architettonica<br />
di Spalato, città conficcata<br />
dentro la città-palazzo di Diocleziano:<br />
esse completano nel mio immaginario<br />
privato <strong>il</strong> paesaggio urbano<br />
di una costa che ha conosciuto invasioni,<br />
pest<strong>il</strong>enze, distruzioni endemiche,<br />
costruzioni portentose, plurimi<br />
innesti d’etnie e di civ<strong>il</strong>tà fin dai<br />
Un itinerario segreto e solitario, non di piacere ma di mesta esplorazione esistenziale<br />
Ritorno<br />
nei luoghi natii<br />
tempi delle colonie greche e dell’Illiria<br />
romana. Nella seconda dimensione<br />
rientrano le isole dove, ragazzo,<br />
passavo le vacanze estive imparando<br />
a governare la vela e <strong>il</strong> timone. Isole<br />
piuttosto grandi, accoglienti, pescose,<br />
verdeggianti, spesso leggendarie,<br />
ricche di cittadine d’impronta veneta,<br />
di cui qualcuna si ritiene antro mitologico<br />
della dea Calipso e altre, come<br />
Curzola, reclamano i natali di Marco<br />
Polo. La terza dimensione è l’interno<br />
della Dalmazia terrigna, dura e rustica.<br />
La Zagora, la Morlacchia, detta<br />
anche Vlaöka perché popolata dai<br />
vlaji, cioè morlacchi, i quali, tanto<br />
per semplificare e complicare le cose,<br />
possono essere indifferentemente<br />
serbi come croati. Una parte importante<br />
di tale tormentata regione, abitata<br />
a macchia di leopardo da cattolici<br />
e da ortodossi, che tra guerre e paci<br />
hanno convissuto ora nella fraternità<br />
ora nell’astio di parentela, mi era rimasta<br />
fino a ieri completamente<br />
ignota e buia. E’ dell’incontro con<br />
questa plaga sconosciuta, però legata<br />
in parte alla mia storia personale, che<br />
vorrei ora parlare. In diversi libri ho<br />
spesso evocato con affetto e profondo<br />
rispetto una mia nutrice serba,<br />
chiamata da tutti Baba Mare, che sostituì<br />
col suo latte e le sue cure la<br />
mamma brazzana malata di tifo.<br />
Quella carnosa contadina morlacca,<br />
tenace, paziente, calma, povera ma<br />
alfabetizzata, anzi alla sua maniera<br />
colta, fino all’età di undici anni mi<br />
fece da madre putativa e, insieme col<br />
latte, m’inoculò la mia prima lingua<br />
materna che è <strong>il</strong> serbocroato. M’insegnò<br />
a leggere e scrivere <strong>il</strong> cir<strong>il</strong>lico.<br />
Mi raccontò le leggende balcaniche,<br />
m’introdusse ai riti ortodossi nella<br />
chiesa ortodossa della città, mi recitò<br />
le epiche poesie serbe del Kosovo,<br />
mi parlò di San Giorgio che uccide <strong>il</strong><br />
drago, dei guerrieri omerici, nemici<br />
della mezzaluna, come <strong>il</strong> knjaz M<strong>il</strong>oö<br />
Ob<strong>il</strong>ic o come l’ubiquo e ach<strong>il</strong>leo<br />
Marko Kraljevic. Tutta una chanson<br />
de geste balcanica cantata da una<br />
donna d’intelligenza essenziale e di<br />
devota memoria ancestrale. Baba<br />
Mare proveniva da un v<strong>il</strong>laggio, <strong>il</strong> selo<br />
Kricke, della zona etnicamente<br />
promiscua di Drniö, nota per tre motivi:<br />
per la floridezza e solidità delle<br />
balie, per aver dato i natali al geniale<br />
scultore Ivan Meötrovic e, infine, per<br />
essere stata incorporata a forza du-<br />
di Enzo Bettiza *<br />
rante le ultime guerre fratricide nell’autoproclamata<br />
repubblica serba di<br />
Krajina. Da moltissimi anni io carezzavo<br />
l’idea di contemplare un giorno<br />
le foreste sperdute da cui Baba Mare,<br />
ingaggiata personalmente a Drniö da<br />
mio padre, era discesa fino al grande<br />
porto di mare nella sua tenuta di contadina<br />
rimasta per un decennio sempre<br />
la stessa: doppia crocchia scura<br />
ricoperta dal fazzoletto bianco annodato<br />
alla gola, corsetto nero merlettato<br />
sulle mammelle piene, lunghissima<br />
sottana nera, scarponi neri da rocciatrice<br />
e camminatrice instancab<strong>il</strong>e.<br />
Sapevo che la Baba era morta da<br />
tempo. Sapevo anche che la guerra,<br />
l’operazione «Oluja» o «Tempesta»,<br />
lanciata nel 1985 dall’esercito croato<br />
contro la repubblichetta serba della<br />
Krajina, ne aveva disperso figli e nipoti<br />
svuotando <strong>il</strong> selo ortodosso di<br />
Kricke. Sapevo pure che la desolazione,<br />
la penuria di cibo, la siccità, la<br />
ster<strong>il</strong>ità dei campi abbandonati, le<br />
malattie e la paura della vendetta avevano<br />
fatto <strong>il</strong> resto. Ma nonostante tutto<br />
un f<strong>il</strong>o comunicante, sott<strong>il</strong>e e inossidab<strong>il</strong>e,<br />
fatto di lettere, brevi telefonate,<br />
messaggi per procura, era rimasto<br />
sempre teso fra me e quei miei parenti<br />
di latte senza volto; e, se <strong>il</strong> latte<br />
non è acqua ma linfa di vita, direi<br />
quasi misteriosi fratelli di sangue. Arrivo<br />
al dunque. Una nipote della Baba<br />
riuscì a farmi sapere che tutti i parenti<br />
della diaspora, sparpagliati tra la<br />
croata Sebenico, la serba Belgrado e<br />
la montenegrina Cattaro, avevano<br />
deciso di riunirsi nel v<strong>il</strong>laggio natale<br />
per raccogliersi intorno alla tomba di<br />
famiglia e celebrare una messa funebre<br />
in memoria dei defunti. Io, già<br />
considerarato come un figlio dalla<br />
balia, era invitato alla cerimonia. Accettai.<br />
Presi la nave e sbarcai a Spalato,<br />
lasciando nelle mani della nipote,<br />
che si chiama Mare come la nonna, <strong>il</strong><br />
compito di portare a termine la parte<br />
più occulta di quell’escursione sentimentale:<br />
<strong>il</strong> transito da Spalato a Sebenico<br />
e da lì, per una ventina di ch<strong>il</strong>ometri,<br />
fino alla rintanata regione di<br />
Drniö. Raggiunto in macchina <strong>il</strong> v<strong>il</strong>laggio<br />
di Kricke, accolto come uno di<br />
casa dalla piccola comunità fam<strong>il</strong>iare<br />
serba, ecco quello che ho visto e udito.<br />
Tutt’intorno un senso di pace troppo<br />
densa che Tacito avrebbe definito<br />
«quiete dei cimiteri». Campi una volta<br />
fert<strong>il</strong>i senza l’ombra di un contadi-<br />
no o di un aratro fra le stoppie ingiallite<br />
e marce. Un altro nipote della Baba,<br />
un tecnico che ai tempi di Tito<br />
aveva trascorso diversi anni fra pozzi<br />
e dighe del Medio Oriente, mi parla<br />
senza rancore delle conseguenze della<br />
guerra: «E’stato uno scatenamento<br />
d’odio improvviso e incomprensib<strong>il</strong>e.<br />
Qui, in questa zona, eravamo tutti<br />
sim<strong>il</strong>i e di fatto indistinguib<strong>il</strong>i. Croati<br />
e serbi parlavamo la stessa lingua,<br />
appartenevamo alla stessa razza slava,<br />
eravamo quasi tutti legati da matrimoni<br />
misti, le nuove generazioni<br />
sapevano poco o niente degli orrori<br />
della seconda guerra mondiale, ci divideva<br />
fino ad un certo punto soltanto<br />
la religione che pur sempre era ed<br />
è cristiana. Da dove mai è scaturito<br />
l’odio che ha prodotto tutto questo<br />
deserto intorno?». M’informano che<br />
all’imbrunire soltanto i v<strong>il</strong>laggi del<br />
vicinato cattolico ricevono la corrente<br />
elettrica mentre quelli serbi restano<br />
sommersi dall’oscurità. Poi mi indicano<br />
la parete di bosco che incombe<br />
sul v<strong>il</strong>laggio vuoto e spiegano: «I lupi<br />
temono la luce ma non <strong>il</strong> buio. Di<br />
notte, mentre le pantegane frusciano<br />
tra le erbacce, le fiere si spingono<br />
ululando fin qui». Altri ancora mi<br />
mostrano un cassone dell’immondizia<br />
accostato a una casa interamente<br />
bruciata; invece nessun cassone e<br />
tanta immondizia sparsa vicino alle<br />
poche case rimaste intatte e abitate. Il<br />
commento è prevedib<strong>il</strong>e: «Le nuove<br />
autorità croate, che desiderano ottenere<br />
una pagella di buona condotta<br />
da Bruxelles, ci trattano con ineccepib<strong>il</strong>e<br />
correttezza politica. Ai profughi<br />
fac<strong>il</strong>itano <strong>il</strong> ritorno alle loro case.<br />
Ma, sul piano dei rapporti e servizi<br />
spiccioli quotidiani, luce, immondizie,<br />
fert<strong>il</strong>izzanti, approvvigionamenti,<br />
imposte, sanità, la guerra ha lasciato<br />
purtroppo uno strascico di dispetti<br />
municipali e ci vorrà tempo prima<br />
che le cose tornino come prima. Speriamo<br />
che con l’entrata della Croazia<br />
in Europa s’affermi completamente<br />
tra i due gruppi la vita normale d’una<br />
volta». Comunque, sia pure fra campagne<br />
desolate e lupi notturni, s’avverte<br />
già nell’aria <strong>il</strong> ritorno a una certa<br />
normalità dai ritmi rallentati e<br />
guardinghi. Nessun disturbo, da nessuna<br />
parte, al nostro striminzito corteo<br />
avviato in s<strong>il</strong>enzio al cimitero ortodosso<br />
del paese. Le tombe di pietra<br />
grigia che vedo fra i cipressi, con le<br />
loro scritte in cir<strong>il</strong>lico, pulite, ricoperte<br />
di fiori e corone, non presentano<br />
sfregi né segni d’abbandono; appaiono<br />
non so come più curate dei campi.<br />
La piccola chiesa ortodossa, al centro<br />
del cimitero, si presenta anch’essa<br />
linda e ordinata. Il pope barbuto con<br />
occhiali e paramenti dorati, un serbo<br />
arrivato dalla Bosnia, celebra con accurata<br />
minuziosità liturgica <strong>il</strong> lungo<br />
rito funebre. Il Vangelo tutto cantato<br />
dal pope che scompare e riappare da<br />
dietro <strong>il</strong> paravento sacro, i due vecchi<br />
sagrestani in maniche di camicia che<br />
lo sostengono col controcanto in falsetto,<br />
<strong>il</strong> nome e <strong>il</strong> cognome della mia<br />
balia s<strong>il</strong>labato fra i suoni intermittenti<br />
di una campana quasi allegra, <strong>il</strong> mormorio<br />
fluente delle preghiere recitate<br />
dai parenti intorno a me: la sensazione<br />
d’insieme che ne traggo è mista di<br />
non so quale vaga speranza e d’una<br />
sorta di malinconia bucolica. Il prete,<br />
dopo aver alzato in alto le mani e la<br />
voce in una nenia finale, termina di<br />
colpo la funzione e scompare senza<br />
salutare. Mi spiegano: «E’ seccato di<br />
dover commemorare solo i morti e<br />
mai celebrare un matrimonio o un<br />
battesimo». Dopodiché, usciti dal<br />
camposanto, mi portano a vedere la<br />
miseria di quattro brevi muri corrosi<br />
dal tempo e dalle intemperie, invasi<br />
all’interno da erbacce e da fruscii sospetti,<br />
ormai privi di porta e di tetto:<br />
là dentro era nata in povertà quasi assoluta<br />
la mia balia. Subito a latere del<br />
rudere scorgo i resti di una casupola<br />
un poco più integra e un poco più ampia:<br />
la stalla del bestiame. Il senso di<br />
rimorso che provo si rafforza quando<br />
mi dicono serenamente, senza la minima<br />
punta di rimprovero sociale,<br />
che un parto infelice, una bambina<br />
morta poco dopo la nascita, aveva<br />
fornito alla Baba Mare <strong>il</strong> latte che dovevo<br />
poi succhiare io nella casa ricca<br />
di Spalato. Fino allora non avevo mai<br />
saputo che la mia vita di bambino priv<strong>il</strong>egiato<br />
aveva alle spalle la morte di<br />
una povera neonata serba di Kricke.<br />
Il rimorso si placa a poco a poco<br />
quando mi riportano alla casa vera<br />
dove, al momento dell’arrivo, mi<br />
avevano accolto con calorosa frettolosità<br />
prima della visita al cimitero.<br />
Mi offrono sotto una pergola rinfrescante<br />
un pranzo dai sapori antichi. Il<br />
menù è quello classico dei miei<br />
weekend campagnoli d’infanzia:<br />
trance violastre e ruvide di stagionato<br />
prosciutto morlacco, cetrioli sottaceto,<br />
fette pastose e piccanti di formaggio<br />
di Pago, focaccia di pane scuro<br />
dall’odore denso penetrante, poi un<br />
trionfale agnello allo spiedo annaffiato<br />
da vino rosso contadino e seguito<br />
da cubetti di pita bosniaca e palacinke<br />
viennesi con marmellata di albicocche.<br />
Come corollario <strong>il</strong> bicchierino<br />
di travarica e un granuloso caffè<br />
turco col morbido dado d’un frutto<br />
candito. Finalmente, chiuso <strong>il</strong> lauto<br />
pasto, m’introducono nella casa e me<br />
la fanno visitare. Vi torneranno a vivere<br />
parenti rifugiati durante la guerra<br />
in Serbia. E’ un’abitazione rustica,<br />
ma piuttosto benestante se si considera<br />
l’epoca e <strong>il</strong> luogo in cui la Baba<br />
Mare la fece costruire con grandi fatiche,<br />
tenaci risparmi, e in parte anche<br />
con la liquidazione assicuratale da<br />
undici anni di permanenza materna<br />
nella nostra famiglia. Mob<strong>il</strong>i nitidi,<br />
divani, bagni attrezzati, una cucina<br />
comoda e funzionale. Alla fine mi<br />
mostrano la più piccola delle camere<br />
col letto su cui la Baba ottuagenaria<br />
spirò. Da una fotografia ingiallita, vicina<br />
ad un’oleografia figurante San<br />
Giorgio che trafigge <strong>il</strong> drago, mi fissa<br />
un bambino abbigliato in un vezzoso<br />
vestito à pois. Mai avrei immaginato<br />
di poter ritrovare un giorno, in una dimenticata<br />
contrada di guerra e sventure,<br />
l’immagine remota di quel bambino<br />
di città che fu nutrito, lavato,<br />
educato alla parola e amato da una<br />
seconda madre morlacca.<br />
* ARTICOLO TRATTO<br />
DA “LA STAMPA”
PAG.4 L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004<br />
La memoria<br />
Durante recenti vacanze in<br />
Solo attraverso questa chiave di<br />
Istria, la terra di mia mo-<br />
dell’Esodo<br />
lettura si può comprendere un esoglie,<br />
feci amicizia con un<br />
do dalle dimensioni bibliche, mai<br />
croato dell’interno, innamorato co-<br />
prima verificatosi nella storia plume<br />
me di quel mare, che un giorno<br />
rim<strong>il</strong>lenaria del nostro paese, che <strong>il</strong><br />
mi disse con orgoglio di aver com-<br />
mondo politico rifiutò di vedere e<br />
prato all’estero un ottimo impianto<br />
apprezzare, quasi si trattasse di<br />
stereofonico invitandomi a pro-<br />
una vergogna del popolo italiano,<br />
varlo. Così, la sera, andai a casa<br />
anziché di un valore di cui andare<br />
sua. Mi fece sedere, per gent<strong>il</strong>ezza, nel posto migliore per<br />
di Antonio Scarano *<br />
fieri e orgogliosi. Era certamente più fac<strong>il</strong>e solidarizzare e<br />
l’ascolto, poi mi annunciò con entusiasmo:<br />
commuoversi per <strong>il</strong> dramma dei palestinesi o per quello<br />
«Ora ti farò<br />
bas<strong>il</strong>iche che, ancor oggi, ca- delle famiglie dei desaparecidos argentini, anziché com-<br />
ascoltare la<br />
ratterizzano la bellezza di quei prendere la tragedia dei profughi istriani o delle migliaia<br />
musica più<br />
luoghi, non avrebbero mai po- di scomparsi giuliani gettati nelle “foibe” carsiche. D’al-<br />
bella del<br />
tuto accettare di sottomettersi a tronde costoro non facevano notizia, erano gente tranqu<strong>il</strong>-<br />
mondo!».<br />
un invasore che, pur considerala che non rimaneva un giorno di più nei campi profughi, a<br />
Manco a<br />
to “vicino di casa”, ritenevano carico dello stato italiano, se una qualsiasi opportunità di<br />
farlo appo-<br />
completamente estraneo alla lavoro si presentava all’orizzonte. Rifiutarono ogni forma<br />
sta, era <strong>il</strong><br />
loro splendida cultura. Il feno- di terrorismo e non crearono mai la benché minima diffi-<br />
coro deI<br />
meno dell’abbandono della locoltà al governo nazionale, nemmeno quando vennero sti-<br />
Nabucco e<br />
ro terra da parte di 350.000 pulati gli ultimi trattati con la Jugoslavia, con i quali si ri-<br />
devo aver<br />
istriani, fiumani e dalmati fu nunciò per sempre a quella meravigliosa sponda adriatica<br />
mostrato in<br />
interpretato dai sociologi e da- che, nella sua storia bim<strong>il</strong>lenaria, mai appartenne, nemme-<br />
qualche mogli<br />
storici nei modi più diverno per un giorno o per un’ora, a un’entità statale del mondo<br />
<strong>il</strong> mio<br />
si. Certamente, le “foibe”, i do slavo.<br />
stupore e la<br />
massacri, <strong>il</strong> terrore comunista, Rimasero, gli esuli, disperatamente attaccati alle loro<br />
mia commo-<br />
la “pulizia etnica” - tornata tradizioni, ovunque riaccendessero i loro focolari: era <strong>il</strong><br />
zione perché<br />
tragicamente di moda nel solo modo per tenere in vita almeno l’anima della terra<br />
lui, improv-<br />
mondo slavo - hanno contri- istriana o dalmata, definitivamente perduta. Si organizzavisamentebuito<br />
ad accelerare l’abbanrono, a seconda della loro provenienza, nei liberi comuni<br />
serio, me ne<br />
dono del territorio, ma <strong>il</strong> fatto di Zara, di Fiume, di Pola, di Parenzo, di Buie e di tanti al-<br />
chiese la ra-<br />
straordinario che contadini, tri ancora. Ma quanta tristezza, quanta um<strong>il</strong>iazione per<br />
gione. Fui<br />
artigiani, pescatori e piccoli uno zaratino, un fiumano, un polese o un parentino sentir-<br />
costretto a<br />
si chiedere, da un popolo privo di memoria<br />
spiegargli<br />
storica, se provenivano dalla città di Zadar, di<br />
che cosa quella melodia dell’es<strong>il</strong>io significasse per noi<br />
Rieka, di Pula o di Porec.<br />
giuliani, come fossimo ricorsi a essa per cercar conforto<br />
Il loro es<strong>il</strong>io generò anche aspetti dramma-<br />
quando sembrava che tutto <strong>il</strong> nostro mondo di<br />
tici sul piano fam<strong>il</strong>iare. Le ideologie divisero<br />
tradizioni,di cultura, di civ<strong>il</strong>tà dovesse finire per sempre a<br />
talvolta i padri dai figli, i fratelli dalle sorelle.<br />
causa di loro pretese territoriali, ai nostri occhi dolorose e<br />
Una minoranza volle rimanere nella terra de-<br />
assurde. L’amico croato non conosceva bene la storia delgli<br />
avi, nell’errata convinzione che l’internala<br />
terra che l’ospitava, perciò non andammo oltre. Ci strinzionalismo<br />
comunista desse a ciascuna etnia<br />
gemmo semplicemente la mano e restammo amici. Ma mi<br />
pari dignità, anche se <strong>il</strong> potere statale passa-<br />
chiedo chi, in quel momento, abbia sofferto di più.<br />
va nelle mani del nuovo padrone slavo.<br />
Adesso, ripensando a quel coro del Nabucco ascoltato<br />
Quelli che rimasero furono considerati, dai<br />
fortuitamente in una terra ormai straniera, rivivo i momen-<br />
350.000 che scelsero l’Italia, dei “traditori”.<br />
ti dell’immediato dopoguerra, quando le popolazioni della<br />
Le ferite che allora si aprirono nella comu-<br />
Venezia-Giulia, unite tutte in un comune destino, seppero<br />
nità istriana e dalmata sembravano non po-<br />
dimostrare al mondo dei vincitori - che aveva rifiutato lotersi<br />
più rimarginare, finché non si afro<br />
<strong>il</strong> plebiscito - di voler scegliere comunque l’Italia, quelfacciarono<br />
alla vita le seconde e terze genela<br />
patria povera, sconfitta, distrutta e um<strong>il</strong>iata che pure,<br />
razioni, sia dei profughi, sia di coloro che<br />
nella loro storia plurisecolare, aveva costituito <strong>il</strong> punto di<br />
scelsero di rimanere.<br />
riferimento ideale. Ricordo i momenti di passione patriot-<br />
Solo da pochi anni le comunità degli esuli<br />
tica, momenti esaltanti che coinvolgevano tutti: vecchi e<br />
hanno riallacciato i rapporti con i fratelli ri-<br />
giovani, ricchi e poveri, borghesi e operai, contadini e pemasti<br />
in Jugoslavia, consapevoli che a coscatori.<br />
Sono consapevole di aver respirato gli epigoni di<br />
storo, come in una paradossale<br />
un Romanticismo che gli orrori della guerra avevano, in<br />
realtà, già cancellato per sempre.<br />
borghesi abbiano deciso in<br />
massa di lasciare i campi, le<br />
officine, <strong>il</strong> mare, le case e i cimiteri<br />
non può trovare questa<br />
sola e forse semplicistica spiegazione.<br />
Se, infatti, per alcuni l’esodo<br />
si svolse sotto la minaccia del<br />
terrore “titino”, per la gran<br />
parte avvenne due anni dopo<br />
la fine della guerra, alla firma<br />
dei trattati di pace, alla definizione<br />
dei nuovi confini, quando<br />
la carica diabolica della<br />
vendetta era già in fase di<br />
esaurimento. E allora le ragioni<br />
di una tale tragica scelta<br />
vanno ricercate altrove, in<br />
qualcosa che non tutto <strong>il</strong> popolo<br />
italiano può comprendere,<br />
specie quella parte che fa suo<br />
l’antico detto: “O Francia o<br />
Spagna purché se magna”.<br />
nemesi storica, si deve <strong>il</strong> merito di aver man-<br />
Le genti di frontiera, costrette sempre a difendetenuto sempre viva, tra m<strong>il</strong>le difficoltà, la fiammella del<br />
Fu proprio questa sua atipicità storica e culturale re la propria identità nazionale dalle insidie della storia, patrimonio culturale italiano nelle terre perdute. Solo oggi<br />
che indusse, nell’ottica nazionale, a considerare la nostra sentono l’attaccamento alla propria stirpe in maniera esi- si riconosce che, se in ogni luogo dell’Istria e in tante parti<br />
vicenda come una complicata, addirittura fastidiosa apstenziale, ideale, quasi religiosa. Per esse diviene <strong>il</strong> valore della Dalmazia si sentono ancora i dolci suoni della lingua<br />
pendice della seconda guerra mondiale che poteva turbare più grande, non paragonab<strong>il</strong>e a nessun altro, per la cui sal- del “Sì” confusi tra quelli aspri della favella slovena o<br />
<strong>il</strong> clima sereno della pace da poco conquistata. Nella coravaguardia vale la pena di affrontare anche <strong>il</strong> supremo sa- croata, ciò è dovuto alla perseveranza, al coraggio, al vale<br />
armonia dei vincitori - la guerra “fredda” non era ancora crificio, l’abbandono di ciò che si possiede di più caro. lore di quei “traditori” che hanno saputo difendere <strong>il</strong> dirit-<br />
cominciata - non si comprendeva perché, in un angolo Manlio Cecovini, già sindaco di Trieste, in un suo libro to ad avere le loro scuole, i loro as<strong>il</strong>i, i loro circoli cul-<br />
d’Europa, ci si fronteggiasse ancora per ottenere un lembo scriveva: “In ogni giuliano vi è un’italianità vergine e barturali, di fronte a un regime che conculcava ogni libertà.<br />
di terra e la gente continuasse a rivendicare l’appartenenza bara, un’italianità nuova, fresca e originale. In ognuno di Ma per le antiche ferite che stentano a cicatrizzarsi serve <strong>il</strong><br />
all’uno o all’altro stato. Soltanto i giuliani avvertivano noi c’è un senso morale delle cose che, in Italia, molti han- balsamo della solidarietà. Oggi che le frontiere non sono<br />
pienamente quello che era in gioco, cioè <strong>il</strong> loro stesso deno perduto”. Questo sentimento, diffuso in ogni ceto so- più muri invalicab<strong>il</strong>i, ma caselli autostradali tra paesi in<br />
stino sociale, civ<strong>il</strong>e e culturale che poteva essere segnato, ciale, spiega anche <strong>il</strong> primo esodo dalla Dalmazia dei pri- pace, i problemi degli esuli e quelli della minoranza istria-<br />
in quei disperati momenti, da un semplice tratto di penna o mi anni Venti, quando queste Terre Venete, plurietniche, na possono e debbono essere risolti con l’aiuto dell’Italia<br />
dallo spostamento di una linea su di una carta geografica. passarono, dopo la dissoluzione dell’Impero Asburgico, tutta.<br />
Gli eredi della latinità di Roma e di Venezia, i figli dei sotto la sovranità del Regno di Jugoslavia, dispotico, ma<br />
costruttori dei palazzi, delle logge, delle cattedrali e delle certamente non comunista.<br />
* EX SINDACO DI GORIZIA
L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004 PAG.5<br />
La festa dell’uva<br />
La nostra affezionata lettrice Giuliana Melzi, di Firenze, ci invia<br />
queste bellissime foto della “Festa dell’Uva”, tenutasi a<br />
Pola nel 1936.<br />
Pur immaginando di che cosa si trattasse, la redazione non è in<br />
grado di scrivere un articolo che possa adeguatamente accompagnare<br />
le immagini. Erano certamente tempi ancora sereni; in particolare,<br />
i tanti volti allegri e spensierati, oltre che belli, delle fanciulle<br />
istriane che appaiono in una delle immagini, lo fanno chiaramente<br />
capire.<br />
Si tratta di bei ricordi e magari, qualcuna riconoscendosi, sarà<br />
presa dalla voglia di raccontare, di rivivere quei momenti, rendendo<br />
anche tutti noi partecipi della sua gioia di allora.<br />
La Redazione rimane in fiduciosa attesa.<br />
Federazione. Perché Perché<br />
pensano di essere esser<br />
più bravi?<br />
di Gianantonio Godeas * 1983. Unica pausa allo sbragamento<br />
istituzionale è stata la trat-<br />
Sarebbe molto fac<strong>il</strong>e, se tativa, portata avanti dal sottose-<br />
non fosse tragico, ridicogretario Caputo, con Lubiana in<br />
lizzare la superficialità occasione dell’ accordo di stabi-<br />
con la quale la Presidenza della lizzazione per l’ingresso della<br />
Federazione da degli incompe- Slovenia in Europa. La condiziotenti,<br />
politicamente impreparati e ne posta dal governo Berlusconi<br />
disattenti ai vertici dell’Unione era di trattare in ordine ai “beni<br />
degli Istriani e del Libero Comu- abbandonati”, ma <strong>il</strong> governo<br />
ne di Pola in Es<strong>il</strong>io, per aver osa- cadde ed <strong>il</strong> Presidente Prodi<br />
to manifestare <strong>il</strong> proprio dissenso mandò subito Fassino a tranqu<strong>il</strong>-<br />
con la condotta da essa tenuta in lizzare Lubiana, affermando che<br />
merito ai problemi degli esuli tut- naturalmente avevamo scherzato<br />
tora irrisolti, ritenuta incoerente- e che dei beni dei profughi della<br />
mente acquiescente nei confronti zona B non interessava un bel<br />
del Governo. Una presa di posi- nulla, come dimostrato dall’aczione<br />
sicuramente sofferta e secettazione del “miracoloso” piaria;<br />
basti pensare che giuliani, no Solana.<br />
istriani, fiumani, e dalmati hanno Che pensare, poi, di Fassino e<br />
da sempre sostenuto le scelte del della sua promessa, formulata al-<br />
Governo nazionale, spinti dal lola stazione Marittima di Trieste,<br />
ro amore per la Patria, sia in pace di 5.000 m<strong>il</strong>iardi delle vecchie li-<br />
che in guerra.<br />
re per compensare gli esuli dei<br />
Un atteggiamento, questo, che beni ad essi sottratti e della suc-<br />
in alcun modo è stato premiato, cessiva legge 137, finanziata con<br />
anzi. La guerra fascista, l’otto 450 m<strong>il</strong>ioni a fronte di una valu-<br />
settembre, la cessione di Zara e tazione del loro valore, attualiz-<br />
delle isole dalmatiche, di Fiume e zato ad oggi, fatta dal segretario<br />
della costa liburnica prima di della Federazione - Stefani - am-<br />
qualsiasi trattativa, la non applimontante ad almeno 13.000 micazione<br />
dell’accordo raggiunto liardi?<br />
dal generale Morgan sugli appro- Finte di interessamento per le<br />
di e la negazione del plebiscito in richieste degli esuli a cui condi-<br />
Istria, la supina accettazione delzionare le trattative internazionala<br />
ridicola progettata costituzione li, promesse di accelerare la li-<br />
del TLT, la firma del Diktat di Paquidazione degli indennizzi con<br />
rigi e la mancata difesa degli ita- l’intervento di funzionari delliani<br />
della zona B, sono stazioni l’INPS che non hanno in merito<br />
della via crucis degli esuli. Ma le la più pallida idea, compromis-<br />
scellerate scelte del governo sono soria soluzione inventata da un<br />
continuate, con <strong>il</strong> pagamento dei fantasioso ministro per la restitu-<br />
danni di guerra subiti dai giuliazioni simbolica di qualche bene<br />
no-dalmati con coefficienti infe- …. ogni solidarietà viene espresriori<br />
a quelli riservati agli altri sa a parole agli esuli per alimen-<br />
cittadini italiani, con la cessione tare le loro speranze. In realtà, <strong>il</strong><br />
dei beni immob<strong>il</strong>i dei profughi Governo (purtroppo di qualsiasi<br />
del 1954, in compensazione dei matrice politica) continua a ge-<br />
danni di guerra che tutta l’Italia - stire i problemi degli esuli a pro-<br />
non solo i giuliano-dalmati - doprio piacimento, sacrificando i<br />
veva pagare alla Jugoslavia e da loro diritti sull’altare della real-<br />
ultimo, nonostante le promesse di politik che pone affari economici<br />
fermezza nella difesa dell’italia- ed interessi politici prima di tutnità<br />
della zona B, <strong>il</strong> “tradimento” to, talché <strong>il</strong> credere alle scelte<br />
di Osimo ed <strong>il</strong> suo perfeziona- governative è stato, in ogni temmento<br />
con <strong>il</strong> trattato di Roma del po, foriero di guai per le genti<br />
Ricordo ancora, come fosse ieri, <strong>il</strong> dolore sordo<br />
di quel poveretto che una sera fu portato nella<br />
nostra cella. La nostra sofferenza non era certo<br />
minore della sua, ma dalla sua postura trasudava<br />
una sensazione più forte del dolore più grande,<br />
una sorta di abbandono, di rinuncia a qualsiasi<br />
speranza, ad una incredulità sbalordita di fronte<br />
a tanta barbarie. Il pallore cadaverico del suo viso<br />
emaciato, coperto parzialmente da una barba<br />
ispida, biancastra, sporca, incrostata di muco e<br />
sporcizia, di sangue rappreso contrastava e completava<br />
l’espressione di quegli occhi scuri,<br />
infossati, incavati, rossi di lacrime. Non aveva<br />
più neanche la forza di piangere; gli avevano<br />
strappato anche quella insieme al rispetto di se’ e<br />
dei suoi principi morali.<br />
Le sue braccia scheletriche si tessero verso di<br />
noi in cerca di qualcosa che potesse riempire<br />
quel vuoto baratro in cui la sua anima era precipitata,<br />
perché essa potesse risalire verso la luce.<br />
Ma la luce non c’era più per lui. S’era spenta nel<br />
della V.Giulia, dell’Istria, di Fiume<br />
e della Dalmazia.<br />
Così, anche in occasione del<br />
dibattito parlamentare per <strong>il</strong> Patto<br />
di stab<strong>il</strong>izzazione con la Croazia,<br />
<strong>il</strong> possib<strong>il</strong>ismo buonista della<br />
Federazione degli esuli ha ricevuto<br />
l’ennesimo benservito dai<br />
politici italiani che, non dubitate,<br />
ora chiederanno cosa gli esuli vogliano<br />
ancora, dopo le leggi 72 e<br />
73, l’istituzione della “Giornata<br />
del Ricordo”, la legge “spetime<br />
un poco” 137 e la medaglietta in<br />
ricordo dei nostri poveri morti<br />
infoibati offerta agli eredi.<br />
Non si può far passare gli esuli<br />
per sprovveduti, impreparati, politicamente<br />
digiuni da parte di chi<br />
non ha la capacità per farsi sentire<br />
dalla Presidenza del Consiglio<br />
dei Ministri. Il Governo deve decidere<br />
se questo Stato - l’Italia -<br />
ha la statura internazionale per<br />
trattare alla pari con <strong>il</strong> Sanader di<br />
turno una revisione dei trattati e<br />
la conseguente restituzione dei<br />
beni - che può essere solo frutto<br />
di un accordo politico - oppure,<br />
qualora lo ritenga politicamente<br />
preferib<strong>il</strong>e per <strong>il</strong> paese, accogliere<br />
<strong>il</strong> principio dei “pacta sunt servanda”<br />
ed accettare qualche restituzione<br />
parziale e simbolica, in<br />
barba al trattato di Pace. In questo<br />
caso deve, allora, essere coerente<br />
e, soprattutto, onesto e rimborsare<br />
sollecitamente ed adeguatamente<br />
gli esuli aventi diritto,<br />
o i loro eredi, del valore attualizzato<br />
dei beni sequestrati da Tito<br />
e compagni. Ogni altra soluzione<br />
è contraria al diritto delle<br />
genti ed alla giustizia.<br />
Attendiamo le prossime mosse<br />
della Federazione, all’Aja, a<br />
Bruxelles, a Strasburgo all’ONU,<br />
qualora Roma continui a menarci<br />
per <strong>il</strong> naso! Non è possib<strong>il</strong>e che<br />
solo gli esuli rimangano derubati<br />
dal proprio Governo. Per ottenere<br />
qualcosa devono, forse, anche<br />
loro bloccare qualche stazione<br />
ferroviaria?<br />
* ESULE ISTRIANO<br />
Memoria della Prigionia<br />
di Maria Antonietta Stocchi*<br />
momento in cui la sua bambina era stata presa,<br />
oltraggiata, usata davanti ai suoi occhi costretti<br />
ad assistere allo scempio di quell’anima pura,<br />
vita della sua vita.<br />
Dopo la tortura senza fine, fu gettato come<br />
uno straccio vecchio, anonimo tra anonimi, vittima<br />
tra le vittime, in attesa del verdetto finale.<br />
Lo guardammo impietositi, gli porgemmo chi<br />
una ciotola d’acqua, chi un pane stantio, chi una<br />
vecchia coperta bucherellata sulle spalle segnate<br />
dalle percosse.<br />
Non disse e non fece nulla, si raggomitolò su<br />
se stesso con <strong>il</strong> capo nascosto tra le mani. Il mattino<br />
dopo era morto.<br />
Gli aguzzini lo gettarono nella fossa comune.<br />
Chissà se qualcuno della sua famiglia era ancora<br />
vivo?<br />
*Testimonianza di una sopravvissuta ad un<br />
campo di prigionia dopo la cattura ad opera<br />
dei partigiani di Tito.
PAG.6 L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004<br />
Una città senz’anima?<br />
Era una città con un’anima,<br />
la nostra. Le nostre. Legati<br />
dal dialetto, dall’ingenua<br />
convinzione di essere da sempre e<br />
per sempre qui radicati, dalla benevola<br />
accettazione dell’allegro<br />
ospite “cifariello”, che<br />
innamorandosi imparava a<br />
parlare come noi. Dalla contiguità<br />
senza data con gli<br />
slavi. Un esame quotidiano<br />
senza domande diffic<strong>il</strong>i,<br />
quelle se mai ci aspettavano<br />
a scuola, non erano per la<br />
vita. Le nostre scuole sono<br />
ancora al loro posto con le<br />
sagome solide, quadrate,<br />
protettive, e diresti di sentire<br />
i cicalecci e gli scalpiccii di<br />
tanti bambini e ragazzi che<br />
ci sono passati -noi e i nostri<br />
padri e nonni - e <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio<br />
e <strong>il</strong> rispetto nelle grandi<br />
aule coi soffitti alti, odore<br />
d’inchiostro e grandi finestre<br />
alle quali si affacciavano<br />
rami di pini, nuvole e uccelli<br />
e pioggia a compensarci<br />
dell’inevitab<strong>il</strong>e noia di<br />
quattro ore al chiuso, seduti<br />
composti, con le braccia<br />
conserte. Si fa per dire, ma<br />
la consegna era quella. E si<br />
usciva in f<strong>il</strong>a, senza schiamazzi.<br />
Si ritornava a casa a<br />
piedi, da soli, pregustando le occupazioni<br />
abituali del pomeriggio.<br />
Un libro, i giochi, per i più grandi<br />
la passeggiata ai Giardini. Li chiamano<br />
ancora così. Sui tronchi<br />
possenti dei lodogni verdeggiano<br />
prepotenti i rami giovani nati dopo<br />
l’energica potatura, la gente<br />
passa, si sorbe <strong>il</strong> gelato ai tavolini<br />
all’aperto, i turisti si soffermano<br />
curiosando tra le bancarelle di<br />
“robivecchi”. E’ rimasto solo <strong>il</strong><br />
nome. Non ce la prendiamo troppo.<br />
Anche i nostri figli e nipoti<br />
probab<strong>il</strong>mente si sarebbero dati<br />
abitudini nuove in posti diversi<br />
senza arrivare, però, all’oltraggio<br />
di cui mi accorgo involontariamente.<br />
Lungo le mura antiche che<br />
costeggiano i Giardini è stata scavata<br />
una trincea che ha portato alla<br />
luce mura più antiche, di grossi<br />
blocchi grigi. Neanche un metro<br />
sotto <strong>il</strong> livello dell’asfalto, c’è un<br />
angolo maleodorante. Non sono<br />
escrementi di cane, qui i marciapiedi<br />
sono puliti. Negli anni 50-60<br />
sui muri esterni della bas<strong>il</strong>ica di<br />
Parenzo era affisso un cartello che<br />
recitava brutalmente in serbo-<br />
di Licia Micov<strong>il</strong>lovich<br />
croato: Proibito orinare e defecare.<br />
Altri tempi. Già, altri tempi.<br />
Ciò che più colpisce e dispiace è<br />
l’aspetto maculato e slegato della<br />
città. Accanto a costruzioni ormai<br />
Verteneglio, 2 luglio 2004. Cerimonia di premiazione<br />
del Concorso Istria Nob<strong>il</strong>issima. Licia Micov<strong>il</strong>lovich<br />
ritira, dalle mani di Maurizio Tremul, <strong>il</strong> riconoscimento<br />
per <strong>il</strong> suo racconto autobiografico.<br />
decrepite, scorgiamo palazzi nuovi<br />
rut<strong>il</strong>anti di colori e cristalli,<br />
Max Mara, Benetton, fast-food:<br />
tanti v<strong>il</strong>laggi accostati gli uni agli<br />
altri come capita. E’ diventata una<br />
città senz’anima? Troppo pochi a<br />
difendere storia gusti e tradizioni,<br />
troppi trapianti di etnie diverse<br />
per gusti, storia, cultura e tradizioni.<br />
Due guerre, due ribaltoni, e si<br />
vede. Ne avessero fatto un giardino,<br />
mi leverei <strong>il</strong> cappello, ma così<br />
mi duole <strong>il</strong> cuore. Averla voluta<br />
con tanto accanimento e poi tenerla<br />
senza amore. E’ questo che ti<br />
schiaffeggia quando arrivi e vorresti<br />
andartene subito e ti chiedi<br />
cosa ci sei venuto a fare. Quello<br />
che riconosci non basta a convincerti<br />
di essere vissuto qui, un tempo.<br />
Ti salva un po’di f<strong>il</strong>osofia, tutto<br />
scorre, tutto passa, così va<br />
avanti la storia. “Voi siete portati a<br />
mitizzare;” mi dice un’amica,<br />
“qualche volta anche noi vorremmo<br />
scappare.” E un’altra aggiunge:<br />
“Anch’io vorrei scappare, ma<br />
per tornare.” Io penso che non tornerò.<br />
Lo dico ai rondoni che folleggiano<br />
in alto e ripiombano giù,<br />
a sfiorare quasi la testa della gente.<br />
Tanti rondoni così non li ho<br />
mai visti. Riempiono l’aria di strida<br />
a dispetto di tutti i rumori cittadini.<br />
Vecchia Rena, ti sei fatta<br />
vecchia anche tu, la pietra è<br />
corrosa, <strong>il</strong> colore incerto, sei<br />
stata incravattata. Vecchio<br />
Duomo, la guerra ti ha tolto<br />
ciò che non si può ricostruire.<br />
Però conservi sui grandi<br />
banchi alcune targhette<br />
d’ottone lucidato con <strong>il</strong> nome<br />
dei donatori, nomi sentiti<br />
tante volte, quindici in tutto.<br />
Sbisà, Mam<strong>il</strong>ovich,<br />
Grion, Cerlenizza, Argentini,<br />
Rizzi, Benussi… Per chi<br />
sa intendere parlano di cose<br />
lontane con un linguaggio<br />
che non mente.<br />
Al tramonto esco a prendere<br />
un po’ d’aria: via Besenghi,<br />
via Sissano, i Giardini, via<br />
Giulia, Campo Marzio. Cerco<br />
di ricordare se a quest’ora<br />
c’era sempre così poca<br />
gente per le strade. Non so,<br />
non ci riesco. Mi sono allon-<br />
tanata anch’io. Dobbiamo<br />
ammetterlo, i legami ormai<br />
sono soltanto ideali, mitizzati,<br />
appunto, come dice una<br />
mia amica. Mi presenta <strong>il</strong><br />
marito croato, persona colta<br />
e garbata, che mi dice: “Piacere<br />
mio”. Il giorno dopo anche la sorella<br />
di una mia compagna di<br />
scuola mi saluta così: “Piacere<br />
mio”. Mi commuovono come<br />
un’eco inaspettata queste due parole<br />
gent<strong>il</strong>i ripetute da persone diverse.<br />
Sì, resta qualcosa, a dispetto<br />
di tutto, della lontananza, del<br />
tempo, del nostro spaesamento,<br />
della critica fac<strong>il</strong>e.<br />
L’anima polesana balugina e palpita<br />
ancora. E’ stagione di lucciole,<br />
questa.<br />
***<br />
Sono ritornata a casa, ci ripenso,<br />
mi rivedo solitaria e un po’ sperduta<br />
a ripercorre quelle strade e<br />
mi prende, a tradimento, <strong>il</strong> pensiero<br />
che se mi fossi fermata di più<br />
qualcosa mi avrebbe catturato,<br />
avrei sentito richiami lontani provenire<br />
dalle vie, dall’aria polverosa,<br />
dagli odori - un pérgolo, un<br />
refolo, un’ombra - dagli scoiattoli<br />
di Monte Ghiro, dalle ghiandaie<br />
di Verudella, dagli altari delle scogliere.<br />
Sì, avrei incontrato e riconosciuto<br />
i ragazzi che siamo stati.<br />
LM.<br />
CON AMMIREVOLE TEMPISMO<br />
LA REGIONE LOMBARDIAAPPROVA<br />
LA PROPOSTA DI SILVIA FERRETTO (AN)<br />
DI STANZIARE UN CONTRIBUTO<br />
PER LA NOSTRA “GIORNATA DEL RICORDO 2005"<br />
MILANO - Apprendiamo con<br />
soddisfazione che è stata approvata,<br />
dal Consiglio Regionale della<br />
Lombardia, la proposta Ferretto di<br />
AN - per lo stanziamento di contributi<br />
per promuovere <strong>il</strong> "Giorno<br />
del Ricordo", con l'intento di conservare<br />
la memoria della tragedia<br />
degli italiani delle terre perdute, di<br />
tutte le vittime delle foibe e dell'esodo<br />
forzato di migliaia di Istriani,<br />
Fiumani e Dalmati dalle loro<br />
case. Con l'approvazione dell'ordine<br />
del giorno proposto dal consigliere<br />
di AN, la Regione ha detto<br />
sì allo stanziamento di fondi per la<br />
realizzazione di iniziative relative<br />
alla commemorazione del 10 febbraio<br />
2005, con studi, convegni,<br />
incontri e dibattiti organizzati da<br />
istituzioni ed enti finalizzati alla<br />
conservazione della memoria di<br />
quelle vicende e per la promozione<br />
di iniziative volte a valorizzare<br />
<strong>il</strong> patrimonio culturale, storico,<br />
letterario ed artistico degli italiani<br />
dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia.<br />
Visib<strong>il</strong>mente soddisfatta S<strong>il</strong>via<br />
Ferretto ha dichiarato: "E' un se-<br />
gnale molto importante di un'apertura<br />
verso una delle pagine<br />
meno conosciute della storia italiana.<br />
Riscoprire e divulgare la<br />
storia della "memoria negata" è<br />
dovere delle istituzioni e la Regione<br />
Lombardia ha confermato oggi<br />
<strong>il</strong> diritto di ogni cittadino lombardo<br />
di venire a conoscenza di quegli<br />
avvenimenti. E' un atto dovuto<br />
- ha concluso <strong>il</strong> consigliere regionale<br />
di AN - anche alle migliaia di<br />
esuli istriani, fiumani e dalmati<br />
che risiedono nella nostra regione".<br />
Simona Mottola<br />
Gli Alpini di Montréal<br />
Possono apparire incongrui<br />
e quasi surrealistici i riti<br />
degli Alpini - cori, preghiere,<br />
feste, bevute, rimembranze<br />
di naja - compiuti a migliaia<br />
di ch<strong>il</strong>ometri di distanza<br />
dall’arco alpino, da gente in su<br />
con gli anni, trapiantata in un’altra<br />
terra. Si sarebbe quasi tentati<br />
di sorridere di fronte alla tenacia<br />
di queste memorie guerriere nei<br />
figli montanari di un paese invece<br />
pacifista, che al cinema ha fatto<br />
del “Tutti a casa!” <strong>il</strong> grido di<br />
raccolta delle sue truppe allo<br />
sbando. Si potrebbe provare un<br />
moto di scetticismo, solo non conoscendo<br />
la profondità dei sentimenti<br />
che albergano nel cuore di<br />
tutti gli Alpini, e in particolare di<br />
questi, che, a migliaia di ch<strong>il</strong>ometri<br />
di distanza dalla madrepatria,<br />
celebrano con <strong>il</strong> vino, la<br />
grappa e i canti, le antiche memorie<br />
di un paese dopotutto<br />
straordinario.<br />
Il mito delle Penne Nere, in Italia<br />
e all’estero, è al centro di un<br />
culto nello stesso tempo sacro e<br />
profano, celebrante un’Italia<br />
schietta, leale, tenace che è l’esatta<br />
antitesi di quell’Italia pressapochista,<br />
esibizionistica, rumorosa,<br />
cialtrona che i mass media<br />
ogni giorno ci propongono, e<br />
che nei viaggi di ritorno mette<br />
ogni volta a dura prova, in noi<br />
emigrati, <strong>il</strong> nostro pur forte senso<br />
della patria. L’Italia del Cuore<br />
di De Amicis, come anche quella<br />
del Piccolo Alpino di Salvator<br />
Gotta, è un’Italia ufficialmente<br />
abolita. Abolita perché giudicata<br />
retorica da chi si gargarizza con<br />
le frasi alla moda e con gli slogan<br />
progressisti della retorica<br />
contemporanea.<br />
L’essenza più profonda di questo<br />
straordinario attaccamento al<br />
corpo degli Alpini sono la terra, i<br />
valori montanari, <strong>il</strong> culto delle<br />
tradizioni, l’amore della natura,<br />
ed una sana gioia di vivere. La<br />
geografia non è solo materia ma<br />
è spirito. Le montagne, i picchi,<br />
le valli, la flora, le marce, <strong>il</strong> vento,<br />
i canti, lo sforzo marcano per<br />
sempre l’anima di un giovane<br />
uomo che si apre alla vita, pronto<br />
al dono di sé, amante delle cose<br />
semplici, fedele alle memorie<br />
fam<strong>il</strong>iari e del v<strong>il</strong>laggio. Egli così<br />
resterà legato per sempre ai<br />
comm<strong>il</strong>itoni con cui ha frequentato<br />
questa magnifica scuola di<br />
valori. Io ho trovato l’odore buono<br />
di quest’Italia antica nella Casa<br />
del Veneto, in occasione di un<br />
di Claudio Antonelli<br />
incontro organizzato per celebrare<br />
quei quattro o cinque comm<strong>il</strong>itoni<br />
della Sezione Alpini di<br />
Montréal che combatterono nella<br />
seconda guerra mondiale, e<br />
che sono ancora, pur se un po’<br />
osc<strong>il</strong>lanti, sulla breccia. E non ho<br />
notato negli Alpini di Montréal i<br />
segni dell’amarezza o della delusione,<br />
nonostante i tanti anni trascorsi<br />
in Canada. Ho trovato anzi,<br />
in tutti quelli con cui ho parlato,<br />
senso pratico, avvedutezza,<br />
tranqu<strong>il</strong>lità di spirito. Il rapporto<br />
con la terra è stato, qui in Canada,<br />
sublimato nei riti dell’orto,<br />
del vino fatto in casa, dello chalet<br />
al nord e della scampagnata<br />
con gli altri Alpini. I viaggi in<br />
Italia hanno racquetato l’ansia<br />
del distacco. I figli nati qui hanno<br />
permesso di approfondire <strong>il</strong><br />
legame con la terra adottiva. Ho<br />
trovato, dicevo, questo buon<br />
odore di sentimenti, e ho provato<br />
serenità, conversando con le<br />
Penne Nere al mio tavolo. Ho<br />
ascoltato con interesse le loro<br />
storie.<br />
Alla base di ogni partenza verso<br />
l’estero vi furono <strong>il</strong> disastro della<br />
guerra e le ristrettezze del dopoguerra.<br />
Ettore Morganti, ex presidente<br />
degli Alpini, partì da un<br />
paesino meraviglioso, a due passi<br />
dalla Svizzera: Griante. La<br />
partenza fu da Bassano del<br />
Grappa per Alfredo Lazzarotto,<br />
con <strong>il</strong> quale ho conversato lungamente.<br />
Erano anche ospiti degli<br />
Alpini un paracadutista della<br />
Folgore, l’insegnante Giuseppe<br />
Tomaselli, e un bersagliere, <strong>il</strong><br />
geologo Riccardo Bonaccio, originario<br />
d’Ivrea La sezione di<br />
Montreal, sorta nel 1954, è la più<br />
antica del Nord America.<br />
Il suo attuale presidente è Ferdinando<br />
Bisinella. L’adunata nazionale<br />
si è svolta quest’anno in<br />
maggio a Trieste. Da Montréal vi<br />
hanno partecipato 4 o 5 Penne<br />
Nere. La Sezione Alpini di Montréal<br />
non è mai mancata a questo<br />
appuntamento. Dopotutto i viaggi<br />
più lunghi sono quelli che rendono<br />
i ritorni più dolci.<br />
Andando via dalla Casa del Veneto,<br />
ho voluto sapere da Bonfiglio<br />
Olmi, questo novantenne reduce<br />
della campagna di Russia,<br />
cosa fa sì che un uomo si trasformi,<br />
ad un certo momento della<br />
sua vita, in un Alpino per sempre.<br />
Mi ha risposto semplicemente<br />
di non saperlo, perché “io<br />
sono nato Alpino”.<br />
C.A. (Montréal, Canada)<br />
Il barbiere presso un accampamento del Quarto Reggimento Alpini 1915-<br />
18 (foto del Museo di Storia della fotografia, Fratelli Alinari, Firenze)
L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004 PAG.7<br />
disegno di Gigi Vidriz<br />
-”Bepi, te ga sentì del teremoto<br />
in Slovenia, Istria,Trieste e<br />
anca a Bolsano? Una volta i veci<br />
diseva che da noi no gavevimo<br />
quel pericolo, perchè le foibe faseva<br />
da sfiatatoi ai movimenti<br />
tetonici de la tera, invesse adesso...”-<br />
-”Caro Nane, adesso che le<br />
foibe xe piene dei ossi dei nostri<br />
poveri morti, quei sfiatatoi no i<br />
xe più e cussì i teremoti i vien<br />
anca ne le nostre tere. Però no’l<br />
ga fato gran dano: nè morti, nè<br />
grandi croli, solo un po’ de remitur<br />
e un po’ de spagheto per la<br />
zente e basta. Ma un picio teremoto<br />
xe sta anca da noi, solo che<br />
no’l iera un teremoto terestre,<br />
ma politico. El cavalier, povareto,<br />
ga ciapà anca lu un bel spagheto<br />
e questa volta no dala lega,<br />
ma da la vecia Balena bianca. I<br />
nostri governi, sia de destra che<br />
de sinistra, no i sa star insieme e<br />
governar come se devi, xe senpre<br />
qualchedun che serca de farli<br />
cascar; el boto dei ribaltoni xe<br />
diventà un sport nassional! E sì<br />
che’nei nostri governi le done xe<br />
stade senpre poche e meno che<br />
mai quele tetoniche.”-<br />
Ciacolade<br />
in punta<br />
di penna<br />
di S<strong>il</strong>via Lutterodt Sizzi<br />
Picia storia<br />
de mar<br />
Mia mama gaveva abitudini<br />
piutosto rigide. Co’ rivava<br />
l’estate andavimo sempre a Sisplass<br />
per i bagni e rare volte gavevimo<br />
cambià itinerario. Nono<br />
Piero saria sta più aventuroso,<br />
sempre in serca de posti novi sula<br />
nostra vastissima costa, ma mama<br />
no iera propensa ai cambi. Un per<br />
de volte ierimo stadi a Veruda -<br />
che a mi no me piaseva per gnente<br />
perchè me pareva de nudar in un<br />
lago. E qualche altra volta ierimo<br />
andadi al Bianco, che viceversa<br />
me piaseva assai, col mar averto e<br />
1’orisonte sconfinà.<br />
E iera sta cussì che un giorno se<br />
gavevimo trovadi tuti là, co’ el<br />
mar grosso, agitado assai. A pensarghe<br />
su adesso, a distansa de<br />
tanti ani, me par adiritura strano<br />
che mama se gavessi deciso per el<br />
“Bianco” in un giorno compagno,<br />
perchè se saveva con anticipo, osservando<br />
el tenpo, che le onde saria<br />
stade alte. Ma ierimo tuti là,<br />
con poca gente intorno, e noi pice<br />
se divertivimo a giogar nele “vaschete”<br />
perchè nel mar, scurissimo<br />
e pien de creste bianche, iera<br />
solo do nudadori esperti, giovinoti<br />
robusti, che dopo i gaveva fato<br />
presto a tornar a riva. Anche mama<br />
gaveva voia de far una bela<br />
nudada. La iera brava, ela! La stava<br />
in piedi su l’orlo dele roce candide<br />
a osservar le aque, pronta a<br />
Sommovimenti<br />
di Gecchi<br />
-”Bepi,xe poco de schersar,<br />
qua tra omini e natura la xe senpre<br />
più dura: quando se pensava<br />
de poder finalmente tirar el fià,<br />
xe saltà fora el pericolo più grosso:<br />
el terorismo islamico! Noi,<br />
da grandi moni, ghe gavemo anca<br />
spalancà le porte e i xe entrai<br />
a fiumi: dove che te te volti te<br />
vedi un mussulman!”-<br />
-”Nane, no xe el terorismo<br />
islamico, ma l’omo stesso el vero<br />
pericolo de sto pianeta. Da<br />
quando semo stai creai, no gavemo<br />
fato altro che far la guera a<br />
duti quei che ne capita tra i pie e<br />
no gavemo mai smesso. Le religioni,<br />
in genere, ga senpre sercà<br />
de mitigar el nostro bruto caratere,<br />
ma sensa tropo sucesso. Semo<br />
nati cussì e cussì dovemo finir.<br />
Speremo solo che sto povero<br />
pianeta gabi un po’ più de fortuna<br />
con la prossima rassa dominante:<br />
inseti, usei o chi altro vegnarà.<br />
Adesso vien che te porto<br />
dal sor Zacomo pel nostro solito<br />
bicer e do grapini: tra le poche<br />
poche robe bone che l’omo ga<br />
fato. Eviva el vecio Noè!<br />
Saludi a tuti dal vostro Gecchi.”-<br />
A.M.<br />
butarse. Le onde iera burascose e<br />
le dava l’impression de pegiorar.<br />
Cussì, dopo lunghe considerassioni,<br />
mama gaveva voltà le spale al<br />
mar e la stava per tornar de noi,<br />
‘co un’onda improvisa, più granda<br />
dele altre, altissima, se gaveva<br />
abatù sula spiageta coversendola<br />
tuta. La Rita e mi gavevimo urlà<br />
disperade: “Mama! El mar ne la<br />
ga portada via! La gavemo persa!”<br />
Nono Piero iera scatà in pie,<br />
pronto a butarse per el salvatagio,<br />
ma con altretanta velocità l’onda<br />
se gaveva ritirado e mama iera ancora<br />
là sempre in pìe, grondante<br />
aqua, come un “sorzo negà” ma<br />
sana e salva!<br />
No podevimo creder ai nostri oci!<br />
Alora la gaveva fato presto a corer<br />
de noi prima che rivassi una seconda<br />
ondada, e la ne gaveva<br />
contà che co la iera stada investida<br />
de tuta quel’aqua, sensa apigli dove<br />
guantarse, la gaveva fato fadiga<br />
a star salda sul posto.<br />
Se gaveva tratà de un sforso formidab<strong>il</strong>e<br />
ma istesso la ghe la gaveva<br />
fata a no perder l’equ<strong>il</strong>ibrio e<br />
a no vegnir travolta e portada via<br />
in mar. Per noialtre e per nono<br />
Piero, gaver mama con noi dopo<br />
una sim<strong>il</strong>e esperiensa iera poco<br />
meno de un miracolo E quela<br />
aventura cussì spaurosa, durada<br />
solo pochi istanti, no la gavevimo<br />
mai dimenticada. S.L.S.<br />
foto N. Gregorovich<br />
Una fiaba<br />
per grandi<br />
Gente mia, no sò a voi, ma a mi<br />
no me interessa propio veder i<br />
tanto reclamisadi f<strong>il</strong>m su “Il Signore<br />
degli Anelli”, la grande epopea<br />
cavaleresca inventada da<br />
Tolkien, un libro che ga fato sbrego<br />
‘pena vignù fora, stampà da la<br />
Rusconi nel 1970 e che el xe sempre<br />
rimasto su la cresta de l’onda.<br />
Tanto son sicura che nissun truco<br />
o creassion virtuale, per quanta<br />
maravea la possi far, riussirà a som<strong>il</strong>iarghe<br />
gnanca lontanamente a<br />
quel che la fantasia de ogni letor se<br />
pol crear de solo nel leger le 1357<br />
pagine (comprese le apendici<br />
esplicative) de ‘sta Tr<strong>il</strong>ogia che xe<br />
un capolavoro leterario unico nel<br />
suo genere. L’Autor, John Ronald<br />
Reuel Tolkien, grande studioso inglese<br />
de la leteratura anglosassone,<br />
celtica e medioeva1e, el scrive<br />
‘na fiaba per grandi, per quei (e de<br />
sicuro semo in tanti) che ga conservà<br />
drento de sè el fioluss che se<br />
incantava drìo mondi arcaici, ma<br />
che alora per lù iera più presenti<br />
del presente! Sò quanto me sentivo<br />
coinvolta mi, de picia, prima ne<br />
le fiabe de Grimm, pò ne le mitologie,<br />
saghe e cicli cavalereschi<br />
che papà me contava fin che no go<br />
‘rivà a legermele de sola.<br />
Iera roba che derivava de qualcossa<br />
che iera esistido: iera fumo che<br />
vigniva de antichi arosti! Questa<br />
epopea de Tolkien invesse la xe tuta<br />
inventada, ma con archètipi, ossia<br />
modeli antichi, che diventa figure,<br />
personagi straordinari con fisionomie<br />
inconfondib<strong>il</strong>i che se<br />
move in un mondo che no ga una<br />
data vera. Infati no se sà de dove i<br />
tira origine ma i ocupa genealogie<br />
che risali a una cosmogonia inven-<br />
di Edda Garimberti<br />
tada de sana pianta.’Sto termine,<br />
cosmogonia, che sembra ‘na parolassa,<br />
vol dir semplicemente la<br />
formassion, la genesi de un universo.<br />
I popoli antichi i se lo spiegava,<br />
ognidun a modo suo, co’ le<br />
mitologie! Urca! Me go impegolà<br />
in un discorso che me fa sudar patrone!<br />
Insoma, ‘sto mondo inventà<br />
el xe anca fornì de una precisa mapa<br />
geografica. El xe abità de Elfi,<br />
Orcheti, Omini, Nani, Draghi-<br />
Nazgûl, Re, Guerieri, Troll, Aventurieri,<br />
el ragno Shelob, Maghi e<br />
Mesiomini ciamadi anca Hobbit.<br />
Sarà propio questi ultimi, pacifici<br />
abitanti de la Contea, a distrigar el<br />
gropo e distruser l’Anel che xe in<br />
possesso de Sauron, personificassion<br />
del Mal che stà a Barad-dûr,<br />
la Torre Oscura, ne la Terra de<br />
Mordor . A quel Anel xe ligadi i<br />
Anelli del Potere e perciò, chi per<br />
una rason, chi per un’altra, tuti ghe<br />
fa la sguaita!<br />
Gente mia, xe impossib<strong>il</strong>e in poche<br />
rìghe dar gnanca ‘na palida<br />
idea de quel che ‘sto libro conta.<br />
Ve digo solo questo: lo go comprà<br />
e leto ‘pena publicà e no go volù<br />
più r<strong>il</strong>egerlo propio per no perder<br />
quela sorpresa, gioia, merav<strong>il</strong>ia e<br />
partecipassion che el me ga dà alora,<br />
al primo impato. No stè farve<br />
vignir i cavei driti no xe Fantassiensa,<br />
no xe Fantasy e no xe<br />
gnanca un rèpete de l’Anello del<br />
Nibelungo. El xe un “unico”, pien<br />
oltretuto de sugestioni f<strong>il</strong>osofiche<br />
e anca ‘na miniera per crear <strong>il</strong>ustrassioni.<br />
Mi ghe ne gavevo fata<br />
qualcheduna per gusto mio e una<br />
ve la fasso veder. Ma se volè saver<br />
chi e cossa che la rapresenta comprè<br />
el libro e legèvelo! | E.G.<br />
P O E S I A<br />
Nostalgia dell 'Istria<br />
Non ho che i ricordi<br />
biondi del grano<br />
col chiasso dei papaveri<br />
e qualche fiordaliso<br />
che raccolsi allora<br />
azzurro intenso<br />
come i nostri cieli<br />
quando corre <strong>il</strong> vento<br />
dal Carso e ci fa<br />
dentro sereni.<br />
Ho nostalgia<br />
della mia terra rossa<br />
del tremolar gent<strong>il</strong>e<br />
degli olivi<br />
verso <strong>il</strong> mare accecante<br />
-<strong>il</strong> nostro mare -<br />
del verde dei vigneti<br />
coi grappoli<br />
che attendono vendemmie.<br />
Mi tiene forte<br />
come una malia<br />
l'aspra carezza<br />
dell'idioma antico<br />
che per sentieri agresti<br />
svegliava albe lontane.<br />
Pompea Fabro Inclimona<br />
(Premiata alla I a edizione del<br />
concorso internazionale<br />
di Poesia "Papiro 2000")<br />
Rime Baùche<br />
di S<strong>il</strong>via Sizzi<br />
Ah, quei felici giorni del passado<br />
sensa tante richesse che te asfissia!<br />
Babe! Ricostruì quel tempo andado<br />
e... soto con la senere a far lissia!<br />
Ricordo<br />
di Etto Casalino<br />
a un anno<br />
dalla scomparsa<br />
A Eto mio!<br />
Le onde del mare<br />
ti sembravano<br />
<strong>il</strong> coro degli angeli.<br />
Le fronde dei pini<br />
<strong>il</strong> profumo<br />
di Stoia che accarezzò<br />
l’ultimo tuo soffio di vita.<br />
E le mie braccia<br />
lottavano insieme a te<br />
all’appuntamento<br />
con la morte.<br />
Ma l’amata tua Arena<br />
ti sussurrò <strong>il</strong> suo canto<br />
e lo facesti tuo.<br />
“... son nato drio l’Arena<br />
e là voio morir.”<br />
tua Nadia
PAG.8 L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004<br />
Arte Arte<br />
croata croata<br />
a Pola<br />
Semo partidi da Gorizia, in pulman, per una<br />
gita, de due giorni, organizada dala locale<br />
Anvgd, dal vulcanico Rudy, con meta Cittanova,<br />
Rovigno (pernotamento), Pola e Dignano. Esuli<br />
e non esuli i gitanti. L’amico<br />
Francesco vegniva da<br />
lontan: dal Veneto.<br />
Sul confin pochi controli.<br />
Pochi iera anche prima del<br />
ingresso de la Slovenia in<br />
Eu: no xe cambià gnente.<br />
Xe invesse salida sul pulman<br />
la Signora Rosanna,<br />
una competente guida turistica.<br />
A Cittanova gavemo<br />
pransà divinamente, a base<br />
de pesse, in un local italian:<br />
Da Sergio.<br />
Verso sera semo rivai a<br />
Rovigno in tempo per una<br />
visita guidada e per una foto<br />
su la “Balota”, la piera<br />
da la quale, mi muleto, in<br />
tempo de guera sfolado de<br />
Pola, me tufavo in mar.<br />
A Rovigno, mi e Francesco,<br />
gavemo... a posta incontrà<br />
Bruno con Rosetta.<br />
Se gavemo unì a loro per<br />
una splendida serata, naturalmente<br />
a base de pesse, in<br />
di Ruggero Botterini<br />
un local gestido da un croato con molie rovignese.<br />
Antipasto: sardele in savor, la fine del mondo.<br />
La matina dopo go fato el bagno, in mar naturalmente<br />
(!). Francesco iera<br />
in ansia perché la temperatura<br />
no iera favorevole:<br />
una tociada e col sal su<br />
la pele, subito partensa per<br />
Pola, sempre con la competente<br />
Rosanna.<br />
A Pola, tanta tristessa.<br />
Più divento vecio più go<br />
voia de rivederla, ma aumenta<br />
la malinconia, la<br />
nostalgia de la mia cara<br />
Pola italiana. Un giorno<br />
anche la nostalgia finirà:<br />
sì, sarà quando che i me<br />
meterà el capoto de legno.<br />
Gavemo fato un gireto<br />
per Port’Aurea passando<br />
davanti a Porta Gemina e<br />
soto l’Arco dei Sergi, per<br />
via Sergia fin in piassa Foro.<br />
Davanti a la Rena go...<br />
amirà... la stupenda arte<br />
croata: i BIECHI, segno<br />
ultra tangib<strong>il</strong>e, da tuti notado,<br />
con la bava a la boca,<br />
de una CUL.tura superiore.<br />
L’incendio ’incendio del<br />
Municipio di Portole Portole<br />
di Umberto Dussizza<br />
La notte tra <strong>il</strong> 18 e <strong>il</strong> 19 febbraio<br />
di sessant’anni fa mani sacr<strong>il</strong>eghe<br />
incendiarono <strong>il</strong> bellissimo<br />
edificio municipale di Portole<br />
e con esso andava in cenere<br />
anche l’archivio che dal 1850<br />
documentava la nostra storia e<br />
le nostre origini. L’odio viscerale<br />
nei confronti della comunità<br />
italiana non aveva limiti e doveva<br />
essere distrutto tutto ciò che<br />
le apparteneva.<br />
Apresidiare <strong>il</strong> paese erano<br />
soltanto sei m<strong>il</strong>iti della M.D.T.,<br />
armati di fuc<strong>il</strong>i mod. 91 e di<br />
bombe a mano, le famose “bal<strong>il</strong>la”<br />
che facevano rumore e<br />
nient’altro. Li coadiuvavano nel<br />
servizio di pattugliamento notturno<br />
alcuni volontari civ<strong>il</strong>i.<br />
La sera del 18, fino alle ore<br />
24, era di servizio la pattuglia<br />
formata da Nino Antonelli, m<strong>il</strong>ite,<br />
e da mio barba Toni, civ<strong>il</strong>e. I<br />
due, come se avessero sentito<br />
nell’aria qualcosa che li faceva<br />
sospettare di un imminente attacco,<br />
vollero andare anche nel<br />
cimitero di S. Cec<strong>il</strong>ia per accertarsi<br />
che non ci fossero partigiani<br />
nascosti. Con la baionetta in<br />
canna controllarono le chiome<br />
dei cipressi e quant’altro poteva<br />
offrire rifugio ai loro avversari.<br />
Lo zio, ex feldwebek delle<br />
Sturm truppen (truppe d’assalto<br />
addestrate al combattimento<br />
corpo a corpo) si sarebbe trovato<br />
a suo agio se si fosse incontrato<br />
con i drusi, anche se <strong>il</strong> rischio<br />
era folle perché in due potevano<br />
fare ben poco, considerando<br />
che Nino non aveva nemmeno<br />
adempiuto agli obblighi<br />
di servizio m<strong>il</strong>itare di leva. Lo<br />
Francesco Tromba e Ruggero Botterini<br />
Sessant’anni fa...<br />
zio, per non dimenticare <strong>il</strong> duro<br />
allenamento da recluta ricevuto<br />
nel periodo trascorso in prima linea<br />
sui Capazi, dalla fine della<br />
Prima guerra mondiale non aveva<br />
mai smesso di allenarsi, per<br />
conto suo, per cui quella notte<br />
voleva fare veramente sul serio.<br />
Rientrarono in caserma percorrendo<br />
la strada di Drio la Terra<br />
e giunti sull’aia dove c’era <strong>il</strong><br />
traliccio dell’alta tensione, posizione<br />
strategica che dominava<br />
tutta la zona verso <strong>il</strong> Carso, sostarono<br />
brevemente per accertarsi<br />
che non ci fosse movimento<br />
di persone. Per interrompere <strong>il</strong><br />
s<strong>il</strong>enzio della notte ma soprattutto<br />
per far sapere ai loro avversari<br />
che <strong>il</strong> servizio di vig<strong>il</strong>anza funzionava,<br />
spararono alcuni colpi<br />
di fuc<strong>il</strong>e. Purtroppo tutto fu vano,<br />
perché dopo qualche ora la<br />
situazione nel paese era drammatica.<br />
Come rientrarono in caserma<br />
a dar loro <strong>il</strong> cambio era<br />
già pronta la pattuglia composta<br />
da Ezio Rinandi, civ<strong>il</strong>e, e da un<br />
m<strong>il</strong>itare. Ezio lo conoscevo molto<br />
bene perché con Fauro Aloi e<br />
Giorgio Bassanese, anche se minorenni,<br />
durante le vacanze estive<br />
andavamo molto spesso a<br />
caccia di selvaggina. Egli sapeva<br />
maneggiare con destrezza i<br />
due fuc<strong>il</strong>i da caccia del Sior Barbeta,<br />
nonno di Fauro, e quando<br />
sparava non falliva mai un colpo.<br />
Per fortuna quella notte<br />
toccò a lui scontrarsi con avversari<br />
molto numerosi e bene armati,<br />
che più tardi avrebbero<br />
compiuto <strong>il</strong> folle gesto di incendiare<br />
<strong>il</strong> palazzo municipale.<br />
I partigiani erano venuti in<br />
paese senza che nessuno li sentisse;<br />
per questo lo zio e Nino<br />
non si accorsero che circa sessanta<br />
persone si erano avvicinate<br />
al capoluogo, provenienti proprio<br />
dalla zona del Carso. Ezio si<br />
trovava sotto la loggia con un<br />
m<strong>il</strong>ite e Romano Pocecco i quali<br />
scapparono appena visti i partigiani.<br />
Lui rimase da solo in mezzo<br />
alle pallottole che gli fischiavano<br />
intorno. Ancora oggi considero<br />
Ezio un vero eroe, perché<br />
grazie al suo coraggio e soprattutto<br />
allo spirito di abnegazione,<br />
i m<strong>il</strong>iti che dormivano nel dopolavoro<br />
poterono mettersi in salvo.<br />
Quella notte mio padre era già<br />
al lavoro quando, uscendo di casa<br />
per recarsi nel locale dove<br />
avevamo <strong>il</strong> forno per cuocere <strong>il</strong><br />
pane, udì voci di persone che<br />
non conosceva che erano andate<br />
dal segretario Lughi per farsi dare<br />
<strong>il</strong> binocolo. Più tardi mio padre<br />
venne in camera da letto per<br />
svegliarci e farci vedere <strong>il</strong> centro<br />
del paese <strong>il</strong>luminato a giorno.<br />
Rivedo ancora la sua faccia terrorizzata<br />
perché ignorava tutto.<br />
Dopo che i drusi se ne furono<br />
andati qualcuno dette l’allarme<br />
suonando le campane. I numerosi<br />
intervenuti non poterono, tuttavia,<br />
fare altro che assistere impotenti<br />
allo scempio dell’edificio<br />
in fiamme. Da sei giorni, infatti,<br />
non funzionava l’acquedotto,<br />
perchè <strong>il</strong> capoluogo era<br />
privo d’acqua. Le campane suonarono<br />
a morto!<br />
Per gli slavi delle frazioni finalmente<br />
era giunta l’ora di cantare<br />
vittoria, di imporre la loro<br />
supremazia e di annientarci per<br />
sempre, anche grazie al famigerato<br />
Trattato di Pace del 1947.<br />
Ricordi di guerra<br />
di Vanda Brenci Brecevic<br />
Con l’inizio della Seconda Guerra mondiale, gli uomini idonei partirono<br />
per le varie destinazioni alle quali erano stati destinati durante <strong>il</strong> periodo<br />
di servizio m<strong>il</strong>itare.<br />
Non tardò ad arrivare la chiamata per mio padre che apparteneva alla<br />
Marina m<strong>il</strong>itare. Vestiva la divisa di sottufficiale e devo ammettere che<br />
faceva la sua figura in quanto oltre ad essere giovane (non aveva nemmeno<br />
40 anni) era anche un bell’uomo. Partì da Fiume per Trieste da dove<br />
sarebbe ripartito per destinazione ignota. Io e mia madre lo accompagnammo<br />
alla stazione ferroviaria ma per disordini improvvisi avvenuti<br />
lungo la ferrovia, <strong>il</strong> treno partì con un notevole ritardo. Mio padre propose<br />
di uscire fuori dalla stazione (dove c’era uno studio fotografico) per<br />
avere una foto ricordo di quel giorno tanto triste. A distanza di tanti anni<br />
guardandola non posso fare a meno di ricordarmi <strong>il</strong> dolore che si leggeva<br />
in tutti quei volti consapevoli che <strong>il</strong> ritorno a casa di tanti giovani non era<br />
affatto una certezza. Mio padre venne imbarcato su un cacciatorpediniere<br />
che aveva <strong>il</strong> compito di scortare le grandi navi piene di truppe e munizioni<br />
nei porti assegnati. Più volte furono attaccati dal nemico, ma in una<br />
battaglia aeronavale la nostra Marina, oltre ai mezzi di trasporto, perse<br />
un ingente numero di uomini, ma prima di morire tanti credettero in un<br />
aiuto che nessuno poteva loro fornire, così morirono tra atroci sofferenze.<br />
Io sono in possesso delle Croci al Merito di Guerra (una avuta nel<br />
1941 e l’altra l’anno successivo), consegnate a mio padre da parte del<br />
Ministero della Marina in data 12 febbraio 1947, perché disimpegnava i<br />
propri compiti con coraggio, abnegazione e sentimento del dovere nelle<br />
acque del Mediterraneo. Ricordo che mio padre, dopo essere stato ricoverato<br />
in più ospedali, ritornò a casa ma fu destinato alle unità terrestri e<br />
prestò servizio nel cantiere di Fiume, ma soprattutto all’Arsenale di Pola.<br />
Mio padre raccontò più volte le vicissitudini trascorse in guerra ma<br />
soprattutto di quando perse i suoi marinai; in particolare, ricordò un<br />
giovane marinaio <strong>il</strong> quale lo pregò di ucciderlo a causa delle atroci sofferenze<br />
dovute elle profonde ferite; mio padre in preda allo shock subito<br />
andò a sedersi sopra le munizioni ma ebbe la fortuna di trovarsi in mare<br />
nel momento in cui le munizioni scoppiarono sotto <strong>il</strong> fuoco nemico. Da lì<br />
vide <strong>il</strong> cacciatorpediniere, che tanto si era tanto distinto durante la guerra,<br />
inabissarsi.<br />
Negli anni trascorsi da allora, si sono susseguite parecchie guerre che<br />
hanno portato morte e distruzione con sé ma ora, con la saggezza della<br />
vecchiaia, mi sorge spontanea una domanda: perché sono sempre i giovani<br />
a pagare <strong>il</strong> prezzo più alto? Questa mia domanda purtroppo non potrà<br />
mai avere una risposta sensata in quanto l’unica colpa che una persona<br />
possa avere è quella di essere nata in un periodo sbagliato, in quanto i<br />
giovani d’oggi pagano le conseguenze di quelle inut<strong>il</strong>i e disastrose guerre<br />
che già allora hanno rovinato la vita a noi che abbiamo vissuto le tragedie<br />
della guerra. Ma cosa ci si può aspettare in conseguenza ad una<br />
guerra?<br />
El rullo polesan<br />
Vi mando la fotografia<br />
di un rullo<br />
compressore per<br />
lavori stradali scovato<br />
lungo l’argine<br />
del Piave in località<br />
Ponte della Priula<br />
in provincia di Treviso.<br />
E’ un autentico<br />
“cimelio polesan”<br />
tenuto in perfetto<br />
stato di conservazione<br />
da Tullio<br />
Brussi, ultimo erede<br />
dell’impresa<br />
Brussi di Pola, poi<br />
esule a Treviso.<br />
Quindi anche <strong>il</strong><br />
rullo è un esule!<br />
E’ stato portato<br />
via da Pola nel ‘47<br />
dove aveva contribuito per tanti anni alla sistemazione delle strade<br />
istriane e poi ha continuato la sua vita operosa a Treviso. Si gode adesso<br />
una meritata pensione.<br />
Un particolare: la muleria de via Carpaccio aveva adottato quale<br />
quartier generale delle sue gesta sassaiole uno dei depositi dei materiali<br />
da costruzione dell’impresa Brussi situato in via Badoglio angolo via<br />
Lepanto proprio di fronte al caligher. L’area confinava con le stalle dei<br />
Clapis (Nini Clapis ultimo dei fratelli ci ha lasciati pochi mesi fa) ed un<br />
alto muro bianco faceva da confine.<br />
Giocare a “sconderse” in un labirinto di travi di legno e di ferro e<br />
mucchi di altro materiale era <strong>il</strong> massimo divertimento della “picia muleria<br />
dispetosa” come qualche signora ci chiamava.<br />
Marietto Marotta con la camicia bianca tutta sbottonata, rosso in viso,<br />
ci guidava in qualche battaglia sassaiola contro i muli Calderara. I<br />
sassi fischiavano alle orecchie dei più piccoli vigliacchetti nascosti, per<br />
paura di prenderle, sotto una catasta di legname, sfidando piuttosto le<br />
pantigane che le sberle del ... nemico!<br />
“Ierimo proprio pici...” ma grazie al rullo sembra appena ieri!<br />
Un saluto ai... nemici... Calderara in Australia, a Marietto Marotta e a<br />
sua sorella Margherita moglie di “Napoli”, <strong>il</strong> compagno di avventure<br />
belliche di Dan<strong>il</strong>o Colombo nel libro “Marò”.<br />
BRUNO CARRA
L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004 PAG.9<br />
Atmosfere Atmosfere<br />
Mitteleuropee Mitteleuropee<br />
a Grado<br />
Venerdì 3 settembre 2004 - alle ore 17,30 -<br />
presso l’ex Chiesa di San Rocco,<br />
adiacente la Bas<strong>il</strong>ica del Duomo di Grado, si terrà la<br />
Tavola rotonda sulle problematiche legate<br />
alle terre adriatiche.<br />
PR O G R A M M A<br />
Saluto del Presidente<br />
LUIGI PONTEL<br />
Introduzione di<br />
GIO’ e ALVARO FERRANTE<br />
Interventi di:<br />
GIORGIO GASPAR<br />
su “Cenide l’istriana”<br />
ROMANA DE CARLI SZABADOS<br />
su “Carlo Imperatore della Pace”<br />
FRANCO FORNASARO<br />
su “Etnie tra rispetto e vig<strong>il</strong>anza”<br />
PIERO TARTICCHIO<br />
su “Ragusa 5a Repubblica marinara”<br />
Conclusione di<br />
ANTEO LENZONI<br />
B I B L I O T E C A<br />
Tessere di vita<br />
Con la parsimonia che le è propria<br />
la zaratina Caterina Felici,<br />
da decenni esule nelle Marche, ha<br />
dato alle stampe una nuova s<strong>il</strong>loge<br />
di poesie intitolata “Tessere di vita -<br />
Longo Editore 2004 - pagg. 76 - Euro<br />
7,50, continuando <strong>il</strong> discorso iniziato<br />
fin da “Reciproco possesso”<br />
(1975) e portato avanti a tappe sempre<br />
più vissute.<br />
Il tempo, archisema<br />
della sua<br />
produzione, la<br />
conduce a rievocazioninostalgiche<br />
del passato e<br />
alla “dolce sacrale<br />
attesa” del<br />
futuro. Ma è nel<br />
presente che<br />
l’autrice trova<br />
motivi di meditazione,cogliendone<br />
nella apparente<br />
immob<strong>il</strong>ità<br />
l’inesorab<strong>il</strong>e<br />
panta rei. La coscienza<br />
del faticoso<br />
mestiere di<br />
vivere è sig<strong>il</strong>lata<br />
in composizioni<br />
brevi secondo la<br />
misura che le è<br />
congeniale,<br />
espresse con una<br />
scrittura sempre<br />
concisa e limpida, apparentemente<br />
semplice e invece, densa di valori.<br />
Con pacatezza e autodominio Cate-<br />
di Liana De Luca<br />
rina Felici non si nasconde “le aggressioni<br />
del dolore”, ma più spesso<br />
si lascia incantare da un “Limpido<br />
mattino” Limpido <strong>il</strong> mattino / splendente<br />
di sole. / Con gioia mi abbandono<br />
/ al suo abbraccio di luce”. Fa<br />
da sfondo <strong>il</strong> mare, l’amarissimo<br />
<strong>Adriatico</strong>, memoria dell’infanzia e<br />
conforto nella maturità. S’insinua <strong>il</strong><br />
gioco “sapiente<br />
dell’ironia che<br />
demitizza <strong>il</strong><br />
dramma nella<br />
misura dell’epigramma:<br />
“Scie<br />
variopinte di foglie<br />
/ nel vento<br />
d’autunno./ Allegria<br />
di morte”<br />
(Allegria di morte).<br />
Così anche <strong>il</strong><br />
dolore per la recente<br />
scomparsa<br />
della sorella,<br />
composto nella<br />
lirica che apre la<br />
s<strong>il</strong>loge, è superato<br />
con slancio<br />
positivo: “Non ti<br />
sento possesso<br />
della morte; / resti<br />
luminosa<br />
creatura di vita”<br />
(Luminosa creatura<br />
di vita).<br />
L.D.L.<br />
Per richiedere <strong>il</strong> libro rivolgersi a:<br />
Caterina Felici -Via Padre M. Kolbe,<br />
72 - 61100 Pesaro<br />
...accadde in Canada nel 1975<br />
Capita ogni tanto che, scartabelando<br />
nei cassetini del zervel<br />
salti fora ricordi messi in un cantonsin.<br />
Xe ricordi delicati, involtissadi<br />
in carta velina, come se usa<br />
far, per esempio, con un “corsage”,<br />
usado in qualche ocasion tuta<br />
speciale e messo via per salvarlo<br />
dala corosion del tempo.<br />
Alora se comincia tirar fora veci<br />
album de fotografie o vece “slides”<br />
come quele che mi usavo far<br />
tanti ani fa. Xe sta giusto legendo<br />
l’anuncio del novo libro che don<br />
Ettore Malnati ga scrito su Monsignor<br />
Santin, che me xe saltà fora<br />
certi fati, sentidi contar de mia mama,<br />
sula fam<strong>il</strong>ia del Vescovo; e<br />
esperienze mie personali de tanto<br />
tempo fa. Cussì, come go fato publicando<br />
su L’Arena quel che savevo<br />
sula fam<strong>il</strong>ia Von Trapp, voleria<br />
‘desso condivider ‘ste mie<br />
esperienze con voi e spero che gavaré<br />
voia e pasiensa de starme a<br />
leger. Nel suo libro “Al tramonto”,<br />
Monsignor Santin ricorda i tempi<br />
co’l iera seminarista a Maribor e<br />
l’andava a trovar la sua fam<strong>il</strong>ia a<br />
Vienna durante le vacanse.<br />
Come tuti i civ<strong>il</strong>i de Pola, anche<br />
lori i iera stà internadi in Austria.<br />
Altretanto ghe gaveva tocà a mia<br />
nona Lucia, co’ le sue due fie: Maria<br />
(mia mama) e sua sorela Melania.<br />
I mas’ci i iera al fronte. Le xe<br />
stade a Vagna, in campo per no so<br />
quanto tenpo. Go anca una fotografia<br />
de tre mule sbarassine (beata<br />
gioventù), che per far una ridada,<br />
le se gaveva vestì de m<strong>il</strong>itar.<br />
Quando le ga trovà lavoro in una<br />
fabrica de ciocolata le se ga trasferì<br />
a Vienna in un palasso.<br />
Lo stesso ga fato la fam<strong>il</strong>ia de Antonio<br />
Santin, quando suo papà ga<br />
trovà lavoro nela local<br />
manifatura tabachi.<br />
Cussi mia nona<br />
Lucia che la iera de<br />
Gimin e la mama de<br />
Santin, rovignese, le<br />
iera diventade bone<br />
amiche.<br />
Mama se ricordava<br />
ben quando el giovane<br />
seminarista el tornava<br />
a casa per le<br />
vacanze, ma ghe tocava<br />
lavorar per la<br />
panatica. A quei<br />
tempi iera fame per<br />
tuti, a meno che no<br />
se magnassi solo<br />
ciocolata. A guera fi-<br />
nida tuti xe tornadi a<br />
casa, mama la se ga<br />
sposà, son nata mi e<br />
don Amtonio xe diventà<br />
paroco de Pola.<br />
Nel 1935 semo andadi a Fiume e<br />
Mons. Antonio Santin iera entrado<br />
solenemente in cità, diventado vescovo<br />
za do ani prima.<br />
Xe là che’l me ga cresimà. Nona la<br />
iera a Fiume proprio quando el Vescovo<br />
ga celebrà ‘na Messa speciale<br />
al Tempio votivo de Cosàla.<br />
Quel giorno me xe vignù l’idea de<br />
profitar de l’ocasion per portar nona<br />
(che la gaveva otanta ani) a zercar<br />
de avicinarlo.<br />
No go fato altro che meterla davanti,<br />
in prima f<strong>il</strong>a, cussì che’l la<br />
vedessi vignindo fora de la Cesa.<br />
E cussì xe stà. El Vescovo la ga riconossuda,<br />
el se ga fermà davanti<br />
de ela e el ga dito in rovignese:<br />
“Siora Lussia...” che emossion per<br />
ela, povera, esser stata riconossuda<br />
mentre do lagrime le ghe colava<br />
sul viso. Po’ xe rivà la seconda<br />
di Uccia Ivis Superina<br />
Tre mule polesane a Vagna (mama<br />
xe quela a destra)<br />
guera. Semo scampadi a Trieste e<br />
el nostro Vescovo el iera là anca<br />
lu. Mi son partida per el Canada,<br />
ma quando nel ‘76 co’ xe morto<br />
papà go dovù tornar a Trieste per<br />
portar via mama con mi. Prima de<br />
far ritorno semo andade a saludar<br />
Monsignor e gaver la sua benedission.<br />
El Rosario che’l me ga regalà<br />
in quela ocasion xe restà l’ogeto<br />
più pressioso che go.<br />
Nel fratenpo, nel ‘74 mio marì e<br />
mi, ierimo andadi a Roma per el<br />
raduno dei fiumani e sopratuto per<br />
partecipar ala presentassion del libro<br />
“Per ricordar le cose che ricordo”<br />
de Giani Grohovaz, poeta<br />
e scritor fiuman, amico nostro.<br />
Su quel libro mi gavevo fato, da<br />
d<strong>il</strong>etante, el disegno a pena de la<br />
copertina e altre figure nell’interno.<br />
A raduno finido, mio marì ga<br />
ciapado el treno per Trieste con<br />
l’intension de andar a far visita a<br />
Monsignor Santin e invitarlo a vignir<br />
in Canada a trovar la sua gen-<br />
Monsignor Antonio Santin insieme a un gruppo di esuli davanti<br />
alla Chiesa “Holy Rosary” a Toronto in Canada nel 1975<br />
te. Cossa ga dito l’Arcivescovo in<br />
quela ocasion mio marì no lo ga<br />
contà che dopo tanto tempo, anche<br />
se no iera roba de poco atraversar<br />
l’Atlantico per visitar le sue “pecorelle<br />
emigrate”. Per dirla in poche<br />
parole, Monsignor Santin ga<br />
acetà l’idea fidandose della nostra<br />
promessa de una organisassion<br />
eficiente.<br />
L’ano dopo, alla fine de apr<strong>il</strong>e del<br />
‘75, el Monsignor, ‘compagnado<br />
dal suo segretario, don Malnati, xe<br />
rivà a l’aeroporto de Toronto acolto<br />
da una comitiva de esuli menbri<br />
del Comitato organisator. Nissun<br />
gaveva esperiensa, solo tanta bona<br />
volontà e tanto bonsenso. Tuta la<br />
Comunità giuliano-dalmata ga<br />
partecipà comossa e compatta,<br />
metendo de parte i pici screzi e le<br />
diferenze ideologiche. Monsignor<br />
Santin ga celebrà solenemente la<br />
Messa nela Cesa de “Holy Rosary”<br />
de St. Michael’s College; el<br />
ga comunicà e cresimà i nostri<br />
fioi, el ga parlà a una classe de italiani<br />
dove che el fradel de mia cognada<br />
Padre Rocco Volpe fasseva<br />
l’insegnante. El xe andà a trovar i<br />
fiolussi de un as<strong>il</strong>o italian dove el<br />
picio de Giani Grohovaz lo ga<br />
acolto con un masso de fiori e el<br />
ghe ga recità una poesia de benvenuto.<br />
Infin Monsignor Santin ga<br />
fato visita, per le case, a quei esuli<br />
anziani che non podeva moverse;<br />
tra questi la sua anica d’infansia,<br />
la rovignese Eufemia Rismondo.<br />
El xe sta l’ospite d’onor in una serata<br />
de gala indimenticab<strong>il</strong>e, intanto<br />
che sonava l’orchesta dei<br />
studenti de la scola de musica del<br />
maestro Giani Stuparich de Pola.<br />
Al Consolato d’Italia el xe stà ricevudo<br />
uficialmente: el xe stà alogià<br />
in “Castel” dove el se ga trovà<br />
tanto ben, anche se purtropo el<br />
doveva farse tre piani de scale a<br />
pie per arivar al suo apartamento.<br />
El logo iera la Cesa de Santo<br />
Alfonso, parochia italiana a Toronto,<br />
afidada ale suore Orsoline<br />
soto la guida del paroco don Mario<br />
Bufalini. Don Mario iera un<br />
violinista, ‘passionado e sensib<strong>il</strong>e,<br />
che gaveva la musica ne l’anima.<br />
El Monsignor, da giovane, el<br />
gaveva studià al violin anca lu e<br />
quindi el ga ‘ssai apressà le melodie<br />
sonade dal paroco. Mai me saria<br />
immaginà che un giorno, grassie<br />
a quel “dottor Superina” de<br />
mio marì che gaveva organizà l’avenimento,<br />
gavessi avù l’onor e el<br />
priv<strong>il</strong>egio de goder de la compagnia<br />
del nostro Arcivescovo.<br />
Finido el programa uficial, xe<br />
rivà, dulcis in fundo, la visita ale<br />
Cascate del Niagara<br />
e qua, stando ale parole<br />
de Monsignor<br />
Santin, se gaveva<br />
averado un suo sogno<br />
che al gaveva<br />
avù fin de putel: veder<br />
quele cascate.<br />
Anche se pioveva<br />
gavemo fato de tuto<br />
perchè no’l se bagnassi,<br />
no’l ciapassi<br />
fredo e no’l se rovinassi<br />
quela giornata<br />
particolar. La sua<br />
gioia iera cussì<br />
granda che’l me pareva<br />
un fiol. Da Toronto<br />
lo gavemo<br />
‘compagnà a Montréal<br />
dove lo spetava<br />
un’altra calorosa<br />
acoliensa: la celebrassion<br />
de la Messa solenne a<br />
“Nôtre Dame dela Difesa” co’l<br />
Vescovo aus<strong>il</strong>iare italian Monsignor<br />
Cimichella; ‘na visita ai Padri<br />
dela parochia italiana “Notre<br />
Dame dela Consolata” e l’incontro<br />
de gala co’i esuli entusiasti.<br />
E come sempre xe rivà el momento<br />
del comiato.<br />
Nel viagio de ritorno el ga dovù<br />
fermarse a Roma, “invitado” in<br />
Vaticano, e là i lo ga “s<strong>il</strong>urà”(come<br />
ga scrito la signora Sara Harzarich<br />
Pesle su L’Arena del 30 novenbre<br />
2003).<br />
Amaro tramonto de un “grande<br />
omo”, dopo una vita dedicada solo<br />
al bene dela sua gente. Ma la<br />
giustissia no xe de questo mondo<br />
(...e tanto meno la vien praticada<br />
in Vaticano), ma questo lo savemo<br />
ben tuti noi. Tiremo ‘vanti...<br />
U.I.V.
PAG.10 L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004<br />
Ancora precisazioni<br />
sulle pensioni INPS<br />
Riceviamo, per conoscenza,<br />
la seguente lettera inviata dal<br />
sig. Carlo Montani al Direttore<br />
di “Difesa Adriatica”, dottoressa<br />
Patrizia Hansen.<br />
Egr. Direttore, apprendo con<br />
stupore e con sdegno, dal Suo<br />
surreale articolo di giugno circa<br />
l’annosa vicenda della perequazione<br />
sulle maggiorazioni<br />
pensionistiche dovute dall’IN-<br />
PS ad ex combattenti ed esuli,<br />
che <strong>il</strong> sottoscritto avrebbe chiesto<br />
“scusa”. Apprendo, altresì,<br />
che la fantomatica lettera di<br />
scuse sarebbe stata pubblicata<br />
dal Suo giornale e che avrei<br />
“preso atto della posizione corretta”<br />
espressa dal Vostro consulente<br />
legale. Non ho mai<br />
chiesto scusa a chicchessia, per<br />
non dire che nei numeri di “Difesa<br />
Adriatica” da lei citati non<br />
esiste traccia della mia lettera.<br />
Quanto al Vostro ineffab<strong>il</strong>e<br />
consulente, sappia che è stato<br />
l’avv. Andreicich a rivedere la<br />
posizione assunta in gennaio,<br />
allorché aveva sorprendentemente<br />
affermato di ritenere<br />
“corretta” l’interpretazione<br />
dell’INPS e che, nel parziale<br />
adeguamento successivo, ha<br />
mutuato ampi stralci della mia<br />
dettagliata e garbata protesta<br />
(sia pur senza citarmi). In effetti,<br />
rimango nella certezza<br />
che le perequazioni siano un<br />
obbligo di legge, come risulta<br />
dalla lettura oggettiva dell’articolato<br />
e, soprattutto, come è<br />
stato riconosciuto in sede giudiziaria<br />
con sentenze di primo<br />
e secondo grado che hanno visto<br />
la condanna dell’INPS. Per<br />
carità di Patria rinuncio ad ulteriori<br />
confronti sulle ragioni<br />
che Vi consigliano, unitamente<br />
all’ANVGD, di assumere anche<br />
in questa materia una linea<br />
contraria alle attese ed al diritto<br />
degli Esuli (che Voi dovreste<br />
tutelare), ma esigo la pubblicazione<br />
della presente a difesa<br />
della mia onorab<strong>il</strong>ità e, prima<br />
ancora, della verità. Confermo<br />
quanto già scritto, a mia firma,<br />
su “L’Arena di Pola” (grazie<br />
alla cortese ospitalità del Generale<br />
Mazzaroli) e su “Trieste<br />
Oggi” (grazie a quella del dr.<br />
Radivo) e smentisco ad ogni<br />
effetto di aver chiesto scusa. In<br />
verità, “<strong>il</strong>lo tempore” invitai<br />
l’avvocato Andreicich a “giustificare”<br />
<strong>il</strong> fatto che avessi<br />
scritto manualmente anziché al<br />
computer la mia lettera dell’8<br />
marzo in cui, ben s’intende, ribadivo<br />
la mia posizione. Ebbene,<br />
se questa “giustificazione”<br />
formale fosse diventata una<br />
scusa di merito per devianti interpretazioni<br />
di parte, saremmo<br />
in presenza di un clamoroso<br />
falso ideologico. Quale male<br />
minore non mi resta che confidare<br />
nel “giovan<strong>il</strong>e errore” del<br />
Vostro legale - giacchè “magna<br />
debetur pueris reverentia”<br />
– e nella Sua impertinente<br />
informazione di seconda o terza<br />
mano, per cui Lei, egregio<br />
Direttore, ha pubblicato una<br />
notizia davvero “inesistente”,<br />
sperando di “creare un caso”<br />
(diversamente da quanto ha<br />
fatto “L’Arena di Pola”, a cui<br />
Lei ha attribuito questo strano<br />
intendimento ma che, a ben vedere,<br />
si era limitata a pubblicare<br />
una lettera di comune interesse<br />
per gli esuli pensionati).<br />
CARLO MONTANI<br />
Egregio signor Montani,<br />
pubblico questa Sua lettera,<br />
non solo perché sono stato direttamente<br />
chiamato in causa,<br />
bensì perché ritengo giusto<br />
concedere anche a Lei <strong>il</strong> diritto<br />
di replica precedentemente riconosciuto<br />
all’avv. Andreicich<br />
e ciò a prescindere dalla difesa<br />
da Lei fatta del mio operato e<br />
per la quale, comunque, La<br />
ringrazio. La pubblico anche,<br />
perché essa è indicativa della<br />
insofferenza, per non dire arroganza,<br />
con cui l’ANVGD e la<br />
sua dirigenza trattano tutte le<br />
idee, iniziative e prese di posizione<br />
di esuli e loro rappresentanti<br />
che non abbiano <strong>il</strong> loro<br />
imprimatur. Alla malevola insinuazione<br />
della dottoressa<br />
Hansen, nei confronti della nostro<br />
giornale e della mia per-<br />
sona, rispondo non esserci da<br />
parte nostra nessuna particolare<br />
attenzione per la testata<br />
da Lei diretta bensì, semplicemente<br />
e doverosamente, una<br />
più ampia disponib<strong>il</strong>ità a dare<br />
spazio alla voce degli esuli.<br />
Ricordo<br />
di una fanciulla<br />
dalmata<br />
Nel “Chiostro del 1500 lato<br />
di mezzanotte” della Certosa di<br />
Bologna ho scattato la foto di<br />
questa lapide che ricorda la<br />
fanciulla dalmata Giraloma<br />
Mikuladra, dececuta nel capoluogo<br />
em<strong>il</strong>iano <strong>il</strong> 15 giugno<br />
1941; questa giovane dalmata,<br />
della quale non so nulla, morta<br />
lontana dalla terra natale prima<br />
ancora della tragedia del<br />
1947, spero venga ricordata almeno<br />
nella preghiera dagli<br />
“esuli”.<br />
Ha vissuto con anticipo <strong>il</strong> distacco<br />
dalla terra dei propri padri,<br />
venendo sepolta nella monumentale<br />
Certosa di Bologna;<br />
non rappresenta un piccolo<br />
simbolo della tragedia istriano<br />
- dalmata?<br />
FLORIANO RONCARATI<br />
Egregio signor Roncarati,<br />
La ringrazio per la segnalazione<br />
e per la foto inviataci che<br />
pubblichiamo con piacere certi<br />
che la nostra gente dedicherà<br />
a Girolama una preghiera,<br />
rappresentando pure Lei un<br />
tassello della nostra storia.<br />
Lettere in Redazione<br />
risponde <strong>il</strong> sindaco S<strong>il</strong>vio Mazzaroli<br />
Saluti da Tempio<br />
Pausania<br />
Cara “Rena”, me trovo in<br />
questa bellissima cittadina gallurese,<br />
agli arresti domic<strong>il</strong>iari<br />
(quasi!), no go comunicazioni<br />
col giornal e rientrerò a Cagliari<br />
<strong>il</strong> 1° settembre, sperando<br />
de trovar i numeri arretrati. Ve<br />
mando una foto, scatada a casa<br />
mia a Cagliari in occasion della<br />
“Giornata della Memoria”.<br />
Ve son fotografada, in particolare,<br />
con due bellissime mule<br />
istriane che le me xe tanto affezionate:<br />
la Marisa del Zotto,<br />
pittrice e grafica (suo <strong>il</strong> dipinto<br />
che go in man), cugina prima<br />
del nostro ex sindaco Gissi e la<br />
Nerina M<strong>il</strong>ia, amica carissima<br />
e accurata conservatrice de tu-<br />
te le scartoffie che me interessa.<br />
Ve ricordo tutti!<br />
ANITA BISSARO<br />
Cara Signora, eccola accontentata.<br />
Grazie per <strong>il</strong> pensiero,<br />
però… anche l’arz<strong>il</strong>lo muleto<br />
avrebbe dovuto essere menzionato.<br />
Non Le pare? Ho proprio<br />
l’impressione che tra non molto<br />
sarà <strong>il</strong> cosiddetto “sesso<br />
forte” a dover ricorrere al Ministero<br />
per le pari opportunità!<br />
Buone vacanze.<br />
1 Stanzione Roberto, 2 V<strong>il</strong>la Carlo, 3 Salomon Ennio, 4 Quadretti Antonio,<br />
5 V<strong>il</strong>la Giuseppe, 6 Basso Elio, 7 Vella Franco, 8 Padre Egidio<br />
Carlotto, 9 Sanvincenti Dario, 10 Shinigoi Umberto.<br />
Del gruppo erano assenti: Marti Claudio e Sanvincenti Aldo<br />
Boy scouts a Pola<br />
Caro Sindaco, mi faccio vivo<br />
per lettera perché, con mio<br />
vivo rammarico, non ho potuto<br />
partecipare all’annuale raduno<br />
della comunità polesana<br />
a Roma. Ho letto che è stata<br />
una bella festa e che tutti i<br />
partecipanti si sono ritrovati<br />
intorno a Lei, per rinnovare<br />
impegni e memorie care a tutti<br />
noi. Le scrivo anche per avere<br />
una copia del volume “Arena<br />
- 20 Anni di pagine scelte”;<br />
sono sempre interessato a raccogliere<br />
documenti e testimonianze<br />
sul recente e lontano<br />
passato. Mi piacerebbe anche<br />
partecipare a qualche sua iniziativa<br />
con enti, associazioni<br />
e quant’altro oggi esiste a Pola,<br />
per rinnovare quella cultura<br />
italo-istriana alla quale mi<br />
sento tanto legato. Dopo tanti<br />
anni sarei lieto di ritornare a<br />
Pola, non solo per vedere sassi,<br />
mare, scogli, alberi,….ma<br />
per conoscere cosa c’è di vivo<br />
e vitale nella gente che abita<br />
la mia città e trovare od inventare<br />
qualche iniziativa che<br />
ravvivi la partecipazione italiana<br />
alla crescita di quella<br />
terra. Con questo augurio La<br />
saluto con simpatia ed amicizia<br />
e Le invio una vecchia foto<br />
con <strong>il</strong> I° Raggruppamento<br />
scout di Pola che saluta l’Arena<br />
prima dell’abbandono.<br />
Caro V<strong>il</strong>la, ho provveduto a<br />
soddisfare la Sua richiesta ed<br />
a risponderLe anche personalmente.<br />
Per quanto Lei auspica<br />
i tempi non sono forse<br />
ancora maturi anche se qualcosa<br />
sembra muoversi.<br />
Un’occasione per rivedere<br />
Pola, nel senso da Lei auspicato,<br />
potrebbe essere in novembre<br />
per le celebrazioni dei<br />
defunti. Sarebbe bello poter<br />
organizzare una visita collettiva<br />
alla Città ed alla locale<br />
Comunità italiana. Una corriera<br />
con partenza anche da<br />
Varese (o da qualsiasi altra<br />
località) potrebbe raccogliere<br />
Esuli lungo l’itinerario,<br />
completarsi a Trieste e procedere<br />
per una visita in Istria,<br />
oltre che a Pola, anche di<br />
qualche giorno. In quel periodo<br />
c’è ampia ed economica ricettività.<br />
Basta volerlo fare e<br />
dare la propria adesione, tuttavia,<br />
le mie passate esperienze<br />
non sono state troppo incoraggianti.<br />
Grazie per la foto<br />
che pubblico, certo che qualcuno<br />
si riconoscerà ed avrà<br />
magari piacere di riallacciare<br />
i contatti. Cordiali saluti.<br />
PERCHÉ L’ARENA<br />
VIVA<br />
FRANZI VIDRIS<br />
S<strong>il</strong>va € 30,00<br />
FONTANIVE Lucy 50,00<br />
FRANCESCHINI<br />
GROSSI Anita 15,00<br />
GIOVANNINI Carlo 6,00<br />
UDINA Maria 10,00<br />
DETONI Sereno 20,00<br />
PIASENTIER Evelino 30,00<br />
SANDRI UBIZZO Irma 10,00<br />
PEZZOLI Luciana 20,00<br />
GHERSI Leopoldo 5,00<br />
PATUZZI Gino 30,00<br />
GARIMBERTI Edda 10,00<br />
MASSENI Antonio 20,00<br />
LUBRANI MODINA<br />
Maria 15,00<br />
SOIATTI Otello 10,00<br />
NICOLETTI Ornella 5,00<br />
ZANZARRI Maurizio 15,00<br />
MATIJASICH Valeria 5,00<br />
VECCHIONE<br />
Costantina 25,00<br />
D’ALESSIO Roberto 10,00<br />
SIBENIK Maria 15,00<br />
MELZI Giovanna 15,00<br />
DOBRAN Pietro 30,00
L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004 PAG.11<br />
...INSIEME<br />
A UN FIORE<br />
... ELARGIZIONI<br />
ALLA MEMORIA<br />
ANITA PONTEVIVO<br />
MARTOLINI<br />
insieme a tutta la famiglia,<br />
annunzia con profondo dolore<br />
la scomparsa,<br />
avvenuta a Livorno<br />
<strong>il</strong> 10. 07. u.s. del fratello<br />
DUCCIO PONTEVIVO,<br />
Generale di Divisione Aerea,<br />
nato a Fiume <strong>il</strong> 19. 10. 1922.<br />
In sua memoria<br />
elargisce € 30 pro Arena<br />
Ricordando la cara mamma<br />
CATERINA<br />
nel V anniversario<br />
della sua scomparsa,<br />
la figlia NELLA GALASSI<br />
elargisce € 50 pro Arena<br />
Per onorare la memoria di<br />
NORMA VESCOVI<br />
BIASOLETTO,<br />
MARIO BIASOLETTO<br />
elargisce € 100 pro Arena<br />
Alla cara memoria del papà<br />
NAPOLEONE (TONCI)<br />
FUMIS,<br />
scomparso <strong>il</strong> 15. 07. 1968,<br />
ROMANO FUMIS<br />
elargisce € 20 pro Arena<br />
Nel X anniversario<br />
della scomparsa di<br />
GILDO BIASI<br />
(29. 08. 1994 – 29. 08. 2004),<br />
la moglie ELSA lo ricorda<br />
con infinito rimpianto<br />
e devolve € 150 pro Arena<br />
Per onorare la memoria di<br />
ELDA CATELAN<br />
PERSI PAOLI,<br />
i cugini ARMANDO,<br />
MIRANDA, PAOLO<br />
e LUCIA<br />
elargiscono € 80 pro Arena<br />
Per onorare la memoria<br />
dell’indimenticab<strong>il</strong>e consorte<br />
BRUNO GASPARINI<br />
nel XIII anniversario<br />
della sua scomparsa,<br />
la moglie ALMA<br />
elargisce € 20 pro Arena<br />
Nel XVII anniversario<br />
della scomparsa<br />
del nostro caro<br />
ANGELO CORSI,<br />
i figli ENRICO e SISSY<br />
e la nipote ELISA,<br />
lo ricordano<br />
con l’amore di sempre<br />
e devolvono € 100 pro Arena<br />
In memoria del caro papà<br />
GIUSEPPE,<br />
RICCARDO SPETTI<br />
elargisce € 20 pro Arena<br />
In memoria del caro amico,<br />
Maestro PIERO SOFFICI,<br />
SAVERIO, FRANCESCO<br />
e MIMMA SERGI<br />
elargiscono € 20 pro Arena<br />
Per onorare la memoria<br />
del caro amico<br />
PIERO SOFFICI,<br />
ERNESTO SERGI<br />
elargisce € 20 pro Arena<br />
Il 28 luglio u.s.<br />
è serenamente scomparsa<br />
nella sua casa di Venezia<br />
a 99 anni l’amatissima<br />
ELDA CATELAN<br />
in PERSI PAOLI.<br />
La sua lunga vita e stata<br />
per noi, suoi cari,<br />
una continua offerta d’amore<br />
tradotta nelle piccole cose<br />
quotidiane e nei momenti<br />
fondamentali dell’esistenza.<br />
Per onorarne la memoria,<br />
i figli EDINA e SERGIO<br />
PERSI PAOLI<br />
elargiscono € 100 pro Arena<br />
Per onorare la memoria di<br />
PASQUALE DE SIMONE<br />
e dell’amico MARIO SILLA,<br />
GINO GORLATO<br />
elargisce € 20 pro Arena<br />
Ricordano i cari GENITORI,<br />
figli della Città di Pola,<br />
CLAUDIO CARPENETTI<br />
elargisce € 20 pro Arena<br />
Alla cara memoria di<br />
PASQUALE DE SIMONE<br />
e dei suoi<br />
COLLABORATORI<br />
non più tra noi,<br />
AUGUSTO GRUBISSA<br />
elargisce<br />
€ 30 pro Arena<br />
A perenne ricordo dell’amico<br />
FERRUCCIO DEVESCOVI<br />
scomparso a Napoli<br />
<strong>il</strong> 21 Luglio u.s.,<br />
ALDO FONDA<br />
elargisce € 50 pro Arena<br />
Nell’anniversario della morte<br />
del Generale P<strong>il</strong>ota<br />
LINO MORICO,<br />
la moglie ADA MERNI<br />
MORICO<br />
lo ricorda<br />
con immutato affetto<br />
e devolve € 25 pro Arena<br />
Per onorare la memoria<br />
del nostro indimenticab<strong>il</strong>e<br />
CLAUDIO FONTANIVE,<br />
deceduto a Vicenza<br />
<strong>il</strong> 09.07. 2001<br />
la moglie LUCY,<br />
<strong>il</strong> figlio GLAUCO<br />
con ROSSELLA e CLAUDIO<br />
elargiscono € 100 pro Arena<br />
In ricordo del carissimo amico<br />
FERRUCCIO DEVESCOVI,<br />
ADA e MARIO MERNI<br />
elargiscono € 30 pro Arena<br />
Il giorno 27 luglio 2004<br />
si è spenta serenamente<br />
a Trieste,<br />
alla veneranda età di 95 anni,<br />
MARGHERITA<br />
COVERLIZZA ved. DEHM,<br />
figlia del noto commerciante<br />
Ottavio e moglie<br />
di Luigi Dehm che è stato<br />
dirigente della Cassa<br />
di Risparmio dell’Istria.<br />
Donna gent<strong>il</strong>e e madre buona,<br />
nella sua lunga vita<br />
si è dedicata con amore<br />
e abnegazione ai suoi cari.<br />
La salma è stata tumulata<br />
nella tomba di famiglia<br />
nel cimitero di Pola,<br />
sua città natale tanto amata<br />
e mai dimenticata.<br />
Le figlie MARIA LUISA<br />
e MIRELLA con i nipoti<br />
e pronipoti, per onorare<br />
la sua memoria,<br />
elargiscono € 100 pro Arena<br />
La collaborazione<br />
di Nerina M<strong>il</strong>ia<br />
Rispondendo all’appello<br />
“Chi riconosce queste bimbe,<br />
testimoni dell’Esodo?”, rivolto<br />
ai lettori su “L’Arena”<br />
n.7/04, così ci scrive la nostra<br />
solerte ed affezionata lettrice:<br />
“Credo che la bambina con<br />
la valigia sia la stessa che appariva<br />
sulla foto stampata sulla<br />
videocassetta “Istria: <strong>il</strong> diritto<br />
alla memoria” a cura di<br />
A. M. Mori, prodotta dalla<br />
RAI 1. Se così è, la bambina<br />
in questione è Egea HAFF-<br />
NER TOMAZZONI, nata a<br />
Pola nel 1941 e residente a<br />
Rovereto. Ho avuto modo di<br />
conoscerla in occasione di una<br />
sua visita all’ENPAS di Cagliari,<br />
ente del quale entrambe<br />
eravamo dipendenti.<br />
Certi che l’identificazione è<br />
corretta, saremmo molto grati<br />
se qualcuno, magari la diretta<br />
interessata, potesse fornirci<br />
anche l’indirizzo per poterla<br />
contattare.<br />
Recependo la nostra dichiarata<br />
ignoranza su chi fosse<br />
Mate Balota, apparsa su “L’Arena”<br />
n. 6/04, la sig.ra Nerina<br />
ci informa, altresì, che MATE<br />
BALOTA era <strong>il</strong> soprannome<br />
di Renato PERCAN (leggasi<br />
Perzan), eminente letterato ed<br />
economista istriano. Per <strong>il</strong> restauro<br />
della sua casa natale la<br />
Regione Istria, nella persona<br />
dello Zupano con <strong>il</strong> consenso<br />
della giunta, aveva a suo tempo<br />
stanziato una somma pari a<br />
circa 20.000 € attuali. Con la<br />
disgregazione della ex Jugoslavia,<br />
la via Mate Balote Ulica,<br />
a lui intitolata, è tornata al<br />
suo nome originario di Cararine<br />
Ulica. Le suddette notizie<br />
le sono state fornite dall’ing.<br />
Vidossi.<br />
Spronati dalla curiosità, abbiamo,<br />
a nostra volta, trovato<br />
che MATE BALOTA non sarebbe<br />
altro che lo pseudonimo<br />
usato dall’economista e letterato<br />
istriano MIJO MIRKO-<br />
VIC (Castelnuovo/Rakalj<br />
1898 – Zagabria 1963), membro<br />
della Commissione jugoslava<br />
alla Conferenza di Pace<br />
a Parigi, a cui oggi è intitolata<br />
la Facoltà di Economia e<br />
Turismo con sede a Pola,<br />
mentre RENATO PERCAN<br />
(senza pseudonimo alcuno), è<br />
uno dei pittori contemporanei<br />
istriani, nato a Targhetto/Albona<br />
nel 1936.<br />
Saremo grati a quanti sapranno,<br />
eventualmente, fornirci<br />
ulteriori indicazioni per<br />
risolvere “l’enigma”.<br />
Ringraziamo i due lettori<br />
per la gent<strong>il</strong>e e pronta collaborazione;<br />
in particolare, la<br />
sig.ra Nerina, pubblicando la<br />
foto che ci ha inviato con la finalità<br />
di rintracciare alcune<br />
amiche d’infanzia. Sedute:<br />
Bianca CRITELLI, Nadia<br />
SPONZA, Maria GERINI e<br />
Myriam ANDREATTINI; in<br />
ginocchio: Nora CRITELLI e<br />
Nerina MILIA.<br />
51 anni assieme<br />
Il 26 luglio scorso hanno festeggiato,<br />
a Torino,<br />
<strong>il</strong> loro 51° anniversario<br />
di matrimonio<br />
NIVES DEVESCOVI DA POLA<br />
E<br />
RENATO PENCO DA FIUME.<br />
Con <strong>il</strong> sempre vivo ricordo<br />
della loro terra perduta,<br />
con questa graziosa foto<br />
salutano amici e parenti,<br />
vicini e lontani,<br />
e la grande famiglia<br />
de “L’Arena di Pola”.<br />
Nella lieta circostanza<br />
elargiscono € 15,00<br />
“perché l’Arena viva”.
PAG.12 L’ARENA DI POLA N. 8 del 31 agosto 2004<br />
La ferita di Vergarolla: troppe ancora sulla tragedia le domande senza risposta<br />
Pola: a 58 anni<br />
dalla strage<br />
che cambiò<br />
<strong>il</strong> volto<br />
della Città<br />
di Arletta Fonio Grubisa *<br />
Sarebbe stato provvidenziale<br />
non aderire all’invito<br />
dell’“Arena di Pola” a partecipare<br />
in massa alla manifestazione<br />
sportiva della “Coppa Scarioni”, gara<br />
natatoria ripetutamente annunciata<br />
per la domenica del 18 agosto<br />
1946. Occasione di pubblico ritrovo<br />
e di bagni alla vicina spiaggia di<br />
Vergarolla favoriti da una giornata<br />
splendida, soleggiata sin dal primo<br />
mattino. Ogni polesano di bell’età<br />
può ancora testimoniare quanto era<br />
tradizione consolidata quella di trascorrere<br />
le domeniche estive in<br />
quella spiaggia-pineta comoda da<br />
raggiungersi. Funesta fu purtroppo<br />
anche la buona organizzazione per <strong>il</strong><br />
pubblico accadimento che vide istituire<br />
persino una motobarca che faceva<br />
da spola dalla riva al molo di<br />
Vergarolla: un tragitto veloce per<br />
raggiungere per direttissima <strong>il</strong> posto<br />
della tragedia...<br />
Era tempo di pace, e quelle 28 mine<br />
di profondità di produzione tedesco-francese,<br />
prive di detonatore disinnescate<br />
dagli artificieri, accatastate<br />
sulla spiaggia di Vergarolla non<br />
avrebbero dovuto rappresentare un<br />
pericolo. Invece, <strong>il</strong> residuato di<br />
guerra, come testimoniato nelle pagine<br />
pregne di emozioni de “L’esodo<br />
da Pola”, libro firmato da Lino<br />
Vivoda, si trasformò in “deposito di<br />
morte”.<br />
Un passo di una sofferta descrizione:<br />
”La carneficina avvenne poco<br />
dopo le due pomeridiane di quella<br />
assolata domenica d’agosto: la<br />
deflagrazione fu tremenda, con decine<br />
di morti e feriti scaraventati<br />
ovunque dallo spostamento d’aria e<br />
brandelli di carne umana che piombavano<br />
dappertutto in acqua e sugli<br />
alberi. Fu come immergere un coltello<br />
rovente nelle carni vive della<br />
città...” Ancora ricordi di chi visse<br />
quell’orrib<strong>il</strong>e momento: “<strong>il</strong> mare era<br />
scuro e i gabbiani, tantissimi, si precipitavano<br />
dal cielo stridendo e poi<br />
tornavano su dopo aver colpito l’acqua;<br />
avevano qualcosa in bocca.”<br />
E via a raccontare del cordone di<br />
polizia che sbarrava l’accesso alla<br />
pineta e al luogo del massacro da<br />
dove ambulanze civ<strong>il</strong>i e m<strong>il</strong>itari partivano<br />
a sirene spiegate. Gente disperata<br />
che si muoveva tra i cadaveri<br />
sulla spiaggia alla ricerca di parenti.<br />
L’esplosione di nove tonnellate<br />
di tritolo aveva causato centinaia<br />
di feriti mentre ancor oggi si discute<br />
sull’entità esatta dei morti che si ritengono<br />
avvicinarsi o superare <strong>il</strong><br />
centinaio a seconda delle fonti. Quel<br />
giorno, Radio Pola aveva costantemente<br />
trasmesso notizie ed appelli,<br />
tra cui uno diceva di un bambino all’ospedale<br />
che chiamava disperatamente<br />
la mamma... Sempre stando<br />
al racconto di Lino Vivoda “<strong>il</strong> giorno<br />
seguente lo scoppio, Pola rimane<br />
attonita. Intere famiglie sono sterminate.<br />
Molti parenti non possono avere<br />
nemmeno la consolazione di<br />
piangere sulle salme dei propri morti,<br />
squarciati e scomparsi nella tremenda<br />
deflagrazione. Un centinaio<br />
di feriti tra gravi e leggeri sono ricoverati<br />
all’ospedale. Decine di salme,<br />
assieme a diciassette cadaveri orrendamente<br />
mut<strong>il</strong>ati e a casse di resti<br />
umani non scaraventati in mare, recuperati,<br />
giacciono all’obitorio e nel<br />
prato antistante.”<br />
In città si diffondono i nomi delle<br />
vittime: quelli della famiglie Brandis,<br />
Bressan, Berdini, Dinelli, Mingaroni,<br />
Maresi, Rocco, Roici, Saccon,<br />
Volchieri... mentre assurge a figura<br />
eroicamente tragica quella del<br />
dott. Micheletti medico chirurgo che<br />
pur con <strong>il</strong> cuore infranto dal dolore<br />
per la perdita dei suoi figli Carlo (9<br />
anni) e Renzo (6 anni) e di altri parenti,<br />
aveva continuato ad operare e<br />
salvare vite in corsia durante tutta la<br />
giornata dello scoppio.<br />
Il Consiglio Comunale si<br />
radunò d’urgenza inoltrando un’indignata<br />
protesta al Comando Supremo<br />
alleato nel Mediterraneo, e ad altre<br />
istanze come all’ammiraglio Stone<br />
a Roma, al Comando del 13.esimo<br />
Corpo al quale appartenevano le<br />
truppe di stanza polese, al Colonnello<br />
dell’AMGVG di Trieste e dell’Area<br />
Commissioner di Pola, invitando<br />
inut<strong>il</strong>mente le autorità a “stab<strong>il</strong>ire<br />
le responsab<strong>il</strong>ità”.<br />
Disperate righe di costernazione<br />
vengono scritte da “L’Arena di Pola”<br />
che sotto titoli a caratteri cubitali<br />
“”POLA E’ IN LUTTO” constata<br />
che “non è finita la guerra. Lutti che<br />
si rinnovano, bare che si compongono<br />
in lunga f<strong>il</strong>a, lamento di feriti che<br />
riempiono ancora le corsie degli<br />
ospedali. Un martirio che poche<br />
città hanno conosciuto!”. Una città<br />
che da quel giorno che risultò essere<br />
un invito, una ragione in più per salire<br />
da esule sul “Toscana”, incominciò<br />
a cambiare volto. Il giorno dei<br />
funerali coinvolse tutti. Si testimonia<br />
che non vi fu famiglia che non<br />
avesse avuto da piangere un parente,<br />
un amico o un conoscente. L’estremo<br />
saluto venne porto da tutta Pola<br />
in “un cordoglio ed un pianto generale”<br />
tanto che le vie sarebbero state<br />
insufficienti a contenere la marea di<br />
gente avviatasi alla santa messa officiata<br />
dal vescovo di Parenzo e Pola,<br />
Mons. Raffaele Radossi, e distribuita<br />
in due cortei funebri snodatisi dalla<br />
cappella mortuaria da via Sissano<br />
alla volta del Cimitero della Marina<br />
e del camposanto di Monte Ghiro.<br />
“La partecipazione - sempre secondo<br />
la fonte di Vivoda - è stata corale:<br />
stab<strong>il</strong>imenti, uffici, negozi chiusi in<br />
segno di lutto.”<br />
Portato l’ultimo saluto alle vittime,<br />
pure <strong>il</strong> quotidiano italiano di Pola<br />
tentava di far luce sulle cause analizzando<br />
la questione tecnica delle<br />
mine al tritolo che br<strong>il</strong>lano solo con<br />
detonatore apposito mentre era stato<br />
accertato che i detonatori erano stati<br />
tutti tolti da questi ordigni. “Stando<br />
così le cose - ipotizzava <strong>il</strong> giornale -<br />
le mine non possono essere scoppiate<br />
da sole senza l’intervento di alcuno”<br />
viceversa si scartava l’eventualità<br />
di un’autocombustione di mine<br />
esposte all’ombra della pineta avvenuta<br />
proprio durante l’affollatissima<br />
domenica mentre le giornate precedenti<br />
erano state molto più calde.<br />
Dal Comando alleato venne istituita<br />
una Corte d’inchiesta ma si testimonia<br />
che in città rimase viva la convinzione<br />
che i m<strong>il</strong>itari alleati, responsab<strong>il</strong>i<br />
del governo cittadino<br />
agissero con poca determinatezza<br />
nella ricerca dei colpevoli. Vergarolla<br />
non è “caso chiuso”, resta una storia<br />
senza ep<strong>il</strong>ogo.<br />
Commemorando Vergarolla -<br />
Messa e fiori per le vittime dell’immane<br />
sciagura del ‘46<br />
In Cattedrale, per Vergarolla, a ricordare<br />
le sue vittime, noi stessi, i<br />
momenti della nostra storia, di polesani<br />
rimasti ed esuli anche per innalzare,<br />
su invito di don Staver che ha<br />
officiato la messa, un requiem, inno<br />
ai valori del perdono. Gremito di<br />
gente <strong>il</strong> Duomo è stato teatro della<br />
cerimonia in ricordo del terrib<strong>il</strong>e<br />
giorno dello scoppio delle mine nella<br />
spiaggia di Vergarolla, quel funesto<br />
18 agosto 1946, riconfermando a<br />
distanza di cinquatott’anni la necessità<br />
di mantener viva nella mente la<br />
più grande sciagura toccata a Pola,<br />
ai nostri concittadini, in tempo di<br />
pace. Alla mattinata commemorativa<br />
hanno preso parte numerose autorità<br />
che depositando corone di fiori<br />
ai piedi del cippo di Vergarolla<br />
hanno rinnovato <strong>il</strong> simbolico gesto<br />
di pietà nei confronti degli innocenti,<br />
di coloro che persero la vita nella<br />
tremenda deflagrazione.<br />
“Oggi commemoriamo l’anniversario<br />
di uno degli eventi più dolorosi<br />
Nei giorni 18 e 19 agosto 2004 <strong>il</strong> quotidiano “La Voce del Popolo”<br />
ha dedicato ampio spazio alla immane tragedia di Vergarolla<br />
che sconvolse la vita di tutti noi polesani ed al resoconto<br />
della cerimonia con cui si è inteso tramandarne <strong>il</strong> ricordo, a<br />
monito per le future generazioni, perché sim<strong>il</strong>i lutti non abbiano<br />
mai a ripetersi.<br />
La Redazione, pur avendo preparato dei propri articoli al riguardo,<br />
ha deciso di dare invece spazio ai presenti “pezzi”, intendendo<br />
così ricambiare un gesto che si ritiene sia stato da<br />
tutti apprezzato.<br />
Lo fa nella speranza che anche questo pubblico ringraziamento,<br />
rivolto all’Autrice degli articoli ed alla succitata Testata,<br />
possa invogliare sempre più “esuli e rimasti” a sentirsi<br />
un’unica comunità, non solo nella comune pietà per i propri<br />
morti ma anche alla luce di una condivisa italianità di fondo.<br />
SILVIO MAZZAROLI<br />
e tragici nella storia di Pola (...)<br />
Amareggiato per <strong>il</strong> fatto che gli autori<br />
di questo crimine non sono stati<br />
scoperti e puniti ed esprimendo le<br />
mie condoglianze ai fam<strong>il</strong>iari delle<br />
vittime, invito a rendere loro omaggio,<br />
con la speranza che una sim<strong>il</strong>e<br />
tragedia non abbia a ripetersi mai<br />
più.”: così <strong>il</strong> Sindaco di Pola, Luciano<br />
Delbianco nel suo discorso sia in<br />
croato che in italiano.<br />
Gli ha fatto seguito <strong>il</strong> Presidente<br />
della Comunità degli Italiani di Pola,<br />
Mauro Seppi “In questo giorno<br />
del ricordo, <strong>il</strong> nostro pensiero corre<br />
a quel tragico evento che ha segnato<br />
per sempre la storia della nostra città<br />
(...) Rimarrà sempre <strong>il</strong> ricordo indeleb<strong>il</strong>e<br />
di quei polesani sereni e allegri<br />
che volendo trascorrere una<br />
spensierata giornata al mare, non<br />
hanno fatto più ritorno alle loro case<br />
e alle loro famiglie”. Si è così sottolineato<br />
quanto <strong>il</strong> raduno sia un doveroso<br />
atto di rispetto per i morti di<br />
Vergarolla ma anche segno di impegno<br />
civ<strong>il</strong>e e umano per un futuro migliore,<br />
scevro di siffatti episodi.<br />
La parola quindi al Sindaco del<br />
Libero Comune di Pola in es<strong>il</strong>io,<br />
Generale S<strong>il</strong>vio Mazzaroli che ha<br />
ringraziato le autorità cittadine per<br />
la promozione e viva partecipazione<br />
alla cerimonia commemorativa, lodando<br />
le sentite omelie cui hanno<br />
dato maggiore spiritualità i canti<br />
delle corali “Lino Mariani” dirette<br />
dalle maestre Linda M<strong>il</strong>ani e Orietta<br />
Sverko con accompagnamento all’organo<br />
di Branko Okmaca. “Siamo<br />
qui - ha detto Mazzaroli - per rivolgere<br />
un umano messaggio e una<br />
preghiera in suffragio dei nostri<br />
morti. Auspico che l’ufficialità vada<br />
scemando e aumenti la spontaneità<br />
di questi nostri incontri affinché risultino<br />
fatti di semplicità, di strette<br />
di mano per sentirci comunità come<br />
lo siamo stati in passato e vorremmo<br />
esserlo anche in futuro.”<br />
Oltre a r<strong>il</strong>evare le manifestazioni<br />
di pietà nei confronti degli scomparsi,<br />
Livio Dorigo, presidente del Circolo<br />
culturale “Istria” di Trieste, ha<br />
considerato poi importanti incontri<br />
come questi, tesi a ritrovare l’orgoglio<br />
della città, la sua serenità e la<br />
vocazione per un futuro migliore.<br />
Spontaneità ha caratterizzato, in<br />
seguito, <strong>il</strong> raduno-rinfresco alla Comunità<br />
degli Italiani di Pola dove<br />
Comunità e Circolo “Istria”, con <strong>il</strong><br />
pieno sostegno della nostra municipalità,<br />
hanno creato i primi importanti<br />
presupposti per l’istituzione di<br />
un “Comitato per la ricerca della verità”;<br />
sarà un preludio per andare incontro<br />
al sessantesimo del terrib<strong>il</strong>e<br />
episodio, ingaggiando studiosi di<br />
ambo le sponde dell’<strong>Adriatico</strong> per<br />
far luce sul “caso Vergarolla”. Non<br />
per nulla Dorigo ha voluto rendere<br />
pubblico l’obiettivo di risalire alla<br />
verità, una e non quella trina che<br />
sempre caratterizza e avvolge nel<br />
mistero quel fatto nella Pola del 46.<br />
* ARTICOLO TRATTO<br />
DA “LA VOCE DEL POPOLO”<br />
L’ARENA DI POLA<br />
Periodico dell’Associazione<br />
del “Libero comune<br />
di Pola in Es<strong>il</strong>io”<br />
Direttore responsab<strong>il</strong>e<br />
S<strong>il</strong>vio Mazzaroli<br />
Editore:<br />
LIBERO COMUNE DI POLA<br />
IN ESILIO<br />
Via S<strong>il</strong>vio Pellico, 2<br />
34122 Trieste<br />
Redazione di Trieste:<br />
L’Arena di Pola<br />
Via Malaspina, 1<br />
34147 Trieste (TS)<br />
Telefono-fax 040 830 294<br />
redazione.arena@tiscali.it<br />
Redazione di M<strong>il</strong>ano:<br />
Residenza del Cantone, 761<br />
20090 M<strong>il</strong>ano 2 Segrate (MI)<br />
Telefono-fax 02.26410573<br />
arenadipola@libero.it<br />
Comitato di redazione:<br />
Argeo Benco, Livio Dorigo,<br />
Alberto Durin, Bernardo Gissi,<br />
S<strong>il</strong>vio Mazzaroli (Presidente),<br />
Piero Tarticchio e Lino Vivoda<br />
Stampa:<br />
Artigraficheriva srl<br />
via Malaspina, 1 - Trieste