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di Vittorio Sereni

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LUCREZIA VINCI<br />

Bocca <strong>di</strong> Magra nello spazio della testualità:<br />

Un posto <strong>di</strong> vacanza <strong>di</strong> <strong>Vittorio</strong> <strong>Sereni</strong><br />

A partire dagli anni Cinquanta, <strong>Vittorio</strong> <strong>Sereni</strong> trascorse molte estati a Bocca<br />

<strong>di</strong> Magra, località marina situata alla foce dell’omonimo fiume, che fa da confine<br />

geografico fra Toscana e Liguria. Dalle ripetute permanenze nel luogo nasce<br />

Un posto <strong>di</strong> vacanza, poesia in sette parti che ha avuto durata compositiva <strong>di</strong><br />

oltre quin<strong>di</strong>ci anni 1 .<br />

Il problema <strong>di</strong> determinare linguisticamente uno spazio vissuto è ossessivamente<br />

tematizzato nel Posto 2 e tuttavia l’aspetto metapoetico, su cui spesso gli interpreti<br />

si sono soffermati, non prevale sull’evocazione del paesaggio: uno spazio naturale<br />

transitato da figure umane reali o spettrali, che talvolta prendono parola in inserti<br />

<strong>di</strong>alogici. L’io poetante che guarda al paesaggio dalla foce, si definisce voyeur 3 :<br />

uno con attitu<strong>di</strong>ne all’osservazione, e che avverte tale posizione come una colpa,<br />

ma tenta continuamente l’osmosi con lo spazio circostante, in un’antitesi ricorrente<br />

<strong>di</strong> contemplatività e movimento (quest’ultimo inteso anche come mutamento,<br />

quin<strong>di</strong> nelle due varianti cronotopiche del transito e della metamorfosi).<br />

Il luogo reale è reso senza alcuna dovizia descrittiva e le poche pertinenze si<br />

arrestano all’enunciazione secca <strong>di</strong> enti naturali: «fiume e mare», «canneti e<br />

foglie», «campagna e bosco», «colline e […] rupi» 4 , gli oleandri che come una<br />

1 V. SERENI, Un posto <strong>di</strong> vacanza, All’Insegna del Pesce d’Oro, Milano, Scheiwiller,<br />

1973; poi in V. SERENI, Stella variabile, Milano, Cento Amici del Libro, 1979 e Milano,<br />

Garzanti, 1981. Le citazioni sono tratte da V. SERENI, Poesie, e<strong>di</strong>zione critica a cura <strong>di</strong> Dante<br />

Isella, Milano, Mondadori, 1995.<br />

2 «Chissà che <strong>di</strong> lì traguardando non si allacci nome a cosa/…(la poesia sul posto <strong>di</strong><br />

vacanza)»,V. SERENI, Un posto <strong>di</strong> vacanza, cit., parte I, vv. 22-3, p. 224.<br />

3 «Sarei io dunque il superstite voyeur, uno scalpore/represso tra le rive, una metastasi<br />

fluviale?», ivi, parte V, vv. 22-3, p. 230.<br />

4 «Ritta sulla vertigine, estatica indugiando con lo sguardo/sulle colline prossime e più<br />

lontane rupi», ivi, parte III, vv. 5-6, p. 227.<br />

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leopar<strong>di</strong>ana siepe riparano la vista dal mare 5 , scogliere, piccole isole, «arenili e<br />

[…] moli» 6 . Compaiono quasi sempre a coppie, spesso introdotte dalla preposizione<br />

«tra» 7 : dunque uno spazio <strong>di</strong> elementi contigui, ma dai confini non esattamente<br />

delimitabili. Quanto all’aggettivazione, questa è assente nella sua funzione<br />

accessoria, e parcamente modulata nella sua funzione determinativa: come<br />

qualificante l’aggettivo è ad esempio utile alla connotazione antropomorfica<br />

delle piante (le canne «ostinate» 8 ) e contribuisce a connotare i vegetali come<br />

sostanze. <strong>Sereni</strong> ha precisato in una prosa che il ricorso al semantismo vegetale<br />

è <strong>di</strong>stinto da quello animale, <strong>di</strong> natura piuttosto affettiva: delle piante è «<strong>di</strong>verso<br />

l’impiego metaforico […]. Punta in generale alla sostanza e alle essenze, alle<br />

strutture, all’essere e al <strong>di</strong>venire», in un’«analogia <strong>di</strong> fondo con le linee fondamentali<br />

della nostra sorte». La loro esistenza è «autonoma e parallela alla<br />

nostra, come un’ipotesi che si sviluppa <strong>di</strong>versamente rispetto a una origine<br />

comune, che tende ad altro sogna altro gesticola altro s’inquieta <strong>di</strong> altro, ma in<br />

modo tanto più semplice, netto, lineare» 9 .<br />

Estraneo a un senso del paesaggio come insieme <strong>di</strong> enti oggettivamente rappresentabili,<br />

è anche l’impiego dei colori, che sono quasi sempre sostantivati:<br />

primo fra tutti l’amaranto, definito «colore tirrenico» 10 , quasi incorporeo, sorta<br />

<strong>di</strong> colore in sé piuttosto che qualità legata a un singolo oggetto; e poi l’oro delle<br />

isole, il mare che muta «<strong>di</strong> grigio in verde, <strong>di</strong> verde/in freschissimo azzurro» 11 ,<br />

l’argento dei pioppi, il nero; unico determinante, in posizione appositiva, è riferito<br />

alla «razza, viola», ma subito dopo localizzata «nel turchino» del mare 12 . A<br />

restituire le impressioni <strong>di</strong> luce collaborano accanto ai colori le ombre (e il lessema<br />

ombra ricorre cinque volte nella poesia 13 ), da intendersi anche come<br />

oggetti sostitutivi della realtà, figure della parola poetica, che è soltanto specchio<br />

del vissuto (e l’amaranto, nome che costituisce la «grama preda dello scriba»<br />

14 , «luce <strong>di</strong> stelle spente» 15 , è in questo senso un colore-ombra, poiché riferito<br />

al riflesso marino del sole nel tramonto tirrenico). Se si volesse trovare un<br />

5 «[…] Di là dagli oleandri,/mio riparo dalla vista del mare», ivi, parte II, vv. 46-7, p. 226.<br />

6 Ibid., v. 44.<br />

7 «Tra fiume e mare», «tra canneti e foglie», «tra campagna e bosco», «tra gli arenili e i<br />

moli» ecc.<br />

8 V. SERENI, Un posto <strong>di</strong> vacanza, parte II, v. 17, p. 225.<br />

9 ID., Targhe per posteggio auto in un cortile aziendale, in La tentazione della prosa,<br />

Milano, Mondadori, 1998, pp. 99-100.<br />

10 ID., Un posto <strong>di</strong> vacanza, cit., parte IV, vv. 40-1, p. 229.<br />

11 Ivi, parte III, vv. 23-4, p. 228.<br />

12 Ivi, parte VI, v. 2, p. 231.<br />

13 Cfr. parte II, v. 68; parte III, v. 15; parte VI, v. 1, v. 14 e v. 23.<br />

14 Ivi, parte IV, v. 42, p. 229.<br />

15 Ibid., v. 34.<br />

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Bocca <strong>di</strong> Magra nello spazio della testualità: Un posto <strong>di</strong> vacanza <strong>di</strong> <strong>Vittorio</strong> <strong>Sereni</strong><br />

equivalente pittorico, si potrebbe pensare alla modalità con cui Cézanne <strong>di</strong>stende<br />

le pennellate sulla tela: si pensi alla Montagna Sainte-Victoire, opera molto<br />

amata da <strong>Sereni</strong>, dove le forme non sono predefinite dal <strong>di</strong>segno ma costruite<br />

dai colori stessi 16 .<br />

Dopo il prelu<strong>di</strong>o, che <strong>di</strong>pinge ad incipit della poesia un orizzonte <strong>di</strong> cielo e<br />

mare («Un giorno a più livelli, d’alta marea/– o nella sola sfera del celeste») 17 ,<br />

gli elementi della topografia reale sono enunciati e poi ripresi me<strong>di</strong>ante strutture<br />

iterative, a contatto e a <strong>di</strong>stanza. Stefano Dal Bianco, in uno stu<strong>di</strong>o sull’anafora<br />

nella poesia fra le due guerre 18 , ha notato che le anafore a contatto isolano idealmente<br />

momenti particolari del testo, mentre i richiami a <strong>di</strong>stanza funzionano da<br />

suoi elementi coesivi. In Un posto <strong>di</strong> vacanza sono presenti entrambi i proce<strong>di</strong>menti:<br />

le prime a marcare il paesaggio e i secon<strong>di</strong> a rifrangerlo in visioni moltiplicate.<br />

La funzione argomentativa <strong>di</strong> queste figure, che è quella <strong>di</strong> rendere<br />

attuale alla coscienza l’oggetto del <strong>di</strong>scorso 19 , pertiene alla funzione fatica non<br />

meno che a quella poetica. Gli enti naturali sono <strong>di</strong>sposti in serie anaforiche in<br />

modo da avvertire il destinatario che lì c’è una concentrazione <strong>di</strong> senso, mentre<br />

le iterazioni a <strong>di</strong>stanza portano a rileggere a ritroso il testo fornendo una chiave.<br />

L’organizzazione retorica, creando delle costellazioni tematico-simboliche, contiene<br />

il senso <strong>di</strong> spaesamento che il lettore avvertirebbe in un percorso testuale<br />

frammentario anche perché continuamente interrotto.<br />

Ad esempio, la determinazione «negro» del fiume Magra, nella geminatio<br />

«un fiume negro […]/un bel fiume negro d’America» 20 , resta oscura fin quando<br />

nella seconda parte non compare il lemma nero: «sulla nera deriva sul tramestio<br />

delle acque./Sul risucchio sul nero scorrimento» 21 . A questo punto si rende<br />

manifesta l’antitesi fra la vitalità del «fiume negro» (il Magra sognato a seguito<br />

della promessa <strong>di</strong> un amico non nominato, ma identificabile con Elio Vittorini)<br />

e la sua infernalità (poco dopo i versi appena citati, il Magra viene definito<br />

«acheronte»). Il richiamo a <strong>di</strong>stanza dell’aggettivo – amplificato dall’anafora<br />

16 E che un paesaggio possa essere recepito anche me<strong>di</strong>ante il filtro <strong>di</strong> una suggestione<br />

pittorica è confermato da una prosa <strong>di</strong> <strong>Sereni</strong>, nella quale afferma che un paesaggio cancellato<br />

dalla scomparsa <strong>di</strong> una persona che ne faceva parte, si ripresenta poi all’immaginazione<br />

«nuovo e <strong>di</strong>verso», come la montagna <strong>di</strong> Cézanne «astratta nella sua ripetuta presenza, in<strong>di</strong>cibilmente<br />

viva nel suo arioso riproporsi», V. SERENI, Infatuazioni, in La tentazione della<br />

prosa, cit., p. 132.<br />

17 V. SERENI, Un posto <strong>di</strong> vacanza, cit., parte I, v. 1, p. 223.<br />

18 S. DAL BIANCO, Anafore e ripetizioni lessicali nella poesia italiana fra le due guerre,<br />

in «Stu<strong>di</strong> novecenteschi», XXV, 56, 1998, pp. 207-37.<br />

19 Cfr. B. MORTARA GARAVELLI, Manuale <strong>di</strong> retorica, Milano, Bompiani, 2000, p. 272.<br />

20 V. SERENI, Un posto <strong>di</strong> vacanza, cit., parte I, vv. 17-8, p. 223.<br />

21 Ivi, parte II, vv. 23-4, p. 226.<br />

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grammaticale sulla/sul – funziona nel testo da glossa, guidando il destinatario<br />

alla connessione simbolica. La metamorfosi del fiume segue ai versi strutturati a<br />

gra<strong>di</strong>no<br />

cosa ne <strong>di</strong>cono le rive<br />

(la sfilata delle rive<br />

le rive<br />

Sentire<br />

come proposte fraterne 22 .<br />

(per i quali, come per altri ugualmente segmentati, Fortini parla <strong>di</strong> «frattura interna<br />

[…] in funzione grafico espressiva» 23 ). La centralità <strong>di</strong> questi versi è testimoniata<br />

dalle minute, in cui essi costituiscono il nucleo originario della seconda parte; ad<br />

essi <strong>Sereni</strong> afferma <strong>di</strong> essere rimasto fermo per anni, come <strong>di</strong> fronte a un enigma 24 .<br />

L’io poetante ha appena intravisto due anonimi personaggi che «[…] s’imbucano<br />

spariscono nel sempreverde/dando <strong>di</strong> spalle al mio male/ – e io al mare – […]» 25 .<br />

La paronomasia male/mare rivela sintomaticamente l’esclusione dal paesaggio<br />

dell’io che lo osserva. Abbandonato il frammento <strong>di</strong> storia nella forma <strong>di</strong> preterizione<br />

(«Non scriverò questa storia» 26 ) l’io interroga allora le rive, che tuttavia<br />

«sono mute non inventano niente per me» 27 . La domanda insistita loro rivolta profila<br />

uno spazio che si addensa attorno all’attesa e al presagio.<br />

«Tale è l’aspetto della Natura che noi cogliamo quando la contempliamo in<br />

silenzio: è un linguaggio pietrificato», afferma Sartre in una lettura fenomenologica<br />

del poeta francese Francis Ponge, autore <strong>di</strong> una poesia oggettuale nella<br />

quale tuttavia si rifugge dal determinare le qualità delle cose 28 . Nei versi <strong>di</strong> Un<br />

posto <strong>di</strong> vacanza la pietrificazione investe la stessa capacità <strong>di</strong> denominare dell’io<br />

poetante: «il mio mutismo è il loro» 29 . Il rapporto <strong>di</strong> reciprocità fra io poetante<br />

e natura è espresso anche dal chiasmo del verso successivo: «Ma il sogno<br />

delle canne, le canne in sogno ostinate/a fare musica d’organo col fiume…» 30 ,<br />

dove l’inclusione e la reduplicatio con polittoto, fanno sì che il genitivo delle<br />

possa essere letto sia come soggettivo sia come oggettivo. Sono le canne a<br />

22 Ivi, parte II, vv. 13-4, p. 225.<br />

23 F. FORTINI, “Un posto <strong>di</strong> vacanza”, in Saggi italiani, Bari, De Donato, 1974, pp. 174-5.<br />

24 Cfr. V. SERENI, Poesie, cit., p. 742.<br />

25 ID.,Un posto <strong>di</strong> vacanza, parte II, vv. 3-5, p. 225.<br />

26 Ibid., v. 11.<br />

27 Ibid., v. 15.<br />

28 J.P. SARTRE, L’uomo e le cose, in Che cos’è la letteratura, Milano, Il Saggiatore, 1966,<br />

p. 335.<br />

29 V. SERENI, Un posto <strong>di</strong> vacanza, cit., parte II, v. 16, p. 225.<br />

30 Ibid., vv. 17-8, p. 225.<br />

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Bocca <strong>di</strong> Magra nello spazio della testualità: Un posto <strong>di</strong> vacanza <strong>di</strong> <strong>Vittorio</strong> <strong>Sereni</strong><br />

sognare (e le piante in <strong>Sereni</strong> sognano come gli uomini), ma è anche l’io poetante<br />

a sognarle: si stabilisce così una perfetta specularità fra sogno della pianta<br />

e sogno dell’io. In opposizione al mutismo delle rive, lo spazio naturale si riconfigura<br />

come sede <strong>di</strong> una possibile epifania: «sono in<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> altre pulsazioni.<br />

Vorrei, io solo in<strong>di</strong>ziato,/vorrei che splendessero come prove – io una tra<br />

loro» 31 .<br />

Una infatti si accende<br />

a ora tarda<br />

[…]<br />

altre si accendono sulla riva <strong>di</strong> là<br />

[…]<br />

[…] Le suppongo segni convenuti<br />

non so più quando o con chi<br />

per nuove presenze o ritorni 32 .<br />

Ma il co<strong>di</strong>ce è «<strong>di</strong>sperso», e poco dopo «non provano nulla non chiamano<br />

me/né altri quelle luci» 33 .<br />

Il metaforismo nella sua variante epifanica è negato all’io poetante come<br />

forma dell’esperienza, poiché «cre<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> prestare alla cosa i nostri sentimenti,<br />

sussulti, pensieri, <strong>di</strong> investirla col nostro sguardo, mentre è lei, la cosa, a<br />

determinarlo, a imporci la sua presenza a prima vista insondabile e via via più<br />

chiara, fino a un ribaltamento dell’effusione romantica» 34 . L’animismo degli<br />

enti naturali non consegue dunque da una proiezione <strong>di</strong> sé nella natura, come<br />

nella poesia lirica <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione romantica e simbolista.<br />

Ridotto all’inerzia dalla doppia anafora<br />

Non passerà la barriera <strong>di</strong> tenebra e <strong>di</strong> vento.<br />

Non passerà il richiamo già increspato d’inverno<br />

a un introvabile<br />

traghettatore 35<br />

e dal tricolon asindetico con due membri in allitterazione «[…] lontane immotivate<br />

immobili» 36 , l’io poetante trova invece risposta in un’altra figura antropomorfa,<br />

questa volta parlante e col «privilegio del moto» 37 , il natante. L’io,<br />

31 Ibid., vv. 19-20.<br />

32 Ivi, vv. 21-30, p. 226.<br />

33 Ibid., vv. 38-9.<br />

34 V. SERENI, Morlotti e un viaggio, in La tentazione della prosa, cit., pp. 119-20.<br />

35 ID., Un posto <strong>di</strong> vacanza, parte II, vv. 33-5, p. 226.<br />

36 Ibid., v. 36.<br />

37 V. SERENI, Ancora sulla strada <strong>di</strong> Zenna, vv. 26-7, in Gli strumenti umani, Poesie, cit.,<br />

p. 113.<br />

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richiamato dalla “voce”, si gira e rivolge lo sguardo al mare (che costituisce «la<br />

sfida della vitalità» 38 ). Un accumularsi <strong>di</strong> suoni liqui<strong>di</strong> (eloquio/liquida/deliquio)<br />

esprime l’eco sonora dello scafo e la consonanza vinto/spavento («e<br />

vinto il naturale spavento/ecco anche me dalla parte del mare» 39 ) sostituisce la<br />

paronomasia male/mare: l’io è finalmente restituito alla natura. Il paesaggio si<br />

annette l’io poetante («travolto da tanto mare –» 40 ), sottraendolo alla sua immobilità,<br />

seppure provvisoriamente: «ancora un poco, ed è daccapo il nero» 41 .<br />

Anche sul piano retorico, è significativo il prendere corpo <strong>di</strong> un’opzione<br />

metonimica: al mare l’io non dà più le spalle e la sua vista fa venire in mente <strong>di</strong><br />

fenderne le acque. In questi versi compaiono due sinestesie: la prima, il motivo<br />

canoro «dolcetto con una punta <strong>di</strong> amaro» 42 delle ragazze in fiore (dove il<br />

richiamo proustiano è niente affatto casuale) e la seconda, i «bagliori <strong>di</strong><br />

freddo» 43 dell’onda, con impressione acustica nel primo caso e visiva nel secondo<br />

trascritte in termini <strong>di</strong> tatto e calore. La sinestesia è un tipo <strong>di</strong> metafora, ma<br />

nel secondo caso la sensazione tattile (del bagno in acqua fredda) prestata<br />

all’impressione visiva testimonia che si sta evocando un contesto d’esperienza;<br />

l’io è sottratto alla contemplazione e si prepara a un’immersione nel paesaggio.<br />

La tensione metonimica esplode nel momento in cui l’io poetante è dalla parte<br />

del mare, finalmente fra le cose 44 :<br />

e vinto il naturale spavento<br />

ecco anche me dalla parte del mare<br />

fare con lui tutt’uno<br />

senza zavorra o schermo <strong>di</strong> parole,<br />

fendere il poco <strong>di</strong> oro che rimane<br />

sulle piccole isole<br />

postume al giorno tra le scogliere in ombra già:<br />

ancora un poco, ed è daccapo il nero 45 .<br />

Nella terza parte si ha un’altra sinestesia fondata sulla contiguità <strong>di</strong> due sensazioni<br />

piuttosto che sulla loro somiglianza: «freschissimo azzurro».<br />

38 F. FORTINI, “Un posto <strong>di</strong> vacanza”, cit., p. 178.<br />

39 V. SERENI, Un posto <strong>di</strong> vacanza, cit., parte II, vv. 62-3, pp. 226-7.<br />

40 Ivi, v. 61, p. 227.<br />

41 Ibid., v. 69.<br />

42 V. SERENI, Un posto <strong>di</strong> vacanza, cit., parte II, v. 41, p. 226.<br />

43 Ivi, v. 58, p. 227.<br />

44 Mi sembra chiarificatore il riferimento all’io che a questo punto entra in acqua e nuota,<br />

in una lezione poi abbandonata: «a nuoto nel (spscr. a in quel) poco <strong>di</strong> oro che rimane», V.<br />

SERENI, Poesie, cit., p. 749.<br />

45 V. SERENI, Un posto <strong>di</strong> vacanza, cit., parte II, vv. 62-8, p. 227.<br />

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Bocca <strong>di</strong> Magra nello spazio della testualità: Un posto <strong>di</strong> vacanza <strong>di</strong> <strong>Vittorio</strong> <strong>Sereni</strong><br />

Ma guarda<br />

– tornano voci dalla foce – guarda da un’ora all’altra<br />

come cambiano i colori: <strong>di</strong> grigio in verde, <strong>di</strong> verde<br />

in freschissimo azzurro 46 .<br />

<strong>Sereni</strong> prende le <strong>di</strong>stanze da Proust, citato con la prima sinestesia metaforica:<br />

il paesaggio è liberato dalla sua riduzione ad eco <strong>di</strong> un mondo interiore (e<br />

come ha osservato Genette, la descrizione proustiana riguarda l’attività percettiva<br />

del personaggio contemplante) 47 .<br />

Il poemetto è <strong>di</strong>sseminato <strong>di</strong> participi e gerun<strong>di</strong> che in<strong>di</strong>cano stati <strong>di</strong> passaggio,<br />

inteso come metamorfosi o transito: «transitanti», «trascorrente», «trascolorando»,<br />

«cangiante». Come ha rilevato Enrico Testa in un’analisi linguistica<br />

della poesia contemporanea 48 , il solo ricorso a mo<strong>di</strong> verbali indefiniti è significativo<br />

della tendenza a rappresentare eventi e azioni. Niente a che vedere quin<strong>di</strong><br />

con la figura fortiniana del transito, che «corrisponde a passività, pazienza» in<br />

un mondo che si ritiene «privato <strong>di</strong> essenza» 49 . L’io poetante <strong>di</strong> Un posto <strong>di</strong><br />

vacanza ambisce a una soluzione <strong>di</strong>versa da quella <strong>di</strong> un’autenticità riposta<br />

nella contemplazione, che è ad esempio la strada <strong>di</strong> Montale, come <strong>di</strong> Proust,<br />

ovvero <strong>di</strong> ogni scrittore epifanico 50 .<br />

<strong>Sereni</strong> esplicita la sua visione dello spazio in un bel saggio sull’opera pittorica<br />

<strong>di</strong> Franco Francese, che costituisce un’occasione <strong>di</strong> confronto e dunque una<br />

messa a punto della propria poetica:<br />

il protagonista è tutti e nessuno, siamo noi e lo spazio che ci troviamo <strong>di</strong> fronte, minaccioso,<br />

enigmatico, invadente da ogni parte, sede della potenzialità in cui si forma e si <strong>di</strong>strugge<br />

la nostra con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> esistenti […] un occhio sogguardante, come timoroso <strong>di</strong> essere<br />

strappato a se stesso, e che si sente scrutato, preso <strong>di</strong> mira 51 .<br />

E richiama poi le parole del pittore: «Vi sono opere che esigono dal riguardante<br />

una sorta <strong>di</strong> silenzio contemplativo… Altre invece agiscono come una<br />

46 Ivi, parte III, vv. 22-4, p. 228.<br />

47 G. GENETTE, Figure III. Discorso del racconto, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1976, p. 151.<br />

48 E. TESTA, Aspetti linguistici della poesia italiana dell’ultimo Novecento, in Per interposta<br />

persona, Roma, Bulzoni, 1999, pp. 153-4.<br />

49 F. FORTINI, Le poesie italiane <strong>di</strong> questi anni, in Saggi italiani, cit., p. 99.<br />

50 Cfr. G. MAZZONI, Il posto <strong>di</strong> Montale nella poesia moderna, in Montale e il canone<br />

poetico del Novecento, Roma-Bari, Laterza, 1998, p. 408: «La vita sociale, interumana è<br />

insensata. L’azione è inautentica; solo la contemplazione conta, e il luogo dove essa si esprime<br />

è l’arte», anche se «ciò che […] <strong>di</strong>stingue gli scrittori epifanici [dai simbolisti] è la presenza,<br />

nelle loro opere, <strong>di</strong> quella realtà <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>chiarano la mancanza <strong>di</strong> significato».<br />

51 V. SERENI, Da natura a emozione, da emozione a natura, in F. FRANCESE, La bestia<br />

addosso, Milano, Scheiwiller, 1976, p. 10.<br />

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sorta <strong>di</strong> […] espansione vitale» 52 . In quest’ultimo caso l’opera <strong>di</strong>venta un mezzo<br />

per involgersi nella realtà. Si tratta <strong>di</strong> imitare la realtà, ma sgombrando il campo<br />

da possibili equivoci, <strong>Sereni</strong> spiega che imitare è collocarsi accanto alla natura<br />

anziché copiarla: assecondarla «per come viene a noi e ci si manifesta», mirando<br />

«all’effetto <strong>di</strong> alta fedeltà del suo riflesso in noi», senza «imporre dall’esterno<br />

una forma al fenomeno e nemmeno subirla (copiarla) dal fenomeno, ma<br />

lasciare che questo agisca» 53 .<br />

Una «tendenza comune alla letteratura e alla pittura del XX secolo esige che<br />

un quadro, per esempio, piuttosto che una traduzione, anche libera, della natura,<br />

sia <strong>di</strong> per sé una natura» 54 , <strong>di</strong>ce Sartre nel saggio su Ponge sopra citato. Così<br />

<strong>Sereni</strong> auspicava che un testo potesse entrare a far parte dell’esistenza «alla pari<br />

<strong>di</strong> un paesaggio, alla pari <strong>di</strong> un incontro o <strong>di</strong> una vicenda» 55 . Nel saggio su<br />

Francese, <strong>Sereni</strong> afferma che «sono natura […] i testi pittorici o poetici che una<br />

volta che ci abbiano impressionati cessano per tutto un lato <strong>di</strong> essere modelli,<br />

punti <strong>di</strong> riferimento culturale a noi esterni, per entrare nella nostra cerchia esistenziale<br />

né più né meno che come persone, interlocutori, viandanti, guide, portatori<br />

d’acqua» 56 . Poesie dunque come persone? Azzarda <strong>Sereni</strong> in forma interrogativa<br />

commentando la poesia Il ritorno <strong>di</strong> Montale, pure ambientata a Bocca<br />

<strong>di</strong> Magra, e chiosando infine con Petrarca: «Se tu avessi ornamenti quant’ai<br />

voglia/poresti ar<strong>di</strong>tamente/uscir del bosco e gir infra la gente» 57 .<br />

Speculare all’oggettivazione del testo in figura parlante è il rapporto col<br />

destinatario, chiamato a resuscitare il testo in sé, anzitutto per via emotiva, nella<br />

propria storia 58 . L’iteratività in Un posto <strong>di</strong> vacanza ha la funzione <strong>di</strong> trascinare<br />

il lettore in un processo comunicativo, inducendolo a immaginare uno spazio<br />

vissuto da altri, col ricorso alla propria esperienza. Ambiente e personaggi sono<br />

offerti al destinatario me<strong>di</strong>ante frammenti <strong>di</strong> eventi, storie accennate e interrotte:<br />

l’inclinazione al racconto si inceppa <strong>di</strong> continuo, ma le storie, e allo stesso<br />

modo il paesaggio, sono ricostruiti dal lettore tramite delle ipotesi mentali.<br />

Questo processo è stato ben descritto da Piovene per Gli strumenti umani:<br />

52 Ibid.<br />

53 Ivi, pp. 7-8.<br />

54 J.P. SARTRE, L’uomo e le cose, cit., p. 338.<br />

55 V. SERENI, Testimonianza <strong>di</strong> <strong>Vittorio</strong> <strong>Sereni</strong>, in «Quaderni dannunziani», XL-XLI,<br />

1972, pp. 14-6.<br />

56 ID., Da natura a emozione, da emozione a natura, cit., p. 8.<br />

57 ID., Il ritorno, in Sentieri <strong>di</strong> gloria, Milano, Mondadori, 1996, pp. 147-53.<br />

58 In un saggio recente sulla rappresentazione letteraria dello spazio, Umberto Eco sostiene<br />

che l’ipotiposi è «un fenomeno semantico-pragmatico, esempio principe <strong>di</strong> cooperazione<br />

interpretativa. Non tanto rappresentazione quanto piuttosto tecnica per suscitare lo sforzo <strong>di</strong><br />

comporre una rappresentazione visiva (da parte del lettore)»: l’ipotiposi, «più che far vedere,<br />

deve fare venire voglia <strong>di</strong> vedere»; U. ECO, Les sémaphores sous la pluie, in Sulla<br />

letteratura, Milano, Bompiani, 2002, rispettivamente pp. 213 e 202.<br />

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Bocca <strong>di</strong> Magra nello spazio della testualità: Un posto <strong>di</strong> vacanza <strong>di</strong> <strong>Vittorio</strong> <strong>Sereni</strong><br />

Sottostà alla poesia […] un nucleo <strong>di</strong> vicende che resta però imprecisato, in quanto il<br />

poeta ne dà qualche figura ma non tutte, e anche quelle che dà, sparse, lacunose, slegate […]<br />

in modo che il lettore cercherebbe invano <strong>di</strong> trarne un racconto sicuro; ne giunge a lui però<br />

una corrente <strong>di</strong> emozione, sprigionata da fatti, personaggi, passioni, <strong>di</strong> cui gli giungono a<br />

intervalli le parole e i gesti, e che sembrano sempre prossimi a rivelarsi interi. Il lettore può<br />

ricavare, collegando quelle figure, racconti ipotetici vari […] ancorandosi <strong>di</strong> volta in volta a<br />

queste ipotesi mentali e tranquillizzando con esse le sue esigenze logiche, per ricevere<br />

meglio, attraverso il “me<strong>di</strong>um poetico”, l’impeto <strong>di</strong> passioni e <strong>di</strong> personaggi tanto più poetici<br />

quanto più rimangono allusi 59 .<br />

In Un posto <strong>di</strong> vacanza avviene per la ricezione dello spazio qualcosa <strong>di</strong><br />

simile; il testo non si avvale però <strong>di</strong> una tecnica allusiva, piuttosto i tratti del<br />

paesaggio sono offerti in modo tale da assorbire l’atto <strong>di</strong> lettura in uno slittamento<br />

metonimico, al modo <strong>di</strong> quanto descritto da Barthes per Sarrasine 60 : il<br />

destinatario è indotto a rappresentarsi il paesaggio grazie al soccorso dei proce<strong>di</strong>menti<br />

retorici amplificanti-aggiuntivi, in modo che ogni elemento (enti naturali,<br />

figure umane) aggiunge al vicino una nuova parvenza. Il testo evoca lo spazio<br />

vissuto me<strong>di</strong>ante questa espansione progressiva, consentendo al lettore <strong>di</strong><br />

ricostruire a partire dalla topografia testuale una immaginaria che sintetizza le<br />

informazioni, scarne ma intensificate, con l’esperienza <strong>di</strong> luoghi conosciuti.<br />

Così il testo affranca dalla temuta pietrificazione il mosso paesaggio <strong>di</strong> Bocca <strong>di</strong><br />

Magra, che pure non è mai nominato.<br />

59 G. PIOVENE, L’appuntamento mancato, in «Successo», mar. 1966, p. 25.<br />

60 Cfr. R. BARTHES, S/Z, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1973, p. 87.<br />

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