15.06.2013 Views

l'identità urbana dall'antichità al settecento - Studium

l'identità urbana dall'antichità al settecento - Studium

l'identità urbana dall'antichità al settecento - Studium

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

CATANIA<br />

l’identità <strong>urbana</strong> d<strong>al</strong>l’antichità <strong>al</strong> <strong>settecento</strong><br />

a cura di<br />

Lina Sc<strong>al</strong>isi<br />

ESTRATTO<br />

domenico sanfilippo editore


36 catania l’identità <strong>urbana</strong> d<strong>al</strong>l’antichità <strong>al</strong> <strong>settecento</strong>


1. Pianta gener<strong>al</strong>e di Catania, con<br />

indicazione dei princip<strong>al</strong>i monumenti<br />

antichi. (da Branciforti 2003)<br />

Lo sviLuPPo urBano di Catania daLLa fondazione<br />

deLL’apoikia aLLa fine deL v seCoLo d.C. *<br />

Santo privitera<br />

L’apoikia c a L c i d e s e d a L L a f o n d a z i o n e a L L a c o n q u i s ta d i ie r o n e (729-476 a.c.)<br />

La documentazione archeologica relativa <strong>al</strong>la Katane dell’età arcaica, per lungo tempo<br />

limitata a pochi vasi del VI secolo a.C. provenienti da scavi m<strong>al</strong> documentati, si è andata<br />

progressivamente arricchendo nel corso dell’ultimo cinquantennio. La scoperta più<br />

sensazion<strong>al</strong>e è tuttora rappresentata d<strong>al</strong>la ricchissima stipe votiva rinvenuta in Piazza<br />

S. Francesco nel 1959 (fig. 1); d<strong>al</strong> 1978 in avanti, inoltre, sono stati messi in luce piccoli<br />

lembi dell’abitato, ris<strong>al</strong>enti ai primi anni di vita dell’insediamento, e <strong>al</strong>cuni tratti della<br />

cinta muraria, di case e di tombe del VI secolo 1 .<br />

Allo stato attu<strong>al</strong>e, le testimonianze più antiche dell’apoikia, fondata secondo Tucidide da<br />

un gruppo di C<strong>al</strong>cidesi provenienti da Naxos nel 729/728 a.C. 2 , sono venute <strong>al</strong>la luce in<br />

due settori circoscritti, che ricadono entrambi entro i limiti del centro storico della città<br />

moderna: le aree di Piazza Dante, del monastero dei Benedettini e dell’ex Reclusorio<br />

della Purità, sulla collina di Montevergine, e il Castello Ursino, costruito nel XIII secolo<br />

su di un promontorio posto a Sud dell’insenatura del porto, la cui linea di costa fu profondamente<br />

sconvolta d<strong>al</strong>l’eruzione del 1669.<br />

Già negli anni Venti del secolo scorso, numerosi frammenti ceramici della fine dell’VIII<br />

e del VII secolo erano stati rinvenuti in occasione di lavori <strong>al</strong>l’interno dell’<strong>al</strong>lora p<strong>al</strong>azzo<br />

della Questura, sul lato meridion<strong>al</strong>e di Piazza Dante 3 . Nel 1959, durante uno scavo condotto<br />

nella piazza, di fronte <strong>al</strong>l’ingresso del monastero dei Benedettini, furono recuperati<br />

<strong>al</strong>tri frammenti ceramici, perlopiù protocorinzi, ma anche loc<strong>al</strong>i, databili tra la seconda<br />

metà dell’VIII e il VII secolo 4 . Le successive indagini, condotte d<strong>al</strong> 1978 <strong>al</strong>l’interno del<br />

muro di cinta e nel cortile orient<strong>al</strong>e del monastero, hanno sostanzi<strong>al</strong>mente confermato<br />

come la sommità della collina sia stata occupata dai primi coloni, grazie soprattutto <strong>al</strong><br />

suo carattere di acropoli natur<strong>al</strong>e, da cui era visibile tanto l’hinterland a Nord e a Ovest,<br />

quanto l’area pianeggiante a Sud-Est, attraversata d<strong>al</strong>l’Amenano e caratterizzata da un<br />

importante sc<strong>al</strong>o portu<strong>al</strong>e 5 . Gli ampi contatti del giovane insediamento coloni<strong>al</strong>e con il<br />

resto del mondo greco sono confermati dai frammenti ceramici, rinvenuti negli strati più<br />

profondi – coppe del tipo di Thapsos, kotylai protocorinzie, anfore commerci<strong>al</strong>i attiche<br />

del tipo SOS, ceramiche euboiche e rodie. Le strutture dell’abitato, messe in luce presso<br />

l’angolo Sud-Est del monastero, si limitano purtroppo a tre muri di blocchi bas<strong>al</strong>tici,<br />

forse dotati in origine di un <strong>al</strong>zato in mattoni crudi, tutti orientati in senso Nord-Est/<br />

Sud-Ovest, in consonanza con il pendio natur<strong>al</strong>e della collina.<br />

Tracce dell’insediamento dei primi coloni sono state rinvenute anche nel corso dei recenti<br />

scavi nell’ex Reclusorio della Purità, presso il margine Nord della collina di Montevergine,<br />

e <strong>al</strong> Castello Ursino 6 . Nel primo caso, è stato individuato un breve tratto di un muro,<br />

datato <strong>al</strong> VII secolo sulla base del rinvenimento di ceramica dell’ultimo quarto dell’VIII<br />

secolo tra le sue fondazioni 7 . Nell’<strong>al</strong>a Nord del Castello Ursino, è stato messo in luce un<br />

lungo muro orientato in senso Est-Ovest, <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e si ammorsano <strong>al</strong>cuni muri ortogon<strong>al</strong>i. Si<br />

tratterebbe di “un impianto regolare di vani forse di <strong>al</strong>cune unità abitative” 8 , re<strong>al</strong>izzato <strong>al</strong>la<br />

fine dell’VIII secolo, <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e si sarebbero sovrapposte strutture del VI e del IV secolo. Il<br />

carattere di t<strong>al</strong>i ambienti, vista anche la posizione rispetto <strong>al</strong>l’antica linea di costa, <strong>al</strong>la foce<br />

dell’Amenano e <strong>al</strong> verosimile sc<strong>al</strong>o portu<strong>al</strong>e connesso, merita di essere indagato in futuro,<br />

in relazione <strong>al</strong>l’estensione e <strong>al</strong>l’organizzazione dell’abitato nel pieno VI secolo.<br />

L’individuazione di un lembo dell’abitato tardo geometrico e protoarcaico pone anche<br />

per Katane, non diversamente d<strong>al</strong>le <strong>al</strong>tre apoikiai siceliote, il problema del rapporto con<br />

i gruppi indigeni preesistenti <strong>al</strong>l’impianto coloni<strong>al</strong>e 9 . Nel corso degli scavi sulla collina<br />

di Montevergine, è stato possibile individuare tracce di una lunga frequentazione umana<br />

compresa tra la Tarda Età del Rame (facies di M<strong>al</strong>passo) e la Media Età del Bronzo


38 catania l’identità <strong>urbana</strong> d<strong>al</strong>l’antichità <strong>al</strong> <strong>settecento</strong><br />

(facies di Thapsos). Dopo un interv<strong>al</strong>lo di tempo di <strong>al</strong>cuni secoli, tuttavia, essa sembra<br />

riprendere solamente in un’epoca di poco precedente l’epoca della colonizzazione, grazie<br />

<strong>al</strong> rinvenimento di un paio di frammenti di scodelloni, attribuibili <strong>al</strong>le facies di Pant<strong>al</strong>ica<br />

Sud e del Finocchito (ca. metà del IX-metà del VII secolo) 10 . In re<strong>al</strong>tà, si tratta di dati<br />

piuttosto poveri, che non sono sufficienti a ipotizzare la presenza di un villaggio siculo<br />

sulla collina di Montevergine, dato che ceramica di produzione indigena può essere stata<br />

utilizzata con verosimiglianza dai primi coloni.<br />

Le informazioni a nostra disposizione si fanno più numerose per il periodo compreso tra<br />

lo scorcio del VII e l’inizio del V secolo, quello in cui la città, che sembra aver mantenuto<br />

uno stretto legame con la metropolis Naxos, sarebbe stata amministrata secondo le norme<br />

dettate d<strong>al</strong> legislatore Caronda 11 . In questa fase, sono conosciuti <strong>al</strong>cuni edifici abitativi,<br />

brevi tratti della cinta muraria e diversi gruppi di tombe. Il princip<strong>al</strong>e punto fermo della<br />

topografia cittadina, ad ogni modo, è rappresentato d<strong>al</strong> santuario arcaico individuato<br />

presso Piazza S. Francesco d’Assisi.<br />

Negli scavi del monastero dei Benedettini sono stati messi in luce i resti di <strong>al</strong>cune abitazioni,<br />

che appartengono con verosimiglianza ad una pianificazione urbanistica più ampia,<br />

datata <strong>al</strong> pieno VI secolo 12 . In gener<strong>al</strong>e, si tratta di costruzioni modeste, re<strong>al</strong>izzate<br />

con muri di blocchi lavici sbozzati in modo grossolano e dotate di semplici pavimenti<br />

in terra battuta o ciottoli. Il tetto, ad uno o due spioventi, era del tipo ‘siciliano’, con<br />

tegole piatte e coppi a sezione semicircolare o poligon<strong>al</strong>e; gli unici elementi decorativi<br />

consistono in lastre di terracotta e antefisse a p<strong>al</strong>metta, forse impiegate sulla fronte degli<br />

edifici. L’orientamento riprende costantemente quello del pendio natur<strong>al</strong>e della collina,<br />

da Sud-Ovest verso Nord-Est, con lo scopo evidente di favorire il deflusso delle acque<br />

meteoriche attraverso gli stretti passaggi tra gli edifici. Le strutture meglio note (Case 1<br />

e 2) sembrano essere state costruite intorno <strong>al</strong>la metà del VI secolo ed esser state in uso<br />

fino <strong>al</strong> primo quarto del V secolo, quando subirono una violenta distruzione, come indicano<br />

le tracce di fuoco visibili su tegole e pietre e i grumi di argilla cotti, pertinenti <strong>al</strong><br />

rivestimento delle pareti e <strong>al</strong>le coperture. T<strong>al</strong>e incendio è stato messo in relazione con la<br />

conquista della città da parte di Ierone di Siracusa, nel 476/475 a.C. 13 .<br />

La scoperta di <strong>al</strong>cuni tratti della cinta muraria arcaica della città (fig. 2) può essere considerata<br />

come la più significativa acquisizione degli scavi degli ultimi anni, dato che permette<br />

di definire su nuove basi, anche se in modo parzi<strong>al</strong>e, il problema dei limiti dell’insediamento<br />

c<strong>al</strong>cidese. Allo stato attu<strong>al</strong>e, i tratti noti sono stati individuati nel settore Nord<br />

della collina di Montevergine, rispettivamente nell’area dell’ex Reclusorio della Purità e<br />

della Chiesa di Sant’Agata <strong>al</strong> Carcere, nel settore a ridosso del prospetto Nord del teatro<br />

romano, subito ad Est dell’ambulacro superiore e, infine, <strong>al</strong> di sotto di un ampio s<strong>al</strong>one<br />

del XVI secolo, che chiude sul lato Nord il chiostro occident<strong>al</strong>e del monastero dei Benedettini<br />

14 . Al reclusorio della Purità è stato messa in luce un muro a doppia cortina in<br />

opera poligon<strong>al</strong>e di grandi blocchi bas<strong>al</strong>tici, orientato in senso Nord-Sud e spesso m 3,15<br />

circa; i materi<strong>al</strong>i rinvenuti <strong>al</strong>l’interno del riempimento del muro permettono di datarne la<br />

costruzione nella prima metà del VI secolo.<br />

Grazie a t<strong>al</strong>i rinvenimenti, si può individuare con certezza il limite orient<strong>al</strong>e dell’insediamento,<br />

di poco arretrato ad Ovest rispetto <strong>al</strong> netto s<strong>al</strong>to di quota, coincidente grossomodo<br />

con il percorso di via Crociferi, che segna il limite Est del plateau della collina<br />

di Montevergine 15 . Gli <strong>al</strong>tri limiti dell’insediamento arcaico, <strong>al</strong> contrario, non possono<br />

essere determinati con la stessa sicurezza. Quello settentrion<strong>al</strong>e potrebbe essere rappresentato<br />

d<strong>al</strong> tratto inizi<strong>al</strong>e dell’attu<strong>al</strong>e via Plebiscito, che corre <strong>al</strong>la base della collina e che,<br />

secondo una recente ipotesi di E. Tortorici (fig. 3), coinciderebbe con la riva meridion<strong>al</strong>e<br />

del lago di Nicito, il bacino lacustre connesso con il corso dell’Amenano 16 . Il fatto che<br />

tanto il tratto rinvenuto presso la Chiesa di Sant’Agata <strong>al</strong> Carcere, quanto quello dell’ex<br />

Reclusorio della Purità, siano orientati in senso Nord-Sud, induce a credere che il percorso<br />

settentrion<strong>al</strong>e della cinta non fosse rettilineo, ma si articolasse mediante rentrants per<br />

adattarsi <strong>al</strong>la geomorfologia della collina. Ad Ovest, il tratto di muro di cinta rinvenuto<br />

nel monastero dei Benedettini rende sicuro l’inserimento della sommità della collina di<br />

Montevergine entro i limiti dell’abitato. Del tutto incerto, infine, il limite meridion<strong>al</strong>e<br />

della città, per loc<strong>al</strong>izzare il qu<strong>al</strong>e è necessario fare riferimento a scoperte isolate, pertinenti<br />

a diversi nuclei funerari dell’età arcaica.<br />

I luoghi in cui gli abitanti della Katane arcaica seppellivano i propri morti sono conosciuti<br />

in modo estremamente frammentario. Allo stato attu<strong>al</strong>e, diverse aree di sepoltura possono<br />

essere loc<strong>al</strong>izzate presso l’Orto Botanico e a Cib<strong>al</strong>i, presso l’ex Reclusorio della Purità<br />

e, con verosimiglianza, a Sud della collina di Montevergine, nel quartiere Indirizzo.<br />

2. un tratto della cinta muraria d’età<br />

arcaica in opera poligon<strong>al</strong>e, documentato<br />

in una gouache di J. Houel<br />

3. Pianta di Catania, con indicazione del<br />

tracciato del fiume amenano, del Lago di<br />

nicito e dell’antica linea di costa<br />

(da tortorici 2002)


4. Blocco in c<strong>al</strong>care con modanature<br />

ioniche, appartenente <strong>al</strong>la trabeazione<br />

di un tempio della fine del vi - inizio v<br />

sec. a.C.<br />

tra continuità e innovazioni: la città antica e mediev<strong>al</strong>e<br />

All’inizio del XIX secolo ris<strong>al</strong>e la scoperta di un’anfora pseudo-panatenaica della fine del<br />

VI secolo, proveniente da un settore non meglio identificato del quartiere Indirizzo, cioè<br />

d<strong>al</strong>l’area compresa tra il Castello Ursino a Sud, la via Garib<strong>al</strong>di a Nord e Piazza Duomo<br />

ad Est 17 . Grazie <strong>al</strong>l’ottimo stato di conservazione, sembra scontato riferirla ad un contesto<br />

funerario, e ipotizzare di conseguenza perlomeno la presenza di un piccolo nucleo<br />

di sepolture nell’area. Sembrerebbe questo il caso delle sei inumazioni nella nuda terra,<br />

datate con sicurezza nell’ambito del VI secolo, rinvenute a pochi metri ad Est del tratto<br />

del muro di cinta dell’ex Reclusorio della Purità 18 . Ad ogni modo, la presenza di una o<br />

più tombe nel settore della città posto a Sud di via Garib<strong>al</strong>di può essere considerata come<br />

un’indicazione indiretta del limite meridion<strong>al</strong>e dell’abitato, che potrebbe essere ipoteticamente<br />

individuato, limitatamente <strong>al</strong>l’età arcaica, nell’area successivamente occupata<br />

d<strong>al</strong> teatro romano.<br />

Necropoli dell’età arcaica dovettero sicuramente esistere a Nord dell’insediamento, come<br />

lasciano supporre due diversi rinvenimenti, rispettivamente nell’area dell’Orto Botanico<br />

e nel quartiere di Cib<strong>al</strong>i 19 . Pur rimanendo in gran parte inedite, le sepolture sinteticamente<br />

descritte da Orsi possono essere datate <strong>al</strong>l’età arcaica: quelle dell’Orto Botanico si scaglionano<br />

lungo tutto il VI secolo, mentre quelle di Cib<strong>al</strong>i sono datate agli ultimi decenni<br />

del secolo 20 . È significativo che i due gruppi di tombe risultino nettamente isolati rispetto<br />

<strong>al</strong>la più nota area di sepoltura catanese, compresa tra la via Plebiscito a Sud, la via Lago di<br />

Nicito ad Ovest, la via Etnea ad Est e le piazze Lanza e S. Maria di Gesù a Nord, e che in<br />

quest’ultima, pur tra i numerosi rinvenimenti, non si abbia notizia di tombe più antiche<br />

del IV secolo. C’è da chiedersi se ciò non sia dovuto <strong>al</strong>la volontà dei coloni c<strong>al</strong>cidesi di<br />

collocare le sepolture in pendio, in un’area messa <strong>al</strong> sicuro d<strong>al</strong> ristagno delle acque piovane<br />

e d<strong>al</strong>l’acquitrino del lago di Nicito. Se questo fosse il caso, solo quando quest’ultimo<br />

si era in parte prosciugato, forse in conseguenza del mutato regime della f<strong>al</strong>da acquifera,<br />

l’area di sepoltura si sarebbe estesa <strong>al</strong>la zona pianeggiante posta più a Sud 21 .<br />

All’esterno delle mura, nell’area compresa tra le pendici Sud-Est della collina di Montevergine<br />

e la foce dell’Amenano, <strong>al</strong>la fine del VII secolo esisteva un santuario, <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e va<br />

riferita la ricchissima stipe votiva, rinvenuta nel 1959 in piazza S. Francesco, entro una<br />

trincea lunga m 50 antistante il sagrato della chiesa omonima 22 . Pur essendo stata scavata<br />

in modo parzi<strong>al</strong>e, essa comprende migliaia di esemplari di ceramica (corinzia, attica, laconica,<br />

nord-ionica, eolica, chiota, di produzione loc<strong>al</strong>e, ecc.) e coroplastica, datati tra lo<br />

scorcio del VII e l’inizio del III secolo 23 .<br />

Già <strong>al</strong>l’indomani della scoperta, la stipe fu riconnessa <strong>al</strong> famoso santuario di Demetra,<br />

ricordato da Cicerone a proposito delle ruberie di Verre 24 . L’acquisizione di un punto<br />

fermo di t<strong>al</strong>e importanza nella topografia cittadina è confermata, infatti, d<strong>al</strong>la presenza<br />

di numerose statuette raffiguranti offerenti di porcellino, datate d<strong>al</strong> secondo quarto del<br />

V secolo in avanti. Già in precedenza, il rinvenimento di un rilievo votivo con dedica<br />

a Demetra e Kore (fig. 7), a un centinaio di metri a Nord-Est della stipe, aveva indotto<br />

Libertini a supporre che il santuario fosse posto nelle vicinanze 25 . Come hanno osservato<br />

Rizza e Pautasso, tuttavia, la connotazione demetriaca del santuario non sembra originaria,<br />

ma va ricollegata, con verosimiglianza, <strong>al</strong>la conquista della città da parte di Ierone: i<br />

Dinomenidi erano sacerdoti di Demetra nella natia Gela e ne favorivano la diffusione nei<br />

centri sottomessi. Al contrario, i materi<strong>al</strong>i dell’età arcaica, che consistono soprattutto in<br />

contenitori per profumi e vasi da libagione, riconducono genericamente ad una divinità<br />

femminile, che potrebbe essere identificata con Hera o Afrodite 26 . Hera, in particolare,<br />

sembra avere rivestito un ruolo centr<strong>al</strong>e nell’ambito dei culti delle colonie euboiche<br />

d’occidente 27 . L’aspetto del santuario catanese resta purtroppo sconosciuto. A questo<br />

proposito, è opportuno ricordare che <strong>al</strong> museo di Castello Ursino si conserva un elemento<br />

architettonico in c<strong>al</strong>care, proveniente d<strong>al</strong>la collezione del principe di Biscari (fig. 4) 28 .<br />

Grazie <strong>al</strong>la presenza di modanature ioniche (astrag<strong>al</strong>i e cyma reversa con kyma lesbio), L.<br />

Shoe ha proposto di datarlo entro la fine del VI secolo, attribuendolo <strong>al</strong>l’epistilio di un<br />

edificio templare ionico 29 . La studiosa, che scriveva prima del rinvenimento della stipe<br />

catanese, si chiedeva se il blocco provenisse da un tempio di Naxos; d’<strong>al</strong>tra parte, in linea<br />

teorica non si potrebbe escludere un suo rinvenimento a Lentini. Tuttavia, non risulta<br />

che il principe di Biscari abbia mai condotto scavi nella prima loc<strong>al</strong>ità, che nel 1779<br />

definiva come “affatto distrutta”, mentre nel caso di Lentini egli mostrava di conoscere<br />

solamente la cinta muraria e un paio di costruzioni d’epoca romana poste <strong>al</strong> di fuori della<br />

città 30 . Diversamente, è noto che il principe abbia eseguito scavi nell’area del monastero<br />

di S. Francesco. Non si può escludere, di conseguenza, che il blocco in questione, rilavorato<br />

in età moderna probabilmente per fungere da base, provenga d<strong>al</strong> santuario catanese,<br />

39


40 catania l’identità <strong>urbana</strong> d<strong>al</strong>l’antichità <strong>al</strong> <strong>settecento</strong><br />

che potrebbe essere stato interessato da una nuova fase edilizia grossomodo nello stesso<br />

periodo in cui si avviava il cantiere del tempio ionico di Siracusa 31 .<br />

L’abbondanza e la varietà dei materi<strong>al</strong>i d’età arcaica della stipe, molti dei qu<strong>al</strong>i importati<br />

dai princip<strong>al</strong>i centri della Grecia, d<strong>al</strong>l’Egeo e d<strong>al</strong>la regione micrasiatica, ha indotto gli<br />

studiosi a confrontare il santuario di Katane con quelli distribuiti lungo le princip<strong>al</strong>i rotte<br />

commerci<strong>al</strong>i, a Egina, nella Cirenaica e in Etruria (Gravisca) 32 . In effetti, come ha notato<br />

di recente A. Pautasso, la posizione apparentemente eccentrica e periferica del santuario<br />

rispetto <strong>al</strong>l’abitato è controbilanciata d<strong>al</strong>la sua vicinanza <strong>al</strong>la linea di costa, anticamente<br />

più arretrata rispetto ad oggi. In età arcaica, il santuario sembra aver distato non più di m<br />

200-300 d<strong>al</strong> mare e d<strong>al</strong>lo sc<strong>al</strong>o portu<strong>al</strong>e loc<strong>al</strong>izzato presso la foce dell’Amenano. Sembra<br />

del tutto verosimile, di conseguenza, riconnettere la ricchezza della stipe <strong>al</strong>la varietà delle<br />

relazioni intessute d<strong>al</strong>la Katane c<strong>al</strong>cidese, nell’ambito delle attività connesse con la sfera<br />

dell’emporia 33 . In un quadro del genere, la frequentazione del santuario da parte di indigeni<br />

potrebbe riflettere il ruolo di gateway community rivestito d<strong>al</strong>la città nei confronti<br />

dell’entroterra 34 .<br />

Una prospettiva di tipo emporico permette probabilmente di dare ragione, anche se in<br />

via del tutto speculativa, del carattere delle strutture individuate <strong>al</strong> di sotto del Castello<br />

Ursino. Come ho già osservato in precedenza, perlomeno fino <strong>al</strong>la conquista della città da<br />

parte di Ierone, il promontorio su cui sorge il castello dovette rappresentare uno spazio<br />

extraurbano, posto <strong>al</strong> di fuori delle mura e separato d<strong>al</strong>l’insediamento da una necropoli.<br />

Già il ritrovamento di ceramica dell’VIII secolo ha indotto <strong>al</strong>cuni studiosi a ipotizzare<br />

che nell’area potesse essere identificato un primo stanziamento greco, precedente la<br />

fondazione dell’apoikia 35 . A prescindere da una t<strong>al</strong>e possibilità, non sembra inverosimile<br />

ipotizzare che nel pieno VI secolo questo stesso settore ospitasse un gruppo di strutture<br />

connesse con attività commerci<strong>al</strong>i, secondo un’articolazione polis/emporion, la cui diffusione<br />

è stata confermata di recente d<strong>al</strong>le sensazion<strong>al</strong>i scoperte di Bosco Littorio a Gela,<br />

tanto da indurre M. Gras a parlare di una Sicilia emporica, “con tanti emporia sistemati<br />

nei confini dei territori, vicino <strong>al</strong>la foce dei fiumi” 36 .<br />

tra si r a c u s a e atene: Lo sviLuppo deLLa città tra iL v e La p r i m a metà d e L iii s e c o L o a.c.<br />

I due secoli successivi <strong>al</strong>la conquista di Katane da parte di Ierone sono probabilmente i<br />

più convulsi nella storia della città antica. Al quindicennio (476-461 a.C. circa) in cui essa<br />

fu ribattezzata Aitna e accolse, forse insieme a Naxos, diecimila nuovi coloni di origine<br />

peloponnesiaca e siracusana, fece seguito il ritorno della popolazione c<strong>al</strong>cidese, deportata<br />

d<strong>al</strong> tiranno a Lentini 37 . Dopo essersi mantenuta indipendente per circa sessanta anni,<br />

anche se sotto il fuoco incrociato degli interessi siracusani e di quelli ateniesi in Sicilia,<br />

e aver offerto ad Atene una base operativa per la spedizione del 415-413 a.C., la città fu<br />

saccheggiata una seconda volta, da Dionisio di Siracusa, nel 403/402 a.C.: in questo caso,<br />

gli abitanti furono venduti come schiavi e rimpiazzati con mercenari campani 38 . Una delle<br />

princip<strong>al</strong>i conseguenze di un t<strong>al</strong>e evento fu che da <strong>al</strong>lora la lingua parlata a Catania divenne<br />

il di<strong>al</strong>etto dorico 39 . Come <strong>al</strong>trove in Sicilia, i nuovi abitanti finirono per adottare uno<br />

stile di vita genuinamente greco, trasformandosi da mercenari in cittadini 40 : il più famoso<br />

di essi, Mamerco, tiranno della città negli anni in cui Timoleonte restituiva la libertà <strong>al</strong>le<br />

poleis siceliote, è descritto come uomo d’armi e poeta 41 . Dopo la restituzione della libertà<br />

e un nuovo rinc<strong>al</strong>zo coloni<strong>al</strong>e sotto Timoleonte, la città finì per rientrare nell’orbita siracusana,<br />

prima sotto Agatocle, poi sotto Ierone II, finché, <strong>al</strong>lo scoppio della prima guerra<br />

punica, passò a Roma, in fidem accepta (263 a.C.) 42 .<br />

La documentazione archeologica dei secc. V-IV a.C. non permette di seguire da vicino le<br />

complesse vicende politiche cui andò incontro la città. Il periodo 476-403 a.C. è sostanzi<strong>al</strong>mente<br />

conosciuto grazie <strong>al</strong>le splendide emissioni monet<strong>al</strong>i, d<strong>al</strong>le più antiche, coniate in un<br />

regime di ‘comunità economico-politica’ con Aitna e Naxos 43 , a quelle dei maestri firmanti<br />

della fine del secolo. Al contrario, l’evidenza relativa <strong>al</strong>l’abitato è estremamente scarna,<br />

mentre quella funeraria è pressoché nulla 44 . Le sole costruzioni datate ai decenni centr<strong>al</strong>i<br />

del V secolo sono state messe in luce nell’area del Conservatorio della Purità 45 . Negli scavi<br />

del monastero dei Benedettini, la sequenza stratigrafica sembra interrompersi con il primo<br />

quarto del V e riprendere soltanto nella seconda metà del IV secolo; in modo an<strong>al</strong>ogo, <strong>al</strong><br />

Castello Ursino uno strato di IV secolo si sovrappone a quello con materi<strong>al</strong>i del VI 46 . Anche<br />

la stipe votiva di Piazza S. Francesco, che sembra comprendere materi<strong>al</strong>i che arrivano<br />

fino <strong>al</strong>l’inizio del III secolo, ha restituito solamente poche forme ceramiche di produzione


5. il sistema strad<strong>al</strong>e a griglia ortogon<strong>al</strong>e,<br />

composto da stenopoi n-s e da una<br />

plateia e-W, messo in luce negli scavi<br />

entro il monastero dei Benedettini<br />

e in via Crociferi<br />

(da Branciforti 2005, p. 184)<br />

6. Piazza dante: scavi archeologici nel<br />

cortile orient<strong>al</strong>e. veduta gener<strong>al</strong>e della<br />

strada romana n-s (stenopos)<br />

(foto f. tomasello).<br />

tra continuità e innovazioni: la città antica e mediev<strong>al</strong>e<br />

loc<strong>al</strong>e del V secolo 47 . La connotazione demetriaca del santuario, come già si è detto, è da<br />

questo momento in avanti sicura, ed è oltremodo significativo che essa abbia prev<strong>al</strong>so anche<br />

dopo il ritorno dei coloni c<strong>al</strong>cidesi e l’arrivo dei mercenari campani, caratterizzando in<br />

modo pregnante l’identità religiosa loc<strong>al</strong>e fino <strong>al</strong>la Tarda Antichità. A questo proposito, va<br />

ricordato che negli scavi condotti nel cortile orient<strong>al</strong>e del monastero dei Benedettini è stato<br />

identificato un edificio rettangolare (m 9,90 x 4,60), la cui destinazione a Thesmophorion<br />

sembra confermata da una favissa, posta a Sud di esso, che fu colmata nei primi decenni del<br />

III secolo con statuette di offerenti con fiaccola e porcellino, confrontabili con quelle della<br />

stipe di Piazza S. Francesco 48 .<br />

Perlomeno fino <strong>al</strong>la distruzione dionigiana, ma con verosimiglianza fino <strong>al</strong>lo scoppio della<br />

prima guerra punica, l’insediamento deve essere stato difeso da una cinta muraria:<br />

secondo Tucidide, nel 415 gli Ateniesi sarebbero penetrati in città grazie <strong>al</strong>la fragilità di<br />

una postierla delle mura, mentre i catanesi accorrevano in massa ad ascoltare Alcibiade 49 .<br />

La notizia induce a interrogarsi sull’estensione di Katane <strong>al</strong>la fine del V secolo, dato che<br />

gli scavi recenti hanno dimostrato che i resti della cinta dell’età arcaica erano ancora<br />

visibili nella seconda metà del III secolo, quando sembrano avere accolto nei loro pressi<br />

elementari ritu<strong>al</strong>i sacrific<strong>al</strong>i 50 . Com’è noto, Diodoro Siculo ricorda che nel 476/475 a.C.<br />

la città, ribattezzata con il nome di Aitna, divenne una polis myriandros, e che fu necessario<br />

assegnare ai nuovi coloni, per metà provenienti d<strong>al</strong> Peloponneso e per metà d’origine<br />

siracusana, terre sottratte <strong>al</strong> territorio confinante, verosimilmente appartenenti ai centri<br />

indigeni 51 . Se la cinta muraria arcaica rimase in funzione perlomeno fino <strong>al</strong>la fine del V<br />

secolo, sembra verosimile ipotizzare che la città ieroniana, pur ricevendo una consistente<br />

popolazione, abbia mantenuto una superficie an<strong>al</strong>oga a quella c<strong>al</strong>cidese. Ciò può essere<br />

spiegato in due modi: da un lato, è verosimile che l’effettivo insediamento arcaico sia stato<br />

più piccolo dell’area recintata d<strong>al</strong>le mura; d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro, è possibile che una parte dei nuovi<br />

coloni, soprattutto quelli cui fu assegnata terra posta <strong>al</strong> di fuori dei tradizion<strong>al</strong>i limiti del<br />

territorio cittadino, si sia stabilita nell’hinterland, in fattorie e villaggi come quella Inessa,<br />

che intorno <strong>al</strong> 461 a.C. avrebbe accolto i coloni di Ierone, venendo anch’essa ribattezzata<br />

Aitna. Con la cacciata dei coloni ieroniani, ad ogni buon conto, sembrano essere stati<br />

ripristinati i limiti dell’insediamento c<strong>al</strong>cidese 52 .<br />

La definizione delle dimensioni dell’insediamento del V secolo pone indirettamente le<br />

premesse per discutere del suo impianto urbano. Com’è noto, gli scavi nel monastero dei<br />

Benedettini e in via Crociferi hanno messo in luce parte di un sistema strad<strong>al</strong>e a griglia<br />

ortogon<strong>al</strong>e, con stenopoi orientati in senso Nord-Sud e una plateia Est-Ovest (figg. 5-6),<br />

che ricevette una pavimentazione in pietra lavica in età imperi<strong>al</strong>e, ma il cui primo impianto<br />

sembra ris<strong>al</strong>ire <strong>al</strong>la fine del V o <strong>al</strong>l’inizio del IV secolo 53 . Ciò è stato verificato in due casi,<br />

rispettivamente nello stenopos più occident<strong>al</strong>e rinvenuto nel monastero dei Benedettini<br />

e in quello sottostante via Crociferi, nei qu<strong>al</strong>i l’assenza del basolato lavico ha permesso<br />

di individuare i livelli di c<strong>al</strong>pestio più antichi e di ipotizzare che una t<strong>al</strong>e sistemazione<br />

urbanistica ris<strong>al</strong>ga <strong>al</strong>la rifondazione della città sotto Dionisio il Vecchio (403/402 a.C.) 54 .<br />

Una t<strong>al</strong>e possibilità, tuttavia, lascia perplessi, dato che ci si aspetterebbe per Katane/Aitna<br />

un’evidenza non dissimile da quella di Naxos, caratterizzata d<strong>al</strong>la creazione di un razion<strong>al</strong>e<br />

impianto urbano <strong>al</strong> momento della rifondazione ieroniana. Sulla base della documentazione<br />

disponibile, non è possibile dare ragione di una t<strong>al</strong>e aporia. È opportuno rilevare,<br />

ad ogni modo, che i due stenopoi nei qu<strong>al</strong>i è stato possibile condurre i saggi stratigrafici<br />

sono posti entrambi <strong>al</strong>l’esterno della cinta muraria arcaica. Di conseguenza, se è corretto<br />

ipotizzare che l’insediamento si sia mantenuto <strong>al</strong>l’interno di quest’ultima fino <strong>al</strong>la fine del<br />

V secolo, non è inverosimile pensare che una griglia strad<strong>al</strong>e ris<strong>al</strong>ente <strong>al</strong>l’età ieroniana<br />

possa essere stata ampliata, estendendosi <strong>al</strong> di fuori delle mura, in occasione della rifondazione<br />

dionigiana della città.<br />

Alla città del V secolo è stata attribuita in passato l’esistenza di un teatro, sulla base<br />

del fatto che Frontino, autore nella prima età imperi<strong>al</strong>e di un trattato di stratagemmi<br />

e tattiche militari, collochi <strong>al</strong>l’interno di un t<strong>al</strong> edificio l’assemblea, ricordata già<br />

da Tucidide, di fronte <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e avrebbe parlato Alcibiade, mentre l’esercito ateniese<br />

penetrava in città 55 . Di fatto, Tucidide parla di una ekklesia dei katanaioi, che potrebbe<br />

essersi svolta in un apposito edificio, senza poter escludere che abbia avuto luogo<br />

nell’agora cittadina, data la grande affluenza di popolazione 56 . Il rinvenimento, nel<br />

1883 e nel 1919, di strutture murarie in tecnica isodoma di grandi blocchi di pietra<br />

c<strong>al</strong>carea <strong>al</strong> di sotto del settore Ovest della cavea del teatro romano (fig. 8), è stato così<br />

interpretato come la conferma dell’esistenza di un teatro dell’età classica 57 . In effetti, i<br />

due tratti di muro rinvenuti, orientati rispettivamente in senso Est-Ovest e Nord-Sud<br />

41


42 catania l’identità <strong>urbana</strong> d<strong>al</strong>l’antichità <strong>al</strong> <strong>settecento</strong><br />

7. rilievo votivo a demetra e Kore,<br />

produzione attica della fine del v sec.<br />

a.C. Le iscrizioni presenti sulle cornici,<br />

sono d’età ellenistica (ii-i sec. a.C)<br />

(Museo di Castello ursino)<br />

8. Planimetria del teatro,<br />

con il tracciato del muro in grossi blocchi<br />

c<strong>al</strong>carei, messo in luce <strong>al</strong> di sotto<br />

del settore ovest del teatro romano<br />

(iii sec. a.C)


tra continuità e innovazioni: la città antica e mediev<strong>al</strong>e<br />

e lunghi m 20 e 24 circa, si legano fra di loro formando un angolo leggermente ottuso.<br />

Il muro meglio conservato, quello Nord-Sud, si eleva per m 5 su dieci filari, composti<br />

da blocchi disposti per testa di dimensioni standardizzate (circa m 1,47 x 0,75 x 0,50),<br />

<strong>al</strong>cuni dei qu<strong>al</strong>i incisi con il monogramma KAT; sul lato Est, inoltre, esso è dotato di<br />

due briglie aggettanti di m 1,5. Grazie <strong>al</strong>la presenza di queste ultime e dei marchi di<br />

cava incisi, E. Tortorici ha proposto di identificare i muri con un tratto delle fortificazioni<br />

della Catania greca, databili <strong>al</strong> V o, più verosimilmente, <strong>al</strong> IV secolo 58 . In effetti,<br />

prescindendo d<strong>al</strong>l’interpretazione funzion<strong>al</strong>e di t<strong>al</strong>i strutture, un terminus post quem <strong>al</strong><br />

IV secolo può essere proposto sulla base del confronto con la cinta muraria superiore<br />

del Colle San Mauro a Lentini, caratterizzata d<strong>al</strong>la presenza di numerosi marchi di cava<br />

o di cantiere 59 . L’origine lentinese dei blocchi, inoltre, può essere ipotizzata sulla base<br />

di due considerazioni. Le cave di Lentini, distribuite lungo la linea di costa subito a<br />

Sud del golfo di Catania, erano le più vicine a quest’ultima ed erano particolarmente<br />

adatte <strong>al</strong> trasporto via mare, di gran lunga preferito per le distanze superiori <strong>al</strong>la decina<br />

di km 60 . Tanto nelle cave costiere, quanto nella cinta muraria di Lentini, inoltre,<br />

è stato possibile identificare blocchi che risultano avere dimensioni an<strong>al</strong>oghe a quelli<br />

impiegati nelle strutture identificate <strong>al</strong> di sotto del teatro di Catania. A mio avviso, esse<br />

possono essere ricondotte ad un modulo di base, pari a cinque piedi attici di circa m<br />

0,296 61 . Non si può dare per scontato, ad ogni modo, che le strutture messe in luce <strong>al</strong><br />

di sotto del teatro di Catania facciano parte di un circuito difensivo. In occasione dei<br />

recenti scavi nel settore orient<strong>al</strong>e del teatro, infatti, sono stati rinvenuti <strong>al</strong>tri due muri,<br />

re<strong>al</strong>izzati anch’essi con blocchi c<strong>al</strong>carei delle stesse dimensioni di quelli già conosciuti,<br />

uno dei qu<strong>al</strong>i è anch’esso orientato in senso Nord-Sud. Sembra dunque piuttosto verosimile<br />

ipotizzare che le strutture in questione appartengano ad un importante edificio<br />

pubblico, che per l’estensione in senso Est-Ovest non sembra essere stato dotato di<br />

una copertura e, di conseguenza, potrebbe essere identificato con un edificio di tipo<br />

teatr<strong>al</strong>e 62 . In una t<strong>al</strong>e prospettiva, è opportuno osservare che l’interpretazione del muro<br />

Nord-Sud del settore Ovest del teatro come muraglione di an<strong>al</strong>emma, avanzata già da<br />

C. Anti 63 , sembra avv<strong>al</strong>orata d<strong>al</strong> confronto stringente con le strutture del terrapieno<br />

del teatro di Morgantina, re<strong>al</strong>izzato nella seconda metà o nell’ultimo quarto del III<br />

secolo e contraddistinto anch’esso da muri dotati di briglie poste a interv<strong>al</strong>li regolari,<br />

che si incontrano formando un angolo ottuso 64 . L’an<strong>al</strong>emma del teatro di Morgantina<br />

si adatta <strong>al</strong>la perfezione <strong>al</strong>la descrizione di Anti dei muri messi in luce <strong>al</strong> di sotto del<br />

teatro di Catania, che “delineano uno schema trapezoid<strong>al</strong>e inverso”, che “<strong>al</strong>larga i lati<br />

non par<strong>al</strong>leli verso la cavea, anziché verso l’orchestra” 65 . In una t<strong>al</strong>e prospettiva, sembra<br />

legittimo concludere che il ‘teatro greco’ di Catania, sia pure accettando una t<strong>al</strong>e<br />

identificazione con beneficio di inventario, faccia parte della schiera di edifici teatr<strong>al</strong>i<br />

(Siracusa, Morgantina, Segesta, Solunto, Tindari), re<strong>al</strong>izzati in Sicilia tra la fine della<br />

prima guerra punica (241 a.C.) e la fine del II secolo, confermando la floridezza dell’oppidum<br />

locuples dell’età repubblicana, celebrato da Cicerone 66 .<br />

Non diversamente d<strong>al</strong>l’edificio rintracciato <strong>al</strong> di sotto del teatro romano, in stretta<br />

connessione con la spedizione ateniese in Sicilia del 415-413 è stata interpretata la presenza<br />

a Catania di un rilievo attico della fine del V secolo con Demetra e Kore (fig. 7),<br />

rinvenuto intorno <strong>al</strong> 1930 non lontano da Piazza S. Francesco 67 . G. Neumann, che lo ha<br />

attribuito ad un’officina ateniese vicina <strong>al</strong>lo scultore Agoracrito, ha proposto di datare<br />

l’arrivo del rilievo a Catania negli stessi anni della spedizione ateniese in Sicilia 68 . Esso<br />

andrebbe interpretato, in <strong>al</strong>tri termini, come una dedica uffici<strong>al</strong>e ateniese <strong>al</strong> santuario<br />

di Demetra, rappresentando in sostanza il correlato archeologico dell’<strong>al</strong>leanza intercorsa<br />

tra le due città in funzione anti-siracusana. In una t<strong>al</strong>e prospettiva, è stato anche<br />

ipotizzato che esso sia stato appositamente re<strong>al</strong>izzato per Catania, e che la cavità rappresentata<br />

ai piedi delle due divinità rappresenti il cratere dell’Etna 69 . Contro una t<strong>al</strong>e<br />

interpretazione, tuttavia, va rilevata la presenza di due iscrizioni in di<strong>al</strong>etto dorico, presenti<br />

sulla cornice superiore e su quella inferiore del rilievo, che possono essere datate<br />

tra la fine del III e il I secolo a.C. 70 . L’ipotesi che il rilievo sia stato dedicato una seconda<br />

volta, secoli dopo il suo arrivo in città, sembra poco verosimile 71 . Una t<strong>al</strong>e evenienza<br />

potrebbe essere ammessa solo nel caso in cui fossimo in presenza di una dedica di carattere<br />

pubblico, mentre l’iscrizione che si legge sul rilievo ne attesta l’offerta da parte<br />

di una coppia di privati e dei propri figli. Non resta che ipotizzare, con K. Korhonen,<br />

che esso sia stato importato d<strong>al</strong>l’Attica in età ellenistica 72 , e che rimandi <strong>al</strong>la presenza di<br />

una committenza di <strong>al</strong>to livello nell’ambito della élite della civitas decumana.<br />

43


44 catania l’identità <strong>urbana</strong> d<strong>al</strong>l’antichità <strong>al</strong> <strong>settecento</strong><br />

da kata n e a Cat i n a: L a Civitas d e C u m a n a d a L 263 a L 21 a.c.<br />

Nel 263 a.C., ad un anno d<strong>al</strong>lo scoppio della prima guerra punica, Catania si arrese ai<br />

Romani e ricevette lo status di civitas decumana, per cui fu soggetta <strong>al</strong> pagamento di un’imposta,<br />

pur mantenendo uno statuto giuridico di <strong>al</strong>to profilo 73 . Iniziò così un lungo periodo,<br />

apparentemente povero di avvenimenti politici 74 , che è stato interpretato in passato da parte<br />

degli studiosi <strong>al</strong>la luce di un più gener<strong>al</strong>e quadro di depressione cultur<strong>al</strong>e ed economica<br />

della Sicilia, e da <strong>al</strong>tri, più di recente, secondo una visione continuistica con il periodo precedente,<br />

in gran parte informata ad una lettura ‘positiva’ della testimonianza delle Verrine 75 .<br />

In sostanza, anche per Catania è opportuno tentare un bilancio dell’evidenza disponibile,<br />

<strong>al</strong>la luce di una prospettiva ‘non-ideologica’, che presupponga uno sviluppo più articolato<br />

dei diversi comprensori e delle comunità urbane dell’Isola nell’età repubblicana 76 .<br />

Le fonti letterarie rendono di per sé evidente la continuità della cultura ellenistica nella<br />

città, amministrata da magistrature greche (il proagoros) e, d<strong>al</strong> 212/211 a.C., sede di un ginnasio<br />

77 ; nel 200 a.C., tra l’<strong>al</strong>tro, Catania ricevette i messi (theoroi) del santuario di Apollo a<br />

Delfi 78 . La conquista romana di Siracusa sembra avere prodotto ricadute positive sulla vita<br />

della città, che d<strong>al</strong>l’ultimo decennio del III secolo riprese a battere moneta, rappresentando<br />

sulle proprie emissioni, oltre <strong>al</strong>le divinità tradizion<strong>al</strong>i (Demetra, Apollo, Dioniso), quelle<br />

egizie, soprattutto Iside 79 . Se si integra in un simile quadro la probabilità che il monument<strong>al</strong>e<br />

edificio pubblico sottostante il teatro romano – probabilmente anch’esso un teatro – sia<br />

stato re<strong>al</strong>izzato dopo la fine della prima guerra punica, diviene possibile ricostruire l’immagine<br />

di una comunità che si rinnova, secondo un linguaggio urbano che, tre secoli più tardi,<br />

verrà assunto da Pausania a paradigma dell’identità della polis 80 .<br />

L’estensione dell’insediamento è incerta: la cinta muraria, presso i cui tratti scoperti di<br />

recente sono state rinvenute numerose fossette votive (thysiai) datate <strong>al</strong>la seconda metà<br />

del III secolo, dovette andare progressivamente in rovina dopo il 263 a.C., e sembra<br />

probabile ipotizzare che qu<strong>al</strong>cuna delle aree extraurbane si sia trasformata nel tempo in<br />

proasteion della città, secondo un trend probabilmente avviato <strong>al</strong>l’epoca di Timoleonte. Il<br />

limite Nord sembra avere oltrepassato il settore orient<strong>al</strong>e di via Plebiscito, come attesta<br />

la presenza di edifici abitativi della tarda età repubblicana presso il monastero di S. Domenico<br />

e <strong>al</strong> di sotto di p<strong>al</strong>azzo Tezzano 81 . Ad Ovest, la scoperta nel settore occident<strong>al</strong>e<br />

del monastero dei Benedettini di un sontuoso ambiente domestico, datato tra il II e il I<br />

secolo, va considerata come un indizio di un’estensione dell’abitato in direzione dell’area<br />

occupata d<strong>al</strong>la colata lavica del 1669 82 . Il limite orient<strong>al</strong>e deve avere incluso con certezza<br />

il tracciato di via Crociferi, documentato d<strong>al</strong>l’inizio del IV secolo (fig. 10), e il santuario<br />

di Demetra, ormai trasformatosi nella princip<strong>al</strong>e area di culto <strong>urbana</strong>; più ad Est, oltre<br />

via Etnea, non risultano documentati edifici precedenti l’età imperi<strong>al</strong>e 83 . Nell’area a Sud<br />

di Piazza Dante, infine, è verosimile supporre che l’ampliamento dell’abitato sia stato<br />

più sostanzi<strong>al</strong>e, dato che è proprio in questo settore, adiacente <strong>al</strong> santuario, che sembra<br />

essersi concentrata la volontà di dotare la città di una sua ‘facciata’ monument<strong>al</strong>e, rappresentata<br />

d<strong>al</strong> verosimile edificio teatr<strong>al</strong>e. Inoltre, dato che, come già ricordato in precedenza,<br />

l’esistenza di un teatro nelle città siceliote non è mai disgiunta da una sua funzione<br />

più prettamente politico-assembleare 84 , sembra verosimile collocare in questa direzione,<br />

tra le pendici meridion<strong>al</strong>i della collina di Montevergine e l’area occupata d<strong>al</strong> porto, la<br />

presenza del princip<strong>al</strong>e spazio pubblico della polis dell’età repubblicana, l’agora, senza<br />

per<strong>al</strong>tro escludere, in via del tutto speculativa, che questa stessa area, verosimilmente povera<br />

di costruzioni, possa avere rivestito una t<strong>al</strong>e funzione già in età precedente 85 . Come<br />

mostra un denario emesso da Sesto Pompeo, negli anni in cui varie comunità siceliote,<br />

tra le qu<strong>al</strong>i anche Catania, parteggiavano per lui contro Augusto (fig. 9) 86 , è nell’agora che<br />

fu eretto, perlomeno a partire d<strong>al</strong> I secolo a. C., il gruppo statuario che raffigurava i pii<br />

fratres, i due giovani catanesi che, pur attardandosi nella fuga con i genitori sulle sp<strong>al</strong>le,<br />

sarebbero stati risparmiati d<strong>al</strong> torrente lavico di un’eruzione etnea 87 .<br />

Nell’area a Sud di Piazza Dante va probabilmente collocato anche il ginnasio donato da<br />

Marcello 88 , che è verosimile dovesse prevedere perlomeno la presenza di una p<strong>al</strong>estra, di<br />

uno spazio per la corsa (xystos) e di un b<strong>al</strong>aneion destinato <strong>al</strong>l’igiene degli atleti; l’estesa<br />

area pianeggiante e la presenza dell’Amenano hanno verosimilmente offerto le condizioni<br />

ottim<strong>al</strong>i per un t<strong>al</strong>e impianto. L’assenza di strutture riferibili ad esso è in qu<strong>al</strong>che<br />

modo controbilanciata d<strong>al</strong>l’evidenza epigrafica. Korhonen ha proposto di identificare<br />

in un’iscrizione del II-I secolo ora <strong>al</strong> Castello Ursino un frammento di dedica onoraria<br />

pertinente <strong>al</strong> ginnasio 89 ; <strong>al</strong> di fuori della città, inoltre, atleti catanesi sono onorati, tra il II<br />

e gli inizi del I secolo, in qu<strong>al</strong>ità di vincitori di gare a Oropos e Smirne 90 .<br />

9. il denario, coniato da sesto Pompeo<br />

tra il 43 e il 40 a.C., con<br />

la rappresentazione del gruppo<br />

ellenistico dei pii fratres


10. fondazione di un’edicola funeraria<br />

(naiskos) rinvenuta in via androne, ris<strong>al</strong>ente<br />

<strong>al</strong>l’età ellenistica (fine del iii – ii<br />

sec. a.C.) (da orsi 1918, fig. 1))<br />

tra continuità e innovazioni: la città antica e mediev<strong>al</strong>e<br />

L’impiego di muri a secco in opera quadrata, re<strong>al</strong>izzati mediante la messa in opera di<br />

blocchi di c<strong>al</strong>care, già incontrato a proposito delle strutture sottostanti il teatro romano,<br />

è attestato a Catania <strong>al</strong>meno in un’<strong>al</strong>tra opera di carattere verosimilmente pubblico,<br />

anch’essa posta a Sud della collina di Montevergine, nel quartiere Indirizzo. Nel 1896 furono<br />

rinvenuti in via Zapp<strong>al</strong>à Gemelli due muri di grandi blocchi, che si congiungevano<br />

tra di loro ad angolo retto e si conservavano per una lunghezza complessiva di <strong>al</strong>meno m<br />

18 91 . Insieme ad <strong>al</strong>tre strutture più tarde, re<strong>al</strong>izzate in opera cementizia, t<strong>al</strong>i muri sono<br />

stati interpretati da Libertini come opere di fortificazione destinate a proteggere la foce<br />

dell’Amenano, nel punto in cui era collocato lo sc<strong>al</strong>o portu<strong>al</strong>e della città 92 . Non diversamente<br />

dai blocchi in c<strong>al</strong>care rinvenuti nel teatro, incisi con marchi di cava perché probabilmente<br />

destinati <strong>al</strong> trasporto verso Catania, anche in questo caso siamo in presenza di<br />

una struttura re<strong>al</strong>izzata con materi<strong>al</strong>e importato d<strong>al</strong>l’area lentinese. Può essere interessante<br />

osservare, a questo proposito, che l’impiego dell’opera quadrata in pietra c<strong>al</strong>carea,<br />

mai attestato nell’edilizia privata di Catania 93 , è documentato, <strong>al</strong> contrario, in due tombe<br />

della seconda metà del III o dell’inizio del II secolo. La prima, rinvenuta nel tratto Nord<br />

di via Androne, consiste nel basamento quadrangolare “in grossi conci squadrati di arenaria<br />

tufacea, su due filari” (ca. m 4,40 x 4,80 di lato; fig. 10) di una tomba ad edicola<br />

(naiskos), decorata in origine da colonne doriche, di una delle qu<strong>al</strong>i sopravviveva un solo<br />

tamburo 94 . È interessante osservare che, a giudicare d<strong>al</strong>la planimetria pubblicata da Orsi,<br />

molti dei blocchi sembrano avere avuto dimensioni an<strong>al</strong>oghe a quelli dell’an<strong>al</strong>emma sotto<br />

il teatro (m 1,50 x 0,75 circa in pianta) 95 . Dei tre sepolcri individuati, l’unico intatto conteneva<br />

un sarcofago in piombo, che trova un confronto in Sicilia orient<strong>al</strong>e a Centuripe,<br />

nella seconda metà del III secolo 96 . La seconda è rappresentata da un grande sepolcro par<strong>al</strong>lelepipedo<br />

in blocchi c<strong>al</strong>carei “perfettamente squadrati e ben commessi” 97 , rinvenuto<br />

<strong>al</strong> Vi<strong>al</strong>e Rapisardi nel 1931, che conteneva una singola inumazione ed è possibile datare<br />

grazie <strong>al</strong>la presenza di una moneta catanese in bronzo emessa tra il 211 e il 204 a.C., deposta<br />

verosimilmente in qu<strong>al</strong>ità di ‘obolo di Caronte’ 98 . La cronologia qui proposta per<br />

l’edificio sottostante il teatro e per le due tombe induce a ipotizzare, anche se con beneficio<br />

di inventario, una datazione an<strong>al</strong>oga anche per le strutture murarie rinvenute in via<br />

Zapp<strong>al</strong>à Gemelli. Il rinnovamento edilizio cui andò incontro la città dopo il 263 a.C, ad<br />

ogni modo, dovette subire un’interruzione nella seconda metà del II secolo, a causa della<br />

rivolta degli schiavi guidati da Euno (138-132 a.C. ca.) e, successivamente, dell’eruzione<br />

del 123 a.C., <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e è stato riferito un consistente strato di cenere, identificato negli<br />

scavi del Conservatorio della Purità e del monastero dei Benedettini. Secondo le fonti,<br />

la pioggia di lapilli fu t<strong>al</strong>e da abbattere numerosi tetti e da indurre le autorità romane a<br />

esentare la città dai tributi per qu<strong>al</strong>che tempo 99 .<br />

Il santuario di Demetra non è attestato nella documentazione archeologica di questo periodo,<br />

dato che la stipe di Piazza S. Francesco non sembra avere restituito materi<strong>al</strong>i più<br />

tardi dell’inizio del III secolo a.C. Il suo funzionamento in età repubblicana è purtroppo<br />

legato <strong>al</strong>la menzione della sua violazione e del furto del signum Cereris perantiquissimum<br />

da parte di Verre 100 . Il rinnovamento della scena cultu<strong>al</strong>e catanese è attestato d<strong>al</strong>le rappresentazioni<br />

delle divinità egizie presenti sulle emissioni monet<strong>al</strong>i della città a cav<strong>al</strong>lo<br />

tra il III e il II secolo 101 Esse attestano non soltanto la diffusione loc<strong>al</strong>e del culto di Iside<br />

e Serapide, ma anche il carattere di uffici<strong>al</strong>ità che esso aveva ormai acquisito intorno <strong>al</strong><br />

200 a.C. 102 Iside, in particolare, sembra essersi affermata a Catania grazie <strong>al</strong>l’associazione<br />

con Demetra e <strong>al</strong>la possibile identificazione con Kore 103 . Al Museo di Castello Ursino si<br />

conservano numerosi bronzetti, ceramiche e frammenti di una colonna od obelisco in<br />

granito con simboli egittizzanti, perlopiù datati <strong>al</strong>l’età imperi<strong>al</strong>e; tuttavia, l’identificazione<br />

di una coppetta del II-I secolo con la rappresentazione di Iside e Serapide, conferma<br />

la diffusione del culto in età repubblicana 104 . I frammenti di colonna, in particolare,<br />

possono essere interpretati come ornamenti di un santuario loc<strong>al</strong>e. Al fine di loc<strong>al</strong>izzare<br />

quest’ultimo sul terreno, è senza dubbio opportuno soffermarsi sull’area di rinvenimento<br />

di t<strong>al</strong>i reperti, tramandata dagli eruditi loc<strong>al</strong>i dei secoli XVII-XIX 105 . Secondo P. Carrera,<br />

il frammento di colonna in granito in seguito confluito nella collezione Biscari giaceva nei<br />

pressi di casa Gravina (odierna piazza S. Francesco) <strong>al</strong>l’inizio del XVII secolo; inoltre,<br />

presso il convento di S. Francesco si trovavano <strong>al</strong>tri “tronchi obelischi hieroglificati”, uno<br />

dei qu<strong>al</strong>i potrebbe essere identificato con l’obelisco rimontato da G. Vaccarini sull’elefante<br />

di bas<strong>al</strong>to in piazza Duomo 106 . L’abate Sestini, d’<strong>al</strong>tra parte, ricorda che <strong>al</strong>cune<br />

statuette furono rinvenute nell’area del convento, tanto da indurre il principe di Biscari a<br />

ipotizzare che nella zona sorgesse un Iseo 107 . Sembra del tutto verosimile, in conclusione,<br />

loc<strong>al</strong>izzare il santuario delle divinità egizie nei pressi del convento di S. Francesco. Presso<br />

45


46 catania l’identità <strong>urbana</strong> d<strong>al</strong>l’antichità <strong>al</strong> <strong>settecento</strong><br />

l’angolo Sud-Est di questo stesso complesso, nel 1818 fu rinvenuta una sostruzione in<br />

c<strong>al</strong>cestruzzo, sulla qu<strong>al</strong>e si conservava il plinto di base dei muri di un edificio a pianta<br />

rettangolare, con il lato lungo orientato in senso Est-Ovest (m 12 x 9 ca.). Dagli eruditi<br />

loc<strong>al</strong>i del XVI e XVII secolo, t<strong>al</strong>e struttura fu identificata con un fornice trionf<strong>al</strong>e e denominata<br />

‘Arco di Marcello’ 108 . Già il duca di Serradif<strong>al</strong>co, tuttavia, v<strong>al</strong>orizzando l’assenza<br />

del plinto sul lato Est dell’edificio e la presenza di un prolungamento della sostruzione<br />

in corrispondenza del tratto centr<strong>al</strong>e del lato Est, aveva proposto di vedervi i resti di un<br />

tempio in antis o tetrastilo (fig. 11), confrontandolo con il cosiddetto ‘Oratorio di F<strong>al</strong>aride’<br />

ad Agrigento 109 . Una t<strong>al</strong>e identificazione è stata riproposta di recente da R. Wilson,<br />

che ha ricostruito con verosimiglianza l’edificio come un tempio in antis su basso podio<br />

e rampa d’accesso ad Est, e da E. Port<strong>al</strong>e, che lo ha inquadrato nell’ambito dei pochi<br />

edifici templari di tipo it<strong>al</strong>ico presenti nell’Isola e databili <strong>al</strong>la tarda età repubblicana 110 .<br />

Il rinvenimento nelle sue vicinanze delle statuette e dei frammenti di colonne in granito<br />

induce ad identificarlo con un possibile Iseo, confrontabile per dimensioni con l’unico<br />

tempio di Iside e Serapide identificato con sicurezza in Sicilia orient<strong>al</strong>e, quello inglobato<br />

nella chiesa di S. Pancrazio a Taormina 111 .<br />

La conferma più evidente della floridezza della Catania repubblicana, ad ogni modo, è<br />

rappresentata dagli edifici di carattere residenzi<strong>al</strong>e scoperti nel corso degli ultimi anni.<br />

In particolare, a parte i singoli edifici già citati in precedenza a proposito dell’estensione<br />

dell’insediamento, è opportuno menzionare il quartiere abitativo messo in luce<br />

a partire d<strong>al</strong> 1982 nello spazio antistante l’ingresso princip<strong>al</strong>e del monastero dei Benedettini<br />

112 . Esso si compone di tre abitazioni, costruite intorno <strong>al</strong>la metà del III secolo<br />

a.C., disposte su tre terrazzamenti digradanti da Sud-Ovest verso Nord-Est. I pavimenti<br />

dei vani sono decorati mediante l’<strong>al</strong>lettamento di tessere di marmo in un cocciopesto<br />

(opus signinum), in modo da formare composizioni geometriche (reticolati, meandri,<br />

svastiche, ecc.; figg. 12-14); le pareti sono decorate con intonaci dipinti del cosiddetto<br />

‘Primo Stile’, spesso conservati su tre strati sovrapposti. La tecnica muraria, che fa<br />

uso di blocchi lavici di diversa dimensione, legati da m<strong>al</strong>ta di fango, è la stessa del<br />

precedente impianto greco. Ogni casa si apre <strong>al</strong>l’interno su di un cortile, articolato da<br />

colonne in mattoni e pilastri. Stretti ambitus, tra una casa e l’<strong>al</strong>tra, permettevano il deflusso<br />

delle acque piovane. In età medio-repubblicana (II-I secolo), <strong>al</strong>cuni vani furono<br />

ingranditi a scapito dei cortili e mediante la costruzione di nuove pareti divisorie, con<br />

la conseguente creazione di nuovi affreschi. Tra la fine del I secolo a.C. e il I secolo d.<br />

C., infine, è datata l’ultima fase del complesso, che determina la creazione di un edificio<br />

unitario, esteso circa 700 m², decorato in modo omogeneo e dotato di pavimenti<br />

pregiati in scutulae marmoree. In questa fase, che termina verso la fine del I secolo d.<br />

C., sembra evidente l’elevato ceto soci<strong>al</strong>e dei nuovi proprietari, appartenenti con verosimiglianza<br />

<strong>al</strong> gruppo dei nuovi arrivati in città, i coloni della Catina augustea.<br />

La C o l o n i a Cat i n a d a au g u s t o a i se v e r i<br />

La deduzione coloniaria del 21 a.C. dovette rappresentare una svolta epoc<strong>al</strong>e nello sviluppo<br />

urbanistico di Catania, che accolse in seno <strong>al</strong>la sua popolazione <strong>al</strong>cune migliaia<br />

di cives romani, verosimilmente veterani, superando così per dimensioni il municipium<br />

di Messana e la colonia di Tauromenium, dedotta già nel 36 a.C. 113 . Sulla base dell’enfasi<br />

con cui Strabone fa riferimento <strong>al</strong>la popolosità delle colonie siciliane, la politica augustea<br />

nei confronti della città è stata descritta in passato in termini sostanzi<strong>al</strong>mente positivi:<br />

non diversamente da Siracusa e d<strong>al</strong> resto dell’Isola, la prima devastata da Sesto Pompeo<br />

e la seconda dominata da una condizione di eremia, Catania sarebbe stata così premiata<br />

da Augusto con l’insediamento di romaioi oiketores 114 . In anni recenti, la testimonianza<br />

straboniana è stata sostanzi<strong>al</strong>mente ridimensionata, <strong>al</strong>la luce tanto dell’appoggio offerto<br />

d<strong>al</strong>le città siciliane a Sesto Pompeo, quanto dell’operatività del topos della polyanthropia<br />

nell’opera del geografo 115 . Anche se un’interpretazione ‘punitiva’ della deduzione coloniaria<br />

del 21 a.C. sembra lontana d<strong>al</strong>l’essere dimostrata, visto il quindicennio trascorso<br />

d<strong>al</strong>la fine del bellum siculum 116 , l’elevazione della città a colonia non sembra essere stata<br />

motivata unicamente d<strong>al</strong>la necessità di congedare in modo onorevole i veterani, ma può<br />

ben essere stata mirata ad assicurarsi la fedeltà dell’insediamento, sullo sfondo di una<br />

riorganizzazione più ampia dell’intera provincia, imperniata sul controllo di pochi centri<br />

strategici e dei porti princip<strong>al</strong>i dell’Isola 117 .<br />

Sebbene sia del tutto ignoto il numero dei coloni augustei 118 , la nuova condizione della<br />

11. Pianta del cosiddetto<br />

arco di Marcello (serradif<strong>al</strong>co)<br />

e ipotesi ricostruttiva di tempio<br />

in antis su podio (da Wilson 1990,<br />

fig. 95), identificabile con il santuario<br />

delle divinità egizie (iseo o serapeo)


12-14. Pavimento in opus signinum,<br />

decorato con rombi e reticoli geometrici,<br />

di un ambiente messo in luce <strong>al</strong>l’interno<br />

del monastero dei Benedettini<br />

(età tardo-repubblicana)<br />

(da Branciforti 2005, p. 181)<br />

tra continuità e innovazioni: la città antica e mediev<strong>al</strong>e<br />

47


48 catania l’identità <strong>urbana</strong> d<strong>al</strong>l’antichità <strong>al</strong> <strong>settecento</strong><br />

città sembra riflettersi nella pressoché esclusiva presenza di iscrizioni pubbliche latine<br />

durante i primi due secoli dell’impero 119 . Come ha notato K. Korhonen, tuttavia, il fatto<br />

che tra il III e il V secolo ritornino a prev<strong>al</strong>ere le iscrizioni greche, tanto pubbliche,<br />

quanto funerarie, soprattutto cristiane, è indicativo del fatto che una larga parte della popolazione<br />

continuò a parlare e scrivere in greco, anche se la vita pubblica e le istituzioni<br />

furono dominate dai cittadini romani. La vita cultur<strong>al</strong>e e artistica, d’<strong>al</strong>tra parte, dovette<br />

seguire un proprio corso, continuando ad essere rivolta, perlomeno d<strong>al</strong> II secolo in avanti,<br />

verso la Grecia e l’Asia Minore 120 . In sostanza, con la deduzione coloniaria il ceto abbiente<br />

della città deve avere perso, perlomeno per un periodo di un paio di generazioni,<br />

la percezione unitaria della propria identità 121 . I nuovi coloni, pur rappresentando una<br />

minoranza, si trovarono in condizioni di superiorità nei confronti della popolazione loc<strong>al</strong>e,<br />

eleggendo gli individui destinati a ricoprire le cariche di governo. Allo stesso tempo,<br />

i gruppi dirigenti della civitas decumana sembrano aver vissuto ai margini dello spazio<br />

politico urbano, eclissandosi sul piano archeologico – abitativo, funerario, pubblico –<br />

ed epigrafico, perlomeno durante il primo secolo di vita della colonia. Solo d<strong>al</strong>la prima<br />

metà del II secolo, la presenza della cultura greca, e con essa quella di una nuova élite<br />

municip<strong>al</strong>e, riemerge nella documentazione a nostra disposizione. Ormai nell’avanzata<br />

età imperi<strong>al</strong>e (III-V secolo), infine, anche nella colonia Catina la Graecia capta finirà per<br />

intervenire attivamente, in competizione con il ferus victor, nella vita cultur<strong>al</strong>e della città,<br />

nella qu<strong>al</strong>e gli agoni poetici, organizzati da cittadini eruditi omni doctrina, graeca quoque<br />

et latina, convivranno accanto agli spettacoli di massa dei ludi gladiatori 122 .<br />

Il riflesso urbanistico più evidente della nuova condizione giuridica e della maggiore<br />

consistenza demografica della città è rappresentato d<strong>al</strong>l’estensione dell’abitato tra la fine<br />

del I secolo a.C. e il I secolo d.C., la più ampia raggiunta da Catania fino <strong>al</strong>la conquista<br />

araba 123 . A Nord di piazza Stesicoro, sotto il p<strong>al</strong>azzo Tezzano, ambienti della prima età<br />

imperi<strong>al</strong>e, provvisti di ipocausto e di un impianto di risc<strong>al</strong>damento a parete, verosimilmente<br />

appartenenti ad un edificio term<strong>al</strong>e, si sovrapposero ad una casa della tarda età<br />

repubblicana. Con la successiva costruzione dell’anfiteatro, verosimilmente tra la fine del<br />

primo e l’inizio del secondo secolo, la zona cessò di essere utilizzata a fini residenzi<strong>al</strong>i,<br />

e finì per trasformarsi, perlomeno d<strong>al</strong>la metà del III secolo, in area cemeteri<strong>al</strong>e 124 . Ad<br />

Ovest e a monte di piazza Stesicoro, d’<strong>al</strong>tro canto, la più antica necropoli catanese, quella<br />

della contrada ‘Orto del Re’, continuò ad essere utilizzata per tutta l’età imperi<strong>al</strong>e. Il<br />

suo limite meridion<strong>al</strong>e era probabilmente rappresentato d<strong>al</strong> distrutto mausoleo circolare<br />

del monastero dei Cappuccini (attu<strong>al</strong>e p<strong>al</strong>azzo della Borsa), organizzato su due livelli, il<br />

superiore consistente in un’edicola per una statua, l’inferiore contenente il sepolcro vero<br />

e proprio 125 . Altri grandi edifici funerari del I-II secolo sono rappresentati d<strong>al</strong> cosiddetto<br />

‘colombario della Mecca’, presso piazza S. Maria di Gesù, e dai mausolei di vi<strong>al</strong>e Regina<br />

Margherita, di via Ipogeo e del monastero dei Cappuccini in piazza del Carmine (Figg.<br />

15-16), che richiamano modelli peninsulari, in particolare campani 126 . Il limite orient<strong>al</strong>e<br />

dell’abitato della prima e media età imperi<strong>al</strong>e è rappresentato, <strong>al</strong>lo stato attu<strong>al</strong>e, da edifici<br />

con mosaici e pareti rivestite di crustae marmoree identificati ad Est di via Etnea, <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tezza<br />

della chiesa della Collegiata (via Mancini). Ancora più ad Est, sarcofagi e cinerari<br />

del II-III secolo furono rinvenuti presso la chiesa di S. Teresa, in occasione del livellamento<br />

di via di Sangiuliano 127 . Le scoperte più utili a ricostruire il rapporto tra abitato e<br />

necropoli nel settore orient<strong>al</strong>e della città nel corso dell’età imperi<strong>al</strong>e, tuttavia, si debbono<br />

ad uno scavo del 1916, diretto da Paolo Orsi 128 . In occasione di scavi lungo il tratto di<br />

via Vittorio Emanuele compreso tra il port<strong>al</strong>e dell’Arcivescovado e piazza S. Placido,<br />

furono messi in luce i resti di <strong>al</strong>cuni edifici, uno dei qu<strong>al</strong>i ben noto a causa di una celebre<br />

iscrizione erotica latina 129 , ai qu<strong>al</strong>i si era sovrapposta, tra il III e il V secolo, una estesa necropoli,<br />

da cui provengono numerose iscrizioni cristiane. In re<strong>al</strong>tà, un’isolata tomba <strong>al</strong>la<br />

cappuccina, re<strong>al</strong>izzata nell’intercapedine tra due edifici in rovina, esattamente di fronte<br />

<strong>al</strong>l’ingresso dell’Arcivescovado, è anteriore, con ogni probabilità, <strong>al</strong>l’età antonina, come<br />

indica il rinvenimento di un unguentario in vetro, che si inquadra facilmente nelle produzioni<br />

della fine del I e dell’inizio del II secolo 130 . Non si può escludere, di conseguenza,<br />

che il proasteion a Sud-Est della città messo in luce da Orsi sia stato abbandonato,<br />

probabilmente nell’ambito di un più ampio progetto urbanistico, nello stesso periodo in<br />

cui il quartiere a Nord di piazza Stesicoro sembra aver ceduto il passo <strong>al</strong>la costruzione<br />

dell’anfiteatro. In una t<strong>al</strong>e prospettiva, con il proseguire delle ricerche e la migliore definizione<br />

della cronologia delle scoperte, sarà opportuno v<strong>al</strong>utare se la sovrapposizione<br />

della necropoli orient<strong>al</strong>e della città <strong>al</strong>le estreme propaggini dell’insediamento della tarda<br />

repubblica e del primo impero sia dovuta non ad una contrazione dello spazio insediati-<br />

15-16. Monumenti funerari della media<br />

età imperi<strong>al</strong>e di vi<strong>al</strong>e regina Margherita<br />

e del monastero dei Cappuccini<br />

(foto terminella)


tra continuità e innovazioni: la città antica e mediev<strong>al</strong>e<br />

vo, ma <strong>al</strong>l’attuazione di una sorta di ‘piano regolatore’, connessa con la re<strong>al</strong>izzazione di<br />

importanti opere pubbliche e la razion<strong>al</strong>izzazione della funzion<strong>al</strong>ità del suburbio (funeraria,<br />

pubblica). È già stato notato, d’<strong>al</strong>tro canto, che <strong>al</strong>l’epoca della deduzione della colonia<br />

furono re<strong>al</strong>izzati solo circoscritti interventi edilizi, ma non la progettazione in toto<br />

di un nuovo impianto urbanistico 131 . Un intervento di più ampio respiro, <strong>al</strong> contrario,<br />

potrebbe essere stato richiesto d<strong>al</strong>la costruzione dei grandi edifici pubblici, tra il II secolo<br />

e l’età severiana. Per quanto riguarda l’estensione della città della prima età imperi<strong>al</strong>e<br />

verso Ovest e Sud, infine, è opportuno ricordare che il limite occident<strong>al</strong>e doveva ricadere<br />

nell’area interessata d<strong>al</strong>la colata lavica del 1669, su cui i Benedettini re<strong>al</strong>izzarono il proprio<br />

orto botanico (attu<strong>al</strong>e osped<strong>al</strong>e Vittorio Emanuele), mentre, a Sud, edifici dell’età<br />

giulio-claudia sono stati identificati nei pressi del monastero di Santa Chiara e <strong>al</strong> di sotto<br />

del Castello Ursino 132 .<br />

Oltre ad un ampliamento del tessuto abitativo, l’insediamento dei coloni augustei può<br />

avere innescato profonde <strong>al</strong>terazioni nell’organizzazione dell’edilizia domestica loc<strong>al</strong>e,<br />

comportando tra l’<strong>al</strong>tro espropri e vendite forzose di immobili 133 . In t<strong>al</strong> senso, è opportuno<br />

ricordare che nel quartiere residenzi<strong>al</strong>e meglio conosciuto della città, quello messo<br />

in luce nel cortile orient<strong>al</strong>e del monastero dei Benedettini, la terza fase edilizia individuata,<br />

datata ad età augustea, coincide con un intervento di carattere radic<strong>al</strong>e: i tre edifici<br />

preesistenti divennero parte di un complesso unitario, decorato in modo omogeneo, che<br />

raggiunse una superficie di più di 700 m² 134 . Interventi edilizi ancora più sostanzi<strong>al</strong>i furono<br />

re<strong>al</strong>izzati nell’area di via Crociferi. Nel 1853, la sostruzione di una monument<strong>al</strong>e<br />

opera di terrazzamento, consistente in una griglia di muri ortogon<strong>al</strong>i estesa per circa m<br />

40 EO x 55 NS, fu scoperta subito a Nord del convento dei Gesuiti, presso l’angolo con<br />

via di Sangiuliano 135 . Sul lato opposto della strada, a Sud della chiesa di S. Giuliano, tra<br />

il 1988 e il 1993 è stato progressivamente messo in luce un grande edificio dotato di un<br />

criptoportico, lungo non meno di m 32,5 NS. Il carattere elevato della costruzione, datata<br />

in età augustea, è messo in rilievo d<strong>al</strong>la presenza di mosaici paviment<strong>al</strong>i, d<strong>al</strong>l’impiego di<br />

rivestimenti in marmo e d<strong>al</strong>le colonne di cipollino euboico del portico, <strong>al</strong>te circa m 4 136 .<br />

Ad età tiberiana, infine, è datata la costruzione di un edificio residenzi<strong>al</strong>e presso il Conservatorio<br />

della Purità, le cui pareti erano decorate con affreschi di terzo e quarto stile,<br />

con confronti a Pompei ed Ostia 137 .<br />

Gli edifici monument<strong>al</strong>i, gli spazi pubblici e le infrastrutture urbane (acquedotto, sistema<br />

viario) sembrano essere stati oggetto di molteplici interventi durante i primi tre secoli<br />

dell’età imperi<strong>al</strong>e. Con l’importante eccezione del circo, loc<strong>al</strong>izzato nell’area a Sud-Ovest<br />

del Castello Ursino, ma oggi del tutto scomparso e, di conseguenza, non databile con<br />

precisione 138 , sembra plausibile affermare che la colonia Catina abbia raggiunto la sua<br />

‘maturità’ urbanistica tra la tarda età antonina e l’età severiana, epoca <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e si datano<br />

importanti interventi nel teatro, nell’anfiteatro e nell’odeum. A dispetto delle datazioni<br />

spesso incerte, il fatto che <strong>al</strong>cuni edifici e settori della città rappresentino una sorta di<br />

p<strong>al</strong>insesto del suo complesso sviluppo urbanistico invita a ripercorrere in modo diacronico<br />

l’evidenza a disposizione, enucleando tre grandi momenti o fasi di sviluppo: l’età<br />

augustea e giulio-claudia (21 a.C. – 68 d.C.); il torno di tempo compreso tra Domiziano e<br />

i primi anni di Antonino Pio (tra l’81 e il 140 circa); la tarda età Antonina e l’età Severiana<br />

(<strong>al</strong>l’incirca tra il 160 e il 230).<br />

L’area posta <strong>al</strong>le pendici meridion<strong>al</strong>i della collina di Montevergine, a Sud di piazza Dante<br />

e di via Teatro Greco, mostra, più di ogni <strong>al</strong>tra in città, tracce di una serie di interventi<br />

che, con ogni probabilità, sono databili <strong>al</strong>l’età giulio-claudia. A partire da Orsi, in particolare,<br />

è stato ipotizzato che il teatro sia stato ricostruito sotto Augusto, e t<strong>al</strong>e datazione<br />

è stata accettata, in anni recenti, da Coarelli e Wilson (fig. 17-18) 139 . In precedenza, era<br />

nota la scoperta di un corridoio pavimentato in opus signinum <strong>al</strong> di sotto della cavea attu<strong>al</strong>e,<br />

durante i restauri condotti da Gismondi (1960) 140 . In occasione degli scavi recenti<br />

nell’orchestra, è tornata <strong>al</strong>la luce l’originaria pavimentazione in opus sectile a reticolo di<br />

lastre di grandi dimensioni, in pavonazzetto e bas<strong>al</strong>to loc<strong>al</strong>e, databile entro la prima metà<br />

del I secolo 141 ; i saggi condotti <strong>al</strong>l’interno del pulpitum, inoltre, hanno permesso di identificare<br />

due fasi successive, una giulio-claudia, in cui esso era profondo m 4,60, e l’<strong>al</strong>tra<br />

attribuita <strong>al</strong> III o <strong>al</strong> IV sec., in cui esso raggiunse la profondità di m 6,15 142 . Sembra nel<br />

complesso verosimile ipotizzare, di conseguenza, che l’edificio sia stato uno dei primi ad<br />

essere ricostruito nella giovane colonia, secondo un trend tipico dell’età augustea, motivato<br />

d<strong>al</strong>l’importanza dei teatri nella vita politica e soci<strong>al</strong>e delle città. Come ha osservato I.<br />

B<strong>al</strong>dassarre a proposito di Napoli, “va tenuto presente infatti che il teatro, antico simbolo<br />

di democrazia, era il luogo dove si proclamava la fedeltà <strong>al</strong>l’imperatore” 143 .<br />

49


50 catania l’identità <strong>urbana</strong> d<strong>al</strong>l’antichità <strong>al</strong> <strong>settecento</strong><br />

Un secondo complesso che ha suscitato un ampio dibattito è rappresentato da un gruppo<br />

di ambienti, identificati già nel XVI secolo nell’area dell’attu<strong>al</strong>e cortile S. Pant<strong>al</strong>eone, a<br />

Sud-Ovest del teatro, e interpretati d<strong>al</strong> principe di Biscari come parte del foro romano 144 .<br />

La cronologia entro la prima metà del I secolo sembra assicurata d<strong>al</strong>la presenza di strutture<br />

murarie in opus reticulatum (fig. 19), re<strong>al</strong>izzate tra l’<strong>al</strong>tro mediante piccoli cubilia<br />

di pietra c<strong>al</strong>carea, la stessa impiegata <strong>al</strong>l’epoca della civitas decumana 145 . Come osserva<br />

Tortorici, tuttavia, l’interpretazione del complesso è incerta, dato che l’articolazione in<br />

ambienti di dimensioni identiche, <strong>al</strong>lineati sui lati di spazi aperti, “è tipica degli edifici<br />

di carattere commerci<strong>al</strong>e (horrea e macella) […] in cui appunto file di negozi e tabernae<br />

delimitano grandi cortili” 146 . Secondo lo studioso, inoltre, la scoperta di ricche domus in<br />

diversi settori del centro storico permetterebbe di propendere per un’identificazione del<br />

complesso con magazzini privati, re<strong>al</strong>izzati nell’età augustea 147 . Anche accettando una datazione<br />

leggermente più bassa, tuttavia, il carattere pubblico di t<strong>al</strong>i strutture è suggerito<br />

d<strong>al</strong>la rara tecnica muraria impiegata, mai attestata nei grandi edifici residenzi<strong>al</strong>i ad oggi<br />

noti in città, neppure in quello, interpretato come una residenza uffici<strong>al</strong>e, individuato in<br />

via Crociferi 148 . Inoltre, sebbene Wilson abbia ricordato che l’opus reticulatum sia stato<br />

in uso in It<strong>al</strong>ia ancora nella seconda metà del I secolo 149 , l’impiego loc<strong>al</strong>e del c<strong>al</strong>care,<br />

anch’esso mai attestato nelle murature delle domus catanesi, è un elemento che riporta,<br />

con ogni verosimiglianza, <strong>al</strong>la presenza di cave e officine di lapicidi, la cui attività era<br />

radicata nella Sicilia ellenistica. Infine, la prossimità del complesso di ambienti del cortile<br />

S. Pant<strong>al</strong>eone ad <strong>al</strong>tri edifici di sicuro carattere pubblico, con ogni probabilità connessi<br />

con l’area dell’antica agora e poi del foro (il teatro e un secondo edificio identificato <strong>al</strong> di<br />

sotto del convento di S. Agostino, su cui mi soffermerò tra breve), induce a identificarlo<br />

con un complesso di carattere commerci<strong>al</strong>e, nel qu<strong>al</strong>e si potrebbe forse vedere il macellum<br />

cittadino 150 .<br />

Un terzo edificio monument<strong>al</strong>e, ris<strong>al</strong>ente con verosimiglianza <strong>al</strong>l’età giulio-claudia, fu<br />

messo in luce nel XVIII secolo in occasione della costruzione del monastero di S. Agostino,<br />

tra la via Teatro Greco e la via Vittorio Emanuele, ad Ovest dell’odeum 151 . Il rinvenimento<br />

di trentadue colonne in marmo e di una statua maschile seduta di dimensioni<br />

coloss<strong>al</strong>i (fig. 20) indusse ad identificarlo con un tempio di Giove. In seguito <strong>al</strong>la scoperta,<br />

le colonne furono rilavorate e rimesse in opera nei portici di piazza Mazzini, mentre le<br />

grandi lastre paviment<strong>al</strong>i in c<strong>al</strong>care furono in parte reimpiegate nel giardino della Cattedr<strong>al</strong>e;<br />

<strong>al</strong>cune di esse sarebbero ancora in situ, <strong>al</strong> di sotto di via Vittorio Emanuele. Wilson<br />

ha messo in rapporto la scoperta con le strutture individuate nel cortile S. Pant<strong>al</strong>eone, ma<br />

sembra evidente che si tratta di edifici differenti 152 . La pavimentazione in grandi lastroni<br />

c<strong>al</strong>carei è facilmente riferibile ad uno spazio scoperto 153 , e le colonne hanno verosimilmente<br />

bordato un monument<strong>al</strong>e cortile a peristilio, piuttosto che essere state <strong>al</strong>lineate<br />

lungo una porticus. La statua coloss<strong>al</strong>e è stata correttamente identificata già da Serradif<strong>al</strong>co<br />

con la raffigurazione di un imperatore. Essa è in marmo lunense ed è stata re<strong>al</strong>izzata<br />

in più pezzi, secondo una prassi tipica dell’età giulio-claudia; sembra dunque verosimile<br />

connettere il complesso con il culto tributato <strong>al</strong>l’imperatore d<strong>al</strong>la giovane colonia 154 . Già<br />

Libertini ipotizzava che la statua provenisse d<strong>al</strong> tribun<strong>al</strong> della basilica del foro catanese 155 .<br />

L’esistenza di un augusteum a Catania, d’<strong>al</strong>tro canto, è stata ipotizzata sulla base di un<br />

frammento dell’iscrizione CIL X 7024, forse parte della ben nota epistola scritta da un<br />

benefattore catanese, I. Paternus, agli imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero, tra il 164<br />

e il 166 d.C.; come ha osservato Korhonen, tuttavia, sembra più verosimile che nel testo<br />

il termine augusteum sia attributo di opus 156 . L’ipotesi più economica e verosimile, in<br />

conclusione, è che la statua d’imperatore fosse posta in un vano deputato <strong>al</strong> culto imperi<strong>al</strong>e<br />

<strong>al</strong>l’interno di un complesso edilizio più ampio 157 . Mentre l’impiego del c<strong>al</strong>care in un<br />

edificio pubblico si pone in continuità con una prassi già incontrata in epoca ellenistica<br />

e può essere indizio di una cronologia ‘<strong>al</strong>ta’, augustea o giulio-claudia, il colonnato in<br />

marmo potrebbe ris<strong>al</strong>ire ad una ricostruzione o restauro posteriore <strong>al</strong>l’età traianea 158 .<br />

Non si può escludere, infine, che l’edificio sotto il monastero di S. Agostino esistesse già<br />

in età repubblicana, e che fosse stato adattato <strong>al</strong> culto imperi<strong>al</strong>e in occasione della deduzione<br />

coloniaria. In t<strong>al</strong> senso, è opportuno ricordare che statue di imperatori sono state<br />

spesso rinvenute <strong>al</strong>l’interno delle grandi exedrae nei ginnasi delle città greche 159 . Nel caso<br />

di Catania, una t<strong>al</strong>e eventu<strong>al</strong>ità risulterebbe tutt’<strong>al</strong>tro che remota, dato che è a Sud della<br />

collina di Montevergine che va ide<strong>al</strong>mente loc<strong>al</strong>izzato il ginnasio di Marcello, e che la sua<br />

fondazione su iniziativa di un proconsole potrebbe averne indirettamente favorito una<br />

destinazione a sede del culto imperi<strong>al</strong>e <strong>al</strong>l’epoca della fondazione della colonia.<br />

Gli interventi edilizi relativi <strong>al</strong> teatro e agli edifici individuati sotto il monastero di S. Ago-<br />

18. Cavea del teatro (da ovest),<br />

ris<strong>al</strong>ente probabilmente ad un<br />

rifacimento del ii sec. a.C.


tra continuità e innovazioni: la città antica e mediev<strong>al</strong>e<br />

19. tratto di parete in opus reticulatum, databile in età giulio-claudia, parte del complesso<br />

monument<strong>al</strong>e (horreum o macellum) del cortile s. Pant<strong>al</strong>eone (foto f. tomasello)<br />

17. Pianta del teatro e dell’odeum (da di Grazia 1991 fig. 117)<br />

20. torso coloss<strong>al</strong>e di imperatore della dinastia Giulio-Glaudia,<br />

probabilmente augusto o tiberio (Museo di Castello ursino)<br />

51


52 catania l’identità <strong>urbana</strong> d<strong>al</strong>l’antichità <strong>al</strong> <strong>settecento</strong><br />

stino e nel cortile S. Pant<strong>al</strong>eone riguardano un settore sostanzi<strong>al</strong>mente limitato, ancorché<br />

fortemente connotato in senso politico e istituzion<strong>al</strong>e, della colonia romana. Di maggiore<br />

interesse, per comprendere l’impianto urbanistico di Catina, si rivela lo studio delle infrastrutture<br />

idriche e del sistema viario. L’acquedotto di Catania, che aveva origine nei pressi<br />

di S. Maria di Licodia e raggiungeva la città dopo un percorso di una trentina di km, era<br />

il più lungo tra quelli re<strong>al</strong>izzati ex novo dai Romani nell’Isola 160 . S. Lagona ha proposto di<br />

datarlo nel I secolo ma, grazie <strong>al</strong>l’an<strong>al</strong>isi della tecnica muraria dei resti superstiti, che abbinano<br />

opera quadrata e archi in laterizio, Belvedere ha ipotizzato in modo convincente<br />

che esso non sia anteriore <strong>al</strong> II secolo; t<strong>al</strong>e cronologia sembra confermata d<strong>al</strong> fatto che un<br />

tratto extraurbano dell’acquedotto si sovrappone ad uno scorrimento lavico dello stesso<br />

periodo 161 . La cronologia dell’acquedotto, d’<strong>al</strong>tro canto, è indirettamente legata a quella<br />

della pavimentazione in grandi lastre bas<strong>al</strong>tiche delle strade messe in luce nel monastero<br />

dei Benedettini e in via Crociferi. Come ha osservato M. G. Branciforti, infatti, i battuti<br />

strad<strong>al</strong>i più antichi furono tagliati in età imperi<strong>al</strong>e, contestu<strong>al</strong>mente <strong>al</strong>la collocazione<br />

della nuova pavimentazione in lastre bas<strong>al</strong>tiche, per la messa in opera delle tubature che<br />

portavano l’acqua <strong>al</strong>le case e <strong>al</strong>le numerose fontane costruite lungo le vie cittadine 162 . La<br />

cronologia della nuova pavimentazione strad<strong>al</strong>e, di conseguenza, sottintende quella della<br />

creazione del nuovo impianto di adduzione idrica funzion<strong>al</strong>e <strong>al</strong>le accresciute esigenze<br />

della colonia, che in precedenza sembra essersi limitata a sfruttare l’acqua dell’Amenano<br />

e della non lontana fonte che ha dato il nome <strong>al</strong> quartiere di Cif<strong>al</strong>i 163 . Un t<strong>al</strong>e, complesso<br />

intervento infrastruttur<strong>al</strong>e è stato attribuito di recente <strong>al</strong>l’età augustea 164 ; con buoni argomenti,<br />

tuttavia, Tortorici ha ricordato che i materi<strong>al</strong>i ceramici che forniscono il terminus<br />

post quem per la messa in opera del basolato strad<strong>al</strong>e “sono piuttosto da attribuire a stratigrafie<br />

di età domizianea, o comunque non anteriori <strong>al</strong>l’età flavia” 165 .<br />

La tarda età flavia e il principato di Traiano e di Adriano debbono avere rappresentato<br />

un importante periodo di sviluppo per Catania. Sulla base dell’evidenza a nostra disposizione,<br />

le relazioni tra la città e la casa imperi<strong>al</strong>e sembrano avere gravitato intorno a<br />

due figure, Domizia Longina, moglie di Domiziano, e Adriano. La prima, figlia di Cn.<br />

Domizio Corbulone, era proprietaria di terre, tra l’<strong>al</strong>tro, anche nel territorio catanese, e<br />

le è stata riferita una dedica onoraria a Taormina 166 . Di recente, sono state evidenziate le<br />

connessioni tra l’illustre domina, Catania e la Siria 167 : oltre <strong>al</strong> fatto che il padre, da cui<br />

Domizia aveva ereditato le proprietà siciliane, era stato legato imperi<strong>al</strong>e in Siria tra il 60 e<br />

il 63 d.C., <strong>al</strong>lo stesso contesto geografico rimanda il nome del magister ovium di Domizia,<br />

Abd<strong>al</strong>as, il cui epitaffio è stato rinvenuto nei pressi di Ramacca. A Domizia, infine, è stata<br />

attribuita una dedica onoraria in greco di Laodicea <strong>al</strong> Mare, l’unica rinvenuta a Catania<br />

posta da un’<strong>al</strong>tra città, di recente rinvenuta nei depositi del Castello Ursino 168 . La statua<br />

<strong>al</strong>la cui base apparteneva l’iscrizione non è nota, ma potrebbe non essere casu<strong>al</strong>e la scoperta<br />

a Catania di un celebre busto, che raffigura una principessa della casa imperi<strong>al</strong>e nelle<br />

vesti di Cerere incoronata di spighe, datato tra la fine del I e gli inizi del II secolo 169 .<br />

I rapporti tra la città e Adriano vanno interpretati sullo sfondo della visita imperi<strong>al</strong>e<br />

e dell’ascesa <strong>al</strong>l’Etna dell’estate del 126 d.C., commemorata su emissioni monet<strong>al</strong>i con<br />

la raffigurazione della Triskeles e la legenda Restitutori Siciliae 170 . All’iniziativa adrianea<br />

è stato attribuito un ampio programma edilizio nell’Isola, che sembra aver riguardato<br />

anche il teatro di Catania 171 . Come ha osservato P. Pensabene, infatti, tra i marmi provenienti<br />

d<strong>al</strong> teatro sono presenti elementi architettonici (capitelli corinzi, cornici di archivolti,<br />

ecc.) riconducibili ad una scaenae frons di tipo occident<strong>al</strong>e, databile ad età traianeoadrianea<br />

172 . D’<strong>al</strong>tra parte, la ricostruzione della cavea del teatro in un torno di tempo<br />

compreso tra la fine dell’età flavia e il 140 d.C. è stata ipotizzata da Wilson, sulla base di<br />

<strong>al</strong>cune iscrizioni 173 . Una recente acquisizione epigrafica potrebbe confermare l’esistenza<br />

di una diretta relazione tra Catania e Adriano. Secondo G. Alföldy, l’iscrizione <strong>urbana</strong><br />

CIL VI 40516, che riporta una dedica <strong>al</strong>l’imperatore da parte di una città denominata<br />

Iulia [Augusta ? Pi]etas [---]na, va attribuita con ogni verosimiglianza a Catina 174 . Se confermata,<br />

la lettura di Alföldy permetterebbe, tra l’<strong>al</strong>tro, di identificare il nome uffici<strong>al</strong>e<br />

della colonia, evidentemente connesso <strong>al</strong>la fama dei pii fratres 175 .<br />

Durante il principato di Adriano, il teatro deve avere rappresentato, insieme <strong>al</strong>l’anfiteatro, il<br />

princip<strong>al</strong>e edificio per spettacoli, intorno <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e si è raccolta, con ogni verosimiglianza, l’élite<br />

loc<strong>al</strong>e. Esso deve avere fatto da sfondo ad eventi cultur<strong>al</strong>i, qu<strong>al</strong>i manifestazioni music<strong>al</strong>i, rappresentazioni<br />

teatr<strong>al</strong>i e pantomime 176 . Sotto Adriano o, <strong>al</strong> più tardi, <strong>al</strong>l’inizio del principato di<br />

Antonino Pio, la performance di declamazioni nell’edificio, e l’inserimento della città nel più<br />

ampio movimento cultur<strong>al</strong>e che si è soliti indicare come ‘Seconda Sofistica’, può essere ipotizzata<br />

grazie <strong>al</strong>la recente proposta di identificare con Catania la città in cui il sofista Favorino


tra continuità e innovazioni: la città antica e mediev<strong>al</strong>e<br />

di Arelate avrebbe recitato l’orazione Peri Tyches 177 . Secondo E. Amato 178 , in particolare, il<br />

retore si sarebbe esibito in una vera e propria ‘tournée’, in più di una città dell’occidente che<br />

potesse vantare un passato da colonia ateniese e che fosse ancora fiorente in età imperi<strong>al</strong>e, pur<br />

lasciando aperta la questione dell’identificazione, a causa del linguaggio volutamente generico<br />

con cui Favorino si indirizza <strong>al</strong> suo uditorio 179 . A ben vedere, tuttavia, il passo dell’orazione<br />

su cui lo studioso ha richiamato l’attenzione 180 , sembra riferirsi per più di un verso a Catania,<br />

confermandone l’identificazione con una delle sedi, ancorché non l’unica, della declamazione<br />

del Peri Tyches. Il rilievo attribuito da Favorino <strong>al</strong>la figura di Demetra, infatti, non può che<br />

rimandare <strong>al</strong>la centr<strong>al</strong>ità della divinità nel panorama dei culti del luogo della declamazione,<br />

un elemento che, tra i possibili candidati, privilegia in assoluto la Sicilia e, nel contesto storicopolitico<br />

della prima metà del II secolo, Catania. La menzione della sequenza di insediamenti<br />

coloni<strong>al</strong>i Atene – Eubea – apoikia, inoltre, può essere interpretata come un richiamo a quella<br />

versione della fondazione della città, tramandata da Eforo e verosimilmente ris<strong>al</strong>ente agli anni<br />

della prima spedizione di Atene in Sicilia, secondo cui l’ateniese Teocle avrebbe raccolto in<br />

Eubea i futuri coloni di Naxos, Katane e Leontinoi 181 . In sostanza, t<strong>al</strong>i elementi testu<strong>al</strong>i permetterebbero<br />

di ricostruire in modo plausibile un episodio della vita cultur<strong>al</strong>e della Catina<br />

dell’età adrianea e antonina, lumeggiando la presenza di una élite che, pur esprimendosi in<br />

latino in ambito amministrativo ed economico, non diversamente da molti dei grandi centri<br />

di cultura <strong>urbana</strong> del II e III secolo, potrebbe avere permesso a Favorino di esibirsi di fronte<br />

ad “un pubblico ristretto caratterizzato da un certo snobismo ellenico” 182 .<br />

All’epoca di Domiziano o Traiano non è inverosimile attribuire l’iniziativa di costruire l’anfiteatro,<br />

soprattutto <strong>al</strong>la luce delle indagini recenti (figg. 21-23) 183 . Una cronologia <strong>al</strong>l’inizio dell’età<br />

imperi<strong>al</strong>e, infatti, non è più proponibile, dopo la scoperta a Nord dell’edificio del quartiere<br />

residenzi<strong>al</strong>e, discusso in precedenza; d’<strong>al</strong>tra parte, sulla base della tecnica muraria, giudicata di<br />

qu<strong>al</strong>ità inferiore a quella della cavea del teatro, e dell’<strong>al</strong>ternanza di conci lapidei e laterizi negli<br />

archi, tanto Belvedere quanto Wilson si sono dichiarati a favore di una datazione non anteriore<br />

<strong>al</strong>l’età antonina 184 . Il nuovo rilievo dell’edificio, condotto nel 2006, ha permesso l’individuazione<br />

di due distinte fasi costruttive. Alla prima appartengono le murature più interne dell’anfiteatro,<br />

per una profondità di circa m 20,50 a partire d<strong>al</strong>l’arena (un’ellisse di m 82,80 x 44,35 circa, pari a<br />

280 x 150 piedi romani) e terminanti <strong>al</strong>l’esterno con pilastri a fronte rettilinea, in leggero aggetto<br />

sui muri. In questa fase gli archi sono in mattoni, mentre i muri sono re<strong>al</strong>izzati in opus incertum<br />

185 . Nella fase successiva, i setti radi<strong>al</strong>i furono <strong>al</strong>lungati e irrobustiti, furono re<strong>al</strong>izzate volte a<br />

estradosso piatto e fu aggiunto un ampio ambulacro esterno, con pilastri esterni a pianta cruciforme<br />

in opus quadratum e volte in muratura. La fronte esterna dei pilastri, collocata a circa m 33<br />

d<strong>al</strong>l’arena, è indicativa della profondità complessiva della cavea; un ulteriore ambulacro esterno,<br />

delimitato da un muro continuo di spessore sconosciuto, ampliava la profondità complessiva<br />

del solo pianterreno, provvedendo <strong>al</strong>la stabilità complessiva dell’edificio 186 . Grazie <strong>al</strong>le indagini<br />

del 2006, è stato evidenziato come le an<strong>al</strong>isi struttur<strong>al</strong>i precedenti si riferissero <strong>al</strong>la seconda fase,<br />

a cui appartiene il 75% delle murature. La datazione della prima fase, di conseguenza, può<br />

essere posta, con verosimiglianza, tra la fine del I secolo e il primo quarto del II secolo, mentre<br />

la fase più tarda potrebbe essere posteriore a quanto finora ipotizzato, senza poterne escludere<br />

una datazione nella tarda età antonina o in età severiana 187 .<br />

All’inizio del principato di Marco Aurelio e Lucio Vero si data un importante documento epigrafico,<br />

che rappresenta la prima testimonianza sicura di un atto di evergetismo privato nella<br />

colonia: l’epistola di I. Paternus, datata <strong>al</strong> 164-166 (fig. 24) 188 . Com’è noto, il notabile catanese,<br />

investito dagli imperatori di una cura operis legata <strong>al</strong>la costruzione o <strong>al</strong> restauro di un edificio<br />

pubblico 189 , dichiara di aver portato a termine il proprio incarico, a dispetto dell’opposizione<br />

dei duoviri e di parte dei decurioni, intervenendo a proprie spese, a quanto sembra, con non<br />

meno di 300000 sesterzi 190 . Interpretata inizi<strong>al</strong>mente come documento di una situazione di<br />

crisi finanziaria della città, l’iscrizione è stata rivisitata in modo sostanzi<strong>al</strong>e da C. Molé, che ne<br />

ha enfatizzato il carattere di ‘manifesto’ evergetico, tramite il qu<strong>al</strong>e il curator catanese si vanta di<br />

avere re<strong>al</strong>izzato quanto gli spettava, senza danno erari<strong>al</strong>e per la città 191 . Con Paternus, di fatto,<br />

acquisisce fin<strong>al</strong>mente un nome quella élite cittadina cui sembra essersi rivolto, un quarto di<br />

secolo prima, Favorino 192 . Qu<strong>al</strong>e fu l’oggetto della cura di Paternus? Manganaro ha integrato<br />

l’espressione a r. 2 dell’epistola ut se haberet opus port[icus, e la sua proposta ha gener<strong>al</strong>mente<br />

incontrato il favore della critica successiva, tanto da indurre P. Pensabene ad ipotizzare un<br />

intervento del curator nella porticus in summa cavea del teatro 193 . Di recente, tuttavia, K. Korhonen<br />

ha ipotizzato che Paternus si sia occupato del restauro del molo del porto, sulla base delle<br />

integrazioni port[us a r. 2 e [molem vel pilam] reficiendam a r. 5 194 . In effetti, una ricostruzione<br />

del molo del porto è attestata da un’iscrizione del tardo II o III secolo, rinvenuta in via Dusmet,<br />

nei pressi della cinquecentesca ‘porta dei can<strong>al</strong>i’, per più versi simile a quella di Paternus 195 . Il<br />

53


54 catania l’identità <strong>urbana</strong> d<strong>al</strong>l’antichità <strong>al</strong> <strong>settecento</strong><br />

21-22. L’anfiteatro di piazza stesicoro,<br />

ampliato probabilmente nel corso<br />

del ii sec. d.C.


24. iscrizione di iulius Paternus<br />

(164-166 d.C.) (Museo di Castello<br />

ursino) da Wilson 1991<br />

23. Pianta dell’anfiteatro di Piazza stesicoro<br />

(da Beste - Becker - spigo 2007, fig. 8)<br />

tra continuità e innovazioni: la città antica e mediev<strong>al</strong>e<br />

25. ricostruzione della Scaenae Frons<br />

di età severiana del teatro di Catania<br />

(da Pensabene 2005, fig. 46)<br />

55


56 catania l’identità <strong>urbana</strong> d<strong>al</strong>l’antichità <strong>al</strong> <strong>settecento</strong><br />

riferimento <strong>al</strong> porto, tra l’<strong>al</strong>tro, potrebbe far pensare <strong>al</strong>le non lontane murature con c<strong>al</strong>ce e<br />

m<strong>al</strong>ta, rinvenute in via Zapp<strong>al</strong>à Gemelli, a poca distanza d<strong>al</strong>le strutture più antiche in opera<br />

quadrata a secco 196 . Allo stato attu<strong>al</strong>e, la questione è destinata a rimanere sub iudice. Per quanto<br />

riguarda la porticus, ad ogni modo, può ragionevolmente essere escluso il teatro, perché Wilson<br />

ha avuto buon gioco a ricordare che la cavea ne era verosimilmente sprovvista 197 . Al contrario,<br />

<strong>al</strong>lo stato attu<strong>al</strong>e, rinvenimenti di gruppi di colonne, verosimilmente pertinenti a lunghi portici<br />

o a peristili, sono attestati, come già ricordato, a Ovest del teatro (monastero di S. Agostino),<br />

nella grande domus di via Crociferi e in corrispondenza del p<strong>al</strong>azzo senatorio 198 . Quest’ultimo<br />

rinvenimento è significativo, perché coincide con lo stesso luogo di ritrovamento dell’iscrizione<br />

di Paternus, apparentemente avv<strong>al</strong>orando l’integrazione proposta da Manganaro 199 . Non è<br />

raro, di fatto, riconoscere la presenza di portici nei mercati e negli spazi aperti posti nei pressi<br />

delle aree portu<strong>al</strong>i, e una t<strong>al</strong>e possibilità sembra tanto più verosimile nel caso delle pendici<br />

sud-orient<strong>al</strong>i della collina di Montevergine, dominate, ancora in età imperi<strong>al</strong>e, d<strong>al</strong> plurisecolare<br />

santuario di Demetra e da quello, più tardo, delle divinità egizie.<br />

Tra la tarda età antonina e l’età severiana i princip<strong>al</strong>i edifici per spettacoli della città ricevettero<br />

una rinnovata attenzione. A parte la possibilità, ricordata in precedenza, che l’ampliamento<br />

dell’anfiteatro, individuato di recente, possa essere attribuito a questa fase, è soprattutto l’area<br />

del teatro che subì gli interventi edilizi più consistenti, comprendenti, tra l’<strong>al</strong>tro, la costruzione<br />

ex novo del vicino odeum 200 . Nel teatro, la costruzione di una nuova scaenae frons rappresentò<br />

senza dubbio un’impresa impegnativa, che comportò l’apertura di un cantiere edilizio attivo<br />

per molti anni (fig. 25) 201 . Per la sua re<strong>al</strong>izzazione, sono stati impiegati materi<strong>al</strong>i importati, qu<strong>al</strong>i<br />

il marmo pentelico, quello africano e il granito sardo. I capitelli corinzi sono di tipo asiatico, e le<br />

modanature dei fregi pertinenti agli architravi (kyma ionico a coronamento della prima fascia,<br />

foglie d’acanto non spinoso con eroti e anim<strong>al</strong>i che nascono dai fiori) rivelano la dipendenza<br />

da modelli micrasiatici; diversamente, il grande fregio con scene di gigantomachia, re<strong>al</strong>izzato<br />

in marmo pentelico, è stato ricondotto da Pensabene a maestranze attiche, che avrebbero collaborato,<br />

forse <strong>al</strong> fianco di artisti orient<strong>al</strong>i, insieme ad artigiani loc<strong>al</strong>i 202 . Secondo lo studioso,<br />

che ha ipotizzato “un lungo periodo di costruzione…, oltre a eccezion<strong>al</strong>i costi per i materi<strong>al</strong>i<br />

marmorei del frontescena e del pulpito” 203 , non sarebbe inverosimile vedere nella dispendiosa<br />

costruzione della scaenae frons l’esito di una sinergia tra l’imperatore e il governo loc<strong>al</strong>e. Resta<br />

da stabilire, ad ogni modo, con maggior precisione l’orizzonte cronologico in cui fu re<strong>al</strong>izzata<br />

una t<strong>al</strong>e opera. Già i capitelli corinzi possono essere datati <strong>al</strong>la fine del II o ai primi decenni<br />

del III secolo, mentre <strong>al</strong>tre modanature dei fregi si inquadrano bene nella prassi decorativa<br />

dell’Asia Minore d’età severiana 204 . Nella rappresentazione di barbari con pant<strong>al</strong>oni, elmi piumati<br />

e scudi ov<strong>al</strong>i sui piedist<strong>al</strong>li delle colonne della v<strong>al</strong>va regia (fig. 26), d’<strong>al</strong>tro canto, Wilson ha<br />

riconosciuto in modo convincente dei Germani, verosimile <strong>al</strong>lusione <strong>al</strong>le guerre germaniche o<br />

marcomanniche di Marco Aurelio e Commodo (ca. 168-182 d.C.) o <strong>al</strong>la campagna contro gli<br />

Alemanni di Carac<strong>al</strong>la (213) 205 . La combinazione tra le osservazioni dei due studiosi, in conclusione,<br />

permette di preferire la datazione più bassa; non è inverosimile, di conseguenza, che il<br />

cantiere della scaenae frons si sia protratto per qu<strong>al</strong>che anno, tra il 213 e il 220 circa.<br />

La costruzione dell’odeum (fig. 27-28), nel settore ad Ovest adiacente <strong>al</strong> teatro, rappresenta<br />

probabilmente un ulteriore episodio di un più ampio progetto di rinnovamento mirato a<br />

potenziare il più importante polo cultur<strong>al</strong>e cittadino, quello più antico e maggiormente<br />

connotato in senso politico-istituzion<strong>al</strong>e. Le grandi dimensioni (diam. m 42; profondità<br />

della cavea, m 16), la notevole capienza e l’organizzazione libera della cavea permettono di<br />

escludere che l’edificio sia stato progettato per una funzione assembleare. Al contrario, la<br />

contiguità con il teatro, che trova confronti ad Atene e Corinto, e la limitata accessibilità<br />

inducono a identificarlo con un edificio per spettacoli, in particolare audizioni poetiche e<br />

music<strong>al</strong>i, dotato di una copertura 206 . Belvedere ha datato l’edificio <strong>al</strong>la seconda metà del II<br />

secolo, sulla base della datazione delle murature della cavea e dei capitelli del teatro 207 . La<br />

più recente datazione di questi ultimi tra la fine del II e l’inizio del III secolo, e l’osservazione<br />

di Wilson che la tecnica costruttiva impiegata nell’odeum sembra più tarda di quella del<br />

teatro permettono di datare l’edificio, con ogni probabilità, <strong>al</strong>l’età severiana 208 .<br />

Al periodo del restauro del teatro catanese e della costruzione dell’odeum si data un importante<br />

documento epigrafico, CIL XIV 3593, iscritto sulla base di una statua eretta dai cittadini di<br />

Tibur in onore di un personaggio di rango senatorio, Titus Clodius Pupienus Pulcher, verosimilmente<br />

figlio dell’imperatore Pupieno 209 . Tra le tappe del cursus honorum di Pupienus Pulcher figura<br />

anche la cura rei publicae di Benevento, Catania e di Leptis (probabilmente Magna). Anche<br />

in questo caso, gli studi recenti relativi <strong>al</strong>la figura del curator rei publicae, una sorta di ‘revisore<br />

dei conti’ di nomina imperi<strong>al</strong>e probabilmente istituito sotto Domiziano o Traiano, hanno reso<br />

obsoleto l’assunto che ne interpretava la presenza nelle città come indizio di uno stato di pro-<br />

27-28. odeum: veduta d<strong>al</strong>l’esterno<br />

dei cunei radi<strong>al</strong>i e interno<br />

Pagina a fronte:<br />

26. Grande plinto, con raffigurazione<br />

di barbari e trofei militari, d<strong>al</strong>la v<strong>al</strong>va<br />

regia della scaenae frons del teatro<br />

(inizio del iii sec. d.C.)<br />

29. sarcofago romano della Cattedr<strong>al</strong>e<br />

di Catania (cappella later<strong>al</strong>e destra<br />

del transetto)


tra continuità e innovazioni: la città antica e mediev<strong>al</strong>e<br />

57


58 catania l’identità <strong>urbana</strong> d<strong>al</strong>l’antichità <strong>al</strong> <strong>settecento</strong><br />

fonda crisi finanziaria di queste ultime 210 . Nel caso specifico, sembra verosimile che la presenza<br />

a Catina di Pupienus Pulcher sia stata probabilmente connessa con un periodo di momentanea<br />

difficoltà delle casse cittadine ma che, <strong>al</strong> contempo, possa essere inquadrata sullo sfondo degli<br />

interessi economici della famiglia dei Pupieni tra l’It<strong>al</strong>ia, la Sicilia e l’Africa 211 . Come ha osservato<br />

C. Molé, l’invio di un curator rei publicae potrebbe essere dipeso da una situazione di<br />

stress finanziario conseguente ad un notevole sforzo economico, probabilmente connesso con<br />

qu<strong>al</strong>che importante edificio cittadino 212 . In una t<strong>al</strong>e prospettiva, la datazione <strong>al</strong> 220 circa della<br />

curatela catanese di Pupienus Pulcher 213 e la cronologia ‘bassa’ qui proposta per la scaenae frons<br />

permettono di ipotizzare che una delle cause della temporanea crisi finanziaria loc<strong>al</strong>e sia stata<br />

rappresentata proprio d<strong>al</strong> complesso intervento che negli anni precedenti aveva riguardato il<br />

teatro e probabilmente l’odeum. Che una t<strong>al</strong>e crisi fosse solo momentanea e che in città esistesse<br />

un facoltoso gruppo dirigente, d’<strong>al</strong>tro canto, può ipotizzarsi grazie <strong>al</strong> rinvenimento del monument<strong>al</strong>e<br />

sarcofago dei re d’Aragona nella Cattedr<strong>al</strong>e di Catania (fig. 29), importato d<strong>al</strong>l’Asia<br />

Minore intorno <strong>al</strong> 225, verosimilmente per conto di qu<strong>al</strong>che importante esponente dell’élite<br />

cittadina 214 . Sempre nella prima metà del III secolo, infine, l’evergetismo privato ha lasciato una<br />

traccia di sé in città attraverso un epigramma dedicatorio in greco, pertinente <strong>al</strong> ninfeo messo in<br />

luce d<strong>al</strong> principe di Biscari nei pressi del monastero dei Benedettini 215 .<br />

La Civitas s p l e n d i d a e iL s u o d e c L i n o:<br />

Cat i n a t r a L a s e c o n d a m e t à d e L iii e L a f i n e d e L v s e c o L o<br />

Alla metà del III secolo, Catania si presentava come una città dotata di un ricco corredo<br />

urbano: le strade, pavimentate con lastroni bas<strong>al</strong>tici, erano servite da condotti fognari e<br />

bordate da fontane e ninfei; ricche domus ed edifici term<strong>al</strong>i popolavano il cuore dell’insediamento,<br />

sulla collina di Montevergine e soprattutto <strong>al</strong>le sue pendici occident<strong>al</strong>i e meridion<strong>al</strong>i;<br />

il porto e il non lontano foro erano <strong>al</strong> centro delle attività economiche e istituzion<strong>al</strong>i,<br />

gestite da un ceto dirigente dotato di una forte autocoscienza politica 216 ; ben quattro<br />

edifici per spettacoli, infine, erano deputati <strong>al</strong>l’intrattenimento dei cittadini e degli abitanti<br />

dell’esteso territorio (anfiteatro, circo, odeum, teatro) 217 . La superficie dell’abitato, forse<br />

meno estesa dei 130 ettari ipotizzati da Wilson, ne faceva ad ogni buon conto una delle<br />

grandi città dell’Impero 218 . Nel corso del III secolo, in sostanza, Catina andò consolidando<br />

il suo ruolo di città di primo piano nell’Isola, emergendo sulle <strong>al</strong>tre coloniae accanto a Siracusa.<br />

Un t<strong>al</strong>e status ne contraddistinse la fama anche nel secolo successivo, come si evince<br />

dai riferimenti dell’anonima Expositio totius mundi et gentium, scritta forse nel 359 219 , d<strong>al</strong><br />

poemetto Ordo urbium nobilium di Ausonio (intorno <strong>al</strong> 389) 220 e da quello di Claudiano sul<br />

gruppo scultoreo dei pii fratres, ormai dello scorcio del IV secolo 221 . Tuttavia, nonostante<br />

i riferimenti delle fonti letterarie e <strong>al</strong>cuni rinvenimenti epigrafici, connessi con edifici di<br />

rilievo, non è facile ripercorrere in dettaglio l’evoluzione della Catania tardoantica. Come<br />

ha osservato F. Baratte, infatti, è soltanto con il VI secolo che è possibile avvertire il manifestarsi<br />

di una netta discontinuità nello sviluppo urbano della città, che si re<strong>al</strong>izza attraverso<br />

una complessiva ridefinizione del rapporto tra spazio pubblico e privato, sullo sfondo di<br />

una gener<strong>al</strong>e contrazione dell’insediamento 222 . Ad ogni modo, sebbene possa essere condiviso<br />

l’assunto secondo cui una simile rottura con il passato non si sia re<strong>al</strong>izzata ex abrupto,<br />

ma che rappresenti l’esito più macroscopico di un’evoluzione di lungo periodo, risulta<br />

difficile precisare le tappe della progressiva involuzione <strong>urbana</strong> della città, tranne a volerle<br />

identificare in eventi esterni <strong>al</strong>la sua dinamica politica, qu<strong>al</strong>i il celebre terremoto del 365 o<br />

le invasioni vand<strong>al</strong>iche dei decenni centr<strong>al</strong>i del V secolo 223 .<br />

Per quanto riguarda l’edilizia domestica, le grandi domus costruite tra il I e il II secolo risultano<br />

essere state distrutte in momenti differenti: la casa a Sud del Conservatorio della Purità<br />

fu probabilmente distrutta nella prima metà del V secolo, e negli stessi anni andò in rovina<br />

anche il grande edificio rinvenuto nel cortile orient<strong>al</strong>e del monastero dei Benedettini 224 . Il<br />

ben noto riferimento epigrafico <strong>al</strong>l’hostilitas che distrusse il gruppo scultoreo dei pii fratres,<br />

probabilmente eretto nel foro della città 225 , può essere connesso, in via del tutto ipotetica,<br />

con la distruzione dei due edifici, confermando l’idea che la città sia stata saccheggiata,<br />

forse più di una volta, <strong>al</strong>l’epoca delle incursioni dei Vand<strong>al</strong>i (440-468 circa) 226 .<br />

La sostanzi<strong>al</strong>e continuità insediativa tra la fine del III e la metà del V secolo, d’<strong>al</strong>tro canto, è<br />

controbilanciata d<strong>al</strong>le novità offerte d<strong>al</strong>l’ambito funerario, l’unico che lascia trasparire, per<br />

i secoli IV-V, il fiorire di una comunità cristiana e di una giudaica nella città. La necropoli<br />

settentrion<strong>al</strong>e, infatti, ha restituito una numerosa serie di sepolcri familiari, datati tra il III e<br />

il V secolo e spesso dotati di una cella ipogea per le inumazioni e di nicchie <strong>al</strong>le pareti per


30. Busto in marmo di trophimus,<br />

rinvenuto in via dottor Consoli,<br />

magazzini soprintendenza.<br />

tra continuità e innovazioni: la città antica e mediev<strong>al</strong>e<br />

le incinerazioni. Le scoperte più significative si sono verificate nell’area delle via Androne,<br />

Dottor Consoli e S. Euplio 227 . In particolare, <strong>al</strong>cuni dei sepolcri rinvenuti in via Dottor<br />

Consoli erano impreziositi da sculture, come il busto in marmo di un Trophimus (fig. 30),<br />

ris<strong>al</strong>ente <strong>al</strong>la fine del IV o agli inizi del V secolo, che potrebbe ben illustrare il volto del ceto<br />

dirigente della Catina dell’epoca teodosiana e onoriana, cantata da Ausonio e Claudiano 228 .<br />

Libertini si è chiesto se il personaggio potesse essere identificato con uno dei vescovi con<br />

questo nome noti nel IV secolo, in questo caso tuttavia rappresentato nelle vesti di filosofo,<br />

con tunica e p<strong>al</strong>lium; una t<strong>al</strong>e eventu<strong>al</strong>ità, tutt’<strong>al</strong>tro che scontata, rimanda comunque <strong>al</strong> più<br />

ampio problema del carattere misto della necropoli, pagano e, perlomeno d<strong>al</strong> 330 circa,<br />

anche cristiano 229 . Come sembra verosimile, infatti, è da quest’area che sembra provenire<br />

la famosa iscrizione di Iulia Florentina (CIL X 7112) oggi <strong>al</strong> Louvre, e <strong>al</strong>tri epitaffi cristiani,<br />

datati a partire d<strong>al</strong>la prima metà del IV secolo 230 ; sempre in via Dottor Consoli, inoltre,<br />

Libertini identificò una tricora del IV secolo, che proprio grazie <strong>al</strong>l’iscrizione è stata interpretata<br />

come basilica martiri<strong>al</strong>e 231 , e che fu seguita, nel VI secolo, da una piccola basilica<br />

dotata di un pavimento a mosaico policromo 232 . Scoperte recenti hanno arricchito il quadro<br />

a disposizione sulle necropoli tardo-antiche, poste ad Est dell’anfiteatro e tra via di Sangiuliano<br />

e la Cattedr<strong>al</strong>e. Anche in questo caso, numerosi epitaffi, perlopiù in greco, attestano<br />

la diffusione del cristianesimo, mentre un piccolo gruppo di iscrizioni giudaiche, in greco e<br />

in latino, permette di ipotizzare che un settore della necropoli, loc<strong>al</strong>izzato in via di Sangiuliano<br />

presso la chiesa di S. Teresa, fosse destinato <strong>al</strong>la comunità ebraica cittadina 233 .<br />

Una specifica connotazione cristiana degli spazi pubblici può essere percepita con sicurezza<br />

solo a partire d<strong>al</strong> VI-VII secolo, quando <strong>al</strong>cuni edifici più antichi furono riadattati<br />

a luoghi di culto e furono create le prime necropoli intra moenia, sullo sfondo della sostanzi<strong>al</strong>e<br />

contrazione dell’abitato nell’area della collina di Montevergine e delle sue pendici<br />

234 . Al contrario, fino <strong>al</strong> pieno V secolo, lo spazio urbano mantiene il carattere che gli è<br />

stato riconosciuto per la prima e media età imperi<strong>al</strong>e, grazie soprattutto <strong>al</strong>le iscrizioni che<br />

cha fanno riferimento, diretto o indiretto, <strong>al</strong>le terme, <strong>al</strong> foro, <strong>al</strong> teatro e <strong>al</strong>l’odeum.<br />

Catania possiede tre degli edifici term<strong>al</strong>i meglio conservati della Sicilia. Oltre <strong>al</strong>la cosiddetta<br />

Rotonda, la cui cronologia è incerta 235 , è opportuno fare riferimento <strong>al</strong>le terme esistenti <strong>al</strong> di<br />

sotto del sagrato della Cattedr<strong>al</strong>e e a quelle a Sud della Chiesa dell’Indirizzo. Gli edifici sono<br />

posti a poca distanza l’uno d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro, nelle immediate vicinanze del porto antico, secondo una<br />

prassi ampiamente attestata, in questo caso probabilmente favorita d<strong>al</strong>la presenza del fiume<br />

Amenano. Le terme della Cattedr<strong>al</strong>e possono essere identificate con le Thermai Achillianai<br />

menzionate nella monument<strong>al</strong>e iscrizione IG XIV 455, lunga in origine circa m 7, rinvenuta<br />

nell’area 236 . Allo stato attu<strong>al</strong>e, dell’edificio sono conosciuti un grande ambiente a pilastri (m<br />

11,40 x 12,15; fig. 31) e un corridoio di servizio; le dimensioni ne rivelano comunque il carattere<br />

di princip<strong>al</strong>e stabilimento term<strong>al</strong>e della città. Un’iscrizione perduta dell’età severiana, che<br />

menzionava thermas, era reimpiegata nella facciata della Cattedr<strong>al</strong>e prima del terremoto del<br />

1693 ed è stata ricollegata da Wilson <strong>al</strong> complesso 237 . È probabile, ad ogni modo, che le terme<br />

avessero una fase di IV secolo, come sembrerebbe indicare un mosaico rinvenuto nell’area<br />

d<strong>al</strong> principe di Biscari e forse anche i capitelli reimpiegati nel presbiterio della Cattedr<strong>al</strong>e 238 .<br />

Questi ultimi, ad ogni modo, attestano la costruzione di un edificio monument<strong>al</strong>e <strong>al</strong>l’inizio<br />

del IV secolo 239 . Le terme dell’Indirizzo (fig. 32), meno monument<strong>al</strong>i e di cronologia incerta,<br />

si compongono di tredici ambienti, il princip<strong>al</strong>e dei qu<strong>al</strong>i, il c<strong>al</strong>idarium, è a pianta ottagon<strong>al</strong>e<br />

e coperto da una cupola 240 . La vicinanza tra i due edifici pone un problema topografico di<br />

grande portata, dato che il complesso dell’Indirizzo sembra riproporre su sc<strong>al</strong>a minore un<br />

articolato sistema di ambienti, che nelle ‘Terme Achilliane’ è stato re<strong>al</strong>izzato con indiscussa<br />

monument<strong>al</strong>ità. La trascurata tecnica edilizia delle terme dell’Indirizzo sembra indizio di una<br />

cronologia piuttosto bassa, ormai nell’ambito del V secolo. Anche le ‘Terme Achilliane’ furono<br />

restaurate nel 434, come attesta IG XIV 455; non è scontato, tuttavia, che esse abbiano<br />

continuato a funzionare anche dopo che l’hostilitas dei Vand<strong>al</strong>i si abbatté con violenza sulla<br />

città, nel 440-442 o tra il 455 e il 468. In una t<strong>al</strong>e prospettiva, in conclusione, ci si può chiedere<br />

se l’edificio dell’Indirizzo non sia stato costruito proprio per rimpiazzare quello presso la<br />

Cattedr<strong>al</strong>e, quando la minaccia vand<strong>al</strong>ica era ormai lontana, e ci si adoperava per ripristinare<br />

le funzioni degli spazi pubblici 241 . Esso potrebbe ris<strong>al</strong>ire, in sostanza, agli stessi anni in cui il<br />

consularis Merulus ricollocava nel foro le statue dei pii fratres 242 (fig. 34).<br />

L’evoluzione dello spazio urbano e della vita cultur<strong>al</strong>e della città tra il IV e il V secolo<br />

può essere ripercorsa tenendo conto delle vicende dei grandi edifici destinati <strong>al</strong>l’intrattenimento<br />

e agli spettacoli. Grazie ai recenti scavi, siamo ormai in grado di datare<br />

l’abbandono dell’anfiteatro <strong>al</strong>la seconda metà del IV secolo, quando un’officina per la<br />

produzione di vasellame in vetro si insediò tra i pilastri dell’ambulacro esterno 243 . La<br />

59


60 catania l’identità <strong>urbana</strong> d<strong>al</strong>l’antichità <strong>al</strong> <strong>settecento</strong><br />

31. Grande ambiente a pilastri<br />

delle termae achillianae, <strong>al</strong> di sotto<br />

del sagrato della Cattedr<strong>al</strong>e<br />

32. Le terme dell’indirizzo, ris<strong>al</strong>enti<br />

ad età tardo imperi<strong>al</strong>e (iv-v sec. d.C.)


33. C. ursino, iscrizione iG Xiv 502,<br />

dell’evergete severus figlio di zosimiano<br />

(da Wilson 1991)<br />

34. C. ursino, iscrizione che commemora<br />

il restauro del gruppo scultoreo dei pii<br />

fratres nel foro cittadino<br />

(da Wilson 1991)<br />

tra continuità e innovazioni: la città antica e mediev<strong>al</strong>e<br />

distruzione dell’edificio è stata ricollegata, in via ipotetica, <strong>al</strong> terremoto del 365. A questo<br />

stesso evento Wilson ha ricondotto il restauro del ninfeo di piazza Dante da parte del<br />

consularis Flavius Arsinius; l’iscrizione che commemora l’intervento, infatti, menziona un<br />

personaggio di nome Flavius Ambrosius, la cui attività è attestata intorno <strong>al</strong> 370 244 . È indubbiamente<br />

significativo che <strong>al</strong>lo stesso orizzonte cronologico possa essere ricondotto il<br />

grande mosaico dei mesi dell’anno, rinvenuto contestu<strong>al</strong>mente <strong>al</strong>l’iscrizione d<strong>al</strong> principe<br />

di Biscari e interpretato come una copia del ‘C<strong>al</strong>endario del 354’ da H. Stern 245 .<br />

L’abbandono dell’anfiteatro e il restauro del ninfeo, che siano connessi o meno <strong>al</strong> sisma<br />

del 365, sono ad ogni modo indicativi delle condizioni economiche della città e del<br />

suo ceto dirigente nel terzo quarto del IV secolo. Mentre, infatti, il primo può essere<br />

agevolmente interpretato sullo sfondo della più gener<strong>al</strong>e crisi dei ludi gladiatori e degli<br />

spectacula nel tardo impero, il secondo è frutto di un atto di evergetismo non più dovuto<br />

ad iniziativa privata, come era probabilmente avvenuto per il ninfeo nel III secolo, ma <strong>al</strong><br />

governatore della provincia. Nel V secolo, in linea con quanto avviene nelle <strong>al</strong>tre grandi<br />

città siciliane, avverrà lo stesso prima con il restauro delle ‘Terme Achilliane’ e successivamente<br />

con il restauro del gruppo dei pii fratres (fig. 34) 246 . L’ultimo atto sicuro di<br />

evergetismo da parte di un privato non è posteriore anch’esso, con ogni probabilità, <strong>al</strong><br />

pieno IV secolo, e merita di essere ricordato per le sue connessioni con uno degli edifici<br />

monument<strong>al</strong>i della città, l’odeum. L’iscrizione IG XIV 502 è un epigramma dedicatorio<br />

in greco, probabilmente pertinente <strong>al</strong>la base della statua di un finanziatore di ludi, di<br />

nome Severo, figlio o, meno probabilmente, discendente di Zosimiano (fig. 33). Sebbene<br />

sia comunemente ricondotta <strong>al</strong> teatro, essa fu in re<strong>al</strong>tà rinvenuta nell’odeum 247 . Scritta<br />

in lingua epica, l’iscrizione si distingue anche per il patronimico Zosymianeides e per il<br />

ricorso <strong>al</strong>l’hapax legomenon agonotheter; <strong>al</strong>la luce anche del contesto di rinvenimento,<br />

di conseguenza, sembra poco verosimile che Severo abbia organizzato ludi gladiatori o<br />

spettacoli circensi, come ipotizzava inizi<strong>al</strong>mente Manganaro e, ancora di recente, Korhonen<br />

248 . Al contrario, essa può essere considerata come una conferma della destinazione<br />

princip<strong>al</strong>e dell’odeum, re<strong>al</strong>izzato probabilmente per ospitare declamazioni, gare poetiche<br />

e music<strong>al</strong>i (mousikoi agones), che potevano svolgersi nell’ambito di importanti festività<br />

cittadine, qu<strong>al</strong>e per esempio quella che si svolgeva a Catina in onore di Cerere 249 . Severo<br />

può essere annoverato, con buona verosimiglianza, tra quei ricchi cittadini, eruditi omni<br />

doctrina, graeca quoque et latina, ricordati d<strong>al</strong>l’Expositio 250 .<br />

La città della fine del IV e dell’inizio del V secolo, in conclusione, sembra essersi raccolta,<br />

come già secoli prima, intorno <strong>al</strong> suo spazio pubblico più antico, quello posto a Sud e a<br />

Sud-Est della collina di Montevergine, dove erano il foro, il teatro, l’odeum, il porto e il<br />

princip<strong>al</strong>e edificio term<strong>al</strong>e. Nulla sappiamo del circo, anche se la Sicilia del V secolo era<br />

ancora famosa per gli aurighi e i circenses 251 . Tra la fine del IV e il V secolo, anche il teatro<br />

della città sembra avere subito modifiche sostanzi<strong>al</strong>i. Come ha osservato Wilson, infatti,<br />

<strong>al</strong>l’interno dell’ambulacro inferiore fu ricavato un grande serbatoio d’acqua, probabilmente<br />

funzion<strong>al</strong>e <strong>al</strong>lo svolgimento di spettacoli acquatici e naumachie; d’<strong>al</strong>tro canto,<br />

sembra verosimile che vi si svolgessero anche venationes 252 . Ci si può chiedere se un t<strong>al</strong>e<br />

intervento non sia conseguenza della dismissione dell’anfiteatro, e ris<strong>al</strong>ire anch’esso, in<br />

sostanza, <strong>al</strong>la seconda metà del IV secolo. La scoperta nell’edificio di un’iscrizione dedicatoria,<br />

Genio splendidae urbis Catinae, sostanzi<strong>al</strong>mente integra e variamente datata tra il<br />

337 e il 408, attesta ad ogni modo il funzionamento dell’edificio in questo periodo 253 . A<br />

t<strong>al</strong> proposito, le recenti indagini nell’orchestra hanno chiarito che il teatro andò in disuso<br />

non prima della fine del V secolo. In quest’epoca, una piccola costruzione quadrangolare<br />

si impiantò sulla pavimentazione in opus sectile, che era già stata restaurata in età tardoantica.<br />

Tutto intorno ad essa, il rinvenimento di numerosissimi resti anim<strong>al</strong>i con segni<br />

di macellazione permette di ipotizzare che l’orchestra abbia ospitato il macellum della<br />

città bizantina, tra il VI e la prima metà del VII secolo 254 . A questo stesso periodo si data<br />

anche il definitivo interro di gran parte dell’ima cavea e del pulpitum. È oltremodo significativo<br />

che la radic<strong>al</strong>e trasformazione del teatro trovi un riscontro nel venir meno della<br />

manutenzione delle strade, con il conseguente accumulo di strati di rifiuti e la crescita<br />

dei piani di c<strong>al</strong>pestio, e con la notizia della concessione uffici<strong>al</strong>e, da parte di Teodorico,<br />

di asportare i blocchi dell’anfiteatro in usus publicos 255 . Alla metà del VII secolo, l’area<br />

a Sud della collina di Montevergine andava trasformandosi in uno spazio extra-urbano.<br />

La splendida urbs, celebrata ancora tre secoli prima, era nulla più che un ricordo e i pii<br />

fratres, ridottisi ormai a fantasmi, avevano cessato da tempo di rappresentare, insieme a<br />

Cerere, il simbolo dell’identità cittadina.<br />

61


62 catania l’identità <strong>urbana</strong> d<strong>al</strong>l’antichità <strong>al</strong> <strong>settecento</strong><br />

ab b r e v i a z i o n i b i b L i o g r a f i c h e<br />

Belvedere 1988 = O. Belvedere, Opere pubbliche ed edifici per lo spettacolo nella Sicilia di età imperi<strong>al</strong>e, in<br />

«Aufstieg und Niedergang der Römischen Welt», II, 11, 1, Berlin-New York, pp. 346-413.<br />

Branciforti 2003 = M.G. Branciforti, Quartieri di età ellenistica e romana a Catania, in Archeologia del Mediterraneo.<br />

Studi in onore di Ernesto De Miro, Roma, pp. 95-120.<br />

Branciforti 2005 = M.G. Branciforti, Gli scavi archeologici nell’ex Reclusorio della Purità di Catania (con<br />

appendice di S. Amari), in Meg<strong>al</strong>ai Nesoi. Studi dedicati a Giovanni Rizza per il suo ottantesimo compleanno,<br />

II, a cura di R. Gigli, Catania, pp. 47-77.<br />

Branciforti-Pagnano 2008 = Il complesso archeologico del Teatro e dell’Odeon di Catania, a cura di M. G.<br />

Branciforti-G. Pagnano, P<strong>al</strong>ermo.<br />

Holm 1925 = A. Holm-G. Libertini, Catania antica, Catania.<br />

Korhonen 2004 = K. Korhonen, Le iscrizioni del Museo Civico di Catania. Storia delle collezioni, cultura epigrafica,<br />

edizione (SSF Comm. Hum. Litt. 121), Helsinki.<br />

Libertini 1930 = G. Libertini, Il Museo Biscari, Milano.<br />

Manganaro 1958-59 = G. Manganaro, Iscrizioni latine e greche di Catania tardo-imperi<strong>al</strong>e, in «Archivio Storico<br />

per la Sicilia Orient<strong>al</strong>e» LIV-LV, pp. 5-30.<br />

Manganaro 1988 = G. Manganaro, La Sicilia da Sesto Pompeo a Diocleziano, in «Aufstieg und Niedergang der<br />

Römischen Welt», II, 11, 1, Berlin-New York, pp. 3-89.<br />

Manganaro 1996 = G. Manganaro, Per una storia della chora katanaia, in Catania Antica, a cura di B. Gentili<br />

(Atti del Convegno della S.I.S.A.C. Catania 23-24 maggio 1992), Pisa - Roma, pp. 19-59.<br />

Molé 1999 = C. Molé, Dinamiche di acculturazione in epoca augustea, in Magna Grecia e Sicilia. Stato degli<br />

studi e prospettive di ricerca, a cura di M. Barra Bagnasco-E. De Miro-A. Pinzone, Messina, pp. 414-438.<br />

Molé Ventura 1996 = C. Molé Ventura, Catania in età imperi<strong>al</strong>e, in Catania Antica, a cura di B. Gentili (Atti<br />

del Convegno della S.I.S.A.C. Catania 23-24 maggio 1992), Pisa-Roma, pp. 175-222.<br />

Orsi 1918 = P. Orsi, Catania. Scoperte varie di antichità negli anni 1916 e 1917, in «Notizie degli Scavi di<br />

Antichità», pp. 53-71.<br />

Pensabene 2005 = P. Pensabene, La decorazione architettonica del teatro di Catania, in Meg<strong>al</strong>ai Nesoi. Studi<br />

dedicati a Giovanni Rizza per il suo ottantesimo compleanno, II, a cura di R. Gigli, Catania, pp. 187-212.<br />

Tortorici 2008 = E. Tortorici, Osservazioni e ipotesi sulla topografia di Catania Antica, in Edilizia pubblica e<br />

privata nelle città romane (Atlante Tematico di topografia antica 17), pp. 91-124.<br />

Wilson 1991 = R.J.A. Wilson, Sicily under the Roman Empire, Warminster.<br />

Wilson 1996 = R.J.A. Wilson, La topografia della Catania romana. Problemi e prospettive, in Catania Antica, a<br />

cura di B. Gentili (Atti del Convegno della S.I.S.A.C. Catania 23-24 maggio 1992), Pisa-Roma, pp. 149-173.<br />

* Questo contributo è il frutto di una ricerca condotta presso la Scuola Archeologica it<strong>al</strong>iana di Atene tra<br />

il settembre e il novembre 2008. Un contributo determinante per l’interpretazione della numerosa documentazione<br />

presa in esame è stato offerto dai dotti amici e colleghi che erano ospiti della Scuola nello stesso<br />

periodo: Francesco Camia, Oriana Cannistraci, Giandomenico De Tommaso, Simone Foresta, Maria Chiara<br />

Monaco, Francesco Sirano, Sveva Savelli. Ad essi, e agli studiosi ‘catanesi’ Lucia Arcifa, Vincenzo la Rosa,<br />

Davide Tanasi e Francesco Tomasello, esprimo la mia sincera riconoscenza per le critiche, le informazioni e<br />

le osservazioni che hanno di molto arricchito il testo originario.<br />

1 Sui primi ritrovamenti, cfr. G.E. Rizzo, Spigolature archeologiche, in «Mitteilungen des Deutschen Archäologischen<br />

Instituts. Römische Abteilung» 15, 1900, pp. 237-260 (pp. 257-260); Orsi 1918, pp. 68-70. Sulle scoperte<br />

degli ultimi cinquanta anni: G. Rizza, Stipe votiva di un santuario di Demetra a Catania, in «Bolltettino<br />

d’Arte» 45, 1960, pp. 247-262; G. Rizza, Leontini e Katane nell’VIII e nel VII secolo a.C., in «Annuario della<br />

Scuola Archeologica It<strong>al</strong>iana di Atene e delle Missioni It<strong>al</strong>iane in Oriente» 59, 1981, pp. 313-317 (p. 316); F.<br />

Giudice-E. Procelli-M. Frasca-R.M. Albanese, Catania. Scavo <strong>al</strong>l’interno del muro di cinta del monastero dei<br />

Benedettini, in «Cronache di Archeologia» 18, 1979, pp. 129-141; G. Rizza, Catania in età greca: l’evidenza<br />

archeologica, in Catania antica, a cura di B. Gentili, Pisa-Roma 1996, pp. 11-18; M. Frasca, Sull’urbanistica di<br />

Catania in età greca, in Damarato. Studi di antichità classica offerti a Paola Pelagatti, a cura di I. Berlingò et <strong>al</strong>.,<br />

Milano 2000, pp. 119-125; Branciforti 2005, pp. 52-55. Un recente contributo di sintesi su Catania antica, del<br />

qu<strong>al</strong>e non ho potuto tenere conto durante l’elaborazione del testo, è C. Molè, L’età antica, in Catania. Storia,<br />

cultura, economia, a cura di F. Mazza, Soveria Mannelli 2008, pp. 23-75.<br />

2 Thuc. VI 3, 3, su cui, da ultimo, L. Moscati Castelnuovo, Tucidide (VI 3, 3) e gli ecisti di Catane, in Hommages<br />

à Carl Deroux, III-Histoire et épigraphie, Droit, a cura di P. Defosse, Bruxelles 2003, pp. 321-327.<br />

3 Holm 1925, p. 5 (“numerosi frammenti di ceramiche di stile geometrico, rodie, jonio-corinzie e attiche”).<br />

4 G. Rizza, Leontini e Katane, cit., p. 316, figg. 3 e 4.<br />

5 Cfr. <strong>al</strong> proposito il quadro di sintesi offerto da Frasca, Sull’urbanistica, cit., p. 120 e 123, figg. 3 e 4. Sul<br />

porto di Catania, S. Lagona, Catania: il problema del porto antico, in Catania antica, cit., pp. 223-230; E. Tortorici,<br />

Contributi per una carta archeologica subacquea della costa di Catania, in Archeologia subacquea. Studi,<br />

ricerche e documenti, III, Roma 2003, pp. 275-333 (pp. 309-311).<br />

6 A. Patané, Saggi di scavo <strong>al</strong>l’interno del Castello Ursino di Catania, in «Kok<strong>al</strong>os» 39-40, II, 1, 1993-94, pp.<br />

901-907.<br />

7 Branciforti 2005, p. 55, fig. 9a e pp. 61-62 e 69-70, fig. 13, 2.<br />

8 Patané, Saggi di scavo, cit., p. 907.<br />

9 Al proposito, cfr. in gener<strong>al</strong>e, da ultimo, R.M. Albanese Procelli, Sicani, Siculi, Elimi, Milano 2003, pp.<br />

137-145.


tra continuità e innovazioni: la città antica e mediev<strong>al</strong>e<br />

10 F. Giudice-E. Procelli-M. Frasca-R.M. Albanese, Catania, cit. pp. 131, n. 2, e 134-135, fig. 5; cfr. E. Procelli,<br />

Appunti per una topografia di Catania pregreca, in «Kok<strong>al</strong>os» 38, 1992, pp. 69-78 (p. 76); R.M. Albanese<br />

Procelli, Sicani, cit., p. 140.<br />

11 Cfr. Manganaro 1996, p. 29; K.-J. Hölkeskamp, Schiedsrichter, Gesetzgeber und Gesetzgebung im archaischen<br />

Griechenland (Historia Einzelschriften 131), Stuttgart 1999, pp. 130-144.<br />

12 Frasca, Sull’urbanistica, cit., pp. 120-121 e 124-125, figg. 5-12.<br />

13 D.S. XI 49, 1.<br />

14 Branciforti 2005, pp. 54-55 e 63-65, figg. 13,10 e 14,11-18; Branciforti – Pagnano 2008, pp. 74-75. Gli <strong>al</strong>tri<br />

tratti menzionati nel testo sono stati presentati da M. G. Branciforti e A. Patané in occasione del convegno<br />

Tra lava e mare – contributi <strong>al</strong>l’archaiologhia di Catania (Catania, 22 – 23 novembre 2007).<br />

15 Sull’importanza di questa linea di faglia nell’impianto <strong>al</strong>tomediev<strong>al</strong>e della città, cfr. L. Arcifa, Da Agata <strong>al</strong><br />

liotru: la costruzione dell’identità <strong>urbana</strong> nell’<strong>al</strong>tomedioevo, in Tra lava e mare, cit., c.d.s.<br />

16 Tortorici, Contributi, cit., p. 313.<br />

17 L’anfora, già appartenente <strong>al</strong>la collezione Zapp<strong>al</strong>à Asmundo, fu rinvenuta «nel primo quarto del XIX secolo,<br />

a Catania (quartiere Indirizzo), nello scavarsi le fondamenta di una casa»: G. E. Rizzo, Spigolature archeologiche,<br />

cit., p. 257). Per le condizioni di conservazione, essa fu attribuita ad una tomba da Orsi 1918, p. 70. Cfr. F. Caruso,<br />

L’anfora panatenaica fra vecchia e nuova tecnica, in I vasi attici ed <strong>al</strong>tre ceramiche coeve in Sicilia («Cronache di Archeologia»<br />

29, 1990), Catania 1996, pp. 145-153 (p. 146) e, sulla classe delle Pseudo-Preisamphoren, datate tra la<br />

metà del VI e il primo quarto del V secolo, M. Bentz, Panathenaïsche Preisamphoren, Basel 1998, pp. 19-20.<br />

18 Branciforti 2005, pp. 52-53, figg. 4-5, e 62-63, fig. 13,5-9.<br />

19 Orsi 1918, pp. 68-70.<br />

20 Tra gli oggetti rinvenuti <strong>al</strong>l’Orto Botanico, il pezzo più antico sembra il “piccolo aryb<strong>al</strong>los corinzio a ciambella”,<br />

databile <strong>al</strong> Medio Corinzio (primo quarto del VI secolo), il più recente la “piccola lekythos, <strong>al</strong>ta cm<br />

20, con figurina rossa reggente uno specchio”, verosimilmente dell’inizio del V secolo; le lekythoi attiche a<br />

figure nere illustrate sono della fine del VI secolo: Orsi 1918, p. 69 e fig. 15.<br />

21 Cfr. la testimonianza straboniana sul carattere intermittente dell’Amenano, che deriva il suo corso d<strong>al</strong> Lago<br />

di Nicito: Strab. V 3, 13. Numerose costruzioni, per “la maggior parte sepolcr<strong>al</strong>i”, sono ricordate nel 1779<br />

d<strong>al</strong> Principe di Biscari nella contrada di Cif<strong>al</strong>i a Nord della città: G. Pagnano, Le antichità del Regno di Sicilia<br />

1779. I plani di Biscari e Torremuzza per la Regia Custodia, Siracusa-P<strong>al</strong>ermo 2001, p. 114. Secondo G. Libertini,<br />

La topografia di Catania antica e le scoperte dell’ultimo cinquantennio, in «Archivio Storico per la Sicilia<br />

Orient<strong>al</strong>e» XIX, 1923, pp. 53-68 (ora in G. Libertini, Scritti su Catania antica, Catania 1981, pp. 47-60, p.<br />

53), le tombe dell’Orto Botanico sarebbero appartenute ad una kome posta nella zona del Borgo.<br />

22 Rizza, Stipe votiva, cit.; G. Rizza, Demetra a Catania, in Demetra. La divinità, i santuari, il culto, la leggenda,<br />

a cura di C. A. Di Stefano, Pisa-Roma 2008, pp. 187-192.<br />

23 A. Pautasso, Santuari lungo le rotte. Per una storicizzazione della stipe votiva di Piazza San Francesco, in<br />

Tra lava e mare, cit., c.d.s. Dell’edizione definitiva dei materi<strong>al</strong>i è già stato pubblicato un volume (L. Grasso,<br />

Kotylai e coppe corinzie figurate, Catania 1998), e un secondo è in corso di stampa (A. Pautasso, La ceramica<br />

greco-orient<strong>al</strong>e, Catania 2009).<br />

24 Cic. In Verr. III 43, e IV 99-100.<br />

25 Rizza, Catania in età greca, cit., pp. 13-14; Pautasso, Santuari lungo le rotte, cit. Il rilievo votivo fu pubblicato<br />

da G. Libertini, Rilievo demetriaco da Catania, in « Bollettino Storico Catanese» 4, 1939, pp. 124-128 (ora<br />

in G. Libertini, Scritti, cit., pp. 117-120, tav. IV, 1); cfr. infra.<br />

26 Pautasso, Santuari lungo le rotte, cit.<br />

27 Cfr. N. V<strong>al</strong>enza Mele, Hera ed Apollo nella colonizzazione euboica d’occidente, in «Mélanges de l’Ecole<br />

Française de Rome. Antiquité» 89, 1977, pp. 493-524 (p. 504 su Naxos); M. Frasca, Hera a Leontini, in<br />

Meg<strong>al</strong>ai Nesoi, cit., II, pp. 137-145.<br />

28 Libertini 1930, p. 81. Cf. da ultimo, D. Mertens, Città e monumenti dei Greci d’Occidente D<strong>al</strong>la colonizzazione<br />

<strong>al</strong>la crisi di fine V secolo a.C., Roma 2006, pp. 248-249.<br />

29 Cfr. L.T. Shoe, Profiles of Western Greek Mouldings, Roma 1952, pp. 17, 93 e 150-151, secondo cui il blocco<br />

catanese è “a completely Ionic member, not just an Ionic crowning moulding which might be set over a Doric<br />

epistyle of frieze” (p. 93), “so closely par<strong>al</strong>leled by mouldings of the last quarter of the 6th century in Greece<br />

that it can certainly not be dated much later” (p. 151). An<strong>al</strong>oghe considerazioni, da ultimo, in B.A. Barletta,<br />

Ionic Influence in Western Greek Architecture: Towards a Definition and Explanation, in Die Ägäis una das<br />

westliche Mittelmeer, a cura di F. Krinzinger, Wien 2000, pp. 203-216.<br />

30 Cfr. la Relazione delle antichità del Regno di Sicilia esistenti nelle due V<strong>al</strong>li di Demona e di Noto del Principe<br />

di Biscari, pubblicata in G. Pagnano, Le antichità, cit., p. 53 e pp. 116-119 e 160.<br />

31 Sul qu<strong>al</strong>e cfr., di recente, T. Van Compernolle, L’influence de la politique des Deinomènides et des Emménides<br />

sur l’architecture et l’urbanisme sicéliotes, Lovanii 1992, pp. 51-52.<br />

32 Cfr. F. Giudice, Il ruolo di Catania nella rete dei traffici commerci<strong>al</strong>i del Mediterraneo, in Catania antica, cit.,<br />

pp. 97-148; Pautasso, Santuari, cit.<br />

33 Nella sterminata bibliografia sull’argomento, mi limito a fare riferimento ad <strong>al</strong>cuni lavori fondament<strong>al</strong>i:<br />

A. Mele, Il commercio greco arcaico. Prexis ed emporie, Napoli 1979; L’emporion, a cura di A. Bresson e P.<br />

Rouillard, Parigi 1993; A. Möller, Naukratis. Trade in archaic Greece, Oxford 2000.<br />

34 Sulla presenza di ceramica indigena nella stipe di Catania, R.M. Albanese Procelli, Sicani, cit., p. 186; Pautasso,<br />

Santuari lungo le rotte, cit. Sulla definizione di gateway community, K. G. Hirth, Inter-region<strong>al</strong> trade<br />

and the formation of prehistoric gateway communities, in «American Antiquity» 43, 1978, 25-45.<br />

35 R.M. Albanese Procelli, Sicani, cit., p. 132.<br />

36 M. Gras, Storia e storiografia della Sicilia greca, in «Kok<strong>al</strong>os» 47-48, I, 2001-2002, pp. 261-296 (p. 276).<br />

37 D. S. XI 49, 1-2 e XI 76, 3; Str. VI 2, 3. Nella sterminata bibliografia, mi limito a citare i contributi più<br />

recenti: Manganaro 1996, pp. 32-34; An Inventory of Archaic and Classic<strong>al</strong> Greek Poleis, a cura di M.H.<br />

Hansen-T.H. Nielsen, Oxford 2004, ss.vv. Katane e Naxos, pp. 206-207 e 218-220, mette in evidenza le<br />

incongruenze del racconto diodoreo. All’epoca del rientro dei coloni katanaioi potrebbe essere datata l’attribuzione<br />

ad Evarco del ruolo di ecista della città, secondo Moscati Castelnuovo, Tucidide, cit., pp. 326-327.<br />

38 Cfr. Manganaro 1996, pp. 35-43. Sui rapporti con Atene, da ultimo, P. Anello, La Sicilia da Gelone ad<br />

63


64 catania l’identità <strong>urbana</strong> d<strong>al</strong>l’antichità <strong>al</strong> <strong>settecento</strong><br />

Ermocrate, in Atene e l’Occidente, a cura di E. Greco-M. Lombardo, Atene 2007, pp. 211-238 (pp. 225-233);<br />

S. Cat<strong>al</strong>di, Atene e l’Occidente: trattati e <strong>al</strong>leanze d<strong>al</strong> 433 <strong>al</strong> 424, in Atene e l’Occidente, cit., pp. 421-470 (pp.<br />

430-432 e 436-450).<br />

39 Per l’esattezza, la doris mitior: cfr. J. Curbera, Consideraciones sobre el dórico de Sicilia, in Actas del VIII<br />

Congreso Español de Estudios Clásicos, vol. 1, Madrid 1994, pp. 93-100.<br />

40 Cfr. G. Tagliamonte, Rapporti tra società di immigrazione e mercenari it<strong>al</strong>ici nella Sicilia greca del IV secolo<br />

a.C., in Confini e frontiera nella Grecia d’Occidente (Atti del trentasettesimo convegno di studi sulla Magna<br />

Grecia, Taranto 3-6 ottobre 1997), Taranto 1999, pp. 547-572 (p. 564). Sui rapporti tra la città e la Grecia<br />

continent<strong>al</strong>e, cfr. anche Manganaro 1996, p. 44 e e p. 46 (su IG IV² 95, lista dei theorodokoi di Epidauro, del<br />

356/355 a.C.) e E. Culasso Gast<strong>al</strong>di, Le prossenie ateniesi del IV secolo a.C. Gli onorati magnogreci e siciliani,<br />

in Syggraphe. Materi<strong>al</strong>i e appunti per lo studio della storia e della letteratura antica, a cura di D. Ambaglio,<br />

Como 2002, pp. 105-108 (su IG II² 162, prossenia concessa a due katanaioi, poco prima del 350 a.C.).<br />

41 Plut. Tim. 30-34. Su Mamerco, tiranno tra il 351/350 a.C. e il 339/338 a.C., cfr. Tagliamonte, Rapporti, cit.,<br />

pp. 570-572; a conferma della ‘grecità’ del personaggio, è significativo che il suo nome compaia nelle iscrizioni<br />

coeve nella forma priva di indebolimento (Mamarkos), pur essendo questa già in uso nel mondo osco<br />

d<strong>al</strong> V secolo: S. Buchner, MAMARKOS nell’onomastica greco-it<strong>al</strong>ica e i nomi ‘it<strong>al</strong>ici’ del padre di Pitagora, in<br />

«Ann<strong>al</strong>i di Archeologia e Storia Antica» 4, N.S., 1997, pp. 161-172 (p. 171).<br />

42 Eutr. II 19; G. De Sensi Sestito, Gerone II. Un monarca ellenistico in Sicilia, P<strong>al</strong>ermo 1977, pp. 113-115;<br />

Manganaro 1996, p. 48.<br />

43 L’espressione è di Manganaro 1996, p. 35; cfr. Cat<strong>al</strong>di, Atene e l’Occidente, cit., p. 440.<br />

44 A parte la menzionata lekythos d<strong>al</strong>l’Orto Botanico (forse ancora del primo quarto del V secolo, vista<br />

l’estrema rarità di vasi a figure rosse a Catania), in contrada Orto del Re (area a Sud dell’attu<strong>al</strong>e vi<strong>al</strong>e Regina<br />

Margherita), Orsi segn<strong>al</strong>ò la scoperta di una fossa nella nuda terra, contenente una pisside siceliota, databile<br />

<strong>al</strong>la seconda metà del IV secolo: P. Orsi, Catania. Scoperte varie di carattere funerario, in «Notizie degli Scavi<br />

di Antichità», 1915, pp. 215-225 (p. 217).<br />

45 Branciforti 2005, pp. 52-54, figg. 6-7 e p. 55.<br />

46 F. Giudice-E. Procelli-M. Frasca-R.M. Albanese, Catania, cit., pp. 135-141; Patané, Saggi, cit., p. 907.<br />

47 Pautasso, Santuari lungo le rotte, cit.<br />

48 Frasca, Sull’urbanistica, cit., pp. 121-122, fig. 13.<br />

49 Th. VI 51, 1.<br />

50 Cfr. Branciforti 2005, pp. 55, 66 e 74, figg. 15, 24 (thysia d<strong>al</strong> c<strong>al</strong>pestio ad Ovest del muro di cinta) e gli<br />

an<strong>al</strong>oghi rinvenimenti di piccole fossette votive in <strong>al</strong>tri settori della cinta muraria, presentati <strong>al</strong> convegno Tra<br />

lava e mare.<br />

51 D.S. XI 49, 1-2 ; Manganaro 1996, p. 32. C’è da chiedersi, tuttavia, se la definizione di polis myriandros<br />

impiegata da Diodoro non sia dovuta <strong>al</strong>la diffusione del topos della ‘città ide<strong>al</strong>e’ di 10000 coloni, improbabile<br />

nell’età ieroniana, ma non nella tarda età ellenistica: cfr. N. Luraghi, Tirannidi arcaiche in Sicilia e Magna<br />

Grecia, Firenze 1994, p. 336, n. 261. L’arrivo dei coloni, di fatto, è un evento che sembra avere riguardato<br />

anche Naxos, il cui impianto a griglia ortogon<strong>al</strong>e per strigas è stato datato <strong>al</strong>l’età ieroniana: cfr. da ultimo, M.<br />

C. Lentini, Naxos, in Urbanistica e architettura nella Sicilia greca, a cura di P. Minà, P<strong>al</strong>ermo 2005, pp. 34-35.<br />

Considerando inoltre che, secondo uno scolio a Pindaro (Schol. Pind. Pyth. 1, 120b; cfr. Luraghi, Tirannidi,<br />

cit., p. 337), i coloni di Aitna erano Siracusani, Megaresi e Geloi, andrebbe v<strong>al</strong>utata la possibilità che, perlomeno<br />

per una parte della tradizione letteraria, i 10000 coloni siano stati ripartiti tra le due città e che quelli<br />

di origine peloponnesiaca siano stati insediati a Naxos.<br />

52 Cfr. da ultimo le considerazioni di Tortorici 2008, p. 117, n. 112, che mette in evidenza la differenza di<br />

quota tra la via Teatro Greco e il piano dell’orchestra del teatro romano, rispettivamente m 24,4 e m 10,4,<br />

individuando in corrispondenza della stessa via “l’origin<strong>al</strong>e ciglio della collina che costituirebbe il limite<br />

meridion<strong>al</strong>e della città”. Pur non concordando con l’identificazione dei resti in opera quadrata sotto il teatro<br />

con un’opera di fortificazione, mi sembra nel complesso verosimile che l’originario limite della città, perlomeno<br />

fino <strong>al</strong> 403 a.C. sia quello individuato d<strong>al</strong>lo studioso.<br />

53 M.G. Branciforti, Catania, in D<strong>al</strong>l’Alcantara agli Iblei. La ricerca archeologica in provincia di Catania, Catania<br />

2005, pp. 175-199 (pp. 178-183); cfr. Tortorici 2008, pp. 121-124. Secondo Tortorici, una seconda plateia<br />

potrebbe essere identificata con Via di Sangiuliano/Via Clementi, e gli isolati definiti d<strong>al</strong>la griglia strad<strong>al</strong>e<br />

così determinata sarebbero strigae di m 47 Est-Ovest x 198 Nord-Sud.<br />

54 Frasca, Sull’urbanistica, cit., p. 121, che parla di una ‘seconda fase urbanistica’, distinta da quella arcaica,<br />

condizionata d<strong>al</strong>l’orientamento del pendio; Branciforti, Catania, cit., pp. 178-183.<br />

55 Frontin. Strat. III 2, 6, che tuttavia ambienta i fatti ad Agrigento. Su Frontino cfr., da ultimo, A. Lewin,<br />

Storia militare e cultura militare nei primi due secoli dell’impero, in La cultura storica nei primi due secoli<br />

dell’Impero Romano, a cura di L. Troiani-G. Zecchini, Roma 2005, pp. 129-144 (pp. 141-144).<br />

56 Th. VI 51, 1, recepito da Polyaen. Strateg. I 40, 4. Il riferimento di Frontino <strong>al</strong>l’esistenza di un teatro, “ubi<br />

ex more Graecorum locus consultationis praebebatur”, può essere considerato come una deduzione person<strong>al</strong>e,<br />

derivata d<strong>al</strong>la funzione assembleare tipica dei teatri delle poleis magno-greche e siceliote, che tanto<br />

stupiva i Romani: cfr. L. G<strong>al</strong>lo, I teatri delle poleis siciliane: funzione politica e implicazioni demografiche, in<br />

Quarte giornate internazion<strong>al</strong>i di studi sull’area elima, II, Pisa 2003, pp. 537-548 (p. 538).<br />

57 Il dibattito sviluppatosi intorno <strong>al</strong>l’interpretazione di t<strong>al</strong>i strutture è ricostruito in dettaglio da Tortorici<br />

2008, pp. 110-116.<br />

58 Tortorici 2008, pp. 115-116.<br />

59 Cfr., da ultimo, S. Rizza, Studi sulle fortificazioni greche di Leontini, Catania 2000, pp. 43-56 e pp. 68-70,<br />

che ipotizza due differenti rifacimenti, uno dionigiano e l’<strong>al</strong>tro dell’età di Agatocle; cfr. anche, di recente,<br />

M. Frasca, La porta verso i campi detti leontini, in Il mare, il fiume, la città, a cura di M. Frasca, Siracusa<br />

2004, pp. 87-98 (pp. 97-98), per muri con blocchi di an<strong>al</strong>oghe dimensioni e una cronologia successiva <strong>al</strong>l’età<br />

dionigiana.<br />

60 Cfr. E. Felici-G. Buscemi Felici, Cave costiere nel territorio di Leontini, in Leontini, cit., pp. 27-48 (p. 36).<br />

61 Cfr. Rizza, Studi sulle fortificazioni, cit., p. 44 (m 0,50 x 0,70 x 1,40 circa); Felici – Buscemi Felici, Cave<br />

costiere, cit., pp. 32 e pp. 43-44, n. 13. Facendo riferimento <strong>al</strong> piede attico di m 0,296, si può ipotizzare che


tra continuità e innovazioni: la città antica e mediev<strong>al</strong>e<br />

i blocchi del teatro di Catania siano stati tagliati stabilendo proporzioni pari a metà e ad 1/3 del modulo,<br />

corrispondente <strong>al</strong>la dimensione maggiore. Un an<strong>al</strong>ogo modulo di base potrebbe forse essere riscontrato anche<br />

nelle mura di Tindari, recentemente ridatate, sulla base dei saggi di N. Lamboglia, <strong>al</strong> III secolo (post 278<br />

a.C.): cfr. G. F. La Torre, Il processo di “romanizzazione” della Sicilia: il caso di Tindari, in «Sicilia antiqua» 1,<br />

2004, pp. 111-146 (pp. 127-129).<br />

62 Cfr. da ultimo Branciforti-Pagnano 2008, pp. 76-79. Sulla base della tecnica costruttiva e della tipologia<br />

delle iscrizioni sui blocchi, Branciforti ha proposto di datare l’edificio <strong>al</strong> IV secolo a.C.; t<strong>al</strong>e cronologia, che<br />

rappresenta di fatto un terminus post quem per la costruzione del teatro, può essere circoscritta <strong>al</strong>la fine del<br />

IV-inizi del III sec. a. C., sulla base dei materi<strong>al</strong>i ceramici rinvenuti: cfr. Branciforti-Pagnano 2008, pp. 159<br />

e 163-164.<br />

63 C. Anti, Teatri greci arcaici. Da Minosse a Pericle, Padova 1947, pp. 125-127.<br />

64 Sull’epoca di costruzione del teatro di Morgantina, che secondo gli scavatori andrebbe posta nel secondo<br />

quarto del III secolo (M. Bell, Excavations at Morgantina 1980-1985: Preliminary Report XII, in «American<br />

Journ<strong>al</strong> of Archaeology» 92, 1988, pp. 313-342, p. 338), cfr. da ultimo, L. Campagna, L’architettura di età<br />

ellenistica in Sicilia: per una rilettura del quadro gener<strong>al</strong>e, in Sicilia ellenistica, consuetudo it<strong>al</strong>ica. Alle origini<br />

dell’architettura ellenistica d’Occidente, a cura di M. Osanna-M. Torelli, Roma 2006, pp. 15-34 (pp. 19-20,<br />

nn. 1-2). Oltre <strong>al</strong>la ceramica della seconda metà del III secolo rinvenuta nel riempimento sotto la cavea, le<br />

monete di Ierone II tagliate a metà, per re<strong>al</strong>izzare frazioni di emergenza, andrebbero datate dopo il 217 a.C.<br />

secondo B. Carroccio, D<strong>al</strong> basileus Agatocle a Roma. Le monetazioni siciliane d’età ellenistica, Messina 2004,<br />

p. 112.<br />

65 Anti, Teatri greci, cit., p. 171; cfr. Tortorici 2008, p. 113.<br />

66 Cic. Verr. IV 50.<br />

67 Cfr. Libertini, Rilievo demetriaco, cit. Il rilievo fu rinvenuto <strong>al</strong>l’interno di un piccolo ambiente mediev<strong>al</strong>e,<br />

insieme ad <strong>al</strong>tri pezzi architettonici probabilmente destinati ad essere reimpiegati o trasformati in c<strong>al</strong>ce, in<br />

Piazza S. Nicolella.<br />

68 G. Neumann, Problemen des griechischen weihreliefs, Tübingen 1979, pp. 57-58; cfr. anche L. E. Baumer,<br />

Vorbilder und Vorlagen, Bern 1997, pp. 136-137, con bibliografia esaustiva.<br />

69 Libertini, Rilievo demetriaco, cit., p. 118, n. 3; F. Caruso, Prima di Agata: il rilievo di Demetra e Core, in<br />

Agata santa, Firenze 2007, pp. 168-172 (p. 170).<br />

70 Ad età ellenistica datava il rilievo Wilhelm (apud Libertini, Rilievo demetriaco, cit., p. 119, n. 6); <strong>al</strong> III-II<br />

secolo pensa G. Manganaro, Ricerche di antichità e di epigrafia siceliota, in «Archeologia classica» 17, 1965,<br />

pp. 183-210 (pp. 186-187)<br />

71 Caruso, Prima di Agata, cit., p. 169.<br />

72 Korhonen 2004, p. 144.<br />

73 Cfr., da ultimo, A. Lazzeretti, M. Tulli Ciceronis, In C. Verrem actionis secundae. Liber quartus (De signis).<br />

Commentario storico e archeologico, Pisa 2006, p. 21; A. Pinzone, Storia e storiografia della Sicilia romana<br />

(1997-2000), in «Kok<strong>al</strong>os» 47-48, 1, 2008, pp. 297-318 (p. 298-299).<br />

74 Perlomeno fino <strong>al</strong>la metà del II secolo a.C. Sulla rivolta degli schiavi di Euno (ca. 138-131 a.C.), le razzie di<br />

Verre (73-71 a.C.) e il sostegno a Sesto Pompeo (43-36 a.C.), cfr. Manganaro 1996, pp. 48-52.<br />

75 Cfr. i saggi di F. Coarelli, La cultura figurativa in Sicilia. D<strong>al</strong>la conquista romana a Bisanzio, in La Sicilia antica,<br />

a cura di E. Gabba-G. V<strong>al</strong>let, Napoli 1980, pp. 371-392, e G. Manganaro, La provincia romana, ibidem,<br />

pp. 411-461. Di recente, R.J.A. Wilson, Ciceronian Sicily: an archaeologic<strong>al</strong> perspective, in Sicily from Aeneas<br />

to Augustus. New Approaches in Archaeology and History, a cura di C. Smith-J. Serrati, Edinburgh 2000, pp.<br />

134-160; E. C. Port<strong>al</strong>e, Per una rilettura delle arti figurative nella Provincia Sicilia: pittura e mosaico tra continuità<br />

e discontinuità, in «Seia» 6-7, 2001-2002, pp. 43-90; Campagna, L’architettura, cit., passim.<br />

76 Cfr. tra gli <strong>al</strong>tri M. Genovese, Condizioni delle civitates della Sicilia ed assetti amministrativo-contributivi<br />

della <strong>al</strong>tre province nella prospettiva ciceroniana delle Verrine, in «Iura» 44, 1993, pp. 171-243, e il bilancio<br />

critico di L. Campagna, La Sicilia di età repubblicana nella storiografia degli ultimi cinquant’anni, in «Ostraka»<br />

12,1, 2003, pp. 7-31.<br />

77 Sulla proagoria nelle città siceliote, cfr. F. Sartori, Proagori in città siceliote, in «Kok<strong>al</strong>os» 7, 1961, pp. 53-66<br />

(ora in F. Sartori, D<strong>al</strong>l’It<strong>al</strong>ía <strong>al</strong>l’It<strong>al</strong>ia, I, Padova 1993, pp. 581-592); da ultimo, Lazzeretti, M. Tulli Ciceronis,<br />

cit., p. 185. Sul ginnasio di Catania, donato <strong>al</strong>la città da Marco Claudio Marcello <strong>al</strong>l’indomani della conquista<br />

di Siracusa (212 a.C.), Plut. Marcel. 30, 4, e, di recente, M. Cadario, I Claudi Marcelli. Strategie di propaganda<br />

in monumenti onorari e dediche votive tra III e I sec. a.C., in «Ostraka» 14, 2005, pp. 147-177 (p. 158).<br />

78 Cfr. G. Manganaro, Città di Sicilia e santuari panellenici, in «Historia» 13, 1964, pp. 413-439 (pp. 420-<br />

421).<br />

79 M. Casabona, Le monete di Catana ellenistica tra Roma e le influenze orient<strong>al</strong>i, in «Rivista it<strong>al</strong>iana di numismatica<br />

e di scienze affini» 100, 1999, pp. 13-46; Carroccio, D<strong>al</strong> basileus, cit., pp. 234-242.<br />

80 Paus. X 4, 1. Cfr., tra gli <strong>al</strong>tri, C. Ampolo, Il sistema della polis. Elementi costitutivi e origini della città greca,<br />

in I Greci. Storia, cultura, arte, società, vol. 2, 1, a cura di S. Settis, Torino 1996, pp. 297-342 (pp. 298-299).<br />

81 Cfr. Branciforti 2003, pp. 114-116.<br />

82 Branciforti 2003, pp. 108-109.<br />

83 Branciforti 2003, p. 112 (pavimento in signinum di fronte <strong>al</strong>la Chiesa della Collegiata).<br />

84 Cfr. G<strong>al</strong>lo, I teatri, cit., pp. 537-538.<br />

85 Cfr. a t<strong>al</strong> proposito le osservazioni di Tortorici 2008, p. 109, n. 79, in merito <strong>al</strong>la via Pozzo Mulino, che è stata<br />

identificata con uno dei princip<strong>al</strong>i assi Est-Ovest della città romana e mediev<strong>al</strong>e (L. Dufour-H. Raymond,<br />

1693. Catania, rinascita di una città, Catania 1992, p. 81). Come osserva Tortorici, la via è orientata come la<br />

plateia rinvenuta <strong>al</strong> monastero dei Benedettini, e la distanza tra di esse (m. 198) corrisponde a quella tra la<br />

plateia e via di Sangiuliano, anch’essa identificata con un tracciato antico da Dufour-Raymond, 1693, cit., p.<br />

24. Non è inverosimile, di conseguenza, datare perlomeno ad età ellenistica o repubblicana anche il tracciato<br />

della via Pozzo Mulino e l’estensione della maglia <strong>urbana</strong> regolare in direzione del Castello Ursino.<br />

86 Il denario, datato <strong>al</strong> 43-40 a.C., presenta sul dritto la testa di Pompeo Magno e sul rovescio Nettuno tra<br />

i pii fratres. Nettuno è stato identificato con lo stesso Pompeo Magno, in relazione <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e Sesto Pompeo<br />

si attribuì il cognomen Pius. Cfr. Manganaro 1996, p. 51, n. 99, e, di recente, A. Powell, An Island amid the<br />

65


66 catania l’identità <strong>urbana</strong> d<strong>al</strong>l’antichità <strong>al</strong> <strong>settecento</strong><br />

Flame: the Strategy and Imagery of Sextus Pompeius, in Sextus Pompeius, a cura di A. Powell – K. Welch,<br />

London 2002, pp. 103-133 (pp. 120-127).<br />

87 Le fonti sui pii fratres sono passate in rassegna, di recente, da Manganaro 1996, pp. 51-52, n. 101, e da L. Di<br />

S<strong>al</strong>vo, Decimo Magno Ausonio. Ordo nobilium urbium, Napoli, 2000, p. 219. Sul gruppo statuario, ascritto <strong>al</strong><br />

II sec. a.C., cfr. C. Franzoni, Amphinomos e Anapias a Catania. Per la storia di due statue ellenistiche perdute,<br />

in «Kok<strong>al</strong>os» 41, 1995, pp. 209-227.<br />

88 Cfr. Holm 1925, p. 57.<br />

89 Korhonen 2004, p. 145.<br />

90 Cfr. rispettivamente IG VII 1416, d<strong>al</strong>l’Anfiarao di Oropos (inizi I sec. a.C.) e ISmyrna 689 (II-I sec. a.C.),<br />

su cui, da ultimo, J. Prag, Auxilia and Gymnasia: a sicilian model of Roman imperi<strong>al</strong>ism, in «Journ<strong>al</strong> of Roman<br />

Studies» 97, 2007, pp. 68-100 (p. 95).<br />

91 C. Sciuto Patti, Su <strong>al</strong>cuni avanzi di arte antica scoperti in Catania nella via Zapp<strong>al</strong>à Gemelli, in «Archivio<br />

Storico Siciliano», n. s., 21, 1896, pp. 88-96.<br />

92 Libertini, La topografia di Catania, cit., pp. 49-51; Lagona, Catania: il problema del porto antico, cit., p. 226;<br />

Tortorici, Contributi, cit., pp. 310-311.<br />

93 Cfr. a questo proposito Branciforti 2003, pp. 106-107.<br />

94 Orsi 1918, pp. 65-68, figg. 11-14; cfr. Branciforti, Catania, cit., p. 182.<br />

95 Orsi 1918, fig. 11.<br />

96 P. Orsi, Un caso di rachitide antica, in «Notizie degli Scavi di Antichità», 1901, pp. 347-349; per una rassegna<br />

sistematica dei rinvenimenti di sarcofagi in piombo in It<strong>al</strong>ia, i più antichi dei qu<strong>al</strong>i sono quelli siciliani,<br />

cfr. G. Zampieri, La tomba di San Luca Evangelista, Roma 2003, pp. 335-345. (p. 335 su Catania e Centuripe).<br />

La moneta rinvenuta nella tomba di Centuripe può essere datata tra il 241 e il 215 a.C.: B. Carroccio, D<strong>al</strong><br />

basileus, cit., p. 262; A. Carbé, Il “cav<strong>al</strong>iere” di Ierone II: aspetti iconografici, in Nuove prospettive della ricerca<br />

sulla Sicilia del III sec. a.C. Archeologia, Numismatica, Storia, a cura di M. Caccamo C<strong>al</strong>tabiano-L. Campagna<br />

-A. Pinzone, Messina 2004, pp. 267-275.<br />

97 G. Libertini, Scavi e scoperte a Catania, in «Archivio Storico per la Sicilia Orient<strong>al</strong>e» XXVII, 1931, pp.<br />

411-412 (riedito in Libertini, Scritti, cit., pp. 105-107). Sulla cronologia delle emissioni bronzee catanesi con<br />

rappresentazioni di divinità egizie cfr. M. Casabona, Le monete di Catana ellenistica fra Roma e le influenze<br />

orient<strong>al</strong>i, in «Rivista it<strong>al</strong>iana di numismatica e scienze affini» 99, 1999, pp. 13-46.<br />

98 Cfr. Carroccio, D<strong>al</strong> basileus, cit., p. 240 e p. 99, n. 13.<br />

99 Oros. V 13, 3; Aug. De civ. Dei III 31. Cfr. Manganaro 1996, p. 52 e Branciforti 2005, p. 52, n. 11.<br />

100 Cic. Verr. IV, 99 su cui, da ultimo, Lazzeretti, M. Tulli Ciceronis, cit., pp. 283-288.<br />

101 Per la precisione, tra il 211 e il 170 a.C. secondo Casabona, Le monete, cit., passim.<br />

102 Sulla diffusione dei culti egizi a Catania, di recente, G. Sfameni Gasparro, I culti orient<strong>al</strong>i nella Sicilia<br />

ellenistico-romana, in Ethne e religioni nella Sicilia antica, a cura di P. Anello-G. Martorana-R. Sammartano,<br />

Roma 2006, pp. 251-328 (pp. 292-309).<br />

103 Cfr. Apul. Met. XI 5 (Siculi trilingues Stygiam Proserpinam … vocant) su cui, da ultimo, G. S<strong>al</strong>meri, I<br />

caratteri della grecità di Sicilia e la colonizzazione romana, in Colonie romane nel mondo greco, a cura di G.<br />

S<strong>al</strong>meri-A. Raggi-A. Baroni, Roma 2004, pp. 255-307 (p. 290); Sfameni Gasparro, I culti orient<strong>al</strong>i, cit., p.<br />

300, n. 211.<br />

104 Di recente, Sfameni Gasparro, I culti orient<strong>al</strong>i, cit., p. 293.<br />

105 Cfr. in particolare P. Carrera, Delle memorie historiche della città di Catania, I, pp. 24; F. Ferrara, Storia<br />

di Catania, Catania 1829, pp. 469-476; Libertini 1930, pp. 79 e 101; G. Manganaro, Ricerche di Epigrafia<br />

siceliota, in «Siculorum Gymnasium» 14, 1961, pp. 175-198 (pp. 181-185).<br />

106 Carrera, Delle memorie, cit., p. 24.<br />

107 Sull’abate Sestini, cfr. Libertini 1930, p. 101.<br />

108 Holm 1925, p. 52 e tav. VI.<br />

109 Cfr. la citazione d<strong>al</strong>l’opera del Serradif<strong>al</strong>co in Holm 1925, p. 52.<br />

110 Wilson 1991, pp. 105-106; E. C. Port<strong>al</strong>e-S. Angiolillo-C. Vismara, Le grandi isole del Mediterraneo. Sicilia,<br />

Sardinia, Corsica, Roma 2005, p. 71.<br />

111 Wilson 1991, pp. 105 e 299-300; Sfameni Gasparro, I culti orient<strong>al</strong>i, cit., pp. 264-266.<br />

112 Branciforti 2003, pp. 96-107.<br />

113 Str. VI 2, 3; Plin. N. H. III 88-91; Ptol. III 4, 9; D.C. LIV 7, 1. Sulla base di RGDA 28, si ritiene comunemente<br />

che i coloni fossero, se non esclusivamente, comunque in maggioranza veterani: cfr. di recente Molé<br />

1999, p. 422; G. S<strong>al</strong>meri, I caratteri della grecità di Sicilia e la colonizzazione romana, in Colonie romane nel<br />

mondo greco, a cura di G. S<strong>al</strong>meri-A. Raggi-A. Baroni, Roma 2004, pp. 255-307 (p. 275, n. 107); sul passo,<br />

cfr. da ultimo J. Scheid, Res Gestae Divi Augusti, Paris 2007, p. 75.<br />

114 In t<strong>al</strong> senso, cfr. Holm 1925, p. 21; Manganaro 1988, p. 13; Manganaro 1996, pp. 57-58.<br />

115 Sul sostegno siciliano a Sesto Pompeo, cfr. da ultimo G. S<strong>al</strong>meri, I caratteri, cit., pp. 275-276. Sulla coppia<br />

eremia/polyanthropia in Strabone, a proposito di Catania, cfr. soprattutto Molé Ventura 1996, pp. 185-189.<br />

116 Così, tra gli <strong>al</strong>tri, Molé 1999, p. 427. Cfr. da ultimo Pinzone, Storia e storiografia, cit., pp. 311-312.<br />

117 In questo senso, cfr. S<strong>al</strong>meri, I caratteri, cit., pp. 276-277.<br />

118 Sulla base dell’attestazione epigrafica loc<strong>al</strong>e delle tribù Quirina e Claudia, Manganaro ha ipotizzato che un<br />

secondo rinc<strong>al</strong>zo coloniario abbia riguardato Catania in età giulio-claudia (Manganaro 1988, p. 42); diversamente,<br />

Korhonen, sulla base dell’attestazione della tribù P<strong>al</strong>atina e dell’appartenenza dei pochi duoviri noti<br />

<strong>al</strong>la Claudia, ritiene che questa fosse la tribù dei primi coloni, e che la presenza di più tribù <strong>al</strong>luda <strong>al</strong>l’estensione<br />

progressiva della cittadinanza <strong>al</strong>la popolazione loc<strong>al</strong>e: Korhonen 2004, p. 72; cfr. già A.N. Shervin<br />

White, The Roman Citizenship, Oxford 1973, p. 231. La presenza di più tribù in una colonia, in re<strong>al</strong>tà, non è<br />

un fenomeno isolato e può essere spiegata come un riflesso della presenza dei discendenti di cittadini romani<br />

non catanesi (come, per es., quel M. Iulius Sedatus, oriundo di Narbona, che fu seppellito a Catania nel II<br />

secolo d.C.: AE 1897, 132) cui potrebbe essere stata conferita la cittadinanza loc<strong>al</strong>e tramite adlectio, attestata<br />

perlomeno da Adriano in avanti; cfr. <strong>al</strong> proposito, A. Raggi, Cittadinanza coloniaria e cittadinanza romana,<br />

in Colonie romane, cit., pp. 55-68. Alla concessione della cittadinanza ad <strong>al</strong>cuni degli antichi katanaioi pensa<br />

Molé 1999, pp. 431-432.


tra continuità e innovazioni: la città antica e mediev<strong>al</strong>e<br />

119 K. Korhonen, La cultura epigrafica della colonia di Catina nell’Alto Impero, in Colonie romane, cit., pp.<br />

233-253.<br />

120 M. Sartre, Conclusion. Les colonies romaines dans le monde grec: du corps étranger à l’assimilation, in<br />

Colonie romane, cit., pp. 309-319 (p. 316). Cfr., tra gli <strong>al</strong>tri, Wilson 1991, pp. 243-244; Pensabene 2005; E.<br />

Amato, Le ‘tournées de conférences’ di Favorino: nuove ipotesi sulla città del De fortuna, in «Athenaeum» 91,<br />

2003, pp. 145-172.<br />

121 Sulle relazioni asimmetriche tra i veterani e la composita popolazione loc<strong>al</strong>e in età augustea, cfr. soprattutto<br />

Molé 1999, pp. 424-426; anche S<strong>al</strong>meri, I caratteri, cit., pp. 281-282.<br />

122 Expositio totius mundi et gentium LXV, a cura di J. Rouge, Paris 1966, su cui Molé Ventura 1996, pp.<br />

193-198, e J. Irigoin, Viri divites et eruditi omni doctrina, graeca quoque et latina, Kok<strong>al</strong>os 43-44, 1997-98, pp.<br />

139-148. Cfr. anche Manganaro 1988, pp. 58-61, S<strong>al</strong>meri, I caratteri, cit., pp. 286-288.<br />

123 Sullo sviluppo urbano della Città tra il VI e il XII secolo, cfr. L. Arcifa, D<strong>al</strong>la città bizantina <strong>al</strong>la città normanna:<br />

ipotesi sullo sviluppo urbanistico di Catania in età mediev<strong>al</strong>e, in Storia dell’urbanistica/Sicilia IV. Le città<br />

mediev<strong>al</strong>i dell’It<strong>al</strong>ia meridion<strong>al</strong>e e insulare, a cura di A. Casamento-E. Guidoni, Roma 2004, pp. 279-291.<br />

124 Branciforti 2003, pp. 113-114. Wilson 1996, p. 167, ipotizza una cronologia in età antonina per l’anfiteatro,<br />

proposta in precedenza in Belvedere 1988, pp. 371-373 e Wilson 1991, p. 87. Cfr. infra.<br />

125 Holm 1925, pp. 60-61. Gli scavi recenti nella chiesa del S. Carcere (su cui cfr. L. Arcifa, Da Agata <strong>al</strong> liotru,<br />

cit.) hanno messo in evidenza come quest’ultimo sia una camera con volta a botte e pareti in opera quadrata,<br />

costruita <strong>al</strong>l’interno di un podio rettangolare di circa m 13 x 9,86. Al di sopra del podio, esisteva un ambiente,<br />

pavimentato a mosaico, di m 6,40 x 7,65. Incerta l’interpretazione dell’edificio, che potrebbe aver fatto<br />

parte dell’insediamento e avere avuto carattere pubblico (un tempio?) o, in <strong>al</strong>ternativa, essere identificato<br />

con un mausoleo, forse confrontabile con quelli di Centuripe (cfr. Port<strong>al</strong>e-Angiolillo-Vismara, Le grandi<br />

isole, cit., p. 105).<br />

126 Cfr. Holm 1925, pp. 58-62; Wilson 1991, p. 134; Port<strong>al</strong>e-Angiolillo-Vismara, Le grandi isole, cit., pp. 105-<br />

106.<br />

127 Holm, Catania antica, cit., p. 57; Branciforti 2003, p. 112. Rinvenimenti funerari di via di Sangiuliano:<br />

Libertini 1930, pp. 77-78 (elementi di sarcofago e un sarcofago integro in bas<strong>al</strong>to); P. Orsi, Catania. Antico<br />

sepolcreto riconosciuto in via Lincoln entro l’abitato, in «Notizie degli Scavi di Antichità», 1897, pp. 239-242<br />

(p. 240).<br />

128 Orsi 1918, pp. 53-62.<br />

129 L’iscrizione, datata sulla base dei caratteri entro il I sec. d. C., è importante nella storia dei culti catanesi<br />

perché permette di identificare il dies festivus di Cerere (cfr. infra, n. 250); l’ambiente nella cui volta essa fu<br />

graffita è stato identificato con una caupona da G. Manganaro: G. Manganaro, Graffiti e iscrizioni funerarie<br />

della Sicilia orient<strong>al</strong>e, in «Helikon» 2, 1962, pp. 485-501 (pp.485-493).<br />

130 Orsi 1918, pp. 54-55, fig. 3; cfr. G. De Tommaso, Ampullae vitrae. Contenitori in vetro di unguenti e sostanze<br />

aromatiche dell’It<strong>al</strong>ia romana, I sec. a.C.-III sec. d.C., Roma 1990, pp. 83-84.<br />

131 Branciforti 2003, p. 116; cfr. Molé 1999, pp. 433-434.<br />

132 Branciforti 2003, p. 113; Patanè, Saggi, cit., p. 907.<br />

133 Cfr. Molé 1999, p. 431.<br />

134 Branciforti 2003, pp. 106-107.<br />

135 Holm 1925, pp. 35-36; cfr. Branciforti 2003, pp. 111-112.<br />

136 M.G. Branciforti, Mosaici di età imperi<strong>al</strong>e romana a Catania, in Atti del IV colloquio dell’associazione it<strong>al</strong>iana<br />

per lo studio e la conservazione del mosaico, a cura di R.M. Carra Bonacasa-F. Guidob<strong>al</strong>di, Ravenna 1997,<br />

pp. 165-186 (pp. 178-181); Branciforti 2003, p. 111.<br />

137 Branciforti 2005, pp. 56-59.<br />

138 La trattazione più esaustiva sul problema del circo e della immaginaria naumachia catanese è offerta da<br />

Tortorici 2008, pp. 93-104, fig. 11, che colloca ragionevolmente l’edificio subito a Sud di via Plebiscito e<br />

ad Ovest del Castello Ursino. Come osserva Wilson 1991, p. 87, la notizia della Expositio totius mundi et<br />

gentium, LXV, su Syracusam et Catinam, in quibus spectaculum circensium bene completur: anim<strong>al</strong>ia enim<br />

bona et fortia habentes, contendunt delectantes anim<strong>al</strong>ium virtute, va riferita senz’<strong>al</strong>tro <strong>al</strong>le gare di corsa che<br />

si svolgevano nel circo in età tardo-antica. Sul circo di Catania, cfr. anche J.H. Humphrey, Roman Circuses,<br />

London 1986, p. 576, che ipotizza una datazione <strong>al</strong> terzo o quarto secolo.<br />

139 Le trattazioni più recenti sul teatro romano di Catania sono Wilson 1996, pp. 157-163, che riprende la<br />

letteratura precedente, Pensabene 2005 e, per le nuove acquisizioni, Branciforti – Pagnano 2008.<br />

140 Wilson 1996, p. 160.<br />

141 M.G. Branciforti, Pavimenti in opus sectile di Catania, in Apparati musivi antichi nell’area del Mediterraneo,<br />

P<strong>al</strong>ermo 2004, pp. 90-109 (p. 92); Branciforti-Pagnano 2008, pp. 70-71. Nel settore occident<strong>al</strong>e dell’orchestra,<br />

è stata identificata una pavimentazione di modulo differente, ris<strong>al</strong>ente con verosimiglianza <strong>al</strong> IV-V<br />

secolo.<br />

142 M.G. Branciforti, Il teatro romano di Catania, in Teatri antichi nell’area del Mediterraneo, P<strong>al</strong>ermo 2007,<br />

pp. 145-154 (pp. 149-150, III sec.); Branciforti-Pagnano 2008, p. 67 (IV sec.).<br />

143 I. B<strong>al</strong>dassarre, Osservazioni sull’urbanistica di Neapolis in età romana, in Neapolis. Atti del venticinquesimo<br />

convegno di studi sulla Magna Grecia, Taranto 1986, pp. 221-231.<br />

144 I. Paternò Castello, Viaggio per tutte le antichità di Sicilia, Napoli 1781, pp. 31-32; Holm 1925, pp. 48-49;<br />

Wilson 1996, pp. 154-156; Tortorici 2008, pp. 104-110.<br />

145 Cfr. da ultimo Tortorici 2008, p. 107, che parla di cubilia in tufo gi<strong>al</strong>lastro. Non mi sembra giustificata la<br />

datazione del complesso ad età flavia, proposta da Wilson 1996, p. 155, sulla base della presenza di strutture<br />

sotterranee. Non si può escludere, tra l’<strong>al</strong>tro, che gli ambienti sotterranei ancora conservati sul lato meridion<strong>al</strong>e<br />

del cortile S. Pant<strong>al</strong>eone siano stati re<strong>al</strong>izzati in epoca successiva <strong>al</strong> muro in opus reticulatum tuttora<br />

visibile sul lato Nord dello stesso. Sull’opus reticulatum in Sicilia, cfr. Molé 1999, pp. 434-436.<br />

146 Tortorici 2008, p. 109.<br />

147 Tortorici 2008, p. 110.<br />

148 Branciforti, Mosaici, cit., pp. 178-181; Branciforti 2003, p. 112.<br />

149 Wilson 1991, p. 48.<br />

67


68 catania l’identità <strong>urbana</strong> d<strong>al</strong>l’antichità <strong>al</strong> <strong>settecento</strong><br />

150 In t<strong>al</strong> senso, una futura indagine nell’area del cortile sgombra da strutture potrebbe essere mirata ad accertare<br />

l’eventu<strong>al</strong>e presenza della tholos macelli. Sulla relazione topografica tra macellum e foro, cfr. C. de Ruyt,<br />

Macellum: marché <strong>al</strong>imentaire de Romains, Louvain-la-Neuve 1983, pp. 326-329. La presenza di un macellum<br />

in questo settore della città sembra confermata d<strong>al</strong> fatto che nel VI-VII secolo una struttura connessa con la<br />

macellazione della carne fu costruita nell’orchestra del teatro romano: cfr. Branciforti-Pagnano 2008, p. 71.<br />

151 Holm 1925, pp. 49-50.<br />

152 Wilson 1991, pp. 51 e 362-363, n. 39; cfr. anche Tortorici 2008, p. 106, n. 66.<br />

153 Cfr., <strong>al</strong> proposito, Wilson 1991, p. 51, sul tratto conosciuto del presunto foro di Siracusa, ascritto ad età<br />

traianea o adrianea.<br />

154 Ferrara, Storia di Catania, cit., p. 457; Holm 1925, p. 50; Libertini 1930, p. 48 S. Pafumi, Museum Biscarianum.<br />

Materi<strong>al</strong>i per lo studio delle collezioni di Ignazio Paternò Castello di Biscari (1719-1786), Catania 2006,<br />

pp. 60-61.<br />

155 Libertini 1930, p. 48.<br />

156 Cfr. H. Hänlein Schäfer, Veneratio Augusti, Roma 1985, pp. 287-288; Korhonen 2004, p. 167. Sull’iscrizione,<br />

cfr. da ultimo Molé Ventura 1996, pp. 202-207.<br />

157 Sul culto imperi<strong>al</strong>e in Sicilia, cfr. Manganaro 1988, pp. 46-48.<br />

158 Wilson 1991, p. 51, sull’impiego del marmo in Sicilia. Cfr., tuttavia, le colonne in marmo cipollino dell’Eubea<br />

dell’edificio scoperto in via Crociferi, datato <strong>al</strong>l’età giulio-claudia: Branciforti 2003, p. 111.<br />

159 Cfr., a t<strong>al</strong> proposito, il dibattito suscitato d<strong>al</strong> rinvenimento di statue maggiori del vero di personaggi della<br />

famiglia giulio-claudia (Tiberio, Claudio o Nerone, una imperatrice raffigurata come Demetra) nel grande<br />

edificio a peristilio posto subito ad Ovest del muro di cinta del santuario di Eleusi, interpretato come Sebasteion<br />

(Clinton) o ginnasio (Mylonas, Lo Monaco): cfr. da ultimo A. Lo Monaco, Il culto di Nerone in Grecia.<br />

Immagini e cerimoni<strong>al</strong>e della festa, in Pathways to Power. Civic Elites in the Eastern Part of the Roman Empire,<br />

a cura di A. D. Rizakis-F. Camia, Athens 2008, pp. 43-71 (pp. 55-60).<br />

160 S. Lagona, L’acquedotto romano di Catania, CronCatania 3, 1964, pp. 69-86; Belvedere 1988, p. 378.<br />

161 Sulla cronologia dell’acquedotto, attribuito agli inizi della media età imperi<strong>al</strong>e, cfr. da ultimo F. Tomasello,<br />

Per un’immagine di Catania in età romano-imperi<strong>al</strong>e, in La città antica in It<strong>al</strong>ia, Atti del VI Congresso<br />

di Topografia Antica, Roma 21-22 marzo 2007 (Rivista di Topografia antica 17), Roma 2007, pp.128-158 (pp.<br />

136-137).<br />

162 Fontane e ninfei sono state individuate, tra l’<strong>al</strong>tro, in piazza Dante, subito a Nord del sagrato della basilica<br />

di S. Nicola, e in via Vittorio Emanuele, a Sud della Chiesa di S. Francesco (cfr. Holm 1925, pp. 29-31, 51-<br />

52); <strong>al</strong>la confluenza tra via Alessi e via Crociferi (Branciforti, Mosaici, cit., p. 180); <strong>al</strong>l’interno del chiostro<br />

dell’ex convento dei Minoriti (G. Libertini, Catania. Scoperta di un sepolcreto romano, in «Notizie degli Scavi<br />

di Antichità» 1937, pp. 75-82, pp. 79-81). Sembra verosimile che gli ultimi due ninfei decorassero il lato<br />

Est dell’importante arteria Nord-Sud grossomodo corrispondente a via Crociferi, che collegava il teatro, il<br />

santuario di Demetra e l’anfiteatro.<br />

163 Cfr. V. Casagrandi, Cif<strong>al</strong>i-Cib<strong>al</strong>i. Il fiume e la fonte, in «Archivio Storico per la Sicilia Orient<strong>al</strong>e» XIX,<br />

1922, pp. 96-102.<br />

164 Branciforti, Catania, cit., p. 182.<br />

165 Tortorici 2008, p. 121, n. 130; la ceramica datante consiste in coppe di produzione sud g<strong>al</strong>lica (forma<br />

Dragendoff 29) e sigillata chiara nord africana (forme Hayes 1 e 2/3). Un’an<strong>al</strong>oga cronologia può essere<br />

attribuita con verosimiglianza <strong>al</strong>la fase più antica identificata <strong>al</strong>l’interno dell’edificio term<strong>al</strong>e messo in luce<br />

<strong>al</strong> di sotto della Chiesa della Rotonda, caratterizzato da tubuli per il risc<strong>al</strong>damento applicati <strong>al</strong>le pareti: cfr.<br />

Le Terme della Rotonda di Catania, a cura di M.G. Branciforti-C. Guastella, P<strong>al</strong>ermo 2008, pp. 52-53, che<br />

tuttavia datano l’edificio, proprio sulla base di t<strong>al</strong>i elementi, a prima del 62 d.C.<br />

166 Su Domizia Longina, cfr. PIR², D 181; G. S<strong>al</strong>meri, Un magister ovium di Domizia Longina in Sicilia, in<br />

«Ann<strong>al</strong>i della Scuola Superiore Norm<strong>al</strong>e di Pisa», s. III, 14, 1985, pp. 13-23; S. Segenni, Iscrizioni inedite<br />

della IV Regio. Riflessioni sulla formazione della proprietà imperi<strong>al</strong>e nei territori di Peltuinum e Marruvium, in<br />

«Epigraphica» 51, 1989, pp. 141-160 (pp. 155-157). Come osservano S<strong>al</strong>meri e Segenni, con ogni probabilità,<br />

<strong>al</strong>la morte di Longina, avvenuta tra il 129 e il 140, le sue proprietà, tra le qu<strong>al</strong>i quelle siciliane, passarono<br />

in eredità ad Adriano.<br />

167 M. Kajava, Laodicea <strong>al</strong> mare e Catania, in «Rendiconti della pontificia Accademia romana di archeologia»<br />

78, 2005-2006, pp. 527-541 (538-541).<br />

168 Kajava, Laodicea, cit. 539; sull’origine loc<strong>al</strong>e del frammento, Korhonen 2004, pp. 171-172.<br />

169 Sulla diffusione di simili raffigurazioni, cfr. S. De Angeli, s.v. Demeter/Ceres, LIMC IV, 1, pp. 893-908 (pp.<br />

907-908); sul busto catanese, da ultimo, Pafumi, Museum Biscarianum, cit., pp. 89-91, figg. 24 e 42.<br />

170 SHA V. Hadr. XIII 3; cfr. Manganaro 1988, pp. 73-74.<br />

171 Cfr. Belvedere 1988, p. 363. Per la presenza di mattoni bollati di fabbrica <strong>urbana</strong> a Catania, databili tra il<br />

120 e il 129, cfr. Manganaro 1988, p. 74, n. 389.<br />

172 Pensabene 2005, pp. 200-201, fig. 18. Ris<strong>al</strong>e probabilmente <strong>al</strong>la stessa fase del teatro l’iscrizione inedita,<br />

contenente su due righe parte di una titolatura imperi<strong>al</strong>e (DIV[---]/ TRI[---]), reimpiegata in una delle sc<strong>al</strong>ette<br />

del pulpitum dell’età severiana; cfr. Korhonen, La cultura epigrafica, cit., p. 241.<br />

173 Si tratta di due iscrizioni, una in bas<strong>al</strong>to, probabilmente base di una statua, l’<strong>al</strong>tra in marmo interpretabile<br />

come un architrave, che riportano il nome di T. Flavius Ionius, un possibile benefattore o un architettoliberto:<br />

cfr. Manganaro, Ricerche, cit., p. 195, e Wilson 1996, pp. 160-161, n. 35.<br />

174 G. Alföldy, Studi sull’epigrafia augustea e tiberiana di Roma, Roma 1992, pp. 147-154; cfr. Korhonen 2004,<br />

p. 72.<br />

175 I fratelli catanesi ebbero particolare fortuna in ambito romano, rappresentando un modello speculare<br />

della pietas di Enea, <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e vennero esplicitamente paragonati: Sen. De benef. III 7, 2; Mart. VII 24. Cfr. E.<br />

Ciaceri, Culti e miti dell’antica Sicilia, Catania 1911, pp. 50-54.<br />

176 Cfr. Manganaro 1988, pp. 58-59.<br />

177 E. Amato, Le ‘tournées de conférences’, cit.; cfr. S<strong>al</strong>meri, I caratteri, cit., p. 288. Su Favorino, cfr. A.<br />

Barigazzi, Favorino di Arelate, in «Aufstieg und Niedergang der Römischen Welt», II 34, 1, Berlin – New<br />

York 1993, pp. 556-581; L. Holford-Strevens, Favorinus: the man of paradoxes, in Philosophia Togata, II,


tra continuità e innovazioni: la città antica e mediev<strong>al</strong>e<br />

Plato and Aristotle at Rome, a cura di J. Barnes-M. Griffin, Oxford 1997, pp. 188-217; E. Amato, Favorinos<br />

d’Arles, Oevres, I. Introduction gener<strong>al</strong>e. Témoins. Discours aux Corinthiens. Sur la Fortune, Paris 2005.<br />

178 Amato, Le ‘tournées de conférences’, cit., pp. 159-165. Secondo lo studioso, Favorino avrebbe recitato<br />

l’orazione subito dopo il 138, anno in cui sarebbe terminato il periodo di esilio impostogli da Adriano:<br />

Amato, Le ‘tournées de conférences’, cit., p. 147. Con buoni argomenti, tuttavia, la storicità di un t<strong>al</strong>e evento<br />

è stata contestata da vari studiosi: cfr. da ultimo H.G. Nesselrath, Later Greek Voices on the Predicament of<br />

Exile: from Teles to Plutarch and Favorinus, in Writing Exile: The Discourse of Displacement in Greco-Roman<br />

Antiquity and Beyond, a cura di J.F. Gaertner, Leiden-Boston 2007, pp. 87-108 (pp. 99-100). Non si può<br />

escludere, di conseguenza, che l’orazione sia stata recitata ancora sotto Adriano.<br />

179 Amato, Le ‘tournées de conférences’, cit. p. 167 (“Reggio, Messina e, sopra tutte, Catania”, ma anche<br />

Cuma).<br />

180 Ps.-D. Chr. LXIV 12-13: aÛth kaˆ tÕ tîn Ømetšrwn progÒnwn Ãn ¢rca‹on gšnoj, tîn aÙtocqÒnwn kaˆ<br />

prètwn ’Aqhna…wn, mhtšra m n t¾n gÁn aÙcoàntaj, trofÕn d t¾n D»mhtra, pènumon d kaˆ sÚmmacon<br />

t¾n ’Aqhn©n, tÕ m n [g¦r] prîton tîn ’Aqhnîn e„j EÜboian x»gagen. æj d’ke‹ mšnontaj aÙtoÝj<br />

oÜte ¹ q£lassa tšrpein oÜte ¹ gÁ tršfein dÚnato, kaˆ oÙd tÕ a„scrÕn œferon toà pr£gmatoj,<br />

¢nt’ºpeirwtîn nhsiîtai genÒmenoi, deÚteron ¹ tÚch kre‹sson bouleÚsato .... di¦ toàto ¢gagoàsa<br />

nq£de †druse, tÍ ˜tšrv m n tîn ceirîn mhcanwmšnh te tÕn ploàn kaˆ katiqÚnousa, tÍ d toÝj karpoÝj<br />

¢fqÒnwj didoàs£ te kaˆ dwroumšnh.<br />

181 FGrHist 70 F 137 (apud Strab. VI 2,2); cfr. da ultimo Cat<strong>al</strong>di, Atene e l’Occidente, cit., p. 449.<br />

182 Così Amato, Le ‘tournées de conférences’, cit., p. 158.<br />

183 Cfr., da ultimo, H.J. Beste-F. Becker-U. Spigo, Studio e rilievo sull’anfiteatro romano di Catania. Rapporto<br />

preliminare sul rilievo archeologico-Recente campagna di indagini, in «Mitteilungen des Deutschen Archäologischen<br />

Instituts. Römische Abteilung» 113, 2007, pp. 595-613. Già J.-C. Golvin, L’amphithéâtre romain,<br />

Paris 1988, p. 206, aveva osservato che «l’implantation, avec arasement pré<strong>al</strong>able du terrain … écarte toute<br />

possibilité de datation préflavienne de l’édifice».<br />

184 Belvedere 1988, pp. 371-373; Wilson 1991, p. 87.<br />

185 Beste-Becker-Spigo, Studio e rilievo, cit., pp. 596-597. Può essere interessante richiamare l’osservazione di<br />

Becker, che i piedritti degli archivolti sono stati re<strong>al</strong>izzati in c<strong>al</strong>care, materi<strong>al</strong>e indubbiamente meno adatto<br />

del bas<strong>al</strong>to a ricevere il peso delle strutture spingenti.<br />

186 Beste-Becker-Spigo, Studio e rilievo, cit., pp. 597-601.<br />

187 La seconda fase è datata tra Adriano e gli Antonini da Beste-Becker-Spigo, Studio e rilievo, cit., p. 602.<br />

Sotto Domiziano fu costruito l’anfiteatro di Termini Imprese: Belvedere 1988, pp. 361-362. Al II-III secolo<br />

ris<strong>al</strong>e un rilievo in bas<strong>al</strong>to con gladiatori, ora <strong>al</strong> Castello Ursino (cfr. Manganaro 1988, p. 56, n. 281).<br />

188 CIL X 7024, su cui cfr. G. Manganaro, Epigrafi frammentarie di Catania, in «Kok<strong>al</strong>os» 5, 1959, pp. 145-<br />

158; W. Eck, Die staatliche Organisation It<strong>al</strong>iens in der hohen Kaiserzeit, München 1979, p. 217; F. Jacques,<br />

Le privilège de liberté. Politique impéri<strong>al</strong>e et autonomie municip<strong>al</strong>e dans les cités de l’Occident romain (161-<br />

244), Roma 1984, pp. 675-676; Manganaro 1988, pp. 23-24; G. Manganaro, Iscrizioni latine nuove e vecchie<br />

della Sicilia, in «Epigraphica » 51, 1989, pp. 161-196 (169-170, fig. 36); Molé Ventura 1996, pp. 202-207;<br />

Korhonen 2004, pp. 164-167.<br />

189 Ipotesi di Eck, Die staatliche Organisation, cit. p. 217, accettata in modo unanime dagli studiosi. In precedenza,<br />

Manganaro, Epigrafi, cit., aveva identificato Paternus con un curator rei publicae.<br />

190 Manganaro 1988, p. 24.<br />

191 Cfr. soprattutto Molé Ventura 1996, pp. 205-206.<br />

192 Altre iscrizioni attestano elargizioni di somme da parte di privati, per commemorarne post mortem il dies<br />

nat<strong>al</strong>is con banchetti pubblici (cfr. CIL X 7026 e forse l’iscrizione di Seius Agatho, pubblicata da Manganaro,<br />

Iscrizioni latine, cit., p. 173) o lo svolgimento di esequie pubbliche e l’erezione di statue ob honorem in<br />

foro da parte della città: cfr. Molé Ventura 1996, p. 206, n. 115; Pensabene 2005, p. 204. Nel caso di Grattia<br />

Paulla, moglie e madre di due duumviri catanesi (Manganaro, Iscrizioni latine, cit., pp. 172-173) le esequie<br />

pubbliche e la statua eretta nel foro furono decretate, con ogni probabilità, in virtù della illustre parentela;<br />

cfr. a confronto, i casi discussi da G.L. Gregori, Brescia romana. Ricerche di prosopografica e storia soci<strong>al</strong>e, II,<br />

Roma 2000, pp. 149-150.<br />

193 Pensabene 2005, pp. 202-204.<br />

194 Korhonen 2004, pp. 165-166.<br />

195 Manganaro, Epigrafi frammentarie, cit., pp. 157-158; Manganaro, Iscrizioni latine, cit., p. 170, n. 25.<br />

196 Supra.<br />

197 Wilson 1996, pp. 157-158.<br />

198 Holm 1925, p. 53, ricorda il rinvenimento di “numerose colonne e basi”.<br />

199 L’iscrizione di Paternus fu rinvenuta durante la demolizione delle strutture dell’antica loggia senatoria, nel<br />

1741: cfr. da ultimo Korhonen 2004, pp. 165-166.<br />

200 Sul teatro tra il II e il III secolo, cfr., tra gli <strong>al</strong>tri, Belvedere 1988, pp. 368-369; Wilson 1991, pp. 63-70;<br />

Wilson 1996, pp. 157-163; Pensabene 2005. Sull’odeum, cfr. Belvedere 1988, pp. 369-370; Wilson 1991, pp.<br />

84-87; Wilson 1996, pp. 163-165; da ultimo F. Buscemi, Odei e romanizzazione nella Sicilia di età imperi<strong>al</strong>e.<br />

Questioni di topografia e tecniche edilizie, in La forma della città e del territorio, a cura di L. Quilici – S. Quilici<br />

Gigli, Roma 2006, pp. 157-174.<br />

201 Sulla scaenae frons del teatro, le trattazioni più esaurienti sono Wilson 1991, pp. 67-69, e Pensabene 2005,<br />

pp. 192-202 e 204-211. Secondo Pensabene, anche il grande ambulacro superiore andrebbe datato a questa<br />

stessa fase, nell’ambito di una più ampia ricostruzione della cavea.<br />

202 Pensabene 2005, pp. 197-198.<br />

203 P. Pensabene, Edilizia pubblica e committenza, marmi e officine in It<strong>al</strong>ia meridion<strong>al</strong>e e Sicilia durante il II<br />

e il III secolo D.C., in «Rendiconti della pontificia Accademia romana di archeologia» 69, 1996-97, pp. 3-88<br />

(p. 88).<br />

204 Pensabene 2005, pp. 196 e 200.<br />

205 Wilson 1991, pp. 68-69, fig. 58; Pensabene 2005, pp. 204-205.<br />

206 Così, da ultimo, Buscemi, Odei, cit., p. 160. La contiguità tra teatro e odeum ritorna in modo estremamen-<br />

69


70 catania l’identità <strong>urbana</strong> d<strong>al</strong>l’antichità <strong>al</strong> <strong>settecento</strong><br />

te simile a Catania anche a Napoli, dove i due edifici definiscono uno dei lati brevi del foro; cfr. E. Greco,<br />

L’impianto urbano di Neapolis greca: aspetti e problemi, in Neapolis, cit., pp. 187-219 (pp. 209-211 e fig. 4).<br />

207 Belvedere 1988, p. 370, n. 162.<br />

208 Wilson 1996, p. 165.<br />

209 La complessa letteratura sull’iscrizione e sul personaggio è trattata in modo esaustivo da Molé Ventura<br />

1996, pp. 207-220.<br />

210 Cfr., tra gli <strong>al</strong>tri, G. P. Burton, The Curator Rei Publicae: towards a reapprais<strong>al</strong>, in «Chiron» 9, 1979, pp.<br />

465-488; R. Duthoy, Curatores reipublicae en Occident durant le principat. Recherches préliminaires sur l’apport<br />

des sources épigraphiques, in «Ancient Society» 10, 1979, pp. 171-238; G. Camodeca, Ricerche sui curatores<br />

rei publicae, in «Aufstieg und Niedergang der Römischen Welt» II 13, 1980, pp. 453-534; F. Jacques,<br />

Les curateurs des cités dans l’Occident romain de Trajan à G<strong>al</strong>lien, Paris 1983; Id., Le privilège de liberté, cit.;<br />

da ultimo, F. Camia, I curatores rei publicae nella provincia d’Acaia, in «Mélanges de l’Ecole Française de<br />

Rome. Antiquité» 119,2, 2007, pp. 409-419.<br />

211 Cfr. Molé Ventura 1996, pp. 212-214.<br />

212 Cfr. Molé Ventura 1996, p. 209.<br />

213 Datazione <strong>al</strong> 220 circa in Jacques, Le privilège, cit., p. 251. Un curator rei publicae connesso con la gestione<br />

dei lavori di restauro del teatro è attestato a Sparta nel 359/360; cfr. Camia, I curatores, cit., p. 412.<br />

214 Cfr. da ultimo Wilson 1991, pp. 243 e 397, n. 40.<br />

215 IG XIV 453, sul cui retro fu iscritta successivamente CIL X 7017: cfr. Manganaro 1958-59, pp. 19-24;<br />

Wilson 1991, p. 184. Korhonen 2004, p. 73, n. 305, ritiene che le due iscrizioni appartengano entrambe <strong>al</strong> IV<br />

secolo, ma la maggiore antichità del testo greco, datato da Manganaro <strong>al</strong> III secolo, è suggerita d<strong>al</strong>la forma<br />

romboid<strong>al</strong>e delle lettere, attestata a Catania già <strong>al</strong>l’inizio del II secolo (Korhonen 2004, p. 92 e 112).<br />

216 Così Molé Ventura 1996, pp. 221-222, sulla base di CIL X 7025, interpretata, sulla scia di G. Manganaro,<br />

come un frammento di un <strong>al</strong>bo municip<strong>al</strong>e di tipo ‘storico’.<br />

217 Sull’evoluzione e lo sviluppo del territorio catanese d<strong>al</strong>la deduzione coloniaria in avanti, cfr. Manganaro<br />

1996, pp. 53-57, con le precisazioni di Molé 1999, 430-431.<br />

218 Wilson 1996, pp. 153-154.<br />

219 Cfr. supra, n. 119, e Rougé, Expositio, cit., p. 19; F. Martelli, Introduzione <strong>al</strong>la Expositio totius mundi et<br />

gentium. An<strong>al</strong>isi etnografica e tematiche politiche in un’opera anonima del IV secolo, Bologna 1982; per la<br />

sezione relativa a Siracusa e Catania (Expos. mundi LXV), Molé Ventura 1996, pp. 194-199.<br />

220 Aus. Ordo nobilium urbium, 92-93, su cui, da ultimo, Di S<strong>al</strong>vo, Decimo Magno Ausonio, cit., pp. 135 e<br />

218-219. Datazione <strong>al</strong> 389 in Di S<strong>al</strong>vo, Decimo Magno Ausonio, cit., pp. 16-18. Accetta una datazione tra il<br />

379 e il 388 Molé Ventura 1996, p. 198, n. 89.<br />

221 Claudian. Carm. Min. XVII.<br />

222 F. Baratte, Continuité et discontinuité en Sicile à la fin de l’antiquité: monuments, arts et culture matérielle,<br />

in «Kok<strong>al</strong>os» 47-48, I, 2001-2002 (2008), pp. 25-47 (pp. 35-37 e 47).<br />

223 Sull’impatto del terremoto del 365 in Sicilia, cfr. Wilson 1991, pp. 185-187. M. Mazza, Cataclismi e c<strong>al</strong>amità<br />

natur<strong>al</strong>i. La documentazione letteraria, in «Kok<strong>al</strong>os» 36-37, 1990-91 (1994), pp. 307-330 (pp. 326-327),<br />

ritiene che i gruppi aristocratici della Sicilia del IV secolo non subirono il contraccolpo dell’evento, ma ne<br />

uscirono in qu<strong>al</strong>che caso rafforzati. Sulle scorrerie dei Vand<strong>al</strong>i, tra gli <strong>al</strong>tri, S. Mazzarino, Vand<strong>al</strong>i in Sicilia.<br />

A proposito di una nuova epigrafe catanese, in S. Mazzarino, Il basso impero, II, Bari 1980, pp. 355-361; R.<br />

Soraci, Catania in età tardoantica, in Catania antica, cit., pp. 256-278 (pp. 262-266).<br />

224 Cfr. rispettivamente Branciforti 2005, p. 59, e Branciforti, Mosaici, cit., p. 174.<br />

225 AE 1956, 259: cfr. Mazzarino, Vand<strong>al</strong>i, cit., pp. 358-360. Com’è noto, l’iscrizione in questione fu rinvenuta<br />

da G. Libertini negli scavi del teatro, suscitando l’impressione che il gruppo statuario fosse eretto <strong>al</strong> suo<br />

interno. Non è scontato, tuttavia, che l’epigrafe fosse in situ; provenendo, <strong>al</strong> contrario, d<strong>al</strong>la “parte centr<strong>al</strong>e,<br />

presso gli ultimi gradini della cavea” (Mazzarino, Vand<strong>al</strong>i, cit., p. 355), sembra piuttosto verosimile attribuirla<br />

<strong>al</strong>lo strato che si sovrappose <strong>al</strong>la pavimentazione dell’orchestra nel VI-VII secolo, individuato nel corso<br />

degli scavi recenti: cfr. Branciforti-Pagnano 2008, p. 71. D’<strong>al</strong>tro canto, il fatto che sul retro dell’iscrizione<br />

ve ne sia una più antica (I-II secolo; Korhonen 2004, pp. 155-156 e 180-181), pertinente probabilmente <strong>al</strong>la<br />

base di una statua onoraria, sembra indicare che il gruppo statuario fosse eretto nel foro.<br />

226 Cfr. Mazzarino, Vand<strong>al</strong>i, cit., pp. 358-359; Soraci, Catania, cit., pp. 264-266.<br />

227 Cfr. G. Libertini, Miscellanea epigrafica, in «Archivio Storico per la Sicilia Orient<strong>al</strong>e» XXVII, 1931, pp.<br />

39-53; Libertini, Catania. Scoperta, cit.; G. Libertini, Catania. Necropoli romana e avanzi bizantini nella via<br />

Dottor Consoli, in «Notizie degli Scavi di Antichità» 1956, pp. 170-189; G. Rizza, Necropoli romana scoperta<br />

a Catania in via S. Euplio, in «Archivio Storico per la Sicilia Orient<strong>al</strong>e» LIV-LV, 1958-59, pp. 249-251.<br />

228 Libertini, Catania. Necropoli romana, cit., pp. 181-182. Cfr. anche Libertini, Catania. Scoperta, cit., pp.<br />

76-77 (grande base cilindrica in pietra lavica di una statua).<br />

229 Sebbene l’uso del latino sia nettamente minoritario tra le iscrizioni cristiane catanesi (Korhonen, La cultura,<br />

cit., pp. 243-244), la necropoli delle vie Dottor Consoli e Androne ha restituito testi latini sicuramente<br />

cristiani (cfr. Korhonen 2004, pp. 113-116); di recente, riconduce Trophimus ad una committenza <strong>al</strong>ta in seno<br />

<strong>al</strong>la comunità cristiana loc<strong>al</strong>e M. Sgarlata, Catania. D<strong>al</strong>la città pagana <strong>al</strong>la città cristiana, in Agata Santa, cit.,<br />

pp. 159-167. Sulla difficoltà di distinguere le rappresentazioni degli intellettu<strong>al</strong>i pagani del tardo Impero da<br />

quelle di Cristo, cfr. di recente P. Zanker, D<strong>al</strong> culto della ‘paideia’ <strong>al</strong>la visione di Dio, in Aurea Roma. D<strong>al</strong>la<br />

città pagana <strong>al</strong>la città cristiana, a cura di S. Ensoli-E. La Rocca, Roma 2000, pp. 407-412.<br />

230 Cfr. da ultimo V. Rizzone, La più antica comunità cristiana di Catania attraverso i documenti epigrafici, in<br />

Agata santa, cit., pp. 175-189.<br />

231 Libertini, Catania. Necropoli romana, cit., pp. 186-189; cfr. da ultimo, F. Trapani, Il complesso cristiano<br />

extra-moenia di via dottor Consoli, in «Archivio Storico per la Sicilia Orient<strong>al</strong>e» XCV, 1999, pp. 77-124.<br />

232 G. Rizza, Mosaico paviment<strong>al</strong>e di una basilica cemeteri<strong>al</strong>e p<strong>al</strong>eocristiana di Catania, in «Bollettino d’Arte»<br />

40, 1955, pp. 1-11.<br />

233 Cfr. da ultimo Sgarlata, Catania, cit., pp. 164-165, con riferimenti agli scavi illustrati di recente da A.<br />

Taormina e U. Spigo (scavi <strong>al</strong> p<strong>al</strong>azzo Tezzano e <strong>al</strong> p<strong>al</strong>azzo Sangiuliano); sulla comunità ebraica di Catania,<br />

cfr. di recente Korhonen 2004, pp. 278-281; G. Manganaro, Giudei grecanici nella Sicilia imperi<strong>al</strong>e, in Ebrei e


tra continuità e innovazioni: la città antica e mediev<strong>al</strong>e<br />

Sicilia, a cura di N. Bucaria-M. Luzzati-A. Tarantino, P<strong>al</strong>ermo 2002, pp. 31-41 (32-33); Rizzone, La più antica<br />

comunità, cit., pp. 176-177 e 362-363.<br />

234 Cfr. da ultimo Arcifa, Da Agata <strong>al</strong> liotru, cit., sull’area di sepoltura che si sviluppa d<strong>al</strong> VII secolo presso la<br />

chiesa di Sant’Agata <strong>al</strong> Carcere.<br />

235 Secondo Wilson, la Rotonda potrebbe ris<strong>al</strong>ire <strong>al</strong>l’età severiana, sicuramente dopo Carac<strong>al</strong>la (Wilson 1991,<br />

p. 92); Belvedere 1988, pp. 394-395, opta per una data intorno <strong>al</strong> 300 d.C. Non può essere esclusa, ad ogni<br />

modo, una datazione ancora più tarda, nel IV o nel V secolo. In t<strong>al</strong> senso, si è proposto da ultimo di datare<br />

l’edificio ad età bizantina e di considerarlo un esempio di architettura religiosa, anziché term<strong>al</strong>e: cfr. Le Terme<br />

della Rotonda, cit., pp. 66-67.<br />

236 Cfr. Holm 1925, pp. 54-55, e, da ultimo, Korhonen 2004, pp. 152-155.<br />

237 CIL X 7018, che menzionava un Q. Lusius Laberius proconsul, su cui cfr. da ultimo Korhonen 2004, p.<br />

73.<br />

238 Cfr. Belvedere 1988, p. 394; Wilson 1991, pp. 92 e 369.<br />

239 Cfr. A. M. F<strong>al</strong>lico, Capitelli antichi nella cattedr<strong>al</strong>e di Catania, in «P<strong>al</strong>ladio», N.S. 16, 1967, pp. 171-182.<br />

Si può ipotizzare che i capitelli appartengano ad una fase di restauro, conseguente <strong>al</strong> violento sisma, che<br />

interessò la Sicilia, la Tripolitania e la Tunisia, tra il 306 e il 310; cf. A. Di Vita, Sismi, urbanistica e cronologia<br />

assoluta. Terremoti e urbanistica nelle città di Tripolitania fra il I secolo a.C. ed il IV d.C., in L’Afrique dans<br />

l’Occident romain (Ier siècle av. J.-C.-IVe ap. J.-C.), Rome 1990, pp. 425-494 (pp. 441-452).<br />

240 Cfr. Belvedere 1988, pp. 395-396; Wilson 1991, pp. 92-93.<br />

241 Cfr. Manganaro 1958-59, p. 29, che ricorda vari casi di edifici term<strong>al</strong>i costruiti nel tardo V secolo, anche<br />

su iniziativa di cristiani.<br />

242 Cfr. Mazzarino, Vand<strong>al</strong>i, cit., pp. 358-359.<br />

243 Cfr. Beste-Becker-Spigo, Studio e rilievo, cit., pp. 608-610.<br />

244 Cfr. Wilson 1991, p. 186. L’iscrizione, già menzionata a proposito di IG XIV 453, è CIL X 7017, per la qu<strong>al</strong>e<br />

è stata proposta una datazione ‘<strong>al</strong>ta’ <strong>al</strong> 359 e una ‘bassa’ <strong>al</strong> 370-379; cfr. Holm 1925, pp. 30-31; Manganaro<br />

1958-59, pp. 19-24; Molé Ventura 1996, p. 195, n. 68; Sgarlata, Catania, cit., p. 160.<br />

245 Cfr. da ultimo H. Stern, Les c<strong>al</strong>endriers romains illustrées, in «Aufstieg und Niedergang der Römischen<br />

Welt» II 12, 2, Berlin-New York 1981, pp. 431-475 (pp. 463-464, tavv. XXXV-XXXVI).<br />

246 Nel primo caso, infatti, l’intervento si deve a Flavius Felix Eumathius, nel secondo a Merulus, entrambi<br />

consulares provinciae Siciliae. Sullo status di Liber<strong>al</strong>is, che compartecipò <strong>al</strong>le spese per le terme, cfr. da ultimo<br />

Korhonen 2004, p. 154.<br />

247 L’iscrizione sarebbe stata rinvenuta “nella casa Zurria tra la scena e le gradinate della parte occident<strong>al</strong>e”<br />

del teatro secondo Holm 1925, p. 43; così anche, tra gli <strong>al</strong>tri, Manganaro 1958-59, p. 15, e Branciforti,<br />

Catania, cit., p. 188. Secondo Carrera, Delle memorie, cit., I, p. 280, tuttavia, l’iscrizione fu rinvenuta nel<br />

1594 “cavandosi sotto terra nelle case del Dottor D. Cat<strong>al</strong>do Fimia Patricio Catanese, tra le ruine del teatro<br />

minore”; cfr. anche Korhonen 2004, pp. 167-169.<br />

248 Manganaro 1958-59, p. 17 (ma cfr. Manganaro 1988, p. 59, che cita il documento a proposito di spettacoli<br />

di danza, pantomima e teatro); Korhonen 2004, p. 168, pensa ad uno spettacolo anfiteatr<strong>al</strong>e o circense.<br />

249 Sulla destinazione dell’odeum, cfr. Buscemi, Odei, cit.; sull’adorazione di Cerere, la cui festa cadeva a<br />

Catania il 16 agosto, ancora <strong>al</strong>l’inizio del IV secolo, cfr. Lactant. Div. Inst. II 4, 28; Wilson 1991, pp. 289 e<br />

409, n. 67.<br />

250 Expos. mundi LXVI; cfr. Irigoin, Viri divites, cit.<br />

251 Cfr. la testimonianza dell’epistolario di Simmaco (Epist. VI 33), che richiede l’invio di aurigae et scaenici<br />

d<strong>al</strong>la Sicilia nel 401: Manganaro 1958-59, p. 17, n. 54.<br />

252 Wilson 1991, pp. 69-70. Cfr. l’integrazione venationem in CIL X 8312, proveniente d<strong>al</strong> teatro e interpretata<br />

da Korhonen 2004, pp. 181-182, come un’iscrizione evergetica del III-prima metà del IV secolo. Cacce<br />

si svolgevano norm<strong>al</strong>mente anche nel teatro di Corinto, d<strong>al</strong>l’età di Carac<strong>al</strong>la in avanti: R. Stillwell, Corinth II.<br />

The Theatre, Princeton 1952, p. 96.<br />

253 CIL X 7014, rinvenuta nel 1770, su cui cfr., da ultimo, Korhonen 2004, pp. 147-149.<br />

254 Cfr. supra, n. 150.<br />

255 Cassiod. Var. III 49, su cui cfr., di recente, Soraci, Catania, cit., pp. 267-270; cf. anche Holm 1925, p. 24.<br />

71


© 2009<br />

Domenico Sanfilippo Editore spa<br />

Catania<br />

www.dseditore.it - info@dseditore.it<br />

i s b n 88-85127-50-9

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!