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don Paolo Tammi - Parrocchia S. Pio X

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“ARRIVANO<br />

I NOSTRI”<br />

F a m i g l i a<br />

Distribuzione gratuita<br />

Bollettino periodico dei<br />

giovani da 8 a 98 anni<br />

S . P i o X - Balduina<br />

www.sanpiodecimo.it<br />

Numero 40<br />

MAGGIO 2011<br />

A n n o V I °<br />

PREGHIERA PER LA FAMIGLIA<br />

((GGiioovvaannnnii PPaaoolloo IIII°°))<br />

UNA COSA D’ALTRI TEMPI<br />

((ddoonn PPaaoolloo TTaammmmii))<br />

PAROLA DI DIO E FAMIGLIA<br />

LA FAMIGLIA ITALIANA OGGI<br />

EVOLUZIONE O INVOLUZIONE ?<br />

GENITORI E SOCIETA’<br />

LA FAMIGLIA IN AFRICA<br />

VECCHIO DIARIO DEL ‘58<br />

II DRAMMI DELLA FAMIGLIA<br />

FAMIGLIE APERTE AL MONDO<br />

LA CRISI DELLA FAMIGLIA<br />

UNA FAMIGLIA PER L’UGANDA<br />

LA FAMIGLIA DI VIVA LA GENTE<br />

LA FAMIGLIA GLOBALE<br />

i t a l i a n a . . .


ARRIVANO I NOSTRI<br />

Autorizzazione del Tribunale n° 89<br />

del 6 marzo 2008<br />

DIRETTORE RESPONSABILE<br />

Giulia Bondolfi<br />

TERZA PAGINA<br />

<strong>don</strong> <strong>Paolo</strong> <strong>Tammi</strong><br />

DIRETTORE EDITORIALE<br />

Marco Di Tillo<br />

COLLABORATORI:<br />

Lùcia e Miriam Aiello, Bianca<br />

Maria Alfieri, Renato Ammannati,<br />

Alessandra e Marco Angeli,<br />

Isabella Badalì, Paola Baroni,<br />

Giancarlo e Fabrizio Bianconi,<br />

Pier Luigi Blasi, Michele Bovi,<br />

Leonardo Cancelli, Alessandra<br />

Chianese, Monica Chiantore,<br />

Cesare Catarinozzi, Laura,<br />

Giuseppe e Rosa Del Coiro,<br />

Gabriella Ambrosio De Luca,<br />

Andrea e Bruno Di Tillo, Anna<br />

Garibaldi, Massimo Gatti, Paola<br />

Giorgetti, Pietro Gregori,<br />

Giampiero Guadagni, Luigi Guidi,<br />

Lucio, Rosella e Silvia Laurita<br />

Longo, Lydia Longobardi,<br />

Giuliana Lilli, <strong>don</strong> Nico Lugli, <strong>don</strong><br />

Roberto Maccioni, Maria Pia<br />

Maglia, Luciano e Luigi Milani,<br />

Cristian Molella, Alfonso<br />

Molinaro, Sandro Morici, Agnese<br />

Ortone, Vittorio Paletta, Alfredo<br />

Palieri, Gregorio Paparatti,<br />

Camilla Paris, Giorgia Pergolini,<br />

Maria Rossi, Eugenia Rugolo,<br />

Alessandro e Maria Lucia<br />

Saraceni, Elena Scurpa,<br />

Francesco Tani, Stefano<br />

Valariano, Gabriele, Roberto e<br />

Valerio Vecchione, Celina e<br />

Giuseppe Zingale.<br />

I numeri arretrati li trovate<br />

online sul sito della parrocchia<br />

www.sanpiodecimo.it<br />

OFFERTE<br />

Per mantenere in vita il<br />

nostro giornale lasciate<br />

un’offerta libera in una busta<br />

nella nostra casella di posta<br />

della segreteria parrocchiale.<br />

COLLABORATORI<br />

E NEGOZI<br />

Chi vuole inviare articoli,<br />

disegni, suggerimenti e tutti i<br />

negozianti che vogliono ricevere<br />

qualche copia del giornale da<br />

distribuire gratis ai loro clienti<br />

sono pregati di inviare mail:<br />

arrivanoinostri @<br />

fastwebnet.it<br />

(oppure lasciare una busta<br />

presso la segreteria<br />

parrocchiale)<br />

STAMPATO PRESSO LA TIPOGRAFIA<br />

MEDAGLIE D’ORO DI VIA APPIANO 36<br />

PREGHIERA PER LA FAMIGLIA<br />

Dio, dal quale proviene<br />

ogni paternità in cielo e in terra,<br />

Padre, che sei Amore e Vita,<br />

fà che ogni famiglia umana sulla terra<br />

diventi, mediante il Tuo Figlio,<br />

Gesù Cristo,”nato da <strong>don</strong>na”,<br />

mediante lo Spirito Santo,<br />

sorgente di divina carità,<br />

un vero santuario della vita e dell’amore<br />

per le generazioni che sempre si rinnovano.<br />

Fà che la tua grazia guidi i pensieri e le opere dei coniugi<br />

verso il bene delle loro famiglie e di tutte le famiglie del mondo.<br />

Fà che le giovani generazioni<br />

trovino nella famiglia un forte sostegno<br />

per la loro umanità e la loro crescita nella verità e nell’amore.<br />

Fà che l’amore,<br />

rafforzato dalla grazia del sacramento del matrimonio,<br />

si dimostri più forte di ogni debolezza e di ogni crisi,<br />

attravero le quali, a volte, passano le nostre famiglie.<br />

Fà, infine, te lo chiediamo per intercessione<br />

della Sacra Famiglia di Nazaret,<br />

che la Chiesa in mezzo a tutte le nazioni della terra<br />

possa compiere fruttuosamente la sua missione<br />

nella famiglia e mediante la famiglia.<br />

Per Cristo nostro Signore, via, verità e vita,<br />

nei secoli dei secoli.<br />

Amen.<br />

(Giovanni <strong>Paolo</strong> II)<br />

PAROLA DI DIO<br />

E FAMIGLIA<br />

Luigi Guidi<br />

“Si dimentica forse una <strong>don</strong>na del suo<br />

bambino, così da non commuoversi per il<br />

figlio delle sue viscere?” dice Dio<br />

(Is., 49-15).<br />

Si potrebbe pensare che si tratti di una<br />

domanda retorica.<br />

Quale <strong>don</strong>na – sembra che dica – può<br />

dimenticare il proprio figlio, o fargli del<br />

male, o comunque restare indifferente di<br />

fronte alle sue necessità? Non esiste una<br />

<strong>don</strong>na così, verrebbe da dire.<br />

Ma poi il versetto continua, e ci fa capire<br />

che alla domanda iniziale corrisponde una<br />

risposta ben precisa.<br />

“Anche se queste <strong>don</strong>ne si dimenticassero,<br />

io invece non ti dimenticherò mai.”<br />

(Isaia, ibidem).<br />

Così Dio parla a coloro che pensano:<br />

“Il Signore mi ha abban<strong>don</strong>ato,<br />

il Signore mi ha dimenticato”.<br />

Ma questa Parola assume evidentemente<br />

un significato universale.<br />

Per farci meglio comprendere la portata,<br />

l’intensità e la qualità irriducibile del<br />

proprio Amore, Dio stesso – ripeto, Dio<br />

stesso – lo paragona a quello che una<br />

madre ha per il proprio figlio. E’ come se<br />

- 2 -<br />

Egli dicesse: Vuoi capire come Io ti amo?<br />

Pensa all’amore che una <strong>don</strong>na nutre per<br />

la propria creatura. Possiamo in questo<br />

modo intravedere una somiglianza tra<br />

l’Amore di Dio e quello materno, umano, e<br />

comprendiamo che quest’ultimo è un<br />

pallido riflesso del primo. Infatti, l’essenza<br />

di Dio è Amore (1Gv. 4-16).<br />

Più in generale, il Catechismo della Chiesa<br />

Cattolica asserisce al n. 2205 che “La<br />

famiglia cristiana è una comunione di persone,<br />

segno e immagine della comunione<br />

del Padre e del Figlio nello Spirito Santo…”<br />

Naturalmente, la più alta realizzazione di<br />

famiglia si ha nella Sacra Famiglia di<br />

Nazareth.<br />

Qui si possono soltanto accennare alcuni<br />

spunti di riflessione.<br />

Penso alla fede straordinaria di S.<br />

Giuseppe nel credere che il figlio di Maria<br />

era “opera dello Spirito Santo” (Mt. 1-20).<br />

Alla grande semplicità di colui che Dio<br />

scelse come genitore adottivo del Verbo<br />

Eterno incarnato: era un umile falegname.<br />

Alla semplicità ancora più impressionante<br />

di tutta la Sacra Famiglia nel suo insieme,<br />

tanto che quando Gesù inizia a predicare<br />

tutti si meravigliano, pensando alla<br />

assoluta normalità del contesto familiare<br />

in cui viveva (Mc. 6-3).<br />

Penso infine all’enorme importanza che la<br />

famiglia, nei suoi aspetti relazionali, ha<br />

agli occhi di Dio se il Verbo Eterno fattosi<br />

carne volle obbedire ai suoi genitori.<br />

“Stava loro sottomesso” fa sapere il<br />

Vangelo a noi e a tanti figlioli di ieri, di<br />

oggi e di sempre (Lc. 2-51).


UNA COSA D’ALTRI TEMPI<br />

<strong>don</strong> <strong>Paolo</strong> <strong>Tammi</strong><br />

Famiglia è ormai un nome desueto. Una cosa di altri<br />

tempi. Diciamo che è passata di moda.<br />

Una volta incontrai mons. Elio Sgreccia, uno dei più<br />

grandi docenti di bioetica, e mi disse: “La bioetica?<br />

Fuori moda”. Credo che un po’ la stessa cosa possa<br />

dirsi della famiglia. C’è qualcosa di divertente, in tutto<br />

questo.<br />

Per esempio, quando chiedo ai ragazzi se si vogliono<br />

sposare. Se pensano ad avere figli, a costruire<br />

qualcosa di saldo. Le risposte sono davvero di tutti i<br />

tipi, ma l’espressione del volto è una sola: sconvolti!<br />

Famiglia? Sembra un nome esoterico, un rito magico.<br />

Qualcosa, cioè, che appare e scompare, niente di<br />

solido. Siamo o non siamo nei tempi del pensiero<br />

liquido, o del pensiero debole?<br />

E’ come una specie di tsunami che abbatte anche le<br />

cose più forti. La famiglia – e l’idea e il desiderio della<br />

famiglia – è uno di questi. Eppure, come sempre, non<br />

è tutto così e non è sempre così. Un primo indicatore<br />

viene dal lavoro che faccio e, come me, lo fanno tanti<br />

altri sacerdoti, educatori, terapeuti.<br />

Con le famiglie c’è da fare. E’ dura a volte, pesante.<br />

Ma c’è da fare. C’è da lavorare per formarle e formarle<br />

bene, per riconciliarle, quando occorre, per mostrare<br />

loro tutto il bene del rimanere uniti e tutto il male del<br />

separarsi. C’è da aiutare i poveri (sempre di più) e c’è<br />

da crescere i bambini, senza impossibili sostituzioni<br />

ma diventando, per alcuni di essi, un baluardo di<br />

riferimento. Non ho mai pensato, se così continua, di<br />

rimanere disoccupato.<br />

La nostra comunità parrocchiale è benedetta da Dio,<br />

sia per le coppie che chie<strong>don</strong>o il sacramento del<br />

matrimonio sia per quelle che, avendolo ricevuto,<br />

desiderano nutrimento per poter continuare a vivere.<br />

Abbiamo numeri davvero invidiabili e una grande<br />

richiesta che ci permette di sviluppare idee, generosità,<br />

impegni. L’altro giorno un bravissimo papà, dicendomi<br />

il suo momento di crisi, mi diceva però di<br />

essere certo di non avere sbagliato “vocazione”.<br />

E’ straordinario quando gli sposati parlano di vocazione.<br />

Quelli che lo fanno hanno capito che non hanno<br />

trovato uno straccio di marito o di moglie, che non<br />

hanno sistemato una serie di rapporti contrattuali,<br />

che non hanno trovato una via per canalizzare<br />

l’abbondanza di ormoni, ma che stanno realizzando<br />

un progetto che faticosamente si dipana attraverso le<br />

difficoltà, ma ringraziando Dio di tutta la sua abbondanza<br />

di <strong>don</strong>i. Un educatore che ho avuto e che mi è<br />

ancora molto caro mi ha sempre lasciato un pensiero<br />

- 3 -<br />

fisso, quando mi diceva: se un papà si alza la notte<br />

per cullare il figlio che piange o se lavora come un<br />

somaro per garantire alla famiglia un presente<br />

decente, cosa dovresti fare tu di più per essere il<br />

primo testimone della fede davanti al tuo popolo?<br />

Una vocazione, appunto. Dire si a Dio che mi ha dato<br />

i figli, e una <strong>don</strong>na con la quale condivido il percorso.<br />

Dire si a Dio che mi ha dato un popolo da nutrire, da<br />

far crescere, da ripresentare a Lui nel giorno in cui<br />

verrà a chiedermene conto. Mi è anche stata data la<br />

grazia di capire che la Chiesa è una grande famiglia.<br />

E che, come uno dei tanti paterfamilias, così la devo<br />

aiutare a crescere. Cosa serve a una famiglia? Delle<br />

belle idee, un buona coscienza del suo ruolo e delle<br />

persone che svolgano i loro ruoli, compreso chi si<br />

assuma le sue responsabilità sino in fondo, specie<br />

quando si tratta di decidere. Un po’ queste cose le ho<br />

imparate nella mia famiglia. Non saprei dire quale in<br />

particolare. C’è un tempo in cui si travolge un po’<br />

tutto della propria formazione, si mette tutto in mora,<br />

si vuole azzerare tutto e lo si fa o nello studio di uno<br />

pisciologo, o nelle pubbliche manifestazioni di piazza<br />

o (magari fosse più spesso così) fuggendo dalla<br />

famiglia e imparando a vivere da soli.<br />

Io sono uscito da casa a ventun’anni e mezzo e mai<br />

più rientrato. Sono andato in seminario ed avevo viva<br />

coscienza che era quel che volevo, compreso il<br />

distacco dalla mia famiglia. Ma certo non potevo<br />

immaginare che, di lì a poco, sarei stato il costruttore<br />

di un’altra famiglia, nella quale serviva tutto l’amore<br />

che avevo imparato, l’esperienza di non ripetere<br />

qualche errore, la forza di crederci fino in fondo. Il<br />

profeta Isaia usa un’immagine stupenda:” Ti chiameranno<br />

restauratore di brecce, riparatore di case in<br />

rovina per abitarvi” .<br />

Grazie a Dio ho tutto questo e tanti possono ringraziare<br />

di cose simili. Di avere faticato e seminato e di<br />

avere mietuto. Grazie a Dio so di avere le forze per<br />

provarci ancora. Grazie a Dio il mondo, e tutte le<br />

famiglie del mondo, sono nelle sue mani.<br />

BBlloogg ee CChhaatt ddii ddoonn PPaaoolloo TTaammmmii<br />

<strong>don</strong>paolotammi.blogspot.com


LA FAMIGLIA ITALIANA OGGI:<br />

EVOLUZIONE O INVOLUZIONE?<br />

Luciano Milani<br />

Dall’alto (molto alto!) dei miei anni, spesso indugio a<br />

rivisitare mentalmente le tante famiglie che ho avuto<br />

modo di conoscere nel lungo cammino della mia vita, a<br />

cominciare dalla famiglia dei miei genitori e dalla mia<br />

stessa famiglia, che era composta dai genitori e da quattro<br />

figli e da una sola nonna (quella paterna), perché il mio<br />

nonno paterno era addirittura premorto a mio padre<br />

cinque mesi prima che il figlio venisse al mondo. I miei<br />

nonni materni erano morti giovanissimi, colpiti dalle febbri<br />

malariche in una sperduta fazenda del lontano Brasile,<br />

terra in cui erano emigrati dopo che il disastroso fallimento<br />

della Banca Romana aveva polverizzato i modesti risparmi<br />

che mio nonno Ernesto aveva affidato ad un cugino<br />

residente nella capitale, bene ammanicato presso l’istituto di credito.<br />

E i loro 3 figli, mia madre di 5 anni, mio zio Domenico di 8 anni e mia zia Giovanna di 3<br />

anni, erano stati rimpatriati dalla carità di Madre Cabrini, nel 1905, e erano stati affidati<br />

dal Giudice tutelare a 3 distinte famiglie di altrettanti cugini, i quali, supportati economicamente<br />

dalle esigue rendite di 4 piccoli poderi ereditati dagli orfani, si assunsero il<br />

gravoso compito di tirarli su. Questi, dunque, crebbero in 3 famiglie diverse, ma<br />

nonostante la separazione forzata che dovettero subire, raccontavano che per essi non<br />

costituì un grosso problema, perché, vivendo in un piccolo centro potevano vedersi<br />

continuamente. Inoltre, l’affetto profondo che gli zii ed i loro figli nutrivano per loro<br />

rendevano la convivenza pressoché normale. Gli zii, pur digiuni delle più diffuse teorie<br />

pedagogiche in auge in quel tempo (Montessori, Lambruschini, ecc.), ricchi del buon<br />

senso contadino, approfittavano di qualsiasi festa o ricorrenza per riunire i 3 orfani, ora<br />

in una famiglia e ora in un’altra, allo scopo di cementare sempre di più i vincoli di<br />

fraternità che li univano. Ed io ricordo con immenso piacere i racconti che mia mamma<br />

mi faceva delle gioiose riunioni plurifamiliari che avevano luogo specialmente nelle<br />

grandi ricorrenze, come il Natale, la Pasqua, le feste patronali, ecc.<br />

Al ricordo di mia madre, associo anche nelle preghiere pro defunctis quello degli zii<br />

Cecilia e Serafino, che con tanto amore ne avevano curato la crescita e l’educazione.<br />

Eppure i loro erano tempi difficili: quello in cui vivevano era un piccolo centro agricolo,<br />

avaro di prodotti per la bassa fertilità dei terreni, povero di risorse finanziarie per<br />

l’inesistenza quasi totale di attività commerciali, in un’economia chiusa in sé stessa,<br />

ancora fondata per lo più sul baratto.<br />

Ma la fortezza del vincolo familiare era tale che pur nelle ristrettezze di quell’economia<br />

riusciva a tenere uniti i membri che costituivano quella “primigenia societas humana”.<br />

Ripensando con nostalgia alla famiglia di mia madre ed alla mia famiglia mi tornano alla<br />

mente la serenità cristiana delle famiglie coloniche della Val Padana rappresentate nel<br />

bellissimo film di Ermanno Olmi L’albero degli zoccoli e le sofferenze sopportate con<br />

tanta vivida speranza dalle famiglie patriarcali dei Peruzzi sradicate dal basso Polesine<br />

e trapiantate nell’Agro Pontino, come sono descritte da Antonio Pennacchi nel suo<br />

premiato romanzo Canale Mussolini. Famiglie, tutte soverchiate dalla fatica e dalla<br />

povertà, ma tutte cementate dal vincolo familiare che affondava le sue radici nella<br />

sacralità del matrimonio.<br />

Ma allo stato attuale possiamo affermare che la famiglia italiana ha conseguito<br />

un’evoluzione? O, piuttosto dobbiamo riconoscere che ha subito un’involuzione?<br />

A prescindere dalle considerazioni che potrebbero farsi sulle conseguenze scaturite<br />

dalla introduzione del divorzio nel nostro Ordinamento giuridico, istituto che ha minato<br />

alla radice l’unità della famiglia, questa “primigenia societas humana” viene quotidianamente<br />

assalita da ogni parte. Sono ben noti i tenaci tentativi di voler fare rientrare<br />

nel concetto di famiglia la cosiddetta famiglia di fatto, basata sulla semplice dichiarazione<br />

all’anagrafe della convivenza di una coppia di diverso genere, con tutte le conseguenze<br />

anche in sede successoria, assicurativa, previdenziale e assistenziale. E ciò,<br />

nonostante la chiara definizione della famiglia contenuta nell’art. 29 della nostra<br />

Costituzione, secondo la quale la famiglia “…. È una società naturale fondata sul matrimonio”.<br />

Ma si va ben oltre. Si combatte accanitamente per fare rientrare nel concetto di<br />

famiglia l’unione di 2 persone di genere uguale, purché abbiano instaurato un regime di<br />

stabile convivenza anagraficamente comprovata per un certo tempo. Ora, a parte qualsiasi<br />

considerazione fatta da noi cattolici, per i quali la famiglia prima che su un istituto<br />

di ordine giuridico si fonda su un fatto di natura teologica, quale è il sacramento del<br />

matrimonio, la pretesa di volere attribuire all’unione di 2 persone dello stesso genere la<br />

qualità di matrimonio con il conseguente riconoscimento dell’unione stessa come<br />

famiglia, suona all’orecchio di qualsiasi persona di buon senso come una grande<br />

aberrazione. Fine principale della famiglia infatti è quello della perpetuazione della<br />

specie umana mediante l’Unio maris et feminae, come la natura prescrive e come tutta<br />

la storia dell’umanità costantemente ci tramanda. E tutti questi fatti comprovano<br />

chiaramente che il concetto della famiglia nel nostro Paese ha subito una preoccupante<br />

involuzione. Il discorso sul tema sarebbe troppo lungo; l’economia del nostro<br />

periodico non permette di dilungarci oltre, ma i nostri lettori mi consentano almeno di<br />

esprimere tutta la mia empatia per le povere famiglie nordafricane che in questi giorni<br />

di dolorosa emigrazione riportano continuamente la mia mente ai miei sfortunati nonni<br />

morti e seppelliti in una paludosa landa del remotissimo Brasile.<br />

- 4 -<br />

UNA FAMIGLIA<br />

PER L’UGANDA<br />

Cesare Catarinozzi<br />

Su “Famiglia Cristiana ”di alcune<br />

settimane fa’ ho letto la<br />

storia di Dominique Corti e<br />

della sua famiglia. Chirurgo<br />

canadese la madre, pediatra<br />

brianzolo il padre, uniti da una<br />

intelligenza profetica, partirono<br />

50 anni fa’ per in Nord Uganda.<br />

Nel distretto di Gulu trasformarono<br />

il St. Mary’s Hospital<br />

Lacor, un piccolo ospedale,<br />

fondato dai missionari comboniani,<br />

in un centro d’eccellenza<br />

sanitario per i poveri del<br />

paese. Lì nacque Dominique,<br />

che la gente chiamava Atim,<br />

“nata lontano da casa”, ma ella<br />

considerò sempre sua casa<br />

quella terra, dove gli ammalati<br />

erano la sua famiglia.<br />

Sua madre se la portava dietro<br />

nei reparti, facendola sedere<br />

sul letto dei pazienti.<br />

Un’infanzia che segnò la sua<br />

vita. La madre morì dopo aver<br />

contratto l’AIDS in sala operatoria<br />

da un paziente vittima di<br />

uno dei tanti conflitti.<br />

Oggi l’ospedale ha circa 600<br />

letti, ricovera annualmente<br />

50.000 persone e tantissime<br />

ne visita; cinquemila gli interventi<br />

chirurgici. Negli anni<br />

sono state salvete milioni di<br />

vite. Oggi Dominique, divenuta<br />

a sua volta medico, con<br />

l’appoggio del marito è<br />

diventata presidente della<br />

fondazione Corti, creata dai<br />

genitori, che ha creato un<br />

ponte tra Milano e l’Uganda.<br />

L’ospedale è gestito da medici<br />

ugandesi; la fondazione gli fa<br />

da supporto, fornendogli il<br />

necessario sostegno economico.<br />

Dominique Corti ha un<br />

cuore africano, che non cessa<br />

mai di battere per i nostri<br />

fratelli meno fortunati.<br />

Ho contattato personalmente<br />

la fondazione ed ho trovato la<br />

massima disponibilità per ogni<br />

tipo di aiuto.<br />

E’ uscito l’anno passato il libro<br />

“Dal sogno alla realtà”, curato<br />

da Dominique.<br />

Si tratta di lettere dal Lacor<br />

Hospital, che ripercorrono la<br />

straordinaria avventura di<br />

questo ospedale.<br />

Nei documenti raccolti in<br />

questo libro c’è una passione<br />

profonda per la professione<br />

medica, concepita come aiuto<br />

senza compromessi, anche a<br />

discapito della salvaguardia di<br />

se stessi.<br />

La fondazione Corti è una<br />

fondazione non lucrativa di<br />

utilità sociale.<br />

www.fondazionecorti.it


“AFRICA EXPRESS”<br />

LA FAMIGLIA<br />

IN AFRICA<br />

In Africa la famiglia è<br />

considerata il cardine<br />

fondamentale e insostituibile<br />

intorno al quale<br />

ruota l’intera vita sociale,<br />

dai piccoli villaggi rurali<br />

sperduti nel mezzo della<br />

savana alle grandi metropoli.<br />

Essa è ancora più importante della appartenenza ad una<br />

determinata etnia ed è composta da un minimo di 8/10<br />

persone. In media si arriva a circa 25/30.<br />

Tutta la vita di un africano è finalizzata al benessere ed alla<br />

stabilità della propria famiglia e, nel corso dei secoli tale<br />

scenario non è mai cambiato di molto se non dove vi è stata<br />

l’influenza di altre culture: in particolare quella araba prima<br />

e quella europea poi che hanno diffuso in Africa la religione<br />

islamica e quella cristiana.<br />

L’Islam ha corretto alcune regole tradizionali africane quali,<br />

ad esempio, il divieto per un uomo di avere più di quattro<br />

mogli mentre gran parte delle tribù africane non si ponevano<br />

limiti in tal senso. Di contro il Cristianesimo non poteva<br />

accettare (anche se in alcuni casi era costretto a tollerare)<br />

molte delle principali regole familiari: la poligamia, il matrimonio<br />

imposto, il pagamento della sposa, la possibilità di<br />

ripudiare le mogli sterili, l’esclusione delle <strong>don</strong>ne dalla<br />

eredità e via dicendo.<br />

In ogni caso, pur con le attenuazioni dovute al passare del<br />

tempo, la famiglia è, e rimarrà sempre, il primo pensiero di<br />

un africano.<br />

Secondo la tradizione, che come sappiamo è la principale<br />

“legge” che regola la vita di questo continente, nessun<br />

africano, uomo o <strong>don</strong>na che sia (a meno che sia destinato a<br />

rivestire rari ed eccezionali status che, per loro natura,<br />

esclu<strong>don</strong>o il matrimonio) può, o vuole, vivere da solo, senza<br />

contribuire alla crescita della propria famiglia, intesa nel<br />

più ampio senso di stirpe o progenie.<br />

Sposandosi, quindi, un uomo, non solo costituisce una<br />

nuova famiglia dal quale dipenderà anche la discendenza<br />

della sua gente ma assume anche lo status che gli compete<br />

in quanto “uomo”, ricavando dal matrimonio tutta la<br />

sicurezza e gli onori che spettano ad un capofamiglia.<br />

Va precisato anche che per un africano il concetto di<br />

famiglia è del tutto diverso da quello occidentale, ed<br />

europeo in particolare, e in alcuni casi determina delle<br />

situazioni che, viste con i nostri occhi, appaiono incomprensibili<br />

se non assurde ed inammissibili.<br />

Ad esempio, nei villaggi non è raro vedere, la sera, le <strong>don</strong>ne<br />

che iniziano a cucinare per la cena attorniate da una miriade<br />

di bambini affamati. Una volta che il cibo è pronto viene<br />

subito portato, solitamente dai bambini più grandi, ai<br />

maschi adulti, che stanno seduti in disparte intenti a<br />

parlare tra loro ed in attesa che venga loro servita la cena.<br />

Il primo ad essere servito sarà sempre il capofamiglia più<br />

anziano (che a volte rimane appartato da solo o in compagnia<br />

di un solo bambino che lo assiste e lo serve) cui<br />

seguiranno gli altri capifamiglia.<br />

Solo dopo che tutti questi ultimi avranno terminato, le<br />

<strong>don</strong>ne recupereranno ciò che è avanzato per dividerlo tra<br />

loro e tra i loro figli.<br />

Questo tipo di comportamento non è una forma di egoismo<br />

dell’uomo nei confronti della <strong>don</strong>na o dei figli ma è determinato<br />

da una naturale strategia per la sopravvivenza. Solo se<br />

il capofamiglia è in buona salute e in forze, infatti, potrà<br />

andare validamente a caccia, coltivare la terra o combattere<br />

i nemici, dando così garanzia di vita e prosperità a tutta la<br />

comunità. L’anziano, invece, assicura il più alto livello di<br />

saggezza, esperienza e giustizia.<br />

- 5 -<br />

N O T I Z I E E C U R I O S I T À<br />

D A L C O N T I N E N T E N E R O<br />

a cura di Lucio Laurita Longo<br />

In una famiglia africana, quindi, per il maschio la vita ha in<br />

serbo sempre tutto il meglio e dal momento in cui lascia<br />

l’infanzia acquisisce gradi sociali sempre più elevati ai quali<br />

corrispon<strong>don</strong>o maggiori privilegi, maggiore autorità e<br />

quindi maggiori poteri.<br />

In generale, in una famiglia africana, quando i figli maschi<br />

di un uomo diventano adulti (che spesso corrisponde<br />

all’adolescenza) il capofamiglia assume lo status di anziano<br />

con conseguente diritto di smettere, inizialmente in parte, e<br />

successivamente del tutto, di lavorare.<br />

Punto di grande orgoglio ed onore di questi uomini è poter<br />

mostrare a tutta la comunità i propri figli, ormai adulti, che<br />

lavorano in sua vece e che, insieme alle loro mogli, provve<strong>don</strong>o,<br />

oltre che agli anziani anche ai loro bambini ancora<br />

piccoli.<br />

“Chi è nato prima conta sempre di più”: con questo antico e<br />

tutt’ora sempre valido detto, gli africani giustificano la<br />

supremazia del primogenito e quella della generazione più<br />

anziana rispetto a quella più giovane.<br />

Ecco spiegato il motivo per il quale gli anziani non lavorano<br />

e mangiano per primi.<br />

Per la <strong>don</strong>na il discorso è diverso.<br />

Raggiunta la pubertà diventerà una <strong>don</strong>na e dovrà sposarsi<br />

il prima possibile, diventare mamma e, successivamente,<br />

nonna. Questi sono i due unici e veri “traguardi” della sua<br />

esistenza. Con il matrimonio essa passa dalla famiglia di<br />

origine, che la considera una risorsa temporanea in quanto<br />

destinata ad andarsene una volta sposatasi, a moglie e<br />

quindi ad un “investimento” per il futuro visto che il suo<br />

principale scopo sarà quello di procreare per dare continuità<br />

alla famiglia del marito.<br />

Per la <strong>don</strong>na africana è assolutamente indispensabile il<br />

raggiungimento del primo traguardo e cioè diventare<br />

moglie e mamma: meglio per lei non essere mai nata se non<br />

dovesse riuscire a generare figli, preferibilmente maschi.<br />

Il secondo traguardo, invece, (diventare nonna) è la sua<br />

migliore garanzia per assicurarsi una buona vecchiaia visto<br />

che ciò sta a significare che i suoi figli maschi hanno, a loro<br />

volta, trovato delle mogli fertili con le quali hanno costituito,<br />

una nuova stabile famiglia.<br />

E’ grazie alle nuore, infatti, che le anziane nonne possono<br />

ridurre, e poi cessare, di lavorare, visto che le loro figlie<br />

femmine si sono sposate e quindi, “appartenendo” ad un<br />

altra famiglia, dovranno accudire le anziane di quest’ultima.<br />

Peraltro essere la “madre dello sposo” conferisce loro un<br />

sorte di potere assoluto sulle nuore con conseguente<br />

possibilità di infliggere a queste ultime ogni sorta di mortificazione,<br />

anche fisica senza che queste possano, in alcun<br />

modo ribellarsi visto che, molto spesso, sono molto giovani<br />

se non addirittura ancora bambine.<br />

Tale situazione è ancor più dura se la <strong>don</strong>na si è sposata con<br />

un uomo appartenente ad un’altra etnia. In questo caso<br />

essa si troverà completamente fuori dal proprio gruppo e,<br />

molto spesso, tra persone completamente estranee.<br />

Sempre a proposito di famiglia, nella maggior parte delle<br />

culture africane di un tempo non esistevano né cugini, né<br />

nipoti, né zii. I figli del fratello di mio padre (per noi occidentali,<br />

mio zio), per gli africani sono sempre miei fratelli<br />

(mentre per noi sono cugini) e per lo stesso motivo i figli dei<br />

miei fratelli (miei nipoti) per l’africano sono sempre suoi<br />

figli. I bambini, peraltro, anche a causa della poligamia che<br />

fino a non molti anni orsono era abbastanza diffusa, nascono<br />

in una famiglia estesa e non appartengono ad un nucleo<br />

ristretto, inteso come padre, madre e figli.<br />

In pratica, vivono e crescono per la strada insieme a tutti gli<br />

altri coetanei e ci sarà sempre qualcuno che vigilerà su loro<br />

con indiscutibile autorità paterna o materna.<br />

Proprio perché la poligamia era normalmente accettata<br />

perché dava la possibilità di avere più mogli e più figli e<br />

quindi più braccia da lavoro, per evitare di mancare di<br />

rispetto ad un possibile fratello si considerava più giusto<br />

chiamarsi tutti fratelli.<br />

Da qui deriva questa consuetudine che, oggi, a noi appare<br />

più che altro folcloristica e pittoresca.


LE MIE TRE FAMIGLIE:<br />

DALLA LIBIA AI<br />

TEMPI D’OGGI<br />

Lydia Longobardi<br />

La famiglia è la prima aggregazione<br />

sociale nella quale ciascuno di noi<br />

nasce e cresce, formandosi. Ed è, o<br />

dovrebbe essere, il luogo in cui si<br />

ritorna sempre con gioia perché<br />

solo qui si può essere sé stessi<br />

senza finzioni o ipocrisie.<br />

Tutti i membri di una famiglia<br />

dovrebbero amarsi, comprendersi,<br />

giustificarsi.<br />

Sarebbe bello se fosse sempre così. Considerando<br />

l’argomento ho subito pensato a tre tipi di famiglie che<br />

conosco bene. La mia famiglia d’origine in cui ero figlia<br />

e sorella. Quella formata da me,in cui sono stata moglie<br />

e madre. Quelle formate dai miei cinque figli in cui<br />

sono nonna.<br />

Mio padre e mia madre si sono sposati a Roma nel 1923.<br />

Nel 1929 sono andati in Libia perché mio padre aveva la<br />

prospettiva di una brillante carriera. Io avevo cinque anni,<br />

mio fratello due e mezzo. La mia era una famiglia all’antica,<br />

papà “comandava”, mamma, interrotto l’insegnamento, era<br />

tutta dedita alla casa e a noi figli, poi diventati tre.<br />

Papà era severo pur amandoci molto, assai esigente<br />

riguardo al profitto scolastico, attento al nostro comportamento<br />

sia a tavola che verbale. Non ammetteva capricci o<br />

lamentele; ogni sera ci faceva dire con lui una bella preghiera<br />

che aveva appreso dalla sua mamma e, infine, ci<br />

baciava dicendo “Dio vi benedica”. Non ci ha mai permesso<br />

di partecipare a festicciole di compagni di cui non conosceva<br />

la famiglia. Spesso ci narrava bellissime favole o scriveva<br />

poesie in romanesco. La domenica, coi vestiti della festa, ci<br />

recavamo tutti insieme alla S.Messa, poi papà comprava le<br />

pastarelle e... a casa!<br />

Mamma e papà si amavano teneramente, hanno fatto 55<br />

LA FAMIGLIA:<br />

UN’ISTITUZIONE A RISCHIO?<br />

Paola Baroni<br />

Questo è il titolo che mi viene spontaneo leggendo il tema<br />

di questo mese. Naturalmente sto pensando alla famiglia<br />

come la intendiamo noi, cioè composta da un padre, una<br />

madre e da figlioli, una famiglia creata da un matrimonio<br />

responsabile e suggellata da un sacramento.<br />

Questa impostazione sembra proprio minata alle radici in<br />

nome della conquistata libertà di pensiero del mondo<br />

contemporaneo. La “liberalizzazione della <strong>don</strong>na” che in un<br />

primo tempo sembrava una conquista femminile condivisibile<br />

e auspicata da molte di noi, si è rivelata in buona parte<br />

un boomerang che ci ha colpito in pieno !<br />

Essere liberi significa poter ragionare con la propria testa ,<br />

liberi appunto da condizionamenti e dalle mode del<br />

momento; liberi significa anche, però, non perdere il senso<br />

della comunicazione, del confronto con gli altri, della<br />

partecipazione attiva per esprimere la nostra libertà e<br />

ascoltare le opinioni contrarie senza alcun pregiudizio.<br />

E’ giusto che la <strong>don</strong>na abbia possibilità di accesso a tutti<br />

- 6 -<br />

anni di matrimonio, non li ho mai sentiti litigare né usare<br />

parole scorrette. Talvolta andavano a spasso nel deserto<br />

sui cammelli, talvolta alle feste al palazzo del Governatore<br />

a Tripoli. Poi mamma, ci raccontava tutto.<br />

Noi bambini obbedienti stavamo con la tata italiana ed una<br />

persona fidata del luogo. La mia infanzia e prima adolescenza<br />

sono state felici in una famiglia serena. In Italia nel<br />

1940 ho capito tra mille difficoltà quanto fosse stata<br />

formativa l’educazione ricevuta da mio padre. Noi tre figli<br />

non ci siamo mai lamentati né delle privazioni alimentari,<br />

né delle ristrettezze economiche in tempo di guerra, né<br />

dell’ospitalità delle anzianissime zie di mio padre.<br />

La mia famiglia era unita, piena di amore reciproco, trepidante<br />

per mio fratello a causa delle retate tedesche e per<br />

le paure del piccolino a causa dei bombardamenti. Di quel<br />

terribile periodo ricordo i faticosi viaggi di papà per procurarci<br />

da mangiare e mamma che dava anelli e bracciali alla<br />

portiera in cambio di farina e verdure.<br />

Alla fine della guerra, finalmente la mia famiglia ha ritrovato<br />

l’intimità e la serenità in una nuova casa nostra.<br />

Nel 1950, anno santo, mi sono sposata. Ma la famiglia da<br />

me formata è stata molto diversa per vari motivi. Uno, il<br />

fatto che mio marito ed io lavoravamo entrambi. Lui avvocato,<br />

io professoressa di lettere classiche. Di figli ne ho<br />

avuti sei, uno poi morto da piccolo.<br />

Noi genitori siamo stati più indulgenti, meno pressanti,<br />

forse più amici. Mio marito era spesso assente per lavoro,<br />

io presa dalla scuola li ho tuttavia seguiti fino alla maturità.<br />

Spesso discussioni di politica, ribellioni dei figli che volevano<br />

più libertà, vespa si, vespa no, sport si, calcio no, etc, etc.<br />

Dov’erano la pace e la serenità della mia famiglia d’origine?<br />

Ci siamo voluti bene lo stesso, ma in altro modo, senza<br />

intimità, C’erano il telefono, la radio, la televisione, i vari<br />

animaletti che popolavano a turno la casa, i criceti, le<br />

tortore, i conigli, i gatti, i cani. Ora tutto è passato. Io sono<br />

sola e vedova. I figli sono tutti sposati. E i nipoti?<br />

Molto liberi nelle loro famiglie moderne in cui si amano si<br />

ma a modo loro, col cellulare sempre acceso, la Tv accesa,<br />

il computer acceso. C’è movimento di ragazzi che vanno e<br />

vengono, sempre. La nonna non sempre condivide ma la<br />

famiglia è pur sempre la famiglia!<br />

i lavori che la sua preparazione e intelligenza le permette di<br />

fare. Qualche finalità è stata dunque raggiunta, ma a<br />

questo punto, si aprono però tante conflittualità su ciò che<br />

è giusto e ciò che non lo è.<br />

Trovo giusta ad esempio la legge che ha eguagliato tutti i<br />

figli nati entro o fuori del matrimonio sia esso religioso che<br />

civile. E’ una legge doverosa per la tutela dei minori e per il<br />

loro riconoscimento futuro nella società.<br />

E’ giusto, però, che la famiglia venga compromessa da<br />

questi nuovi modelli?<br />

La famiglia “dimezzata” (rimane solo una figura adulta<br />

nella casa, con le conseguenze immaginabili che rica<strong>don</strong>o<br />

inevitabilmente sui minori e su chi resta).<br />

Allora abbiamo inventato la famiglia “allargata” che, se può<br />

andare bene per coloro che sono ricchi e famosi e pertanto<br />

il loro comportamento “fa notizia”, non sembra sia adottabile<br />

a noi comuni mortali per i troppi conflitti che scatena:<br />

conflitti di sentimenti, di affetti spezzati, di amori irrecuperabili,<br />

e tanto altro ancora.<br />

La lista si potrebbe allungare all’infinito; ora si parla solo di<br />

diritti acquisiti e da conquistare, ma non si parla quasi più<br />

dei doveri che una scelta comporta. E’ forse questo atteggiamento<br />

irresponsabile che sta disgregando la famiglia?<br />

E’ l’indifferenza verso l’anziano il “nonno” che come diceva<br />

la famosa canzone polemica di Modugno: “Il vecchietto<br />

dove lo metto” ?<br />

Non voglio concludere queste mie considerazioni in modo<br />

così negativo; forse bisognerebbe ascoltare meno le notizie<br />

che ci giungono dai mass-media e vedere di più quello che<br />

accade intorno a noi cioè nella realtà quotidiana.<br />

Ci sono ancora tante famiglie che hanno basato la loro<br />

unione su principi sani e che dedicano tutto il loro tempo<br />

disponibile sia ai nonni che ai propri figli e lo fanno con<br />

amore e affetto, grazie a Dio!<br />

Che altro dire? Speriamo bene!!!


VECCHIO<br />

DIARIO<br />

DEL 1958<br />

Cesare<br />

Catarinozzi<br />

Tra le scartoffie del mio studio ho ritrovato un mio<br />

vecchio diario del 1958, dove le vicende mie (avevo<br />

12 anni) e della mia famiglia si intrecciano con<br />

eventi di cronaca, addirittura con quelle di due papi.<br />

Ma andiamo con ordine.<br />

La mia famiglia d’origine era composta da mio<br />

padre, dirigente dell’ ENPAS, mia madre, farmacista,<br />

e sua sorella Beatrice (zia Bice), per non parlare di<br />

alcuni canarini, che avevo ammaestrato.<br />

Il 14 gennaio, racconta il diario, mio padre mi<br />

condusse da un medico, che mi consigliò la famigerata<br />

operazione alle tonsille.<br />

Appena uscito dall’ambulatorio mio padre mi comprò<br />

una automobilina in miniatura e con il vecchio e<br />

famoso 99 (molti lo ricorderanno) facemmo ritorno<br />

a casa. Il giorno dopo il diario cita l’incontro Italia-<br />

Irlanda del Nord per le qualificazioni mondiali.<br />

A scuola progettammo un giornalino, “Finis”, del<br />

quale io ero direttore responsabile.<br />

Ogni martedì zia Bice mi portava “Il Corrierino dei<br />

piccoli” con le vicende del signor Bonaventura,<br />

“ricco ormai da far paura”, ideate dall’attore Sergio<br />

Tofano, di Sor Pampurio “arciconto del suo nuovo<br />

appartamento”, di Capitan Cocoricò con la moglie<br />

Tordella ed i figli Bibì e Bibò ecc.<br />

Mio padre era molto giocarellone, mia madre un po’<br />

più severa.<br />

Il 26 giugno ultimo giorno di scuola, nel pomeriggio<br />

prova scritta del Concorso Veritas, di religione,<br />

allora molto noto.<br />

Il 28 giugno compare, ospite a casa nostra, il mio<br />

amico Domenico (lo è tuttora, medico affermato).<br />

Il 29 giugno la notizia che il Brasile ha vinto la coppa<br />

del mondo di calcio.<br />

Leggo sul diario che cominciai a leggere “Loro e io”,<br />

dell’umorista inglese Jerome, autore del più famoso<br />

“Tre uomini in barca”.<br />

A luglio partenza con mamma e papà per Dobbiaco,<br />

in Alto Adige, con la veduta bellissima delle tre cime<br />

di Lavaredo. In albergo i miei genitori dormivano nel<br />

letto matrimoniale ed io in un lettino messo “da<br />

piedi”. Mio padre guidava la macchina e facemmo<br />

diverse escursioni, ci recammo tra l’altro al rifugio<br />

“Auronzo”.<br />

-Al ritorno - racconta il diario - mamma ha voluto dei<br />

fiori ed io e papà ci siamo recati alle falde di una<br />

collinetta per coglierli. Distratti forse dal canto degli<br />

uccelli, che gorgheggiavano soavemente, ci siamo<br />

infangati le scarpe e mamma si è disperata -.<br />

L’11 luglio ricevetti una lettera da zia Bice, che mi<br />

informava anche sullo stato di salute dei canarini.<br />

Ad agosto ritorno a casa e letture salgariane.<br />

Per ferragosto ci recammo tutti ad Alatri da zia Gina,<br />

sorella di mia madre; mi incuriosiva molto il recinto<br />

delle galline.<br />

Il 17 agosto ci recammo a far visita, sempre ad<br />

Alatri, a zia Letizia, che si occupò per un certo<br />

periodo di mio padre quando egli, a 9 anni, rimase<br />

- 7 -<br />

orfano di nonna Angelina, una <strong>don</strong>na bellissima,<br />

che gli anziani ancora ricordavanoIl 31 agosto gita<br />

a S. Felice Circeo: il ciclista Ercole Baldini vince<br />

per distacco il titolo mondiale.<br />

Ottobre 9 il diario racconta - Stamane sul giornale, a<br />

caratteri giganteschi, c’era la seguente triste<br />

notizia: “Il papa è morto”. <strong>Pio</strong> XII, dopo aver<br />

combattuto per tre giorni, ha ceduto alle 3,15 di<br />

questa mattina, dopo aver perso conoscenza.<br />

Era stato colpito da trombosi cerebrale - Mio padre<br />

mi accompagnò al funerale, che riprese con un<br />

filmino da 8 millimetri. Ottobre 29 - Il cardinale<br />

Roncalli - racconta il diario - è stato eletto papa con<br />

il nome di Giovanni XXIII. Questa la sensazionale<br />

notizia, avuta questa sera, dopo la fumata bianca -<br />

Ricordo che ci rimasi male; come altri facevo il “tifo”<br />

per il cardinale armeno Agagianian, dato come<br />

papabile.<br />

Il sabato sera la famiglia riunita davanti alla TV<br />

guardava il “Musichiere”, gioco musicale a premi,<br />

condotto da Mario Riva.<br />

A messa mamma e papà mi accompagnavano non di<br />

rado anche a Santa Paola; ricordo un sacerdote<br />

claudicante, che saliva sul pulpito a predicare. La<br />

messa era ancora in latino e secondo il vecchio rito.<br />

Dicembre 25 - Oggi, vicino l’ospedale Bambin Gesù,<br />

ho visto Papa Giovanni XXIII, assieme ai miei - Fu<br />

un fatto storico, ora lo so. (foto sotto, ndr)<br />

Tonino, il fidanzato di zia Bice, era preposto ogni<br />

anno, con mio padre, alla creazione del gigantesco<br />

presepe, che occupava una camera.<br />

Ricordo che una volta papà e Tonino, per andare a<br />

prendere il muschio fresco, mi chiusero in macchina<br />

e, prima che tornassero, ce ne volle…<br />

Ti chiudo, diario del 1958, fedele specchio delle<br />

vicende della mia famiglia e di quelle pubbliche, che<br />

ad esse si intrecciavano.<br />

La mia dolcissima madre Antonietta, mio padre<br />

Giulio e zia Bice rimangono figure indelebili della<br />

mia infanzia che non ho fratelli con cui condividere.<br />

Figlio unico, con loro i primi giochi, le mie prime<br />

esperienze che, come si sa, rimangono fondamentali<br />

nel corso della vita.


FARFALLE<br />

E GRILLI<br />

Alfredo<br />

Palieri<br />

Dall’esterno giungono in famiglia sollecitazioni per una nuova<br />

auto, una nuova Tv, una casa-vacanza, delle crociere di sogno…<br />

E nelle teste dei componenti del nucleo famigliare entrano farfalle<br />

e grilli.<br />

Fastidiosi entrambi ma, mentre le farfalle, trovando uno spiraglio,<br />

volano via, dai grilli invece non te ne liberi mai.<br />

Saltellano, non ti danno pace e fanno innescare nuove sollecitazioni<br />

dall’esterno, per cui, chiudendo il simbolico esempio, nasce<br />

una spirale di influenza reciproca tra famiglia e la società esterna<br />

sia nel positivo che, purtroppo, nel negativo.<br />

Facciamo un rapido volo della famiglia italiana nei secoli.<br />

Nella antica Roma le conquiste ed il desiderio di ricchezze che<br />

arrivavano dall’Oriente, modificarono la solida struttura della<br />

famiglia dei Cincinnati e delle Cornelie (la madre dei Gracchi).<br />

Nelle teste iniziarono a saltare i grilli. Si ripudiava il marito o la<br />

moglie ed i figli non avevano più un valido esempio. “Fuit Romae<br />

quondam capitis reverentia cani!”. Ma ormai anche gli anziani<br />

non venivano più rispettati. Contemporaneamente ad Atene,<br />

Tucidite esclamava : ”Guai quando i figli si ribellano ai genitori e<br />

gli allievi ai maestri!”<br />

Spostiamoci a Firenze, nel 1200 e rileggiamo il bel canto XV del<br />

Paradiso. Cacciaguida degli Elisei pronunciò al pronipote Dante<br />

l’elogio delle famiglie e società del suo tempo. C’era sobrietà<br />

nelle famiglie di allora: “Non cintura, la qual fosse a veder più che<br />

persona”. Donna che dallo “specchio senza il viso dipinto” è<br />

dedita alle cure domestiche e ll’educazione dei figli. E le <strong>don</strong>ne<br />

non vengono per Francia nel letto deserte perché i mariti non<br />

abban<strong>don</strong>avano il letto coniugale per cercare in Francia lavoro ed<br />

avventure.<br />

Saltando come grilli parecchie centinaia di anni arriviamo alla<br />

famiglia italiana dagli anni 30 ad oggi. I miei nonni, paterni e<br />

materni, avevano rispettivamente otto e sette figli. Noi eravamo<br />

tre fratelli.<br />

Alla sera andavamo incontro a papà che tornava dall’ufficio e,<br />

prima di andare a letto, ne ricevevamo la benedizione. La famiglia<br />

del mio caro amico Carlo aveva dodici figli. Acrobazie si<br />

perché all’epoca le case avevano un solo bagno.<br />

Tutti erano quindi destinati a snervanti attese nel corridoio in<br />

attesa della sospirata “liberazione”. Nel dopoguerra, desiderosi<br />

di uscire in fretta dalle ristrettezze accumulate negli anni bui,<br />

anche incrementati dalla propaganda esterna, i grilli iniziarono a<br />

saltare anche nelle teste più equilibrate. Era quindi il desiderio<br />

della mitica ‘600 oppure del frigorifero, detto alla francese<br />

“frigidaire”.<br />

E così via all’aumento dei consumi e quindi dei prezzi con conseguente<br />

inflazione e stipendi che ormai non bastavano più.<br />

Così anche la <strong>don</strong>na iniziò a lavorare un po’ per vera necessità,<br />

un po’ perché stanca di stare in casa a guardare figli e pentole sul<br />

fuoco. Ecco poi il boom delle mode spesso senza freni con tacchi<br />

a spillo giganti e armadi pieni di vestiti spesso inutilizzati e poi<br />

grandi pranzi al ristorante con sprechi di cibo spesso non<br />

consumato.<br />

E poi negli anni ’70 ecco arrivare la tragedia del divorzio e l’inizio<br />

delle nuove famiglie “allargate” della serie “io vivo con la<br />

mamma ma passo le vacanze con papà e la sua nuova<br />

amichetta”.<br />

Il tutto, e che ve lo dico a fa?, con conseguente disorientamento<br />

dei ragazzi per intere generazioni. Purtroppo oggi la tv sfrutta<br />

spesso queste situazioni mandando in onda programmi e serie<br />

quanto meno criticabili. Dobbiamo forse rimpiangere il Centro<br />

Cattolico Cinematografico di tanti anni fa?<br />

E, rimpianto per rimpianto, che ne dite del vecchio Rosario detto<br />

in famiglia durante il mese di maggio?<br />

- 8 -<br />

LA FAMIGLIA DI<br />

“VIVA LA GENTE”<br />

Michele Bovi<br />

Era una famiglia anche quella, con una baraonda di<br />

figli ballanti e canterini e due genitori putativi: lui<br />

direttore d’orchestra, lei insegnante di canto, marito<br />

e moglie anche fuori del teatro.<br />

Era il gruppo di Viva la Gente, versione italiana della<br />

compagnia internazionale Up With People fenomeno<br />

musicale itinerante nato in America nella seconda<br />

metà degli anni sessanta .<br />

Viva la Gente stava di casa alla Balduina: una trentina<br />

di ragazzi, organizzati dai maestri Ermanno Testi e<br />

sua moglie Ida Maini, attivi dall’autunno 1970, tutti<br />

volontari di buona intonazione, le prove due sere a<br />

settimana nella <strong>Parrocchia</strong> di San <strong>Pio</strong> X e via con “Di<br />

che colore è la pelle di Dio?<br />

E’ nera, rossa, gialla, bruna, bianca, perché lui ci<br />

vede uguali davanti a sé “Entrai in contatto con Viva<br />

la Gente nel 1971 poco dopo gli esordi.<br />

Venni ingaggiato in un negozio di strumenti musicali<br />

dove i ragazzi del gruppo stavano noleggiando un<br />

impianto di amplificazione per una serata importante:<br />

l’esibizione dello spettacolo al Teatro Sistina.<br />

Io suonavo il sax tenore, conoscevo il repertorio<br />

perché avevo sostituito il sassofonista della formazione<br />

originale Up With People al Palasport di Napoli<br />

in una recente tournee italiana. “Siamo dilettanti e<br />

per ben figurare al Sistina abbiamo bisogno di un<br />

supporto orchestrale professionale - mi disse<br />

Roberta Grossi, attivissima cantante e al tempo<br />

stesso promoter della compagnia romana - c’è già un<br />

eccellente batterista, con te arriverebbe la fatidica<br />

marcia in più. Di contro l’offerta è interessante: tutto<br />

gratis e devi pagarti anche le spese. Però nella nostra<br />

famiglia c’è entusiasmo vero”. Di fronte a tanto<br />

allettante proposta non potei che accettare.<br />

Promessa mantenuta: nella sala parrocchiale adibita<br />

a prove, fervore, dedizione e allegria erano moneta<br />

corrente, pure nel rigore artistico preteso dal burbero<br />

Ermanno e la dolce Ida. Il Sistina ci accolse con<br />

partecipazione, molti tra il pubblico avevano già visto<br />

lo spettacolo internazionale: gli americani erano<br />

indubbiamente più bravi, ma la comprensibilità della<br />

cara lingua italiana manifestò meglio il messaggio di<br />

solidarietà dei contenuti e aiutò a far premiare la<br />

nostra performance: obiettivo raggiunto. Però la<br />

famiglia di Viva la Gente non si limitava alla musica.<br />

E il sassofonista (ovvero io) si lasciò coinvolgere in<br />

altra attività: entrai a far parte di un team di supporto<br />

a bambini con gravi handicap psicomotori, ore di<br />

ginnastica terapeutica per strappare minimi risultati<br />

e qualche sorriso che ci ripagavano di tutta la fatica.<br />

Non durò molto tempo, lasciai Roma per trasferirmi<br />

in un’altra città del nord. Conservando ricordi belli di<br />

quei giorni, quei visi, quell’allegria, quelle canzoni<br />

dei miei vent’anni.<br />

Quella Famiglia: Viva la Gente!


UNA FAMIGLIA PARTICOLARE<br />

Marco Di Tillo<br />

Com’era la mia famiglia d’origine, com’è la mia<br />

famiglia attuale e, soprattutto, come dovrebbe<br />

essere davvero una famiglia ?<br />

Andiamo con ordine e partiamo dalla mia famiglia<br />

d’origine. Mio padre, nato da genitori molto poveri,<br />

è stato studioso, religioso, tranquillo, non autoritario.<br />

Mia mamma, di origine pugliese, padre<br />

ferroviere, è stata una casalinga, brava <strong>don</strong>na,<br />

amante della casa e della cucina.<br />

Io, figlio unico, sono stato giovane negli anni ’70,<br />

periodo difficile e controverso.<br />

In quegli anni a dire la verità non avevo tanto<br />

piacere a stare in casa, né a fare le vacanze con i<br />

miei genitori. Preferivo stare fuori, con gli amici.<br />

E, comunque, non è che la mia fosse una famiglia<br />

particolarmente aperta all’esterno. Era un mondo un<br />

pò chiuso. Orari regolari, pranzi e cene alla stessa<br />

ora, si parlava poco, si esternavano poco i propri pensieri, i propri desideri, e poi, la sera, si<br />

guardava la Tv.<br />

Più o meno era così in tutte le case “borghesi”, in quasi tutte le case della gente che conoscevo.<br />

Ma, come sempre, c’era un’ eccezione. Nel mio caso l’eccezione si chiamava “famiglia<br />

Mariani”.<br />

I signori Mariani erano due pittori simpatici e un pò stravaganti. Lui, Renato, disegnava<br />

grandi quadri ad olio che però non vendeva mai a nessuno per scelta, perché invece i suoi<br />

quadri erano bellissimi ed aveva sempre tantissime richieste. Ma non voleva venderli.<br />

Per vivere faceva tavoli che sembravano di marmo ed invece erano di legno. Aveva inventato<br />

uno speciale e segretissimo prodotto che, spalmato sul legno, lo faceva sembrava autentico<br />

marmo. Una cosa fantastica. Sua moglie Fulvia, che è ancora attiva in questo mondo con i<br />

suoi 97 anni appena compiuti, anch’essa pittrice, lavorava per lo più per il Vaticano. Ha<br />

dipinto più Angeli, Ma<strong>don</strong>ne e Santi lei di Giotto e Raffaello messi insieme!<br />

Avevano 4 figli ed uno di loro, Adriano, era mio compagno di scuola alle elementari.<br />

In casa non avevano la televisione (e non ce l’hanno mai avuta) e neppure il frigorifero<br />

(usavano una ghiacciaia). Non hanno mai posseduto una macchina e per spostarsi usavano i<br />

mezzi pubblici oppure la bicicletta. Abitavano in un grande appartamento su due piani in via<br />

di San Saba. Erano in affitto e ora in quella casa c’è lo studio del regista Nanni Moretti.<br />

Ma allora era la loro e anche un pò la “nostra” casa.<br />

Amavano giocare a carte (qualunque gioco, dal poker allo scopone scientifico, passando per<br />

il tresette ed il traversone) e, soprattutto, adoravano ospitare gente a qualsiasi ora del<br />

giorno e della notte. Si, avete capito bene, ho detto proprio a qualsiasi ora.<br />

Così noi ragazzi, uscendo dal cinema, marinando la scuola o semplicemente passando da<br />

quelle parti, andavamo a casa Mariani. Si fischiava davanti alla finestra dello studio ed il<br />

signor Renato ci apriva la porta del giardino. Qualcuno si metteva a giocare a carte. Qualcun<br />

altro cantava le canzoni al pianoforte o alla chitarra. Altri si mettevano a giocare con il<br />

gigantesco trenino elettrico che il mio amico Adriano aveva costruito in cantina. Altri invece<br />

si fermavano semplicemente in cucina a chiacchierare.<br />

Renato ti offriva il vino e parlava della sua vita, Fulvia cucinava un piatto di spaghetti aglio e<br />

olio. Spesso noi stavamo lì insieme ai due genitori, perché magari i quattro figli erano usciti.<br />

E quando un gruppo andava via, ne arrivava un altro in un incessante andirivieni durato anni<br />

interi. Ci siamo cresciuti dentro quella casa, nella straripante gelosia delle nostre famiglie<br />

“normali” che non riuscivano proprio a comprendere cosa potessimo trovarci lì dentro di così<br />

diverso. Già: che cosa trovavamo? Forse trovavamo semplicemente ospitalità e differenza di<br />

schemi. Lì non c’era niente di rigoroso, niente di stabilito.<br />

Non c’erano orari fissi per la cena né per altro. Era una famiglia diversa, completamente<br />

diversa da quelle che conoscevamo e noi avevamo piacere a stare lì, ci sentivamo bene, non<br />

giudicati, apprezzati, insieme ad altri simili di qualunque età essi fossero.<br />

Non posso certo dire di aver creato lo stesso schema nella mia attuale famiglia né nella mia<br />

casa che è aperta all’esterno, però non tanto. Noi abbiamo i nostri orari precisi per il pranzo<br />

e per la cena, guardiamo la tv alla sera e andiamo a dormire abbastanza presto perchè la<br />

mattina ci alziamo di buon ora. Insomma siamo standard, non “diversi. “<br />

E quindi, ritornando all’inizio del discorso, io so com’è la mia di famiglia, so com’è stata<br />

quella dei miei genitori, so come sono quelle “diverse” tipo quella dei Mariani ma ancora non<br />

ho risposto alla domanda chiave: come dovrebbe essere davvero una famiglia ?<br />

Io credo che non ci sia una sola risposta e che ogni famiglia abbia la propria storia.<br />

Personalmente ritengo che l’amore guidi sempre le azioni degli uomini e, se non c’è troppo<br />

dialogo, perché i caratteri a volte non lo permettono, ci sarà altro. C’è gente che parla poco,<br />

si guarda un istante e si capisce al volo. A volte basta un sorriso, una carezza al momento<br />

giusto piuttosto che mille parole messe in fila. Credo che ad ognuno piacerebbe avere tante<br />

cose diverse nella sua famiglia e quasi mai ce le ha. Si preferirebbe un padre, un marito o un<br />

figlio diverso. Quante volte abbiamo pensato che le altre famiglie sono sempre meglio?<br />

L’erba del vicino, si sa, è sempre più verde. Ma non è così.<br />

La verità è che l’erba del vicino ci sembra sempre più verde, ma non lo è.<br />

Ogni famiglia ha grandi problemi, grandi difetti, grandi dolori. Solo che tutto questo spesso<br />

non trapela all’esterno. Restano dentro quelle quattro mura per anni interi, per generazioni,<br />

solo a volte attenuati dal tempo che passa.<br />

- 9 -<br />

GOD BLESS AMERICA<br />

…AND ITALY!<br />

Alessandra Angeli<br />

Nel recente articolo così<br />

intitolato, mi lamentavo<br />

delle scarse invocazioni<br />

che noi italiani rivolgiamo<br />

al Padre Eterno.<br />

Ma per amor del vero, ora<br />

devo testimoniare che<br />

forse non va tutto così<br />

male come sembra!<br />

Da qualche tempo ho<br />

ricominciato a lavorare<br />

fuori casa: così ho dovuto<br />

integrare il mio comodo<br />

abbigliamento da mamma<br />

casual (se non in certi<br />

momenti tendente al<br />

trascurato!), in qualcosa<br />

di molto più formale.<br />

Perciò l’altro giorno, mi<br />

ritrovo a provare una<br />

seriosa camicia nel<br />

camerino di un negozio di<br />

vestiario; ad un certo<br />

punto, esaminando con<br />

cura l’etichetta per capire<br />

da dove venisse e di che<br />

cosa fosse fatta, leggo:<br />

“Dio salvi il made in<br />

Italy”. Ho letteralmente<br />

strabuzzato gli occhi! E ho<br />

riletto la piccola frase più<br />

di una volta perché non<br />

riuscivo a crederci. Non<br />

solo: era ben specificato<br />

che l’intera filiera produttiva<br />

rispettava le norme<br />

che tutelano salute, ambiente<br />

e sicurezza, senza<br />

sfruttamento minorile e<br />

manodopera clandestina.<br />

Che sollievo ogni tanto<br />

vedere che qualcosa va<br />

nel verso giusto! Che c’è<br />

qualcuno che pensa ed<br />

agisce secondo dei valori<br />

morali che sembrano non<br />

esistere più. Così mi sento<br />

di fare della pubblicità<br />

gratuita al marchio:<br />

“9.2 Carlo Chionna”<br />

Certo, il costo non è da<br />

grande magazzino, ma<br />

una volta tanto spendi<br />

contento di sovvenzionare<br />

chi va controcorrente,<br />

visto anche che per<br />

farlo dovrà sostenere dei<br />

costi di produzione più<br />

alti.<br />

Bè, sono contenta di avervi<br />

dato questa buona notizia,<br />

se ancora non la<br />

sapevate; e speriamo che<br />

tanti altri uomini e <strong>don</strong>ne<br />

di buona volontà riassegnino<br />

al Padre Eterno il<br />

posto che gli spetta, con<br />

tutti i benefici e nonostante<br />

le difficoltà che<br />

questa scelta comporta.<br />

Ciao a tutti!


I DRAMMI DELLA<br />

FAMIGLIA:<br />

INCONSOLABILE È PER LA<br />

MADRE IL DOLORE PER LA<br />

PERDITA DI UN FIGLIO<br />

Elena Scurpa<br />

Il giorno 11 novembre è una data che ha<br />

condizionato la vita di mia madre e dell’intera<br />

famiglia per la morte di un figlio proprio<br />

il giorno in cui compiva 20 anni e frequentava<br />

il 2° anno della facoltà di giurisprudenza<br />

all’Università di Roma. Una sera, tornato a<br />

casa dopo aver sostenuto un esame, riportando<br />

la votazione di 30 e lode, fu colpito da<br />

un febbrone per una broncopolmonite che in<br />

otto giorni ce lo portò via. Il suo fisico,<br />

debilitato da una pleurite di cui aveva<br />

sofferto in precedenza e da cui era guarito,<br />

non gli consentì di superare questo nuovo<br />

malanno.<br />

Non so descrivere la costernazione che la<br />

perdita di questo giovane procurò alla<br />

famiglia. Mio padre, inebetito dal dolore,<br />

non si riprese più; aveva perduto la voglia di<br />

vivere e fu colpito da paralisi progressiva<br />

che lo costrinse a letto per alcuni anni.<br />

Che dire di mia madre? Sembrava impazzita:<br />

soltanto la grande fede e l’attaccamento alla<br />

sua professione la fecero sopravvivere.<br />

Ai superiori che la esortavano a prendersi<br />

un periodo di riposo, rispondeva che soltanto<br />

tra i banchi della scuola con i ragazzi a lei<br />

affidati avrebbe affogato il grande dolore.<br />

Si rammaricava al pensiero di non averlo<br />

tenuto abbastanza vicino a sé ma in un<br />

collegio di grande prestigio, con sacrificio di<br />

tutta la famiglia, in vista anche di una<br />

brillante carriera come faceva prevedere la<br />

sua non comune intelligenza. Credo che non<br />

sia trascorso più un giorno della sua vita in<br />

cui non l’abbia nominato in casa e con le<br />

persone che lo conoscevano.<br />

Mio zio sacerdote, sempre proclamatosi<br />

pronto a fare la volontà di Dio in ogni circostanza<br />

lieta o triste della vita, definendo la<br />

morte una meta luminosa, sì da essere<br />

giudicato a volte poco sensibile da noi familiari,<br />

in quella occasione tradì il suo abituale<br />

costume, dando sfogo a visibili manifestazioni<br />

di dolore, inconcepibili per chi conosceva<br />

il suo forte temperamento.<br />

Anche i parenti, gli amici e direi quasi tutta<br />

la popolazione parteciparono con tanta<br />

affettuosa comprensione alla disgrazia che<br />

aveva colpito la nostra famiglia.<br />

Ci fu una gara di solidarietà da parte di tutti<br />

e la nostra casa fu per lungo tempo meta di<br />

pellegrinaggio doloroso di quanti cercavano<br />

di confortare mio padre e mia madre in<br />

preda ad una profonda prostrazione.<br />

Mio zio, superato il grande dolore, riprese<br />

vigore e, facendo leva sulla sua illimitata<br />

fiducia nei disegni della Provvidenza,<br />

divenne l’angelo consolatore di noi tutti. Ci<br />

proponeva la riflessione sulla fine di tanti<br />

giovani, meno fortunati di Vittorio, morto in<br />

casa tra le braccia della mamma che aveva<br />

salutato con l’espressione: “Mamma, non<br />

disperarti, muore giovane colui che al cielo<br />

è caro.” Naturalmente l’affetto di tutti fu<br />

riversato su di me, rendendomi sempre più<br />

responsabile e pronta ad affrontare le<br />

vicende liete e tristi della vita.<br />

LA DIGNITÀ NELLA<br />

FAMIGLIA GLOBALE<br />

Vittorio Paletta<br />

L’art. 29 della nostra Costituzione<br />

recita “La Repubblica riconosce i<br />

diritti della famiglia, come società<br />

naturale fondata sul matrimonio”.<br />

Io però non vorrei parlare solo della<br />

“famiglia italiana” ma della famiglia<br />

intesa come un microcosmo che,<br />

unita a tutte le altre famiglie del<br />

mondo, getta le fondamenta per la<br />

costruzione di una società civile.<br />

Per raggiungere questo scopo deve<br />

operare nel rispetto delle culture e<br />

credenze del paese dove nasce,<br />

pur nella propria diversità, e contribuire<br />

con azioni, pensieri e sentimenti<br />

volti allo sviluppo degli altri<br />

individui.<br />

Parlare della famiglia mi ha sollecitato<br />

a svolgere una piccola ricerca storica sulle origini e diverse concezioni di<br />

famiglia nel tempo e nel mondo. Fin dal Medioevo la famiglia semplice, costituita<br />

da un padre da una madre e dai loro figli, era l’unita base di ogni gruppo sociale;<br />

nello stesso periodo, il complesso dei “non liberi” che abitavano su terre di altri ed<br />

erano soggetti alla podestà del medesimo padrone, era chiamato “familia”, perveniva<br />

dal latino e significava “insieme di schiavi”.<br />

Nell’antico Egitto la posizione predominante apparteneva alla madre e la famiglia<br />

era caratterizzata da un’ampia libertà e indefinitezza nei rapporti fra sessi<br />

diversi. Assai più salda e ordinata era la famiglia nella civiltà Mesopotamica<br />

antica, a fondamento nettamente patriarcale .<br />

Altresì nella famiglia ebraica era saldamente stabilito il patriarcato, sin dalla<br />

prima epoca storica, pur non mancando indizi di un periodo assai più antico di<br />

stadio matriarcale.<br />

L’islamismo applicava il diritto di famiglia, esistente in Arabia al tempo di<br />

Maometto, con la conferma di una preminenza assoluta del marito/padre.<br />

In Cina, l’autorità, teoricamente illimitata del capo famiglia era temperata dall’autorità<br />

morale della sposa; nel matrimonio era, e lo è tuttora, forte il sentimento di<br />

“clan”: ogni gruppo familiare era concepito come legato a tanti altri gruppi<br />

risalenti a un comune antenato, che professavano un culto comune, ancestrale,<br />

uniti da un vivissimo senso di solidarietà collettiva.<br />

In Europa, in Germania, alle sue origini, la famiglia, più che società domestica<br />

fondata sul vincolo del sangue, era un organismo politico che non abbracciava<br />

tutte le persone discendenti dal medesimo ceppo ma si restringeva a coloro che<br />

ne discendevano per via di maschi; essa era intesa al pari di un consorzio, diretto<br />

a mantenere l’ordine nell’interno, assicurando la pace di tutti i suoi membri e il<br />

rispetto all’esterno dei diritti di coloro che ne facevano parte.<br />

A partire dall’età medioevale, l’istituto della famiglia fu profondamente influenzato<br />

dalla legislazione ecclesiastica, raggiungendo il suo piano più elevato quando<br />

venne esplicitamente affermata la sacramentalità e l’indissolubilità del matrimonio,<br />

nonché il principio monogamico.<br />

L’opera della chiesa non riuscì invece nella eliminazione delle differenze tra<br />

maschi e femmine; doveva arrivare il tempo della rivoluzione francese per<br />

spazzare via la disparità di trattamento tra i figli nella successione e l’avvento di<br />

una concezione “laica” della famiglia. E potrei continuare nella Storia della<br />

famiglia nei secoli… ma, per non tediarvi, mi fermo quì, anche perché abbiamo<br />

scoperto che, nonostante le diverse origini e formazioni e usanze e legislazioni, la<br />

famiglia è stata nei secoli e rimane tutt’oggi il motore di sviluppo della società.<br />

Ad una società, che oggi è globale e che si dica civile, occorre però applicare un<br />

principio che io ritengo assolutamente prioritario nella concezione di una famiglia<br />

“globale” ed è il concetto della “dignità”!<br />

Etimologicamente, la parola dignità significa “condizione di nobiltà morale in cui<br />

l’individuo è posto dal suo grado, dalle sue intrinseche qualità, dalla sua stessa<br />

natura di individuo ed insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e che<br />

egli deve a se stesso”.<br />

Oggi molti, troppi, nelle diverse latitudini, hanno perso il significato e il valore di<br />

questa parola e, così facendo, offen<strong>don</strong>o loro stessi, la loro famiglia e la comunità<br />

di cui fanno parte.<br />

I genitori, padri e madri, devono riscoprirla e riconoscersi in questa parola e loro<br />

compito è quello di insegnarla ai loro figli, perché la facciano propria.<br />

A noi tutti occorre una sincera riflessione su ciò che stiamo perdendo, perché solo<br />

parlan<strong>don</strong>e, confrontandoci e dimostrando di non avere vergogna di esprimere il<br />

sentimento semplice e nobile di dignità, possiamo riprendere e continuare il<br />

nostro cammino umano di evoluzione e di civiltà .<br />

- 10 -


LA MIA FAMIGLIA “ALLARGATA”<br />

(NEGLI ANNI ‘60)<br />

Maria Rossi<br />

Famiglia “allargata” negli Anni Sessanta aveva un significato<br />

molto diverso da quello che le diamo noi oggi.<br />

In Italia non c’era il divorzio, non si aveva idea di cosa<br />

fosse il “compagno” di mamma o “l’amica” di papà, e così<br />

era per fratellastri e nonni doppi.<br />

Al massimo le famiglie allargate erano quelle di vedovi e<br />

vedove, che si risposavano, anche se raramente.<br />

Eppure ho avuto la fortuna di vivere proprio in una famiglia<br />

allargata perché, essendo i miei genitori entrambi di<br />

famiglia romana, ho avuto sempre vicino uno stuolo di zii,<br />

cugini, di 1° e 2° grado, e parenti di parenti, e cugini di<br />

cugini. Perfino gli amici di mamma e papà per noi erano<br />

“zii” d’adozione. La Befana non era la Befana se il pomeriggio<br />

non venivano da noi nonna, zii e cugini da parte di<br />

papà; Natale non era Natale se non stavamo con il fratello<br />

di mamma e la sua famiglia.<br />

L’unico neo (si fa per dire!) era l’altro fratello di mamma,<br />

chirurgo, trasferitosi nei primi anni Sessanta in Canada<br />

perché si era innamorato di una canadese… ma di lui<br />

c’erano le telefonate, le prime transoceaniche, che passavano<br />

attraverso la “signorina” dell’Italcable.<br />

E poi c’era la festa delle ciliegie, in Sabina, nei primi giorni<br />

di giugno quando, nella villa dei cugini di papà, ritrovavamo<br />

ogni anno una marea di parenti di parenti, quelli per intenderci<br />

che si incontrano solo a matrimoni e funerali, o forse<br />

neanche lì. In quella occasione si incontravano almeno<br />

quattro generazioni ed era la “prova d’esame” (terrificante!)<br />

per i nuovi (e le nuove) arrivati.<br />

Provate a dirlo ai ragazzi di oggi di fare una full immersion<br />

di parenti così. Scapperebbero.<br />

Invece per noi la festa delle ciliegie era un momento<br />

bellissimo e quando, invecchiati gli zii, la tradizione è<br />

finita, ci è dispiaciuto veramente tanto.<br />

E ancora di più quando la villa è stata venduta e modificata<br />

dai nuovi proprietari.<br />

Le due famiglie dei nonni paterni, per abbondanza di<br />

nascite femminili (da parte materna è l’esatto contrario:<br />

abbondano i maschi) stanno finendo nel nome, anche se<br />

non nella discendenza.<br />

Due famiglie “romane” in meno, ma tante altre famiglie<br />

sono nel frattempo diventate romane.<br />

Da parte di mamma, poi, gli intrecci familiari erano (e<br />

sembra impossibile) ancora più forti. Merito – o colpa? – di<br />

un altro piccolo paese della Sabina dove nel 1928 i nonni<br />

ebbero l’idea insieme ad una coppia di cognati di costruire<br />

una grande casa con un immenso (così era per noi bambini)<br />

giardino.<br />

Beh, con i cugini dicevamo che, se l’avessero costruita a<br />

Cortina o a Capri invece che lì, saremmo diventati miliardari;<br />

ma per noi era il massimo.<br />

Tutte le nostre estati, le nostre amicizie, i nostri legami<br />

affettivi sono legati a quella grande casa.<br />

E zii, zie, cugini, amici di amici.<br />

E la fissazione del silenzio durante il riposino pomeridiano,<br />

- 11 -<br />

le raccolte di more, le partite di pallavolo, le biciclette, le<br />

gite in montagna, le scampagnate.<br />

O ancora la luce che negli anni Sessanta andava via al<br />

primo temporale, le piogge di settembre, i funghi a seccare,<br />

i fichi e mille altre cose.<br />

Infine, non meno abitata, aperta e allargata era la casa di<br />

Roma dove i nostri genitori ospitavano volentieri gli amici<br />

della parrocchia e quelli del liceo e dell’università… e in<br />

quelle occasioni qualche sedia ci ha anche rimesso le<br />

gambe!<br />

L’apertura cordiale è stata sempre una caratteristica di<br />

casa nostra ma è anche vero che in quegli anni si faceva<br />

molto di più vita in comune e i ragazzi stavano insieme<br />

volentieri.<br />

Computer, Facebook, Blog, You tube erano lontani dal<br />

nascere, nomi inesistenti; il loro arrivo avrebbe avvicinato<br />

il mondo ma allontanato i rapporti personali, quelli del<br />

guardarsi negli occhi, del ridere insieme, del sussurrare e<br />

dell’abbracciarsi.<br />

I ragazzi di oggi sono, e non solo secondo me, molto più<br />

soli anche se “navigano” per il mondo!<br />

Nella nostra palazzina viveva una grande quantità di<br />

ragazzi e ragazze, le famiglie allora erano numerose (4,5,6<br />

figli e in qualche caso anche di più), la Balduina era un<br />

quartiere giovane, molte case erano di cooperativa e le abitavano<br />

coppie i cui genitori vivevano in Centro o in Prati o<br />

in altre Regioni, perché proprio in quegli anni arrivarono a<br />

Roma famiglie da tutta l’Italia.<br />

Ho bellissimi ricordi della mia infanzia e della mia<br />

giovinezza e, se avessi avuto dei figli, avrei desiderato<br />

trasmetterglieli tutti. Con i nipoti lo abbiamo fatto, sono<br />

legati tra loro (e con noi) ma è la realtà intorno che è molto<br />

cambiata.<br />

Non voglio assolutamente dire che prima fosse tutto<br />

meglio; il benessere era di pochi, poi si è allargato a molti;<br />

per tanti versi ora si sta meglio ma i giovani hanno enormi<br />

problemi nel trovare lavoro, difficoltà che i loro nonni – nel<br />

boom degli anni Cinquanta e Sessanta – ignoravano<br />

totalmente.<br />

Il mondo cambia, cammina, corre, fa venti passi avanti e<br />

dieci indietro ma quello che è sicuro è che una “famiglia<br />

allargata” come l’abbiamo avuta le mie sorelle ed io non c’è<br />

più ed era bellissima.<br />

Mamma e papà erano molto legati, il loro matrimonio è<br />

durato quasi 60 anni, e quando tra sorelle discutevamo e<br />

litigavamo (siamo caratteri “decisi” e qualcuna anche di<br />

più…), papà ci diceva saggiamente che in futuro ci sarebbe<br />

capitato qualcosa di più doloroso (perché così è la vita) e ci<br />

saremmo dispiaciute delle discussioni fatte per delle<br />

sciocchezze e ci ricordava anche che è, e sarebbe, sempre<br />

meglio non litigare con le persone, perché fare pace è poi<br />

difficile e ognuno di noi si porta dentro il suo orgoglio…<br />

aveva ragione.<br />

Sono stata fortunata, siamo state fortunate.<br />

Quando poi sono arrivati dolori più grandi anche per noi,<br />

l’aiuto più forte ce lo hanno dato, anche nella diversità dei<br />

caratteri e dei valori acquisiti, proprio gli insegnamenti<br />

avuti a casa. Dai nostri genitori, prima di tutto, e poi da<br />

tutta la nostra famiglia allargata.<br />

Oggi che tanti non ci sono più e che i morti, per il calo delle<br />

nascite, sono più dei vivi, provo nostalgia e tenerezza<br />

pensando al “Cesone” a Montelibretti o a “Villa Maria<br />

Edvige” a Collalto, ma soprattutto pensando a tanti volti<br />

sorridenti e affettuosi che abbiamo avuto vicino e al<br />

grande piazzale dove giocavamo interminabili partite di<br />

pallavolo, mentre le mamme lavoravano a ferri sulle sdraio<br />

e i papà leggevano il giornale, e i nuovi arrivati (amici o<br />

amiche che fossero) trovavano tutti schierati sotto i tigli<br />

che li guardavano e giudicavano.<br />

Peggio di un Esame di Maturità !<br />

Oggi a tutta questa mia famiglia allargata e soprattutto ai<br />

miei Genitori posso solo dire un grandissimo “Grazie” per<br />

come siamo cresciute e per i valori che ci hanno lasciato.<br />

E, comunque, ho avuto anche io una bella famiglia allargata…<br />

Pensate ! 33 anni nelle classi dei Licei ! Niente male.


FAMIGLIA, DIVENTA CIÒ CHE SEI<br />

Celina Mastrandrea<br />

È questo l’invito che ha voluto lasciarci Giovanni <strong>Paolo</strong> II,<br />

un’esortazione e un augurio espresso con la sua voce appassionata<br />

durante l’omelia rivolta alle famiglie durante un viaggio apostolico<br />

in Africa nel 1982.<br />

Un appello rivolto a tutte le famiglie cristiane del mondo con la<br />

stessa passione che si sente nell’ esortazione apostolica<br />

“Familiaris Consortio”.<br />

Ecco qualche passaggio... “La famiglia viene da Dio. È il Creatore<br />

che ha predisposto il patto d’amore di un uomo e di una <strong>don</strong>na. Lui<br />

ha benedetto il loro amore e lo ha reso fonte di scambievole aiuto.<br />

L’ha reso fecondo, ed ha stabilito la sua permanenza fino alla<br />

morte. Nel piano del Creatore, la famiglia è una comunità di<br />

persone. Quindi la forma fondamentale della vita dell’amore nella<br />

famiglia sta nel rispetto di ogni persona, di ogni singolo membro<br />

della famiglia. Gli sposi si stimano e si trattano con il massimo<br />

rispetto. Genitori, rispettate la personalità unica dei vostri figli.<br />

Figli, prestate ai vostri genitori rispetto obbediente. Tutti i membri<br />

della famiglia devono sentirsi accettati e rispettati perché devono<br />

sentirsi amati. In modo particolare, gli anziani e gli ammalati”.<br />

Giovanni <strong>Paolo</strong> richiamava in quella sede alla fiducia per un<br />

unione salda, alla pazienza e al per<strong>don</strong>o per superare le difficoltà<br />

personali, le quali non possono mai giustificare la mancanza di<br />

amore. “Sposi e spose, amatevi reciprocamente; sacrificate voi<br />

stessi l’uno per l’altro e per i vostri figli. Famiglie cristiane,<br />

lasciate che il vostro esempio splenda davanti al mondo intero:<br />

sostenete il diritto alla vita. Non accettate una mentalità contraria<br />

alla vita. Renderete un grande servizio al vostro paese, alla Chiesa<br />

e all’umanità intera, se cercate in qualunque modo possibile di<br />

salvaguardare l’amore per la vita. Amate i vostri figli come Maria<br />

e Giuseppe amarono, protessero ed educarono Gesù. Diventate ciò<br />

che siete, la prima e vitale cellula della società. Dalla famiglia<br />

infatti nascono i cittadini, nella famiglia essi trovano la prima<br />

scuola di quelle virtù sociali, che sono l’anima della vita e dello<br />

sviluppo della società stessa. È la famiglia che rimuove dall’anonimato<br />

ogni uomo e <strong>don</strong>na e rende consci della dignità personale.<br />

Fratelli e sorelle, se amate il vostro paese, amate pure la vostra<br />

vita di famiglia. Se volete evitare di avere una società che corre il<br />

rischio di diventare sempre più spersonalizzata e standardizzata e<br />

perciò stesso inumana e disumanizzante, allora rafforzate le<br />

vostre strutture della vita di famiglia. Rispettatele. E voi, giovani,<br />

preparatevi per il matrimonio con la preghiera, con l’autodisciplina,<br />

il mutuo rispetto e la castità. Perché il <strong>don</strong>o intero e<br />

genuino di se stessi può solo avvenire nell’amore coniugale<br />

indissolubile. Famiglie cristiane, la vostra dignità e responsabilità<br />

come discepole di Gesù viene dal fatto che voi siete chiamati ad<br />

essere santi. Diventate santi attraverso i <strong>don</strong>i del Signore, <strong>don</strong>i di<br />

fede, speranza e carità, attraverso la preghiera personale e<br />

familiare, attraverso una fiducia amorosa nel vostro Padre celeste,<br />

attraverso la vita di grazia nutrita e sostenuta con i sacramenti.<br />

Divenite santi partecipando alla vita della Chiesa nelle vostre<br />

comunità locali, nelle vostre parrocchie, nelle vostre diocesi, con<br />

rispetto ed amore per i vostri sacerdoti ed i Vescovi. Divenite santi<br />

nel servizio d’amore, amore a Dio e al vostro prossimo, soprattutto<br />

alle vostre famiglie. Divenite santi ed aiutate a rendere santa la<br />

vita delle vostre comunità sociali e nazionali”. Così il Papa, oggi<br />

Beato, invita ancora le famiglie del mondo intero a ritrovare in se<br />

stesse la propria verità e a realizzarla in mezzo al mondo. Oggi più<br />

di ieri, in un mondo così minato dallo scetticismo, non può non<br />

risuonare ancora forte l’esortazione del Santo Padre che incoraggiava<br />

le famiglie a riscoprire questa verità su se stesse aggiungendo:<br />

“Famiglia, credi in ciò che sei!”. “Architettura di Dio”, piano<br />

di Dio inviolabile; “architettura dell’uomo”, impegno dell’uomo nel<br />

disegno divino”.<br />

Affidiamo l’oggi e il domani delle nostre famiglie a Colei che<br />

invochiamo sempre Madre e Regina delle famiglia!<br />

- 12 -<br />

SOTTO TIRO<br />

Alessandra Angeli<br />

Quando penso alla famiglia nella<br />

società attuale, mi vengono in<br />

mente i baracconi del tiro a segno.<br />

Qualcuno imbraccia il fucile ad aria<br />

compressa e… PAM, PAM, PAM… i<br />

barattoli vengono giù uno dopo<br />

l’altro.<br />

Le famiglie vengono scosse sin<br />

dalle fondamenta. C’è chi resiste e<br />

chi cade sotto i colpi. La Ma<strong>don</strong>na<br />

l’aveva predetto a Ghiaia di Bonate, alla metà circa del secolo<br />

scorso. Si prega, si cerca di rimanere sempre in grazia di Dio,<br />

e la scossa passa oltre. Ma intorno a te molti non ce la fanno.<br />

E se quei molti sono i tuoi cari, ti prende un groppo allo<br />

stomaco. Che aumenta e soffoca quando focalizzi che sei stata<br />

la loro testimone di nozze di fronte al Padre Eterno.<br />

Che sei madrina di Battesimo e Cresima dei figli di quei<br />

genitori ormai divisi. Che, a cascata, più nessuno di loro entra<br />

in chiesa. Negli anni ci si consolerà con nuovi incontri, e forse<br />

nasceranno le cosidette famiglie allargate.<br />

Umanamente parlando, tutto si può capire: le incomprensioni,<br />

le difficoltà poi la solitudine. Ma spiritualmente parlando, chi<br />

si piazza nel nostro salotto quando rompiamo l’impegno con<br />

Dio? Quando invece di perseverare, cercando aiuto tendendo<br />

la mano al cielo, facciamo tutto da soli e finiamo inghiottiti<br />

dalle sabbie mobili?<br />

Cosa scarichiamo sulle spalle dei nostri figli? Come aiutare<br />

quelli a cui vuoi bene, mentre te li vedi scivolare via tra le<br />

mani? Un forte senso di smarrimento ti pervade.<br />

L’angoscia sale, il senso di responsabilità ti sfianca. Pensi a<br />

tutto quello che di negativo può ancora scaturire quando si<br />

fanno dei passi falsi. Pensi alle giovani vite che hai visto<br />

nascere, alle trappole che si spalancano davanti a loro.<br />

La tua rabbia contro la debolezza umana si scontra con il<br />

dovere di carità e di comprensione.<br />

Ed è in momenti come questi che ti rendi conto di quale grazia<br />

sia l’esistenza degli uomini di Dio, i sacerdoti!<br />

Ecco che come un balsamo miracoloso curano le tue ferite.<br />

“Ama” mi è stato detto” e non ti scoraggiare.<br />

Non giudicare, dai testimonianza di ciò che è giusto, ma fallo<br />

con amore, con pazienza”. Così la nebbia dentro di me si è<br />

diradata e la speranza e la forza si sono riaffacciate. La forte<br />

presa di Gesù Cristo mi ha rimesso in piedi: so che non mi<br />

lascerà sola, ma so anche che se non unirò i mie sforzi ai Suoi<br />

meriti, non andrò molto lontano. Preghiamo di poter diventare<br />

degli operatori di pace, di cercar di ridurre le distanze tra il<br />

nostro Creatore e tutti coloro che, intorno a noi, si sono<br />

smarriti. Cercando al contempo di non adeguarci alla tenebrosa<br />

disarmonia che assedia l’umanità dei nostri giorni. Santa<br />

Maria della speranza, aiutaci Tu!<br />

GENITORI E SOCIETÀ<br />

Leonardo Cancelli<br />

Una famiglia di ispirazione Cristiana dovrebbe promuovere lo<br />

sviluppo ”dell’animale sociale” uomo informato a determinati<br />

valori di testimonianza di Fede e di solidarietà civile e ciò si può<br />

ottenere con l’esempio ancor più che col mero insegnamento.<br />

I genitori dovrebbero cioè porsi come modello di persone<br />

calate nel contesto sociale che sappiano filtrare criticamente e<br />

serenamente le tendenze e i modelli della società, non tanto<br />

chiudendosi asceticamente a riccio e tanto meno al contrario<br />

conformandosi passivamente agli stili di vita consumistici ed<br />

e<strong>don</strong>istici che vengono proposti.<br />

Le figure genitoriali dovrebbero avere uno stile educativo<br />

improntato al dialogo con i figli nel delicato percorso formativo<br />

verso l’autonomia, mantenendo una definizione dei ruoli ed<br />

esercitando una pacata autorità senza recitare le parti del<br />

genitore amico in simbiosi con il figlio o del genitore grottescamente<br />

autoritario e senza fossilizzarsi in schemi rigidi e disfunzionali<br />

di “eterni genitori” che si prodigano per gli eterni ”figli<br />

di famiglia” (o “bamboccioni”).<br />

In parole povere dei buoni educatori dovrebbero porsi come<br />

esempi di persone partecipi della vita sociale e saper indicare<br />

l’equilibrio tra gratificazione personale e sociale ed esigenze<br />

Cristiane di sobrietà, solidarietà, sensibilità, lealtà.


LA FAMIJA POVERELLA<br />

Giancarlo Bianconi<br />

“Quiete, crature mie,<br />

stateve quiete:<br />

Sì, fijji, zitti, che mommò<br />

vie’ tata.<br />

Oh Vergine der Pianto<br />

addolorata,<br />

Provedeteme Voi che lo<br />

potete. No, viscere mie care,<br />

nun piagnete:<br />

Nun me fate mori’<br />

cusì accorata. Lui quarche cosa<br />

l’averà abbuscata,<br />

E piijjeremo er<br />

pane, e magnerete. Si capìssivo<br />

er bene che ve vojjo!....<br />

Che dichi, Peppe?, nun vòi<br />

sta’ a lo scuro?<br />

Fijjo, com’ho da fa’ si nun c’è ojjo? E tu,<br />

Lalla, che hai? Povera Lalla<br />

Hai freddo? Ebbè, nun mettete lì<br />

ar muro: Vie’ in braccio a mamma tua<br />

che t’ariscalla”. (G.Belli)<br />

Che dire di più? Una fotografia, più che un sonetto, è questo<br />

breve componimento poetico. Una fotografia raffigurante,<br />

con rara potenza espressiva, una situazione stra-ziante: una<br />

famiglia che non ha i soldi neanche per un pò di cibo, ma che<br />

è pur sempre una famiglia. Da un lato, quindi, un padre<br />

disposto a fare un qualsiasi lavoro pur di racimolare i pochi<br />

spiccioli necessari a comprare anche solo un pò di pane per<br />

i propri familiari; dall’altra una madre che, stringendo a sé i<br />

figlioletti piccoli, piagnucolanti per i disagi che stanno soffrendo,<br />

disperata lei stessa li conforta tuttavia rassicurandoli<br />

che, di lì a poco, con i soldi che il papà sarà riuscito a procurarsi<br />

potranno acquistare il pane necessario a sfamarli:<br />

piijjeremo er pane, e magnerete, dice. Noi compreremo il<br />

pane e Voi, figli, mangerete. Espressione massima dell’assoluta<br />

disponibilità sino all’annullamento di se stessi per<br />

amore dei figli. È un sonetto che mi ritrovo a leggere spesso<br />

poiché vi ritrovo, pur nello strazio della scena, un qualcosa<br />

di pulito capace di scaldarti l’animo fra i tanti orrori in cui,<br />

nostro malgrado, ci troviamo a dover vivere oggigiorno.<br />

COSI SAREBBE SE VI PARE<br />

(almeno da una chiamata al cellulare)<br />

Sandro Morici<br />

- Ciao Laura, come va? Oggi è venerdì e vorrei uscire prima dal<br />

lavoro. Mi pare che abbiamo tante cose da fare…<br />

- Sì, Aldo, il fine settimana “senza lavoro”, paradossalmente<br />

diventa quasi un incubo, con tutto ciò che si accumula dai giorni<br />

precedenti. Io, comunque, sto uscendo per portare i bambini ai<br />

soliti appuntamenti: dapprima Irene alla scuola di danza e poi Lello<br />

alla piscina comunale. Come di consueto, in stretta sequenza,<br />

cercando di incastrare gli orari, sempre di fretta…<br />

- E già, il correre, il ritmo forsennato, l’ansia di non fare in tempo<br />

è un must di questa nostra società post-moderna. E questo è<br />

sicuramente motivo di instabilità emotiva e di stress psicologico…<br />

- Certo, caro, ma se tutto fosse programmabile, basterebbe utilizzare<br />

l’agenda elettronica del nostro cellulare che, alla scadenza, ci<br />

avvertirebbe con un dolce squillo. E invece…<br />

- E infatti non è così! Ci sono un sacco di imprevisti nel nostro<br />

“tempo senza tempo”. Una volta la vita si svolgeva tutta entro le<br />

mura del paesino: ora, invece, le distanze si sono dilatate, le<br />

attività si sono moltiplicate divenendo quasi tutte “necessità”, gli<br />

strumenti tecnologici per semplificare i problemi sono nati come<br />

funghi, ma la giornata… è purtroppo rimasta ancora di 24 ore!<br />

- Direi di sì, la quotidianità è sempre più zeppa di impegni. Oggi<br />

pomeriggio, per esempio, occorre anche far fare i compiti ai<br />

bambini per lunedì, per non ridurci all’ultimo momento della<br />

domenica sera.<br />

- Beh, se arrivo prima dal lavoro, potrei pensarci io. Questa storia<br />

dei compiti, tuttavia, va affrontata: ambedue le maestre caricano i<br />

bambini di un sacco di compiti a casa. Ma perché non cercano di<br />

svolgere l’intero programma tra i banchi di scuola?<br />

- Aldo, per favore, datti una calmata. Devi convenire che<br />

l’educazione di un bambino è una primaria responsabilità genitoriale,<br />

nella trasmissione di valori, di principi, di idee. Aiutarlo a fare<br />

i compiti, possibilmente a televisione spenta, significa dargli la<br />

possibilità di ampliare i suoi orizzonti etici e culturali.<br />

- È vero, ma di mezzo c’è sempre quel tiranno del tempo.<br />

Piuttosto, stasera andiamo con i soliti amici a mangiare la solita<br />

- 13 -<br />

Orrori dei quali quotidianamente peraltro i vari mezzi di<br />

comunicazione ci forniscono precise notizie corredate,<br />

manco a dirlo, di tutti i particolari anche più raggelanti. Anzi,<br />

direi meglio: soprattutto i più raggelanti e, quel che è peggio,<br />

fini a se stessi in quanto assolutamente superflui ai fini<br />

di una più precisa comprensione degli eventi descritti. E<br />

allora ecco che questi pochi versi, pur strazianti per la tragicità<br />

della situazione illustrata, riescono magistralmente a<br />

far rifulgere quel sentimento senza il quale la vita, a mio<br />

giudizio, non avrebbe senso di essere vissuta: l’amore. Ecco<br />

quindi delineato, in questi pochi versi, il significato vero di<br />

famiglia. Anzi, di Famiglia, con la “effe” maiuscola: un insieme<br />

cioè più o meno numeroso di persone che, intimamente<br />

e saldamente cementate fra di loro dall’amore, costituisce<br />

un rifugio entro il quale non solo si vivono momenti felici,<br />

ma entro cui, nel contempo, si è in grado di ricevere il calore<br />

e raccogliere le forze necessarie per far fronte alle avversità<br />

che inevitabilmente si propongono nel corso della vita.<br />

Al termine di una giornata di lavoro, infatti, trascorsa anche<br />

in modo interessante fuori di casa, il rientro in famiglia e<br />

ritrovare i propri cari è sempre un momento impagabile ed<br />

emotivamente nuovo ogni volta. È il momento in cui riabbracci<br />

i tuoi cari quello che annulla le eventuali amarezze<br />

della giornata e ti “ricarica” immediatamente delle forze<br />

necessarie ad affrontare i problemi del nuovo giorno. Ed è<br />

sempre quella la circostanza in cui ringrazi Iddio con tutto<br />

te stesso per la grazia ricevuta da un lato di avere ancora o<br />

comunque di aver avuto una splendida famiglia di origine e,<br />

dall’altro, di avere un coniuge e dei figli su cui riversare, e<br />

da cui ricevere, tutta la capacità di amare, nel mentre ti<br />

rendi anche conto che nessuno, a parte talune eccezioni<br />

(che, come noto, confermano sempre la regola) può vivere<br />

senza amore. Purtroppo la famiglia non sempre è questa,<br />

almeno oggi. E a quest’ultimo proposito non ci si può certo<br />

nascondere che si viene sempre più spesso a conoscenza di<br />

distruzioni di famiglie attraverso separazioni coniugali,<br />

divorzi, e, peggio ancora, uxoricidi. Da ciò che si apprende<br />

quotidianamente verrebbe fatto di pensare, quindi, che la<br />

“famiglia”, almeno come modello sul tipo di quello appena<br />

descritto, oggi non esisterebbe più. Ma forse non sarebbe<br />

neanche del tutto vera un’eventuale affermazione del<br />

genere, perché poi è altrettanto noto che quasi tutti gli<br />

stessi soggetti che hanno distrutto la propria famiglia,<br />

proprio in conseguenza del principio appena annunciato,<br />

trascorso poco tempo, se ne sono formati una “nuova”,<br />

magari pure “allargata”.<br />

È il momento, quello, del “trionfo della speranza<br />

sull’esperienza”.<br />

pizza al solito posto?<br />

- Aldo, non te ne sei accorto, ma, in un secondo, hai ripetuto tre<br />

volte l’aggettivo “solito”! Mi sembra che questa società globalizzata<br />

abbia messo sott’olio i neuroni del nostro cervello, togliendoci<br />

di volta in volta il gusto di pensare con la nostra testa.<br />

- Senti cara, ma allora per stasera debbo convocare mia mamma,<br />

che venga a badare ai bambini?<br />

- Ok, ma raccomandale di mandarli a letto al più presto. Lo sai, i<br />

nonni con i nipoti ridiventano ancora più bambini e sono felici<br />

quando possono <strong>don</strong>are il loro tempo e la loro affettuosità.<br />

- Ma anche con noi sono molto generosi. Pensa come faremmo<br />

senza il loro supporto nel pagare le rate del mutuo della casa!<br />

Certo, c’è il normale salto generazionale: loro hanno vissuto con<br />

altre esigenze, in un altro contesto sociale, dove famiglia equivaleva<br />

a risparmio e crescita amorosa e quando il senso della sobrietà<br />

era molto vivo, tempi in cui la famiglia era considerata veramente<br />

una piccola comunità e non come somma di individui che stanno<br />

insieme per convergenza di interessi.<br />

- Oggigiorno forse sarebbe auspicabile un ritorno al passato, ma<br />

purtroppo i bisogni individuali ci sovrastano e siamo sempre più<br />

presi da questo vortice del comprare. E poi come si fa a resistere<br />

alle mille tentazioni delle super-offerte del supermercato? Anzi, a<br />

proposito, domani, sabato, dovremmo andare tutti al centro<br />

commerciale per decidere quale video-gioco dobbiamo regalare ai<br />

bambini nel prossimo Natale. Ormai i loro compagni di scuola ce<br />

l’hanno tutti… E poi queste ultime console, le Wii Sports Resort<br />

Pack, sono divertenti anche per noi grandi!<br />

- Sì, ne ho sentito parlare. Sono giochi che vanno di moda, anche<br />

se tra sei mesi costeranno la metà e saranno superati dai nuovi<br />

modelli… E poi dovremo trovare il tempo per giocarci…<br />

- Senti, Aldo, si sta facendo tardi. Allora ci vediamo a casa prima<br />

delle otto. Così ho anche il tempo di passare dal parrucchiere e<br />

mettermi un po’ in ordine…<br />

- Ok, ciao, ciao.<br />

Vi abbiamo riprodotto uno squarcio di vita (serena?) di una delle<br />

tante giovani coppie che incontriamo per strada (ove i nomi sono<br />

ovviamente inventati). Avete trovato qualche affinità? Fateci<br />

sapere la vostra opinione: se però non siete d’accordo, vi chiediamo<br />

venia. Vuol dire che… abbiamo sbagliato esempio!


FA N TA S C I E N Z A & R E L I G I O N E<br />

LA FANTASCIENZA CRISTIANA<br />

Intervista ad Annarita Petrino<br />

Luigi Milani<br />

Questo mese Arrivano i Nostri si occupa di Fantascienza Cristiana.<br />

Lo fa intervistando Annarita Petrino, insegnante e scrittrice<br />

d’ispirazione cristiana. Da alcuni anni inoltre Annarita gestisce la<br />

rivista cristiana online Voci dell’Anima, scaricabile gratuitamente<br />

dal sito www.mooncity.it.<br />

In cosa differisce la fantascienza cristiana dalla fantascienza<br />

tradizionale?<br />

La fantascienza cristiana nasce dalla stessa fantascienza tradizionale,<br />

con l’intento di rispondere, in qualche modo, alle provocazioni<br />

lanciate da quest’ultima. La fantascienza tradizionale<br />

sempre più spesso propone scenari in cui Dio risulta assente o<br />

viene incarnato da nuove forme di religione, di solito collegate a<br />

nuove culture, a nuove razze (aliene) o a nuovi assetti sociali e<br />

governativi. Gli scenari sono quelli in cui l’uomo possiede tutte le<br />

risposte, manipola tutto ciò che riguarda se stesso e la natura. In<br />

altre parole scenari in cui l’uomo ha preso il posto di Dio. Allora la<br />

differenza non sta tanto nei temi trattati, ma nel modo di trattarli,<br />

cioè di svolgerli e di concluderli. Se nella fantascienza tradizionale<br />

troviamo storie che hanno un finale “disperato”, dove cioè<br />

risulta chiaro un senso di ineluttabilità, di catastrofe umana,<br />

morale e naturale, la fantascienza cristiana propone quella<br />

speranza che permette all’uomo di vivere nel suo tempo, senza<br />

rinnegare la sua vera natura e soprattutto senza mettersi al posto<br />

di Dio. In sostanza si tratta di una lettura cristiana del genere<br />

fantascientifico.<br />

C’è una certa diffidenza nei confronti di questa corrente<br />

della sf (acronimo per Science Fiction, Fantascienza, NdR):<br />

quali le ragioni secondo te? Sono forse legate a una concezione<br />

che vede la fantascienza legata a una concezione più<br />

scientifica che non umanistica?<br />

Non esattamente. Penso che scienza e umanesimo abbiano il<br />

dovere di andare a braccetto. La scienza non può essere scissa<br />

dall’uomo, o rischia di andare contro di lui. In genere la fantascienza<br />

è vista come un genere di evasione. Per gli appassionati<br />

non è così, e io personalmente credo molto nelle sue potenzialità.<br />

Le ragioni della diffidenza sono da ricercarsi nel fatto che la sf è<br />

innegabilmente proiettata verso il futuro. Sembra essere opinione<br />

di molti che il Cristianesimo non sia destinato a vivere a lungo,<br />

nonostante abbia dimostrato una indubbia resistenza agli eventi<br />

nefasti della storia. Appare allora difficile conciliare il Vangelo e<br />

la figura di Gesù Cristo con gli scenari apocalittici della sf tradizionale.<br />

È difficile, nell’ambito di un racconto, un romanzo o un<br />

film di fantascienza, riservare a Dio il ruolo che ha sempre avuto.<br />

Si crea una sorta di imbarazzo, e per questo si preferisce interpretare<br />

la figura e il ruolo di Dio secondo canoni dettati dalla sf. La<br />

fantascienza cristiana, invece, fa esattamente il contrario. Non si<br />

tratta di un’impresa semplice, tuttavia è possibile e, aggiungerei,<br />

- 14 -<br />

necessario. Per questo c’è diffidenza, perché non si crede<br />

possibile una tale operazione.<br />

Si parla di crisi della fantascienza “scritta”: sei d’accordo<br />

con questa affermazione?<br />

Dipende da che si intende per “fantascienza scritta”. Forse c’è<br />

crisi della stampa di libri o volumi di racconti di sf, ma questo va<br />

attribuito al cambiamento del modo di comunicare le idee e di<br />

scrivere. La Rete è piena di sf. Anzi, penso che il genere abbia<br />

enormemente beneficiato dell’avvento di Internet, un mezzo di<br />

comunicazione decisamente a essa congeniale.<br />

C’è un collegamento tra fantascienza cristiana, scienza e<br />

religione?<br />

Sicuramente. La fantascienza cristiana nasce dalla sintesi di<br />

scienza e religione. Crea un ponte proprio su quei temi che nella<br />

realtà le divi<strong>don</strong>o. Per questo ritengo la sf preziosa, perché è<br />

l’unico genere letterario che, occupandosi del futuro, in qualche<br />

modo avverte l’uomo dei rischi, dei pericoli e delle conseguenze<br />

di certe scelte.<br />

Sei autrice di racconti ascrivibili a questa nuova corrente<br />

fantascientifica. Quali sono i temi che affronta un autore di<br />

fantascienza cristiana e con quale approccio?<br />

I temi sono gli stessi della fantascienza tradizionale: clonazione,<br />

eutanasia, sviluppo tecnologico, genoma umano, fine del mondo,<br />

morte, guerra, malattia, solo per fare qualche esempio. Cambia il<br />

modo di affrontarli, da un’ottica cioè che sia cristiana, che rimetta<br />

Dio al centro e restituisca all’uomo quella dignità che spesso il<br />

progresso tecnologico gli toglie. L’approccio è quello di prendere<br />

temi fantascientifici e di “rileggerli” in chiave cristiana, cioè<br />

secondo gli insegnamenti del Vangelo, forti della sua straordinaria<br />

attualità e dunque futuribilità. Se il Vangelo è attuale<br />

ancora oggi dopo 2000 anni, perché non dovrebbe esserlo tra altri<br />

2000? Superato il dubbio che Dio non possa parlare al cuore<br />

dell’uomo anche nel futuro, ecco che la fantascienza può ben<br />

essere cristiana.<br />

I QUADERNI DI FANTASCIENZA<br />

Le Edizioni Il Papavero in collaborazione col sito Fantascienza<br />

e non solo annunciano l’apertura di una nuova collana,<br />

dedicata alla SF e strutturata come segue: Tutti gli albi saranno<br />

rilegati e dotati di isbn; I prezzi di copertina degli albi non<br />

supereranno € 6,00; Gli autori selezionati e pubblicati non<br />

dovranno pagare nulla e in nessun caso; Gli autori selezionati<br />

dovranno accettare le revisioni e le modifiche eventualmente<br />

apposte/suggerite al testo dallo staff della casa editrice; La<br />

liquidazione delle royalties agli autori avverrà su base annuale<br />

e pro quota, come da contratto stipulato con l’Editore;<br />

Gli autori selezionati dialogheranno col responsabile di collana<br />

ed è auspicabile che mantengano sempre presente il manifesto<br />

programmatico dell’editore.<br />

Gli autori interessati a partecipare Sono invitati a postare i<br />

propri racconti, purché muniti delle seguenti caratteristiche:<br />

Formato doc o odt; Lunghezza minima 5 cartelle A4 e<br />

lunghezza massima 40 cartelle A4; Tema fantascientifico, con<br />

licenza di sconfinare nei generi paralleli Steam Punk, Cyber<br />

Punk, Urban fantasy, Weird. I manoscritti dovranno essere<br />

spediti via mail all’indirizzo fantascienzans@fastwebnet.it<br />

unitamente a una dichiarazione attestante la paternità<br />

dell’opera, le generalità dell’autore e l’autorizzazione al<br />

trattamento dei dati personali ex t.u. 196/03. In calce<br />

all’opera dovrà essere riportata una breve biografia dell’autore<br />

inclusiva delle proprie esperienze letterarie, ove presenti<br />

(massimo 10 righe). In caso di esito positivo delle selezioni<br />

l’autore sarà contattato dal curatore di collana e d’intesa col<br />

medesimo formalizzerà l’accordo editoriale.


LE CAMPANE DI AGNONE<br />

E I RICORDI DELLA MIA<br />

GRANDE FAMIGLIA<br />

Giuseppe Del Coiro<br />

Forse perché sto invecchiando oppure perché ora ho<br />

una famiglia mia, ma da qualche tempo mi capita di<br />

pensare spesso alla mia famiglia di origine in Molise.<br />

Sono cresciuto ad Agnone, il paese delle mille<br />

campane. La mia era una bella famiglia composta<br />

dai miei genitori, i miei nonni paterni (nonno<br />

Giuseppemaria che noi nipoti chiamavamo nonno<br />

Peppino e nonna Giacinta), Carmen e Paola le mie sorelle e infine<br />

Rosina una povera <strong>don</strong>na che, rimasta orfana nel dopo guerra, era<br />

stata accolta dai miei nonni nella loro casa.<br />

Oggi definiremo questa come una famiglia “allargata” ma dalle mie<br />

parti negli anni sessanta-settanta era consuetudine avere i nonni in<br />

casa. Nel mio caso poi, anche i nonni materni, nonno Raffaele e nonna<br />

Maria, abitavano a pochi passi da casa mia ed io ho trascorso tantissimo<br />

tempo anche con loro, potrei pertanto dire di aver vissuto in una<br />

famiglia “super allargata”.<br />

La mia infanzia è trascorsa in modo sereno, ricordo con piacere che la<br />

domenica andavo al cinema con mio nonno Peppino e dopo mangiavamo<br />

un gelato o le patatine fritte quando faceva troppo freddo ed il gelato<br />

non era in vendita. Con nonno Raffaele invece mi divertivo a costruire<br />

i miei giochi, era un artigiano ed anche un bravo artista, realizzava<br />

delle sculture in marmo, a casa fa bella mostra un camino in travertino<br />

con mascheroni e fregi realizzato da lui.<br />

Ricordo che in autunno inoltrato cominciavamo a preparare le statuine<br />

del presepe, andavamo nella vicina campagna a cercare l’argilla e con<br />

questa modellavamo tutti i personaggi del presepe, io ero specializzato<br />

nelle pecorelle. Dopo si aspettava che l’argilla si seccasse e passavamo<br />

alla fase successiva cioè a pitturarle. E così le fredde e buie serate di<br />

fine autunno passavano più velocemente.<br />

Il giorno dell’Immacolata io e nonno Raffaele con legno, cortecce e<br />

muschio preparavamo il paesaggio sul quale papà metteva le luci ed io<br />

con mia sorella Carmen le statuine e le casette.<br />

Come in ogni famiglia, ai ricordi belli si sommano anche quelli brutti.<br />

Quando è nata mia sorella Paola (i miei non avevano in programma un<br />

terzo figlio) abbiamo vissuto una situazione molto difficile perché<br />

mamma durante il parto ha avuto delle complicazioni rischiando di<br />

morire ed è stata ricoverata per tre mesi in fin di vita; in questa<br />

situazione ricordo molto bene la preoccupazione di papà e dei nonni,<br />

ma soprattutto ricordo la vicinanza di tutti i parenti e amici.<br />

Purtroppo per la mia famiglia era in arrivo un’altra croce, infatti nonno<br />

Peppino dopo qualche mese del ritorno a casa di mamma, si ammalò di<br />

una malattia allora poco conosciuta: il morbo di Parkinson.<br />

E’ stato accudito dai miei genitori con tanto amore per molti anni fino<br />

alla sua morte, soprattutto mamma, casalinga, si è dedicata molto alla<br />

sua cura come a quella di tutta la famiglia.<br />

Il momento della cena era quello in cui eravamo tutti presenti, però<br />

purtroppo non era possibile dialogare tra noi perché incombeva il<br />

“Telegiornale” e subito dopo altri programmi televisivi che assorbivano<br />

totalmente l’attenzione di mio padre e pertanto dovevamo stare tutti<br />

in religioso silenzio. Per evitare lo stesso errore, d’accordo con mia<br />

moglie, non abbiamo il televisore in cucina e durante la cena (anche<br />

per noi l’unico momento della giornata in cui ci ritroviamo insieme)<br />

qualcosa riusciamo a comunicarci.<br />

Ho ricevuto i primi insegnamenti cristiani da mamma, molto credente<br />

e praticante, mentre papà non aveva molta dimestichezza con la<br />

religione e si recava in chiesa due o tre volte l’anno, una di queste rare<br />

occasioni era la messa per soli uomini che si tiene ancora oggi il<br />

giorno di Pasquetta all’alba in una chiesa del centro storico.<br />

Ultimamente però, per grazia di Dio, mio padre partecipa alla messa<br />

tutte le domeniche.<br />

In casa era ricorrente sentire alcune frasi del tipo: “fai bene e scordatene,<br />

fai male e ricordatene!” ed altri detti dialettali che unitamente ai<br />

10 comandamenti hanno contribuito alla mia formazione cristiana.<br />

Concludendo posso affermare che la famiglia per me è stata: una<br />

scuola di convivenza costruttiva ma soprattutto ho imparato, aven<strong>don</strong>e<br />

avuto la prova pratica, che la vita umana deve essere accolta e protetta,<br />

dal suo inizio fino al suo termine naturale.<br />

- 15 -<br />

L E T T ERE<br />

SALUTI A TUTTI<br />

DA DON ROBERTO!<br />

Ci ha scritto dalla Sardegna il nostro carissimo<br />

amico Don Roberto Maccioni che tutti ricordiamo<br />

per i suoi anni di studio qui a Roma e per la sua<br />

attiva e apprezzatissima permanenza a S.<strong>Pio</strong> X.<br />

A lui, insieme all’attuale direttore editoriale, si<br />

deve anche la costituzione nel novembre 2006<br />

di “Arrivano i Nostri!”<br />

Don Roberto continua a portarci nel suo cuore.<br />

Come molti di voi sapranno, oggi è giovanissimo<br />

parroco di S.Vito Sardo, un paese di quattromila<br />

anime sulla costa orientale della Sardegna,<br />

vicino alle belle località di Costa Rey e Villasimius.<br />

Per darvi una idea di dove si trova e di<br />

cosa fa esattamente potete andare sul sito<br />

www.parrocchiasanvitosardo.it.<br />

Oltre a fare il parroco Don Roberto continua<br />

anche l’avventura dell’insegnamento alle scuole<br />

medie di S. Vito Sardo e alle scuole superiori in<br />

un paese lì vicino. Quindi, come potrete ben<br />

immaginare, non ha molto tempo per annoiarsi.<br />

Qui sotto alcune fotografie del giorno in cui è<br />

diventato parroco, insieme al suo Vescovo, al<br />

sindaco del paese e ai suoi parrocchiani.


Tema del prossimo numero:<br />

CARA<br />

PARROCCHIA!<br />

LA NOSTRA O UN’ALTRA PARROCCHIA.<br />

LA PARROCCHIA DELLA TUA GIOVENTÙ.<br />

I SACERDOTI, LE PREGHIERE, LE AMICIZIE,<br />

LE ATTIVITÀ, I RICORDI, LE IDEE,<br />

I SUGGERIMENTI, LE SPERANZE.<br />

TEMPO PER INVIARE GLI ARTICOLI<br />

ENTRO IL 15 MAGGIO<br />

arrivanoinostri@fastwebnet.it<br />

ORATORIO ESTIVO<br />

13-17 GIUGNO / 20-24 GIUGNO<br />

Le giornate si allungano, il sole scalda, il<br />

tempo è misurato dalla luce. E’ il segno che<br />

stiamo andando verso l’estate, e dunque,<br />

verso quel tempo magico che anima la vita<br />

della nostra comunità. E’ il tempo del Grest o<br />

oratorio estivo che per il terzo anno sotto la<br />

guida di <strong>don</strong> Gianni e degli animatori responsabili<br />

si svolge con grande successo nella<br />

nostra parrocchia di San <strong>Pio</strong> X per 2 settimane<br />

dal 13 al 17 e dal 20 al 24 giugno. Il<br />

tema sarà il tempo e farà da filo conduttore<br />

alle attività, ai giochi e alla preghiera. Anche<br />

se l’oratorio estivo si presenta come un<br />

tempo di gioco, ha la possibilità di essere<br />

davvero un tempo speciale. I bambini vivono<br />

l’esperienza della comunione, gli adolescenti<br />

compren<strong>don</strong>o il valore del servizio<br />

nella loro disponibilità come animatori, e i<br />

genitori si nutrono della gioia e dell’allegria<br />

che i più piccoli sanno trasmettere. Il Grest è<br />

un’esperienza coinvolgente e divertente per<br />

i bambini ma è anche una grande opportunità<br />

educativa. Il titolo di quest’anno è<br />

BATTIBALENO.<br />

Il baleno è il lampo, il fulmine che per un tempo brevissimo scarica energia e luce,<br />

“in un battibaleno” si dice per indicare la velocità di un’azione o del tempo che<br />

passa, Il Grest vuole aiutare i ragazzi a percepire il valore del tempo: un <strong>don</strong>o<br />

prezioso da non sprecare, ma da valorizzare al meglio. Nell’epoca del “tutto e<br />

subito” è importante trovare il giusto spazio per le cose importanti della vita.<br />

L’oratorio estivo si svolgerà nelle strutture e nei locali della nostra parrocchia ed<br />

è rivolto esclusivamente ai bambini che frequentano la 3° - 4° e 5° elementare. E’<br />

possibile iscriversi la domenica mattina dopo la messa delle 10 fino al raggiungimento<br />

di 60 bambini iscritti. Il prezzo comprensivo di merenda e pranzo fornitoci<br />

tramite servizio catering dal Bar Carloni è di 90€ a settimana.<br />

Per maggiori info visitare il sito<br />

www.sanpiodecimo.it<br />

- 16 -<br />

AMICI DI DAGAMA<br />

Anche quest’anno metti la firma<br />

del tuo 5 x 1000 dell’IRPEF<br />

per i bambini zambiani con<br />

L’Associazione di DaGama Home<br />

della <strong>Parrocchia</strong> S. <strong>Pio</strong> X.<br />

Associazione Amici di Dagama Home<br />

Banca Intesa S. <strong>Paolo</strong> filiale 1679<br />

codice IBAN:<br />

IT26 V030 6905 0711 0000 0003 095<br />

Causale: Contributo bambini zambiani<br />

www.amicididagama.it

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