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Cicerone oratore si racconta:<br />

dai suoi primi passi ai suoi successi<br />

(Cicerone, Brutus 303-319)<br />

Componendo il Brutus, Cicerone si prefiggeva il compito di delineare una chiara<br />

immagine di quello che, per lui, doveva essere il perfetto orator, dal punto di vista professionale,<br />

ma – del resto – anche dal punto di vista umano, considerando l’ampio<br />

coinvolgimento necessario per la compiuta applicazione alla professione oratoria. Le<br />

posizioni ciceroniane si ponevano in aperta polemica con i precetti dell’oratoria atticistica,<br />

a cui aveva aderito anche Bruto (uno dei due interlocutori di questo dialogo,<br />

nonché ispiratore del titolo dell’opera intera): proprio al futuro cesaricida, dunque, Cicerone<br />

intendeva offrire un modello d’eloquenza alternativo, caratterizzato dalla perfetta<br />

ed equilibrata compenetrazione tra i due indirizzi stilistici dell’Asianesimo e<br />

dell’Atticismo (vedi vol. I**, p. 366). In particolare, all’eccessiva sobrietà e aridità stilistica<br />

della scuola atticistica, i cui modelli principali erano riconosciuti nei greci Tucidide<br />

(lo storico della Guerra del Peloponneso) e Lisia (oratore vissuto fra V e IV secolo<br />

a.C.), Cicerone contrappose lo stile equilibratamente elaborato e carico di colores<br />

(“ornamenti retorici”) di Demostene (oratore ateniese del IV secolo a.C.), a cui egli<br />

stesso e Ortensio, l’amico e collega da poco scomparso (vedi vol. I**, p. 387), si erano<br />

sempre ispirati.<br />

Per fare ciò, tuttavia, Cicerone non parla astrattamente di precetti retorici e di<br />

predilezioni letterarie, ma preferisce indicare alcuni modelli di stile, menzionando singolarmente<br />

quegli autori che avrebbero potuto rappresentare in modo emblematico –<br />

per il suo lettore colto – diversi indirizzi di scrittura; traccia quindi un racconto conciso,<br />

ma comunque dettagliato ed esaustivo, della propria formazione oratoria, non celando,<br />

d’altro canto, la volontà di indicare proprio nella sua esperienza personale un<br />

paradigma per il giovane Bruto (§ 307). Il brano qui proposto ripercorre, appunto,<br />

buona parte della carriera forense di Cicerone: dopo aver trattato (nei capitoli immediatamente<br />

precedenti) la formazione e la carriera oratoria di Ortensio, l’autore ricorda<br />

la propria giovanile esperienza di studio (§ 304), insistendo sulle estreme difficoltà<br />

dovute alla turbolenta situazione politico-culturale dell’epoca, in particolare alla guerra<br />

sociale e agli scontri che culminarono con la morte di Mario e che costituirono un<br />

grande ostacolo per chiunque avesse avuto ambizioni forensi. La morte e il bando dei<br />

maggiori oratori (che avevano conseguentemente costretto ad accontentarsi solo di retori<br />

mediocri) non distolsero comunque Cicerone dall’assidua pratica dell’esercizio<br />

retorico, né gli impedirono di assistere ai discorsi di uomini diserti (§ 305) e alle lezioni<br />

del retore, ed eccellente maestro d’eloquenza, Molone di Alabanda (§ 307). La situazione<br />

politica non migliorò affatto nel triennio – definito triennium… sine armis da<br />

Cicerone stesso – successivo alla morte di Mario (86 a.C.), poiché non vi furono comunque<br />

oratori valenti (fatta eccezione per l’amico Ortensio); del resto, Cicerone continuò<br />

ad applicarsi “notte e giorno” nell’esercizio della dialettica (§ 309) e nella tecnica<br />

declamatoria (§ 310). Infine, la vittoria di Silla nella guerra civile (82 a.C.) e l’avvio<br />

della restaurazione dello Stato consentirono il ritorno in patria di molti oratori e garan-


tirono il ripristino della normalità giudiziaria: solo allora il giovane Cicerone potè esordire<br />

nel foro, ma non da principiante, bensì da retore esperto, grazie agli esercizi e<br />

agli insegnamenti che lo avevano sino ad allora forgiato. La notorietà lo raggiunse poco<br />

dopo con la difesa di Sesto Roscio d’Ameria, nell’80 a.C. (vedi vol. I**, p. 356).<br />

Il discorso ha l’aspetto di un’ampia riflessione sui difetti della tecnica oratoria in<br />

generale e dell’elocutio in particolare (vol. I**, pp. 365-366). Cicerone si descrive come<br />

animato dal desiderio di perfezionare la propria preparazione professionale, alla ricerca<br />

di nuove esperienze culturali e di consigli tecnici da parte di retori esperti: questo<br />

spiega il suo viaggio in Oriente e l’entusiasmo per l’esperienza di studio presso il filosofo<br />

accademico Antioco di Ascalona. Determinante, comunque, fu soprattutto il ruolo<br />

rivestito da Molone, che – a differenza di tutti gli altri retori asiani conosciuti dal giovane<br />

Cicerone – si cimentava in veris causis (e non solo in discorsi fittizi, elaborati per<br />

puro esercizio retorico), scriveva in modo eccellente ed era abilissimo nel rilevare e<br />

correggere gli errori dei suoi discepoli. In tal senso, la metafora del fiume impetuoso e<br />

traboccante caratterizza perfettamente la giovanile oratoria ciceroniana: il mutamento<br />

garantito dalla “rieducazione” di Molone ha prodotto una moderazione della tensione<br />

vocale (contentio nimia vocis resederat) e quindi un perfezionamento dell’actio, ma<br />

anche e soprattutto una sorta di sbollimento dello stile (quasi deferverat oratio) e,<br />

quindi, un conseguente rafforzamento fisico (lateribus… vires et corporis mediocris<br />

habitus accesserat). Certo è verosimile che, nella ricostruzione fornita in queste pagine<br />

del Brutus, Cicerone non ci abbia presentato in modo del tutto obiettivo il vero percorso<br />

della propria evoluzione oratoria e, anzi, abbia idealizzato alcune tappe del proprio<br />

percorso formativo, probabilmente sulla base di alcuni topoi, ormai consolidati, delle<br />

biografie degli oratori famosi (in primis Demostene): la distanza degli eventi narrati,<br />

l’inevitabile schematizzazione e soprattutto l’intento polemico nei confronti della corrente<br />

atticistica giocarono sicuramente un ruolo determinante nella deformazione dei<br />

fatti descritti; questo, tuttavia, nulla toglie all’originalità della sua testimonianza.<br />

303 […] Hoc (scil. Hortensio) igitur florescente Crassus est mortuus, Cotta pulsus,<br />

iudicia intermissa bello, nos in forum venimus. 304 Erat Hortensius in bello primo<br />

anno miles, altero tribunus militum, Sulpicius legatus; aberat etiam M. Antonius; exercebatur<br />

una lege iudicium Varia, ceteris propter bello intermissis; quoi frequens aderam,<br />

quamquam pro se ipsi dicebant oratores non illi quidem principes, L. Memmius et<br />

Q. Pompeius, sed oratores tamen teste diserto uterque Philippo, cuius in testimonio<br />

contentio et vim accusatoris habebat et copiam. 305 Reliqui qui tum principes numerabantur<br />

in magistratibus erant cotidieque fere a nobis in contionibus audiebantur. Erat<br />

enim tribunus plebis tum C. Curio, quamquam is quidem silebat, ut erat semel a contione<br />

universa relictus; Q. Metellus Celer non ille quidem orator sed tamen non infans; diserti<br />

autem Q. Varius C. Carbo Cn. Pomponius, et hi quidem habitabant in rostris; C.<br />

etiam Iulius aedilis curulis cotidie fere accuratas contiones habebat. Sed me cupidissumum<br />

audiendi primus dolor percussit, Cotta cum est expulsus. Reliquos frequenter audiens<br />

acerrumo studio tenebar cotidieque et scribens et legens et commentas orationis<br />

tantum exercitationibus contentus non eram. Iam consequente anno Q. Varius sua lege<br />

damnatus excesserat. 306 Ego autem iuris civilis studio multum operae dabam Q. Scaevolae<br />

P. f., qui quamquam nemini ad docendum dabat, tamen consulentibus respondendo<br />

studiosos audiendi docebat. Atque huic anno proxumus Sulla consule et<br />

Pompeio fuit. Tum P. Sulpici in tribunatu cotidie contionantis totum genus dicendi pe-<br />

2


nitus cognovimus; eodemque tempore, cum princeps Academiae Philo cum Atheniensium<br />

optumatibus Mithridatico bello domo profugisset Romamque venisset, totum ei me<br />

tradidi admirabili quodam ad philosophiam studio concitatus; in quo hoc etiam commorabar<br />

adtentius –etsi rerum ipsarum varietas et magnitudo summa me delectatione<br />

retinebat-, sed tamen sublata iam esse in perpetuum ratio iudiciorum videbatur. 307<br />

Occiderat Sulpicius illo anno tresque proxumo trium aetatum oratores erant crudelissume<br />

interfecti, Q. Catulus M. Antonius C. Iulius. Eodem anno etiam Moloni Rhodio<br />

Romae dedimus operam et actori summo causarum et magistro. Haec etsi videntur esse<br />

a proposita ratione diversa, tamen idcirco a me proferuntur, ut nostrum cursum perspicere,<br />

quoniam voluisti, Brute, possis –nam Attico haec nota sunt- et videre quem ad<br />

modum simus in spatio Q. Hortensium ipsius vestigiis persecuti. 308 Triennium fere fuit<br />

urbs sine armis; sed oratorum aut interitu aut discessu aut fuga –nam aberant etiam adulescentes<br />

M. Crassus et Lentuli duo- primas in causis agebat Hortensius, magis magisque<br />

cotidie probabatur Antistius, Piso saepe dicebat, minus saepe Pomponius, raro<br />

Carbo, semel aut iterum Philippus. At vero ego hoc tempore omni noctes et dies in<br />

omnium doctrinarum meditatione versabar. 309 Eram cum Stoico Diodoto, qui cum habitavisset<br />

apud me cumque vixisset, nuper est domi meae mortuus. A quo cum in<br />

aliis rebus tum studiosissime in dialectica exercebar, quae quasi contracta et astricta<br />

eloquentia putanda est; sine qua etiam tu, Brute, iudicavisti te illam iustam eloquentiam,<br />

quam dialecticam esse dilatatam putant, consequi non posse. Huic ego doctori et<br />

eius artibus variis atque multis ita eram tamen deditus ut ad exercitationibus oratoriis<br />

nullus dies vacuus esset. 310 Commentabar declamitans 1 –sic enim nunc loquuntur- saepe<br />

cum M. Pisone et cum Q. Pompeio aut cum aliquo cotidie, idque faciebam multum<br />

etiam Latine sed Graece saepius, vel quod Graeca oratio plura ornamenta suppeditans<br />

consuetudinem similiter Latine dicendi adferebat, vel quod a Graecis summis doctoribus,<br />

nisi Graece dicerem, neque corrigi posse neque doceri. 311 Tumultus interim recuperanda<br />

re publica et crudelis interitus oratorum trium, Scaevolae Carbonis Antisti,<br />

reditu Cottae Curionis Crassi Lentulorum Pompei; leges et iudicia constituta, recuperata<br />

res publica; ex numero autem oratorum Pomponius Censorinus Murena sublati.<br />

Tum primum nos ad causas et privatas et publicas adire coepimus, non ut in foro disceremus,<br />

quod plerique fecerunt, sed ut, quantum nos efficere potuissemus, docti in forum<br />

veniremus. 312 Eodem tempore Moloni dedimus operam; dictatore enim Sulla legatus<br />

ad senatum de Rhodiorum praemiis venerat. Itaque prima causa publica pro Sex. Roscio<br />

dicta tantum commendationis habuit, ut non ulla esset quae non digna nostro patrocinio<br />

videretur. Deinceps inde multae, quas nos diligenter elaboratas et tamquam elucubratas<br />

adferebamus. 313 Nunc quoniam totumme non naevo aliquo aut crepundiis<br />

sed corpore omni videris velle cognoscere, complectar nonnulla etiam quae fortasse videantur<br />

minus necessaria. Erat eo tempore in nobis summa gracilitas et infermitas corporis,<br />

procerum et tenue collum:qui habitus et quae figura non procul abesse putatur a<br />

vitae periculo, si accedit labor et laterum magna contentio. Eoque magis hoc eos quibus<br />

eram carus commovebat, quod omnia sine remissione, sine varietate 2 , vi summa vocis et<br />

totius corporis contentione dicebam. 314 Itaque cum me et amici et medici hortarentur<br />

ut causas agere desisterem, quodvis potius periculum mihi adeundum quam a sperata<br />

dicendi gloriam discedendum putavi. Sed cum censerem remissione et moderatione<br />

1 Cicerone adotta qui il verbo frequentativo declamitare, che indica la preparazione di discorsi fittizi<br />

e il loro svolgimento orale (come, a partire dall’età augustea, i termini declamare, declamatio ecc.).<br />

Il verbo figura in questo luogo come conio linguistico di recente acquisizione.<br />

2 La varietas del nesso sine varietate non fa riferimento al contemperamento di varie forme di stile<br />

oratorio, bensì alle possibili modulazioni della voce, ossia alla cosiddetta vocis varietas.<br />

3


vocis et commutato genere dicendi 3 me et periculum vitare posse et temperatius dicere 4 ,<br />

ut consuetudinem dicendi mutarem, ea causa mihi in Asiam proficiscendi fuit. Itaque<br />

cum essem biennium versatus in causis et iam in foro celebratum meum nomen esset,<br />

Roma sum profectus. 315 Cum venissem Athenas, sex menses cum Antiocho veteris Academiae<br />

nobilissumo et prudentissumo philosopho fui studiumque philosophiae numquam<br />

intermissum a primaque adulescentia cultum et semper auctum hoc rursus summo<br />

auctore et doctore renovavi. Eodem tamen tempore Athenis apud Demetrium Syrum<br />

veterem et non ignobilis dicendi magistrum studiose exerceri solebam. Post a me Asia<br />

tota peregrata est cum summis quidem oratoribus, quibuscum exercebar ipsis lubentibus;<br />

quorum erat princeps Menippus Stratonicensis meo iudicio tota Asia illis temporibus<br />

disertissimus; et, si nihil habere molestiarum nec ineptiarum Atticorum est, hic orator<br />

in illis numerari recte potest. 316 Adsiduissime autem mecum fuit Dionysius Magnes;<br />

erat etiam Aeshylus Cnidius, Adamyttenus Xenocles. Hi tum in Asia rhetorum<br />

principes numerabantur. Quibus non contentus 5 Rhodum veni meque ad eundem quem<br />

Romae audiveram Molonem adplicavi cum auctorem in veris causis scriptoremque praestantem<br />

tum in notandis animadvertendisque vitiis 6 et instituendo docendoque prudentissimum.<br />

Is dedit operam, si modo id consequi potuit, ut nimis redundantis nos et supra<br />

fluentis iuvenili quadam dicendi impunitate et licentia reprimeret et quasi extra ripas<br />

diffluentis coerceret. Ita recepi me biennio post non modo exercitatior sed prope mutatus.<br />

Nam et contentio nimia vocis resederat et quasi deferverat oratio lateribusque vires<br />

et corpori mediocris habitus accesserat. 317 Duo tum excellebant oratores qui me imitandi<br />

cupiditate incitarent, Cotta et Hortensius; quorum alter remissus et lenis et propriis<br />

verbis comprendens solute et facile sententiam, alter ornatus, acer et non talis<br />

qualem tu eum, Brute, iam deflorescentem cognovisti, sed verborum et actionis genere<br />

commotior. Itaque cum Hortensio mihi magis arbitrabar rem esse, quod et dicendi ardore<br />

eram proprior et aetate coniunctior. Etenim videram in isdem causis, ut pro M.<br />

Canuleio, pro Cn. Dolabella consulari, cum Cotta princeps adhibitus esset, priores tamen<br />

agere partis Hortensium. Acrem enim oratorem, incensum et agentem et canorum<br />

concursus hominum forique strepitus desiderat. 318 Unum igitur annum, cum redissemus<br />

ex Asia, causas nobilis egimus, cum quaesturam nos, consulatum Cotta, aedilitatem<br />

peteret Hortensius. Interim me quaestorem Siciliensis excepit annus, Cotta ex consulatu<br />

profectus in Galliam, princeps et erat et habebatur Hortensius. Cum autem anno post ex<br />

Sicilia ma recepissem, iam videbatur illud in me, quicquid esset, esse perfectum et ha-<br />

3 L’espressione commutato genere dicendi deve essere intesa in senso tecnico-retorico e non si riferisce<br />

esclusivamente alla pronuntiatio, perché altrimenti costituirebbe un’aggiunta (del tutto priva di<br />

funzionalità semantica) dopo la già puntuale indicazione della precedente espressione remissione et<br />

moderatione vocis (sicuramente relativa, in tal caso, alla sola pronuntiatio); il nesso deve essere inteso<br />

nel senso di “modificando la tecnica retorica”, mentre il precedente temperatius dicere significava “realizzare<br />

un tipo di eloquenza più moderato”.<br />

4 La proposizione infinitiva periculum vitare posse riveste il medesimo valore sintattico di temperatius<br />

dicere, a cui è legata da un polisindeto copulativo (et… et…): questa correlazione ha, del resto,<br />

la funzione di collegare e nello stesso tempo distinguere le due proposizioni infinitive, che in effetti esprimono<br />

due concetti ben diversi.<br />

5 L’espressione apparentemente spregiativa quibus [scil. in Asia rhetorum principes] non contentus,<br />

con cui Cicerone fornisce una spiegazione della tappa a Rodi nel suo percorso culturale, non deve essere<br />

intesa nel senso di “non soddisfatto di questi” (cioè dei retori asiani), ma piuttosto “non accontentandomi<br />

di questi”: non avrebbero altrimenti senso tutti gli elogi rivolti agli oratori asiatici da Cicerone<br />

e neppure la sua assidua frequentazione (assiduissime) dell’asiatico Dionisio Magnete.<br />

6 La correlazione cum… tum sottolinea le competenze didattiche e la perizia tecnica di questo retore,<br />

che proprio per il fatto di essere impegnato in processi reali e non fittizi, potè garantire a Cicerone<br />

un efficace ed effettivo miglioramento rispetto alle precedenti exercitationes presso i retori asiani.<br />

4


ere maturitatem quandam suam. Nimis multa videor de me, ipse praesertim; sed omni<br />

huic sermoni propositum est, non ut ingenium et eloquentiam meam perspicias, unde<br />

longe absum, sed ut laborem et industriam. 319 Cum igitur esse in plurumis causis et in<br />

principibus patronis quinquennium fere versatus, tum in patrocinio Siciliensi maxume<br />

in certamen veni designatus aedilis cum designato consule Hortensio. […]<br />

303 […] Quando la sua eloquenza [scil. dell’oratore Quinto Ortensio Ortalo] era<br />

dunque vicina alla massima fioritura, Crasso morì, Cotta fu cacciato, 7 i giudizi vennero<br />

sospesi a motivo della guerra, e io incominciai a frequentare il foro. 304 Nel primo anno<br />

di guerra 8 Ortensio era soldato 9 , nel secondo tribuno militare; Sulpicio 10 era legato, ed era<br />

assente anche Marco Antonio 11 ; processi se ne facevano in base esclusivamente alla<br />

legge Varia 12 , gli altri erano stati sospesi per via della guerra; io vi assistevo spesso,<br />

sebbene parlassero in propria difesa oratori certo non di prim’ordine, come Lucio<br />

Memmio e Quinto Pompeo 13 , ma comunque oratori, tanto più che ambedue ebbero<br />

quale teste a carico un uomo eloquente quale Filippo, il cui fervore nelle deposizioni aveva<br />

l’impeto e l’abbondanza di una requisitoria 14 . 305 Gli altri che allora venivano annoverati<br />

tra i primi, rivestivano magistrature, e io li potevo ascoltare quasi tutti i giorni<br />

nei discorsi che tenevano alle assemblee popolari. Infatti era allora tribuno della plebe<br />

7 Lucio Licinio Crasso l’Oratore fu console nel 95 a.C. e censore nel 92 a.C.; morì nell’anno seguente.<br />

Gaio Aurelio Cotta fu esiliato allo scoppio della guerra sociale, nel 90 a.C., quando era candidato<br />

al tribunato; tornò a Roma in seguito alla vittoria di Silla (nell’82 a.C.), fu quindi console nel 75<br />

a.C. e proconsole della Gallia Cisalpina l’anno successivo. Cicerone lo introdusse come personaggio<br />

nel De oratore e nel De natura deorum.<br />

8 Si tratta della guerra sociale degli anni 91-90 a.C.<br />

9 Quinto Ortensio Ortalo (114-50 a.C.), amico di Cicerone (che era nato nel 106 a.C.), nel 70 a.C.<br />

assunse – senza successo – la difesa di Verre, accusato da Cicerone stesso (su richiesta dei Siciliani,<br />

vedi vol. I**, pp. 356-357) di concussione. Ortensio fu poi console nel 69 a.C. e rimase un leader della<br />

pars optimatum, opponendosi alla concessione dei poteri straordinari a Pompeo; Cicerone apprese la<br />

notizia della sua morte nel giugno del 50 a.C.<br />

10 Publio Sulpicio Rufo era dunque legatus, cioè faceva parte di quei senatori che figuravano<br />

nell’equipe di un governatore provinciale. Nell’88 a.C., ancora agli esordi della carriera nella pars optimatum,<br />

assunse la carica di tribuno della plebe, attestandosi su posizioni filomariane e promuovendo<br />

un programma di riforme legislative che incontrò forti resistenze: in seguito, fu messo fuori legge e fu<br />

fatto uccidere da Silla dopo il suo rientro a Roma (82 a.C.). Compare fra i personaggi del De oratore<br />

ciceroniano.<br />

11 Marco Antonio (nato nel 143 a.C. e dunque ben più vecchio di Cicerone) fu console nel 99 a.C. e<br />

censore nel 97 a.C.; era il nonno del noto triumviro. Si attestò dapprima su posizioni non ostili alla fazione<br />

mariana; in seguito ne divenne avversario e nell’87 a.C. fu assassinato su ordine di Mario.<br />

12 La lex Varia de maiestate, dovuta al tribuno Quinto Vario Hybrida (su cui vedi la nota 17), istituiva<br />

un tribunale speciale con una giuria di appartenenti al ceto equestre: quiets provvedimento mirava<br />

a colpire i fiancheggiatori di Livio Druso, che erano accusati di aver incitato gli Italici alla rivolta<br />

contro Roma.<br />

13 Lucio Memmio fu processato nel 90 a.C. (sarebbe poi divenuto tribuno della plebe nell’89 a.C.).<br />

Quinto Pompeo Rufo, console nell’88 a.C., fu accusato in base alla lex Varia (vedi la nota precedente).<br />

14 Lucio Marcio Filippo fu console nel 91 a.C. e censore nell’86 a.C.: divenne famoso per essersi<br />

opposto al tentativo di Livio Druso di allargare il senato e di concedere la cittadinanza agli Italici; Filippo<br />

riuscì a far abrogare le leggi di Druso solo dopo la morte di Crasso. Schieratosi al fianco di Silla,<br />

potè riconquistare un ruolo politico rilevante, cosicché Cicerone ebbe ancora modi di sentirlo parlare<br />

in senato.<br />

5


Gaio Curione 15 ; per quanto lui se ne stava in silenzio, dopo che una volta l’aveva piantato<br />

in asso tutta l’assemblea; Quinto Metello Celere 16 non era un oratore, è vero, ma la<br />

favella tuttavia non gli mancava; facondi erano invece Quinto Vario, Gaio Carbone,<br />

Gneo Pomponio, e questi stavan di casa sui rostri 17 ; e anche Gaio Giulio 18 , edile curule,<br />

teneva quasi ogni giorno accurati discorsi di fronte all’assemblea del popolo. Io ardevo<br />

dal desiderio di ascoltare, ma il primo dolore mi colpì quando Cotta venne cacciato in esilio.<br />

Ascoltavo spesso gli altri, e mi applicavo allo studio col più grande fervore: ma<br />

per quanto ogni giorno scrivessi, leggessi e mi allenassi all’eloquenza, tuttavia non mi<br />

accontentavo dei soli esercizi oratori. Intanto, nell’anno successivo, Quinto Vario, condannato<br />

in base alla sua stessa legge 19 , aveva lasciato la città. 306 Io, avendo un forte<br />

interesse per il diritto civile, seguivo con grande assiduità Quinto Scevola figlio di Publio<br />

20 , il quale, sebbene in nessun caso si prestasse ad insegnare, tuttavia, nel rispondere<br />

a quanti lo consultavano, insegnava a coloro che mettevano impegno nell’ascoltarlo. E<br />

l’anno successivo a questo fu quello del consolato di Silla e di Pompeo 21 . Allora potei<br />

conoscere a fondo tutto il genere d’eloquenza di Publio Sulpicio, che nel corso del suo<br />

tribunato parlava quotidianamente di fronte all’assemblea popolare; e nello stesso periodo,<br />

una volta che il capo dell’Accademia, Filone 22 , fuggito dalla sua patria insieme ai<br />

maggiorenti di Atene in seguito alla guerra mitridatica, si fu stabilito a Roma, mi dedicai<br />

interamente a lui, animato da uno straordinario trasporto per lo studio della filosofia;<br />

in esso indugiavo con interesse tanto più vivo – è vero che mi avvincevano la stessa va-<br />

15 Gaio Scribonio Curione fu tribuno della plebe nel 90 a.C.; combatté contro Silla, fu pretore<br />

nell’80 a.C. e quindi console (nel 76 a.C.) e proconsole (dal 75 al 72 a.C.). Morì nel 53 a.C.<br />

16 Quinto Cecilio Metello Celere fu tribuno della plebe nel 90 a.C.: era il padre dell’omonimo personaggio<br />

che, avversario dei populares, combattè contro Catilina durante la sua pretura del 63 a.C.,<br />

guadagnando per questo la stima di Cicerone.<br />

17 Quinto Vario fu tribuno nel 90 a.C. (vedi anche la nota 12); Gaio Papirio Carbone Arvina, uomo<br />

politico di parte ottimate, fu tribuno nel 90 a.C. e pretore prima dell’82 a.C.; Gneo Pomponio fu tribuno<br />

della plebe nel 90 a.C. I “rostri” indicavano la tribuna da cui gli oratori si rivolgevano al popolo: il<br />

sito, infatti, era adorno, fra le altre decorazioni, dei rostri delle navi catturate ad Anzio nel 338 a.C.<br />

18 Gaio Giulio Cesare Strabone Vopisco Sesquiculo fu edile nel 90 a.C. e nell’87 a.C. cadde vittima<br />

del terrore mariano. Era un oratore noto per il suo fine umorismo: per questo motivo, nel De oratore<br />

Cicerone affidò al suo personaggio la trattazione de ridiculis.<br />

19 Vario fu esiliato nell’89 a.C.<br />

20 Si tratta di Quinto Mucio Scevola, detto “Augure”, pretore nel 120 a.C. e console nel 117 a.C.; fu<br />

accusato di concussione dopo il suo governo in Asia, ma fu assolto. In vecchiaia fu tra i precettori di<br />

Cicerone; morì nell’88 a.C., poco dopo il trionfante ingresso di Silla in Roma, a cui aveva invano tentato<br />

di opporsi.<br />

21 L’anno in questione è l’88 a.C.. Lucio Cornelio Silla, dopo una lunga lotta contro Gaio Mario,<br />

tenne la dittatura a Roma dall’82 al 79 a.C., attuando una riforma della costituzione in senso aristocratico.<br />

Gneo Pompeo Magno (106-48 a.C.) combatté agli ordini del padre (Gneo Pompeo Strabone)<br />

nella guerra sociale, divenendo uno dei più attivi luogotenenti di Silla; capeggiò vittoriose spedizioni<br />

contro i mariani in Sicilia e in Africa, riportando il trionfo nel 79 a.C. Morto Silla, ottenne l’imperium<br />

proconsulare nella guerra contro il ribelle Sertorio (76-72 a.C.) e sconfisse i superstiti dell’esercito di<br />

Spartaco (71 a.C.); in seguito, nel 67 a.C., riuscì a farsi porre a capo della spedizione contro i pirati;<br />

fra il 66 e il 63 a.C. combatté vittoriosamente contro Mitridate; ottenne il consolato nel 60 a.C., quando<br />

insieme a Cesare e Crasso stipulò un accordo segreto per la spartizione del potere (il cosiddetto<br />

“primo triumvirato”), rinnovato ancora nel 55 e nel 52 a.C. Nel 49 a.C. fu a capo del partito senatorio<br />

nella guerra civile contro Cesare: sconfitto a Farsalo, in Tessaglia, si rifugiò in Egitto, dove fu assassinato<br />

a tradimento per ordine del faraone Tolomeo XIII.<br />

22 Filone, originario di Larissa (in Tessaglia), si trasferì ad Atene e, dal 110 a.C. circa, fu a capo<br />

della Nuova Accademia, di indirizzo scettico. La fuga da Atene avvenne quando la città fu occupata da<br />

Archelao, uno dei generali di Mitridate.<br />

6


ietà e importanza dei problemi, con l’immenso piacere che mi procuravano, ma tuttavia<br />

la normalità giudiziaria mi pareva abolita per sempre. 307 In quell’anno era morto Sulpicio;<br />

in quello successivo tre oratori di tre generazioni, Quinto Catulo, Marco Antonio<br />

e Gaio Giulio, erano stati uccisi nella maniera più atroce 23 . Nello stesso anno seguii a<br />

Roma anche Molone di Rodi 24 , sommo avvocato e maestro d’eloquenza. Di queste cose,<br />

anche se sembrano esulare dal piano che ci siamo prefissi, io ho fatto menzione di proposito,<br />

perché tu, Bruto, dal momento che hai espresso questo desiderio, potessi renderti<br />

conto appieno – per Attico, invece, sono cose ben note – di quello che è stato il mio<br />

percorso, e vedere in che modo, in questo cammino, io abbia tenuto dietro a Ortensio<br />

sulle sue stesse orme. 308 Per circa tre anni 25 Roma non conobbe contese armate; ma a<br />

causa della morte, della partenza volontaria, o dell’esilio di tanti oratori – tra l’altro, erano<br />

lontani anche due giovani come Marco Crasso e i due Lentuli 26 – nei processi Ortensio<br />

era l’oratore più in vista, Antistio 27 di giorno in giorno si faceva apprezzare sempre<br />

di più, Pisone 28 parlava spesso, meno spesso Pomponio, Carbone di rado, e Filippo<br />

non parlò più di una volta o due; mentre io, in tutto questo periodo, attendevo giorno e<br />

notte allo studio di tutte le discipline. 309 Stavo con lo Stoico Diodoto, che, dopo avere<br />

abitato presso di me e con me vissuto, in casa mia è morto qualche tempo fa 29 . Mi guidava<br />

in esercizi diversi, e specialmente in quelli di dialettica, la quale deve essere considerata,<br />

per così dire, un’eloquenza contratta e serrata; e senza la quale anche tu, Bruto,<br />

hai ritenuto non si potesse conseguire l’eloquenza, quella nel senso più pieno, che viene<br />

considerata una dialettica dilatata 30 . A questo maestro e alle sue molte e varie scienze io<br />

mi dedicavo senza tuttavia mai tralasciare per un solo giorno gli esercizi oratori. 310 Mi<br />

23 L’anno è l’87 a.C. Quinto Lutazio Catulo (150 ca.-87 a.C.), personaggio di nobile famiglia, fu<br />

collega di Mario nel consolato del 102 a.C. e suo amico; in seguito gli si oppose, arrivando persino a<br />

uccidersi dopo la vittoria dei mariani (nell’87 a.C.). Lutazio Catulo fu uomo di cultura (molto apprezzato<br />

da Cicerone) e anche poeta, autore di epigrammi di gusto “preneoterico” (vedi vol. I*, pp. 199-<br />

200). Su Marco Antonio e Gaio Giulio, vedi rispettivamente le note 5 e 12.<br />

24 Apollonio Molone, retore originario di Alabanda, fu un vero avvocato e non solo maestro di eloquenza;<br />

tenne scuola a Rodi, dove ebbe tra i suoi allievi anche Giulio Cesare, e soggiornò a Roma<br />

nell’87 e nell’81 a.C.<br />

25 Tra l’86 e l’84 a.C.<br />

26 Marco Licinio Crasso (114-53 a.C.), inizialmente seguace di Silla, nel 72 a.C. annientò la rivolta<br />

di Spartaco e nel 70 a.C. fu console insieme a Pompeo: con quest’ultimo e con Cesare strinse il cosiddetto<br />

“primo triumvirato” (60 a.C.). Fu poi console una seconda volta nel 55 a.C., insieme a Pompeo,<br />

ma pochi anni dopo (53 a.C.) trovò la morte nel corso di una spedizione contro i Parti. I “due Lentuli”<br />

menzionati da Cicerone sono Gneo Cornelio Lentulo Clodiano e Publio Cornelio Lentulo Sura: il primo<br />

fu console nel 72 a.C. e censore nel 70 a.C, quando testimoniò nel processo contro Verre; il secondo,<br />

pretore nel 74 a.C. e console nel 71 a.C., fu espulso dal senato nel 70 a.C.; fu poi di nuovo eletto<br />

pretore nel 63 a.C., l’anno in cui fu giustiziato per aver partecipato alla congiura di Catilina.<br />

27 Tribuno della plebe nell’88 a.C.<br />

28 Marco Pupio Pisone Frugi Calpurniano fu questore nell’83 a.C., tribuno della plebe (forse nel 72<br />

a.C.) e console nel 61 a.C.; morì prima del 47 a.C. Nutriva vasti interessi filosofici e letterari e fu<br />

molto amico di Cicerone, che nel De finibus gli affidò l’esposizione della dottrina peripatetica.<br />

29 Era una consuetudine di alcuni aristocratici romani ospitare nella propria casa intellettuali greci<br />

con la funzione di precettori, consiglieri e “direttori di coscienza”. Lo stoico Diodoto morì nel 59 a.C.<br />

30 Cicerone allude sia agli studi filosofici compiuti da Bruto sia alla concezione stoica della retorica:<br />

Zenone, infatti, il fondatore dello Stoicismo, paragonava la dialettica a una mano serrata a pugno, e la<br />

retorica a una mano aperta, con le dita ben distese, alludendo metaforicamente alla serrata concisione<br />

della prima e alla larga abbondanza della seconda. Cicerone, eliminando il riferimento metaforico e<br />

attribuendo la medesima aggettivazione direttamente alla dialettica e alla retorica, ottiene una “figura”<br />

efficace, anche se di non immediata comprensione.<br />

7


addestravo “tenendo declamazioni” – ora dicono così –, spesso con Marco Pisone e con<br />

Quinto Pompeo, comunque tutti i giorni con qualcuno, e lo facevo parecchio anche in<br />

latino, ma di più in greco, vuoi perché la lingua greca, mettendo a disposizione una<br />

maggiore ricchezza di ornamenti, produceva l’abitudine di parlare con altrettanta eleganza<br />

in latino; vuoi perché, se non mi fossi espresso in greco, dai migliori maestri greci<br />

non avrei potuto né essere corretto né ricevere alcun insegnamento 31 . 311 Nel frattempo,<br />

l’opera di restaurazione dello Stato comportò disordini violenti, e ci furono le morti atroci<br />

di tre oratori, Scevola, Carbone e Antistio, e il ritorno in patria di Cotta, di Curione,<br />

di Crasso, dei Lentuli e di Pompeo 32 ; vennero ristabilite la legalità e la normalità<br />

giudiziaria, e si ebbe la definitiva restaurazione dello Stato; dal novero degli oratori<br />

vennero però cancellati Pomponio, Censorino e Murena 33 . Fu solo allora che io incominciai<br />

ad affrontare processi privati e penali 34 ; e non così da dover imparare nel foro,<br />

come hanno fatto i più; nella misura in cui mi era stato possibile, mi ero invece messo in<br />

condizione di arrivare nel foro con una formazione già completa.<br />

312 Nello stesso periodo, seguii l’insegnamento di Molone; durante la dittatura di<br />

Silla, era infatti venuto come ambasciatore presso il senato, per discutere dei benefici<br />

concessi ai rodii 35 . Pertanto la mia prima causa penale, la difesa di Sesto Roscio 36 , tanto<br />

giovò alla mia reputazione, che non ce ne fu più nessuna che non apparisse meritevole<br />

del mio patrocinio. Ne seguirono poi molte, che io presentavo in pubblico dopo<br />

un’elaborazione diligente, dopo averci, per così dire, passato sopra le notti. 313 Ora,<br />

siccome è in base non ad un qualche neo o a un sonaglio 37 , ma – così mi sembra –<br />

all’intera mia persona, che tu vuoi renderti conto di chi io sia, aggiungerò delle notizie<br />

31 Sappiamo che Molone, per esempio, non padroneggiava il latino e perciò ottenne da Silla il permesso<br />

di parlare in greco di fronte al senato.<br />

32 La restaurazione dello Stato, a cui allude Cicerone, coincise con la vittoria di Silla nella guerra<br />

civile contro Mario e i suoi sostenitori: questo avvenimento comportò l’uccisione di molti avversari e,<br />

contemporaneamente, il rientro in Roma di molti partigiani di Silla (in particolare di Pompeo, che aveva<br />

giocato un ruolo determinante per la sua vittoria). Quinto Mucio Scevola, pontefice massimo<br />

nell’89 a.C., fu soprannominato appunto “il Pontefice” per distinguerlo dall’omonimo cugino, detto<br />

“Augure” (vedi anche la nota 20); scrisse il primo trattato sistematico di diritto civile, ma ricoprì anche<br />

ruoli politici: fu proconsole in Asia e, dopo aver vissuto tranquillamente a Roma sotto Cinna, morì<br />

nell’82 a.C., ucciso forse perché stava passando dalla parte di Silla, o per aver tentato di svolgere opera<br />

di mediazione tra le due parti in lotta. La medesima sorte toccò a Carbone, che, insieme ad Antistio,<br />

fu ucciso nella sede del senato.<br />

33 Anche queste persone furono vittime del terrore sillano: Pomponio fu tribuno della plebe nel 90<br />

a.C.; Gaio Marcio Censorino fu accusatore di Silla tra il 95 e il 91 a.C. (con l’imputazione de repetundis)<br />

e, collegato al partito mariano, partecipò alle violenze dell’87 a.C.; fu fatto uccidere da Silla<br />

nell’82 a.C.; Publio Licino Murena morì nello stesso anno, forse proscritto da Silla.<br />

34 La prima causa ciceroniana di cui abbiamo notizia fu la difesa di Quinzio nell’81 a.C. Nell’anno<br />

successivo Cicerone tenne il primo processo penale, difendendo Sesto Roscio Amerino dall’accusa di<br />

parricidio (vedi § 312 e anche la nota 36).<br />

35 Nel corso della guerra contro Mitridate, Rodi, mostratasi fedele nei confronti di Roma, fu ricompensata<br />

da Silla, che le concesse il controllo su alcune comunità limitrofe; queste in seguito sollevarono<br />

proteste, che costituirono la motivazione dell’ambasceria di Molone (su cui vedi anche la nota 24).<br />

36 Sesto Roscio di Ameria era stato colpito dall’accusa di parricidio: questa accusa – perlomeno<br />

stando alla linea difensiva imbastita da Cicerone – sarebbe stata montata dai veri mandanti del crimine,<br />

che, complice un potente liberto di Silla, avevano tentato di impadronirsi dei beni di Sesto Roscio<br />

padre e poi di sbarazzarsi del figlio.<br />

37 Nella Commedia Nuova greca (di età ellenistica) e nelle commedie romane elaborate su questo<br />

modello i segni particolari sul corpo o i sonagli appesi al collo dei neonati erano tradizionali strumenti<br />

di riconoscimento di personaggi abbandonati, di cui – solitamente alla fine dell’opera – si scoprono le<br />

nobili origini.<br />

8


che potranno però apparire superflue. Allora avevo una complessione quanto mai gracile<br />

e cagionevole, con un collo lungo e sottile; con questa costituzione e con<br />

quest’aspetto, si ritiene che uno non sia lontano dal correre serio pericolo di vita, se vi si<br />

aggiungono un’attività faticosa e un considerevole sforzo dei polmoni. La cosa tanto più<br />

preoccupava quelli a cui ero caro, perché parlavo senza mai allentare il tono, senza varietà,<br />

sfruttando al massimo le mie risorse vocali, e sforzando tutto il corpo. 314 Pertanto,<br />

mentre sia gli amici sia i medici mi esortavano a desistere dal parlare in tribunale,<br />

io ritenni di dover affrontare qualsiasi pericolo, piuttosto che rinunciare alla bramata<br />

gloria nell’eloquenza. Ritenevo tuttavia che, allentando e moderando la voce, e mutando<br />

genere d’eloquenza, avrei potuto evitare i pericoli, e parlare dosando meglio le tonalità;<br />

cambiare la mia consuetudine oratoria: ecco la ragione per la quale partii per l’Asia.<br />

Pertanto, dopo essermi occupato di cause per due anni, e quando nel foro il mio nome<br />

già godeva di grande autorità, partii da Roma 38 . 315 Giunto ad Atene, passai sei mesi<br />

con Antioco, filosofo dell’accademia antica, molto celebre e dalla competenza vastissima<br />

39 ; dietro sollecitazione di quest’uomo insigne, e sotto la sua guida, ripresi gli studi<br />

filosofici, che non avevo mai lasciato: li coltivavo e li incrementavo fino dalla mia prima<br />

giovinezza. Ad Atene, contemporaneamente, ero tuttavia solito esercitarmi con impegno<br />

alla scuola di Demetrio Siro, un vecchio maestro d’eloquenza tutt’altro che spregevole<br />

40 . In seguito viaggiai per tutta l’Asia, accompagnato dai più grandi oratori, i<br />

quali si mostravano compiaciuti di dirigere i miei esercizi; il più notevole era Menippo<br />

di Stratonicea 41 , allora, a mio avviso, l’uomo più eloquente di tutta l’Asia; e, se è peculiarità<br />

degli Attici di non aver niente di fastidiosamente pedantesco né di goffo,<br />

quest’oratore può a buon diritto venire annoverato tra loro. 316 Più di ogni altro mi<br />

stette però al fianco Dionisio di Magnesia; e così facevano anche Eschilo di Cnido e Senocle<br />

di Adramitteo 42 . Questi venivano allora considerati in Asia i retori di maggiore<br />

spicco. Non accontentandomi di loro, mi recai a Rodi, e mi detti a seguire con zelo<br />

quello stesso Molone che avevo potuto ascoltare a Roma: oltre a essere un avvocato di<br />

cause reali, e uno scrittore valente, aveva acume e competenza grandissime nel cogliere<br />

e nel censurare i difetti, e nel formare gli allievi con i suoi insegnamenti. Egli si adoperò<br />

– basta che ci sia riuscito! – a contenere la mia eccessiva ridondanza, il mio traboccare –<br />

che derivavano da una certa giovanile mancanza di ritegno e di freni –, e ad arginare il<br />

flutto che, diciamo così, dilagava fuori dalle sponde. Così, due anni dopo, me ne tornai<br />

non solo meglio addestrato, ma quasi trasformato. Difatti si era placata la troppa concitazione<br />

della voce, la mia eloquenza era, per così dire, sbollita, i miei polmoni avevano<br />

riacquistato vigore, e nel corpo mi ero fatto moderatamente più pieno. 317 Due erano<br />

gli oratori che allora primeggiavano, e che mi accendevano del desiderio di imitarli,<br />

Cotta e Ortensio: il primo parlava in tono piano e pacato, formulando i pensieri in termini<br />

propri 43 , con scioltezza e facilità; il secondo aveva ricchezza di ornamenti e impeto<br />

38 Nel 79 a.C.; l’Asia di cui parla l’autore era la provincia romana corrispondente all’attuale Asia<br />

Minore. Cicerone vuole far credere che la propria partenza non avesse niente a che fare con i rischi cui<br />

si era esposto, scontrandosi col regime sillano, a partire dalla difesa di Sesto Roscio.<br />

39 Antioco di Ascalona (130-68 a.C.), successore di Filone (vedi la nota 22) alla guida dell’Accademia<br />

platonica, aveva affermato di voler riformare le dottrine originali della scuola, ripudiando lo<br />

scetticismo di Carneade e inaugurando una forma di dogmatismo molto vicino a quello stoico.<br />

40 Questo personaggio non è altrimenti noto.<br />

41 Città della Caria.<br />

42 I primi due (rispettivamente di Magnesia, nella Caria o nella Lidia, e di Cnido, nella Caria) sono<br />

altrimenti sconosciuti, mentre Senocle di Adramitteo (proveniente dalla Misia) è ricordato anche da<br />

altre fonti come retore di orientamento asiano.<br />

43 Vale a dire senza ricorrere al linguaggio figurato.<br />

9


oratorio: non era come tu, Bruto, lo hai conosciuto già nel suo sfiorire, ma più animato<br />

nell’elocuzione e nell’azione. Perciò, pensavo, era più con Ortensio che dovevo vedermela:<br />

a lui ero più affione per ardore d’eloquenza, e più vicino per età. E poi avevo visto<br />

come in certe medesime cause […], anche se Cotta era stato preso come oratore<br />

principale, il ruolo di primo piano veniva tuttavia sostenuto da Ortensio. Il concorso<br />

della gente e lo strepito del foro esigono infatti un oratore vigoroso, ardente,<br />

dall’azione 44 efficacemente vivace e dalla voce sonora. 318 Dopo esser tornato<br />

dall’Asia, trattai dunque per un anno cause importanti: io ero candidato alla questura,<br />

Cotta al consolato, Ortensio all’edilità 45 . Per il momento, ci fu l’anno che mi vide impegnato<br />

come questore in Sicilia 46 , Cotta dopo il consolato partì per la Gallia, Ortensio era<br />

il primo e tale venne considerato. Quando però l’anno dopo ritornai dalla Sicilia, le mie<br />

attitudini, quali che fossero, apparivano ormai essersi pienamente sviluppate, e aver<br />

raggiunto una loro maturità. Forse la faccio troppo lunga, tanto piùche sono proprio io<br />

stesso a parlare di me; ma lo scopo di tutto questo discorso è che tu possa renderti conto<br />

appieno non del mio talento e della mia eloquenza – sono ben lontano da<br />

quest’intenzione –, ma dei miei sforzi e del mio impegno. 319 Dopo essermi occupato,<br />

per circa cinque anni, di moltissime cause 47 – ed ero ormai tra gli avvocati più in vista –,<br />

fu soprattutto nel patrocinio dei siciliani 48 che entrai in contesa, io, designato edile, con<br />

Ortensio, designato console.<br />

[Trad. it. di E. Narducci]<br />

44 Con “azione” si indica propriamente l’actio oratoria: il bravo oratore doveva risultare convincente<br />

e conquistare il favore dei giudici e del pubblico, anche facendo affidamento sul tono della voce,<br />

sulla mimica facciale e sulla gestualità, cioè su elementi che sollecitassero l’uditorio dal punto di vista<br />

emozionale.<br />

45 L’anno in questione è il 76 a.C., ma – contrariamente a quanto dice l’autore stesso – non si conoscono<br />

cause tenute da Cicerone nel corso di quest’anno.<br />

46 L’Arpinate fu questore a Lilibeo (Marsala) nel 75 a.C.<br />

47 Il periodo in questione è il quinquennio 74-70 a.C.: le uniche cause di cui siamo a conoscenza<br />

sono la difesa di Scamandro (poi risultato colpevole), la difesa di Marco Tullio, quella di Stenio di<br />

Terme e, forse, quelle di Vareno e di Gaio Mustio.<br />

48 Si tratta del famosissimo processo contro Verre, svoltosi nel 70 a.C.: Cicerone sostenne vittoriosamente<br />

l’accusa dei Siciliani, contro l’ex-governatore Caio Verre, difeso da Ortensio (vedi vol. I**,<br />

pp. 356-357, e anche la nota 9).<br />

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