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La Cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze - Istituto Tecnico ...

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<strong>La</strong> <strong>Cupola</strong> <strong>di</strong> <strong>Santa</strong> <strong>Maria</strong> <strong>del</strong> <strong>Fiore</strong> a <strong>Firenze</strong><br />

Il 19 agosto 1418 a <strong>Firenze</strong> l’Arte <strong>del</strong>la <strong>La</strong>na ban<strong>di</strong>sce il concorso per la realizzazione <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong> <strong>di</strong> <strong>Santa</strong><br />

<strong>Maria</strong> <strong>del</strong> <strong>Fiore</strong>. Partecipano al concorso, in quanto prescelti, Filippo Brunelleschi, coa<strong>di</strong>uvato da Donatello e Nanni <strong>di</strong><br />

Banco, e Lorenzo Ghiberti. In questo bando si chiedevano idee e proposte per la <strong>Cupola</strong>, per le armature e per i<br />

ponteggi, sotto forma <strong>di</strong> mo<strong>del</strong>li e <strong>di</strong>segni. Nel <strong>di</strong>cembre <strong>del</strong> 1419 viene emanata un <strong>del</strong>ibera con la quale si chiede a<br />

Brunelleschi la costruzione <strong>di</strong> una cupola in miniatura, ma con le medesime caratteristiche costruttive <strong>del</strong>la futura grande<br />

<strong>Cupola</strong> e nello stesso documento viene fissato il pagamento <strong>di</strong> quarantacinque fiorini d’oro quale compenso per il nuovo<br />

mo<strong>del</strong>lo (un primo mo<strong>del</strong>lo ligneo era già stato realizzato nel 1418).<br />

Costruito tra il campanile <strong>di</strong> Giotto e il Duomo, lì rimase fino al 1431; questo secondo mo<strong>del</strong>lo doveva sciogliere tutti i<br />

dubbi <strong>del</strong>la committenza, in realtà per il secondo concorso <strong>del</strong> 1420 vengono chiamati alcuni esperti per esprimere<br />

pareri, questa volta su un oggetto concreto <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni e in questo anno Brunelleschi e Ghiberti sono nominati<br />

provve<strong>di</strong>tori alla costruzione <strong>del</strong>la cupola. Solo dopo tre anni, nel 1423, Filippo Brunelleschi è riconosciuto “inventore e<br />

governatore <strong>del</strong>la cupola maggiore” e nell’atto <strong>di</strong> conferimento <strong>del</strong>l’incarico si legge “…a dì deto (26 aprile), sol<strong>di</strong> 46,<br />

denari 8, per tre fiaschi <strong>di</strong> vino bianco e due <strong>di</strong> vermiglio e pane e melarancie e baciagli, per la cholezione de la matina e<br />

<strong>del</strong> dì, dè maestri de la <strong>Cupola</strong>”. (1)<br />

Facciamo un passo in<strong>di</strong>etro e arriviamo al 1401 anno in cui l’Arte <strong>del</strong>la <strong>La</strong>na ban<strong>di</strong>sce il concorso per la seconda porta<br />

<strong>del</strong> Battistero <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong> scegliendo come tema “il sacrificio <strong>di</strong> Isacco”.<br />

Poco più che ventenni Ghiberti e Brunelleschi hanno la stessa formazione culturale <strong>di</strong> stampo umanista, assieme<br />

coltivano il ritorno all’antico ma i rispettivi principi compositivi li portano a una <strong>di</strong>versa impostazione spaziale e temporale<br />

<strong>del</strong> tema.<br />

<strong>La</strong> formella presentata da Brunelleschi <strong>La</strong> formella presentata da Ghiberti<br />

Ghiberti si aggiu<strong>di</strong>ca il concorso non per proprio merito ma per il semplice motivo che Brunelleschi si rifiuta <strong>di</strong> pagare<br />

l’iscrizione all’Arte <strong>del</strong>la <strong>La</strong>na e quin<strong>di</strong> non può aggiu<strong>di</strong>carsi l’incarico.<br />

In realtà Filippo <strong>di</strong> Ser Brunellesco era persona sgra<strong>di</strong>ta alla grande committenza; in particolare ai gran<strong>di</strong> mercanti che lo<br />

consideravano rozzo e illetterato, come ebbe a scrivere più tar<strong>di</strong> Giorgio Vasari ed egli anziché cercare in qualche modo<br />

<strong>di</strong> far cambiare idea a questi personaggi pareva si impegnasse a farsi <strong>di</strong>sprezzare e allontanare in malo modo da palazzi<br />

e case signorili.


Sempre il Vasari scriveva <strong>di</strong> Ser Filippo “molti sono creati dalla natura piccoli <strong>di</strong> persona e <strong>di</strong> fattezze, che hanno l’animo<br />

pieno <strong>di</strong> tanta grandezza et il cuore <strong>di</strong> si smisurata terribilità, che se non cominciano cose <strong>di</strong>fficili e quasi impossibili, e<br />

quelle non rendono finite con maraviglia <strong>di</strong> chi le vede, mai non danno requie alla vita loro…perciò che e’ si sforzano <strong>di</strong><br />

abbellire la bruttezza <strong>del</strong> corpo con virtù <strong>del</strong>l’ingegno,come apertamente si vide in Filippo <strong>di</strong> Ser Brunellesco” (2)<br />

Rilievo <strong>di</strong> rovine romane<br />

Rilievo dal vero <strong>del</strong>la pianta <strong>del</strong> Pantheon<br />

Rilievo dal vero <strong>del</strong> prospetto <strong>del</strong> Pantheon<br />

In quegli anni la riscoperta <strong>del</strong> testo <strong>del</strong> trattato <strong>di</strong> Vitruvio la sua rapida <strong>di</strong>ffusione furono determinanti per orientare<br />

anche il pensiero architettonico verso l’ammirazione, lo stupore e il desiderio <strong>di</strong> far rivivere lo spirito classico, che furono i<br />

caratteri peculiari <strong>del</strong> Quattrocento fiorentino.<br />

L’interesse e lo stu<strong>di</strong>o degli architetti <strong>del</strong>la Rinascenza si concentrò soprattutto su Roma. Molti stu<strong>di</strong>osi, storici ma<br />

soprattutto architetti sentirono la necessità ed il bisogno <strong>di</strong> toccare con mano le rovine dei monumenti antichi. Per tutto il<br />

XV secolo fu consuetu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> tanti architetti, dopo il periodo in bottega, recarsi a Roma per completare la propria<br />

formazione ed il proprio appren<strong>di</strong>mento. A Roma si recarono Brunelleschi, Donatello, Leon Battista Alberti, Simone Del<br />

Pollaiolo, Bramante, Palla<strong>di</strong>o, ecc. Dopo il concorso per le formelle <strong>del</strong>la Porta <strong>del</strong> Battistero, Brunelleschi unitamente a<br />

Donatello si reca a Roma e qui attraverso la ricerca <strong>del</strong>le misure e <strong>del</strong>le proporzioni, trova l’ispirazione al classico.<br />

Egli stu<strong>di</strong>a le proporzioni e le tecniche costruttive, i materiali e gli or<strong>di</strong>ni architettonici; rileva dal vero la maggior parte<br />

degli e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> epoca romana ed in particolare si sofferma sul Pantheon che <strong>di</strong>segna con cura maniacale, in particolare è<br />

attirato dalla cupola che in quel periodo è la più grande struttura in muratura esistente al mondo.<br />

L’affresco <strong>del</strong>la Trinità in <strong>Santa</strong> <strong>Maria</strong> Novella a <strong>Firenze</strong><br />

Al suo ritorno a <strong>Firenze</strong> dopo alcuni anni intorno al 1415<br />

l’Arte <strong>del</strong>la Seta gli commissiona un orfanotrofio, iniziato<br />

nel 1419. Lo Spedale <strong>del</strong>l’Innocenti è il primo e<strong>di</strong>ficio<br />

classico dopo la fine <strong>del</strong>l’era antica nel quale Brunelleschi<br />

mette in pratica quanto rilevato e stu<strong>di</strong>ato durante il<br />

viaggio a Roma, in particolare egli si sofferma sulle<br />

proporzioni legate alle <strong>di</strong>mensioni comandate dal misura<br />

<strong>del</strong> <strong>di</strong>ametro <strong>del</strong>la colonna,un braccio fiorentino, circa 48<br />

cm, rapportandolo con l’altezza <strong>del</strong>la colonna stessa e<br />

con la luce <strong>del</strong>l’arco.<br />

Nel ventennio che va dal 1415 al 1435 Brunelleschi<br />

riceve gli incarichi <strong>del</strong>le principali costruzioni citta<strong>di</strong>ne: il<br />

nuovo San Lorenzo, lo Spedale, il Palagio <strong>di</strong> parte<br />

Guelfa, la Sagrestia Vecchia.<br />

In quegli anni gran<strong>di</strong>ssima importanza ebbe la scoperta<br />

<strong>del</strong>la prospettiva. Quella scoperta e la prima<br />

co<strong>di</strong>ficazione, sia pur imperfetta <strong>del</strong>la regola prospettica,<br />

risalgono agli inizi <strong>del</strong> XV secolo e sono attribuite dagli<br />

stu<strong>di</strong>osi a Brunelleschi, a Paolo Uccello, Ghiberti, l’Alberti<br />

e a Piero <strong>del</strong>la Francesca che ad<strong>di</strong>rittura co<strong>di</strong>fica il primo<br />

metodo scientifico <strong>di</strong> esposizione <strong>del</strong>la regola nel trattato<br />

De prospectiva pingen<strong>di</strong>. Gli stu<strong>di</strong> più recenti tendono<br />

tuttavia ad assegnare all’opera <strong>di</strong> Brunelleschi l’assoluta<br />

priorità.<br />

Nel 1425 Brunelleschi collabora con Masaccio per la<br />

realizzazione <strong>del</strong>l’affresco prospettico <strong>di</strong> <strong>Santa</strong> <strong>Maria</strong><br />

Novella nel quale per la prima volta si applicano le regole<br />

prospettiche <strong>del</strong>la prospettiva stu<strong>di</strong>ate e co<strong>di</strong>ficate da<br />

Brunelleschi con l’esperimento <strong>del</strong>le due tavolette: una<br />

davanti alla Porta <strong>del</strong> Battistero e la seconda in Piazza<br />

<strong>del</strong>la Signoria.


<strong>La</strong> regola prospettica oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o da parte <strong>di</strong><br />

Brunelleschi, secondo quanto scrive E. Battisti nel suo<br />

bellissimo volume de<strong>di</strong>cato al grande architetto, si può<br />

considerare un corollario ai suoi stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> ottica. Parrebbe<br />

che Ser Filippo con l’esperimento <strong>del</strong>le due tavolette<br />

voglia conoscere che rapporto intercorra tra la visione<br />

naturale e l’imitazione, ovviamente perfetta, <strong>di</strong> essa.<br />

Posizionandosi tre braccia all’interno <strong>del</strong>la porta <strong>del</strong><br />

Duomo, egli mostra all’osservatore il <strong>di</strong>pinto <strong>del</strong> Battistero<br />

che ha realizzato su una superficie riflettente, attraverso<br />

un foro posto su un seconda tavoletta. L’immagine però<br />

era riflessa da uno specchio in modo che se tirava vento<br />

si potevano veder passare le nuvole. Lo specchio si<br />

poteva togliere da suo basamento e chi in quel momento<br />

osservava attraverso il foro non si rendeva conto se<br />

l’immagine che gli appariva fosse il vero Battistero o il<br />

<strong>di</strong>pinto riflesso. Brunelleschi in questo modo conferma la<br />

sua teoria secondo la quale tutte le linee <strong>di</strong> costruzione<br />

convergono n un unico punto <strong>di</strong> fuga che in questo caso<br />

è rappresentato dal foro sulla tavoletta posteriore. Il<br />

sistema costruttivo <strong>del</strong>le due tavolette è mobile, cioè<br />

consente la traslazione trasversale, da destra a sinistra,<br />

ma soprattutto la traslazione longitu<strong>di</strong>nale; come in una<br />

macchina fotografica, agendo sullo zoom il soggetto si<br />

avvicina e si allontana. Analogamente facendo traslare la<br />

tavoletta dove è posizionato lo specchio avanti e in<strong>di</strong>etro<br />

l’immagine si ingran<strong>di</strong>sce e si rimpicciolisce fino a quando<br />

il vero Battistero e quello <strong>di</strong>pinto coincidono<br />

perfettamente in tutte le misure ed in ogni parte.<br />

In tempi più recenti è stato riproposto l’esperimento <strong>del</strong>le<br />

due tavolette,seguendo fe<strong>del</strong>mente le in<strong>di</strong>cazioni <strong>del</strong><br />

biografo <strong>di</strong> Brunelleschi con una <strong>di</strong>fferenza: il sistema è<br />

stato tenuto in mano e non appoggiatosi uno stativo. Non<br />

conosco il motivo <strong>di</strong> questa variazione, forse una<br />

interpretazione <strong>di</strong>versa dalle in<strong>di</strong>cazioni <strong>del</strong> testo<br />

quattrocentesco nel quale si legge:”…per chi l’avesse a<br />

vedere, e con una mano s’accostassi allo occhio et<br />

nell’altra tenesse uno specchio piano al <strong>di</strong>rimpetto, che vi<br />

si veniva a specchiare dentro la <strong>di</strong>pintura; e quella<br />

<strong>di</strong>latazione nello specchio dall’altra mano veniva ad<br />

essere la <strong>di</strong>stanza vel circha <strong>di</strong> braccia piccoline quanto a<br />

braccia vere <strong>del</strong> luogo, dove mostrava essere a ritrarlo,<br />

per insino al tempio <strong>di</strong> Santo Giovanni; che al quardarlo<br />

con altre circostanze detto <strong>del</strong>lo ariento brunito et alla<br />

piazza…e io lo (ho) avuto in mano e veduto più volte a<br />

miei dì e posson rendere testimonianza”. Parrebbe che<br />

lo strumento si stato tenuto in mano al contrario <strong>di</strong> ciò che<br />

si vede nelle illustrazioni <strong>di</strong> fianco, ad ogni buon conto<br />

dall’esperimento <strong>di</strong> recente applicazione i risultati<br />

comprovano l’esattezza <strong>del</strong> resoconto <strong>del</strong> biografo. <strong>La</strong><br />

tavoletta che corrisponde alla veduta reale misura mezzo<br />

braccio quadrato con la base <strong>di</strong> circa 36 cm e l’altezza <strong>di</strong><br />

circa 45 cm, l’angolo visivo <strong>di</strong> circa 45°, il <strong>di</strong>pinto risulta<br />

esattamente in scala 1:75, la <strong>di</strong>stanza reale<br />

<strong>del</strong>l’osservatore dal Battistero è <strong>di</strong> 60 braccia, quella tra il<br />

<strong>di</strong>pinto e lo specchio , è perfettamente in scala, cioè un<br />

braccio.


Ma torniamo ora al 1423 quando Filippo Brunelleschi è riconosciuto “inventore e governatore <strong>del</strong>la cupola maggiore”.<br />

Secondo una definizione dettata dal Cancelliere <strong>del</strong>la Repubblica fiorentina, il Marsuppini, oggi leggibile nella lapide<br />

posta, per chi entra in Duomo, in alto a destra, si legge:”…plures machinae <strong>di</strong>vino ingenio ad eo a<strong>di</strong>nventae…antiquate<br />

architecturae instaurator”.<br />

Vuol <strong>di</strong>re questo: “Filippo Brunelleschi mirabile<br />

architetto, eccezionale costruttore <strong>di</strong><br />

macchine…..”, questo perché i fiorentini<br />

vedevano in Brunelleschi il grande ingegnere<br />

non il grande architetto, e questo lo <strong>di</strong>co con<br />

un po’ <strong>di</strong> amarezza essendo architetto e non<br />

ingegnere, per spirito <strong>di</strong> campanilismo poi<br />

certamente, perché era così bravo era anche<br />

un bravo architetto, ma a quella epoca era<br />

certamente il più grande ingegnere <strong>del</strong>la<br />

piazza fiorentina. Ed in effetti prima <strong>di</strong><br />

de<strong>di</strong>carsi completamente all’architettura,<br />

Brunelleschi si era misurato con l’oreficeria,<br />

con l’ottica, con la scultura e con l’architettura<br />

militare per lo stu<strong>di</strong>o <strong>del</strong>le fortificazioni.<br />

L’epigrafe <strong>del</strong> Marsuppini de<strong>di</strong>cata a Brunelleschi posta sopra la sua tomba in Duomo<br />

L’invenzione e la applicazione <strong>del</strong>la polvere da sparo e <strong>del</strong>le nuove armi comportava nuovi sistemi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa <strong>del</strong>le città,<br />

sistemi più tar<strong>di</strong> co<strong>di</strong>ficati e descritti da Francesco <strong>di</strong> Giorgio Martini nel suo Trattato (<strong>di</strong> architettura civile e militare) scritto<br />

presso la corte <strong>di</strong> Urbino nel 1482. Il contenuto <strong>del</strong> Trattato costituito da sette <strong>di</strong>stinti trattati, descrive nel quinto Trattato<br />

“Forme <strong>di</strong> rocche e fortezze” le modalità <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficazione <strong>del</strong>le strutture a protezione <strong>del</strong>la città coniugando perfettamente le<br />

esigenze <strong>del</strong>l’arte con quelle <strong>del</strong>la tecnica bellica <strong>del</strong> suo tempo, e descrivendo con precisi riferimenti antropomorfi<br />

“…parmi <strong>di</strong> ae<strong>di</strong>fiacare le città in guisa <strong>di</strong> corpo umano...” come bisognava costruire le mura per proteggersi dalle<br />

cannonate degli asse<strong>di</strong>anti cioè inclinando verso l’interno il paramento murario e <strong>di</strong>sponendo la muratura in modo che<br />

l’energia generata dalle palle dei cannoni venisse deviata ma non assorbita producendo così danni minori alla struttura<br />

protettiva.<br />

Una <strong>del</strong>le macchine per il sollevamento dei materiali da costruzione, ricostruita<br />

presso il laboratorio <strong>di</strong> Scienza <strong>del</strong>le Costruzioni <strong>del</strong>la Facoltà <strong>di</strong> Architettura <strong>di</strong><br />

<strong>Firenze</strong>. L’’ultima macchina fu esposta nell’occasione dei Me<strong>di</strong>ci <strong>del</strong> ‘500. Tutte<br />

erano già state esposte alla Sorbonna in un’altra esposizione, poi a Madrid, sono<br />

state esposte a Tel Aviv e hanno avuto un notevole eco. Credo che ora, questi<br />

mo<strong>del</strong>li riposino in pace da qualche parte <strong>del</strong>la facoltà, per lo meno quattro sono<br />

esposte nel museo <strong>di</strong> Vinci perché il collegamento tra Brunelleschi e Vinci e tutto<br />

l’ambiente scientifico fiorentino era così forte, così stretto, neanche da pensare<br />

che Leonardo da Vinci non abbia colto qualche cosa <strong>del</strong>l’attività <strong>di</strong> Filippo<br />

Brunelleschi.<br />

Certamente i fiorentini hanno celebrato<br />

come grande inventore <strong>di</strong> macchine,<br />

macchine che grazie agli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> due<br />

stu<strong>di</strong>osi italo americani che insegnano in<br />

università americane, <strong>La</strong><strong>di</strong>slao Reti e<br />

Giustina Scaglia, hanno scoperto che<br />

alcuni <strong>di</strong>segni <strong>di</strong> Leonardo non erano<br />

invenzioni leonardesche ma erano oggetti<br />

che Leonardo aveva visto da qualche parte<br />

e aveva rappresentato nei suoi quaderni.<br />

Dove li aveva visti questi oggetti?<br />

E la storia è uno strumento formidabile <strong>di</strong><br />

indagine; li aveva visti nella piazza San<br />

Giovanni.<br />

C’erano le macchine, erano state lasciate li<br />

perché erano macchine gigantesche che<br />

non servivano più a nulla. Quelle macchine<br />

dopo la costruzione <strong>del</strong>la cupola non<br />

avrebbero trovato più impiego. Furono<br />

abbandonate. Erano macchine nate per<br />

fare la cupola e <strong>di</strong> cupole simili, dopo quella<br />

<strong>di</strong> <strong>Santa</strong> <strong>Maria</strong> <strong>del</strong> <strong>Fiore</strong>, cupole così<br />

smisurate, si costruirà quella <strong>di</strong> San Pietro<br />

a Roma, ma passeranno 150 anni.<br />

Macchine <strong>di</strong> legno che si sarebbero<br />

deteriorate, quin<strong>di</strong> furono <strong>di</strong>strutte.


Ma prima <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>strutte Leonardo le rilevò nei suoi quaderni, le rappresentò in scala perfetta e oggi oltre che a<br />

<strong>Firenze</strong> sono visibili presso il Museo de<strong>di</strong>cato a Leonardo nella sua città <strong>di</strong> Vinci. E anche qui c’è una storia molto<br />

interessante: quelle macchine furono re-inventate solo nell’800, mentre Brunelleschi aveva inventato queste macchine<br />

capovolgendo completamente la tra<strong>di</strong>zione dei meccanici greci e romani, tipo Vitruvio: l’ultimo libro dei <strong>di</strong>eci libri<br />

<strong>del</strong>l’architettura <strong>di</strong> Vitruvio è de<strong>di</strong>cato alle macchine da cantiere.<br />

Due <strong>del</strong>le macchine progettate de Brunelleschi e ricostruite presso la Facoltà <strong>di</strong> Architettura <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong> dl Prof. S. DiPasquale<br />

Il testo fu ritrovato nel ‘400 mancante <strong>di</strong> <strong>di</strong>segni, non si sa neanche se ci sono mai stati questi <strong>di</strong>segni; i latini scrivevano<br />

così bene che non avevano bisogno <strong>di</strong> <strong>di</strong>segni, le parole erano sufficienti. I <strong>di</strong>segni furono aggiunti successivamente e<br />

quei <strong>di</strong>segni <strong>di</strong> macchine <strong>di</strong> Vitruvio le troviamo solo agli inizi <strong>del</strong>l’800.<br />

Brunelleschi invece inventa quelle macchine che passano come una meteora nel panorama scientifico e tecnico, ma<br />

scompaiono, perché non potranno essere utilizzate in nessun cantiere paragonabile a quello <strong>di</strong> <strong>Santa</strong> <strong>Maria</strong> <strong>del</strong> <strong>Fiore</strong>;<br />

perché non troveranno altre applicazioni.<br />

Ricostruzione in scala <strong>di</strong> una <strong>del</strong>le macchine ideate da Brunelleschi esposte al museo<br />

Di Vinci De<strong>di</strong>cato a Leonardo.<br />

Queste macchine sono state ricostruite<br />

presso la facoltà <strong>di</strong> Architettura <strong>di</strong><br />

<strong>Firenze</strong> dal prof. Salvatore <strong>di</strong> Pasquale<br />

e esposte in occasione <strong>di</strong> mostre e<br />

convegni ad iniziare dal 1977, sesto<br />

centenario <strong>del</strong>la nascita <strong>di</strong> Brunelleschi.<br />

Più tar<strong>di</strong> gli stessi mo<strong>del</strong>li sono stati<br />

esposti in Germania in occasione <strong>di</strong> una<br />

mostra itinerante e qualche anno dopo<br />

anche l’<strong>Istituto</strong> <strong>di</strong> Storia <strong>del</strong>l’arte<br />

<strong>del</strong>l’Università <strong>di</strong> Monaco <strong>di</strong> Baviera<br />

organizzò un seminario <strong>di</strong> stu<strong>di</strong><br />

de<strong>di</strong>cato agli antichi sistemi costruttivi in<br />

muratura. Nel 1979 a Parigi venne<br />

realizzata una sintesi <strong>del</strong>la esposizione<br />

fiorentina <strong>del</strong> 1977 ed in quella<br />

occasione sotto il mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong><br />

furono esposti i mo<strong>del</strong>li <strong>del</strong>le macchine.


Nel 1985 i mo<strong>del</strong>li <strong>del</strong>le macchine sono stati esposti all’Expo <strong>di</strong> Tsukuba in Giappone. Gli organizzatori stabilirono che il<br />

pa<strong>di</strong>glione de<strong>di</strong>cato alla storia <strong>del</strong>le invenzioni italiane si aprisse con il mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong> e con i mo<strong>del</strong>li <strong>del</strong>le<br />

macchine brunelleschiane.<br />

Verso la fine degli anni ottanta sono state esposte a Sidney, presso la Facoltà <strong>di</strong> Architettura in occasione <strong>del</strong>la mostra<br />

incentrata sull’opera <strong>di</strong> Brunelleschi. Avendo terminato gli stu<strong>di</strong> nel 1987, non ho potuto seguire da vicino le vicende<br />

<strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong> e <strong>del</strong>le macchine fino al 1997,<br />

quando la Rai manda in onda il programma dal<br />

titolo “Il Rinascimento”. In quella trasmissione si<br />

parla <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong>, ma se ne parla in maniera<br />

confusa ed imprecisa, il racconto non è per<br />

nulla sod<strong>di</strong>sfacente sia dal punto <strong>di</strong> vista<br />

architettonico sia dal punto <strong>di</strong> vista tecnicocostruttivo.<br />

Solamente la parte condotta da<br />

Piero Angela, che parla dall’interno <strong>del</strong>la<br />

intercape<strong>di</strong>ne <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong>, in un vano dove<br />

sono esposti alcuni macchinari ed arnesi<br />

utilizzati dagli operai <strong>del</strong> tempo, è degno <strong>di</strong><br />

attenzione. In quella occasione Piero Angela<br />

mostra il mo<strong>del</strong>lo in scala <strong>di</strong> una <strong>del</strong>le<br />

macchine <strong>di</strong> Brunelleschi.<br />

Piero Angela illustra il funzionamento <strong>del</strong>le<br />

macchine durante una puntata Speciale<br />

<strong>di</strong> Superquark de<strong>di</strong>cata al Rinascimento<br />

Quanto descritto potrebbe essere inutile se si pensa a quanto scrisse Michelangelo osservando la <strong>Cupola</strong> e a come la<br />

definì: “<strong>La</strong> grande macchina”. Allora Brunelleschi non è l’ingegnere grande inventore <strong>di</strong> macchine ma anche l’architetto<br />

grande inventore <strong>di</strong> cupole!!!!<br />

Scrive Giorgio Vasari riguardo al Brunelleschi: “...non aveva lettere, ma era dotato <strong>di</strong> mirabil memoria e ragionava con il<br />

naturale <strong>del</strong>la pratica e <strong>del</strong>l’esperienza”.(3)<br />

Sulla costruzione <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong> esistono numerose teorie; sul suo funzionamento statico, sugli accorgimenti costruttivi,<br />

sulle ipotesi <strong>del</strong>la sua genesi costruttiva. In merito alla <strong>Cupola</strong> <strong>del</strong> Duomo fiorentino esiste una corposa bibliografia<br />

scientifica che parte dai primi stu<strong>di</strong> <strong>del</strong> Nelli<br />

datati 1700 circa, passando per la grande opera<br />

ottocentesca dei tedeschi Geymuller e Durm,<br />

fino agli ultimi sviluppi più recenti. Pier Luigi<br />

Nervi, come si leggeva nella relazione <strong>del</strong> 1934,<br />

praticamente perduta dopo l’alluvione <strong>del</strong> 1966,<br />

ha effettuato degli stu<strong>di</strong> sulla cupola e grazie alla<br />

sua opera è stato possibile analizzare l’intero<br />

apparato murario e soprattutto si è potuto<br />

constatare che la cupola è gravemente lesionata.<br />

Si è parlato <strong>di</strong> enigmi irrisolti e <strong>di</strong> misteri mai<br />

svelati supportati dal fatto che Brunelleschi non<br />

ha lasciato alcun <strong>di</strong>segno ne alcuna spiegazione<br />

e quel poco che sappiamo oggi lo dobbiamo al<br />

suo biografo che a suo tempo raccontò a Giorgio<br />

Vasari il quale lo scrisse nelle “Vite…”.<br />

Di certo c’è che i protagonisti <strong>del</strong>la storia<br />

<strong>del</strong>l’architettura hanno avuto una genialità fuori<br />

dalla portata <strong>del</strong>la nostra conoscenza e<br />

comprensione.<br />

In tutto questo c’è <strong>di</strong> vero il fatto che solo<br />

persone illuminate hanno potuto compiere<br />

imprese simili con mezzi limitati quali quelli <strong>del</strong><br />

XV secolo.<br />

Le sei immagini mostrano la costruzione in scala <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>la statico<br />

<strong>del</strong>la cupola realizzato presso la Facoltà <strong>di</strong> Architettura <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong>.


Ricostruzione <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo ligneo pre<strong>di</strong>sposto da Brunelleschi<br />

conservato al Museo <strong>del</strong>l’Opera <strong>del</strong> Duomo. Un mo<strong>del</strong>lo simile fu<br />

lasciato in Piazza <strong>del</strong> Duomo per mesi nel periodo che precedette la<br />

costruzione <strong>del</strong>la cupola.<br />

E’ altresì vero che se il sistema costruttivo e tutte le<br />

fasi compositive resteranno per sempre un segreto<br />

(o meglio si possono formulare <strong>del</strong>le ipotesi senza<br />

però alcun riscontro reale che una <strong>di</strong> queste possa<br />

essere stata percorsa), per quanto riguarda la<br />

struttura interna alcuni stu<strong>di</strong> recenti consentono <strong>di</strong><br />

arrivare a dati certi anche se non è possibile rilevare<br />

le parti interne data la struttura molto compatta ed<br />

integra. Certo che con sistemi invasivi come i<br />

carottaggi e i prelievi <strong>di</strong> materiale consentirebbero<br />

<strong>di</strong> formulare non solo ipotesi ma certezze..<br />

Molto è stato scritto e documentato sulle parti<br />

visibili, poco o niente rimane <strong>del</strong>le parti interne <strong>del</strong>la<br />

<strong>Cupola</strong> che contengono, <strong>di</strong>etro strati <strong>di</strong> intonaco e<br />

rivestimenti, il sistema costruttivo <strong>del</strong>le sezione<br />

resistente.<br />

Negli ultimi anni la Facoltà <strong>di</strong> Architettura <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong><br />

ha avviato un rilievo fotografico <strong>del</strong>le parti interne<br />

con scarsa possibilità <strong>di</strong> accesso e mai<br />

documentate prima e solo grazie ai moderni<br />

strumenti <strong>di</strong> rilievo è stato possibile ottenere alcune<br />

informazioni tecniche <strong>di</strong> assoluta importanza.<br />

Dal maggio <strong>del</strong> 2002 una équipe <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi munita <strong>di</strong> sofisticate attrezzature ha monitorato la <strong>Cupola</strong> all’interno e<br />

all’esterno e ha restituito in 3D le riprese fotografiche stereoscopiche.<br />

Una prima indagine geofisica con metodo Radar ha consentito <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare e mappare l’esistenza <strong>di</strong> cavità e <strong>di</strong><br />

elementi <strong>di</strong> consolidamento; la seconda indagine geofisica con metodo Radar è stata eseguita nel febbraio <strong>del</strong> 2004<br />

sull’estradosso <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong> interna. I risultati <strong>di</strong> queste indagini saranno pubblicati a breve.<br />

Nel 1423 Brunelleschi dovette superare non solo enormi<br />

<strong>di</strong>fficoltà costruttive ma anche la <strong>di</strong>ffidenza <strong>di</strong> chi gli aveva<br />

commissionato il progetto. Egli non solo si rifiutò <strong>di</strong><br />

consegnare gli elaborati grafici, ma non lasciò trapelare<br />

alcun in<strong>di</strong>zio sulla grande volta. Si narra che alla continua<br />

ossessiva richiesta <strong>di</strong> <strong>di</strong>segni e spiegazioni Brunelleschi<br />

propose alla committenza un patto: se fossero riusciti a<br />

tenere un uovo in equilibrio egli avrebbe consentito loro <strong>di</strong><br />

prendere visione degli elaborati. Tutti i tentativi andarono<br />

a vuoto e allora Brunelleschi tagliò la parte bassa<br />

<strong>del</strong>l’uovo e lo pose in posizione verticale.<br />

Purtroppo questo permise a Brunelleschi <strong>di</strong> conservare i<br />

<strong>di</strong>segni e le formule e non consente a noi, oggi, <strong>di</strong><br />

conoscere il sistema costruttivo <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong>.<br />

Il merito <strong>di</strong> Brunelleschi è <strong>di</strong> aver progettato e costruito la<br />

<strong>Cupola</strong> anche se la scelta <strong>del</strong> profilo non è nato da una<br />

sua idea; stando a quanto scrive il Vasari detta forma gli<br />

fu suggerita probabilmente dal Ghiberti, anche se tra i due<br />

non correva buon sangue, il suggerimento su accettato.<br />

Sezione trasversale <strong>del</strong>la sola <strong>Cupola</strong>. Rilievo <strong>di</strong> G.B. Nelli fine 600<br />

circa.


Per voltare la <strong>Cupola</strong> e per evitare l’impiego <strong>di</strong> una centinatura in legno troppo costosa e forse irrealizzabile, la volta<br />

doveva risultare autoportante in ogni sua fase <strong>di</strong> costruzione. Il profilo <strong>del</strong>la calotta esterna è mo<strong>del</strong>lato su quello interno<br />

e ha lo scopo <strong>di</strong> proteggere la cupola interna dalle intemperie.<br />

Sezione longitu<strong>di</strong>nale <strong>del</strong> Duomo. Rilievo <strong>di</strong> G.B. Nelli fine ‘600 Prospetto lato via Dei Servi. Rilievo <strong>di</strong> G.B. Nelli fine ‘600<br />

Secondo Sanpaolesi Brunelleschi in principio aveva proposto una cupola a creste e vele poi forse su suggerimento <strong>di</strong><br />

Ghiberti optò per il pa<strong>di</strong>glione. Il fatto che il Ghiberti fosse riuscito a convincere Brunelleschi ad adottare alcune scelte <strong>di</strong><br />

forma e che molte <strong>del</strong>le scelte progettuali da lui proposte venissero sottoposte al giu<strong>di</strong>zio <strong>del</strong>l’altro rallentavano<br />

l’andamento dei lavori. Un cantiere <strong>di</strong> tal portata non poteva essere gestito da due progettisti, tant’è che Brunelleschi,<br />

secondo alcuni biografi <strong>del</strong> tempo, intraprese una azione <strong>di</strong> persuasione sugli operai <strong>del</strong> cantiere per convincerli a<br />

liberarsi <strong>del</strong> Ghiberti e allo stesso tempo per respingere le richieste <strong>del</strong>le maestranze a dover giustificare ogni scelta<br />

progettuale. Il fatto poi che il carattere <strong>di</strong> Brunelleschi non fosse per così <strong>di</strong>re socievole lo portò in <strong>di</strong>verse occasioni a<br />

combattere contro pregiu<strong>di</strong>zi, abitu<strong>di</strong>ni e regole tra<strong>di</strong>zionali, portandolo a doversi guadagnare con i fatti quel prestigio<br />

non ancora riconosciuto dalle istituzioni che solo molti anni dopo lo avrebbero celebrato come genio assoluto<br />

<strong>del</strong>l’architettura.<br />

Casseri in legno utilizzati per la costruzione dei mattoni Una carrucola per il sollevamento dei materiali<br />

Un caratteraccio dunque; Vasari nelle Vite racconta <strong>di</strong> quando, a lavori avanzati, gli operai iniziarono a protestare per la<br />

paga che a loro parere non era commisurata ai rischi che essi correvano in cantiere.<br />

Brunelleschi per niente intimorito dalla protesta licenziò gli operai ribelli e assunse maestranze lombarde.<br />

Dopo <strong>di</strong>verse settimane senza lavoro gli operai ribelli tornarono in cantiere pregando Brunelleschi <strong>di</strong> riassumerli, il<br />

quale”…così li tenne molti dì in su la corda de non li voler pigliare, poi li rimesse con minor salario che eglino non<br />

avevano prima; e così, dove pensarono <strong>di</strong> avanzare, persono, e con il ven<strong>di</strong>carsi contro a Filippo fecero danno e villania<br />

Comunque si sia svolto questo episo<strong>di</strong>o evidenzia la personalità <strong>del</strong> Brunelleschi il quale nel 1436 entrò in rotta <strong>di</strong><br />

collisione con la corporazione dei maestri pietra e legname rifiutandosi <strong>di</strong> pagare il tributo, sostenuto in questa azione<br />

dall’Opera <strong>del</strong> Duomo. <strong>La</strong> spuntò con la minaccia <strong>di</strong> abbandonare il cantiere e lasciare i lavori a metà; non solo: ottenne<br />

<strong>di</strong> assumersi tutte le responsabilità <strong>del</strong> cantiere. Comanda e pretende obbe<strong>di</strong>enza, ma sa <strong>di</strong>mostrarsi comprensivo in


<strong>di</strong>verse occasioni anche quando gli operai gli chiedono <strong>di</strong> poter mangiare sui ponteggi ed evitare così <strong>di</strong> scendere a<br />

terra.<br />

Brunelleschi acconsente ma prima si assicura che il vino degli operai sia sufficientemente annacquato onde evitare<br />

cadute dai ponteggi in quanto che gli operai che cadendo morivano, avevano <strong>di</strong>ritto, per scelta <strong>di</strong> Brunelleschi, ad una<br />

cassa <strong>di</strong> legno e ad un funerale in prima classe.<br />

Nella biografia attribuita al Manetti questi si sofferma <strong>di</strong> sovente sulle <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> comunicazione tra il Brunelleschi e gli<br />

esecutori; egli controllava ogni singola pietra ed ogni singolo mattone e se non gli andavano a genio li rispe<strong>di</strong>va in<strong>di</strong>etro.<br />

Controllava la calce con assoluta <strong>di</strong>ligenza, andava alle fornaci per controllare personalmente i processi <strong>di</strong> cottura<br />

“…parea d’ogni cosa maestro…quando e’ ne parlava agli scalpellini, a nessuno modo lo potevano intendere…ora ai<br />

legnaioli con nuovi mo<strong>di</strong> e fantasie e provve<strong>di</strong>menti per vari rispetti <strong>di</strong> cose, che non si credeva che mai più persona<br />

fussino sute pensate…”(5)<br />

Per spiegarsi con gli operai Brunelleschi realizzava mo<strong>del</strong>li, con argilla o terra molle con la cera, con pezzi <strong>di</strong> legno ed<br />

anche con rape gran<strong>di</strong>. Egli era sempre presente in cantiere o meglio “…soleva sporcarsi i calzari”.<br />

Entrando in Duomo, contrariamente a quanto si vede all’esterno, non si percepisce il volume <strong>del</strong>la ”grande macchina”; si<br />

percorre la navata centrale e all’incrocio con il transetto si apre uno spazio unico, si ha la sensazione <strong>di</strong> essere<br />

piccolissimi e ancor più questo si sente percorrendo i ballatoi sopra il tamburo sotto i quali si apre un gran vuoto, che da<br />

sulla navata e nelle tra absi<strong>di</strong>. <strong>La</strong> volta affrescata dal<br />

Vasari e da Federico Zuccari tra il 1572 e il 1579, oggi<br />

dopo l’ultimo restauro, sapientemente illuminata, pare<br />

sospesa, staccata dalla muratura. Gli affreschi<br />

restituiscono involontariamente lo stato <strong>di</strong> salute <strong>del</strong>la<br />

cupola la quale, come già detto è gravemente<br />

lesionata.<br />

Interno <strong>del</strong> Duomo <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong> con vista sul coro<br />

Nel 1977 viene pubblicato dal prof. Salvatore <strong>di</strong><br />

Pasquale un Primo rapporto sulla <strong>Cupola</strong>, frutto <strong>di</strong> 25<br />

anni <strong>di</strong> ostinata indagine sulla sua concezione e la sua<br />

costruzione e sulla magistrale realizzazione senza<br />

armature.<br />

Nel 1978 il Ministero dei Beni culturali affida ad una<br />

equipe <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi il compito <strong>di</strong> analizzare lo stato <strong>di</strong><br />

salute <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong>. Di questa commissione fanno<br />

parte, tra gli altri, Carlo Cestelli Gui<strong>di</strong> e il prof. Salvatore<br />

<strong>di</strong> Pasquale. Gli stu<strong>di</strong> terminarono dopo circa 5 anni e<br />

alla fine venne pre<strong>di</strong>sposta una accurata relazione<br />

tecnica che fu parzialmente illustrata agli stu<strong>di</strong>osi<br />

durante una conferenza presso la Facoltà <strong>di</strong><br />

Architettura <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong> dal Di Pasquale. Quella<br />

relazione che io, studente <strong>di</strong> Architettura al quinto <strong>di</strong><br />

corso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>, ho registrato <strong>di</strong> nascosto su un nastro<br />

magnetico e che dopo qualche giorno <strong>di</strong> assiduo lavoro<br />

<strong>di</strong> sbobinamento ho trascritto su normali fogli A4 e l’ho<br />

fatta recapitare al prof. Di Pasquale. Non so se egli<br />

abbia apprezzato questo gesto, so solo che molto <strong>di</strong> ciò<br />

che lui aveva detto e <strong>di</strong> ciò che è scritto <strong>di</strong> seguito l’ho<br />

letto nel libro pubblicato nel 2004.<br />

Iniziò con queste parole :<br />

“<strong>La</strong> prima operazione è stata quella <strong>di</strong> tentarne una lettura, un rilievo, cioè capire e poi vedremo in che modo siamo<br />

riusciti a capire.<br />

Ecco io affermo una banalità <strong>di</strong>co una banalità proprio perché tale profon<strong>di</strong>ssima: a mio parere si rileva solo quello che<br />

si vede, sembra una battuta ma le cose che non si vedono non sono rilevabili.<br />

A questa battuta sono arrivato proprio stu<strong>di</strong>ando la cupola <strong>di</strong> <strong>Santa</strong> <strong>Maria</strong> <strong>del</strong> <strong>Fiore</strong> perché fino al 1976/77 credo tutti i<br />

rilievi <strong>del</strong>la cupola a partire da Nelli, 1690 circa, e poi via, via tutti quelli che hanno copiato il Nelli, quin<strong>di</strong> tutta<br />

l’operazione che i tedeschi hanno fatto nell’800 Joseph Durm e il Geymuller che hanno fatto questi gran<strong>di</strong>ssimi rilievi, io<br />

vi mostrerò alcune immagini, sono tutti sbagliati.<br />

Sono tutti sbagliati dal punto <strong>di</strong> vista che ci interessa, sono tutti sbagliati nel senso che, se noi li confrontiamo sapendo<br />

certi fatti ci accorgiamo che non è vero…”(6)


Parrebbe assai presuntuoso quanto letto sopra, invero anche gli ultimi stu<strong>di</strong> già citati confermano che i rilievi <strong>di</strong> Giovan<br />

Battista Nelli verso la fine <strong>del</strong> 1600 sono frutto <strong>di</strong> aggiustamenti e regolarizzazioni mirate a <strong>di</strong>mostrare la teoria secondo<br />

la quale il mo<strong>del</strong>lo ispiratore <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong> doveva essere ricercato nel vicino Battistero in Piazza San Giovanni.<br />

Detti aggiustamenti e regolarizzazioni riscontrabili nello spazio tra le due cupole, nei <strong>di</strong>segni che rappresentano linee<br />

parallele ai lati <strong>del</strong>l’ottagono <strong>del</strong>la cupola, non rispecchiano la realtà, sono completamente <strong>di</strong>versi da quanto emerso<br />

dall’analisi. E questo ha generato una proliferazione <strong>di</strong> rilievi, soprattutto tedeschi che hanno copiato quanto rilevato dal<br />

Nelli, i quali tedeschi, il Durm in particolare era stato il primo a tentarne una rappresentazione assonometrica nel<br />

tentativo <strong>di</strong> far apparire evidenti le particolarità costruttive che avevano consentito <strong>di</strong> realizzare la doppia cupola.<br />

Un altro aggiustamento fatto dal Nelli, ha nascosto a tutti coloro che negli anni a seguire hanno, chi più chi meno,<br />

riproposto un rilievo a partire dalla pianta <strong>del</strong>l’ottagono. Ebbene l’ottagono è un ottagono irregolare, quin<strong>di</strong> senza centro.<br />

Si consideri che le <strong>di</strong>fferenze tra gli otto lati <strong>del</strong>l’ottagono variano anche <strong>di</strong> 80 centimetri. Di conseguenza se si dovesse<br />

tentare <strong>di</strong> stabilirne il centro questo sarebbe impossibile in quanto i quattro <strong>di</strong>ametri <strong>del</strong>l’ottagono si incontrano in sei<br />

punti <strong>di</strong>versi dando luogo a 6 <strong>di</strong>versi centri.<br />

Su queste rappresentazioni assonometriche mancano <strong>del</strong> tutto le linee <strong>di</strong> piegatura dei letti <strong>di</strong> posa dei mattoni in<br />

corrispondenza dei vertici <strong>del</strong>l’ottagono che sono venute alla luce in occasione <strong>del</strong>la sostituzione <strong>di</strong> alcune tegole<br />

deteriorate; in occasione degli stu<strong>di</strong> <strong>del</strong>la Commissione nazionale era stata messa in luce un larga fascia <strong>di</strong> muratura<br />

sull’estradosso <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong> che hanno evidenziato il fatto che i letti <strong>di</strong> posa dei mattoni non erano affatto orizzontali ma<br />

curvi con la concavità rivolta verso l’alto ovvero erano sezioni coniche generate dalla intersezione dei letti <strong>di</strong> posa dei<br />

mattoni con quella cilindrica <strong>del</strong>la vela.<br />

Ricostruzione dei letti <strong>di</strong> posa dei mattoni che generano coniche con concavità<br />

rivolta verso l’alto<br />

Linee coniche simili ma rovesciate a quelle che si<br />

vedono quando si fa la punta alle matite colorate. <strong>La</strong><br />

cupola impostata sull’ottagono è una cupola <strong>di</strong><br />

rotazione come le cupole <strong>di</strong> epoca romana.<br />

Ma come si fa a costruire una cupola senza<br />

armatura?<br />

Non bisogna pensare a una cupoletta <strong>di</strong> 2 metri <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ametro, una cupola come questa è ottagonale, ha<br />

il <strong>di</strong>ametro <strong>del</strong> cerchio circoscritto all’ottagono interno<br />

a <strong>di</strong> 45 metri; quello circoscritto all’ottagono esterno<br />

è 54 metri. Allora come si fa a costruirla senza<br />

armatura? Si può pensare <strong>di</strong> fare prima un settore,<br />

poi un altro? Assolutamente impossibile.<br />

Bisogna farla per anelli successivi.<br />

Infatti le cronache parlano <strong>di</strong> otto squadre <strong>di</strong> operai che lavoravano contemporaneamente; otto sono i settori, otto le<br />

squadre <strong>di</strong> operai. Le otto squadre dovevano fare un’operazione <strong>di</strong> questo genere: un certo numero <strong>di</strong> persone sui ponti,<br />

tutte queste persone tutte insieme all’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> un capomastro, mettono una pietra per uno, in modo da chiudere un<br />

anello. Finché le pietre sono poste in posizione quasi orizzontale si possono mettere senza che un operaio si curi <strong>del</strong><br />

vicino, se le ha messe o no, ma quando l’angolo <strong>di</strong> posa supera una certa inclinazione, anche se c’e la malta più potente<br />

<strong>di</strong> questo mondo, il mattone scivola; allora per non farlo scivolare, bisogna che tutti insieme chiudano un anello perché<br />

questi mattoni - potendoli tirare fuori dal loro alloggiamento - il mattone è più largo <strong>di</strong>etro e più stretto davanti perché il<br />

cerchio davanti è più piccolo, allora il mattone non può scivolare, quin<strong>di</strong> se la cupola è una piccola cupola, con 4 o 5<br />

persone si potrebbe organizzare il lavoro e sincronizzarlo a dovere.<br />

I tre <strong>di</strong>segni rappresentano l’evoluzione <strong>del</strong>l’apparecchiatura dei mattoni a spina pesce<br />

Ma una cupola grande come quella, come si può pensare che 3000 persone, tutte insieme mettano 6000 mattoni con<br />

perfetto sincronismo? Impossibile pensarlo.


Ci voleva un altro stratagemma. Inoltre bisogna ricordarsi che le con<strong>di</strong>zioni meteorologiche non sempre erano favorevoli<br />

si iniziava a mettere mattoni, poi arrivava un temporale, un acquazzone, un fulmine, un operaio che cadeva<br />

dall’impalcatura e veniva meno in questa catena <strong>di</strong> montaggio: certamente si rischiava <strong>di</strong> rovinare l’opera. Quale è stata<br />

allora la gran<strong>di</strong>ssima invenzione <strong>di</strong> Brunelleschi che aveva visto le strutture romane, il Pantheon in particolare, e le<br />

aveva rilevate a mano libera?<br />

Brunelleschi deve aver fatto questa considerazione: immaginiamo <strong>di</strong> cominciare a costruire la <strong>Cupola</strong> mettendo due<br />

mattoni orizzontali e uno verticale – si inizia dal piano dove non ci sono problemi – si mette un mattone orizzontale e poi<br />

in fondo si vede il mattone verticale che esce fuori. Per quelli che sono sul piano orizzontale non c’è nessuna<br />

preoccupazione, si procede allora mettendone due orizzontali e uno verticale, e si conclude il primo giro.<br />

A questo punto si posizionano le seconde file <strong>di</strong> mattoni. Di conseguenza ad un certo punto si trovano gli spunzoni <strong>di</strong><br />

mattoni che sono murati nella parte inferiore, e quin<strong>di</strong> anche se per un qualsiasi motivo è necessario sospendere i lavori<br />

non c’è pericolo che questi possano cadere perché ci sono quelli che escono da sotto, che vengono murati in continuazione<br />

e che impe<strong>di</strong>scono, cioè fanno da spalla, impe<strong>di</strong>scono alla parte <strong>del</strong>l’anello <strong>di</strong> scivolare.<br />

Ipotetica ricostruzione <strong>del</strong>le fasi costruttive <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong>. Dal DVD ”I Me<strong>di</strong>ci nascita <strong>di</strong> una <strong>di</strong>nastia”<br />

Il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Antonio da Sangallo conservato al gabinetto degli Uffizi, ha riportato questa tecnica. Cosa accade quando<br />

via via che si sale? Accade che la <strong>di</strong>stanza tra mattone e mattone tende a <strong>di</strong>minuire; la <strong>di</strong>stanza tra i due mattoni<br />

verticali, si stringe sempre <strong>di</strong> più.<br />

Arrivati in cima, il <strong>di</strong>segno dei mattoni è quello <strong>del</strong>la spina pesce con la quale si fanno i pavimenti; una testa una testa,<br />

una testa una testa; è come se Brunelleschi avesse fatto<br />

tutti i suoi conti per partire, con mattoni fuori misura che a<br />

terra raggiungono 1,20 metri, sono mattoni <strong>di</strong> misure fuori<br />

norma, sono mattoni fatti apposta, evidentemente.<br />

Con questa tecnica si può fare la cupola rotonda. Ma si<br />

può applicare a una cupola ottagonale?<br />

E’ possibile applicare questa tecnica a una cupola che ha<br />

una base ottagonale? Si, a quanto pare si può fare non c’è<br />

dubbio. Va ricordato inoltre che la posa in opera dei<br />

mattoni, così confezionati ha reso possibile generare linee<br />

curve convesse verso l’alto e oblique verso l’interno.<br />

Rappresentazione ipotetica <strong>del</strong>le fasi costruttive <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong> dalla<br />

Rivista Focus Storia<br />

E’ ragionevole affermare che solo pochi eletti possono a<br />

prima vista <strong>di</strong>stinguere una linea curva da una retta posta<br />

a 107 metri <strong>di</strong> altezza; ma è altresì vero che tra quelli cha<br />

hanno avuto la possibilità <strong>di</strong> osservarla da vicino, in pochi<br />

si sono accorti che quella linea <strong>di</strong> raccordo tra cupola e<br />

lanterna non è retta ma curva. (In questo <strong>di</strong>segno si<br />

sottolinea la descrizione <strong>del</strong>la base <strong>del</strong>la lanterna <strong>di</strong><br />

H.Geymuller. <strong>La</strong> base <strong>del</strong>la lanterna è rappresentata come<br />

una linea retta mentre è evidente una curvatura verso<br />

l’alto nel profilo inferiore forse per il deflusso <strong>del</strong>le acque<br />

meteoriche. E’ evidente che questo <strong>di</strong>segno è stato preso<br />

in toto dal rilievo <strong>del</strong> Nelli <strong>di</strong> fine ‘600.)


Se si prende un qualsiasi libro <strong>di</strong> Storia <strong>del</strong>l’Architettura meglio ancora se un libro per la cupola, quin<strong>di</strong> un libro che abbia<br />

l’ambizione <strong>di</strong> fare la storiografia <strong>del</strong> problema e quin<strong>di</strong> si guardano i rilievi che sono stati fatti si scopre che in tutti i<br />

prospetti <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong> la base <strong>del</strong>la lanterna cioè la base che raccorda i costoloni è rappresentata secondo una linea<br />

orizzontale cioè la cornice sarebbe una cornice orizzontale, non c’è uno che si sia accorto che quella cornice invece<br />

sembra come un ombrello capovolto.<br />

Linea curva all’attacco <strong>del</strong>la cupola con la lanterna. Tutti i rilievi la<br />

rappresentano <strong>di</strong>ritta: in realtà si vede chiaramente che è una linea curva<br />

generata dai letti <strong>di</strong> posa dei mattoni.<br />

In questo rilievo la linea <strong>di</strong> attacco tra cupola e lanterna è una linea dritta.<br />

“Si rileva solo ciò che si vede” (7) affermava Di Pasquale; se uno certe cose non le vede è impossibile che le rilevi.<br />

Singolarissimo caso proprio in quegli anni 1976/77 un docente <strong>del</strong>la facoltà <strong>di</strong> ingegneria che era in querelle con il prof.<br />

Sanpaolesi, autore <strong>del</strong>la assonometria <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong> raffigurata in tutti i testi <strong>di</strong> Storia <strong>del</strong>l’Architettura, ebbene questo<br />

docente <strong>del</strong>la facoltà <strong>di</strong> ingegneria fece un rilievo <strong>del</strong>la cupola utilizzando strumenti elettronici quin<strong>di</strong> non era più l’uomo<br />

che doveva leggere ma era un raggio laser che veniva inviato, leggeva e <strong>di</strong>segnava. Quello è l’unico caso in cui la base<br />

<strong>del</strong>la lanterna è letta come realmente è, ma dubito che questo docente abbia letto sul <strong>di</strong>segno la base curva, ma se uno<br />

non lo sa non legge neppure sul <strong>di</strong>segno che la base non è dritta ma è curva.<br />

In quegli anni molti laurean<strong>di</strong> in Architettura sceglievano la <strong>Cupola</strong> come tesi <strong>di</strong> laurea. Una serie non in<strong>di</strong>fferente <strong>di</strong> tesi<br />

<strong>di</strong> laurea è servita all’interno <strong>del</strong>l’<strong>Istituto</strong> <strong>di</strong> Scienza <strong>del</strong>le Costruzioni<br />

<strong>del</strong>la Facoltà <strong>di</strong> Architettura <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong>, per effettuare il rilievo <strong>del</strong>la<br />

cupola, rilievo che nessun altro ha poi fatto: tutti i mattoni visibili <strong>del</strong>la<br />

cupola uno per uno, sono stati rilevati per contatto; quin<strong>di</strong><br />

appoggiando dei gran<strong>di</strong> fogli sulle murature e molti laurean<strong>di</strong><br />

pazientemente lo hanno fatto, hanno rimarcato le sagome <strong>di</strong> tutti i<br />

mattoni <strong>di</strong> modo da rendere possibile una ricostruzione in scala <strong>del</strong>la<br />

cupola con le varie campionature dei mattoni riprodotti ugualmente in<br />

scala. (Rilievo a contatto dei mattoni <strong>di</strong>sposti a spina pesce: ve<strong>di</strong> immagine<br />

accanto).<br />

Queste tesi sono state utilizzate dai componenti la Commissione<br />

Nazionale per la <strong>Cupola</strong> i quali attraverso le indagini <strong>di</strong>rette da essi<br />

stessi effettuate e dai dati contenuti nelle tesi <strong>di</strong> laurea sono giunti alla<br />

conclusione che la cupola è gravemente lesionata, che le lesioni<br />

hanno iniziato a manifestarsi qualche hanno dopo la conclusione dei<br />

lavori, che molte ipotesi non hanno avuto conferma, ma soprattutto e<br />

questo è molto importante, i segreti o presunti tali che hanno portato<br />

alla costruzione <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong> sono stati quasi totalmente chiariti anche<br />

se gli ambienti Accademici rimasero ostili alla ipotesi proposta dalla<br />

Commissione.<br />

Un primo dato <strong>di</strong> fatto è che la sola cupola pesa circa 25000<br />

tonnellate; la lanterna che è posta sopra pesa circa 800 tonnellate<br />

Non pochi storici <strong>del</strong>l’architettura, i quali pensavano e pensano tuttora<br />

che la stabilità <strong>del</strong>la cupola derivi dalla lanterna sono stati ingannati<br />

da questa ipotesi. Alcuni pensano ancora che sia stato messo questo<br />

gran peso per stabilizzare la struttura; sciocchezze, perché la lanterna<br />

pesa soltanto 800 tonnellate. Si faccia il raffronto, 800 tonnellate la<br />

lanterna 25000 la <strong>Cupola</strong> quin<strong>di</strong> non c’è da fare paragoni.


Nella figura A si possono vedere le buche pontaie al livello <strong>del</strong>la sezione sul tamburo. Nella figura B una ricostruzione<br />

ipotetica <strong>di</strong> un ponteggio in legno che utilizza le buche pontaie per l’inserimento <strong>del</strong>le travi portanti. Le buche pontaie una<br />

volta liberate dalle travi <strong>del</strong> ponteggio, funzionavano come giunti <strong>di</strong> <strong>di</strong>latazione, avevano la stessa funzione che oggi si può<br />

sentire, più che vedere, quando si transita su un viadotto, cioè il rumore <strong>del</strong>le gomme che passano sui giunti metallici posti<br />

tra le travi. Se le buche e i giunti si eliminano o nel peggiore dei casi se ne altera la fisionomia, la struttura collassa; le<br />

tensioni interne non si <strong>di</strong>ssipano. <strong>La</strong> conseguenza è che si generano altre tensioni anomale che producono a loro volta<br />

lesioni e crepe nella muratura. Durante le fasi costruttive <strong>del</strong>la Gabbia dei Grilli le travi che avrebbero dovuto reggere il<br />

ballatoio esterne furono infilate all’interno <strong>del</strong>le buche pontaie alterando definitivamente e in maniera irreversibile gli<br />

equilibri interni <strong>del</strong>la struttura. Non è un caso, come si <strong>di</strong>rà dopo, che le lesioni più importanti siano state localizzate in<br />

corrispondenza <strong>del</strong>la vela interessata all’intervento esterno. “Mi sembra una gabbia per grilli” fu il commento <strong>di</strong><br />

Michelangelo Buonarroti... quando vide il ballatoio a loggiato con colonne <strong>di</strong> marmo bianco ai pie<strong>di</strong> <strong>del</strong>la cupola <strong>di</strong><br />

Brunelleschi. Era il 1506 quando venne affidata la rifinitura <strong>del</strong>la gran<strong>di</strong>osa cupola a Baccio d’Agnolo. Egli aveva previsto<br />

un ballatoio a loggiato con colonne su tutti gli otto lati che formano la base <strong>del</strong>la cupola. Alle parole <strong>di</strong> Michelangelo che<br />

così duramente aveva giu<strong>di</strong>cato il suo operato Baccio offeso non terminò il lavoro che rimase come lo si vede oggi.<br />

Altra certezza riguarda lo stato <strong>di</strong> salute <strong>del</strong>la”grande macchina” ; è gravemente malata o meglio è gravemente<br />

lesionata. Si <strong>di</strong>ce impropriamente che la <strong>Cupola</strong> respira. Cosa significa che la <strong>Cupola</strong> respira?<br />

Semplicemente che a causa <strong>del</strong>le <strong>di</strong>latazioni termiche d’inverno con<br />

il freddo i materiali si restringono, quin<strong>di</strong> le fessure si aprono;<br />

d’estate con il caldo i materiali si <strong>di</strong>latano e quin<strong>di</strong> le lesioni si<br />

chiudono ma mai completamente.<br />

<strong>La</strong> <strong>Cupola</strong> poggia su una base ottagonale impostata all’incrocio con<br />

il transetto; la navata principale <strong>del</strong>la chiesa termina con un grande<br />

arco al quale corrispondono due simmetrici ortogonali alla navata e<br />

un altro sull’abside maggiore, mentre invece sui lati che s’alternano<br />

a questi archi abbiamo altri piccoli archi <strong>di</strong>ciamo <strong>di</strong> passaggio. In<br />

sostanza è come se avessimo la <strong>Cupola</strong> che poggia sopra, alcune<br />

zone, che sono quasi piene, su un lato <strong>del</strong>l’ottagono, mentre un’altra<br />

parte <strong>del</strong>l’ottagono sono vuote. Potendo schematizzarne si<br />

avrebbero degli appoggi, un appoggio si e uno no.<br />

<strong>La</strong> <strong>Cupola</strong> è <strong>di</strong>visa in 8 parti. Tutti parlano <strong>di</strong> 4 gran<strong>di</strong> lesioni, in<br />

realtà le lesioni sono 4000.<br />

In realtà essa è completamente fratturata. Le fratture più gran<strong>di</strong> si<br />

trovano secondo due piani ortogonali fra <strong>di</strong> loro passanti per il suo<br />

asse; immaginandola come una mezza arancia messa sotto sopra<br />

si tracciano due piani perpen<strong>di</strong>colari, è come se fosse spaccata ma<br />

non completamente perché le fratture arrivano per ora a 2/3 <strong>del</strong>lo<br />

sviluppo <strong>del</strong>la vela.<br />

<strong>La</strong> grande lesione nella vela in corrispondenza <strong>del</strong>la Gabbia dei Grilli


L’origine <strong>di</strong> queste fratture è un problema gravissimo<br />

al quale il Prof. Di Pasquale ha dato una risposta.<br />

Nella sezione fatta sull’asse maggiore <strong>del</strong>la chiesa<br />

dove si vede chiaramente la caratteristica <strong>del</strong>la<br />

<strong>Cupola</strong> <strong>di</strong> essere fatta con due strutture, una interna a<br />

una esterna e come scrisse Brunelleschi, nel<br />

documento firmato nel 1423, ove si legge che egli<br />

pensò <strong>di</strong> fare due cupole, sottolineando il fatto che il<br />

pericolo più grave per i mattoni era prodotto dalla<br />

umi<strong>di</strong>tà, dalle infiltrazioni <strong>del</strong>l’acqua e allora egli pensò<br />

<strong>di</strong> affidare le funzioni statiche alla <strong>Cupola</strong> grande<br />

interna, quella che ha lo spessore maggiore <strong>di</strong> 2 metri<br />

e 20 e poi attraverso una serie <strong>di</strong> archi <strong>di</strong>sposti in piani<br />

verticali e <strong>di</strong> altri archi <strong>di</strong>sposti grosso modo<br />

orizzontalmente, avrebbe fatto scaricare sulla struttura<br />

interna portante una cupoletta più sottile esterna, che<br />

ha uno spessore <strong>di</strong> 80 cm affidando a questa cupola<br />

esterna ricoperta a sua volta <strong>di</strong> tegole, il compito <strong>di</strong><br />

proteggere la cupola interna.<br />

In questo prospetto <strong>del</strong>la vela sovrastante la Gabbia<br />

dei Grilli risulta che mentre il primo camminamento è<br />

orizzontale, il secondo e il terzo hanno pendenze e<br />

<strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> spessore.<br />

Si nota inoltre la grande lesione che parte a sinistra<br />

<strong>del</strong>la porta <strong>del</strong> secondo livello e si propaga in verticale<br />

fino all’intradosso <strong>del</strong> solaio <strong>del</strong> terzo livello.<br />

In alto il prospetto o vista frontale <strong>del</strong>la vela senza guscio esterno. In basso una sezione sui ballatoi lungo la me<strong>di</strong>ana verticale<br />

Per arrivare alla sommità <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong> è necessario<br />

salire 465 scalini, si arriva prima ad un ballatoio, poi<br />

ad un secondo, si vede durante il percorso la<br />

muratura bianca <strong>di</strong> collegamento tra la cupola esterna<br />

ed interna e un ballatoio che gira intorno, un corridoio<br />

che gira intorno; su questo corridoio al centro <strong>del</strong>la<br />

vela è ricavato all’interno <strong>del</strong>la cupola interna un vano<br />

che termina con una piccola finestrina, <strong>del</strong>la quale si<br />

vede l’interno <strong>del</strong> Duomo.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista statico una <strong>Cupola</strong> funziona<br />

secondo due schemi strutturali che sono dentro <strong>di</strong><br />

essa: gli archi, che assolvono al compito <strong>del</strong><br />

funzionamento principale, e le catene, cioè il<br />

funzionamento per anelli, che hanno compito <strong>di</strong><br />

assorbire le trazioni, gli archi lavorano a compressione<br />

gli anelli, fino a una certa quota, partendo dal basso,<br />

lavorato a trazione.<br />

Di fianco la sezione lungo la me<strong>di</strong>ana verticale <strong>del</strong>la<br />

vela in corrispondenza <strong>del</strong>la Gabbia dei Grilli. Dal<br />

rilievo è risultato che la calotta esterna va<br />

rastremandosi verso l’altro passando da circa 96 cm a<br />

circa 40cm; quella interna passa da 220 cm a circa<br />

200. In basso si intravede una buca pontaia, poi i 5<br />

camminamenti e la Gabbia <strong>del</strong> Grilli.<br />

Percorrendo il primo ballatoio, dopo essere usciti dalla scala interna elicoidale che dall’interno <strong>del</strong> Duomo porta sopra il<br />

tamburo, si arriva sotto gli affreschi e da questa quota si possono osservare le prime lesioni che l’ultimo restauro ha<br />

lasciato ben in vista. Si nota inoltre che in corrispondenza <strong>di</strong> molte <strong>di</strong> queste lesioni sono stati posizionati dei sistemi <strong>di</strong><br />

monitoraggio che misurano l’apertura e la chiusura, le <strong>di</strong>latazioni termiche <strong>del</strong>le lesioni, il respiro <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong>.


Nel 1979 ad uno studente laureando, oggi architetto, venne affidato il compito mettere in or<strong>di</strong>ne i primi risultati emersi<br />

dall’analisi dei <strong>di</strong>agrammi degli apparecchi <strong>di</strong> misura che erano stati collocati all’intradosso <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong>. Questo<br />

studente fece una considerazione <strong>di</strong> eccezionale importanza.<br />

Nel 1979 la Commissione si trovò davanti al problema <strong>del</strong>le datazione <strong>del</strong>l’inizio <strong>del</strong>le lesioni. Le cronache danno come<br />

inizio come, prima data, la fine <strong>del</strong> ‘500. In realtà le lesioni si manifestarono ancor prima <strong>di</strong> questa data e a questa<br />

conclusione si arrivò grazie alla considerazione <strong>di</strong> questo studente. Egli notò che agli angoli <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong>, sul ballatoio<br />

interno, dove comincia la zona <strong>di</strong>pinta viene rappresentato alternativamente, un vaso e un dannato; gli storici non hanno<br />

dato grande peso a questa cosa, sbagliando.<br />

Quali siano le simbologie non le conosco, ma i dannati stanno proprio dove comincia la zona affrescata, nella parte<br />

inferiore <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong>, dove c’è l’inferno, poi il purgatorio, poi Nostro Signore trionfante. Questi dannati hanno il corpo<br />

lacerato, si stanno <strong>di</strong>sperando. Ebbene questo studente notò con notevolissima arguzia, che la lacerazione <strong>del</strong>le carni<br />

<strong>del</strong>la pelle camminava esattamente<br />

sulla lesione.<br />

E’ chiaro quin<strong>di</strong>, che il pittore,<br />

l’ideatore <strong>di</strong> questi affreschi, avesse<br />

voluto sfruttare il fatto oggettivo <strong>del</strong>la<br />

rottura <strong>del</strong> materiale per trasformarlo<br />

anche in un fatto simbolico. Questo ha<br />

permesso allora <strong>di</strong> abbassare la data<br />

<strong>del</strong>l’inizio <strong>del</strong>le lesioni intorno al 1572,<br />

quando Giorgio Vasari preparò lo<br />

stu<strong>di</strong>o per gli affreschi.<br />

Dai rilievi e dalle foto si può seguire<br />

l’andamento <strong>del</strong>le lesioni.<br />

Il dannato che si lacera la carni.<br />

Il pittore ha affrescato la lacerazione in<br />

corrispondenza <strong>di</strong> una grande lesione<br />

In corrispondenza <strong>del</strong>la Gabbia dei Grilli, visibile dall’esterno <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong>, è l’opera <strong>di</strong> rivestimento <strong>del</strong> tamburo, a suo<br />

tempo è stato manipolato l’apparecchio murario per mettervi dentro le travi per sostenere dall’interno la Gabbia dei Grilli.<br />

Senza dubbio questa operazione ha avuto effetti<br />

<strong>di</strong>sastrosi sulla <strong>Cupola</strong>, non a caso la più grande<br />

lesione si trova sulla parete dove c’è la Gabbia dei<br />

Grilli.<br />

Un’altra certezza consente <strong>di</strong> escludere qualunque<br />

<strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> fondazione; le lesioni sono tutte all’interno<br />

<strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong>, appartengono alla <strong>Cupola</strong>.<br />

I <strong>di</strong>agrammi frutto <strong>del</strong> monitoraggio sono<br />

rappresentati in nero e in rosso: in nero le lesioni al<br />

tempo <strong>del</strong>la commissione in qui lavorava Pier Luigi<br />

Nervi, in rosso gli incrementi <strong>del</strong>le lesioni. E’ stata<br />

azzardata una ipotesi che queste lesioni arrivino alla<br />

base <strong>del</strong>la lanterna. In 450 anni <strong>di</strong> vita hanno<br />

percorso 2/3 <strong>del</strong>l’altezza. Prima che vi arrivino, se vi<br />

arriveranno, alla base <strong>del</strong>la lanterna, ci vorranno<br />

centinaia <strong>di</strong> anni.<br />

<strong>La</strong> Gabbia dei Grilli nascosta dalle impalcature durante uno dei perio<strong>di</strong>ci<br />

interventi <strong>di</strong> restauro e consolidamento<br />

Il risultato dei calcolo è <strong>di</strong> tutta tranquillità cioè la <strong>Cupola</strong> può rimanere nella situazione in cui è, lesionata, questo è un<br />

problema enorme come significato dal punto <strong>di</strong> vista <strong>del</strong> restauro dei monumenti perché vorrò vedere quali saranno<br />

quegli architetti o quegli ingegneri che decideranno <strong>di</strong> mettere le mani sulla cupola <strong>di</strong> <strong>Santa</strong> <strong>Maria</strong> <strong>del</strong> <strong>Fiore</strong>.<br />

<strong>La</strong> terapia, se si può prendere in considerazione l’ipotesi <strong>di</strong> tenere sotto terapia la <strong>Cupola</strong>, è una terapia molto<br />

elementare, cioè la <strong>Cupola</strong> deve essere lasciata come sta, bisogna soltanto pulire le fratture perché essendo soggette<br />

alle variazioni termiche, si aprono e si chiudono - la <strong>Cupola</strong> respira - quin<strong>di</strong> cadrà sempre qualche briciolina in terra che<br />

metterà in allarme il personale <strong>del</strong>l’opera <strong>del</strong> Duomo.


Nel 1432 si <strong>di</strong>scute la forma <strong>del</strong>l’anello <strong>di</strong> chiusura, si prepara un mo<strong>del</strong>lo al vero e si decide per l’ottagono. Nel 1436<br />

Brunelleschi prepara il mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong>la lanterna e nel 1438 iniziano i lavori con la preparazione degli elementi marmorei. Il<br />

montaggio inizia soltanto nel 1446, l’anno <strong>del</strong>la morte <strong>di</strong> Brunelleschi e si conclude soltanto nel 1471.<br />

Brunelleschi non vide mai la sua opera conclusa.<br />

Nel gennaio <strong>del</strong> 1989 iniziano i restauri <strong>del</strong> più grande ciclo pittorico <strong>del</strong>la Cristianità. Sfruttando le buche pontaie<br />

utilizzate per la costruzione nel 1424 e dalla Commissione nel 1978. I restauratori si sono trovanti davanti uno spesso<br />

strato <strong>di</strong> sporco generato dal fumo <strong>del</strong>le can<strong>del</strong>e. L’acqua piovana che penetrava dalla base <strong>del</strong>la lanterna e <strong>di</strong> alcune<br />

zone angolari, aveva creato danni evidentissimi in zone molto vaste <strong>del</strong>l’affresco. Le analisi che avevano preceduto<br />

l’intervento avevano evidenziato l’uso <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse tecniche e <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi materiali oltre ad alcune superficialità nel preparare<br />

la base per l’intonaco. In alcuni punti i pittori avevano ad<strong>di</strong>rittura utilizzato frammenti <strong>di</strong> legno e calce non spenta per<br />

preparare i supporti. E’ stato inoltre rilevato che gli affreschi realizzati da Giorgio Vasari erano stati eseguiti con pittura a<br />

tempera ed erano meglio conservati.<br />

I restauratori hanno effettuato il cosiddetto preconsolidamento nello zone dove l’intonaco non aderiva più alla muratura,<br />

poi la prima fase la pulizia con l’utilizzo <strong>di</strong> acqua deionizzata, poi è stata utilizzata una soluzione a base <strong>di</strong> idrossido <strong>di</strong><br />

bario per il consolidamento <strong>del</strong>la superficie pittorica. Infine in tre zone particolarmente danneggiate si è proceduto<br />

utilizzando la tecnica <strong>del</strong> <strong>di</strong>stacco.<br />

I restauratori, con la tecnica <strong>del</strong> <strong>di</strong>stacco asportano gli<br />

affreschi dall’intradosso <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong>. Fotogramma catturato<br />

dallo Speciale <strong>di</strong> RAITRE realizzato in occasione <strong>del</strong>la<br />

cerimonia <strong>di</strong> riconsegna alla citta<strong>di</strong>nanza e al mondo degli<br />

affreschi <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong>.<br />

Una lesione con <strong>di</strong>stacco <strong>del</strong>l’intonaco e <strong>del</strong>la pittura.<br />

Fotogramma catturato dallo Speciale <strong>di</strong> RAITRE realizzato in<br />

occasione <strong>del</strong>la cerimonia <strong>di</strong> riconsegna alla citta<strong>di</strong>nanza e al<br />

mondo degli affreschi <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong>.<br />

<strong>La</strong> tecnica <strong>del</strong> <strong>di</strong>stacco è<br />

un’operazione assai<br />

rischiosa che comporta<br />

l’utilizzo <strong>di</strong> sofisticate<br />

apparecchiature e <strong>di</strong><br />

personale altamente<br />

qualificato. In questo caso,<br />

la scelta è stata obbligata<br />

dal fatto che in tre aree ben<br />

<strong>di</strong>stinte le lesioni avevano<br />

provocato <strong>del</strong>le crepe<br />

talmente ampie da poter<br />

ospitare la testa <strong>di</strong> un<br />

restauratore. Ciò aveva<br />

comportato il <strong>di</strong>stacco <strong>del</strong>la<br />

base <strong>di</strong> appoggio<br />

<strong>del</strong>l’affresco e <strong>di</strong><br />

conseguenza era<br />

necessario consolidare<br />

questa base per poter<br />

riattaccare l’affresco. Era<br />

un’operazione assai<br />

rischiosa che avrebbe<br />

potuto compromettere


intere aree affrescate. I tecnici hanno quin<strong>di</strong> optato per il <strong>di</strong>stacco che avviene in tre momenti <strong>di</strong>fferenti: nel primo si<br />

passa sulla zona da <strong>di</strong>staccare una colla vegetale; nel secondo si fissa una sorta <strong>di</strong> garza che fungerà da supporto; nella<br />

terza fase la colla seccandosi unitamente alla garza genera una trazione controllata che consente il <strong>di</strong>stacco dopo averlo<br />

tagliato con una lama rotante simile a quella utilizzata in sala operatoria.<br />

A questo punto l’area interessata viene <strong>di</strong>staccata, portata in laboratorio e inizia la fase <strong>di</strong> realizzazione <strong>di</strong> un nuovo<br />

supporto dove appoggiare l’affresco; si consolida l’intonaco, si riprendono i colori e una volta terminato il tutto viene<br />

inserito nel suo alloggiamento.<br />

Infine con l’ausilio <strong>di</strong> acqua demineralizzata si scolla la garza. I restauri sono durati circa 8 anni e affreschi in<strong>di</strong>etro <strong>di</strong><br />

400 anni al tempo <strong>di</strong> Vasari e Zuccari.<br />

Nel 2007 sono iniziati i lavori <strong>di</strong> restauro e consolidamento statico <strong>del</strong>la Gabbia dei Grilli tuttora in corso.<br />

Nel 2009 il sindaco <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong> Matteo Renzi ha deciso <strong>di</strong> chiudere al traffico, pubblico e privato, l’area intorno al Duomo<br />

nonostante che i fiorentini chiamati ad esprimersi sul progetto <strong>di</strong> far transitare la metropolitana <strong>di</strong> superficie, Sirio, a<br />

doppio binario intorno al Duomo avessero risposto positivamente!!!!!!!!<br />

Salvatore Di Pasquale<br />

Poco prima <strong>di</strong> morire, il 2 novembre <strong>del</strong> 2004, il prof. Salvatore <strong>di</strong> Pasquale ha rilasciato una<br />

intervista a Cinzia Torricelli poi pubblicata sul perio<strong>di</strong>co Costruire in laterizio. Ecco una sintesi <strong>del</strong><br />

suo pensiero.<br />

A colloquio con Salvatore Di Pasquale – Intervista <strong>di</strong> Cinzia Torricelli<br />

Uscirà a breve il libro <strong>di</strong> Salvatore Di Pasquale, Brunelleschi, la cupola, le macchine, e<strong>di</strong>tore Marsilio, nel quale l’Autore darà alle<br />

stampe gli esiti <strong>di</strong> anni <strong>di</strong> ricerca, colta e curiosa, sulla concezione e la costruzione <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong> <strong>di</strong> <strong>Santa</strong> <strong>Maria</strong> <strong>del</strong> <strong>Fiore</strong> in <strong>Firenze</strong>.<br />

Indagine sui documenti, ricostruzione <strong>di</strong> mo<strong>del</strong>li, ma anche l’attenta e appassionata lettura <strong>del</strong> De Architettura <strong>di</strong> Leon Battista Alberti<br />

e degli altri suoi scritti, il “De Pictura” e il “De Statua”, per scoprire, nelle parole <strong>del</strong> trattatista amico <strong>di</strong> Brunelleschi, la regola che,<br />

co<strong>di</strong>ficando una tecnica costruttiva, ne dà l’interpretazione strutturale. L’arte <strong>del</strong> costruire si muove fra conoscenza e scienza, come<br />

<strong>di</strong>ce il titolo <strong>del</strong> precedente libro <strong>di</strong> Di Pasquale. Le regole <strong>del</strong> buon costruire sono la riflessione sulla fenomenologia <strong>del</strong> costruito.<br />

Mancano <strong>di</strong> analisi <strong>del</strong>le cause? Ma non si può per questo pensare che non costituiscano una interpretazione dei fenomeni costruttivi.<br />

Queste ricerche <strong>di</strong> Di Pasquale supportano le sue posizioni sul ruolo <strong>del</strong>le <strong>di</strong>scipline costruttive nella formazione<br />

<strong>del</strong>l’architetto; la preoccupazione per la formazione da parte <strong>di</strong> un docente che insegna queste <strong>di</strong>scipline da quaranta anni nelle<br />

Facoltà <strong>di</strong> Architettura cercando <strong>di</strong> dare unità a linguaggi scientifici, tecnici e umanistici.<br />

Salvatore Di Pasquale, da anni tu conduci una appassionata e ostinata indagine sulle architetture voltate in muratura e, in<br />

particolare, sulla <strong>Cupola</strong> <strong>di</strong> S. <strong>Maria</strong> <strong>del</strong> <strong>Fiore</strong> <strong>del</strong> Brunelleschi. Su questa è annunciata a breve l’uscita <strong>di</strong> un tuo libro che<br />

capovolgerà molte <strong>del</strong>le precedenti interpretazioni sulla sua concezione e costruzione. Abbiamo avuto alcune anticipazioni<br />

in articoli, conferenze e lezioni; ne ricordo una recente, condotta quasi esclusivamente con l’ausilio dei gesti, <strong>del</strong> gesso e<br />

<strong>del</strong>la lavagna, e rivolta agli studenti <strong>del</strong> primo anno. Vuoi parlarcene?<br />

Quello che io ho fatto è stato leggere attentamente Leon Battista Alberti. Nessun “costruttore” lo ha letto; solo letterati si sono<br />

cimentati con la sua opera. E così nessuno ha capito l’importanza <strong>di</strong> quello che ha scritto Leon Battista Alberti. Un personaggio<br />

come l’Alberti ha scritto che Brunelleschi ha impostato sull’ottagono <strong>del</strong> tamburo <strong>di</strong> base una cupola <strong>di</strong> rotazione, perché non c’era<br />

altro modo costruttivo e strutturale, e nessuno l’ha capito. Certo è <strong>di</strong>fficile interpretare il suo latino e il suo scrivere sintetico.


Nell’Ottocento Joseph Durm, nel suo libro sulla <strong>Cupola</strong>, è l’ultimo a sostenere l’idea che questa fosse stata fatta a somiglianza <strong>del</strong><br />

vicino Battistero <strong>di</strong> S. Giovanni, seguendo cioè la forma <strong>di</strong> una piramide rovescia, con i mattoni posati su letti che si piegano a<br />

formare le facce <strong>di</strong> una piramide. In questa sua ipotesi ci sono dei problemi costruttivi insormontabili. Nell’angolo fra due facce <strong>di</strong> una<br />

piramide succede un pasticcio terribile. Come si collegano i mattoni all’angolo fra i due piani inclinati <strong>del</strong>le facce contigue <strong>del</strong>la<br />

piramide? Sanpaolesi, seguendo l’ipotesi <strong>di</strong> Durm, <strong>di</strong>ceva che erano stati utilizzati, nella <strong>Cupola</strong>, per fare l’angolo, dei mattoni piegati<br />

a libro, con un’angolatura che varia ad ogni corso <strong>di</strong> mattoni, dal momento che, man mano che sale, l’angolo fra le facce <strong>del</strong>la<br />

piramide si riduce. Questa è un’assur<strong>di</strong>tà dal punto <strong>di</strong> vista produttivo e costruttivo.<br />

Probabilmente nel 1419 il panorama <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong> si presentava così<br />

ovviamente senza l’e<strong>di</strong>ficio che ospita la Biblioteca Nazionale, in<br />

basso a destra, la cupola <strong>del</strong>le Cappelle Me<strong>di</strong>cee <strong>di</strong>etro il<br />

campanile <strong>di</strong> Giotto e le tribune morte alla base <strong>del</strong>la cupola.<br />

<strong>La</strong> <strong>Cupola</strong> inserita nel tessuto urbano. Panorama <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong> da<br />

Piazzale Michelangelo<br />

Quando nel 1976, per rifare il manto <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong>, sono state tolte le tegole in cotto, è stato possibile vedere l’apparecchiatura dei<br />

mattoni e l’ipotesi <strong>di</strong> una apparecchiatura secondo facce piramidali è risultata evidentemente smentita. Se vuoi evitare gli angoli,<br />

invece <strong>di</strong> murare secondo una piramide devi comunque posare i mattoni in cerchio, anche se la struttura si imposta su un ottagono e<br />

ha la forma <strong>di</strong> una cupola a pa<strong>di</strong>glione. Leon Battista Alberti lo aveva scritto, ma è <strong>di</strong>fficile da spiegare senza <strong>di</strong>segni e Leon Battista<br />

Alberti, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Leonardo, non <strong>di</strong>segna. In tre righe, non <strong>di</strong> più, lui afferma che si può fare qualsiasi costruzione a cupola<br />

senza armature <strong>di</strong> sostegno, a patto che idealmente sia possibile inscrivere,<br />

all’interno <strong>del</strong>lo spessore <strong>del</strong>la costruzione, una ideale superficie<br />

rigorosamente <strong>di</strong> rotazione. Per superficie <strong>di</strong> rotazione si deve intendere quella<br />

generata dalla rotazione <strong>di</strong> una qualsiasi linea contenuta in un piano che ruota<br />

intorno ad un asse verticale. Nella cupola <strong>di</strong> rotazione, tracciando un ideale<br />

cono rovescio che ha il vertice al centro <strong>del</strong>la cupola, ad un’altezza qualsiasi, e<br />

interseca la cupola, i letti dei mattoni sono messi in cerchio, posati inclinati<br />

secondo la superficie <strong>del</strong> cono, ed hanno ad ogni letto tutti la stessa<br />

inclinazione, che è la con<strong>di</strong>zione per la stabilità <strong>di</strong> ogni anello. Ma se la<br />

cupola deve essere a pa<strong>di</strong>glione e raccordarsi con il poligono <strong>di</strong> base <strong>del</strong> tamburo<br />

su cui si imposta, cosa succede per mantenere idealmente nel suo<br />

spessore il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> una cupola <strong>di</strong> rotazione? Alcuni punti, in relazione ai<br />

vertici <strong>del</strong>le vele, sono più <strong>di</strong>stanti dal centro, ma poiché i corsi dei mattoni<br />

devono essere messi su letti circolari senza interruzione e secondo una<br />

inclinazione ad ogni letto costante, si tratterà <strong>di</strong> realizzare corsi <strong>di</strong> spessore<br />

<strong>di</strong>verso, dall’angolo <strong>del</strong>l’ottagono al centro <strong>di</strong> ogni lato, e in prospetto il cerchio<br />

dei corsi apparirà come una spezzata <strong>di</strong> archi. Ma questa è solo una illusione<br />

ottica. Pren<strong>di</strong> una classica matita rossa e blu a forma <strong>di</strong> prisma ottagonale e<br />

appuntala con il cono <strong>del</strong> tempera matita:il cerchio <strong>del</strong>la sezione <strong>del</strong> cono nel<br />

raccordo con il prisma appare come una spezzata <strong>di</strong> archi capovolti. Così nel<br />

1976 io vi<strong>di</strong> l’apparecchio dei mattoni <strong>del</strong>la cupola, a conferma <strong>del</strong>la loro<br />

posizione su letti circolari. Su questa ipotesi abbiamo, qui al Dipartimento,<br />

costruito dei mo<strong>del</strong>li, che ti posso far fotografare per la rivista; il <strong>di</strong>scorso<br />

risulterà più chiaro.<br />

Leon Battista Alberti nel 1432 era a <strong>Firenze</strong>.<br />

Grande amico <strong>di</strong> Brunelleschi, gli de<strong>di</strong>ca il suo De Pictura con un prologo nel<br />

quale gli <strong>di</strong>ce: “ma come è possibile che questa tua idea, così semplice, <strong>di</strong> voltare in tal modo la <strong>Cupola</strong> <strong>di</strong> S. <strong>Maria</strong> <strong>del</strong> <strong>Fiore</strong> non sia<br />

stata pensata da altri?”


L’indagine sulla <strong>Cupola</strong> <strong>di</strong> Brunelleschi, oltre che essere affascinante per la sua intrinseca rilevanza, è <strong>di</strong> grande attualità<br />

nel riproporre la riflessione sulla relazione fra progetto e costruzione. <strong>La</strong> costruzione in quanto mestiere, tecnica, processo<br />

<strong>del</strong> costruire informa il progetto, la sua concezione. Per la <strong>Cupola</strong> <strong>del</strong> Brunelleschi questa affermazione è assolutamente<br />

vera. Ma è ancora attuale nella pratica <strong>di</strong> oggi?<br />

C’è un altro aspetto <strong>di</strong> cui ti parlo volentieri: il ruolo <strong>di</strong> Leon Battista Alberti nel<br />

pervenire ad una concettualizzazione scientifica <strong>del</strong>la tecnica. Nel mio<br />

precedente libro, L’arte <strong>del</strong> costruire. Tra conoscenza e scienza, io affermo che<br />

con Galileo ha avuto inizio una rivoluzione epocale nel pensiero strutturale;<br />

nasce la scienza <strong>del</strong>le strutture, il sapere che anticipa il fare, mentre prima la<br />

conoscenza si basava sull’esperienza, una “conoscenza senza fondamenti<br />

teorici. Per il ruolo <strong>di</strong> Leon Battista Alberti questa affermazione non è <strong>del</strong> tutto<br />

vera. Egli ha innescato una specie <strong>di</strong> regolamentazione per le costruzioni, una<br />

normativa ante litteram, e così traduce in un concetto il fare, trasforma una<br />

particolare tecnica costruttiva in una regola generale, dà una interpretazione<br />

strutturale. Nella regola c’è la concettualizzazione scientifica <strong>del</strong>la tecnica. In<br />

questo lo aiuta il suo esporre gli argomenti con le parole, imponendosi una<br />

trattazione logica che il <strong>di</strong>segno non richiede; il <strong>di</strong>segno significa percezione,<br />

intuizione, sensazione, permette un altro percorso conoscitivo.<br />

Leon Battista Alberti si è assunto il ruolo <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ficare, non è semplice, una<br />

tecnica costruttiva. Tra Vitruvio e lui non c’è nulla. Ci sono sì i “Commentari” <strong>di</strong><br />

Lorenzo Ghiberti, una cosa folle ad<strong>di</strong>rittura. Vitruvio con i suoi libri <strong>del</strong> “De<br />

Architettura” aveva stabilito i co<strong>di</strong>ci per costruire, ma si era fermato prima <strong>del</strong>le<br />

gran<strong>di</strong> costruzioni imperiali a cupola. Leon Battista Alberti vede le gran<strong>di</strong> cupole<br />

<strong>del</strong>l’impero romano, guarda quello che fa il suo amico Brunelleschi e salda<br />

l’anello interpretativo. Le cupole romane sono monolitiche, grazie alla massa<br />

concretizia <strong>di</strong> ciottoli <strong>di</strong> pietra e pozzolana. Brunelleschi lavora con la muratura.<br />

<strong>La</strong> stabilità generale ad ogni corso, apparecchiato senza l’ausilio <strong>di</strong> centine, è<br />

assicurata dall’anello <strong>di</strong> mattoni affiancati che si chiude su se stesso. Durante la<br />

costruzione i settori <strong>di</strong> arco <strong>del</strong> cerchio sono contrastati, per una stabilità locale,<br />

da mattoni messi a lisca <strong>di</strong> pesce, che collegano verticalmente un corso con quello precedente. Una volta rispettate queste regole<br />

costruttive, la forma può essere quella ricercata architettonicamente. Per motivi <strong>di</strong> efficienza costruttiva il muro può essere parzialmente<br />

cavo, presentare dei cunicoli, purché il cerchio che stabilizza la cupola sia inscritto nelle sua sezione complessiva.<br />

Sempre Leon Battista Alberti, nel De statua, insegna il metodo per passare da una piccola statua ad una gigantesca e inventa uno<br />

strumento che è lo stesso che serve per passare dal mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong>la cupola che Brunelleschi aveva in bottega, al cantiere.<br />

Dalla bottega al cantiere, dal mo<strong>del</strong>lo all’opera, Brunelleschi controllava le <strong>di</strong>mensioni, adeguava il mo<strong>del</strong>lo agli scarti <strong>di</strong>mensionali<br />

<strong>del</strong>la cattedrale preesistente (nel tamburo i lati <strong>del</strong>l’ottagono non sono uguali fra <strong>di</strong> loro: dal più grande al più piccolo c’è uno scarto <strong>di</strong><br />

70 cm). <strong>La</strong> logica <strong>di</strong> avanzamento dei lavori seguiva le esigenze<br />

strutturali (la stabilità locale e generale, l’indurimento <strong>del</strong>la malta) e<br />

veniva riportata sul mo<strong>del</strong>lo. Il rapporto fra concezione e costruzione è<br />

ancora forte nell’opera <strong>di</strong> alcuni gran<strong>di</strong> pionieri <strong>del</strong>le strutture in<br />

cemento armato, ideatori, progettisti e costruttori ad un tempo, come<br />

furono Nervi, Moran<strong>di</strong>, Freyssinet. Ma oggi, non solo la realtà<br />

produttiva, ma forse ancor <strong>di</strong> più l’organizzazione <strong>del</strong>le scuole per la<br />

formazione nel settore <strong>del</strong>l’architettura e <strong>del</strong>l’ingegneria sembrano<br />

accentuare ogni separazione fra le <strong>di</strong>verse competenze che<br />

intervengono nel progetto <strong>di</strong> un’opera e nella sua realizzazione.<br />

Tu hai insegnato dagli anni Sessanta, gli anni <strong>del</strong>le avanguar<strong>di</strong>e e<br />

<strong>del</strong>la rivoluzione <strong>del</strong> Sessantotto, e ancora oggi insegni negli anni<br />

<strong>del</strong>l’eclettismo e <strong>del</strong>la riforma universitaria. Quale è oggi il ruolo<br />

<strong>del</strong>le <strong>di</strong>scipline costruttive nella formazione <strong>del</strong>l’architetto?<br />

Oggi, almeno nelle <strong>di</strong>chiarazioni programmatiche, si e consapevoli<br />

<strong>del</strong>la necessità <strong>di</strong> assumere come obiettivi <strong>del</strong>la riorganizzazione degli<br />

stu<strong>di</strong> il fare e il saper fare: al centro <strong>del</strong>la struttura <strong>di</strong>dattica ci sono i<br />

laboratori. L’insegnamento <strong>del</strong>la Scienza <strong>del</strong>le Costruzioni, <strong>di</strong>sciplina<br />

car<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> tutte le Facoltà <strong>di</strong> Ingegneria, dall’atto <strong>del</strong>la loro fondazione,<br />

e <strong>del</strong>le Facoltà <strong>di</strong> Architettura, che l’avevano presa a parziale mo<strong>del</strong>lo all’atto <strong>del</strong>la loro nascita, è oggi in crisi. Questa crisi è<br />

motivata dal fatto che essa ha esaurito il campo <strong>del</strong>le possibili ricerche sui problemi normali. Tuttavia la tecnica costruttiva ha<br />

introdotto variazioni sui terni <strong>del</strong>la normalità degli e<strong>di</strong>fici, e quin<strong>di</strong> sulla loro concezione originaria, che richiedono conoscenze <strong>di</strong> altra<br />

natura, maturate prevalentemente nei cantieri. Il percorso <strong>di</strong>dattico tra<strong>di</strong>zionale, Statica, Scienza <strong>del</strong>le Costruzioni e Tecnica, faceva<br />

precedere la teoria alle applicazioni, e per far ciò richiedeva le premesse necessarie costituite da tutta la strumentazione analitica<br />

che confluisce negli esami <strong>di</strong> Analisi Matematica. Oggi, con la costituzione dei laboratori, come luoghi deputati all’insegnamento<br />

<strong>del</strong>la praxis, dove contemporaneamente si svolgono materie <strong>di</strong> progettazione architettonica e tecnologica costruttiva, viene eliminata<br />

nei fatti la fase <strong>del</strong>l’episteme, <strong>del</strong>la conoscenza scientifica, come fondamento rigoroso <strong>del</strong>la prassi. Le conseguenze <strong>di</strong> questo<br />

profon<strong>di</strong>ssimo mutamento non mi pare siano state recepite da chi è nato, è cresciuto ed è stato educato a credere nel valore<br />

assoluto <strong>del</strong>la conoscenza razionale.


Ma ci sono altre considerazioni. <strong>La</strong> costruzione <strong>del</strong>l’architettura richiede l’uso <strong>di</strong> materiali e l’invenzione <strong>di</strong> forme, rispondenti a<br />

esigenze sulle quali gli architetti hanno costruito tutta la loro cultura e che Vitruvio aveva sintetizzato nelle tre categorie <strong>del</strong>la<br />

concinnitas, <strong>del</strong>la firmitas e <strong>del</strong>la venustas. Cultura tecnico—scientifica, cultura letterario—umanistica, cultura artistica. Non so se i<br />

padri <strong>del</strong>le Facoltà <strong>di</strong> Architettura si fossero resi conto <strong>del</strong>la vita<br />

<strong>di</strong>fficile cui la creatura tricefala era destinata fin dalla nascita. Questa<br />

è, da sempre, la <strong>di</strong>fficoltà <strong>del</strong>la laurea in Architettura, perché è<br />

estremamente <strong>di</strong>fficile trovare giovani <strong>di</strong>sponibili ai tre linguaggi.<br />

Inoltre mancano ancora molti elementi per avere un quadro<br />

sufficientemente completo: per esempio tra il sapere ed il saper fare<br />

c’è la necessità <strong>di</strong> formare al saperfarfare, sapere chiedere ad altri <strong>di</strong><br />

fare, sapere gestire il progetto, il cantiere.<br />

Nel tuo insegnamento, oltre che nelle tue ricerche, tu hai sempre<br />

dato rilevanza al ruolo <strong>del</strong>la storia. <strong>La</strong> storia <strong>del</strong>le tecniche<br />

costruttive e <strong>del</strong>la tecnologia. Pensi che questo ruolo sia oggi<br />

ancora importante nell’epoca <strong>del</strong>la fine <strong>del</strong>le certezze?<br />

Galileo ha svolto un’azione importantissima. Ma per noi oggi sono<br />

necessari altri processi cognitivi. Dalla conoscenza <strong>del</strong>le cause derivo<br />

la conoscenza degli effetti; ma se le cause non hanno la possibilità <strong>di</strong><br />

avere una definizione precisa e rigorosa, come si fa ad arrivare alla<br />

conoscenza degli effetti? Ci sono altri tipi <strong>di</strong> conoscenza; siamo stati<br />

messi in mano a Cauchy, ma quella strada non è la sola. Si devono<br />

rivalutare altre forme <strong>di</strong> conoscenza che derivano da altri mo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

appren<strong>di</strong>mento, e certo in questo la storia <strong>del</strong>la tecnologia è uno<br />

strumento importante. E non intendo tanto la storia come descrizione<br />

<strong>del</strong>le tecniche <strong>del</strong> passato, come rilettura dei fatti costruttivi nelle<br />

epoche passate, ma la storia come interpretazione <strong>di</strong> ciò che in<br />

un’epoca è accaduto, <strong>di</strong> ciò che oggi sta accadendo. Occorre, intendo<br />

<strong>di</strong>re, prima <strong>di</strong> impartire conoscenze <strong>di</strong> fatti storici, formare alle<br />

categorie <strong>del</strong>la storia nel progetto.<br />

<strong>La</strong> storia <strong>del</strong>le costruzioni è stata fino al XIX secolo la storia <strong>del</strong>le murature e <strong>del</strong>la carpenteria lignea. Quali innovazioni<br />

sono oggi possibili nella tecnica <strong>del</strong>le murature?<br />

Alcune cose che possono apparire nuove in realtà sono spesso soltanto <strong>di</strong>menticate e riscoperte. Per esempio, dopo il terremoto <strong>del</strong><br />

1908 a Reggio Calabria e Messina (ricordo il bel libro <strong>di</strong> Aricò Milella Ricostruire dopo il terremoto) furono ban<strong>di</strong>ti dei concorsi per<br />

sistemi anti-sismici e si inventò anche il sistema <strong>di</strong> costruire con mattoni armati. Ma la muratura armata non è altro che un’estensione<br />

<strong>del</strong> cemento armato: in Francia nasce, nel contesto <strong>del</strong>le sperimentazioni <strong>del</strong> beton armé, il brique armé <strong>di</strong> Anatole de Baudot.<br />

Quello che è <strong>di</strong>verso è la tecnica costruttiva, un materiale gettato e un materiale murato, non la concezione e il funzionamento<br />

strutturale. I materiali, con la loro capacità <strong>di</strong> sopportare tensioni <strong>di</strong> trazione e/o compressione, sono un vincolo alla innovazione <strong>del</strong>le<br />

tecniche costruttive e <strong>del</strong>le conseguenti forme <strong>del</strong>l’architettura. Facendo un ragionamento a partire dal materiale, se esso reagisce<br />

solo in compressione o solo in trazione è <strong>di</strong>fficile trovare una soluzione strutturale che possa andargli sempre bene. Se invece ha<br />

questa doppia possibilità si possono inventare più forme, la complessità formale mette in gioco le due resistenze.<br />

Questo spiega il motivo <strong>del</strong>la permanenza nelle strutture voltate in muratura <strong>del</strong>le forme <strong>del</strong>la tra<strong>di</strong>zione?<br />

<strong>La</strong> forma <strong>di</strong> un’architettura voltata in muratura è vincolata dalla capacità <strong>del</strong>la muratura <strong>di</strong> lavorare quasi esclusivamente in<br />

compressione e, conseguentemente, per assicurare questo funzionamento, deve mantenersi sotto le <strong>di</strong>verse azioni, ed essere<br />

garantita dalla connessione stretta <strong>di</strong> tutti i pezzi <strong>di</strong> cui la muratura è fatta. Il guscio invece, con le sue <strong>di</strong>verse possibili configurazioni,<br />

per sua natura nasce come struttura in cemento armato. Tuttavia è possibile introdurre nella muratura voltata degli elementi<br />

<strong>di</strong>scontinui che sopportino le trazioni e permettano maggiori libertà <strong>di</strong> forma: è il principio <strong>del</strong>la catena in ferro negli archi in muratura.<br />

Questa possibilità non è certo sfruttata formalmente nelle strutture ad arco <strong>del</strong> Pa<strong>di</strong>glione <strong>del</strong> Futuro <strong>di</strong> Peter Rice alla esposizione <strong>di</strong><br />

Siviglia. Lì la pietra, come materiale strutturale, è utilizzata a compressione in una struttura ad arco a tutto sesto che per essere<br />

libera, reticolare e sottile, ha bisogno <strong>di</strong> essere stabilizzata da un’altra struttura in acciaio che l’affianca lavorando prevalentemente a<br />

trazione, e obbligando la pietra a lavorare in compressione.<br />

È la tra<strong>di</strong>zionalità <strong>del</strong>la tecnica costruttiva, con tutte le sue esigenze <strong>di</strong> qualità <strong>del</strong> mestiere, che spiega lo scarso ricorso<br />

oggi nel mondo occidentale alle strutture voltate in muratura?<br />

Le tecniche tra<strong>di</strong>zionali hanno sì problemi <strong>di</strong> mestiere, ma ci sono ora macchine automatiche per tagliare le pietre e comunque<br />

penso che, più che <strong>di</strong> problemi <strong>di</strong> tecnica costruttiva, si tratti <strong>di</strong> problemi <strong>di</strong> garanzie <strong>di</strong> sicurezza che la società moderna vuole e che<br />

le strutture voltate non sono in grado <strong>di</strong> assicurare, in particolare in zone sismiche.<br />

Se è il materiale ad essere portatore <strong>di</strong> una sua specificità costruttiva e strutturale, l’innovazione passa attraverso l’invenzione <strong>di</strong><br />

nuovi materiali, l’ingegneria dei materiali? È questa la strada anche per le murature?<br />

<strong>La</strong> risposta può essere più semplice <strong>di</strong> quanto si possa immaginare. Se tu lasci fare al materiale ciò che gli è consentito <strong>di</strong> fare, le<br />

forme strutturali sono quelle e sono immo<strong>di</strong>ficabii. Non puoi fare una trave in muratura. Ma se tu intervieni sul comportamento <strong>del</strong>


materiale mo<strong>di</strong>ficandolo, ad esempio con un artificio qualunque lo metti in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> reagire a trazione come non poteva, i suoi<br />

campi applicativi e la sua concezione strutturale possono ampliarsi. Non è tuttavia detto che si debba intervenire sulla natura <strong>del</strong>lo<br />

stesso materiale, che si debbano creare per forza materiali innovativi, materiali compositi ad esempio. Si può ancora lavorare sulle<br />

tecniche costruttive, riscoprire ad esempio le antiche tecniche <strong>di</strong> “messa in forza”, per cui il materiale non è solo la sua struttura<br />

fisico—chimica, ma anche il suo stato <strong>di</strong> coazione, indotto allo scopo <strong>di</strong> resistere a determinate tensioni in opera. Quando Vitruvio<br />

descrive un architrave in muratura <strong>di</strong> mattoni parallelepipe<strong>di</strong> suggerisce <strong>di</strong> ricorrere all’architrave subcuneatus. Cosa significa? I<br />

letterati hanno tradotto non ti <strong>di</strong>co come, ma è molto semplice: poiché un architrave tende a passare dalla posizione rettilinea a<br />

quella inflessa, l’inserimento in mezzeria, all’intradosso <strong>del</strong>l’architrave, <strong>di</strong> un cuneo lo rende capace <strong>di</strong> sopportare la crisi. E la<br />

precompressione <strong>del</strong>la muratura che annulla le tensioni <strong>di</strong> trazione, là dove esse si manifestano. Direi che per le murature si può<br />

ancora lavorare sulla tecnica costruttiva, sul modo <strong>di</strong> connettere il materiale tra<strong>di</strong>zionale per far partecipare la maggior parte possibile<br />

<strong>del</strong>la costruzione nella funzione strutturale. Si pensi ancora, ad esempio, agli elementi strutturali <strong>di</strong> rinforzo, una costola<br />

sporgente su una parete in muratura: questi possono anche rappresentare punti <strong>di</strong> debolezza. Se l’azione agisce <strong>di</strong>rettamente sulla<br />

costola si manifesteranno <strong>del</strong>le fratture ai lati, là dove essa si raccorda alla parete e si concentrano le tensioni: natura non facit<br />

saltum. Bisognerebbe che la costola <strong>di</strong> rinforzo si raccordasse senza spigoli vivi alla parete; ma con i mattoni e la muratura questi<br />

raccor<strong>di</strong> non sono facili da realizzare. <strong>La</strong> solidarietà <strong>di</strong> tutte le parti nella muratura è limitata sì dalla non resistenza a trazione,ma<br />

anche dalla <strong>di</strong>scontinuità fra i <strong>di</strong>versi elementi costruttivi che costituiscono il sistema.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

1 - C. Guasti, <strong>Santa</strong> <strong>Maria</strong> <strong>del</strong> <strong>Fiore</strong>…<strong>Firenze</strong> 1887 – Ed. Ricci<br />

(2) – G. Vasari, Le Vite de più eccellenti architetti, pittori et scultori, <strong>Firenze</strong> 1550 – Ristampa Einau<strong>di</strong> 1991<br />

(3) – Giorgio Vasari, op.cit, pag 352<br />

(4)– L. Benevolo, Storia <strong>del</strong>l’Architettura <strong>del</strong> Rinascimento, Bari, Ed. <strong>La</strong>terza, 1978<br />

(5) – A. Manetti, Vita <strong>di</strong> Filippo <strong>di</strong> Ser Brunellesco<br />

(6) – Dalla registrazione da me effettuata nel 1985 presso la Facoltà <strong>di</strong> Architettura <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong> <strong>di</strong>partimento <strong>di</strong> Storia<br />

<strong>del</strong>l’architettura. In questa occasione il prof. Salvatore <strong>di</strong> Pasquale ha esposto davanti ad una platea composta da<br />

studenti, docenti <strong>del</strong>la Facoltà, stu<strong>di</strong>osi italiani e d esteri, il risultato degli stu<strong>di</strong> effettuati dalla Commissione per la<br />

<strong>Cupola</strong>.<br />

(7) idem come sopra<br />

Altre fonti bibliografiche sono:<br />

E. Battisti – Brunelleschi – Electa E<strong>di</strong>trice Milano 1976<br />

L. Vagnetti - L’architetto nella storia <strong>del</strong>l’Occidente Ed. Teorema <strong>Firenze</strong> 1973<br />

F. Fanelli – <strong>Firenze</strong> - Le città nella storia d’Italia – Ed. <strong>La</strong>terza Bari 1981<br />

S. Di Pasquale - Brunelleschi, <strong>La</strong> costruzione <strong>del</strong>la <strong>Cupola</strong> <strong>di</strong> <strong>Santa</strong> <strong>Maria</strong> <strong>del</strong> <strong>Fiore</strong> – Ed. Marsilio, Venezia 2002<br />

Le immagini sono state prese da <strong>di</strong>versi libri <strong>di</strong> Storia <strong>del</strong>l’Architettura, da trasmissioni televisive quali Superquark, da<br />

pubblicazioni su CD e DVD quali:<br />

Le meraviglie <strong>del</strong> Rinascimento, Focus Storia<br />

I Me<strong>di</strong>ci: nascita <strong>di</strong> una <strong>di</strong>nastia – DVDTECA Storica <strong>del</strong> quoti<strong>di</strong>ano “Il Giornale” Milano 2003<br />

<strong>La</strong> foto <strong>del</strong>le macchine sono state scattate de me al museo de<strong>di</strong>cato a L. da Vinci a Vinci e nel Duomo <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong>.<br />

Arch. Sergio M. Rizzi docente <strong>di</strong> Costruzioni e Tecnologia <strong>del</strong>le Costruzioni presso l’<strong>Istituto</strong><br />

<strong>Tecnico</strong> per Geometri “G. M. Devilla” <strong>di</strong> Sassari

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