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La strada del formaggio - Gustolocale

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Sommario<br />

Natale in tavola pagina 2<br />

Tra santi e maiali pagina 4<br />

Natale tra i fornelli pagina 6<br />

Bordolesi pagina 8<br />

Caffè indiani pagina 10<br />

Arte in tavola pagina 12<br />

Cocktail <strong>del</strong> mese pagina 14<br />

Alla scoperta <strong>del</strong> whisky a tavola pagina 15<br />

Il Torcolato pagina 16<br />

Le composte di Montorso pagina 18<br />

Rotolino da Porto - El Crinto in cusina pagina 20<br />

A cena col campione pagina 21<br />

Vino <strong>del</strong> mese pagina 22<br />

<strong>La</strong> <strong>strada</strong> <strong>del</strong> <strong>formaggio</strong>: inserto pagina 23 - 26<br />

Quattro cuochi per un ristorante pagina 27<br />

Intervista a Toni Vedù pagina 28<br />

Visto in fiera pagina 30<br />

ABC di Amedo Sandri pagina 32<br />

Lo sai che... - Serata <strong>del</strong>le tradizioni pagina 34<br />

Mondo HO.RE.CA. pagina 35<br />

L’uovo pagina 36<br />

Antichi sapori ritrovati - Arte Gusto Colore pagina 38<br />

El conejo imbriago pagina 39<br />

Terra Madre - Salone <strong>del</strong> gusto pagina 40<br />

<strong>La</strong>boratorio <strong>del</strong> gusto: <strong>La</strong> polenta pagina 41<br />

Dalla libreria - Letti per voi pagina 42<br />

Annunci pagina 44<br />

Appuntamenti <strong>del</strong> mese pagina 45<br />

A tavola con le stelle pagina 46<br />

<strong>La</strong> rubrica <strong>del</strong> Ristor-Attore pagina 48<br />

Sommario<br />

Da una idea di Roberto Gasparin:<br />

Il mensile www.gustolocale.it di Vicenza<br />

n° 5 – Dicembre - 2006<br />

Ai soli fini fiscali € 0,10 a copia<br />

Abbonamento singolo Italia € 12,00<br />

Editore:<br />

Paolo Gasparin<br />

Redazione – amministrazione – pubblicità:<br />

Pierregi di Paolo Gasparin<br />

Via Veneto 2b<br />

36015 – Schio (vi)<br />

tel.e fax 0445 500 201<br />

www.gustolocale.it - info@gustolocale.it<br />

Direttore responsabile:<br />

Paolo Terragin<br />

paolo@gustolocale.it<br />

Reg. Tribunale di Vicenza:<br />

n° 1130 <strong>del</strong> 24/03/06<br />

Spedizione:<br />

Poste Italiane s.p.a. spedizione in Abbonamento Postale -D.L.<br />

353/2003 (Convertito in legge 27/02/2004 n°46) art.1, com.1, Dr VI<br />

Stampa: Industrie Grafiche Vicentine Srl - Bolzano Vic. (VI)<br />

Redazione e grafica:<br />

Studioimmagine srl - Thiene (VI)<br />

Luca Dal Maso<br />

Alessia Manni<br />

Consuelo Capellari<br />

Michele Zanetello<br />

Ermanno Fabris<br />

Giampiero Pozza<br />

Hanno collaborato:<br />

Roberto Gasparin<br />

Paolo Gasparin<br />

Frà Ghiottone<br />

Edy Bieker<br />

Giuliano Francesconi<br />

Piergiorgio Casara<br />

Cristina Borin<br />

Gianni Genovese<br />

Amedeo Sandri<br />

Pigi<br />

Vanessa Lovato<br />

Paolo Terragin<br />

Emilio Nizzero<br />

Mauro Pasquali<br />

Vittoria Bicego<br />

Michele Bertuzzo<br />

Filippo Ferreri<br />

Michele Cisco<br />

Sandra De Lucia<br />

Mainero Patrizia<br />

Slow Food Vicentino<br />

Tutte le immagini, articoli, contenuti di questo giornale sono ad uso<br />

esclusivo di Pierregi di Paolo Gasparin - Schio (vi). Eventuali utilizzi<br />

impropri senza previa autorizzazione scritta da parte nostra saranno<br />

perseguiti a norma di legge. Le Collaborazioni in testi o foto sono gratuite.<br />

L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati e la possibilità di<br />

richiedere gratuitamente la retifica o cancellazione scrivendo a:<br />

Pierregi – Via Veneto 2b - 36015 Schio (vi).


2<br />

Naatalee iin tavolaa<br />

Cercare di riunire in una logica sequenziale i riti gastronomici <strong>del</strong>la Festa per eccellenza, il Natale, è di<br />

grandissima difficoltà.<br />

È questa una festa che oscilla fra la sacralità massima <strong>del</strong>la nascita <strong>del</strong> Cristo e la paganità dei cibi che<br />

riuniscono la famiglia e sono testimonianza di riti che si perpetuano in assoluta eguaglianza, anno dopo anno.<br />

Sono, quelle <strong>del</strong> Natale, feste che si spostano dalle cerimonie religiose alla serena felicità dei riti <strong>del</strong>la famiglia,<br />

cioè dalla chiesa alla cucina a ricordo che il mangiar bene (e tanto, nel tempo andato) era l’espressione di una<br />

festività che giovava sia allo spirito sia al corpo. Ma se è vero che alcune feste religiose impongono i cibi che<br />

si caratterizzano con la festa stessa (pensiamo all’agnello per Pasqua o alla bòndola co la léngoa<br />

<strong>del</strong>l’Ascensione, nel vicentino o all’anatra veneziana <strong>del</strong>lo stesso giorno) il Natale è festa che si differenzia per<br />

diversi motivi. In primis ci pone di fronte a due momenti liturgicamente importanti: la vigilia e la gioiosa<br />

ricchezza <strong>del</strong>la festa. Momenti che si traducono nel mangiar di magro <strong>del</strong>la vigilia e, per contro, nella gioiosa,<br />

grassa, gastronomia <strong>del</strong>la festa. In secundis ci si pone molto meno davanti ad un “mangiare unico” tipico di<br />

altre festività, in quanto la famiglia porta con sé i riti che le sono propri e che s’identificano solo parzialmente<br />

in un contesto alimentare globale. L’intimità <strong>del</strong> Natale nasce dentro le case, con quel senso di pace interiore<br />

che il poeta chiarì con questi versi,<br />

“Dal cielo scende e dalla <strong>strada</strong> sale<br />

il soave sgomento <strong>del</strong> Natale”<br />

porta a tradizioni non caratterizzanti od uniformi. Dobbiamo fare una precisazione: la tradizione è, in definitiva,<br />

la storia di tutti noi, ciò che ci accomuna in cibi, riti, usanze d’ogni genere. Tanto più vi è stato spostamento<br />

di gente all’interno <strong>del</strong>la nostra Italia più la tradizione si è trasportata ovunque. Così i riti <strong>del</strong>la famiglia portano<br />

a piatti, qui da noi, che sono inusuali per il posto ove si risiede e così convivono con i nostri bigoli con la sardea<br />

<strong>del</strong>la Vigilia, o la polenta e scopeton o i corgnoi, i tortelli di zucca <strong>del</strong>la Padania o i tortelloni di magro <strong>del</strong><br />

bolognese o il capitone meridionale.<br />

Accanto a questi prodotti “principe” <strong>del</strong>la gastronomia <strong>del</strong>le Feste ve ne sono però alcuni che sono uguali in<br />

tutt’Italia, e che sono il complemento <strong>del</strong> Natale. Come si potrebbe terminare un pranzo senza gustare un<br />

panettone? Ed è giusto che il Pandoro sia prepotentemente entrato a sostituire il vecchio, caro panettone?<br />

Come si potrebbe lasciare la tavola senza rompere a pezzi il torrone e gustarlo rischiando i denti?<br />

E si sta facendo sempre più difficile la scelta: se è vero che una volta il panettone poteva, al massimo, essere<br />

senza uvetta e qualche saccente lo voleva senza canditi, ora basta entrare in un supermarket per restare…<br />

fulminati!<br />

Li troverete con e senza uvetta, alti, bassi, con doppia lievitazione, farcitura, glassatura. Troverete panettoni,<br />

pampepati, pandori, panforti. Ma andrete oltre: troverete il Tartufone, quello al limone, con zabaione che<br />

fuoriesce al taglio, mille altre combinazioni possibili, dentro scatole di cartone o di latta, in confezioni<br />

la tradizione <strong>del</strong>le proprie origini


prestigiose o in sacchetti di plastica!<br />

Meglio tornare al “Pan de Toni” secondo la leggenda che vede il panettone fatto da un fornaio<br />

milanese, Toni, che, ovviamente, lo fece per amore. Altra leggenda vede un ricco, Ughetto, che,<br />

innamoratosi <strong>del</strong>la figlia <strong>del</strong> fornaio, Adalgisa, divenne garzone di bottega e, rapito dall’amore,<br />

inventò questo “Pan de Toni”.<br />

Bisogna ammettere che il Pandoro è più fe<strong>del</strong>e alla ricetta originaria: non si vedono, fin qui,<br />

variazioni al prodotto di base.<br />

Dopo di che arriva in tavola il torrone: nome che deriva dal latino torrere, che vuol<br />

dire tostare, con riferimento alle mandorle utilizzate. Certo si è che il moderno<br />

torrone si deve a pasticceri cremonesi che, per le nozze di Bianca Maria<br />

Visconti, prepararono un dolce che aveva la forma <strong>del</strong>l’imponente torre di<br />

Cremona, il Turrione. Questo nome non abbandonò più questa squisitezza.<br />

Pensate che, fino al secolo scorso, il torrone lo facevano i panettieri alla fine <strong>del</strong><br />

ciclo di lavorazione <strong>del</strong> pane, usando il forno ancora caldo e proteggendo con<br />

cialde il torrone dopo cottura.<br />

Anche qui il mercato si è appropriato e ci presenta torroni con cioccolato e nocciole.<br />

A Napoli si fa una “galantina di frutta” che è un torrone con una corazza di Pan di<br />

Spagna ripiena di pasta di mandorle e canditi, spennellato di marmellata di albicocche<br />

e cosparso di mandorle…<br />

Ad Alba si fa solo con miele e nocciole e a L’Aquila due sorelle hanno una ricetta top-secret<br />

ed in Sicilia il cavaliere Condorelli li ha fatti diventare come dei cioccolatini, con<br />

ricoperture dai diversi sapori e colori. A Cologna Veneta il mandorlato è fatto con<br />

materie che rimandano ad una più rigorosa tradizione: solo miele, mandorle,<br />

zucchero ed albume.<br />

C’è morbido, che non crocchia sotto i denti, c’è ricoperto di cioccolato, si compra alto,<br />

basso, a peso nelle bancarelle natalizie. Pochi prodotto come questi sono legati alle<br />

Festività: il torrone è venduto per circa l’85% durante le feste natalizie.<br />

Un piccolo consiglio: non comprate stecche troppo piccole, perché meno friabili di<br />

quelle di maggior dimensione. Conservatelo al fresco, in vasi di vetro, perché teme l’umidità.<br />

Ricordatevi che sia il panettone che il torrone sono ipercalorici, ma, come si dice, semel in anno…(e,<br />

<strong>del</strong> resto, il disastro calorico lo si è gia prodotto con tutte le altre portate!)<br />

Buone Feste<br />

Frà Ghiottone<br />

e l’eguaglianza in tavola 3


4<br />

Tra santi e maiali<br />

Cotechino e zampone vanno molto d’accordo,<br />

come se fossero... parenti!!<br />

È anche vero che il secondo è un poco più giovane <strong>del</strong> primo ed ha un<br />

blasone più importante, che lo lega a Modena in modo indissolubile,<br />

come lo è la Ghirlandina o il lambrusco…<br />

Povero lo è certamente se si pensa che il nome <strong>del</strong> cotechino origina la<br />

materia prima di cui è composto: usare le cotenne per accrescere il<br />

disponibile a tavola non deve essere stata una grande “pensata” e così,<br />

fino al ‘700 il cotechino fu regolarmente ignorato dall’arte salumiera,<br />

che era stata influenzata dalle scuole dei pastori di Verica. Quando<br />

erano liberi dagli impegni <strong>del</strong>la custodia <strong>del</strong>le greggi insegnavano l’erte<br />

<strong>del</strong>la macellazione ai valligiani.<br />

<strong>La</strong> prima volta che si parla di cotechino è in un calmiere <strong>del</strong> 1745: fino<br />

ad allora essendo un prodotto volgare non fu mai soggetto a<br />

calmieraggi..<br />

Ma si originò, allora, anche lo zampone: il primo riconoscimento ducale<br />

è <strong>del</strong> 1776 quando Francesco III, Governatore di Milano, mandò a<br />

prendere da Modena, con grande urgenza, 24 “zampetti d’ottima<br />

pasta”.<br />

Un’altra storia, narrata dallo storico Marco Cesare Nannini, dichiara che<br />

la prima produzione di zamponi è di Mirandola ed è <strong>del</strong> 1511.<br />

In quell’anno la città era stretta da assedio dalle truppe di Papa Giulio<br />

II, in contrasto con la famiglia Pico. Sembra che gli assediati<br />

cominciassero a salvare le risorse alimentari<br />

insaccando parti di impasti poveri in<br />

cotenne ravvolte a manicotto. Poi<br />

invalse l’uso di scuoiare lo<br />

zampetto anteriore e<br />

nacque così…<br />

È fatta: lo zampone non calerà mai di tono e resterà, fumante, colloso<br />

ed attaccaticcio nella nostra mensa invernale, con contorni di vario<br />

tipo: dai fagioli in umido (faso dal Pepa ma anche i deint ad vecia), con<br />

purè, spinaci, salse. Sono in grosso calo le lenticchie che nell’immaginario<br />

popolare sono ancora in gran vista: forse perché sono bene<br />

auguranti. Una curiosità: nel secolo scorso si faceva uno zampone al<br />

cedro.<br />

Nella concia si aggiungeva un trito di cedro candito, mescolato a<br />

Malvasia bianca...<br />

Dal cotechino da cui è nato lo zampone sono poi derivati altri insaccati<br />

che sono simili e vanno tutti consumati bolliti.<br />

CAPPELLO DA PRETE<br />

Come un tricorno antico ha l’impasto <strong>del</strong> cotechino o <strong>del</strong>lo zampone e<br />

viene usata la sottile cotenna <strong>del</strong>la pancia <strong>del</strong> maiale.<br />

SASSOLINO o SASSOLESE<br />

Utilizza la stessa cotenna morbida <strong>del</strong>la pancia ma va arrotolato a<br />

forma cilindrica e può essere affettato interamente (non ha, evidentemente,<br />

unghietti in fondo).<br />

Si cuociono da freddo, in una zamponiera (una volta ce n’erano anche<br />

per cottura a vapore), con acqua che freme.<br />

Se parliamo di come è composto uno zampone, quali carni debbano<br />

essere usate, quali siano i profumi che ciascun produttore usa,<br />

entriamo in un mondo in cui le eguaglianze sono molto poche: la carne<br />

deve essere di spalle, collo, testa, polpacci, si deve usare anche<br />

guanciale ed ottenere un dosaggio di grasso e magro perfetto. Poi sale,<br />

pepe, noce moscata,cannella regina e chiodi di garofano (e ciascuno ha<br />

le sue quantità). Riempita la zampa di maiale si va verso la stufatura,<br />

la breve stagionatura ed è pronto per essere mangiato... tutto. Guai a<br />

lasciare quella perfetta guaina che porta a perfezione questo cocktail<br />

di carni suine…<br />

Frà Ghiottone


Cottura<br />

Freddo<br />

<strong>La</strong>vaggio<br />

Pizzeria<br />

Preparazione<br />

Aspirazione<br />

Bar<br />

<strong>La</strong>vanderia<br />

Accessori


6<br />

Natale tra i fornelli<br />

Tra le luci <strong>del</strong>la Festa più bella <strong>del</strong>l’anno<br />

e le ombre di chi la passa a lavorare<br />

Addobbi appesi al soffitto,<br />

can<strong>del</strong>e dei centritavola accese,<br />

personale vestito per le grandi<br />

occasioni.<br />

Manca qualcosa?<br />

Ah, si: che si prepara in<br />

cucina?<br />

Con tutta l’attenzione che si ripone sui dettagli per il Pranzo di Natale, non ci si dimenticherà per<br />

caso di cucinare? Se infatti le aspettative degli avventori per un’occasione così speciale si<br />

moltiplicano, crescono al pari le difficoltà di chi deve rispondere a queste esigenze. Abbiamo<br />

cercato di capirne di più sentendo l’opinione di alcuni ristoratori vicentini.<br />

Anzitutto c’è chi il giorno di Natale preferisce abbassare la saracinesca. “A noi piace passarlo in<br />

casa – spiega Elena Balbi <strong>del</strong>l’ “Antico Guelfo” di Vicenza – crediamo che sia così anche per i nostri<br />

clienti, così teniamo chiuso e ci godiamo la festa”.<br />

Per tutti gli altri che si cimentano nella non facile competizione la scelta d’obbligo è quella di non<br />

discostarsi dalla tradizione. Concordano tutti che Natale è per definizione la festa <strong>del</strong>la famiglia e<br />

nel preparare i menù non si deve mai dimenticare che si siederanno attorno al tavolo nonni,<br />

genitori, zii e nipotini.<br />

Le feste rappresentano anche un’occasione di uscita per chi durante l’anno non si muove da casa.<br />

Si deve pertanto tenere in considerazione di avere di fronte persone molto diverse per fascia<br />

sociale, gusti e abitudini. Vittorio Dal Sasso <strong>del</strong> ristorante Casa Rossa di Asiago gioca la carta <strong>del</strong>la<br />

flessibilità: meglio dare da subito al cliente la possibilità di personalizzare il menu, soprattutto per<br />

venire incontro alle esigenze di bambini e anziani.<br />

Condivisa da tutti i ristoratori interpellati è poi l’attenzione al prezzo: sono passati i tempi in cui a<br />

Natale non si badava a spese. “L’austerity si fa sentire - confessa Guerrino Maculan <strong>del</strong><br />

ristorante “Il Tinello” di Solagna – e una certa reticenza nelle prenotazioni ci mette in<br />

difficoltà”. Secondo Guerrino, infatti la gente aspetta sempre più l’ultimo momento per<br />

prenotare “poi arriva, ma intanto ci lascia incerti fino all’ultimo”.<br />

“Il Natale come la Pasqua – spiega Sergio Dussin <strong>del</strong> ristorante “Il Pioppeto” di<br />

Romano d’Ezzelino – rappresentano un test molto importante per un ristoratore:<br />

se non si riesce a riempire il locale in queste occasioni, con un menu scelto dalla<br />

casa, è opportuno fare qualche riflessione”.<br />

Per chi invece a Natale il locale non lo riempie è bene ricordare che il<br />

pranzo natalizio è sempre più una ricorrenza in cui gustare, provare,<br />

conoscere. Un’occasione in cui regalarsi un piccolo sfizio e<br />

concedersi una giornata da gourmet. Magari valutando,<br />

apprezzando, criticando.<br />

Una sorta di trampolino di lancio che può<br />

trasformare il cliente occasionale di<br />

Natale in un cliente abituale<br />

<strong>del</strong>l’intero anno.<br />

Michele Bertuzzo


Ecco il Pranzo di Natale di quatto ristoranti vicentini:<br />

Ristorante<br />

Casa Rossa<br />

Asiago<br />

Classico menu natalizio,<br />

personalizzabile a seconda <strong>del</strong>le<br />

esigenze <strong>del</strong>le famiglie e dei<br />

bambini. <strong>La</strong> specialità <strong>del</strong>la casa è il<br />

dessert: Ceppo di Natale. Gradita<br />

ospite, particolarmente attesa, la<br />

neve: completerà l’ambientazione<br />

sull’Altopiano. Vini selezionati<br />

per l’occasione.<br />

Fascia di prezzo<br />

30/40 euro<br />

Isetta<br />

<strong>La</strong> trattoria<br />

Grancona<br />

Menu tradizionale: antipasto con<br />

buffet di prodotti tipici Vicentini,<br />

tagliolini in brodo con fegatini, bollito<br />

misto, cappone, tacchinella arrosto e<br />

vitello al forno. A concludere l’immancabile<br />

panettone guarnito con lo<br />

zabaione e i dolci <strong>del</strong>la casa. In<br />

abbinamento vini selezionati<br />

locali.<br />

Fascia di prezzo<br />

55/60 euro<br />

Ristorante<br />

Storione Vicenza<br />

Menù alla carta pensato<br />

all’ultimo momento in base al<br />

mercato, alla disponibilità ed alle<br />

caratteristiche <strong>del</strong> pescato. Solo pesce<br />

fresco <strong>del</strong>l’adriatico, cotture gentili e<br />

attente. Qualche attenzione in più ai dolci,<br />

con l’immancabile panettone, il torrone e<br />

altre <strong>del</strong>icatessen natalizie.<br />

Carta dei vini.<br />

Prezzo variabile a seconda<br />

<strong>del</strong>le scelte <strong>del</strong> cliente,<br />

senza variazioni<br />

rispetto agli altri<br />

periodi.<br />

Il<br />

Tinello<br />

Solagna<br />

Menù tradizionale elaborato con<br />

prodotti tipici, ma con qualche<br />

novità come oramai tradizione<br />

vuole succeda nel pranzo di Natale.<br />

Per dessert non il solito panettone,<br />

ma un gelato estemporaneo<br />

abbinato a biscotteria. Vini<br />

abbinati al menù, con<br />

possibilità di variazione<br />

Prezzo fisso<br />

40 euro<br />

Pioppeto<br />

Romano<br />

d’Ezzelino<br />

Menu tradizionale natalizio<br />

preparato con prodotti <strong>del</strong> territorio:<br />

prosciutto di morganello ai tre pepi,<br />

tortello di sfoglia ai carciofi e ricotta su<br />

crema d'Asiago, risotto al radicchio e<br />

morlacco, maccheroncini alla rapa rossa<br />

con guanciale di manzo fumé, bollito<br />

misto, spalla di vitello con patate al<br />

forno. Millefoglie natalizio e<br />

pasticceria secca con<br />

degustazione di vini passiti.<br />

Prezzo 37 euro<br />

7


8<br />

Bordolese!<br />

Il seducente matrimonio tra Cabernet e Merlot<br />

C'è chi li ama alla follia. E chi li critica in modo<br />

viscerale.<br />

Chi non conosce cabernet e merlot? Due diversi<br />

vitigni di personalità, che uniti in matrimonio ci<br />

donano un nettare completo e coinvolgente.<br />

Vitigni originari <strong>del</strong>la zona <strong>del</strong> Bordeaux, che<br />

spopolano in tutto il mondo, compagni inseparabili<br />

da secoli.<br />

Il cabernet è il re dei vini rossi, in grado di produrre vini intensi, ricchi<br />

di tannini e sostanze aromatiche, capaci di un lungo invecchiamento;<br />

la grande struttura di questo vitigno permette lunghe macerazioni e<br />

affinamento in legno, che gli consentono di esprimere nel tempo un<br />

bouquet complesso e affascinante.<br />

Il merlot invece, con i suoi vini più morbidi, più fruttati e meno tannici<br />

è storicamente usato per tagliare vini, in particolar modo per smussare<br />

gli angoli ruvidi <strong>del</strong> Cabernet, plasmando così ottimi vini di taglio<br />

bordolese; un vino completo, equilibrato e maturo che ci svela il<br />

perché di una tradizione plurisecolare come quella <strong>del</strong>l’uvaggio<br />

bordolese.<br />

È bene sfatare il luogo comune che vuole l'arrivo in Italia dei vitigni<br />

bordolesi in seguito alla filossera, il parassita che all’inizio <strong>del</strong> secolo<br />

scorso devastò gran parte dei vitigni europei. Queste uve sono<br />

attestate sul nostro territorio sin dal lontano '700, quando, dopo una<br />

grandissima gelata che nel 1709 distrusse gran parte <strong>del</strong>la viticoltura<br />

europea, i grandi proprietari scelsero i bordolesi per la ricostruzione dei<br />

loro vigneti.<br />

Il Merlot è compagno inseparabile <strong>del</strong> Cabernet, i due vitigni si<br />

integrano perfettamente: il primo dona al vino il suo frutto pieno e<br />

precoce, il secondo una maggiore aristocraticità e longevità, dando vita<br />

al taglio bordolese.<br />

Questi vini sono da sempre fonte di infinite discussioni fra gli<br />

appassionati, mentre i critici li bollano come prodotti <strong>del</strong>l'internazionalizzazione<br />

<strong>del</strong> mondo <strong>del</strong> vino e <strong>del</strong>l'uso a volte eccessivo <strong>del</strong>la<br />

barrique, frutto di un mix di vitigni diffusi a tutte le latitudini. Nel<br />

tempo <strong>del</strong>la corsa ai vigneti rari, ai vitigni autoctoni, quel taglio<br />

bordolese viene giudicato poco “politically correct”. Eppure è una<br />

ricetta che, se sapientemente applicata, dona dei grandissimi vini da<br />

tempo immemorabile.


Grazie alla loro diffusione globale possiamo<br />

ritrovare in loro molteplici “terroir”, che ci<br />

fanno apprezzare i sapori e i profumi <strong>del</strong><br />

territorio di origine.<br />

Proprio questo è stato il principale tema di<br />

dibattito al “Bmc06”: il prestigioso<br />

appuntamento internazionale che il 15 e 16<br />

ottobre ha saputo convogliare oltre 2000 tra<br />

appassionati, ristoratori e amanti <strong>del</strong> vino di<br />

firma in quel di Villa Da Porto “<strong>La</strong> Favorita” di<br />

Sarego.<br />

Già, i vitigni autoctoni non mettono in<br />

evidenza le diversità fra i vari territori di<br />

produzione, poiché si parte da basi differenti<br />

non paragonabili. Nei vini che nascono dagli<br />

stessi vitigni e hanno tecniche di produzione<br />

simili, invece, la differenza la fa davvero il<br />

territorio, e le sue caratteristiche possono<br />

emergere in modo netto e chiaro. Quello che<br />

è oramai definito il “paradosso bordolese” si<br />

estende a tanti Paesi lontani innamorati<br />

come noi di questa magica unione.<br />

Per tutta la durata <strong>del</strong>l’evento non è mancata<br />

la possibilità di degustare i prodotti tipici<br />

locali, tra cui spiccavano i nostri meravigliosi<br />

oli d’eccellenza, vanto <strong>del</strong>la provincia nel<br />

Mondo.<br />

Erano presenti 17 regioni italiane, e una<br />

rappresentanza <strong>del</strong>le produzioni americane,<br />

australiane, canadesi e cilene. Un ricco<br />

parterre di vini che, prezzo da enoteca,<br />

superava i 90mila euro, con un prezzo medio<br />

di 24€ bottiglia per i bordolesi, di 25 per i<br />

Cabernet e di 26 per i Merlot.<br />

Una vetrina che per due giorni ha dato la<br />

possibilità di degustare numerose etichette<br />

di prestigio, con vini che forse si provano una<br />

volta sola nella vita, e mai tutti assieme.<br />

Paolo Gasparin<br />

9


10<br />

Caffè Indiani<br />

Il caffè dei monsoni: Monsooned Malabar AA<br />

Dall’India un trattamento per ammorbidire i toni più aspri<br />

Secoli fa, quando i chicchi di caffè venivano trasportati in Europa sulle navi, accadde un fantastico incidente. I Monsoni fecero gonfiare i chicchi di caffè,<br />

che cambiarono colore ed acquisirono un aroma intensamente invecchiato che conquistò gli intenditori. Oggi questa magia viene ricreata provocando<br />

studiatamente l’effetto <strong>del</strong> monsone sui chicchi <strong>del</strong>l’Arabica migliore per produrre un caffè specialità famosa nel mondo.<br />

Il caffè sottoposto a trattamento monsonico o chicchi di caffè “imbevuti” di umidità dall’aria, sono preparati in coltivazioni situate sulla costa occidentale<br />

<strong>del</strong>l’India <strong>del</strong> sud. Vengono stoccati in magazzini speciali, dove i venti monsonici umidi circolano intorno ai chicchi di caffè, facendoli gonfiare ed<br />

assumere un passito, invecchiato, ma aggressivo. Questo processo ingiallisce i chicchi e riduce<br />

l’acidità, provocando un’omogeneità pesante, sciroppata, che ricorda i caffè stagionati. Per<br />

preparare i caffè sottoposti a trattamento monsonico vengono utilizzati esclusivamente<br />

chicchi asciutti <strong>del</strong>le varietà Arabica e Robusta. Questi caffè sono usati principalmente<br />

miscelati per ammorbidire e conferire ricchezza a caffè più aspri e<br />

con maggiore acidità. <strong>La</strong> miglior qualità di caffè sottoposto a trattamento<br />

monsonico è il Malabar AA.<br />

Mysore Nuggets Extra Bold<br />

Questi caffè stupendi ed esotici sono preparati con varietà<br />

Arabica bagnata coltivata nelle regioni di Chikmagalur, Coorg,<br />

Biligiris, Bababudangiris e Shevaroys. I chicchi sono molto<br />

grandi, di colore verde-blu uniforme, con un aspetto levigato.<br />

Nella tazza il caffè rivela un aroma pieno, una buona<br />

corposità media, una buona acidità e un sapore piacevole,<br />

con accenni speziati. E’ una tipologia rara, pregiata e<br />

veramente rappresenta la miglior qualità di caffè indiano.<br />

Robusta Kaapi Royale<br />

Questo caffè è preparato con la tipologia Robusta<br />

Parchment AB <strong>del</strong>le regioni di Coorg, Wayanaad,<br />

Chikmagalur e Travancore. I chicchi sono robusti, rotondi<br />

con estremità appuntite, di colore che và dal grigio al<br />

verde-blu. Assicura un sapore corposo, pieno, con gusto<br />

liscio e vellutato.<br />

Pagina a cura di Edy Bieker<br />

uno dei massimi intenditori di caffè crudi.


12<br />

Frittata<br />

di rane<br />

e germogli di tarassaco<br />

Foto di Giuliano Francesconi<br />

<strong>La</strong> rubrica Arte in Tavola è a cura<br />

<strong>del</strong> Prof. Piergiorgio Casara “filosofo enogastronomo"<br />

e <strong>del</strong>la prof. Cristina Borin “docente di storia <strong>del</strong>l'arte”<br />

<strong>La</strong> presentazione è giocata sulla contrapposizione<br />

di forme naturali e forme artificiali. Le fette di<br />

frittata, tagliate a triangolo, caratterizzano la<br />

struttura visiva secondo un principio geometrico.<br />

Tuttavia, la loro collocazione leggermente spostata<br />

di lato rompe la centralità simmetrica e lascia<br />

spazio alla forma naturale dei germogli di<br />

tarassaco, bene allargati a valorizzare le linee<br />

curve e organiche. L’identità <strong>del</strong>la preparazione è<br />

suggerita dalle coscette di rana caramellate, che<br />

svelano l’ingrediente meno riconoscibile,<br />

attenuando l’effetto di sorpresa e anticipando<br />

visivamente il sapore <strong>del</strong>la frittata. L’accostamento<br />

cromatico - giallo chiaro e verde scuro - è<br />

armonizzato dal tono medio <strong>del</strong> piatto verde<br />

chiaro, che con la sua luminosità restituisce<br />

freschezza alla conserva di verdura.


Riflessioni sulla forma<br />

FORME TRASFORMATE<br />

Il più comune intervento di trasformazione consiste certamente nel tagliare o sminuzzare: le verdure, la carne, in genere gli alimenti di grandi<br />

dimensioni. Anche qui, alcune regole di base inducono a rispettare determinate modalità, al fine di salvaguardare l’integrità <strong>del</strong>l’alimento per il<br />

successivo consumo: ad esempio, è opportuno trinciare pollame e conigli agendo sulle articolazioni ossee. In ogni caso, affettando o tagliando<br />

un prodotto, soprattutto quando lo si prepara per un contorno o per una guarnizione, è preferibile conservare il più possibile la forma originaria:<br />

i funghi andranno sezionati longitudinalmente, i peperoni arrostiti saranno ridotti in falde; i broccoli e il cavolfiore saranno serviti a cimette. Mode<br />

abbastanza recenti ci hanno abituato, soprattutto nel campo <strong>del</strong>le crudità, a grattugiare i vegetali di consistenza più compatta, così nelle insalate<br />

vediamo spesso carote o zucchine a fiammifero. Si tratta di una tendenza a regolarizzare le forme per ridurre il più possibile l’intervento <strong>del</strong><br />

commensale sul cibo. E’ una questione di scelte, che andranno valutate di volta in volta. Tuttavia, è innegabile il piacere di riconoscere l’identità<br />

degli alimenti, anche se ciò comporta il piccolo sforzo di usare il coltello, peraltro sempre presente nell’apparecchiatura <strong>del</strong>la tavola. Nelle<br />

macedonie di frutta, poi, tagliare gli ingredienti in pezzi non troppo piccoli permette di distinguere i singoli sapori nell’armonia <strong>del</strong> tutto.<br />

FORME CREATE<br />

Alcuni cibi, poi, di consistenza fluida, possono essere plasmati e mo<strong>del</strong>lati a piacere: basta munirsi di contenitori e stampi che si trovano in<br />

commercio in un’ampia gamma di forme e dimensioni; al limite, sono sufficienti <strong>del</strong>le strisce di cartoncino da piegare secondo l’estro. <strong>La</strong> polenta,<br />

gli sformati e molti dolci al cucchiaio possono essere facilmente preparati entro piccoli recipienti monoporzione, da rovesciare poi sul piatto di<br />

presentazione. Altri contenitori, che risulteranno poi commestibili, possono essere costruiti mo<strong>del</strong>lando e cuocendo la pasta da pane, oppure<br />

sfoglie di <strong>formaggio</strong>, di patata o di croccante: si otterranno cestini, coppette e cornucopie adatte a servire carni in spezzatino o in umido, insalate<br />

di crudità o di legumi, composte di frutta. Le terrine e gli sformati con carni, pesce, formaggi e verdure possono essere preparate entro stampi<br />

di forme diverse: una volta tagliate a fette, riveleranno la composizione e il colore degli ingredienti e avranno, sul piatto, forme piacevoli e<br />

regolari, anche perfettamente geometriche.<br />

BISCOTTI CASERECCI CON CONFETTURA DI CACHI<br />

I biscotti, l’elemento principale <strong>del</strong>la<br />

preparazione, sono collocati al bordo <strong>del</strong> piatto,<br />

leggermente sormontati: in questo modo non<br />

riempiono la superficie <strong>del</strong> supporto e non<br />

bloccano, con una posizione dominante, l’intera<br />

struttura visiva. Viene così valorizzata la<br />

confettura di cachi, qui conformata a stella per<br />

mezzo di un semplice stampino, ma gradevole<br />

anche se disposta a macchia. Piccoli segni chiari<br />

e scuri spezzano le superfici troppo unite: le<br />

scaglie di mandorla e le uvette; queste ultime<br />

hanno anche la funzione di aprire la<br />

composizione verso l’esterno. <strong>La</strong> gamma<br />

cromatica è armonica, su tonalità calde; il<br />

colore grigio chiaro <strong>del</strong> piatto, col suo tono<br />

medio, valorizza tutti gli ingredienti addolcendo<br />

i contrasti di chiaro e scuro. Il piccolo fuoco<br />

visivo <strong>del</strong>la cucchiaiata di ribes rosso acceso<br />

attira l’attenzione e interviene a movimentare<br />

la struttura percettiva.<br />

Arte in tavola<br />

Confettura di cachi<br />

Ingredienti<br />

• 1 kg di cachi “ragno” ben sodi e dolci<br />

• 700 gr di zucchero<br />

• qualche stecca di cannella o baccello di<br />

vaniglia<br />

• 1 bicchierino di rum<br />

<strong>La</strong>vare i cachi, assaggiare ogni frutto per<br />

verificare che non sia troppo astringente<br />

(eventualmente eliminare i frutti inadatti),<br />

tagliare a pezzi la polpa sbucciata, eliminare i<br />

semi e collocare il tutto in una casseruola con lo<br />

zucchero. Portare a ebollizione e far cuocere<br />

fino a che la confettura risulti densa e vellutata<br />

(circa 30 minuti). Qualche minuto prima di<br />

togliere dal fuoco, aggiungere la cannella intera<br />

o la vaniglia. Invasare la confettura bollente,<br />

ricoprire con un filo di rum e chiudere ermeticamente.<br />

Conservare in luogo fresco e asciutto,<br />

possibilmente buio.<br />

Sandra De Lucia<br />

13


Il Cocktail<br />

<strong>del</strong> mese<br />

14<br />

Associazione Italiana Barman e Sostenitori Sez. di Ve.<br />

Vincitore al concorso Adria Barman<br />

Cocktail Competition<br />

Fiera tecno Bar e Food - Padova<br />

Raspberries field<br />

Composto da:<br />

2,5 cl grappa di prosecco<br />

Carpenè Malvolti<br />

2 cl Vermouth bianco Martini<br />

1,5 cl Galliano<br />

1 cl Raspberry bols<br />

Preparazione:<br />

Shakerare e servire in doppia<br />

coppetta e decorare con vaniglia e<br />

fiore di rapa.<br />

A cura di:<br />

Mainero Patrizia<br />

A. Bar Bounty<br />

Thiene


ALLA SCOPERTA DEL WHISKY A TAVOLA<br />

Al ristorante 5sensi di Malo una degustazione verticale<br />

di Whisky Caol Ila<br />

abbinata a piatti vicentini<br />

È di certo un viaggio quello proposto dal ristorante “5sensi” di Malo. Viaggio, perché i profumi <strong>del</strong><br />

whisky rimandano subito alla Scozia: al torbato dei boschi, al salmastro <strong>del</strong> mare. Viaggio, perché<br />

abbinare una verticale di whisky a piatti <strong>del</strong> territorio vicentino è un’esperienza sensoriale nuova,<br />

che porta a scoprire nuove concordanze gustative. Viaggio, perché al ritorno – come da tutti i<br />

viaggi importanti – ci si sente un po’ cambiati.<br />

Grazie alla creatività e al coraggio di sperimentare di Morgan Pasqualin <strong>del</strong> ristorante “5sensi”<br />

cambia l’idea che il Whisky debba essere relegato a fine pasto e non possa essere un giusto<br />

complemento a tavola. Questo in base alla tradizione scozzese di diluire una parte di distillato con<br />

tre di acqua naturale.<br />

E che whisky, perché stiamo parlando di Caol Ila, un Single Malt prodotto ad Islay, isola nel nord <strong>del</strong>la Scozia con 3500 abitanti e 9 distillerie.<br />

Dopo un aperitivo a base di whisky curato da Renato Cumerlato, la cena si apre con un duetto di schiacciate di patata di Rotzo. Una proposta<br />

con salmerino fumé, le sue uova e chips di mela; l’altra con carne salada di Asiago e mandorla Pizzuta di Avola. L’abbinamento è realizzato<br />

con il Caol Ila 12 anni, in cui spicca potente il torbato e la nota salmastra.<br />

Il primo piatto è una <strong>del</strong>iziosa zuppa d’orzo allo speck e mirtilli, con profumo di arancia e pecorino Macomer. Qui si accosta il Caol Ila 18<br />

anni, in cui il torbato svanisce nei profumi per riemergere nel retrogusto insieme a note floreali e fruttate.<br />

Seguono tre versioni di cervo: carrè con composta di cavolo rosso e the; hamburger con cipolle rosse e goulash alla liquirizia. <strong>La</strong> dolcezza<br />

<strong>del</strong>la carne di cervo esalta l’abbinamento con il Caol Ila 12 anni Cask, dalla gradazione naturale di 63,5 gradi. Caldo e avvolgente.<br />

Si gusta in purezza invece il Caol Ila 25 anni che restituisce spiccate note fruttate e sentori di tabacco e vaniglia. Accompagna<br />

la degustazione di tre versioni <strong>del</strong>l’Asiago di Fossa Tanzerloch. Un prodotto che nasce dalla felice intuizione di<br />

Renato Novello e Flavio Costa di recuperare la tradizione di infossare i formaggi, risalente sull’altopiano al<br />

quindicesimo secolo. Si potrà trovare solo nei migliori ristoranti con il nome di Formaggio d’autore, in onore<br />

<strong>del</strong>l’amico pittore Gerry Lunardi.<br />

<strong>La</strong> conclusione è affidata ad un mantecato alle nocciole piemontesi con tortino al cacao, su cui spicca ancora<br />

il Caol Ila 25 anni.<br />

“Non c’è innovazione senza tradizione” spiega Morgan Pasqualin, titolare <strong>del</strong> “5sensi” insieme alla moglie<br />

Luciana e alla cognata Antonella. “<strong>La</strong>vorando molto all’estero ho imparato a sperimentare, ma mi sono<br />

reso conto che tutto deve partire dal patrimonio culinario <strong>del</strong> territorio che ci appartiene”. Da qui è nata<br />

la filosofia che anima il 5sensi, quella <strong>del</strong> cibo come un’esperienza a tutto tondo, che dal gusto si<br />

spinge a sublimare gli altri quattro sensi: olfatto, vista, tatto, udito.<br />

Michele Bertuzzo


16<br />

Il Torcolato è il vino dolce di Breganze ottenuto da una sapiente scelta e da una estrema cura dei grappoli<br />

di uve di vespaiola per l’85% con il restante tocai e pedevenda. Per appassire vengono attorcigliati (intorcolà) a<br />

degli spaghi in ambiente arieggiato. Solo i grappoli migliori, i più spargoli, vengono raccolti per l’appassimento. È<br />

dopo Natale che il dolce Torcolato viene finalmente consacrato in vino. <strong>La</strong> produzione è limitata, sia per la scarsa<br />

resa, sia per la cura tipicamente artigianale che questo vino richiede.<br />

Il Torcolato viene prodotto a Breganze sin dal Quattrocento, quando la Repubblica Serenissima di Venezia conquista<br />

il Veneto e con esso l’alto vicentino, trasferendo ingenti capitali e risorse umane per modificare il paesaggio. Si<br />

costruiscono le prime ville attorno alle quali si articola una efficiente azienda agricola dove vengono piantate le viti<br />

portate da terre conquistate e si potenziano le vie fluviali <strong>del</strong> vicentino per agevolare l’arrivo <strong>del</strong> vino a Venezia. Il<br />

vespaiolo viene così appassito all’aria per la produzione di vino dolce, come è citato in varie pubblicazioni <strong>del</strong><br />

‘600/’700 “Dolce Vespaiolo… liquore sopraffino che si fabbrica a Breganze”. Solo verso la fine <strong>del</strong>l’ottocento il vino<br />

dolce di Breganze o dolce vespaiolo viene chiamato Torcolato per il modo in cui vengono poste ad<br />

appassire le uve, ossia attorcigliate a degli spaghi così da formare il rosolo che viene<br />

appeso alle travi <strong>del</strong>le soffitte.<br />

Il Torcolato ha il colore <strong>del</strong>l’oro, dall’aroma intenso di mela cotta, miele, albicocca,<br />

uvetta, datteri e frutta secca; si presenta in bocca ampio, lungo e avvolgente.<br />

<strong>La</strong> freschezza conferita dall’uva vespaiola va a fondersi con la dolcezza<br />

ottenuta dall’appassimento e rende questo vino elegante e non<br />

stucchevole. È eccellente anche da solo, ma ben si sposa<br />

con formaggi erborinati o molto saporiti; a fine pasto esalta<br />

la piccola pasticceria, i dolci secchi e il Torcolone.<br />

Foto Stella Il Torcolone è il Panettone<br />

di Natale arrichito con il<br />

vino Breganze doc Torcolato<br />

di Firmino Miotti.<br />

Il vero segreto <strong>del</strong> Torcolone sta<br />

nell’uvetta lasciata a riposare nel<br />

Torcolato così da conferire al<br />

Panettone gli aromi tipici di questo<br />

vino ottenuto da una sapiente<br />

scelta e da una estrema cura dei<br />

grappoli di uve pregiate poste ad<br />

appassire in ambiente arieggiato<br />

fino a Natale. <strong>La</strong> produzione <strong>del</strong><br />

Torcolato è limitata sia per la<br />

scarsa resa sia per la cura<br />

tipicamente artigianale che questo<br />

vino richiede. Si consiglia di<br />

portare il Torcolone a temperatura<br />

ambiente 2 ore prima di<br />

consumarlo e di accompagnarlo<br />

con il Torcolato di Firmino Miotti.<br />

Il Torcolato


18<br />

Le composte di Montorso<br />

Sapori di una tradizione antica<br />

L’ 8/9/10 dicembre i “Coghi Veneti” invitano in Villa da Porto di Montorso per la mostra dei<br />

prodotti tipici <strong>del</strong>la Valle <strong>del</strong> Chiampo, dove assistere a rappresentazioni in costume <strong>del</strong> metodo<br />

tradizionale di preparazione <strong>del</strong>le “composte di Montorso”.


Le “composte” è un piatto che difficilmente si colloca<br />

nel panorama gastronomico italiano a causa <strong>del</strong>la loro<br />

(pur limitata nel caso di quelle di Montorso) acidità.<br />

Infatti nella nostra cucina prevalgono i gusti dolce e salato e poco spazio<br />

è sempre stato dato ai piatti dal gusto prettamente acido.<br />

Il cavolo-verza (brassica oleracea sabauda) è una pianta appartenente<br />

alla famiglia <strong>del</strong>le crocifere che si differenzia dal cavolo cappuccio per<br />

le foglie grinzose increspate e bollose, dal colore verde scuro, quasi<br />

violaceo (da qui il nome moretta) con nervature prominenti. Crescendo<br />

le foglie interne si addensano e formano una palla irregolare molto<br />

compatta, che a causa <strong>del</strong>la scarsa quantità di luce rimane tenera e<br />

assume una colorazione bianco-giallastra. Una pianta biennale dallo<br />

scarso apporto proteico ma ricca di vitamina A e C, con un notevole<br />

apporto di magnesio, ferro, fosforo e potassio. Molto conosciuta ed<br />

apprezzata fin dal tempo dei Romani, che la diffusero in tutto l’impero,<br />

rendendola assieme ai broccoli l’ortaggio invernale per eccellenza grazie alla<br />

resistenza al clima rigido, l’adattabilità a tutti i tipi di terreno e l’impagabile capacità<br />

di fornire verdura fresca quando tutti gli altri vegetali erano a riposo.<br />

A circa 20km ad ovest di Vicenza, ove il torrente Chiampo sbocca nella pianura vicentina,<br />

sorge Montorso, qui, come in tutto il vicentino, le verze costituivano la riserva di verdura fresca più importante<br />

durante l’inverno.<br />

Con l’arrivo <strong>del</strong>la brutta stagione le verze coltivate nel campo venivano trapiantate negli orti vicino a casa per proteggerle meglio dal<br />

freddo ed averle a portata di mano. Solo le piante più sane e rigogliose venivano trapiantate, mentre con quelle danneggiate o<br />

rovinate si realizzavano le composte.<br />

Le composte nascono dall’esigenza di consumare anche quelle verze che, se cotte tradizionalmente non<br />

sono commestibili, poiché dure e senza “cuore”.<br />

Quella di trasformare le verze in composte era una pratica esclusivamente famigliare oramai in disuso, parte di quella cucina povera<br />

che faceva di necessità virtù. Qui, per la loro conservazione e aromatizzazione non si usava l’aceto come di consueto, ma la graspia:<br />

un vinello ottenuto dalle vinacce torchiate, bevuto durante l’inverno per risparmiare il vino buono che spesso veniva venduto.<br />

L’uso <strong>del</strong>la graspia, al posto <strong>del</strong>l’aceto, conferisce un’acidità particolare, che le diversifica dalle altre, grazie al sapore meno intenso<br />

ed acido.<br />

Le verze (meglio se hanno subito una buona gelata) vengono raccolte e mondate dalle foglie troppo rovinate da gelo e parassiti;<br />

quindi, a seconda <strong>del</strong>le dimensioni, vengono tagliate in due o quattro parti e scottate in un liquido composto di nove parti di acqua<br />

salata ed una di graspia.<br />

Dopo essere state ben scolate e raffreddate si dispongono a strati in un barile aggiungendo <strong>del</strong> sale grosso tra uno strato e l’altro.<br />

In alcune preparazioni, vista la scarsa acidità <strong>del</strong>la graspia, possono essere aggiunti <strong>del</strong>l’aglio e qualche chiodo di garofano:<br />

ingredienti che con le loro proprietà di antisettici naturali, oltre a fungere da aromatizzante, inibiscono la formazione di muffe.<br />

Si termina con uno strato di foglie grandi distese a copertura e si appone un coperchio di legno, che entri nel recipiente, sul quale<br />

vengono adagiati dei pesi.<br />

Infine si versa la graspia fino a coprire abbondantemente le verze; si copre tutto con un coperchio non stagno e si lascia macerare<br />

per quaranta giorni.<br />

Al termine <strong>del</strong>la macerazione si possono gustare come vuole la tradizione a contorno <strong>del</strong> musetto, preparate in pa<strong>del</strong>la con aglio,<br />

cipolla e pancetta, con una lunga cottura sofegà.<br />

Roberto Gasparin<br />

19


Rotolino<br />

da Porto<br />

20<br />

Preparazione<br />

Preparate la pasta sfoglia secondo la ricetta<br />

tradizionale e con l’aiuto <strong>del</strong> matterello formate un<br />

rettangolo di circa 20 cm per 30. In una terrina<br />

mettete le composte tagliate a pezzetti, unitevi la<br />

ricotta, il parmigiano, un tuorlo, sale, pepe, un pizzico<br />

di noce moscata e amalgamate bene.<br />

Disponete il composto lungo il lato lungo <strong>del</strong>la pasta,<br />

fategli assumere la forma di salame quindi avvolgetelo<br />

con la pasta, arrotolandola.<br />

Imburrate una teglia da forno, deponetevi il<br />

rotolino, spennellatelo con l’altro tuorlo e infornate<br />

a 180° per 30-35 minuti.<br />

In una casseruola mettete il burro, fatelo<br />

fondere lentamente, incorporate la farina e<br />

fatelo cuocere per 2 minuti.<br />

Ritirate e fate raffreddare.<br />

Dosi per 10 persone<br />

700g di pasta sfoglia<br />

300g di Ricotta fresca<br />

150g di composte<br />

50g di Parmigiano<br />

100g di Asiago<br />

150cl di latte<br />

30g di farina bianca<br />

20g di burro<br />

2 tuorli<br />

sale, pepe, noce moscata<br />

Aggiungete il latte e l’Asiago tagliato a dadini, portate ad ebollizione e cuocete per<br />

5 minuti a fuoco lento, mescolando in continuazione per evitare che si formino<br />

grumi.<br />

Togliete dal forno il rotolino ben dorato, lasciatelo riposare per qualche minuto e<br />

tagliatelo a fette.<br />

Spalmate al centro <strong>del</strong> piatto da antipasto un po’ di crema di Asiago, adagiatevi la<br />

fetta di rotolino e date una leggere grattuggiata di noce moscata, quindi servite caldo.<br />

El crinto in cusina<br />

Per una volta protagonista nel piatto<br />

Una serata dedicata a el crinto in cusina è stata “sperimentata” da Nori Marzio <strong>del</strong> Ristorante “Giulietta e Romeo” di<br />

Montorso Vicentino, in collaborazione con l’associazione Coghi Veneti. Un gruppo di amici con la passione per la cucina<br />

tipica <strong>del</strong>la tradizione storico-veneta, con l’intento di riscoprire e far riscoprire i cibi dei nostri veci, e di salvare quelli<br />

che oramai sembrano destinati all’estinzione. Come primo obiettivo si sono prefissati di far conoscere un prodotto<br />

tipico locale: “Le composte di Montorso”. Un gruppo desideroso di coinvolgere altri colleghi alla riscoperta dei “cibi di<br />

ieri per genti di oggi”.<br />

Nonostante la presenza di numerose personalità non si è trattato di una serata di gala, ma più semplicemente di un<br />

incontro conviviale, per valutare, conoscere e gustare alcuni piatti preparati con il crinto. Dalle piacevolissime elaborazioni tradizionali a piatti<br />

innovativi e di ricerca, non sono certo mancate <strong>del</strong>le provocazioni utili ad affinare il palato e metterlo in discussione. L’abbinamento dei vini è<br />

stato curato dall’azienda agricola “<strong>La</strong> Vignaga di Chiampo”, che ha proposto i “suoi” vini lavorati in purezza; accostamenti che hanno fatto scuola<br />

a tutti i presenti.<br />

Sapori qualche volta difficili e dimenticati dal nostro palato, che hanno fatto la storia <strong>del</strong> nostro passato. Affinché le tradizioni ci accompagnino<br />

anche nel futuro.


“A cena col campione.....”<br />

Incontro a tavola con gli sportivi vicentini<br />

Lerry Broccardo per vivere fa i salti mortali. Nel vero senso <strong>del</strong>la parola.<br />

Vive a Cornedo ed ha una grande passione: i tuffi. Dal trampolino e dalla<br />

piattaforma. Una passione iniziata ad un’età che non ti permette di<br />

diventare un professionista, un atleta <strong>del</strong>la nazionale, per interderci, ma<br />

a Lerry questo non importa. Lo fa con grande passione e dedizione, due<br />

qualità che in questi anni gli hanno permesso di vincere allori, titoli<br />

nazionali ed internazionali nella categoria Master.<br />

Elencarli tutti non basterebbe questa pagina, ricordiamo i più recenti: la<br />

medaglia di bronzo ai Mondiali in California dal trampolino 36 metri e<br />

quella d’argento dalla piattaforma.<br />

<strong>La</strong>rry lavora nel campo <strong>del</strong>l’immobiliare, ma quando inizia la nostra<br />

intervista ci spiazza tutti: “Come me la cavo in cucina? Bene, anche<br />

perché ho fatto l’Alberghiero. Cucina e sala bar.”<br />

- Allora la mettiamo alla prova: ci prepari un cocktail per <strong>Gustolocale</strong>? -<br />

“ Un bel White <strong>La</strong>dy che può essere bevuto a tutte le ore. Gin, succo di<br />

Limone e Cointreau.”<br />

- E dai fornelli cosa ci preparerebbe? -<br />

“Iniziamo dall’antipasto con polenta, sopressa e purea con porcini. Poi<br />

lasagne con porcini al sugo rosso e per finire una tagliata con verdure alla<br />

griglia e patate al forno. Il tutto con un bel Rabosello.”<br />

- Invece quando si allena qual’è l’alimentazione che segue? -<br />

“Cerco di avere una dieta composta da molte proteine e carboidrati,<br />

quindi riso, carne bianca e pesce. <strong>La</strong> colazione dev’essere abbondante e<br />

ricca di cereali. Quando non mi alleno mantego comuqnue una dieta<br />

equilibrata per mantenere il tono muscolare.”<br />

- Ma quando terminerà la carriera di tuffatore, riprenderà l’attiva dei<br />

fornelli? -<br />

“Vedremo, avevo già iniziato a fare il barman, ma quel lavoro non mi<br />

lasciava spazio per gli allenamenti. In futuro non so...”<br />

Lerry Broccardo<br />

di Paolo Terragin<br />

21


22<br />

Il Vino<br />

<strong>del</strong> mese<br />

a cura di Gianni Genovese - ENOGAMMA - Via S.Simeone, 32 - 36016 THIENE<br />

Centopercento Corvina i.g.t. veneto 2004<br />

Dall’uva Corvina in purezza, un leggero, schietto e pulito<br />

“veronese” che si presta alla tavola di tutti i giorni<br />

Ogni mese l’inserto <strong>del</strong>la<br />

<strong>La</strong> <strong>strada</strong> <strong>del</strong> <strong>formaggio</strong><br />

da staccare e conservare<br />

È un nuovo vino che solo da qualche<br />

mese il produttore, le Vigne di San<br />

Pietro, ha immesso nel mercato con<br />

l’intento di fare assaggiare una Corvina<br />

in purezza, con caratteri di personalità e<br />

leggerezza, da farne un vino “da bere” e<br />

non “da concorso”.<br />

Sostituisce concettualmente, per<br />

semplicità e struttura, il Bardolino che<br />

l’Azienda non produce più da anni. Il<br />

nome vuol indicare con immediatezza la<br />

presenza di una sola uva, la Corvina,<br />

che è molto diffusa in provincia di<br />

Verona, dove costituisce la materia<br />

prima dei famosi vini, quali ad esempio<br />

il Recioto.<br />

È un vino rosso semplice e profumato, prodotto utilizzando le vigne giovani dei nuovi<br />

impianti, riproducendo cloni selezionati di vecchie vigne.<br />

L’Azienda Produttrice<br />

Le Vigne di San Pietro è una piccola azienda agricola di 10 ettari, sita nel comune di Sommacampagna, adagiata su dolci declivi che separano il<br />

lago di Garda da Verona, immersa in una lussureggiante vegetazione e contornata di vigneti.<br />

<strong>La</strong> conduce Carlo Nerozzi la cui passione per l’attività di vignaiolo s’interseca profondamente con la volontà di salvaguardia e promozione <strong>del</strong><br />

territorio, nella ricerca di una coltura che riguardi, oltre alla realtà viticola, tutto il territorio veronese. Non interviene sul processo biologico <strong>del</strong>la<br />

pianta o nelle tecniche di cantina se non per ottimizzare i caratteri organolettici <strong>del</strong> frutto e <strong>del</strong>la sua trasformazione, ricorrendo all’indispensabile,<br />

con uso di tecnologie prevalentemente meccaniche, non distruttive. Ha abbandonato la lavorazione <strong>del</strong> terreno per lasciare il prato. Tale scelta<br />

consente alla vite di sviluppare in modo naturale l’apparato radicale anche negli strati superficiale <strong>del</strong> terreno.<br />

<strong>La</strong> potatura invernale viene effettuata in modo energico ed accurato, scegliendo ceppo per ceppo il numero di gemme da lasciare. I tralci potati<br />

vengono sminuzzati e lasciati sul terreno per arricchire ulteriormente la parte organica che in primavera verrà integrata con modeste quantità di<br />

fertilizzante minerale. Dopo la fioritura si provvede all’eliminazione dei grappoli in eccesso.<br />

I suoi vini quali Bardolino Chiaretto, il Bianco di Custoza e il Refolà, sono nella loro semplicità prodotti con costante ed affidabile perizia, in modo<br />

da risultare veramente di buon livello, eleganza, leggerezza e bevibilità.<br />

a cura di Emilio Nizzero<br />

<strong>del</strong>egato provinciale O.N.A.F.<br />

Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Formaggio<br />

SCHEDA TECNICA<br />

-Vitigno-<br />

Corvina 100 %<br />

-Colorerosso<br />

rubino brillante, non molto carico<br />

-Profumovinoso,<br />

<strong>del</strong>icato, fruttato, fragrante, suadente<br />

-Saporefresco,<br />

asciutto, sapido<br />

con leggera vena amarognola<br />

-Alcool-<br />

11,5 %<br />

-Abbinamento Gastronomico-<br />

Servito alla temperatura di 15 – 16° C<br />

è indicato con risotti e pastasciutte,<br />

con umidi di carni bianche.<br />

NEL PROSSIMO NUMERO:<br />

- Torrebelvicino<br />

- Santorso<br />

- Valdastico


<strong>La</strong> <strong>strada</strong> <strong>del</strong> <strong>formaggio</strong><br />

Trissino<br />

Abitanti: 7.803; superficie:22 kmq.; altitudine: 127<br />

mt.s.l.m.; distanza da Vicenza: 20 km.;<br />

frazioni: Lovara,S.Benedetto,Selva.<br />

Comuni limitrofi: Castelgomberto, Montecchio Maggiore,<br />

Arzignano, Nogarole Vicentino, Brogliano.<br />

Trissino sorge all’imbocco <strong>del</strong>la vallata <strong>del</strong>l’Agno,lungo la statale “246” al vertice di un triangolo che ha<br />

due angoli gli importanti centri di Arzignano e Montecchio Maggiore.<br />

Recentissimi ritrovamenti hanno portato nuove prove alla tersi che sostiene un insediamento umano<br />

in epoca antichissima.<br />

Durante gli scavi per l’ampliamento <strong>del</strong> cimitero a ridosso <strong>del</strong>le mura <strong>del</strong> castello medievale si è<br />

scoperto un villaggio paleoveneto risalente a 500-1000 anni avanti Cristo,abitato dall’antica<br />

popolazione dei Veneti.<br />

Sull’origine <strong>del</strong> nome vi sono opinioni assai diverse:è suggestiva quella che vuole far discendere il<br />

nome da leggendarie antiche popolazioni <strong>del</strong>la valla <strong>del</strong>l’Agno, i “ Drepsinates” ,appunto ,organizzate<br />

in varie comunità che avrebbero abitato le vallate alpine centro orientali <strong>del</strong> Veronese,dedite per lo più<br />

alla pastorizia e al brigantaggio. Il nome Trissino sarebbe quindi precedente a quello <strong>del</strong>l’omonima<br />

famiglia,i Trissino,appunto, che l’ebbero in feudo nel XII secolo e ne conservarono il possesso fino al<br />

secolo XVIII.<br />

Sotto il profilo economico il comune di Trissino è ricco di insediamenti artigianali e industriali,mentre<br />

gli addetti all’agricoltura è in forte calo ma ciò nonostante questa attività non ha perso di importanza;essa si è andata costituendo soprattutto<br />

come attività che fornisce un reddito complementare al reddito prodotto dal lavoro nell’industria.<br />

Da visitare:<br />

Villa Trissino Centomo (XV<br />

secolo),Villa Trissino Panensacco<br />

Guerrato (XVII secolo),Villa Trissino<br />

Porto-Marzotto (XV secolo),Villa “la<br />

Colombara”Trissino –Marzotto (XVI<br />

secolo),Villa Caliari Bassani Dalle<br />

Ore Buffa (XVII secolo).<br />

<strong>La</strong>tteria Sociale di Trissino<br />

Già esistente dal 1901 come società di fatto,la <strong>La</strong>tteria Sociale di Trissino è una società iscritta al<br />

registro Ditte dal 1925.<br />

Si è costituita in cooperativa a responsabilità limitata nel 1964.<br />

Negli anni successivi il 1973 ,anno di costruzione <strong>del</strong> nuovo stabilimento di trasformazione, si sono<br />

avute numerose fusioni per incorporazione <strong>del</strong>le latterie limitrofe:<br />

<strong>La</strong>tteria sociale di Brogliano,<strong>La</strong>tteria Sociale di Bovara,<strong>La</strong>tteria Sociale di Madonnetta di Arzignano<br />

<strong>La</strong>tteria Sociale di Quargnenta di Brogliano( in fase di accorpamento).<br />

Attualmente è composta da 75 soci ,35 dei quali residenti nel comune di Trissino.<br />

Il latte lavorato in media giornalmente nell’anno 2000 è stato di 90 quintali.<br />

Dalla trasformazione <strong>del</strong> latte si ottiene formaggi di tipo Asiago d’Allevo D.O.P. per un totale annuo di<br />

29.000 forme circa.<br />

<strong>La</strong> distribuzione di tale produzione avviene per mezzo di grossisti <strong>del</strong>la zona e al dettaglio attraverso<br />

i due punti vendita,uno sito nel Comune di Trissino ed il secondo nel Comune di Arzignano.<br />

17


18<br />

<strong>La</strong> <strong>strada</strong> <strong>del</strong> <strong>formaggio</strong><br />

Altavilla<br />

Vicentina<br />

Primo documento storico su Altavilla Vicentina è la citazione in un privilegio <strong>del</strong>l’imperatore Ottone III datato all’anno Mille.<br />

Nel 1221 il privilegio fu rinnovato da Federico II in favore <strong>del</strong> Vescovo Vicentino Zimberto, con riferimento particolare al castello che si trova<br />

sul colle di Sant’Urbano, sovrastante l’odierna chiesa parrocchiale.<br />

E qui, sulla sommità <strong>del</strong> colle che guarda verso la pianura vicentina e i vicini colli di Sovizzo e Montecchio, che si stabilirono in epoca remota i<br />

primi abitanti <strong>del</strong> territorio di Altavilla, in un punto protetto sia dalle inclemenze <strong>del</strong>la natura, e dalle piene <strong>del</strong> Rettone in particolare, sia da<br />

eventuali attacchi di genti ostili. Proprio le vestigia <strong>del</strong> castello dato al Vescovo Zimberto presero il nome di “rocca” rimasto tradizionale per la<br />

zona.<br />

Da visitare: Villa Valmarana Morosini, edificata nella prima metà <strong>del</strong> ‘700 su progetto di Francesco Mattoni è oggi sede <strong>del</strong> Cuoa, Centro<br />

Universitario Organizzazione Aziendale, famoso in tutto il mondo per i Master e i corsi che si svolgono per formazione di quadri aziendali di alto<br />

livello.<br />

Caseificio “L’arte casearia”<br />

Nato attorno all’anno 1951 come Cooperativa produttori latte S Antonio Abate il caseificio è stato rilevato nel 1962 dal signor<br />

Battistin Francesco e nel 1986 ha preso l’attuale denominazione.<br />

Il 90% <strong>del</strong> latte, proveniente dai comuni e frazioni limitrofi il comune di Altavilla (Gambugliano, Sovizzo, Monteviale), viene<br />

trasformato in Asiago pressato D.O.P. il rimanente 10 %<br />

In stracchino, tosella, caciotta destinati allo spaccio annesso al caseificio. Si produce inoltre burro e ricotta. <strong>La</strong> famiglia Battistin<br />

svolge la professione casearia da ben 4 generazioni.<br />

Tosella<br />

Abitanti: 9.467; superficie: 16.61 kmq.;<br />

distanza da Vicenza: 7,5 km;frazioni: Valmarana, Tavernelle.<br />

Comuni limitrofi: Sovizzo, Creazzo, Vicenza, Arcugnano, Brendola, Montecchio Maggiore.<br />

Si porta il latte intero appena munto a circa 38-39 gradi e si aggiunge caglio in polvere.<br />

Coagula in 15-20 minuti, quindi si taglia la cagliata, si fa asciugare scaldandola leggermente e si lascia riposare per altri 10 minuti circa. Dopo<br />

queste operazioni, la massa viene messa in stampi di forma rettangolare ( o di forma variabile) ed è pronta al consumo. Non si effettua alcuna<br />

salatura.<br />

E’ un prodotto da consumarsi freschissimo.<br />

Caratteristiche <strong>del</strong> <strong>formaggio</strong>:<br />

forma variabile, crosta assente, pasta morbida ed elastica intrisa di siero e di colore bianco.<br />

Etimologicamente significa <strong>formaggio</strong> da “ tosare”, operazione cui deve essere sottoposto prima di essere messo in forma. Si consuma solitamente<br />

cotto in pa<strong>del</strong>la con burro fresco e un po’ di sale.


<strong>La</strong> <strong>strada</strong> <strong>del</strong> <strong>formaggio</strong><br />

Schio<br />

Schio sorge allo sbocco <strong>del</strong>la Val Leogra , a metà <strong>strada</strong> tra Vicenza e Rovereto,lungo la statale 46 <strong>del</strong> Pasubio. A Vicenza la città è collegata anche con la<br />

linea ferroviaria Schio- Thiene-Vicenza, mentre i collegamenti con le rete auto<strong>strada</strong>le avvengono con i vicini caselli di Piovene o Thiene <strong>del</strong>l’auto<strong>strada</strong><br />

Valdastico.<br />

Oltre il torrente Leogra su una terrazza si estende il territorio <strong>del</strong>la frazione di Magrè. Altre frazioni sono Monte<br />

Magrè e Cà Trenta.<br />

Chiuso tra il Novegno e il Summano , a quote variabili tra i 500 e i 1000 metri si colloca l’Altopiano di Tretto<br />

con le grosse frazioni di Santa Caterina, Sant’Ulderico e di San Rocco.<br />

Nel comune di Schio le prime tracce <strong>del</strong>l’uomo risalgono al Paleolitico superiore. Area di insediamento<br />

preistorico e di rilevante interesse archeologico è il territorio di Magrè. Il toponimo di Schio è la risultante di<br />

una lunga evoluzione <strong>del</strong>l’antico termine “Escletum” (bosco di querce) in “Ascledum” e successivamente in<br />

“Scledum”.<br />

Da visitare<br />

Palazzo Toaldi-Capra;Ospedale <strong>del</strong> Baratto, Palazzo dei Canarini, nei dintorni: Villa Capra, Villa Barettoni, Casa<br />

dei Trenta. Interessante è la visita <strong>del</strong>l’archeologia industriale di Schio: dei circa 100 lanifici di scarso rilievo<br />

architettonico sorti a Schio tra il Settecento e l’Ottocento lungo la roggia maestra, restano ora tre importanti<br />

monumenti.<br />

Il più antico è il <strong>La</strong>nificio Conte. Lo stabilimento conserva il suo aspetto ottocentesco,con impiego <strong>del</strong> sasso a<br />

vista all’esterno come materiale primario. Accanto alla fabbrica si sviluppa la parte padronale <strong>del</strong>la proprietà<br />

Conte.<br />

Monumentale è invece l’ingresso <strong>del</strong>lo stabilimento intitolato a Francesco Rossi,fondatore <strong>del</strong>l’omonimo<br />

<strong>La</strong>nificio. L’attigua e più famosa Fabbrica Alta eretta nel 1862 da un ignoto architetto.<br />

<strong>La</strong>tterie Vicentine Scarl<br />

Abitanti: 37.417; superficie: 224 kmq.<br />

Comuni limitrofi: Zanè, Marano Vicentino, San Vito di Leguzzano, Monte di Malo,<br />

Valdagno, Torrebelvicino, Santorso.<br />

<strong>La</strong> società è sorta nel marzo <strong>del</strong> 2001 per avvenuta fusione tra la ex COOP. Produttori <strong>La</strong>tte Schio e Alvi Cooperativa <strong>La</strong>tte Alto Vicentino:<br />

Il latte crudo viene conferito esclusivamente dagli associati (circa 900 aziende agricole) e viene lavorato nei tre stabilimenti produttivi ubicati<br />

nel territorio <strong>del</strong>la provincia.<br />

Nello Stabilimento di Schio (sede amministrativa) si produce esclusivamente <strong>formaggio</strong> Asiago D.O.P. nelle due tipologie Asiago Pressato e<br />

Asiago d’Allevo.<br />

Nello stabilimento di Bassano viene pastorizzato e confezionato il latte fresco nelle tre tipologie. Fresco Intero, Fresco Parzialmente scremato<br />

e Fresco Alta Qualità. Nello stesso stabilimento viene inoltre prodotto il Grana Padano.<br />

Nello Stabilimento di Bressanvido vengono prodotti i formaggi freschi quali Asiago Pressato, Tosella, Frescodì e un <strong>formaggio</strong> a media stagionatura<br />

denominato “Ponte Vecio”.<br />

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20<br />

<strong>La</strong> <strong>strada</strong> <strong>del</strong> <strong>formaggio</strong><br />

Schio<br />

Frescodì.<br />

Tipologia.<br />

E’ un <strong>formaggio</strong> prodotto con latte vaccino intero, pastorizzato, a pasta<br />

cruda.<br />

Il latte appena giunto in caseificio viene stoccato in contenitori di<br />

acciaio e raffreddato.<br />

Quindi viene pastorizzato e dopo un nuovo raffreddamento viene<br />

aggiunto il latto-fermento e il caglio di vitello. A caseificazione<br />

avvenuta si procede ad un primo taglio <strong>del</strong>la cagliata.<br />

Dopo un breve riposo <strong>del</strong>la cagliata nel siero questo viene aspirato,e<br />

successivamente si procede ad un secondo taglio. <strong>La</strong> salatura avviene<br />

Le Terre Bianche<br />

Scamosciato <strong>del</strong> Tretto<br />

Prende il nome dalla razza <strong>del</strong>le capre e dal<br />

territorio in cui viene prodotto.<br />

E’ un <strong>formaggio</strong> a pasta tenera, ottenuto dal latte<br />

di capre in purezza, crudo, intero.<br />

<strong>La</strong> coagulazione presamica si ottiene a<br />

temperatura di 40°C.<br />

<strong>La</strong> cagliata dopo la rottura a nocciola viene posta<br />

negli stampi senza interventi meccanici.<br />

Viene stagionato per circa 2 mesi durante i quali<br />

sulla crosta si sviluppano muffe naturali.<br />

<strong>La</strong> pasta compatta si presenta di colore avorio<br />

con leggera occhiatura meccanica, il gusto è<br />

deciso, con profumazioni di erbe di montagna.<br />

<strong>La</strong> forma è rotonda con diametro di circa 15<br />

cm.lo scalzo è di 6-7 cm, il peso varia da 800 a<br />

900 grammi.<br />

Caolino<br />

Il nome di questo <strong>formaggio</strong> è strettamente<br />

collegato all’attività mineraria <strong>del</strong> luogo.<br />

Trattasi di un <strong>formaggio</strong> caprino fresco, ottenuto<br />

con cagliata lattica.<br />

Dolce, bianco, cremoso è un <strong>formaggio</strong> che si può<br />

mangiare al cucchiaio naturale o insaporito con<br />

erba cipollina, basilico rosso o tartufo.<br />

Ha sapore leggermente acidulo .<br />

Viene prodotto esclusivamente nel periodo che va<br />

dalla primavera all’autunno utilizzando latte crudo<br />

e caglio di vitello liquido (in minima quantità) a<br />

una temperatura di coagulo di circa 20°.<br />

Dopo una sosta di circa 24 ore viene posto in<br />

vendita in pezzature che variano da 100 a 150<br />

grammi.<br />

Paneto<br />

Il nome deriva dalla forma che viene data al<br />

caolino dopo essere stato estratto dalle gallerie<br />

<strong>del</strong>la miniera e che viene messo a seccare in<br />

appositi casoni (tipica costruzione in legno <strong>del</strong><br />

luogo).<br />

Il <strong>formaggio</strong> a latte intero e crudo, a pasta molle,<br />

viene ottenuto con coagulazione lattica e subito<br />

messo in stampi.<br />

Si può mangiare fresco o dopo affinamento di<br />

circa 15-30 giorni in ambiente umido.<br />

Al gusto si presenta cremoso con sentori di<br />

nocciola se fresco, con un gusto più deciso se<br />

stagionato.<br />

Con la stagionatura avviene una trasformazione<br />

<strong>del</strong>la crosta che si presenta ricoperta da muffe<br />

beige e verdi.<br />

<strong>La</strong> forma è rotonda con diametro di circa 8-10 cm, lo<br />

scalzo è di 5 cm, il peso varia dai 150 ai 200 grammi.<br />

parte in pasta e prosegue poi in salamoia.<br />

<strong>La</strong> sua forma è cilindrica a scalzo diritto con un diametro di 32 cm,<br />

l’altezza di 6,5-7 cm e un peso di 6-6,5 kg.<br />

<strong>La</strong> crosta è liscia e la pasta è bianca. E’ un <strong>formaggio</strong> da consumarsi<br />

fresco.<br />

Ponte Vecio.<br />

Tipologia.<br />

<strong>La</strong> stessa <strong>del</strong> Fresco dì. <strong>La</strong> stagionatura di 3-4 mesi lo rende<br />

leggermente più saporito e la pasta da bianca diventa di colore<br />

paglierino.<br />

Via Pozzani di Sotto - Tretto - Schio.<br />

Produzione formaggi di capra.<br />

L’azienda nasce nella primavera <strong>del</strong> 2000 da un progetto di rivalutazione <strong>del</strong> territorio.<br />

Con l’allevamento <strong>del</strong>le capre i titolari hanno voluto sfruttare sia la capacità <strong>del</strong>le capre per la pulizia <strong>del</strong> sottobosco, con l’orientamento <strong>del</strong><br />

pascolo guidato, sia la crescente richiesta nel mercato di prodotti ricavati dalla trasformazione <strong>del</strong> latte caprino.<br />

L’azienda si trova ai margini di un sito minerario (ex miniera di caolino) ora in semiabbandono.<br />

<strong>La</strong> forza lavoro è rappresentata da un nucleo famigliare composto da Dall’Alba Maurizio e dalla moglie Patrizia Zotto che lavorano a tempo pieno<br />

in questa attività.<br />

Dalle capre (40 femmine di razza Camosciata alpina) ricavano il latte che viene trasformato in azienda, dove è stato allestito un piccolo<br />

caseificio.<br />

L’azienda ha un piccolo spaccio dove si possono acquistare oltre che i formaggi prodotti anche salumi.<br />

Terra Bianca<br />

E’ un <strong>formaggio</strong> a pasta tenera non pressata e<br />

non cotta, a latte intero, crudo. Il latte <strong>del</strong>le due<br />

mungiture, sera e mattina, viene riscaldato a 37°<br />

C, addizionato a caglio di vitello liquido, lasciato<br />

coagulare per 20-25 minuti, dopo una grossolana<br />

rottura viene posto negli stampi.<br />

E’ pronto dopo circa 5 giorni ma viene lasciato<br />

maturare per circa 1 mese. <strong>La</strong> pasta è morbida e<br />

di colore bianco con la crosta di colore giallo<br />

paglierino. <strong>La</strong> forma è rotonda con un diametro di<br />

15 cm, lo scalzo è di 5-6 cm, il peso varia dai 500<br />

ai 600 grammi.<br />

I formaggi <strong>del</strong>le Terre Bianche


Quattro cuochi<br />

per un ristorante<br />

Vinta ogni rivalità, gli chef di quattro prestigiosi ristoranti<br />

collaborano per sperimentare, stupire, divertirsi.<br />

Quattro, come i moschietteri. E<br />

come i cavalieri a servizio di Re<br />

Artù anche i nostri eroi <strong>del</strong>la<br />

tavola rotonda (o rettangolare che<br />

sia) hanno il loro motto: uno per<br />

tutti, tutti per un ristorante.<br />

Per il secondo anno si avvia a<br />

concludersi con successo la<br />

rassegna organizzata dagli chef di<br />

quattro locali <strong>del</strong>l’Alto Vicentino:<br />

Renato Rizzardi <strong>del</strong>la Locanda di<br />

Piero, Mauro Canaglia <strong>del</strong><br />

Ristorante all’Angelo, Francesco<br />

dal Santo <strong>del</strong> Ristorante Valle dei Molini e Christian Zana <strong>del</strong>la Trattoria<br />

all’Isola.<br />

Quattro ristoratori potenzialmente concorrenti che, assicurano, non<br />

hanno alcun timore di soffiarsi reciprocamente i clienti. “Anzi – spiega<br />

Renato Rizzardi – a noi fa piacere che la gente si muova da un locale<br />

all’altro: conosciamo i nostri clienti e sappiamo che torneranno a<br />

trovarci. Però è giusto che sperimentino anche la cucina degli altri, è un<br />

modo per crescere come consumatori”.<br />

“<strong>La</strong>vorare insieme soprattutto – aggiunge – permette anche a noi di<br />

continuare a migliorare e ci fa divertire un mondo, perché siamo i primi<br />

degustatori dei piatti che prepariamo”.<br />

E i risultati lo confermano. Noi di <strong>Gustolocale</strong> siamo intervenuti ad una<br />

di queste serate, quella <strong>del</strong> 29 ottobre presso la Trattoria all’Isola di<br />

Cogollo <strong>del</strong> Cengio.<br />

Dopo l’aperitivo di benvenuto, come di consuetudine viene proposto un<br />

piatto da ogni cuoco. L’apertura è affidata a Francesco dal Santo:<br />

caprino in crosta con noci e pere al mosto. Uno splendido raviolo di<br />

lepre con fonduta di cipolla gialla è la creazione di Renato Rizzardi. Il<br />

piatto forte, curato dal patron di casa Christian Zana, è un controfiletto<br />

d’agnello alle erbe aromatiche. Dopo una pausa con <strong>del</strong> <strong>formaggio</strong><br />

caprino, Mauro Canaglia ha presentato il suo piatto: Stru<strong>del</strong> di zucca<br />

caramellata, con gelato alla cannella e salsa alle cornole.<br />

<strong>La</strong> serata volge al termine con l’eclettico Christian, che cogliendo<br />

l’occasione per festeggiare la recente entré nell’associazione “Jeunes<br />

Restaurateur d’Europe”, si è inventato uno spumeggiante brindisi<br />

nell’antistante piazzetta <strong>del</strong> locale a base d’ostriche e champagne, con<br />

amici e clienti che si trattengono fino a notte inoltrata.<br />

Prossimo e ultimo appuntamento alla Locanda di Piero a Montecchio<br />

Precalcino il 3 dicembre.<br />

Roberto Gasparin<br />

Cari Clienti presenti e futuri,<br />

la ditta Cles offre gusto,<br />

tradizione, sicurezza e<br />

36 anni di esperienza e<br />

di successi conseguiti insieme.<br />

Cosa proponiamo oggi?<br />

<strong>La</strong> ditta Cles è in grado di soddisfare i clienti più<br />

esigenti con qualunque tipo di carne, bovina, suina e<br />

avicola, di qualità sempre garantita.<br />

Eseguiamo tutti i tagli anatomici e tagli speciali su richiesta.<br />

Con i prodotti Cles sarete sempre soddisfatti.<br />

Il motto <strong>del</strong>la Cles è “Carne nel segno <strong>del</strong>la fiducia”. <strong>La</strong> velocità <strong>del</strong> nostro sistema di<br />

logistica e <strong>del</strong> nostro team sono garanzia <strong>del</strong>la vostra gioia di essere cuochi.<br />

<strong>La</strong> nostra gamma di prodotti è senza pari, spaziando da qualunque tipo di carne a<br />

qualunque tipo di surgelato, tra cui verdure, pesce, selvaggina e preparati.<br />

Offriamo anche una vasta scelta di ottimi salumi, tra cui spicca la vera soppressa Val<br />

Leogra maturata in cantina, prodotta ai piedi <strong>del</strong>le piccole dolomiti (dove vide la luce<br />

Libera nos a malo) detta, la “Soppressa di Antonio”.


28<br />

Magnagati,<br />

e anche baccalà<br />

Toni Vedù racconta di quando l’Anonima Magnagati<br />

riportò in vita filastrocche, tradizioni e piatti tipici vicentini<br />

Dietro gli occhiali tondi e la barba imbiancata Tony Vedù nasconde lo sguardo curioso di chi prima osserva e poi parla.<br />

Archiviata con la pensione un’esperienza ventennale da “proff” al Liceo Quadri, oggi è richiestissimo come illustratore.<br />

Suoi sono i disegni che accompagnano in Europa i prodotti tipici vicentini, come sue sono le prime pagine satiriche<br />

de Il giornale di Vicenza. Ha trovato anche il tempo per scrivere un libro illustrato di fiabe e poi naturalmente è<br />

attore. “Attore? -sorride sotto i baffi - ah, quello è stato un caso, figuriamoci che io ero anche un tipo<br />

timido. Tutto è nato dalla passione per la musica folk americana e irlandese. Allora, erano i primi<br />

anni Settanta, ci chiamavamo Folk Studio 3, suonavamo questi generi, ma già ci chiedevamo:<br />

possibile che in veneto non esista nient’altro se non i cori di montagna?”<br />

È nata così l’Anonima Magnagati?<br />

“Si, nel 1973, quando ogni domenica mattina andavamo a casa <strong>del</strong> musicista Vere<br />

Paiola, a Valdagno. È stato lui a farci scoprire il mondo <strong>del</strong>le canzoni popolari<br />

venete. Noi le abbiamo fatte nostre e interpretate in chiave cabarettistica,<br />

cambiando qua e là qualche strofa. Non siamo mai stati<br />

attenti alla correttezza filologica.”<br />

Però in questo modo avete salvato dall’oblio tante<br />

filastrocche e tante tradizioni...<br />

“Credo proprio di sì. Erano canzoni conosciute solo dagli<br />

anziani, i giovani e quelli di mezza età non le sapevano,


oppure le volevano dimenticare. Ricordavano un passato di indigenza, quel mondo<br />

dei poareti che allora ci si voleva lasciare alle spalle.”<br />

Crede che adesso ci sia più coscienza <strong>del</strong>le nostre origini di allora?<br />

“Penso di sì. E questo si vede in molti atteggiamenti oggi diffusi: per esempio la<br />

preferenza a restaurare le case rurali rispetto alle nuove costruzioni oppure la<br />

diffusione dei prodotti tipici <strong>del</strong> territorio.”<br />

Nei vostri sketch parlate spesso dei prodotti tipici vicentini. Devono anche<br />

un po’ a voi la loro fortuna attuale, no?<br />

“Beh, a Cologna Veneta ci hanno dato un premio per aver contribuito alla diffusione<br />

<strong>del</strong> Mandorlato con la nostra canzone.”<br />

El mandorlato ga la mandola brustolà… e chi non la conosce?<br />

“Ma ci piace anche scherzare su questi temi. Per esempio abbiamo scoperto che il<br />

mais contiene un amminoacido stimolante <strong>del</strong>la virilità, il triptofano. Da qui abbiamo<br />

fatto tutta una gag sui poteri afrodisiaci <strong>del</strong>la polenta di cui i nostri avi potevano ben<br />

godere i benefici!”<br />

E poi voi siete anche Cavalieri <strong>del</strong>la Venerabile Confraternita <strong>del</strong> Baccalà alla<br />

vicentina. Su questo non si scherza…<br />

“Sentiamo la responsabilità <strong>del</strong> nostro ruolo e lo degustiamo ogni volta che<br />

possiamo. Dico così perché le nostre cene solitamente arrivano a fine spettacolo, in<br />

orari in cui le cucine rischiano di essere già chiuse. Spesso si deve ripiegare in<br />

pizzeria, ma quando riusciamo ad infilare la porta di una trattoria preferiamo piatti<br />

semplici e tradizionali.”<br />

Quali le piacciono di più?<br />

“Tra i primi i bigoli co l’arna e tra i secondi certamente il baccalà. Lo stesso baccalà<br />

è la dimostrazione <strong>del</strong> recupero di una tradizione che rischiava di scomparire.<br />

Qualche decennio fa i ristoranti non lo preparavano più di una volta a settimana e<br />

solo in alcune stagioni. Ora lo si trova sempre ed è molto buono.”<br />

Dal punto di vista gastronomico sono salve queste tradizioni?<br />

“Oggi c’è molta più conoscenza <strong>del</strong>le tipicità. Questo grazie anche al fenomeno <strong>del</strong>le<br />

sagre che si è sviluppato in anni molto recenti e al gran parlare di alimentazione. Un<br />

tempo si preparavano gli stessi piatti senza sapere che erano tipici: mia madre li ha<br />

sempre fatti perché le era stato insegnato, senza interrogarsi su una specificità<br />

veneta.”<br />

Michele Bertuzzo<br />

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30<br />

Visto in fiera<br />

Vi chiederete cosa c’entra <strong>Gustolocale</strong> con una fiera che si è svolta a Trieste… Semplice,<br />

vogliamo tenervi informati sulle novità <strong>del</strong> mondo ho.re.ca, e non potevamo certo farci<br />

scappare una fiera dedicata al frutto di cui noi italiani siamo i maggiori consumatori nel<br />

mondo. Nel visitare i padiglioni rimaniamo piacevolmente colpiti da un piccolo stand.<br />

Lo stand F-19 ospitava un’azienda milanese produttrice di macchine professionali per il<br />

caffè espresso, l’Azienda Dalla Corte. Forse questo nome non è altisonante come altri<br />

marchi ben più blasonati, ma questi signori, da quando hanno aperto i battenti nel 2001<br />

hanno realizzato <strong>del</strong>le macchine dalle peculiarità uniche, denominate: Classic ed<br />

Evolution 20.03. È bene sapere che Bruno Dalla Corte, fondatore <strong>del</strong>l’azienda, è riconosciuto<br />

come uno degli artefici che hanno contribuito maggiormente allo sviluppo <strong>del</strong><br />

famosissimo sistema di stabilità termica utilizzato nella Faema E61. Sempre su questa<br />

<strong>strada</strong>, solo pochi anni dopo, instancabile ed attento, arriva a sviluppare il sistema<br />

utilizzato dalla Spaziale. Centra così per la seconda volta l’obiettivo prefissato:<br />

realizzare una macchina solida, stabile e affidabile.<br />

Nel tempo, con pazienza e dedizione, Bruno ha trasferito le sue competenze e<br />

conoscenze al figlio Paolo, il quale ha ereditato dal padre la stessa curiosità, voglia di<br />

fare e ricercare nuove soluzioni per la trasformazione <strong>del</strong> caffè in una bevanda sempre<br />

più al centro <strong>del</strong>la “magia”. Ecco che oggi ci presenta la sua ultima creazione, una<br />

macchina da caffè innovativa, precisa, stabile e affidabile, dai contenuti costi energetici,<br />

con la grande capacità di modificarsi per gruppo singolo, alla mano ed al caffè <strong>del</strong><br />

cliente.<br />

Ci sarebbe da stupirsi e non credere a tanta intelligenza di questa macchina se non si<br />

conoscesse la genialità <strong>del</strong> sig. Bruno.


Proprio così. Oggi, è possibile affermare che ogni limite dettato dalle tecnologie<br />

esistenti è stato abbondantemente superato. Concetti obsoleti di “stabilità<br />

termica” sono stati rivoluzionati e superati dal controllo “al decimo di grado”<br />

<strong>del</strong>le temperature su ogni singolo gruppo. Sigle quali DTCS, DCS, OCS sono<br />

state coniate appositamente per spiegare i concetti progettuali e costruttivamente<br />

rivoluzionari che si sono concretizzati e sintetizzati nelle macchine da<br />

caffè espresso professionali prodotte dall’Azienda Dalla Corte Srl. Si contraddistinguono<br />

da tutte le altre, siano esse manuali, semiautomatiche o superautomatiche…<br />

termini ormai resi arcaici dall’ingresso di una macchina per caffè<br />

espresso professionale che ha saputo cogliere completamente le potenzialità di<br />

un futuro domotico. Le macchine da caffè Dalla Corte 20.03 sono le uniche in<br />

grado di riconoscere “la mano” <strong>del</strong>l’operatore e trasferire le informazioni al<br />

macinadosatore reimpostandogli la regolazione <strong>del</strong>le macine. È poi possibile<br />

regolare indipendentemente dosi e temperature per ogni singolo gruppo,<br />

caratteristica fondamentale in caso si usino diversi tipi di caffè. Contribuisce<br />

significativamente all’economia permettendo un risparmio energetico superiore<br />

al 30%, può essere controllata a distanza tramite GPS, in grado<br />

di autodiagnosticare guasti e anomalie e comunicarle<br />

immediatamente all’operatore, consentendogli interventi<br />

rapidi e mirati, limitando quindi sensibilmente i costi di<br />

gestione…<br />

Una macchina da caffé espresso tutta da scoprire,<br />

contattando il vostro punto di riferimento per la provincia<br />

di Vicenza:<br />

Il centro di assistenza tecnica<br />

Dal Bianco Danillo 0445.36.63.81<br />

Visto in fiera<br />

TTRRIIEESSTTEESSPPRREESSSSOO 0066<br />

31


32<br />

abc<br />

di Amedeo Sandri<br />

San Gaetano aiutaci<br />

L’Istituto San Gaetano a Vicenza, è conosciuto come Centro di Formazione<br />

Professionale che prepara e immette sul mercato <strong>del</strong> lavoro ogni anno, da oltre<br />

mezzo secolo, elettricisti, meccanici, saldatori, grafici, tutti ragazzi “indirizzati”<br />

dalle scuole <strong>del</strong>l’obbligo verso il mondo <strong>del</strong> lavoro piuttosto che verso la<br />

prosecuzione degli studi. Dai primi giorni di ottobre la scuola ha aperto un<br />

nuovo settore, quello “turistico-alberghiero”, a disposizione dei giovani di<br />

Vicenza città e zone periferiche che intendono trovare impiego prevalentemente<br />

nei locali pubblici vicentini. In tre anni questi esponenti <strong>del</strong>la nuova<br />

generazione riceveranno esclusivamente lezioni di cucina vicentina, veneta ed<br />

italiana, studieranno anche italiano, tedesco, inglese, storia, matematica,<br />

scienza <strong>del</strong>l’alimentazione, informatica e quant’altro, ma soprattutto<br />

“educazione civica morale”. Una bella sfida! Le applicazioni dei giovani sono<br />

infinite, ma bisogna “catturarle”, incanalarle, renderle operative, trasformando<br />

degli spensierati adolescenti in giovani di buon senso: insegnare loro l’ABC <strong>del</strong><br />

vivere civile. <strong>La</strong> loro “voglia” è quella di andare subito in cucina (14 ore di<br />

pratica settimanali) a “mettere le mani in pasta”, ma prima bisogna imparare a fare le pulizie ed a salvaguardare dal degrado le attrezzature. Il<br />

secondo loro desiderio consiste nello stare in gruppo in modo da poter chiacchierare, scherzare e divertirsi; occorre invece che rimangano divisi<br />

in piccoli gruppi ben assortiti, dove i più bravi aiutino i più deboli e i più esuberanti siano affiancati ai più riflessivi. <strong>La</strong>vare pentole, placche, pa<strong>del</strong>le,<br />

magari incrostate, non piace a nessuno e tanto meno ai giovani maschi che<br />

arrivano a scuola fumandosi la “cicca” e parlando di calcio e ragazze, con<br />

tanto di occhiali da sole, anche quando piove. Proprio a questi individui<br />

bisogna insegnare che tutti i lavori, soprattutto i più umili e faticosi, hanno<br />

una loro dignità e, spesso, anche un’importanza fondamentale nel contesto<br />

generale <strong>del</strong>l’attività. Un grande cuoco dev’essere prima un’abile lavapiatti e<br />

un buon padre di famiglia. Non si può insegnare e tanto meno pretendere<br />

nulla da un subalterno se non lo si sa fare, e bene, in prima persona. C’è poi<br />

la questione morale! Nono sia mai che un’insegnante commetta lo sbaglio


più frequente da parte dei genitori, e cioè quello di “proteggere” visceralmente i ragazzi, qualunque sia il<br />

loro comportamento, le promesse non mantenute, le “insulse” bugie per aggirare impegni, responsabilità e<br />

doveri. Bisogna insegnare prima di tutto che la scuola rappresenta per loro, in questa fase <strong>del</strong>la vita, il<br />

lavoro, e come tale un impegno costante sul quale è fondata la nostra costituzione. Bisogna ricordare altresì<br />

i sacrifici economici dei loro genitori per mandarli a scuola e soprattutto dare loro il buon esempio. Sì e vero<br />

che il telefonino in classe non si può accendere e neanche usare sotto il banco per giocare o messaggiare,<br />

è altrettanto vero che la stessa regola vale per il docente, così come la puntualità, la correttezza <strong>del</strong><br />

linguaggio e molto altro ancora. Un docente, uomo o donna che sia, a scuola deve rappresentare la figura<br />

paterna, quella figura che sa amare senza proteggere, che sa farsi voler bene rimproverando e punendo<br />

quando serve. È difficile oggi “insegnare”! Di fronte al dilagante relativismo, alla mancanza dei più elementari<br />

valori, spesso in presenza di ragazzi con genitori separati o in procinto di separarsi, non si sa dove si trovi<br />

il bandolo <strong>del</strong>la matassa e come fare per tesserla. Ma, se si è scelta la “missione” <strong>del</strong>l’insegnamento, è fondamentale quantomeno provare a mettere<br />

ordine in questo bailamme. Occorre rendersi conto che oggi i giovani stanno più tempo con gli insegnanti che con i propri genitori, ce molti di loro<br />

sfruttano subdolamente il protezionismo materno, figlio <strong>del</strong>le rare pillole di tempo passato assieme dopo il lavoro, lo stress ed i “mestieri” domestici.<br />

Bisogna insegnare a questi giovani, solo in apparenza così spensierati, che la felicità non è “chattare” con il telefonino o spararla più grossa<br />

<strong>del</strong>l’amico, ma trovare degli spazi di “sapienza <strong>del</strong>l’anima”, momenti in cui a “chattare” devono essere il cuore e il cervello. E poi bisogna pensare<br />

a chi è meno fortunato e magari ci è vicino di banco e viene considerato quasi un “fastidio”. Superare il fastidio e l’indifferenza, mettere al centro<br />

<strong>del</strong>la nostra vita il cuore e il cervello per far <strong>del</strong> bene a noi e agli altri vuol dire festeggiare nel migliore dei modi il Natale!<br />

Auguri a tutti!<br />

San Gaetano aiutaci<br />

Amedeo Sandri


Lo sai che...<br />

E’ dal farro che viene la …<br />

farina<br />

34<br />

Vi siete mai chiesti perché il grano macinato produce “farina” e non<br />

“granina”? Semplice, perché il primo compagno <strong>del</strong>l’uomo non è stato<br />

il grano, ma il farro. Così, macinando il farro, i nostri progenitori<br />

producevano la “farina” per il pane, che è stato ben più che un<br />

semplice nutrimento. È stato uno strumento di potere, ma anche di<br />

civiltà. I Romani dicevano “panem et circenses” ed enunciavano una<br />

formula di governo, di controllo <strong>del</strong>le masse, perché il pane veniva<br />

dato come assistenza gratuita alle famiglie bisognose. Si chiamava<br />

“sportula” l’insieme di cibi che veniva data giornalmente ai capifamiglia,<br />

così come spettacoli di circo avvenivano per tenere calma una<br />

massa altrimenti fortemente pericolosa. Fu solo nei 147 a.C., con la<br />

conquista <strong>del</strong>la Grecia, che arrivarono a Roma i fornai ed insegnarono<br />

questa arte che Traiano fece divenire attività anche scolastica. C’era, si<br />

fa per dire, un istituto professionale per i pastai i “pistores” che<br />

facevano pane per ogni tipo di consumatore: c’era quello “nauticus”,<br />

una galletta che si conservava a lungo, indicata per i marinai, ed anche<br />

l’ostearius, adatto per i mangiatori d’ostrica! Insomma questo pane,<br />

probabilmente inventato o scoperto in Egitto, fece poi il giro <strong>del</strong><br />

mondo, andando sempre in coppia con la civiltà!<br />

Frà Ghiottone<br />

Serata <strong>del</strong>le tradizioni<br />

Incontri con la cucina <strong>del</strong>la nostra terra<br />

<strong>La</strong> vita è sempre più cara… Ce ne rendiamo conto tutti, per molti<br />

diventa un problema uscire a cena anche una volta al mese, magari<br />

per una pizza; il bilancio famigliare è sempre difficile e il ristorante<br />

diventa un lontano ricordo. Di rassegne gastronomiche ve ne sono<br />

molte, ma spesso i costi sono sostenuti. Ecco che qualcuno decide di<br />

stupirci: “I Ristoratori <strong>del</strong>la Valle <strong>del</strong> Chiampo” hanno realizzato<br />

una rassegna con prodotti tipici e piatti <strong>del</strong>la tradizione, ad un prezzo<br />

di soli 25€. Un menù curato che rispolvera le pietanze dei nostri<br />

nonni, che ci ridona il piacere di andare al ristorante qualche volta di<br />

più.<br />

Siamo intervenuti ad una di queste serate, quella organizzata dal<br />

ristorante “Dal Francese”, dove la signora Caterina, con professionalità<br />

e maestria ci ha fatto sentire come a casa nostra.<br />

Nell’attesa dei conviviali, sorseggiando un Garganega Extra brut - i<br />

due castelli, abbiamo potuto assaporare un buffet ispirato alla<br />

tradizione; singolare la salsiccia con la rapa, un abbinamento nato dal<br />

bisogno di far volume e mangiare più cose di un tempo. Nel corso<br />

<strong>del</strong>la serata l’enogastronomo Romolo Cacciatori ha provveduto ad<br />

illustrarci via via, storia e peculiarità <strong>del</strong>le portate ideate con i cuochi.<br />

Ad aprire le danze dei maccheroncini in salsa di zucca e castagne,<br />

ingredienti semplici e poveri, dai sapori tenui e <strong>del</strong>icati, accompagnati<br />

da un Gambellara Doc Prime Brume.<br />

A seguire risotto con salsiccia e radicchio,<br />

sapori decisi abbinati ad uno strutturato<br />

Gambellara Togo <strong>del</strong>la Cantina Sociale di<br />

Gambellara.<br />

Per secondo, ci è stata servita una morbida<br />

fagianella in salsa <strong>del</strong>la nonna A<strong>del</strong>ia, con<br />

verze stofegà e patate <strong>del</strong>la Vallata,<br />

sostenuta con forza da un Cabernet dei<br />

Berici <strong>del</strong>l’Az. Agricola Marcato.<br />

<strong>La</strong> serata giunge al termine <strong>del</strong>iziandoci con<br />

un dolce tipico <strong>del</strong> nostro territorio, dal nome<br />

singolare, la Putana Vicentina con “crema <strong>del</strong><br />

Francese”, magistralmente accompagnata<br />

da un Recioto Riva dei<br />

Perari <strong>del</strong>l’Az. Agricola<br />

Dal Maso.<br />

Un <strong>del</strong>izioso viaggio tra<br />

sapori e nettari <strong>del</strong><br />

territorio, che ci<br />

dimostra come sia<br />

ancora possibile<br />

mangiar bene ad un<br />

prezzo contenuto.<br />

Pigi


Mondo HO.RE.CA.<br />

Non solo fornitori<br />

Tradurre in soluzioni concrete le esigenze di ogni cliente<br />

Con questo motto Luigi Pellizzaro e la moglie Paola titolari <strong>del</strong>la Pati Service, da oltre 10 anni nel<br />

palcoscenico Vicentino, ci presentano con orgoglio la loro organizzazione commerciale.<br />

Ad accoglierci un ambiente minimalista, elegante; gentilezza cortesia ed un sorriso di certo non mancano,<br />

si respira aria di pulito, ordinato, concreto, subito come si entra ci accoglie un qualcosa di “nuovo”, è<br />

nell’aria, è Pati Service.<br />

Sono giovani imprenditori al servizio <strong>del</strong> cliente, attenti alle esigenze e alla trasformazione <strong>del</strong> mercato,<br />

con professionalità, elasticità, e accuratezza nel servizio, si sono specializzati nella fornitura alimentare<br />

per Pasticcerie, Gelaterie, Panifici, Bar e Ristoranti offrendo una gamma completa di materie prime,<br />

semilavorati, prodotti freschi e surgelati oltre a tutti i complementi accessori.<br />

Si posizionano oggi come azienda leader nel mercato vicentino mettendo a disposizione la loro dinamica<br />

struttura formata da 6 tecnici commerciali, professionisti specializzati per settore, sempre disponibili<br />

offrire alla clientela consigli utili e dimostrazioni tecniche.<br />

Una struttura di oltre 1000mq, per far fronte ad ogni esigenza di stoccaggio attrezzata ed organizzata per<br />

temperature di servizio, a disposizione <strong>del</strong>la clientela un moderno laboratorio per dimostrazioni tecniche<br />

e corsi, un affiatato gruppo di 18 collaboratori per gestire perfettamente ogni esigenza, una strutturata<br />

linea d’automezzi a temperatura controllata per ogni tipo di prodotto e per ogni tipologia di consegna.<br />

Una distribuzione pensata principalmente per la provincia di Vicenza in grado d’offrire un<br />

servizio capillare tutto l’anno, garantendo consegne immediate sia <strong>del</strong>la piccola che <strong>del</strong>la<br />

grande fornitura sollevando quindi il cliente da problemi <strong>del</strong>lo stoccaggio di grosse quantità di<br />

merce.<br />

Luigi Pellizzaro ha sempre prestato molta attenzione ai cambiamenti e alle innovazioni che nel<br />

corso degli anni hanno investito il settore. <strong>La</strong> gamma dei prodotti è stata via via ampliata, con<br />

particolare riguardo ai prodotti freschi, surgelati dolci e salati, tra questi spicca una nuova linea<br />

per la ristorazione.<br />

L’attenzione ai prodotti di qualità, alle novità e all’evoluzione continua <strong>del</strong> mercato hanno fatto<br />

sì che Pati Service abbia selezionato le migliori aziende produttrici, ampliando ogni giorno la<br />

propria gamma così da soddisfare ogni esigenza.<br />

Pati Service è il filo diretto con il mondo <strong>del</strong>la produzione, eco <strong>del</strong>le nuove esigenze e<br />

<strong>del</strong>le tendenze <strong>del</strong> mercato.<br />

35


L ’uovoAmbiguo<br />

36<br />

Dall’antipasto al dolce:<br />

Un ingrediente quasi banale di moltissime ricette, spesso ingiustamente sottovalutato<br />

solitamente, un ruolo di sostegno ad altri piatti o vengono<br />

considerate un surrogato di pasto nella cui preparazione<br />

può cimentarsi anche lo scapolo più negato all’arte<br />

culinaria. Chi non sa fare due uova al tegamino? Ma come<br />

tutte le cose semplici, l’uovo richiede cure da intenditori.<br />

Probabilmente è l'alimento più economico, popolare e<br />

apparentemente semplice che conosciamo, queste sono le<br />

virtù che lo caratterizzano.<br />

Fin dai tempi antichi è simbolo di fecondità, protagonista<br />

di miti e leggende sulla creazione <strong>del</strong> mondo e dei suoi<br />

elementi, una credenza che ritroviamo già nelle culture<br />

più remote.<br />

Le prime ricette dedicate all’uovo risalgono al<br />

De re coquinaria, il più importante libro di<br />

cucina in latino, scritto da Apicio nel<br />

primo secolo dopo Cristo. Nel corso<br />

dei secoli i testi che trattano le<br />

varie preparazioni <strong>del</strong>le uova<br />

divengono sempre più numerosi,<br />

anche i grandi filosofi gastronomici<br />

trattano nelle loro opere<br />

<strong>del</strong>lo stretto legame tra uovo e<br />

arte culinaria, scrivendo la<br />

destino quello <strong>del</strong>le uova. In cucina hanno,<br />

storia <strong>del</strong>l'alimentazione.<br />

Ma cosa è dovuta tanta<br />

attenzione nei confronti di questo<br />

piccolo alimento?<br />

L'uovo è un alimento ricco di<br />

proteine, vitamine (A, B, E) e sali<br />

minerali (ferro, potassio, magnesio e<br />

calcio). Rappresenta una ricca fonte di<br />

proteine di origine animale di qualità superiore,<br />

queste vantano il più alto valore biologico fra tutte le<br />

proteine alimentari; già, perché le proteine <strong>del</strong>l’uovo<br />

hanno la più alta capacità di soddisfare le necessità<br />

proteiche <strong>del</strong>l’organismo umano. Basta consultare le<br />

informazioni alimentari per capire che è uno degli alimenti<br />

proteici più interessanti, il valore biologico <strong>del</strong>le proteine<br />

<strong>del</strong>l'uovo è di 93 circa contro 69 <strong>del</strong>la carne.


Finalmente, sfatati i pregiudizi che lo ritenevano causa <strong>del</strong>l’aumento <strong>del</strong> colesterolo e nemico <strong>del</strong><br />

fegato, ora questo prezioso alimento può essere preparato in mille modi, coniugando sapore e<br />

qualità nutritive. L'uovo è necessario ogni volta che si desidera dare ad una portata una forma<br />

definita. È accessorio essenziale di molte preparazioni: con i suoi bianchi sbattuti a neve<br />

fornisce l'elemento spumoso per mousse e soufflé, contribuisce a legare le salse, a realizzare<br />

sughi compatti con i tuorli e a formare dei gel irreversibili che racchiudono elementi solidi,<br />

come accade nei flan e nelle quiches. In altri piatti l’assoluto protagonista.<br />

Nell’ultimo secolo, l’introduzione di moderne tecniche di allevamento ed una migliore<br />

alimentazione <strong>del</strong>le galline, ha apportato un notevole miglioramento alla produzione. Nel<br />

1859, una tale M.me Millet-Robinet, Chevalier dans l'Ordre du Merite Agricole, riporta che<br />

le galline ovaiole che producevano 40-50 uova l’anno erano <strong>del</strong>le fuoriclasse, oggi invece,<br />

con la selezione e le moderne tecnologie di allevamento, una gallina arriva a produrre un<br />

uovo ogni 26 ore, circa 330 uova all’anno.<br />

<strong>La</strong> tecnologia non ha ottimizzato solamente la produzione, scaturendo uno sviluppo <strong>del</strong>la loro<br />

composizione. Le ultime analisi, infatti, rivelano che il loro contenuto proteico si è innalzato,<br />

rendendole un alimento ancora più adatto alla nostra alimentazione, capace di aiutarci a star<br />

bene e in buona forma fisica.<br />

Molte volte si pensa che il colore <strong>del</strong> guscio sia correlato alla sua qualità, ma questo dipende solamente<br />

dalla razza <strong>del</strong>le galline, mentre un’alimentazione ad alto contenuto di carotenoidi può donare al tuorlo un colore<br />

più carico.<br />

Una diversa alimentazione <strong>del</strong>le chiocce non influenza il sapore in se,<br />

ma si noterà quando andremo a creare un impasto. Qui sta la<br />

differenza di un uovo di qualità, peculiarità che si rispecchieranno sulla<br />

pasta, che avrà un’ottima consistenza, una maggiore plasticità ed<br />

elasticità, con una buona ruvidità e tenuta in cottura, caratterizzata dal<br />

tipico flavour <strong>del</strong>la pasta all’uovo.<br />

Un alimento semplice, a volte sottovalutato, che deve però essere<br />

selezionato.<br />

Imparare a riconoscere un uovo di qualità è la base per<br />

ottenere la qualità.<br />

L'uovo e la gallina<br />

"È nato prima l'uovo o la gallina?", un tormentone filosoficobiologico,<br />

che perdura da tempo immemorabile. Da Londra è<br />

arrivata però la risposta scientifica, sulla quale convergono due<br />

professori universitari e un allevatore <strong>del</strong> Regno Unito. Il Times<br />

la riporta, riferendo che la risposta va cercata nella genetica,<br />

oltre che nella logica: il materiale genetico non muta durante la<br />

vita di un essere, il primo uccello che si è evoluto in quella che<br />

oggi noi chiamiamo gallina deve essere prima esistito come<br />

embrione all'interno di un uovo, avente lo stesso DNA<br />

<strong>del</strong>l'animale che sarebbe diventato. Pertanto, è nato prima<br />

l'uovo <strong>del</strong>la gallina.<br />

Vittoria Bicego<br />

L ’uovo


Ricordate quei piccoli pometi<br />

selvatici? Sono le varietà di mele<br />

<strong>del</strong> nostro territorio: bruttine e<br />

scarsamente commerciali se<br />

confrontate con le varie Stark o<br />

Fuji con il bollino, ma dal sapore<br />

ben più intenso e decisamente<br />

autentico. Le varietà locali di mele<br />

sono il tema <strong>del</strong>la manifestazione<br />

Antichi Sapori Ritrovati, che da sei<br />

anni si tiene a Recoaro Terme nel<br />

mese di ottobre. L’organizzazione è<br />

curata da Comune, Provincia,<br />

Comunità Montana, l’Istituto<br />

Alberghiero Artusi e la Federazione<br />

Italiana Cuochi di Vicenza.<br />

Un’occasione per assaggiare<br />

queste prelibatezze d’altri tempi e<br />

sperimentare nuove ricette a base<br />

di mele. Grazie alle specificità <strong>del</strong>le<br />

singole tipologie, questi frutti<br />

trovano infatti ampio utilizzo in<br />

cucina nella preparazione di dolci.<br />

Da qui l’idea di una gara di cucina,<br />

giunta alla sesta edizione: il<br />

concorso Dolse De Pomo.<br />

Il regolamento prevede la progettazione<br />

e la realizzazione di un<br />

dolce tradizionale o creativo,<br />

partendo da un ingrediente unico:<br />

le mele prodotte sul territorio <strong>del</strong>la<br />

Comunità Montana Agno<br />

–Chiampo.<br />

Gli elementi sui quali viene<br />

chiamata a giudicare un’attenta<br />

giuria di esperti sono: aspetto,<br />

porzionatura, gusto, originalità,<br />

descrizione <strong>del</strong>la ricetta e<br />

abbinamento vino.<br />

Al termine <strong>del</strong>le valutazioni il primo<br />

premio <strong>del</strong>l’ultima edizione è stato<br />

assegnato alla signora Malva Sota<br />

per l’armoniosità <strong>del</strong>la<br />

preparazione proposta.<br />

Vanessa Lovato<br />

Fioccho tricolore:<br />

Arte<br />

è nato<br />

Gusto Colore<br />

Ciccando su internet si scopre in anteprima<br />

la neonata associazione Arte Gusto Colore<br />

di Recoaro Terme. Sul sito www.artegustocolore.eu<br />

viene presentata l’iniziativa dei tre<br />

soci fondatori: lo chef Sergio Prebianca, il<br />

professore di cucina Matteo Lovato e i<br />

maestri pasticceri Luca Cestonaro e Moreno<br />

Spanevello. Il punto di partenza <strong>del</strong>la<br />

nuova compagine è stata l’esigenza di<br />

organizzare un’associazione alternativa a<br />

quelle esistenti, composta sia da cuochi e<br />

pasticceri professionisti, che da amanti <strong>del</strong>la<br />

buona gastronomia locale. Lo scopo è quello<br />

di favorire uno scambio cultural-gastronomico<br />

sui prodotti e sulla cultura <strong>del</strong> made<br />

locale, rileggendoli in chiave moderna.<br />

Inoltre, il gruppo recoarese cura l’organizzazione<br />

di eventi ed iniziative di solidarietà.<br />

È attesa per i prossimi mesi una serata di<br />

presentazione ufficiale.<br />

V. L.


El conejo imbriago<br />

di Paolo Terragin<br />

L’ultima partecipazione ad una rassegna gastronomica risale a tempi memorabili. Quella volta, sotto<br />

le insegne <strong>del</strong> “Ponte D’Oro” storico locale alle porte di Schio, lo staff preparò el capon in canavera,<br />

un originale e antico modo per cucinare il cappone diciamo così... con una rudimentale pentola a<br />

pressione. Ma non dilunghiamoci su questo tema.<br />

Torniamo ai giorni nostri con la presentazione di un altro piatto principe <strong>del</strong>la Valleogra. Questa volta<br />

a presentarlo è il ristorante “Noris”, che è una costola <strong>del</strong> “Ponte d’Oro”, nell’ambito <strong>del</strong>la rassegna<br />

enogastronomica “Natura e sapori <strong>del</strong>la Val Leogra-Val d’Astico e Val Posina”. Andrea, Michele<br />

e Sonia, sotto l’attenta regia di Maurizio Zanella, hanno preparato el conejo imbriago, un coniglio<br />

valleogrino al quale, secondo una leggenda, prima di essere ucciso per la cottura veniva somministrato <strong>del</strong> vino per rendere la carne più saporita<br />

(!?). Siamo certi che questo non avveniva, di sicuro è che la macerazione <strong>del</strong>la carne veniva fatta con erbette aromatiche e <strong>del</strong> buon vino.<br />

Ovviamente c’è stato un bel accostamento di antipasti e primi piatti prima <strong>del</strong> piatto principe, e allora ecco <strong>del</strong>la ricotta<br />

nostrana con confetture di prugne e cannella, una terrina di fegato di coniglio con stracaganasse al miele,<br />

quindi <strong>del</strong>le tagliatelle casarecce al piccolo ragù di coniglio e <strong>del</strong> risotto con patate di Posina e tartufo<br />

nostrano. Ecco quindi il coniglio imbriago, accompagnato con polenta, pioppini e una misticanza di<br />

insalatina cruda.<br />

Per finire il tortino alle castagne e noci.<br />

Non facile l’abbinamento dei vini il tutto è iniziato con un Durello <strong>del</strong>la “Val<br />

Leogra” di Malo per conoscere i commensali, e poi da un Soave classico<br />

(Fattori-Monteforte) ad un Riva dei Falchi (Vignato-Gambellara) un Morellino<br />

(San Vincenzo-Grosseto) e per finire un Recioto (Vignato).<br />

Non ci addentriamo in commenti o suggerimenti, ma una cosa lasciatemela<br />

dire. Ben vengano queste rassegne, ben venga la riscoperta di antichi piatti e<br />

usanze, ma sarebbe davvero interessante che questi, ed altri piatti preparati<br />

nelle varie rassegne, siano più spesso nei menù quotidiani dei nostri locali.


40<br />

Terra Madre 2006:<br />

cinque giorni di pace, amore e ... terra<br />

Vicentino<br />

Così, parafrasando un altro fatto che nel 1969 aveva segnato una svolta fondamentale nella politica e nella società e senza<br />

paura di essere irriverente con il paragone fra Woodstock e Terra Madre, quest’ultima è destinata, a sua volta, a segnare una<br />

svolta nei rapporti fra popoli e fra questi e la gastronomia e l'agricoltura.<br />

Slowfood sostiene la (ri)scoperta <strong>del</strong>la produzione tipica e legata al territorio, contrastando e combattendo la imposizione <strong>del</strong>la globalizzazione<br />

alimentare, conscia <strong>del</strong> fatto, sconosciuto ai più, che la maggior fonte di inquinamento mondiale è l'agricoltura intensiva e l'industria che le ruota<br />

attorno. Lo sfruttamento dei suoli e dei mari e le inevitabili ripercussioni nell'atmosfera <strong>del</strong>le emissioni nocive stanno impoverendo la terra e<br />

minando il nostro futuro.<br />

Quello che non ci stancheremo mai di sottolineare è che il futuro <strong>del</strong> mondo, non solo di quello agricolo, ma <strong>del</strong> mondo intero, passa anche<br />

attraverso questi cinquemila rappresentanti <strong>del</strong>la produzione agricola ed alimentare sostenibile che si sono trovati a Torino per cinque giorni. Passa<br />

attraverso loro che sono e devono sempre più diventare testimoni <strong>del</strong> fatto che è se la produzione agricola mondiale puntasse sulla valorizzazione<br />

<strong>del</strong>le produzioni locali, non solo si risolverebbero i problemi di malnutrizione e sottonutrizione, ma si risolverebbero gran parte dei problemi<br />

ambientali che ci affliggono.<br />

Il Salone <strong>del</strong> Gusto<br />

Con la sua cadenza biennale Il Salone <strong>del</strong> Gusto è diventato ormai un evento di massa e un irrinunciabile appuntamento per gastronomi, esperti,<br />

studiosi o semplici appassionati <strong>del</strong> mangiar bene e <strong>del</strong>le produzioni di nicchia.<br />

Leit motiv conduttore di tutto il salone sono state le tre parole che identificano il Manifesto <strong>del</strong>la<br />

qualità secondo Slow Food: buono, pulito e giusto. “Buono” perché un prodotto alimentare deve<br />

essere buono, altrimenti perde una <strong>del</strong>le principali caratteristiche che lo devono contraddistinguere.<br />

“Pulito”, perché la sostenibilità ambientale dei prodotti alimentari è ormai un fatto<br />

irrinunciabile. Non ci è più consentito avere prodotti alimentari non “puliti”: ne va <strong>del</strong> nostro<br />

futuro e di quello dei nostri figli. Infine “giusto” perché la sostenibilità sociale è un fatto altrettanto<br />

imprescindibile. Slow Food ritiene quindi che buono, pulito e giusto siano le basi per poter<br />

costruire un nuovo concetto di qualità alimentare e ha deciso costruire le direttive comuni a cui<br />

far riferimento, indicando una via virtuosa che tutti i soggetti <strong>del</strong>la filiera alimentare (da chi<br />

produce fino a chi consuma) dovrebbero seguire.<br />

Quasi duecentomila persone hanno visitato il Salone nei cinque giorni di apertura: un successo<br />

senza precedenti e che ha sottolineato come la ricerca di prodotti di qualità e che siano<br />

espressione <strong>del</strong>la biodiversità <strong>del</strong> territorio, non siano più una moda o un argomento per pochi<br />

eletti, bensì un’esigenza che sempre più si fa <strong>strada</strong>, a scapito <strong>del</strong>l’omologazione <strong>del</strong> gusto e <strong>del</strong>la standardizzazione <strong>del</strong>la produzione alimentare.<br />

Mauro Pasquali


Val Leogra<br />

Ad andar per polenta ci ha pensato la condotta Slow Food <strong>del</strong>la Val<br />

Leogra, creando un laboratorio <strong>del</strong> gusto: la polenta.<br />

L’introduzione alla degustazione con la storia e la descrizione <strong>del</strong>le<br />

caratteristiche <strong>del</strong> Mais Marano, è stata redatta da Giandomenico<br />

Cortiana, presidente <strong>del</strong> consorzio Mais Marano. Della<br />

preparazione di 5 polente da degustare, tutte fatte con il<br />

medesimo procedimento, stessa quantità di farina, acqua, sale e<br />

uguali tempi di cottura ma mais diversi, si è occupato Claudio<br />

Ballardin <strong>del</strong> ristorante “da<br />

Beppino”. Moderatore di questa<br />

interessante e curiosa serata: il<br />

fiduciario <strong>del</strong>la condotta Val<br />

Leogra, Roberto Agosti.<br />

Tutto semplice? Tutto scontato?<br />

E no!!! troppo facile… Ad ogni<br />

convenuto è stata consegnata<br />

una scheda ove assegnare un<br />

giudizio olfattivo, visivo e<br />

gustativo - tattile; le polente<br />

sono state servite con una<br />

numerazione progressiva e<br />

senza indicazioni, una<br />

degustazione alla cieca in cui<br />

ognuno ha giudicato queste<br />

cinque polente con il suo palato<br />

e secondo il proprio concetto di buono.<br />

Non si voleva fare un concorso a premi ne discriminare su alcuni<br />

tipi di mais bensì trovare la miglior polenta, quella più affine ai<br />

propri gusti… ognuno ha detto la sua e non sono certo mancate le<br />

sorprese.<br />

Oggi in troppi abbiamo perso il sapore <strong>del</strong> buono, i palati si sono<br />

adeguati all’offerta standard dei prodotti commerciali facilmente<br />

reperibili, ma il gusto si affina solo educandolo se lo metti a<br />

confronto con vari prodotti riconosce sempre quello più buono,<br />

magari non sappiamo il perché, non riusciamo descriverlo, ma<br />

certamente sapremo discriminarlo.<br />

Un laboratorio che ha fatto ben riflettere i polentoni… anche la<br />

polenta nella sua semplicità, offre interessanti spunti d’approfondimento.<br />

<strong>La</strong>boratorio <strong>del</strong> gusto<br />

<strong>La</strong> polenta<br />

‘Ndemo a poenta,<br />

così avrebbero detto i nostri padri…<br />

quotidianità <strong>del</strong>la fame…<br />

Superata la prima parte dedita alla degustazione ci si è rivolti<br />

all’aspetto godereccio, e qui Claudio ha detto la sua… raccontando<br />

storie e caratteristiche dei vari piatti, spiegazioni e aneddoti.<br />

Poenta de palo per scumisiare… par passar a poenta e minestron<br />

de fasui… e ancora salado e poenta brustolà… usei scapà e poenta<br />

onta… e dato che la boca no xe straca se prima no la sa de vaca…<br />

na pendola de formaio stravecio de malga nel calore de na bela<br />

feta de polenta brustolà… e par finire groste de poenta compagnà<br />

col la mostarda de fighi.<br />

Ma qua se magna e no se beve?<br />

I piatti tipici <strong>del</strong>la Val Leogra non<br />

potevano che essere abbinati a<br />

dei vini <strong>del</strong> territorio, ci ha<br />

pensato la “nuova” Cantina<br />

Sociale Val Leogra, presieduta da<br />

Gianni Pinton, che ha<br />

accompagnato le prime portate<br />

con il Piccolin, un vino rosso<br />

leggero, piacevole e garbato,<br />

caratteristico per tipicità (un<br />

vitigno di uve merlot che produce<br />

dei grappoli con acini molti<br />

piccoli).<br />

Per i piatti più importanti e di<br />

carattere è stato scelto un vino di<br />

carattere: Sojo rosso, taglio bordolese cabernet e merlot, affinato<br />

in botte di rovere, dove la tradizione vitivinicola <strong>del</strong>la Val Leogra si<br />

è abilmente sposata con tecnica e modernità <strong>del</strong>l’evoluzione.<br />

Roberto Agosti, presentatore e moderatore <strong>del</strong>la serata, ci ha<br />

intrattenuto con simpatici e costruttivi aneddoti ed indovinelli sul<br />

mais, sulla polenta e i suoi attrezzi. Interessante la relazione <strong>del</strong><br />

palo da poenta… la scelta <strong>del</strong> legno, la forma e le caratteristiche di<br />

un buon palo da poenta.<br />

Originale, costruttiva e piacevolissima serata per i conviviali, che<br />

si è conclusa con l’auspicio che di temi così apparentemente<br />

semplici si ritorni a trattare con approfondimenti e laboratori, per<br />

riscoprire quel piacere <strong>del</strong> gusto a tanti dimenticato.<br />

Roberto Gasparin<br />

41


42<br />

Dalla libreria:<br />

Polenta e “Bacalà”<br />

E’ una bellissima coppia quella che ha firmato questo libro, una specie di Bibbia<br />

profana per il piatto principe <strong>del</strong>la cucina vicentina. Avevano già scritto, assieme,<br />

<strong>La</strong> cucina Vicentina, Risi e risotti, Veneti e “bacalà” ed ora hanno presentato questo<br />

volume che ha il titolo alla veneta, con una sola c nella parola bacalà ed è, ma<br />

molto lontanamente, una ripresa <strong>del</strong> precedente.<br />

Già nell’introduzione si avverte, negli autori, una specie di “orgoglio” per la<br />

esistenza di questo piatto nella nostra terra che lega in modo imprescindibile la<br />

polenta ed il baccalà, la struggente nostalgia <strong>del</strong> tempo che passa, visto attraverso<br />

le variazioni che il baccalà ha avuto dai tempi <strong>del</strong>la nonna che lo faceva nel<br />

tegame di coccio, <strong>del</strong>la mamma che lo faceva sul fornello a gas e <strong>del</strong>l’ultimo che<br />

(ma non ci credo) è acquistato in negozi di gastronomia e scaldato al microonde<br />

Il testo ha una storia, molto ben narrata, di come il baccalà e la polenta siano<br />

arrivati da noi, con riferimenti ad autori <strong>del</strong> ‘500. Fra tutti spicca quello su<br />

Pietro Andrea Mattioli che parte dal “formento turco” per dire che il mais in<br />

realtà non è venuto dall’Oriente ma dall’Occidente con Cristoforo Colombo.<br />

Interessante, nel parlare di veneti e bacalà, è la presenza, nel discorso, di<br />

piccoli interventi su quella che è definita la “pazzia generalizzata” <strong>del</strong>l’urbanesimo<br />

ad ogni costo, sulle forme di sviluppo di questa vita, <strong>del</strong>lo<br />

scadere di alcuni valori che erano alla base di rapporti interpersonali,<br />

sulla maggior violenza, sull’avvilimento <strong>del</strong>le istituzioni. Ma ben presto<br />

si torna a problemi tecnici quali come fare la polenta, quali vini bere<br />

con il bacalà. Ed ecco il ricettario che parte, onore al merito, con la<br />

ricetta approvata dalla Confraternita <strong>del</strong> Bacalà.<br />

Ma ne troverete altre, ben più datate: quella “grassa”, quella<br />

“magra”, la “Visentina a la vecchia maniera”. E troverete come si<br />

possano fare bigoli con il sugo “bacalaro” o polenta “pastisada”.<br />

Il volume termina con un 32 ricette regionali, alcune note in campo<br />

nazionale come il “brandacujun”, quello alla livornese o il messinese alla<br />

“ghiotta”. Ma vi è di più: qualche ricetta francese, inglese, norvegese, perfino<br />

inglese!<br />

Un volume che può stare in biblioteca ma è soprattutto da usare in cucina, per<br />

godere di un piatto che la creatività popolare ha costruito come espressione di una<br />

storia comune, condivisa e perciò indistruttibile.<br />

Amedeo Sandri e<br />

Maurizio Falloppi<br />

Polenta e “bacalà”<br />

Edizioni Vicentini 2006<br />

Prezzo: Euro 9


letti per voi<br />

Il tempo <strong>del</strong> vino<br />

Quando si pensa a Paolo Massobrio, l’autore di questo libro, il pensiero vola al suo farfallino e ad un periodico<br />

di “sopravvivenza gastronomica” chiamato, logicamente, Papillon.<br />

Vive, Massobrio, nel mondo <strong>del</strong> gusto con intelligenza e con tanta cultura sia in quello <strong>del</strong> vino (scrisse “Il<br />

buon bere” nel 2002) che <strong>del</strong>la gastronomia, con il suo “Golosario” e con una serie di Guide Regionali.<br />

Quale universo si nasconde in un bicchiere di vino? Partendo da questo presupposto Massobrio, quarantacinquenne<br />

d’origini monferrine, ci guida in questo diario-racconto-romanzo alla scoperta di una grande passione:<br />

quella per il vino buono e vero, fatto da persone che conoscono i ritmi <strong>del</strong> tempo, <strong>del</strong>la natura ed i saperi<br />

millenari che accompagnano queste conoscenze.<br />

Ed il percorso fatto dal vino italiano, in questi ultimi venti anni, è stato veramente rivoluzionario ed ha a<br />

portato a cambiamenti, alla crescita di fenomeni fatti di tradizione, ingegno e novità. Questo percorso<br />

s’intreccia con la sua vita, con i personaggi che l’hanno caratterizzata, da Giacomo Bologna a Veronelli, da<br />

Edoardo Raspelli a Beppino Cantarelli o Aldo Santini, miti <strong>del</strong>la gastronomia.<br />

Al di là dei canonici interrogativi davanti ad un vino (anno? cantina?, vitigno?) l’autore ci porta verso un mondo<br />

che si compone di pochi gesti, comprensibili per tutti:<br />

guardare, annusare, assaporare, giudicare. Un modo,<br />

questo, per apprezzare ed amare il più autentico frutto <strong>del</strong>la<br />

vigna, indissolubilmente unito al talento <strong>del</strong>l’uomo. <strong>La</strong><br />

seconda parte <strong>del</strong> libro è un percorso attraverso le cantine,<br />

i personaggi <strong>del</strong> vino ed i loro prodotti: per quanto riguarda<br />

le nostre terre leggete quanto scrive sul Torcolato di Firmino<br />

Miottti. Scrive:“Al suo fianco (di Firmino ndr), la moglie Pina<br />

e la bella figlia Franca...traggono dai quei cinque ettari<br />

coltivati…. un Torcolato mieloso e grande (il migliore <strong>del</strong>la<br />

mia vita)…” Ma sono citati anche Maculan, <strong>La</strong> Biancara, Dal<br />

Ferro <strong>La</strong>zzarini, Piovene Porto Godi, fra quelle che chiama<br />

“Le cantine <strong>del</strong> cuore”, a testimonianza di quanto di buono<br />

ci sia nelle nostre terre.<br />

Un libro, questo, d’incontri e d‘illuminazioni scanditi anche<br />

dallo scorrere <strong>del</strong>le stagioni e dalla sfida più grande per il<br />

vignaiolo: la “prova bicchiere”. Solo se il vino è davvero<br />

piaciuto, nel bicchiere non resta neppure una goccia…<br />

Paolo Massobrio<br />

Il tempo <strong>del</strong> vino<br />

Diario di vigna e di passioni<br />

Rizzoli Editore


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Degustazioni a Villa di Bodo<br />

Torna a Villa di Bodo un interessante ciclo di serate di<br />

degustazione, che da quest’anno si terranno in una nuova saletta<br />

allestita a questo scopo.<br />

I posti sono limitati a 10 persone, per cui è necessario prenotare.<br />

Le degustazioni si svolgeranno a cadenza quindicinale, il Martedì<br />

sera alle ore 21.<br />

Martedì 5 Dic.: I Montepulciano d’Abruzzo annata 2000 in<br />

degustazione cieca.<br />

Martedì 19 Dic.: con 5 Bordolesi da Italia, Francia e USA, tutti<br />

<strong>del</strong>l’annata 1999 in degustazione cieca.<br />

A concludere il primo ciclo il 9 Genn.2007: 5 grandi Champagnes<br />

<strong>del</strong>la Còtes des Blancs sempre in degustazione cieca.<br />

Le degustazioni non avranno carattere tecnico, ma piuttosto<br />

divulgativo-ludico.<br />

Prenotazioni–info: Villa di Bodo Sarcedo tel. 0445-344506


Appuntamenti <strong>del</strong> mese<br />

DICEMBRE 2006<br />

ALLA SCOPERTA DEI CRAUTI<br />

<strong>La</strong> condotta <strong>del</strong>la Val Leogra<br />

Grazie alla disponibilità <strong>del</strong>la<br />

ditta Zuccato<br />

Organizza una visita alla centenaria<br />

fabbrica. Venerdi 1 Dicembre alle ore 18,50<br />

Ore 19,00 Visita guidata a cura <strong>del</strong> sig.<br />

Marco Zuccato ove spiegherà i processi<br />

produttivi e verrà proiettato un filmato sulle<br />

coltivazioni. Ore 20,20 trasferimento al<br />

Ristorante da Riccardo di Carrè. Qui ci sarà<br />

modo di approfondire il tema verificando<br />

con il palato in quanti modi si possono<br />

degustare, scoprendo o meglio<br />

revisionando la classica immagine che si ha<br />

dei crauti come semplice condimento.<br />

30,00 euro per i soci slowfood, 35,00 i non<br />

soci. Info e prenotazioni Roberto Agosti<br />

335 598 46 40<br />

- 1 dicembre: Appuntamenti<br />

Enogastronomici - Altissimo, Agriturismo<br />

<strong>La</strong>ita, Via Righello, 3.<br />

"I magnari de na volta", a tavola con le<br />

ricette <strong>del</strong>la tradizione contadina.<br />

Su www.laita.it troverai i menù<br />

aggiornati.<br />

Tel. 0444/429618–333/7229932<br />

- 1 dicembre: Autunno sull'Aia -<br />

Valstagna, Ristorante "I Calieroni". Il<br />

Gruppo Ristoratori <strong>del</strong> Mandamento di<br />

Bassano <strong>del</strong> Grappa, coordianti<br />

dall’Unione <strong>del</strong> Commercio, propongono<br />

per l’autunno 2006 il 7° ciclo <strong>del</strong>la<br />

rassegna enogastronomica, dedicata alla<br />

diffusione <strong>del</strong>le specialità <strong>del</strong>la terra<br />

veneta.<br />

Specialità: Coniglio. Un decorativo<br />

tagliere da polenta di ceramica sarà<br />

l’omaggio che verrà offerto all’ospite che<br />

parteciperà alle serate.<br />

Tel. 0424/99356<br />

- 2 dicembre ore 21:<br />

Letteratura a Tavola - Marano Vic.no,<br />

Auditorium Comunale. Nell'ambito<br />

<strong>del</strong>l'autunno culturale la compagnia<br />

teatrale <strong>La</strong> Zonta presenta uno<br />

spettacolo dedicato a gioie, dolori e<br />

miracoli <strong>del</strong> cibo con le opere di Karen<br />

Blixen, Luciana Litizzetto, Banana<br />

Yoshimoto, Alessandro Baricco e altri<br />

ancora. Con accompagnamento musicale<br />

live <strong>del</strong>l'Amadeus Ensemble e piccole<br />

degustazioni. Regia di Giampiero Pozza.<br />

Ingresso libero. Biblioteca Comunale,<br />

tel.0445/622897-www.lazonta.it<br />

- dal 7 al 10 dicembre: Festa <strong>del</strong><br />

Radicchio di Asigliano - Asigliano Veneto.<br />

E’ una festa interprovinciale indetta per<br />

la valorizzazione e commercializzazione<br />

di questo prodotto tipico <strong>del</strong> basso<br />

vicentino, ma anche <strong>del</strong> basso veronese e<br />

<strong>del</strong> padovano, zone confinanti e pertanto<br />

caratterizzate da questo stesso tipo di<br />

coltura. Vi partecipano circa un<br />

centenario di produttori/espositori con<br />

premi previsti per i primi 20 migliori<br />

qualificati sottoposti ad un giudizio<br />

tecnico; verrà effettuata la “Rassegna<br />

Provinciale <strong>del</strong> Radicchio” alla quale<br />

parteciperanno numerosi produttori<br />

provenienti dalle varie parti <strong>del</strong>la<br />

provincia di Vicenza. Inoltre ci sarà la<br />

“Mostra <strong>del</strong>la patata da seme” prodotta<br />

nella zona <strong>del</strong> basso vicentino e si<br />

ripeterà l’esperienza <strong>del</strong> “<strong>La</strong>boratorio <strong>del</strong><br />

gusto” in collaborazione e con la partecipazione<br />

<strong>del</strong>le scuole materna ed<br />

elementare. Informazioni: Comune di<br />

Asigliano, tel. 0444 872014,<br />

www.comune.asiglianoveneto.vi.it<br />

- 7 dicembre:<br />

II° rassegna enogastronomica “Natura e<br />

Sapori <strong>del</strong>la Val Leogra, Val D’Astico e Val<br />

Posina" - S. Antonio di Valli <strong>del</strong> Pasubio,<br />

Ristorante Dalla Carla – Da Bruno. Serata<br />

conclusiva a cura dei Ristoratori <strong>del</strong>la Val<br />

Leogra. - Info e prenotazioni: Ristorante<br />

Dalla Carla– Da Bruno Via Piazza Alta, 26<br />

- Tel. 0445 / 630047 - Fax. 0445 /<br />

590370. Organizzazione: Ascom Schio<br />

Tel. 0445 / 694911<br />

- 8 dicembre:<br />

26 a Antica Mostra mercato dei “Corgnoi”<br />

- Crespadoro<br />

Si festeggia l' 8 Dicembre, festa<br />

<strong>del</strong>l'Immacolata. Nasce a Crespadoro nel<br />

1980, originata da un antichissimo<br />

mercato locale con scadenza il 2 giovedì<br />

di Dicembre e da una radicata tradizione<br />

di raccogliere e allevare questo mollusco<br />

(lumaca opercolata) e mangiarne in<br />

famiglia la vigilia di Natale. Sembra che i<br />

piatti poveri siano per certi versi i più<br />

ricercati. Uno studioso di fidata credibilità<br />

assicura di aver letto in un libro di pratica<br />

culinaria <strong>del</strong> '600 come già allora fossero<br />

noti i "corgnoi" di Crespadoro; nobili<br />

vicentini se ne mandavano a prendere<br />

per loro particolari cene. Dalle prime ore<br />

<strong>del</strong> mattino (ore 7.00) si svolge la<br />

vendita dei corgnoi (lumache opercolate)<br />

da parte dei commercianti con apertura<br />

stand gastronomico. Ore 8: apertura<br />

mostra, mercatini di prodotti locali. Alle<br />

11,30 in Sala Consigliare, si svolge una<br />

mini conferenza sul tema e a seguire la<br />

premiazione <strong>del</strong> consorso. Pomeriggio:<br />

intrattenimento musicale folkloristico con<br />

stands <strong>del</strong>la Com. Mont Agno-Chiampo -<br />

Pro Loco di Crespadoro - tel.<br />

339/4214546 - fax 0444/429030 -<br />

cinzf@libero.it<br />

- 10 dicembre:<br />

Mercatino Natalizio Prodotti Tipici<br />

Valdagno.<br />

Con stands <strong>del</strong>la Com. Mont Agno-<br />

Chiampo.<br />

- 13 dicembre, dalle 16 alle 18:<br />

UNIVERSITA’ POPOLARE PER<br />

L’EDUCAZIONE PERMANENTE<br />

Alberi da frutto e verdure: loro origine -<br />

Recoaro Terme, Sede Associazione Amici<br />

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Centro Polifunzionale Giardino. Dott.<br />

Michele Franceschi. Le lezioni sono<br />

aperte a tutti e sono completamente<br />

gratuite.<br />

Informazioni: martedì e giorvedì dalle 15<br />

alle 18 in sede<br />

Tel.0445/780642<br />

Cell.3397599400<br />

- 15-17 dicembre:<br />

17 a Festa <strong>del</strong> Radicchio Rosso<br />

di Verona - Asigliano<br />

Tel. 0444/872167<br />

- 16 dicembre:<br />

Appuntamenti Enogastronomici<br />

Altissimo, Agriturismo <strong>La</strong>ita, Via Righello,<br />

3. "Seconda cena coi corgnoi", cena a<br />

tema a base di sole lumache. Su<br />

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Tel. 0444/429618–333/7229932<br />

- 22 dicembre:<br />

Appuntamenti Enogastronomici<br />

Altissimo, Agriturismo <strong>La</strong>ita, Via Righello,<br />

3. "Ossi de mas-cio", cena a tema coi<br />

prodotti <strong>del</strong>la macellazione <strong>del</strong> maiale.<br />

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Tel. 0444/429618-333/7229932


Feste & Cenoni<br />

46<br />

A tavola con<br />

le Stelle<br />

Natale si avvicina: i cuori trepidano e si s'inteneriscono, al suono <strong>del</strong>le zampogne promettiamo che da domani saremo tutti più<br />

buoni!<br />

Gli stomaci, invece, fibrillano e trasudano succhi gastrici: tremano alla prospettiva di venir come ogni anno rimpinzati fino a<br />

scoppiare, una sera dopo l'altra, nella successione di ricorrenze e appuntamenti conviviali che non daranno tregua; dalla notte <strong>del</strong><br />

24, quando Babbo Natale ci troverà ad attenderlo ansiosi dei suoi doni, fino al giorno <strong>del</strong>la Befana: calandosi dal camino nottetempo<br />

la vecchietta ci sorprenderà addormentati come macigni, sprofondati nella problematica digestione <strong>del</strong> filotto di cene che avremo<br />

inevitabilmente attraversato, pagando dazio anche agli altri santi, Stefano e Silvestro, che pure loro reclamano doveroso ossequio<br />

in forma gastronomica.<br />

Insomma sì, pranzi cene e cenoni: da appagare ogni golosità, ma alla fine anche da non poterne più. E da farci sgomentare al<br />

pensiero di quante fatiche ci costerà - in palestra o in piscina, o sui sentieri <strong>del</strong> jogging e <strong>del</strong>la mountain bike - smaltire il sovraccarico<br />

di calorie, e cercar di ricacciare con un "vade retro!" i lar<strong>del</strong>li che premeranno debordanti alle cuciture dei jeans.<br />

In questi giorni più che mai il cibo sarà croce e <strong>del</strong>izia, poiché saremo irresistibilmente indotti, dalle lusinghe dei banchi rigogliosi<br />

di negozi e mercatini, a toglierci ogni sfizio; e arriveremo altrettanto inesorabilmente a gennaio ad un desolante stato di ottusa<br />

sazietà - ma non pensiamoci ora!<br />

Anche per il Pranzo di Natale o per il Cenone di Capodanno, pur non potendo ignorare le portate immancabili su ogni tavola (il<br />

cappone, le lenticchie, torroni e panettoni, lo spumante…) ciascuno di noi si regolerà in base alle proprie inclinazioni astrlogiche,<br />

che i miei quattro fe<strong>del</strong>i lettori avranno ormai imparato a decifrare e riconoscere da sé.<br />

Questa volta ci concentreremo piuttosto sull'atteggiamento e lo spirito con cui ciasciun segno va incontro alle Feste e ai relativi<br />

banchetti; la scelta dei cibi la si potrà facilmente immaginare di conseguenza.<br />

Ecco allora qualche indicazione su come i dodici cavalieri <strong>del</strong>lo Zodiaco vanno ad affrontare la singolar tenzone gastronomica che<br />

ci attende.<br />

FILIPPO FERRERI studia e pratica l'Astrologia da molti anni a Schio,<br />

dove tiene regolarmente corsi presso l'associazione culturale <strong>La</strong> Corte.<br />

Ha collaborato in passato con varie testate<br />

e partecipato come relatore a conferenze e convegni


L'Ariete non è molto sensibile alle romanticherie<br />

natalizie, ma sicuramente si scatenerà nel<br />

baccanale pagano per l'avvento 2007, tra scoppi<br />

di vitalità, eccessi e bagordi, con gli immancabili<br />

fuochi di cui sarà intrepido artificiere.<br />

Il Toro si siede a tavola il 24 dicembre, e non se<br />

ne alzerebbe più fino all'Epifania: casa, famiglia,<br />

tradizione, cibo in abbondanza e convivialità,<br />

attorno al desco c'è tutto ciò di cui ha bisogno, è<br />

il suo Presepe vivente.<br />

Anche i Gemelli vivranno il loro magic moment<br />

la sera di S. Silvestro, tra frizzi, lazzi e<br />

mascherate, spizzicando e spigolando qua e là,<br />

dalle cappesante fino all'identificanzione finale<br />

con le bollicine <strong>del</strong>lo spumante.<br />

Il Cancro è appagato nel veder la famiglia<br />

raccolta a tavola, rinsaldarsi i legami affettivi che<br />

per lui sono la trama essenziale <strong>del</strong>la vita,<br />

sciogliersi le tensioni nei buoni sentimenti,<br />

ovvero nella soffice fragranza <strong>del</strong> panettone.<br />

Il Leone è festaiolo per eccellenza, e se c'è da<br />

concedersi agli stravizi non si tira mai indietro;<br />

esige naturalmente le portate più prestigiose, ed<br />

è un tempista imbattibile nel cogliere la<br />

mezzanotte col botto <strong>del</strong>lo champagne.<br />

Per la Vergine Mission Impossible:<br />

salvaguardare la sua dieta dalle tentazioni<br />

natalizie; si difenderà concentrandosi sull'aspetto<br />

organizzativo, servirà gli altri, riservando per sé<br />

di piluccare furtivamente pistacchi e bagigi.<br />

<strong>La</strong> Bilancia è un'ospite perfetta, di discreta e<br />

<strong>del</strong>iziosa compagnia; solo lasciatela fuori dai<br />

frangenti in cui si frantumano i calici e si dà la<br />

stura ai mortaretti, poiché lei trova tali usanze<br />

molto volgari e inopportune.<br />

Lo Scorpione è a disagio: non ama le ricorrenze,<br />

non ama le rimpatriate familiari, non ama<br />

mangiare… farà il possibile per darsi malato, o<br />

altrimenti si toglierà lo sfizio di dissacrare<br />

l'atmosfera solenne con le sue provocazioni.<br />

Il Sagittario si lecca già i baffi, lui certo non<br />

teme le mangiate pantagrueliche, e per di più<br />

apprezza l'opportunità di gustare frutta esotica o<br />

pietanze insolite; affabilmente ingolla e<br />

chiacchiera, instancabile.<br />

Il Capricorno non capisce bene il perché di tanta<br />

enfasi, lui andrebbe volentieri a letto alle dieci<br />

come ogni sera; sente però un'attrazione fatale<br />

verso le lenticchie, ovviamente per via <strong>del</strong>le ben<br />

note virtù propiziatorie.<br />

L'Aquario, lo sappiamo, si adatta: trova un<br />

tantino ingenui e noiosi questi rituali sempre<br />

uguali, ma l'occasione di assaggiare nuove<br />

pietanze e nuove compagnie lo stuzzica, si può<br />

trovar sempre un po' di mondanità.<br />

I Pesci sono i più sensibili alla dimensione<br />

spirituale, fiutano nell'aria la magia, si struggono<br />

per nenie e filastrocche, danno sfogo alla fantasia<br />

coi regalini, e in fondo credono ancora a Babbo<br />

Natale. Beati loro!<br />

47


Visita Oculistica per tre aspiranti reclute.<br />

-Leggi quel cartello!<br />

-Funicolare di Como!<br />

-Bene! Abile arruolato; destinazione: alpini.<br />

Avanti un altro! ... leggi quel cartello!<br />

-Funicolare di Como!<br />

-Bene! Abile arruolato; destinazione: alpini.<br />

Avanti un altro! ... leggi quel cartello!<br />

-Fu nicola re di Como!<br />

-Bene! Abile arruolato; destinazione:<br />

carabinieri.<br />

Figlio <strong>del</strong> pastore sardo.<br />

Siamo verso Natale, e il figlio <strong>del</strong> pastore vorrebbe ricevere un<br />

regalo.<br />

Prende carta e penna e si mette a scrivere la letterina per Babbo<br />

Natale.<br />

"Carro Babbo Nattale.<br />

Per il ggiorno <strong>del</strong>la tua festa, vorrei riccevvere una biccicletta<br />

rrossa". Arriva la mattina di Natale, il bambino va a vedere<br />

sotto l'albero e non trova nulla.<br />

Un po' perplesso, si rimette al tavolo a scrivere un'altra<br />

letterina: "Carra Beffana.<br />

Per il ggiorno <strong>del</strong>la tua festa, vorrei riccevvere una biccicletta<br />

rrossa".<br />

Arriva anche il giorno <strong>del</strong>l' Epifania, ma la bicicletta rossa non<br />

arriva.<br />

Allora guardandosi intorno, il bambino osserva il presepe,<br />

prende la statuina <strong>del</strong> bambin Gesu', se la mette in tasca e si<br />

rimette al tavolo a scrivere un'altra letterina.<br />

"Carra Maddonna.... Se vvuoi rivvedderre ttuo ffiglio....".<br />

Per la <strong>strada</strong> c'è un bimbo che piange disperatamente; arriva<br />

un'anziana e chiede:<br />

-Poverino cos'hai fatto?<br />

Pierino:<br />

-Iiiii! Il mio babbo s'è dato una martellata sul dito!<br />

Anziana:<br />

-Beh, ma se l'è data lui, non hai nessun motivo per piangere.<br />

Pierino:<br />

-Iiiii! ... infatti, subito io m'ero messo a ridere!<br />

24 dicembre: a Babbo Natale tutto quello che poteva andare storto andava storto. Le renne avevano avuto<br />

la dissenteria e avevano ridotto la stalla a un disastro, aveva dovuto spalare cacca per tutta la notte. Aveva<br />

caricato la slitta da solo perché gli gnomi erano in sciopero, e aveva dovuto scaricarla perché un pattino era<br />

rotto, aveva perso tutta la mattinata a ripararlo e si era anche tagliato malamente un pollice con l'ascia, e<br />

quelle maledette renne erano scappate e ci aveva messo una vita a recuperarle. Metà dei giocattoli non erano<br />

arrivati, e quelli che gli avevano consegnato erano tutti <strong>del</strong>la lista <strong>del</strong>le consegne <strong>del</strong>l'anno prima. Gli elfi<br />

si erano ubriacati, aveva dovuto cercarsi i doni giusti in magazzino da solo, e si era ammaccato il naso e un<br />

ginocchio quando gli si era rotta la scala. Nel mettersi i pantaloni li aveva strappati perché era ingrassato<br />

troppo, non c'era verso di trovare il cappello, aveva perso gli occhiali, aveva bruciore di stomaco e quando<br />

aveva cercato una birra in frigo l'aveva trovato rotto e comunque la birra era finita. In quel momento bussa<br />

alla porta un Angelo con un albero di Natale e domanda "Dove devo metterlo, questo abete?" Ecco come è<br />

nata l'usanza di mettere l'Angelo sulla cima <strong>del</strong>l'albero di Natale...<br />

Un uomo entra nel negozio di un distributore di benzina:<br />

-Assumete degli impiegati?<br />

-No, siamo al completo. Abbiamo già tutti i lavoratori che ci servono.<br />

-Bene! Allora che ne dice di mandarne qualcuno fuori a farmi il pieno?<br />

"Non esagerate scaldando quei piatti!"

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