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Anno II, n. 2 del 01 Giugno 2011 - € 5.00<br />

9 772038 342001<br />

150<br />

In questo numero: Natal<strong>in</strong>o Balasso Luca Belloni Romolo <strong>Cacciatori</strong> Paolo Cassetta Alessandro Ceccotto Elizabeth De Boehmler<br />

Milena Dolcetto Foto Club Adria Anamaria Girdescu Fiorella Libanoro Giolo Dimer Manzolli Giuseppe Pastega<br />

Claudia Piccolo Bruna Giovanna P<strong>in</strong>eda Maurizio Romanato Sergio Sottovia Alessandra Tozzi Matteo Veronese


Foto di Romolo <strong>Cacciatori</strong> e Irene Pol<strong>in</strong>elli<br />

www.cacciatori.<strong>org</strong><br />

SAPORI E SAPERI<br />

Il Poles<strong>in</strong>e <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a<br />

Territorio, prodotti e tradizioni<br />

di Romolo <strong>Cacciatori</strong><br />

Anche quest’anno è arrivata Pasqua e <strong>per</strong> <strong>in</strong>terrom<strong>per</strong>e le vecchie abitud<strong>in</strong>i,<br />

complici le belle giornate alle porte e la poca voglia di stare<br />

ai fornelli, tutta la famiglia ha deciso di trascorrere la giornata sul<br />

Delta e, <strong>per</strong> l’occasione, presentare così la terra delle nostre orig<strong>in</strong>i a Gaia,<br />

la nipot<strong>in</strong>a appena nata. Prima, <strong>per</strong>ò, una rapida sosta ad Adria, <strong>per</strong> una<br />

passeggiata lungo il “Corso”. Il nostro girovagare si arresta quasi subito <strong>in</strong><br />

“Piassa Castelo”. E’ <strong>qui</strong>, sul sagrato della Cattedrale, che si ritrova, anche se<br />

più <strong>org</strong>anizzata, l’atmosfera del rito del matt<strong>in</strong>o di Pasqua, che appartiene<br />

alla nostra <strong>in</strong>fanzia e a quella dei nostri genitori: “scossare i vovi”. Bamb<strong>in</strong>i<br />

e non più giovani, <strong>in</strong> una disfida senza f<strong>in</strong>e ma allegra e divertente, dove<br />

78<br />

l’avversario viene battuto a colpi di uova sode e il bott<strong>in</strong>o<br />

con<strong>qui</strong>stato portato a casa, come un trofeo. Dalle f<strong>in</strong>estre<br />

si spandono nei vicoli e si mescolano gli odori del<br />

pranzo pasquale tradizionale: un ragù <strong>per</strong> il pasticcio<br />

o <strong>per</strong> le tagliatelle fatte <strong>in</strong> casa, il profumo di capretto<br />

al forno e dell’esse. Tutto si evolve, ma niente cambia,<br />

nel Poles<strong>in</strong>e, <strong>per</strong> fortuna, o no? Ecco allora un momento<br />

<strong>per</strong> soffermarci sulle nostre orig<strong>in</strong>i e sulla nostra terra,<br />

dalla quale momenti difficili e s<strong>per</strong>anze di un futuro più<br />

sicuro ci hanno allontanato, ma che rivediamo sempre<br />

con grande piacere e a cui ci sentiamo onorati di appartenere.<br />

E possiamo pensare che ci sia qualcosa di meglio<br />

del cibo, dei prodotti della terra, delle tradizioni ad essi<br />

legate, <strong>per</strong> riprendere questo discorso?<br />

Il Poles<strong>in</strong>e: la sua dislocazione territoriale, le coltivazioni<br />

e i prodotti naturali che <strong>in</strong>fluenzarono direttamente la cuc<strong>in</strong>a<br />

e la gastronomia.<br />

Il Poles<strong>in</strong>e è questa terra posta fra il Po e<br />

l’Adige, una zona che è fra le più fertili pianure<br />

d’Italia, lontana dai monti, con clima<br />

nebbioso e umido d’<strong>in</strong>verno, afoso<br />

d’estate. La sua denom<strong>in</strong>azione Poles<strong>in</strong>e<br />

deriva dal lat<strong>in</strong>o medioevale<br />

«polic<strong>in</strong>um» (che significa<br />

terra paludosa). Una canzone<br />

che parla di questi luoghi,<br />

nelle parole “Terra e<br />

acqua, acqua e terra” ne riassume<br />

l’essenza. La storia del<br />

territorio e delle sue popolazioni<br />

è fatta di<br />

piene, alluvioni, fughe<br />

sugli arg<strong>in</strong>i,<br />

migrazioni, duro<br />

lavoro <strong>per</strong> strappare<br />

all’acqua la<br />

vita e fuggire dalla<br />

miseria e dalla<br />

povertà. Tutto vissuto sempre con estrema dignità. Danni<br />

gravissimi ha causato la rotta del Po avvenuta nei pressi<br />

di Occhiobello il 14 novembre 1951, <strong>in</strong> seguito alla quale<br />

gran parte del Poles<strong>in</strong>e andò sommerso. Ma questa<br />

situazione non era nuova, dato che s<strong>in</strong> dai tempi antichi<br />

si hanno notizie di questo fenomeno che si ripeteva con<br />

molta frequenza. Praticamente tutti i rami del Delta del<br />

Po, f<strong>in</strong> dai primordi, erano cont<strong>in</strong>uamente <strong>in</strong> una fase di<br />

REM<br />

79<br />

assestamento e forse la fase ultima di questo processo<br />

idrogeologico la si ebbe con il Taglio di Porto Viro, messo<br />

<strong>in</strong> o<strong>per</strong>a dai Veneziani, nei primi anni del 1600. Ma<br />

anche l’Adige portò i suoi nefasti contributi, <strong>in</strong>iziando dal<br />

lontano ottobre ‘589 con la rotta della Cucca f<strong>in</strong>o ai tempi<br />

più recenti. Questa precarietà, causata dagli allagamenti,<br />

creò un’obbligatorietà nella ricerca dei mezzi di<br />

sostentamento quotidiano; sicuramente altra cosa rispetto<br />

all’agricoltura <strong>in</strong>tensiva, affermatasi <strong>in</strong>vece nella pianura<br />

Padana. Il popolo del Poles<strong>in</strong>e, <strong>per</strong> un <strong>per</strong>iodo lunghissimo,<br />

cont<strong>in</strong>uò a contare <strong>per</strong> il suo sostentamento sulla caccia<br />

e sulla pesca. L’agricoltura <strong>in</strong>tensiva arrivò solo <strong>in</strong><br />

tempi seguenti, oltre il 1600, e di bonifica del Delta del<br />

Po si com<strong>in</strong>ciò a parlare <strong>in</strong> modo <strong>org</strong>anico attorno ai<br />

primi anni del 1900. L’alimentazione delle popolazioni si<br />

rivolse ai prodotti della terra: verdura, frutta e cereali coltivati<br />

<strong>per</strong> uso <strong>per</strong>sonale. La coltivazione dei cereali ebbe<br />

impulso solo nel tardo 1500, dopo l’arrivo del mais dalle<br />

Americhe e costituì assieme al frumento la base dell’alimentazione<br />

della popolazione. Questa abbondanza di<br />

acqua non è stata solo una disgrazia, ma ha <strong>per</strong>messo<br />

che si sviluppasse nel Delta del Po la coltivazione del riso,<br />

che risale al 1400, che solo nel XVI secolo divenne estensiva<br />

ed <strong>org</strong>anizzata <strong>per</strong> o<strong>per</strong>a della famiglia degli Estensi,<br />

i quali riusci rono a sfruttare i terreni ac<strong>qui</strong>tr<strong>in</strong>osi<br />

che altrimenti sarebbero rimasti<br />

ab bandonati. Questa coltura era<br />

stretta mente legata<br />

alla bonifica, <strong>in</strong><br />

quanto <strong>per</strong>metteva<br />

di accelerare il<br />

proces so di utilizzazione<br />

dei terreni<br />

salsi da dest<strong>in</strong>are<br />

poi alla rotazione<br />

colturale,<br />

come testimoniato<br />

da una<br />

legge della Repubblica<br />

Veneta<br />

del 1594 (il territorio del Basso Delta cambiò spesso di<br />

“padrone” fra Veneziani ed Estensi). L’isolamento del territorio,<br />

la partico lare natura del terreno emerso e il suo<br />

cont<strong>in</strong>uo espandersi <strong>per</strong> le torbide dei rami del Po nel<br />

corso dei secoli XVI e XVII, fecero del Poles<strong>in</strong>e una terra<br />

eletta <strong>per</strong> il riso, <strong>in</strong> quanto l’isolamento impediva la diffusione<br />

delle fitopato logie come il “brusone” e la disponibilità<br />

di terre nuove consentiva la ri saia avvicendata an-


che <strong>in</strong> presenza di terreni stanchi (i veneziani mettevano<br />

all’asta il nuovo territorio che il Po formava alla foce vendendolo<br />

con la formula “f<strong>in</strong>o a due onde <strong>in</strong> mare”).<br />

Quando il prezzo del riso, tra il 1825 e il 1835, su<strong>per</strong>ò<br />

il prezzo del grano, con <strong>in</strong>crementi che si protrassero <strong>per</strong><br />

oltre un decennio, <strong>in</strong> Poles<strong>in</strong>e la risaia su<strong>per</strong>ò gli 11.000<br />

ettari di <strong>in</strong>vestimen to. Sul f<strong>in</strong>ire dell’800 si ridusse ai<br />

6.900 ettari, a causa del crollo del prezzo del riso <strong>per</strong> la<br />

concorrenza del riso orien tale, la cui penetrazione commerciale<br />

fu facilitata dall’a<strong>per</strong>tura del Canale di Suez e<br />

dalla riduzione dei suoli. La crisi così <strong>in</strong>nescata proseguì<br />

nel 1900, l’estensione delle risaie si ridusse ulteriormente<br />

f<strong>in</strong>o a circa 2500 ettari nelle sole aree mar<strong>in</strong>e <strong>per</strong> poi<br />

scomparire e riemergere <strong>in</strong> tempi recentissimi. Nelle campagne<br />

la vita era dura e la giornata agricola era divisa<br />

<strong>in</strong> quattro quarti. La suddivisione, suscettibile di variazione<br />

<strong>in</strong> funzione delle Stagioni: il primo quarto dall’alba<br />

alle otto, ora <strong>in</strong> cui ci si fermava <strong>per</strong> la merenda; il secondo<br />

durava f<strong>in</strong>o a mezzogiorno, il terzo dalle tre alle c<strong>in</strong>que,<br />

con una breve sosta <strong>per</strong> il “marend<strong>in</strong>”; il quarto si<br />

protraeva s<strong>in</strong>o al tramonto. D’<strong>in</strong>verno ci si alzava che era<br />

ancora buio, quando gli uom<strong>in</strong>i andavano <strong>in</strong> stalla; la<br />

prima cosa che le donne facevano<br />

era quella di accendere il fuoco<br />

e raccogliere i resti del mangiare<br />

che si erano accumulati<br />

vic<strong>in</strong>o al focolare e poi gettarli<br />

dentro a fuoco vivo.<br />

Alla sera non si poteva spazzare<br />

fuori <strong>per</strong>ché si sarebbe<br />

buttata via la fortuna. Si<br />

metteva sul fuoco il paiolo<br />

<strong>per</strong> la broda del mais, si liberavano<br />

le gall<strong>in</strong>e e si<br />

dava loro da mangiare,<br />

si raccoglievano<br />

le uova, si<br />

pulivano e si<br />

dava da mangiare<br />

alle “cioche”<br />

che erano a covo. Dopo il “ponaro” si andava a dare da<br />

mangiare al maiale e passando <strong>per</strong> l’orto si raccoglievano<br />

le verdure. In casa si mettevano a bollire i fagioli <strong>per</strong><br />

avviare il mangiare. Si svegliavano i “fioi” <strong>per</strong> mandarli<br />

a scuola e si preparava la tavola <strong>per</strong> la merenda. Gli<br />

uom<strong>in</strong>i si avviavano verso la campagna, con il loro fiaschetto<br />

di bevanda o di graspia (una specie di v<strong>in</strong>o che<br />

si faceva buttando acqua sulle v<strong>in</strong>acce ormai esaurite <strong>per</strong><br />

SAPORI E SAPERI<br />

80<br />

tirare fuori quello che rimaneva dall’uva), e f<strong>in</strong>almente la<br />

donna poteva “fare i fatti” <strong>in</strong> santa pace! Questi scorci di<br />

vita sono tratti da una testimonianza dei primi del novecento<br />

raccolta da Chiara Crepaldi. Al matt<strong>in</strong>o quando si<br />

metteva “su il mangiare”, spesso questo consisteva <strong>in</strong> una<br />

zuppa con quello che c’era, oppure <strong>in</strong> una m<strong>in</strong>estra di<br />

fagioli che cuocendo lentamente f<strong>in</strong>o a sera produceva il<br />

”brustol<strong>in</strong>”; così si poteva anche portare nei campi avvolto<br />

<strong>in</strong> un foglio di carta da giornale. Naturalmente <strong>in</strong>sieme<br />

ai fagioli veniva cotto anche il riso, detto ”risotto alla<br />

Canarola”, chiamato anche risotto col brustol<strong>in</strong>. Il riso<br />

non veniva cotto solo con i fagioli ma, quando c’erano,<br />

anche con il pesce gatto, con le rane, con le scardole,<br />

con il luccio, con il pesce di mare, riso <strong>in</strong> brodo di pesce.<br />

Al riso si abb<strong>in</strong>avano anche le erbe di stagione, sia spontanee<br />

che coltivate: “risi e bruscandoli”, “risi e carletti”<br />

(un’erba che cresce nei campi), risi e asparago selvatico,<br />

con nepitella, con acetosella, con e<strong>qui</strong>seto, con prezzemolo<br />

e ricotta, con le ortiche. Con i prodotti dell’orto e<br />

allora: risi e sedano, con la zucca, con la cipolla, coi<br />

bisi, con le patate, con i cavoli cappucci, con la fava e<br />

con i tab<strong>in</strong>abour e il “pelao” fatto con soffritto e conserva<br />

di casa e riso alla f<strong>in</strong>e. Qualcuno con qualche<br />

possibilità economica si poteva <strong>per</strong>mettere<br />

riso con le trippe, alla cacciatora, fatto con<br />

gli uccell<strong>in</strong>i “viatare” di fosso, riso con budella<br />

dell’anatra, riso e<br />

latte, risotto con il tartufo<br />

di Papozze, risi e lugàneghe,<br />

risi e fegat<strong>in</strong>i<br />

di gall<strong>in</strong>a. Anche se<br />

tra le m<strong>in</strong>estre dom<strong>in</strong>a<strong>in</strong>contrastato<br />

il riso, non<br />

mancano ricette<br />

di zuppe povere,<br />

a base di un poco<br />

di acqua con verdure,<br />

<strong>per</strong> lo più erbe e<br />

quando andava bene con un soffritto di<br />

grasso di maiale. La zuppa povera, fatta con<br />

acqua bollita, pepe, aglio, sale ed un goccio di olio<br />

con le varianti della zuppa poveretta, a cui si aggiungeva<br />

pane rotto, della zuppa del bovaio di Ariano, ma con<br />

aggiunta di formaggio, la poveretta di Cresp<strong>in</strong>o come le<br />

precedenti ma con il prezzemolo. La zuppa rossa con un<br />

battuto di lardo e pomodoro. Altre zuppe erano quella di<br />

past<strong>in</strong>aca, zuppa di carciofi e <strong>in</strong> genere con le verdure<br />

dell’orto. Particolarmente ricche e sostanziose e <strong>per</strong> questo<br />

adatte al <strong>per</strong>iodo freddo erano la zuppa di trippe, i<br />

marafanti di Corbola, Villadose e Pontecchio (che consistevano<br />

<strong>in</strong> una polent<strong>in</strong>a li<strong>qui</strong>da cotta <strong>in</strong> un brodo di<br />

coda di maiale o ossi di maiale), i papariti: una polent<strong>in</strong>a<br />

come la precedente ma con l’aggiunta di fagioli, mentre<br />

più delicate erano la papp<strong>in</strong>a dei bamb<strong>in</strong>i, la m<strong>in</strong>estra di<br />

olla (fatta con l’unto del maiale) e la zuppa di uovo che<br />

avrà come variante la stracciatella. Importanti ricerche su<br />

questi argomenti sono state sviluppate da Chiara Crepaldi<br />

e Paolo Rigoni nel loro libro ”Il fuoco, il piatto, la parola”<br />

edito dall’Associazione Culturale M<strong>in</strong>elliana di Rovigo<br />

e anche dal Conte Capnist, d’orig<strong>in</strong>e vicent<strong>in</strong>a, che<br />

nei suoi soggiorni nel Delta si appassionò alla tradizione<br />

cul<strong>in</strong>aria locale che lo portò a realizzare un libro sulle<br />

eccellenze gastronomiche polesane. Nelle loro o<strong>per</strong>e si<br />

sono dimostrati molto attenti alla tradizione popolare ed<br />

alla cultura alimentare, sulle dosi delle vecchie ricette <strong>in</strong>vece<br />

si nutrono molti dubbi, dato che le misure adottate<br />

sono “na sbrancà de risi”, “un tucl<strong>in</strong><strong>in</strong> a grass”, “na man<br />

de formajo”, “ un c<strong>in</strong>c<strong>in</strong> de sal” e anche i tempi di lavorazione<br />

e di cottura sono estranei all’orologio: “f<strong>in</strong> a farne<br />

na poent<strong>in</strong>a ciareta come na crema”, “tant tant<br />

ca iena quasi bianca”, “f<strong>in</strong>amente che la pasta<br />

la fa na crost<strong>in</strong>a rossa par<br />

de sora“, “f<strong>in</strong> quand che<br />

tuto le diventà duro”.<br />

Comprendono <strong>in</strong>oltre <strong>in</strong>gredienti<br />

scomparsi<br />

come la melassa, i trigoli,<br />

l’erba porcellana<br />

e <strong>qui</strong>ndi creano<br />

qualche momento<br />

di imbarazzo se si<br />

vogliono rifare le<br />

ricette.<br />

Oltre al riso, i<br />

prodotti base<br />

della cuc<strong>in</strong>a<br />

polesana erano<br />

il mais, il maiale, le<br />

uova, il pesce d’acqua dolce e mar<strong>in</strong>o, la selvagg<strong>in</strong>a delle<br />

valli e le verdure. Nel <strong>per</strong>iodo <strong>in</strong>vernale, <strong>in</strong> prossimità<br />

delle feste natalizie, nelle case contad<strong>in</strong>e si uccideva il<br />

maiale, la cui carne era un tempo la sola che veniva, parsimoniosamente,<br />

consumata dalle famiglie più povere del<br />

Poles<strong>in</strong>e. E’ <strong>qui</strong>ndi naturale che occupi il primo posto tra<br />

le carni più usate nella cuc<strong>in</strong>a tipica polesana. Braciole,<br />

REM<br />

81<br />

salami da taglio (con aglio e v<strong>in</strong>o), cotech<strong>in</strong>i, lardo, ciccioli<br />

(pezzetti di carne residua dalla fusione del grasso),<br />

strutto e pancetta, coda, pied<strong>in</strong>i e orecchiette sono vere e<br />

proprie leccornie. Il maiale viene anche lavorato <strong>in</strong> vari<br />

<strong>in</strong>saccati fra i quali famosa è la “bondiola affumicata”,<br />

tipica del Basso Poles<strong>in</strong>e, soprattutto tradizionale nelle<br />

zone di Ariano, Taglio di Po e Porto Tolle. Si tratta di<br />

carne di maiale tritata grossolanamente, mescolata con<br />

pepe e sale, <strong>in</strong>saccata nella vescica del maiale e appesa<br />

ad asciugare. È un prodotto da consumare fresco, bollito<br />

lentamente <strong>per</strong> quattro ore. La “bondiola” è presentata<br />

come pietanza, con purea di patate o verdure cotte. Vi è<br />

poi la “bondiola di Adria”, che può essere confusa con la<br />

salama da sugo ferrarese, ma l’impasto è diverso: nella<br />

salama è fatto solo con il maiale, nella bondiola adriese<br />

ci sono carne magra di vitello mac<strong>in</strong>ata <strong>in</strong>sieme con fesa<br />

di maiale e lardo. L’impasto viene <strong>in</strong>saporito con sale,<br />

pepe e v<strong>in</strong>o rosso e <strong>in</strong>saccato nel budello cieco del bue<br />

o nella vescica del maiale. La stagionatura avviene <strong>per</strong><br />

almeno quattro mesi <strong>in</strong> un ambiente fresco e ventilato. La<br />

bondiola va cuc<strong>in</strong>ata con le stesse regole della salama:<br />

lunga bollitura (almeno quattro ore) a fuoco molto basso,<br />

sospesa <strong>in</strong> acqua senza toccare le<br />

pareti della pentola. Si serve<br />

tagliata a spicchi su un letto<br />

di purea di patate o di<br />

verdure saltate al burro.<br />

Altri <strong>in</strong>saccati<br />

e piatti particolari<br />

sono la “pontega”<br />

(topa) di Adria (un<br />

sugo di carne di<br />

maiale proveniente<br />

da <strong>in</strong>saccati e mangiata<br />

con la p<strong>in</strong>sa), la carne<br />

pestata di Castelnovo<br />

Bariano, i sangu<strong>in</strong>acci<br />

di Loreo<br />

e di Cavanella<br />

Po, la soppressa<br />

di Panarella e di<br />

Castelnovo Bariano, il “bundl<strong>in</strong>” di Papozze, la bondiola<br />

di Cauccio di Rovigo, la pancetta di Fasana, la lucanica<br />

matta fatta con frattaglie e carne bianca del maiale e cotta<br />

al momento, lo scamone a bagnomaria e le pancette di<br />

Castelnovo Bariano, le more e more matte (salsicce con<br />

sangu<strong>in</strong>acci), con le orecchie e i polmoni, con l<strong>in</strong>gua,<br />

con la testa zampone, ossa lesse. Niente viene buttato!


Anche il “sangue” di Beverare e di Contar<strong>in</strong>a e le ossa<br />

vengono usati. Il primo, <strong>per</strong> preparare una torta molto<br />

particolare, le seconde, spolpate e bollite vengono servite<br />

<strong>in</strong> tavola accompagnate dalle “verze sofegà”. Tante<br />

sere la cena si poteva procurare con una canna o con un<br />

“balans<strong>in</strong>” sui canali ed <strong>in</strong> Po. Il pesce che più si presta<br />

<strong>per</strong> essere bollito è il branz<strong>in</strong>o e quei cefali che <strong>in</strong> dialetto<br />

vengono chiamati bòsega o volp<strong>in</strong>a. I pesci che vengono<br />

preferibilmente arrostiti o messi alla griglia sono sia pesci<br />

conservati come gli scopettoni, i saracconi, le ar<strong>in</strong>ghe oppure<br />

freschi come l’orata, il cefalo (otregàn), il branz<strong>in</strong>o<br />

piccolo sul chilo, le passere di una certa dimensione, la<br />

re<strong>in</strong>a, la cheppia, gli sgombri, i rombi e anche il “bisato”.<br />

Vari sono i modi di cuc<strong>in</strong>are l’anguilla: fritta, con o<br />

senza pelle e sp<strong>in</strong>a, sempre fritta ma questa volta tagliata<br />

a fette e impanata nella far<strong>in</strong>a gialla da polenta, oppure<br />

<strong>in</strong> umido, accompagnata da polenta caldissima e piuttosto<br />

morbida, e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e alla valligiana, che è il modo più<br />

usato nel Delta, dove viene servita caldissima con fette di<br />

polenta arrostita. La polenta è bianca, accompagnamento<br />

questo anche della t<strong>in</strong>ca <strong>in</strong> umido di Gavello, del pesce<br />

gatto <strong>in</strong> tocio, delle rane <strong>in</strong> umido. Naturalmente non<br />

mancano i piatti di fritto come le schie (gamberi di fosso<br />

fritti ma anche <strong>in</strong> frittata),<br />

i latter<strong>in</strong>i (acquadelle), le<br />

t<strong>in</strong>che bafione, le<br />

sard<strong>in</strong>e sotto sale<br />

fritte. Quando non<br />

si poteva pescare<br />

si utilizzavano<br />

pesci conservati:<br />

il bertagn<strong>in</strong> o<br />

baccalà, cuc<strong>in</strong>ato<br />

con il pomodoro<br />

a Scardovari e<br />

Gavello e a Adria<br />

nella particolare<br />

preparazione “<strong>in</strong><br />

rodolo”, alla frattona<br />

a Pontecchio.<br />

Ma <strong>in</strong> autunno, con<br />

un vecchio fucile, andando <strong>per</strong> campi e valli, si poteva<br />

rimediare un pranzo di selvagg<strong>in</strong>a. Le prede più prelibate<br />

tra gli uccelli di valle sono il germano reale (Masor<strong>in</strong>),<br />

la canapiglia (Pignola) e l’alzavola (Sarsegna). Di solito<br />

vengono arrostiti ma, oltre alla cottura al forno, esistono<br />

buone ricette <strong>per</strong> il germano bollito, il fischione (Ciosso)<br />

alla cacciatora e la moretta (Magàsso) associata ad una<br />

SAPORI E SAPERI<br />

82<br />

m<strong>in</strong>estra ai fagioli. L’alzavola e la marzaiola (Crècola)<br />

si prestano <strong>in</strong>oltre <strong>per</strong> preparare un ottimo pasticcio di<br />

maccheroni e <strong>per</strong> condire, scottate alla griglia o arrostite<br />

e sm<strong>in</strong>uzzate, pasta o riso. Un cenno particolare merita<br />

la folaga, un uccello a torto disprezzato da molti gastronomi,<br />

che trattata opportunamente fornisce un piatto<br />

estremamente gustoso. Sia i piatti di pesce che di carne<br />

venivano accompagnati da erbe cotte come la bigarella<br />

(fava fresca sbucciata e cotta), i fagioli schietti o <strong>in</strong> potac<strong>in</strong>,<br />

i cornetti con acciughe, i cappussi soffritti o con l’aceto<br />

come a Loreo, le verze con il garbo di Badia Poles<strong>in</strong>e,<br />

il cavolo al forno con besciamella. In autunno e <strong>in</strong> <strong>in</strong>verno<br />

le grosse zucche mar<strong>in</strong>e, consumate <strong>in</strong> mille modi, venivano<br />

bollite e condite, messe al forno o <strong>in</strong> pentola ad Adria<br />

(con cipolla, rosmar<strong>in</strong>o, pane grattugiato e uvetta), <strong>in</strong>dorate,<br />

con pannocchie e divenivano un pasto completo. I<br />

tap<strong>in</strong>abour e i trigoli, tuberi selvatici raccolti <strong>in</strong> riva al Po<br />

e poi cuc<strong>in</strong>ati come le patate: stufati, alla frattona o con<br />

cipolle; erano ottimi, ma la ricerca era rivolta soprattutto<br />

verso il re dei tuberi: la trifola o tartufo e le saporite spugnole.<br />

Non mancava mai la polenta che accompagnava<br />

tutti questi piatti e serviva anche<br />

<strong>per</strong> saziare quando il companatico<br />

era scarso, veniva cuc<strong>in</strong>ata<br />

quotidianamente a differenza del<br />

pane che ogni famiglia<br />

faceva ogni dec<strong>in</strong>a<br />

di giorni. Ma sia<br />

il pane che la polenta<br />

venivano a<br />

volte mescolati<br />

con altri <strong>in</strong>gredienti<br />

e allora<br />

d i v e n t a v a n o :<br />

polenta <strong>in</strong>favata,<br />

polenta <strong>in</strong>fasolà<br />

de Adria o<br />

polenta dei morti<br />

di Rosol<strong>in</strong>a e de<br />

Contar<strong>in</strong>a, polenta<br />

risata, polenta e latte, polenta burro e<br />

formaggio, con il soffritto, con le cicciole, con formaggio...<br />

Anche il pane veniva cuc<strong>in</strong>ato con uvetta, pepe e<br />

melasso nel pane di Natale, o con l’aggiunta di ciccioli<br />

di maiale e far<strong>in</strong>a gialla: i coaréti de Adria. Ma nel forno<br />

non solo veniva cotto il pane ma anche i dolci: le p<strong>in</strong>se,<br />

le fugasse, le torte di pane o zucca o patate americane,<br />

la mariana, gli esse e le bissole <strong>per</strong> la Befana. Mentre<br />

<strong>per</strong> carnevale venivano fritti i crostoli, i tortelli con la mostarda,<br />

le frittelle di zucca e di riso e i tamplun, fatti con la<br />

far<strong>in</strong>a di castagne che veniva usata anche <strong>per</strong> preparare<br />

i papazon e le bistoche. I dolci erano preparati solo <strong>in</strong> occasione<br />

delle feste e le merende dolci dei bamb<strong>in</strong>i erano<br />

fatte <strong>in</strong> casa con il burro, il pane e lo zucchero.<br />

Durante le fiere venivano venduti i vari “sfurissi”: lo zucchero<br />

filato, le brustol<strong>in</strong>e, le castagne lesse e secche, il<br />

croccante con riso e zucchero, i lup<strong>in</strong>i (fava lu<strong>in</strong>a), i brustol<strong>in</strong>i,<br />

le baricocole (mais lessato e pulito dalla buccia),<br />

i galiti (il pop-corn di adesso). Il giovedì, quando c’era la<br />

stagione delle patate sia normali che dolci, si facevano<br />

gli gnocchi conditi con la cannella o con la melassa. I<br />

maneghi di Trecenta e i rufioi erano gnocchi fatti con le<br />

patate americane e altri <strong>in</strong>gredienti.<br />

Molti di questi piatti cont<strong>in</strong>uano a mantenersi nella cuc<strong>in</strong>a<br />

del Poles<strong>in</strong>e sia nelle famiglie che nei locali pubblici, e<br />

alcuni appartengono al re<strong>per</strong>torio tipicamente veneto, ma<br />

con <strong>in</strong>fluenze anche delle prov<strong>in</strong>ce conf<strong>in</strong>anti del Veneto<br />

(Padova, Verona) e con due diverse regioni: Lombardia<br />

(Mantova) ed Emilia (Ferrara).<br />

Particolarmente nell’ultimo <strong>per</strong>iodo la qualità dei prodotti<br />

e i diversi Istituti Alberghieri hanno contribuito a valorizzare<br />

piatti, prodotti e gastronomia locale.<br />

Nella prov<strong>in</strong>cia di Rovigo si mangia bene, si è accolti con<br />

professionalità, nel rispetto delle tradizioni, con attenzione<br />

alle nuove esigenze.<br />

Situazione attuale del territorio e della cuc<strong>in</strong>a del Poles<strong>in</strong>e<br />

Ad occidente, nell’alto Poles<strong>in</strong>e, dove le campagne sono<br />

state modificate <strong>in</strong> epoca più antica, l’aspetto è più ridente,<br />

i campi sono limitati da filari di viti e di alberi, e <strong>in</strong>terrotti<br />

da arg<strong>in</strong>i e da fossi di scolo ad andamento s<strong>in</strong>uoso.<br />

Qui, pur prevalendo la piccola proprietà, l’agricoltura è<br />

rivolta, oltre che alla produzione del frumento, anche alle<br />

più redditizie colture <strong>in</strong>dustriali.<br />

Il medio Poles<strong>in</strong>e ha condizioni <strong>in</strong>termedie tra la zona alta<br />

e la zona deltizia; la piccola proprietà è meno diffusa;<br />

come colture prevalenti hanno il primo posto il grano e le<br />

barbabietole da zucchero.<br />

Nell’alto e nel medio Poles<strong>in</strong>e, <strong>in</strong>vece, si è sviluppata la<br />

viticoltura e la frutticoltura (melo, <strong>per</strong>o, pesco, sus<strong>in</strong>o e<br />

act<strong>in</strong>idia), che si r<strong>in</strong>nova con s<strong>per</strong>imentazioni colturali di<br />

frutti esotici, la vite è abbastanza frequente.<br />

Nel basso Poles<strong>in</strong>e, che è zona di bonifiche relativamente<br />

recenti, dove un settimo del territorio è occupato da valli<br />

da pesca e due settimi da <strong>in</strong>colto produttivo, prevale la<br />

REM<br />

83<br />

grande proprietà e l’agricoltura viene esercitata su vasta<br />

scala; vi sono strade rettil<strong>in</strong>ee e grandi fattorie.<br />

Nei porticcioli di Pila, Porto Levante e Scardovari si pesca<br />

il pesce che poi viene generalmente consumato <strong>in</strong> loco<br />

e si pratica l’allevamento e la pesca di alcune specie di<br />

molluschi.<br />

Nelle lagune a<strong>per</strong>te, degli strani primordiali tralicci <strong>in</strong> legno,<br />

<strong>in</strong>fissi sul fondo e <strong>in</strong> parte affioranti, vengono impiegati<br />

<strong>per</strong> l’allevamento del mitilo o meglio “peocio”. Per<br />

le vongole si tratta <strong>in</strong>vece di pura e semplice raccolta,<br />

effettuata sul fondo con l’impiego di una barca a motore<br />

appositamente attrezzata (“vongolara”). Le vongole sono<br />

di due specie: la “venus gall<strong>in</strong>a” o “biberassa” e la più<br />

rara e gustosa “venerupis decussata” o “vongola verace”,<br />

dist<strong>in</strong>guibile <strong>per</strong> la forma più ovalizzata delle valve e <strong>per</strong><br />

la presenza, nel mollusco, di due piccole appendici.<br />

Diffusa è anche la raccolta delle “capelonghe” che affiorano<br />

sulla spiaggia nelle ore di bassa marea. Le produzioni<br />

orticole si <strong>in</strong>centrano nei poli di Lusia e di Rosol<strong>in</strong>a,<br />

dove s<strong>org</strong>ono due importanti Centrali ortofrutticole <strong>per</strong> la<br />

commercializzazione degli ortaggi.<br />

Queste attività sono <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>ua espansione, sia <strong>per</strong> la<br />

remuneratività, sia <strong>per</strong> la cont<strong>in</strong>ua <strong>in</strong>troduzione di nuove<br />

varietà. Nell’orticoltura, primeggiano il pomodoro, il<br />

radicchio e le <strong>in</strong>salate, la carota, la cipolla, la patata, i<br />

cavoli, i pe<strong>per</strong>oni, i cocomeri e le fragole.<br />

Un cenno particolare merita l’aglio che, pur avendo <strong>per</strong>so<br />

terreno <strong>per</strong> l’accresciuta competitività del prodotto<br />

estero, rimane sempre una coltura tipicamente polesana.<br />

Una terra, dunque, molto produttiva, che ha consentito lo<br />

sviluppo di una gastronomia legata a tali prodotti, con<br />

poche differenze fra le tradizioni cittad<strong>in</strong>e e quelle della<br />

campagna. “Le eccellenze del Poles<strong>in</strong>e” sono: il riso del<br />

Delta del Po IGP (ritornato sulla scena dopo un <strong>per</strong>iodo <strong>in</strong><br />

cui era scomparso); l’<strong>in</strong>salata di Lusia IGP, il radicchio di<br />

Chioggia IGP (coltivato <strong>in</strong> buona parte nel Delta del Po);<br />

l’aglio bianco polesano DOP, il melone del Delta del Po.<br />

Il miele del Delta del Po, la zucca di Melara, il cefalo del<br />

Poles<strong>in</strong>e, la cozza di Scardovari, la vongola verace del<br />

Poles<strong>in</strong>e.


Ristoranti del Poles<strong>in</strong>e<br />

Lusia: trattoria “al Ponte”<br />

SAPORI E SAPERI<br />

Ho <strong>in</strong>dividuato tre ristoranti che rappresentano le realtà dell’alto, medio e basso Poles<strong>in</strong>e. La mia non vuole essere<br />

una scelta di merito sui locali ma un’<strong>in</strong>dicazione, <strong>in</strong> l<strong>in</strong>ea con quanto espresso <strong>in</strong> queste note. Cuc<strong>in</strong>e, dunque, che<br />

propongono vecchie ricette o piatti nuovi, sempre <strong>per</strong>ò nel rispetto della tradizione e del territorio. In ognuno di questi<br />

si parlerà di una ricetta che più rappresenta il locale.<br />

“La vita è fatta di piccoli piaceri e sa<strong>per</strong>li assaporare è un’arte che fa la<br />

felicità”. Questa è la filosofia che accompagna da tanti anni la Trattoria “al<br />

Ponte” di Luciano Rizzato e questo è lo spirito dei suoi ospiti. Sì, ospiti e<br />

non clienti, <strong>per</strong>chè chi si siede ai tavoli della trattoria è sempre un <strong>in</strong>vitato<br />

speciale, al quale giorno dopo giorno il <strong>per</strong>sonale ama far assaggiare il meglio<br />

della tradizionale cuc<strong>in</strong>a veneta e del Poles<strong>in</strong>e, con la moglie Giuliana<br />

<strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a aiutata dal figlio Enrico e Silvia che aiuta Luciano <strong>in</strong> sala. Enrico,<br />

dopo un <strong>per</strong>egr<strong>in</strong>are <strong>per</strong> ristoranti stellati a f<strong>org</strong>iare la sua professionalità,<br />

ora si è <strong>in</strong>sediato stabilmente ai fornelli. La Trattoria “al Ponte” è un vero e<br />

proprio punto di riferimento <strong>per</strong> tutti coloro che vogliono trascorrere una serata<br />

tra amici e gustare specialità stagionali all’<strong>in</strong>segna della buona cuc<strong>in</strong>a.<br />

Appartiene anche alla “Cha<strong>in</strong>e de Rotisseurs”, la più antica Associazione di<br />

Gastronomi del mondo. La specialità della casa sono vecchie ricette a base di<br />

verdure provenienti dagli Orti e di pesce di acqua dolce: splendido il pasticcio<br />

di pesce gatto e il risotto di pesce gatto. Ma anche il coniglio ed i dolci<br />

tipo “tiramisu” e torte di casa, risultano cose egregie. Luciano ha anche una<br />

gran bella cant<strong>in</strong>a.<br />

Trattoria “al Ponte”, via Bertolda, 27 (Località Bornio), Lusia (RO)<br />

I piatti che rappresentano il locale potrebbero esse molteplici, ma ci piace<br />

descriverne uno <strong>in</strong> particolare e raccontarvi la ricetta dei Malafanti, realmente<br />

proveniente dai piatti poveri completi di molti ma molti anni or sono.<br />

I Malafanti<br />

Ingredienti: semol<strong>in</strong>o,verze, fagioli, ossa di maiale con polpa attaccata, cipolla o scalogno,<br />

brodo leggero di carne e verdure, pancetta di maiale, crostone di pane <strong>in</strong> cassetta. Olio, pepe<br />

e sale.<br />

Preparazione<br />

Soffriggere lo scalogno con olio, poi aggiungere ossa di maiale, pancetta e<br />

poi i fagioli che sono stati ammollati a bagno <strong>per</strong> almeno 12 ore.<br />

Aggiungere le verze tagliate e coprire con brodo; fare bollire <strong>per</strong> 2/3 ore;<br />

togliere le ossa, frullare il tutto e rimettere sul fuoco (aggiungendo brodo se<br />

occorre) ed aggiungere il semol<strong>in</strong>o, lasciando bollire f<strong>in</strong>o a cottura di quest’ultimo.<br />

Impiattare aggiungendo le “briciole” di polpa di maiale che non si sono<br />

staccate dalle ossa e i crostoni di pane.<br />

84<br />

Un esterno della trattoria<br />

Il cuoco Enrico al lavoro nella cuc<strong>in</strong>a<br />

Adria: ristorante “Molteni”<br />

Sulle rive del Canalbianco, poco lontano dal bel Teatro Comunale e dalle riviere<br />

su cui si affacciano palazzi, ora splendenti ora <strong>in</strong> ombra <strong>per</strong> i segni <strong>in</strong>ferti<br />

dal tempo, s<strong>org</strong>e il Ristorante “Molteni”. Da quattro generazioni è il pr<strong>in</strong>cipale<br />

ristorante della città e rispecchia un po’ lo stile di Adria. Un luogo dove si possono<br />

ritrovare i sapori veri, le atmosfere famigliari e anche un certo stile di cui<br />

si ha nostalgia, quello della vecchia ma amata Italia di prov<strong>in</strong>cia degli anni<br />

’50 o ‘60; non a caso è sede della delegazione locale dell’Accademia della<br />

Cuc<strong>in</strong>a. In realtà “Molteni”, locale che quest’anno festeggerà i propri 90 anni<br />

di attività, sembra aver ancora molte possibilità di crescita. Il passaggio di<br />

consegne generazionale ad Enrico, che segue la cuc<strong>in</strong>a, e alla sorella Stefania,<br />

sembra aver dato nuova l<strong>in</strong>fa al locale, mentre mamma Franca, donna di<br />

garbo, fa gli onori di casa e Alberto il papà vigila sulla tradizione del locale.<br />

Qui la scena spetta alla cuc<strong>in</strong>a di mare e di terra del locale, com’è giusto che<br />

sia <strong>in</strong> un Poles<strong>in</strong>e sospeso fra questi due elementi. Interessante sicuramente la<br />

scelta di pesce, particolarmente di pesce crudo servito con v<strong>in</strong>i appropriati<br />

che oggi fa da tra<strong>in</strong>o all’offerta cul<strong>in</strong>aria del locale. Ma io ho chiesto <strong>in</strong>vece<br />

ad Alberto Molteni di descrivermi una ricetta di selvagg<strong>in</strong>a, ricordandomi che<br />

il Ristorante, da sempre, durante la stagione di caccia, trattava e cuc<strong>in</strong>ava la<br />

selvagg<strong>in</strong>a catturata dalle doppiette degli adriesi.<br />

Ristorante “Molteni”, via Ruzz<strong>in</strong>a 32/4, Adria (Ro)<br />

Lepre alla Cacciatora<br />

Ricetta della “Lepre alla Cacciatora”, ancora patrimonio del locale, fornitaci<br />

da Alberto Molteni.<br />

Ingredienti: una lepre cacciata nei campi, carote, cipolla e sedano, v<strong>in</strong>o ed aceto <strong>per</strong> la mar<strong>in</strong>atura,<br />

olio, cap<strong>per</strong>i, olive verdi snocciolate, alloro, chiodi di garofano, sale e pepe q.b., far<strong>in</strong>a o<br />

fecola <strong>per</strong> addensare.<br />

Preparazione<br />

Scuoiare e lavare la lepre e tagliarla <strong>in</strong> pezzi (dovrebbero risultare alla f<strong>in</strong>e<br />

circa 25 pz.), mettere i pezzi <strong>in</strong> un recipiente e coprirli di v<strong>in</strong>o e aceto (50%<br />

cad.), cipolle, carote e sedano; lasciare il tutto a mar<strong>in</strong>are <strong>per</strong> circa 12 ore.<br />

Prendere i profumi e fare un soffritto con olio <strong>in</strong> una casseruola, versare i<br />

pezzi della lepre <strong>in</strong> un’altra casseruola, lasciarli <strong>in</strong>dorare pochi m<strong>in</strong>uti e poi<br />

versare il soffritto che è stato frullato a parte. Versare il sugo proveniente dalla<br />

mar<strong>in</strong>atura sulla lepre e il fegato della stessa che a sua volta è stato soffritto<br />

da solo e frullato. Mettere alloro, chiodi di garofano e cap<strong>per</strong>i tritati. A f<strong>in</strong>e<br />

cottura dopo circa 2/3 ore aggiungere concentrato di pomodoro q.b. Se<br />

l’<strong>in</strong>t<strong>in</strong>golo è ancora li<strong>qui</strong>do, addensare con un po’ di fecola o far<strong>in</strong>a. Il sugo,<br />

se abbondante, può condire le pappardelle, oppure essere servito sopra una<br />

polent<strong>in</strong>a gialla morbida assieme alla lepre.<br />

REM<br />

85<br />

Un <strong>in</strong>terno del locale<br />

Da s<strong>in</strong>istra: Stefania che segue la sala ed è<br />

sommelier, il cuoco Enrico, mamma Franca che<br />

cura l’albergo e papà Alberto che sovr<strong>in</strong>tende<br />

l’attività


SAPORI E SAPERI<br />

Donzella di Porto Tolle: ristorante “al Pescatore”<br />

Il locale si trova proprio sotto l’arg<strong>in</strong>e del Po di Gnocca. Qui troviamo Andre<strong>in</strong>a<br />

e Angelo Catt<strong>in</strong> che è il cuoco, ma anche colui che procura buona<br />

parte della materia prima, <strong>per</strong>ché il suo lavoro è la pesca, da cui il nome del<br />

ristorante: “al Pescatore”.<br />

In cuc<strong>in</strong>a è aiutato dalla cuoca Susanna, che è nata nell’Europa Orientale,<br />

ma ora ai fornelli <strong>in</strong>terpreta e rispetta la tradizione popolare polesana e non<br />

ammette variazioni.<br />

Il risotto è realmente quello che faceva mio padre, orig<strong>in</strong>ario della zona e a<br />

cui, a sua volta, era stato trasmesso dalla mamma.<br />

É un vero risotto di pesce e non di gamberetti e verdure secondo la moda, ma<br />

secondo il pesce che si pesca. Altre specialità che si possono trovare sono un<br />

ottimo pesce fritto (quasi tutto di pesca locale) o l’anguilla <strong>in</strong> umido oppure<br />

alle braci.<br />

Qu<strong>in</strong>di è facilmente <strong>in</strong>tuibile il <strong>per</strong>ché della scelta: <strong>qui</strong> ho ritrovato riprodotta<br />

la vecchia cuc<strong>in</strong>a di casa mia e del Delta.<br />

Ristorante “al Pescatore”, Donzella, Via Po della Gnocca 93, Porto Tolle (Ro)<br />

Risotto di pesce<br />

Ingredienti (<strong>per</strong> quattro <strong>per</strong>sone): Riso 300 gr., burro 60 gr., olio <strong>per</strong> soffriggere l cipolla, 1<br />

carota, 1 gambo di sedano, due spicchi d’aglio, 1 foglia d’alloro, ½ bicchiere di v<strong>in</strong>o bianco<br />

(bicchier<strong>in</strong>o di cognac), sale e pepe q.b., formaggio grattugiato a piacere. Sogliole o passere,<br />

quelle che trovi; branz<strong>in</strong>i, cefali o boseghe di media taglia; anguilla (solo un 10-20% del totale<br />

del pesce). Per renderlo più delicato si può utilizzare un poco di sugo di cozze e vongole cotte<br />

precedentemente.<br />

Preparazione<br />

Squamare e pulire il pesce, lessarlo <strong>in</strong> poca acqua leggermente salata assieme<br />

al sedano e carota. Quando è cotto, togliere lische e sp<strong>in</strong>e e ridurre la<br />

carne <strong>in</strong> piccoli pezzi m<strong>in</strong>utissimi. Nel brodo di cottura rimettere: testa, lische<br />

ed i resti, la foglia di alloro e uno spicchio di aglio. Bollire a lungo restr<strong>in</strong>gendo<br />

il brodo e poi filtrare. In una padella rosolare nel burro e <strong>in</strong> un po’ d’olio<br />

la cipolla tagliata f<strong>in</strong>issima. Tostare il riso e poi versarlo nella padella (o viceversa),<br />

aggiungere la polpa di pesce e il ristretto di brodo ottenuto. Quando<br />

la cottura del riso è quasi term<strong>in</strong>ata, aggiungere il v<strong>in</strong>o o il cognac, lasciare<br />

asciugare e f<strong>in</strong>ire la cottura. Fuori dal fuoco, versare il burro rimanente e una<br />

spruzzata di parmigiano, mescolando bene.<br />

A dire il vero il formaggio l’Andre<strong>in</strong>a non sempre lo mette, <strong>per</strong>ché a qualcuno<br />

potrebbe non piacere. Lo stesso dicasi <strong>per</strong> l’anguilla, la ricetta orig<strong>in</strong>ale lo<br />

prevedeva e lei è d’accordo <strong>per</strong> <strong>in</strong>serirla, suggerendo che l’anguilla possa<br />

sostituire il burro nella mantecatura.<br />

86<br />

L’<strong>in</strong>segna del ristorante<br />

Un <strong>in</strong>terno del locale<br />

Da s<strong>in</strong>istra: la cuoca Susanna e i titolari<br />

Andre<strong>in</strong>a e Angelo Catt<strong>in</strong><br />

Comunicazione istituzionale<br />

BANCADRIA<br />

BANCADRIA<br />

e il 150° anniversario dell’unità d’Italia<br />

Ricorre quest’anno il 150° anniversario dell’Unità<br />

d’Italia e anche noi, Bancadria, daremo il nostro<br />

contributo, al fianco delle Amm<strong>in</strong>istrazioni e degli<br />

Enti preposti alla realizzazione delle tante manifestazioni<br />

che sono a calendario <strong>per</strong> l’evento. Parlare di unità<br />

e di spirito identitario <strong>per</strong><br />

noi del Credito Coo<strong>per</strong>ativo<br />

è giocare <strong>in</strong> casa!<br />

Ancor di più <strong>per</strong> noi di<br />

Bancadria, <strong>per</strong> la nostra<br />

compag<strong>in</strong>e sociale, che<br />

riviene da un recente<br />

processo di fusione <strong>per</strong><br />

la cui realizzazione la<br />

valutazione di opportunità<br />

economica, seppur<br />

molto importante, non è<br />

stata comunque ritenuta<br />

prem<strong>in</strong>ente.<br />

Con la fusione si è data<br />

sostanza e contenuto ad<br />

una unità di <strong>in</strong>tenti e di<br />

progetti f<strong>in</strong>alizzati alla<br />

nascita di un soggetto<br />

economico dalle potenzialità<br />

solo immag<strong>in</strong>ate;<br />

un soggetto nuovo nel<br />

modo di <strong>in</strong>tendere il suo<br />

posizionamento sul mercato,<br />

nuovo nel <strong>per</strong>cepire<br />

le attuali necessità della<br />

gente, nuovo nell’attenzione<br />

ai problemi non<br />

più procrast<strong>in</strong>abile, quali<br />

la salvaguardia dell’ambiente<br />

e la valorizzazione<br />

del territorio.<br />

Un modo nuovo, <strong>qui</strong>ndi, ma anche e al contempo, la ri-<br />

di Giovanni Vianello<br />

Presidente Bancadria<br />

“G. Garibaldi, Italia e Vittorio Emanuele II !!”, Cordey e C.a editore, Tor<strong>in</strong>o,<br />

XIX sec., litografia colorata a mano, 335 x 274 mm. (collezione di Alessandro<br />

Ceccotto), <strong>in</strong> “il mito di garibaldi” ARCILIBRI, 2007<br />

proposizione <strong>in</strong>gigantita dello spirito che da sempre ha<br />

animato l’o<strong>per</strong>ato delle due banche che hanno dato orig<strong>in</strong>e<br />

a Bancadria, vale a dire le due Bcc di “Santa Maria<br />

Assunta” e della “Cattedrale”, <strong>per</strong>ché noi siamo oggi<br />

quello che siamo stati.<br />

Non essendoci, non<br />

abbiamo partecipato<br />

all’Unità d’Italia ma,<br />

come Credito Coo<strong>per</strong>ativo,<br />

possiamo sostenere di<br />

aver contribuito alla sua<br />

crescita. E se ciò è vero,<br />

come è vero, nel contesto<br />

nazionale, ugualmente<br />

e contemporaneamente,<br />

possiamo andare fieri <strong>per</strong><br />

aver promosso e contribuito<br />

allo sviluppo e al<br />

benessere di un territorio:<br />

il Delta.<br />

Oggi, il nostro primo impegno,<br />

il nostro nuovo<br />

proponimento è di essere<br />

artefici, assieme a tutti i<br />

soggetti <strong>in</strong>teressati, ad attività,<br />

ad azioni di qualità<br />

da protagonisti, come nel<br />

caso del progetto/prodotto<br />

“Portale Ambientale/<br />

F<strong>in</strong>etic” che fa entrare<br />

Bancadria nel filone della<br />

green economy. Con soddisfazione<br />

ricordo a tutti<br />

i Soci come questo progetto<br />

abbia ottenuto un<br />

apprezzamento nazionale<br />

nel corso dell’edizione 2010 al premio “Green Global<br />

Bank<strong>in</strong>g”, con un attestato di merito <strong>per</strong> il suo contenuto<br />

altamente <strong>in</strong>novativo.

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