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Sentenza Juventus sullo scandalo doping - Rdes.It

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giurisprudenziali connesse a tale problema contribuiscono forse a generare qualche dubbio<br />

interpretativo.<br />

Come è noto, per poter far fronte al sempre più dilagante fenomeno del <strong>doping</strong> nello sport, si è<br />

ritenuto da parte del legislatore di introdurre, quale strumento normativo, la legge 14 dicembre<br />

2000, n. 376, con la quale - tra l'altro - si è data pratica attuazione e ci si è adeguati alla<br />

Convenzione di Strasburgo del 16 novembre 1989, già ratificata e recepita con legge 29 novembre<br />

1995, n. 522.<br />

A tale normativa, infatti, si è proprio dato il nome di "Disciplina della tutela sanitaria delle attività<br />

sportive e della lotta contro il <strong>doping</strong>" e con essa si è cercato appunto di far fronte al generale<br />

fenomeno del <strong>doping</strong> nelle attività sportive, costituito dall'impiego di farmaci o altre sostanze o<br />

pratiche mediche capaci di alterare la prestazione dell'atleta ovvero di interferire e vanificare i<br />

controlli diretti a verificare l'assunzione di tali farmaci e sostanze.<br />

Con la normativa in parola, invero, si è definito il concetto di <strong>doping</strong>; si è introdotta la<br />

classificazione per classi di farmaci, di sostanze e di pratiche mediche; si è istituita una speciale<br />

Commissione per la migliore individuazione e la revisione periodica delle classi delle sostanze<br />

dopanti; si sono individuati i laboratori per il controllo sanitario sull'attività sportiva, assegnando<br />

anche a tal riguardo specifici compiti alla costituita Commissione; sono state responsabilizzate<br />

maggiormente le Regioni, con particolare riguardo ai programmi di prevenzione e tutela della salute<br />

nelle attività sportive; analogamente sono stati sollecitati il CONI, le federazioni sportive, le società<br />

affiliate, le associazioni sportive e gli enti di promozione sportiva pubblici e privati; sono stati<br />

istituiti controlli per produttori, importatori e distributori di farmaci appartenenti alle classi<br />

farmacologiche vietate dal CIO e dalla legge; sono state introdotte, infine, severe disposizioni<br />

penali per sanzionare i comportamenti vietati.<br />

Tra tali comportamenti vietati e sanzionati - ovviamente - spiccano quelli previsti dai primi due<br />

commi dell'art. 9 della legge in parola, riferibili a chiunque procura ad altri, assume o favorisce<br />

comunque l'utilizzo di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, ovvero a<br />

chiunque adotta o si sottopone alle pratiche mediche, ricompresi nelle classi previste dall'art. 2,<br />

comma 1, che non siano giustificati da condizioni patologiche e siano idonei a modificare le<br />

condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche<br />

degli atleti, ovvero siano diretti a modificare i risultati dei controlli sull'uso di tali farmaci o<br />

sostanze.<br />

Prima dell'entrata in vigore della legge 376/00, nel nostro ordinamento esisteva solo una disciplina<br />

di analogo tenore, dettata dalla legge 26 ottobre 1971, n. 1099 (che a sua volta aveva sostituito<br />

l'abrogata legge 28 dicembre 1950, n. 1055), che però ha trovato scarsa applicazione pratica, anche<br />

grazie al sistema sanzionatorio per essa previsto, inizialmente tenue e blando e con la legge 689/81<br />

addirittura depenalizzato, essendo costituito da ipotesi contravvenzionali punite con la sola pena<br />

pecuniaria.<br />

Per poter fronteggiare con una certa efficacia l'uso "improprio" di sostanze farmacologicamente<br />

attive nella pratica sportiva, si sarebbe dovuto prevalentemente far ricorso - peraltro in modo forse<br />

altrettanto improprio - alla contestazione dell'art. 445 del codice penale, ipotesi di reato oltretutto<br />

non sempre perfettamente pertinente al fatto di volta in volta preso in considerazione.<br />

Si avvertiva fortemente, perciò, la necessità di un intervento legislativo in materia, intervento che<br />

finalmente si è realizzato con l'introduzione della legge in questione, che per questo è stata subito<br />

definita legge anti-<strong>doping</strong>.<br />

Tutt'altra storia, invece, è quella che accompagna la legge che in questa sede è stata contestata e,<br />

cioè, la legge 13 dicembre 1989, n. 401.<br />

La normativa in parola è sorta sull'impulso del c.d. <strong>scandalo</strong> del calcio-scommesse, con il<br />

prevalente intento di risolvere ed eliminare il fenomeno delle scommesse clandestine, gestito dalla

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