DON BOSCO
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PRESENZA<br />
EDUCATIVA<br />
2008<br />
Ottobre - 13 N. - VI<br />
<strong>DON</strong> <strong>BOSCO</strong><br />
A MILANO Anno<br />
Spedizione in A.P. - Art. 2 Comma 20/C Legge 662/96 - Milano<br />
Ritroviamo la forza della parola<br />
nella nostra comunicazione<br />
mons. Gianfranco Ravasi
La rotta giusta<br />
Nel nostro lavoro, noi salesiani<br />
ci ispiriamo al Progetto<br />
Educativo di Don Bosco, da lui<br />
sintetizzato nell’espressione:<br />
Essere onesti cittadini<br />
e buoni cristiani,<br />
cioè ad una visione insieme<br />
laica e cristiana che orienti<br />
l’agire della persona.<br />
La nostra scuola salesiana si presenta<br />
con le seguenti caratteristiche:<br />
• È SCUOLA POPOLARE: per le famiglie a cui si rivolge,<br />
per il luogo in cui si colloca, per i contatti che crea con la gente,<br />
per il tono e lo stile che adotta e specialmente perché ha cura — con le sue<br />
proposte diversificate — anche di coloro che sono in difficoltà.<br />
• È SCUOLA LIBERA E APERTA: perché è nata libera e tale vuole mantenersi<br />
anche se chiede aiuti a tutti; perché vuole affermare i diritti delle famiglie alla libera<br />
scelta educativa; perché accoglie tutti coloro che sono disposti a intraprendere un<br />
cammino di crescita e di maturazione integrale della persona; perché educa ai valori universali di libertà e di<br />
trasformazione positiva dell’ambiente in cui si colloca.<br />
• È SCUOLA ATTENTA ALLE ESIGENZE DELLE PERSONE: perché accoglie il ragazzo così com’è, lo aiuta<br />
a crescere e a rendersi responsabile delle proprie scelte attraverso svariate e concrete proposte educative.<br />
Non si contenta delle sole ore di scuola ma, oltre allo studio, propone attività ricreative e culturali, artistiche,<br />
religiose, sociali.<br />
• È SCUOLA STRUTTURATA COME COMUNITÀ: perché favorisce e coltiva i rapporti interpersonali, la solidarietà<br />
e l’amicizia, sollecita la creatività e propone un ambiente di impegno, gioia e fiducia. Ad essa partecipano anche i<br />
genitori e gli educatori, che integrano l’attività scolastica con proposte di aggregazione spontanea e con forme<br />
varie di associazionismo giovanile. Gli insegnanti sono presenti tra gli allievi e stanno sempre con loro, disponibili<br />
a farsi carico dei loro problemi.<br />
• È SCUOLA ATTENTA AL MONDO DEL LAVORO: perché con lui mantiene un abituale, cordiale collegamento;<br />
prepara a inserirsi nel mondo produttivo mediante la serietà nell’impegno scolastico, una sempre aggiornata<br />
formazione professionale garantita da laboratori tecnici all’avanguardia e la sensibilizzazione verso i grandi temi<br />
della giustizia sociale.<br />
• È SCUOLA ISPIRATA AL VANGELO: perché, nel rispetto dello sviluppo personale di ciascuno, dà alla dimensione<br />
religiosa il giusto posto, per cui il giovane può con gioia e libertà incontrare Dio, conoscere e amare Gesù Cristo,<br />
in una comunità permeata di spirito evangelico.<br />
• È SCUOLA CON ATTENZIONE ALL’ORIENTAMENTO: perché aiuta i giovani a maturare solide convinzioni, a<br />
rendersi gradualmente responsabili delle proprie scelte nel delicato processo di crescita della personalità, a scoprire<br />
il progetto di Dio sulla propria vita.<br />
Questo numero 13 di “Presenza…” è dedicato alla unificazione<br />
delle due comunità salesiane di Milano (Don Bosco e S.Ambrogio)
Digital photo: Adriano Battarin<br />
La rotta giusta .................................................................................................................................... 2<br />
Il logos forza della comunicazione - mons. Gianfranco Ravasi .......................................................... 4<br />
La nostra presenza a Milano .............................................................................................................. 8<br />
In un coro dove tutti cantano lo stesso spartito ................................................................................. 9<br />
È intelligente, ma non rende… - don Bruno Ravasio ......................................................................... 10<br />
La geografia del cuore - Andrea Tornielli ............................................................................................ 12<br />
Nella vigna del testo - Michele Meroni ............................................................................................... 14<br />
Scrivere, leggere, crescere - mons. Cesare Pasini ............................................................................. 16<br />
Pennaioli superstar ............................................................................................................................. 22<br />
Biblioteca Mario Murari ...................................................................................................................... 23<br />
Istruzione e formazione professionale - don Ivano Mora ................................................................... 24<br />
La Cappella del S.Ambrogio - Federico Oriani ................................................................................... 26<br />
Chiamato a “gestire il confine” - Chiara Arrigoni e Alessandro Giovannini ........................................ 30<br />
Grazie Gesù ........................................................................................................................................ 33<br />
L’oratorio di via Commenda - Francesco Scolari ............................................................................... 34<br />
Comunità Proposta ............................................................................................................................ 37<br />
Famiglia anima del mondo ................................................................................................................. 38<br />
Diecirighe - Luciano Moia ................................................................................................................... 39<br />
I salesiani alla 26 BI-MU ..................................................................................................................... 40<br />
Cartellone ........................................................................................................................................... 42<br />
Anno VI - N. 13<br />
Ottobre 2008<br />
Aut. Trib. MI n. 628<br />
dell’8/11/2002<br />
Direttore Responsabile<br />
Francesco Scolari<br />
Direttore Editoriale<br />
don Renato Previtali<br />
In questo<br />
numero 13<br />
In Redazione: Giovanni Battista Bosco - Carlo Brenna<br />
Damiano Galbusera - Stefano Mascazzini<br />
Ivano Mora - Franco Sganzerla<br />
Segreteria: Angelo Minuti - Francesca Crippa<br />
Direzione e Redazione: Via Copernico 9 - 20125 MILANO<br />
tel. 02.67.627.283 - fax 02.67.627.282<br />
www.presenza-educativa.it www.salesianimilano.it<br />
redazione@presenza-educativa.it presenza@salesianimilano.it<br />
Stampa: SCUOLA GRAFICA SALESIANA<br />
Via Tonale, 19 - 20125 MILANO - Tel. 02.67.131.551<br />
Disegni: Eleonora Mele - Guia Zavanella<br />
Istallazioni artistiche: Paolo Beneforti (per g.c.)<br />
Progetto grafico: Stefano Arosio<br />
Impaginazione: Franco Grimoldi<br />
L’immagine di copertina è di Andrea Pessina
Oggi la parola è una componente inflazionata<br />
del nostro esistere, diventa sempre<br />
più grigia e insignificante e si trasforma in<br />
quella sorta di melassa che è la chiacchiera.<br />
Consideriamola con attenzione partendo da<br />
due riferimenti:<br />
— Nel capitolo XVIII del Libro della Sapienza<br />
irrompe una parola, guerriero, che non consola,<br />
ma anzi addirittura fa paura e reca con sé un sapore<br />
di morte: è la parola del giudizio. All’interno<br />
della Bibbia spesso la parola non è dolce<br />
come il miele o come la pioggia che feconda<br />
la terra facendola sbocciare, ma – come dice<br />
Geremia – è simile a un martello che spacca la<br />
roccia, a un fuoco ardente che consuma le ossa<br />
(chi non ricorda l’urlo di Giobbe?!).<br />
— Paul Celan,<br />
un ebreo tedesco<br />
nato nel 1920 e<br />
morto suicida a<br />
cinquant’anni,<br />
vide tutta la sua<br />
famiglia trasformarsiinesorabilmente<br />
in fumo<br />
nei forni crematori<br />
di Hitler.<br />
Non fu capace di<br />
Paul Celan<br />
superare la grande<br />
crisi del sopravvissuto e ci ha lasciato delle<br />
poesie molto “forti”, i cui versi si collegano<br />
a quelli precedenti della Sapienza: “Scese,<br />
scese, scese una parola. Scese attraverso la<br />
notte. Volle risplendere. Volle risplendere. Fu<br />
spenta”.<br />
Editoriale<br />
Il logos<br />
forza della comunicazione<br />
Dunque, la luce scese fra le tenebre, ma esse<br />
non l’hanno accolta (però, è possibile un’altra<br />
traduzione, positiva, secondo cui le tenebre<br />
non sono state capaci di vincere la luce).<br />
All’interno di molte religioni – tra cui la nostra<br />
ebraico-cristiana – la parola è prima di<br />
tutto un evento ontologico, cioè che genera<br />
l’essere. Da questo punto di vista, la Bibbia è<br />
significativa, perché inizia proprio con la creazione<br />
che nella cultura orientale (ad esempio,<br />
nelle grandi mitologìe mesopotamiche)<br />
era rappresentata con una lotta incredibile<br />
tra il dio del bene contro il dio del male;<br />
quest’ultimo veniva soppresso dal dio del<br />
bene il quale – come diceva un mito babilonese<br />
– dall’occipite della divinità uccisa costruiva<br />
il mondo e dal sangue di uno degli dei<br />
nemici creava l’uomo, plasmato, impastato<br />
con la polvere della terra. Al proposito, la<br />
visione della Bibbia è molto diversa, perché<br />
in essa la creazione rappresenta la forza della<br />
parola divina: “Dio disse: sia la luce – e la<br />
luce fu”. In questo caso, nessuna lotta.
La creazione è una parola che nasce dalla<br />
forza del logos. Non si tratta di un’idea<br />
esclusiva, perché è presente anche in altre<br />
tradizioni, il che vuol dire che c’è un respiro<br />
comune. Ad esempio, nel mondo dei<br />
Veda (un’antichissima raccolta di opere sacre<br />
di estrema importanza presso la religione<br />
induista) la<br />
creazione è un<br />
suono: Dio è un<br />
suono. Questo<br />
suono dilaga<br />
e, ad un certo<br />
punto, si cristallizza:<br />
negli<br />
alberi, nei fiumi,<br />
ma anche<br />
nell’uomo che<br />
è appunto dotato<br />
di parola e<br />
perciò può chiudere il cerchio, ringraziando<br />
di essere stato creato. Nel Vangelo, il Prologo<br />
di Giovanni (1,1 – 18) inizia come il<br />
Vecchio Testamento: “In principio era la<br />
parola”. Tutto è stato fatto per mezzo del<br />
verbo e senza di lui nulla è stato fatto di ciò<br />
che esiste.<br />
Dunque, la parola è un evento archetipico<br />
perché è alla radice dell’essere: noi deriviamo<br />
da una parola che ci precede e che<br />
ininterrottamente è ripetuta da Dio perché,<br />
se Dio tace, noi cadiamo nel nulla. Ma la<br />
parola è un evento archetipico anche per<br />
la storia dell’umanità: non crea soltanto la<br />
nostra realtà fisica, ma è sempre il sottile<br />
sostegno dell’esistenza. In pratica, fin da<br />
quando Israele nasce come popolo, cioè dal<br />
momento in cui dal Monte Sinai scendono<br />
le dieci parole che creano la morale (cioè<br />
la storia dell’umanità nel bene e nel male),<br />
Editoriale<br />
perché con la libertà l’uomo può cancellare<br />
tutti i comandamenti e rivolgersi al vitello<br />
d’oro. Per questo, all’inizio dello stesso<br />
Decalogo, si dice: “Tu non ti farai immagine<br />
alcuna, né di ciò che è nel cielo, né di ciò<br />
che è sulla terra, né di ciò che è sottoterra:<br />
via gli occhi dal vitello d’oro, perché tu Dio<br />
lo devi servire<br />
nella sua Parola”.<br />
C’è una frase<br />
nel V libro della<br />
Bibbia, non<br />
molto nota, ma<br />
di una bellezza<br />
straordinaria:<br />
poche righe<br />
in cui Mosè<br />
esprime tutto<br />
ciò che ha vissuto<br />
Israele da quando è diventato la voce<br />
del Profeta (il mediatore, l’uomo della parola<br />
di Dio). Dice: “Dio vi parlò in mezzo<br />
al fuoco: voce di parole, suono di parole.<br />
Voi ascoltaste. Immagine alcuna voi vedeste.<br />
Solo una voce”. Si sta parlando di un<br />
popolo di pecorai, gente del deserto sprovvista<br />
di cultura; eppure, quanto alta e profonda<br />
è la sua concezione di Dio! Un Dio<br />
che non necessita di immagini, ma che si<br />
afferma esclusivamente con la forza della<br />
sua parola. E che dramma tremendo quando<br />
questa parola viene a cessare… È un po’ la<br />
situazione del nostro mondo: tanti giovani,<br />
nelle grandi città, che si muovono solo per<br />
far scorrere il tempo; senza parole, perché<br />
quelle che pronunciano sono espressioni<br />
stereotipate. Si palesa in essi la mancanza<br />
di una voce ricca di significato, per cui seguitano<br />
a procedere senza alcun senso.<br />
5
Al proposito, ricordo spesso una considerazione<br />
che Kierkegard faceva già nell’Ottocento:<br />
“Ormai, la nave è in mano solo al cuoco<br />
di bordo e quel che trasmette il megafono del<br />
comandante non è più la rotta, ma ciò che<br />
mangeremo domani”. Adesso è proprio così,<br />
perché il mezzo egemone del comunicare è<br />
la televisione. Invece, la parola deve essere<br />
detta.<br />
Gli Ebrei non chiamano la Bibbia come noi<br />
(che con questo termine intendiamo, alla greca,<br />
i libri per eccellenza, la scrittura, cioè qualcosa<br />
di cristallizzato), ma la definiscono micrà<br />
(cioè: proclamazione, la parola detta più che<br />
scritta), utilizzando in modo singolare la stessa<br />
radice che, in arabo, definisce il Corano. È<br />
una parola da ascoltare, che ci conduce alla<br />
sua dimensione orale.<br />
Inoltre, la parola ha in sé la realtà del suono,<br />
che vuole anche dire fragilità (sempre nel Vangelo<br />
di Giovanni, al versetto 14, si dice: “E<br />
il Verbo divenne carne”. Carne: un vocabolo<br />
che significa anche fragilità, miseria; quindi,<br />
la parola ha in sé caducità, debolezza). Eppure,<br />
nonostante tale fragilità, la parola — una<br />
volta detta — comincia a vivere. Se abbiamo<br />
dubbi, pensiamo a quello che spesso succede<br />
quando ci capita di sbagliare una parola!<br />
Editoriale<br />
Nelly Sachs, poetessa ebrea premio Nobel<br />
della letteratura, è poco nota da noi, al punto<br />
che non è stato tradotto quasi niente delle sue<br />
poesie. Possono essere lette in tedesco, perché<br />
era di questa nazionalità; poi, sotto il nazismo,<br />
si rifugiò in Svezia, per approdare alla fine in<br />
Israele, dove morì. Ha scritto una poesia sui<br />
profeti che – come ricordato prima – sono gli<br />
uomini della Parola (lo dice il termine greco:<br />
coloro che si esprimono in nome di un altro,<br />
in nome di Dio o, se vogliamo, che parlano<br />
con le sue parole umane: concrete, contadine,<br />
come quelle di Amos; aristocratiche, come<br />
quelle di Isaia).<br />
All’interno di questa poesia, c’è un’antifona di<br />
strofa che si ripete e che parla dell’effetto che<br />
la parola dei<br />
profeti deve<br />
avere dentro<br />
di noi.<br />
È un’immagine<br />
molto<br />
bella, perché<br />
specifica che<br />
il maggior<br />
nemico della<br />
fede non si<br />
annida nella<br />
ribellione (il<br />
Nelly Sachs<br />
grande peccato<br />
che però può diventare anche principio<br />
di salvezza) ma nell’abitudine, nella banalità,<br />
nella superficialità.<br />
Ecco: se la Parola non incide ferite nei campi<br />
dell’abitudine, nel terreno della consuetudine<br />
— se si ascolta la voce dei profeti senza<br />
che la loro parola ci ferisca — i profeti saranno<br />
stati traditi, anche se continueranno a far<br />
sentire la loro voce.<br />
Questi sono i versi:<br />
6
“Se i profeti irrompessero per le porte della<br />
notte incidendo ferite nei campi della consuetudine,<br />
se i profeti irrompessero ancora per le<br />
porte della notte cercando un orecchio come<br />
patria, in cui depositarsi, restare. Orecchio<br />
degli uomini ostruito di ortiche, sapresti tu<br />
ascoltare?”<br />
mons. Giafranco Ravasi<br />
Presidente del Pontificio Consiglio della cultura<br />
La riflessione di Mons. Gianfranco Ravasi<br />
(che ha già collaborato a “Presenza…” n.9, pp. 4-5)<br />
è una parte dell’intervento tenuto lo scorso 20 settembre<br />
presso la Basilica Superiore di Oropa (Bi),<br />
il più importante santuario mariano delle Alpi,<br />
dove è venerata la Madonna Nera.<br />
All’incontro, organizzato dalla Fondazione<br />
Le vie della parola, era presente anche<br />
il Vescovo di Biella, mons. Gabriele Mana<br />
7<br />
Michelangelo,<br />
I Profeti Ezechiele e Geremia<br />
(particolari)<br />
Per informazioni sulle iniziative:<br />
www.santuariodioropa.it<br />
e-mail: leviedellaparola@santuariodioropa.it<br />
(si ringrazia per la collaborazione Federico Amato)
Istituto Salesiano<br />
S.Ambrogio<br />
La nostra presenza a Milano<br />
Pa r r o c c h i a e or at o r i o<br />
Sc u o l a Pr i m a r i a (una sezione)<br />
Sc u o l a Se c o n d a r i a d i Pr i m o g r a d o (quattro sezioni)<br />
li c e o Sc i e n t i f i c o (tre sezioni)<br />
li c e o Sc i e n t i f i c o te c n o l o g i c o (una sezione)<br />
li c e o cl a S S i c o (una/due sezioni)<br />
iS t i t u to te c n i c o in d u S t r i a l e (due sezioni)<br />
iS t r u z i o n e e fo r m a z i o n e P r o f e S S i o n a l e (tre sezioni)<br />
un i v e rS i ta r i<br />
co m u n i t à Pr o P o S ta<br />
Inoltre, attività affidate a Confratelli: c a r c e r at i, a S S i S t e n z a r e l i g i oS a e m i n iS t e r o<br />
a l l a S ta z i o n e ce n t r a l e, a S S i S t e n z a r e l i g i oS a e m i n iS t e r o a g l i e m i g r at i filiPPini<br />
In casa hanno sede l’iS P e t to r i a, il cn o S-fa P, il co S P e S, il TGS e le ad o z i o n i a d iS ta n z a<br />
La casa gestisce anche:<br />
S o g g i o r n o e S t i v o d i ce S e n at i c o, d i v e r S e c a P P e l l a n i e d i S u o r e, q u a l c h e m i n iS t e r o,<br />
a u d i t o r i u m, o S P i ta l i t à, c o n v e g n i e c o r S i<br />
È una compleSSiTà difficile da Governare e da animare<br />
Il cammino che dobbiamo compiere:<br />
1 — Unione delle comunità (l’unificazione è sancita, l’unità è da costruire)<br />
2 — Raggiungimento, con gradualità, anche dell’unificazione amministrativa e gestionale<br />
La Comunità Salesiana si esprime attraverso la condivisione, il coinvolgimento e la corresponsabilità<br />
ed è animata da un unico Progetto di Comunità esplicitato e condiviso, che tutti si impegnano a realizzare<br />
Responsabile, animatore, garante dell’unico Progetto è il Direttore<br />
Quindi: stessa anima, stesso Progetto, omogeneità di gestione coordinata,<br />
realizzata da tante persone secondo le proprie competenze ed i singoli ruoli<br />
Si tratta di costruire unità nel rispetto delle differenze delle singole CEP (Comunità Educativo-Pastorali)<br />
che costituiscono la presenza salesiana in Milano
Istituto Salesiano<br />
S.Ambrogio<br />
In un coro dove tutti<br />
cantano lo stesso spartito<br />
48 confratelli e una miriade di collaboratori laici, per un’offerta formativa ed un insieme di<br />
attività che, come risulta dalla pagina precedente, sono assai vaste e complesse: dal 26 luglio<br />
scorso don Renato Previtali è il nuovo direttore dell’Istituto S.Ambrogio, nel quale d’ora<br />
innanzi sono raccolti tutti i salesiani di don Bosco di Milano. Succede a don Angelo Tengattini,<br />
per nove anni alla guida del S.Ambrogio, al quale va il ringraziamento dell’intera Comunità.<br />
Don Renato è un direttore... di lungo corso, avendo già diretto in precedenza gli Istituti di Chiari,<br />
Arese, Milano Don Bosco e Sesto San Giovanni. Quale garante della salesianità dell’Opera,<br />
gli competono compiti di animazione, coordinamento, vigilanza e orientamento: un impegno<br />
gravoso, che si accinge a sostenere con l’aiuto di tutti perché, per pilotare la Comunità di Milano<br />
(oggi ancora più complessa dopo l’accorpamento degli Istituti Don Bosco e S.Ambrogio) è<br />
indispensabile una gestione partecipativa ad ogni livello. Per questo ama ripetere: “Non siamo un<br />
arcipelago di isole bagnate solo dallo stesso mare. Siamo i salesiani di Milano e partecipiamo<br />
ad un coro nel quale tutti cantano lo stesso spartito”.<br />
Da questo numero di “Presenza…”, don Renato Previtali assume il ruolo di Direttore Editoriale della nostra rivista.<br />
A lui gli auguri più sinceri di buon lavoro<br />
9
Scuola dei genitori<br />
È intelligente, ma non rende...<br />
Un anno fa si spegneva don Bruno Ravasio, limpida figura di sacerdote salesiano,<br />
ma anche infaticabile animatore: aprì ad Arese il Centro di Orientamento Professionale<br />
e poi a Milano quello di Psicologia Clinica ed Educativa, da lui diretto fino all’ultimo;<br />
insegnò nella facoltà di Scienze della Formazione all’Università Cattolica e partecipò in Brasile<br />
all’Operazione Mato Grosso, guidando un gruppo di universitari presso la tribù degli Xavante.<br />
Il nostro giornale, di cui è stato assiduo e prezioso collaboratore, lo vuole ricordare<br />
proponendo parte di un suo intervento pubblicato più di trent’anni fa sulla “Presenza…”<br />
di allora: pensieri sempre attuali, sul difficile compito dell’educatore<br />
Spesso si sentono ripetere dai genitori frasi simili: Mio figlio è intelligente, ma a scuola non<br />
riesce a rendere come potrebbe... I risultati sono scarsi: non riesce ad applicarsi, è distratto,<br />
non interessato, non ha voglia, non studia... A queste situazioni, molti genitori spesso reagiscono<br />
in maniera inadeguata: preoccupati solo del risultato scolastico, forzano il figlio nel tentativo di<br />
avere da lui quello che non riesce a dare, ottenendo spesso chiusura, tensione di rapporti se non<br />
addirittura reattività e ostilità. Ciò avviene non tanto per una incapacità potenziale di rendimento,<br />
quanto per dei reali ostacoli che vietano al ragazzo risultati soddisfacenti.<br />
Di fronte a questi casi, genitori e insegnanti non devono andare alla ricerca di eventuali streghe<br />
(chiamate: mancanza di volontà, lazzaronaggine, poltronite, eccetera) che spiegano nulla, ma<br />
chiedersi piuttosto perché un ragazzo con capacità intellettive normali può rendere, dal punto di<br />
vista scolastico, così poco.<br />
Il mancato rendimento scolastico serve da campanello d’allarme, è un segnale luminoso che<br />
rivela l’esistenza di un disagio; qualcosa che non va… E poiché nella mente (come nella natura<br />
fisica che ci circonda) nulla avviene per caso o in modo slegato, ma ogni evento psichico è<br />
in gran parte determinato dagli eventi che lo hanno preceduto o che lo accompagnano — una<br />
discontinuità in questo senso non esiste nella vita mentale — bisognerà risalire a monte per<br />
trovare le cause di tale comportamento e per capire gli ostacoli che il ragazzo incontra sulla sua<br />
strada. Comprendendo questo, non trascureremo mai alcun fenomeno come privo di significato o<br />
accidentale, per chiederci sempre: Che cosa lo ha causato? Perché avviene? Sono domande che<br />
ci dobbiamo porre, perché una risposta ad esse esiste sempre, anche se poi riuscire a scoprirla<br />
con facilità è naturalmente un’altra questione.<br />
Come noto, durante gli anni dell’adolescenza avvengono nel ragazzo notevoli cambiamenti<br />
fisici e fisiologici: irrequietezza, disorientamento e impazienza; mancanza di stabilità,<br />
entusiasmi fluttuanti e intense infatuazioni; pigrizia, labilità, incoerenza. La necessità, in lui, di<br />
un’autoaffermazione aggressiva e il desiderio di indipendenza fanno contrasto con la sua ricerca<br />
sempre presente di dipendenza e con il desiderio di privilegi, senza però che questo comporti<br />
senso dell’obbligo e delle responsabilità.<br />
Attraverso l’analisi di un gruppo di ragazzi di prima media, ecco ora alcune ipotesi di<br />
motivazione, per comprendere il perché di tanti comportamenti e rendimenti scolastici a prima<br />
vista inspiegabili.<br />
10
Esaminando il campione (104 soggetti), si notano tra le forme di disagio più accentuate:<br />
disadattamento con se stesso (sentimento di inferiorità): 15%; disadattamento familiare (non<br />
esiste nella famiglia una sufficiente circolazione affettiva, oppure la famiglia è del tutto sfasciata):<br />
12%; disadattamento sociale (il grado di adattamento del ragazzo nei riguardi di un gruppo):<br />
26%; disadattamento con la realtà (evasione in un mondo fantastico a scopo compensativo):<br />
8%. Questo campione non pretende di essere rappresentativo, ma è sufficiente per dare delle<br />
indicazioni.<br />
Di 104 ragazzi, ben 43 (il 45%) manifestano una accentuata forma di disadattamento rilevabile<br />
con un’indagine abbastanza superficiale, senza ricorrere ad una indagine clinica del profondo. La<br />
verità di queste situazioni è stata però avvalorata anche da un colloquio con i genitori che, nella<br />
maggior parte dei casi, hanno trovato esatta la spiegazione. Di questi 43 ragazzi che mettono<br />
in evidenza qualche forma di disadattamento, ben 35 (36%) trovano difficoltà nel rendimento<br />
scolastico o, meglio, non rendono come potrebbero. Queste forme di disadattamento non sono<br />
però le uniche, perché si possono trovare anche stati di disagio fisico e ulteriori difficoltà possono<br />
nascere nel ragazzo, impegnato nello studio, da turbe caratteriali che gli rendono difficili i rapporti<br />
con l’ambiente e le persone più direttamente a contatto con lui.<br />
Potremmo continuare ancora per molto, ma qui ci basta avere indicato alcune piste, percorrendo<br />
le quali i problemi di comportamento di un ragazzo rimandano ancora una volta alla radice dello<br />
sviluppo della sua personalità.<br />
disegno di<br />
Guia Zavanella<br />
Scuola dei genitori<br />
don Bruno Ravasio<br />
Direttore del Centro di Psicologia Clinica ed Educativa COSPES – Milano<br />
fino a 7 ottobre del 2007, giorno della sua scomparsa
Don Lorini, come vengono utilizzate le donazioni<br />
dei genitori a favore dei bambini?<br />
I soldi che riceviamo ci servono per comperare<br />
gli alimenti per il sostentamento, per pagare<br />
i maestri, i libri e la mensa scolastica. Ovviamente,<br />
copriamo anche le spese per l’acquisto<br />
di indumenti e per pagate le medicine. Ne<br />
comperiamo tante. La cura e la prevenzione<br />
delle malattie infettive è una delle preoccupazioni<br />
principali delle nostre missioni.<br />
Solidarietà<br />
La geografia del cuore<br />
Compie vent’anni il PROGETTO ADOZIONI dei Salesiani di Milano.<br />
Il Fondatore è don Arturo Lorini, che non dimentica mai quel tremendo pugno nello stomaco<br />
che ha ricevuto quando per la prima volta si è recato in Etiopia, nel 1988. Ne è tornato sconvolto,<br />
graffiato dentro per aver visto la povertà riflessa sul volto scheletrito di quei bambini.<br />
Ripete ancora emozionato: «Ho rinfacciato al Signore: fai qualcosa per questi bambini».<br />
Lui mi ha chiuso la bocca: «Ho già fatto qualcosa per loro: ho creato te».<br />
E cosi il Signore gli ha regalato l’intuizione delle adozioni a distanza, un pionere nel settore in Italia.<br />
Appena tornato, si è rimboccato le maniche e si è dato da fare, convinto<br />
che è meglio accendere una luce che maledire le tenebre.<br />
Dopo vent’anni le sue famiglie adottanti sono più di 16.000:<br />
un vero “esercito della salvezza” che si mobilita per le emergenze del mondo<br />
Il vostro campo d’azione?<br />
Abbiamo allestito scuole in tutta l’Etiopia,<br />
da nord a sud: Adua, Adigrat, Makallè, Addis<br />
Abelia, Zway, Adarnitutto, Dilla e Wallanne.<br />
Naturalmente, accanto ad ogni scuola costruiamo<br />
un pozzo d’acqua che poi rimane aperto<br />
per tutto il villaggio circostante.<br />
Com’è distribuita in Italia la rete delle adozioni?<br />
Il 70% è concentrato in Lombardia e nel Nord<br />
Italia. Ma dopo alcuni miei interventi a un programma<br />
della RAI, UNO Mattina, l’iniziativa<br />
si è estesa anche al Centro, al Sud e alle Isole.<br />
Perché inizialmente il vostro progetto si<br />
chiamava PROGETTO ETIOPIA?<br />
Per dieci anni abbiamo curato solo l’assistenza<br />
all’Etiopia. Poi, abbiamo aperto anche<br />
all’Ecuador, prendendo a cuore 800 ragazzi<br />
indios che di solito sono trascurati dal governo,<br />
relegati sulle alture delle Ande. E abbiamo<br />
costruito tre scuole nelle favelas di Recife,<br />
in Brasile, per curare i ragazzi di strada ai<br />
quali diamo da mangiare e che addestriamo<br />
al lavoro mediante le scuole tecniche professionali,<br />
il fiore all’occhiello di Don Bosco.
MOMENTI DA INCORNICIARE<br />
1988 — viaggio di don arturo lorini in etiopia:<br />
un’esperienza scioccante. al suo cuore ferito, il Signore regala<br />
l’ispirazione delle adozioni<br />
1989 — don lorini fa la prima adozione.<br />
l’ispettoria salesiana lombardo-emiliana approva<br />
e incoraggia il suo progetto<br />
1993 — il cardinale carlo maria martini fa la 1 000 ma adozione<br />
2003 — il cardinale dionigi Tettamanzi fa la 12000 ma adozione<br />
2008 — il Segretario di Stato vaticano,cardinale Tarcisio Bertone,<br />
fa la 16000 ma adozione<br />
La vostra organizzazione si allerta anche in<br />
occasione di catastrofi o di calamità naturali?<br />
Lo abbiamo fatto soprattutto in occasione dello<br />
Tsunami del 2004 (vedere in “Presenza Educativa”<br />
n.10, pp.24-25). Abbiamo mandato aiuti<br />
immediati in India, Tailandia e, soprattutto, Sri<br />
Lanka, dove abbiamo costruito trenta nuove casette<br />
per le famiglie rimaste senza tetto e regalato<br />
ottanta barconi e relative reti alle famiglie<br />
di pescatori, perché continuino a lavorare e a<br />
mantenere con dignità le loro famiglie.<br />
Il progetto che oggi va sta più a cuore?<br />
Adesso siamo impegnati nel Darfur-Sudan ma,<br />
come salesiani, siamo presenti anche a Khartoum,<br />
El-Obeid, Wau, Tonj. I miei confratelli<br />
fanno un lavoro meraviglioso. Ogni scuola è<br />
fornita di cinque o sei camion con i quali vanno<br />
a prendere i ragazzi nei campi profughi. Li<br />
portano alla scuola, danno loro da mangiare,<br />
insegnano un mestiere, li fanno giocare e alla<br />
sera li riportano ai loro genitori. A Khartoum<br />
ne abbiamo 560 e a El-Obeid 450. Qui abbiamo<br />
aggiunto altri 400 ragazzi che ricevono<br />
pane e istruzione. Inoltre, a Tonj stiamo<br />
avviando un grandioso progetto agricolo per<br />
sfruttare il terreno fertilissimo e dare lavoro a<br />
centinaia di famiglie. E il VIS, Volontariato<br />
Internazionale per lo Sviluppo (la ONG dei<br />
salesiani) sta lanciando una campagna di raccolta<br />
fondi per la costruzione di venti scuole<br />
che va sotto il nome di UNA SCUOLA PER<br />
TUTTI, un progetto assai ambizioso.<br />
POSTA: C/C Postale n.76168277<br />
BANCA: C/C Bancario n. 4737 INTESA-SAN PAOLO, Ag. 29<br />
IBAN IT66B0306901631100000004737<br />
13<br />
Andrea Tornielli
Nella vigna del testo<br />
I luoghi comuni sulla lettura non mancano: è fuori moda, non si usa più,<br />
serve a nulla, ci sono già i mezzi di comunicazione di massa, è inutile, perché<br />
ruba tempo ai propri impegni quotidiani, come dice Pennac.<br />
Ma il problema sta a monte, quando il libro è cioè visto semplicemente come<br />
un soprammobile, piuttosto che un utile strumento di conoscenza, riflessione<br />
e confronto, come un’opportunità di crescita. Si legge un libro in vacanza (il 41 % degli italiani:<br />
fonte Eta Meta Research), quando la TV è poco attraente (37%) o se ci si annoia (21%).<br />
Ma il libro non indottrina, è aperto a chiunque, quindi leggere<br />
giova ad ognuno di noi. Perciò il libro non può cadere nel dimenticatoio;<br />
sarebbe deleterio, per tutti. Spetta a noi tentare di rivitalizzarlo,<br />
perché ci permette di vedere sotto differenti ottiche delle realtà<br />
a noi praticamente sconosciute — o che davamo per certe.<br />
Michele Meroni<br />
Quando si legge, si raccolgono tutti i chicchi delle righe.<br />
Per Plinio il Vecchio, infatti, la parola “pagina” indica<br />
quattro filari di viti uniti in quadrato dai loro graticci<br />
(Naturalis Historia, libro XVII — 17, 169).<br />
Quindi, le righe di una pagina possono essere considerate<br />
come i vimini di un graticcio che sostiene le viti
Proprio perché il libro possa continuare ad essere<br />
efficace mezzo di comunicazione, oltre che formidabile<br />
strumento di cultura, negli ultimi anni<br />
l’Istituto S.Ambrogio ha investito grandi energie<br />
affinché la sua biblioteca (un tempo gloriosa presenza<br />
di quartiere e chiusa qualche anno fa per<br />
destinarne i locali alla realizzazione della Scuola Primaria) potesse tornare in funzione. Così,<br />
tramite lunghi lavori e grazie anche ad un prezioso contributo economico, la rinata biblioteca ha<br />
visto la luce in nuovi, ampî spazi, con il supporto dei più sofisticati sussidi tecnologici.<br />
E il gran giorno è arrivato: sabato 10 maggio, presenti autorità in rappresentanza delle isituzioni<br />
e un folto pubblico — fra cui classi dei nostri licei, genitori, benefattori, amici e simpatizzanti<br />
— si è svolta l’inaugurazione, con dedica a Mario Murari (la cui figura è stata tratteggiata in<br />
“Presenza…” n. 9, p. 30). Il direttore uscente del S.Ambrogio, don Angelo Tengattini, ha guidato<br />
gli ospiti nella visita alla struttura, mentre mons. Cesare Pasini, il salesiano Prefetto della<br />
Biblioteca Apostolica Vaticana, li ha intrattenuti con una stimolante riflessione — qui riproposta<br />
nelle prossime pagine.<br />
Per qualità e quantità dei materiali, ben sistemati per favorire la lettura e l’approfondimento in un<br />
clima di serietà e riservatezza, questa rinnovata struttura costituisce ora un aggiornato strumento<br />
di informazione, studio e ricerca. L’auspicio è che nel tempo essa possa diventare il raccordo di<br />
iniziative culturali di matrice salesiana: aperta anche al territorio, in vista delle sfide che attendono<br />
la nostra comunità e la città di Milano.<br />
15<br />
le immagini sono<br />
di Andrea Pessina
Scrivere, leggere, crescere:<br />
utilità e inutilità di una biblioteca<br />
Le biblioteche conservano i libri per l’uso di gruppi di persone che ne hanno bisogno. Così le<br />
biblioteche di università o di altri istituti scolastici vogliono dare un supporto agli studenti e ai<br />
loro insegnanti (ad esempio, nel nostro caso, all’Istituto Salesiano S.Ambrogio di Milano); le<br />
biblioteche di certe comunità intendono poi anche conservare documenti e testimonianze legate<br />
alla vita di quella comunità (sempre nel nostro caso, l’Ispettoria di questa provincia della<br />
Congregazione Salesiana). E in modo analogo si possono pure pensare le biblioteche nazionali<br />
o cittadine o rionali, che cercano di servire a comunità meno caratterizzate ma ugualmente<br />
distinguibili in un territorio più o meno ampio. C’è quindi un rapporto fra ogni biblioteca e<br />
i suoi utenti.<br />
Per precisare meglio questo rapporto, utilizzo un suggerimento che viene dalla Biblioteca<br />
Vaticana e un altro che raccolgo dall’Ambrosiana (anche se poi si tratta di due aspetti ugualmente<br />
presenti nell’una e nell’altra di queste biblioteche, come in tutte quelle che ne portino<br />
legittimamente il nome).<br />
Dal primo articolo dello Statuto della Vaticana ricavo che essa fu costituita da papa Niccolò V<br />
«pro communi doctorum virorum commodo» (Breve del 30 aprile 1451) e che fu poi realizzata<br />
da papa Sisto IV «ad... litterarum studiis insistentium virorum commodum et honorem» (Breve<br />
del 15 giugno 1475), cioè — per rendere insieme l’una e l’altra espressione — per l’utilità e<br />
l’interesse comune degli uomini di scienza.<br />
16
Esplicitando questo invito, possiamo affermare che una biblioteca deve rendersi utile ai<br />
suoi frequentatori custodendo e incrementando le collezioni dei materiali librari in essa<br />
conservati e offrendo altresì un servizio il più possibile ben organizzato e ben articolato:<br />
un buon catalogo, un’agile distribuzione dei volumi, una sala di lettura raccolta e luminosa,<br />
un’adeguata attività di reference, svolta con cortesia e competenza — e così via. Si<br />
cerca cioè di aiutare e di servire lo studente o lo studioso secondo tutte quelle modalità<br />
che possano rendere più proficua la sua ricerca.<br />
Dalle origini dell’Ambrosiana raccolgo invece l’altro elemento e cioè il fatto che una<br />
biblioteca evidenzia le caratteristiche di collaborazione e di condivisione che sono<br />
proprie della ricerca e dello studio. Non si dà valida ricerca senza la messa in comune<br />
di competenze e specializzazioni: non si può infatti sapere tutto. In altri termini, è necessario<br />
confrontare e unire i risultati e pure avvalersi della competenza altrui su campi e<br />
ambiti nei quali non si abbia specifica preparazione. Secondo questa prospettiva Federico<br />
Borromeo all’inizio del Seicento fondò l’Ambrosiana proprio costituendo un Collegio<br />
di Dottori (in Vaticana ci sono gli Scrittori, ma lo scopo è analogo), perché studiassero<br />
e ricercassero ciascuno secondo la propria specializzazione ma unendo i risultati, come<br />
in un lavoro di équipe, non solo tra di loro ma con altri studiosi e ricercatori di svariata<br />
provenienza. Ovvio che fosse necessaria una biblioteca per questo, ma ugualmente conseguente<br />
che la biblioteca raccoglieva insieme i volumi per facilitare un lavoro pure esso<br />
compiuto insieme.<br />
Le sale della biblioteca, in particolare l’originaria Sala di Lettura, erano poi arricchite da<br />
numerosi ritratti di uomini di cultura, artisti, governanti, personaggi ecclesiali e santi di<br />
tutti i tempi: la comunione di ricerca con i contemporanei si allarga quindi nella comunione<br />
in spirito con i grandi del passato, di cui i libri parlano o che hanno essi stessi scritto<br />
quei libri.<br />
La biblioteca quindi, anche quando non organizza una ricerca comune e sembra paga di<br />
distribuire i volumi ai singoli utenti in modo apparentemente individuale, con la sua sala<br />
di lettura dove ci si può fermare a leggere gomito a gomito, con il suo legame a un’istituzione<br />
scolastica e a una congregazione religiosa, con la sua indubbia caratteristica sociale,<br />
richiama in ogni caso che leggere, capire, studiare e ricercare, conoscere la realtà<br />
e accostarsi alla verità, non sono un affare individuale ma si muovono in un contesto di<br />
collaborazione e di condivisione, di confronto e di verifica, di comune raccolta dei frutti e<br />
delle fatiche: comunque e sempre un intreccio di più voci. La biblioteca dice “socialità”.<br />
È quindi utile sia per il suo servizio complessivo che per il suo richiamo specifico alla<br />
ricerca comune.<br />
I libri<br />
Nella vigna del testo<br />
Ma qui possiamo finalmente passare alla domanda che sta alla base di questa riflessione:<br />
il libro di cui le biblioteche si compongono è a sua volta utile?<br />
17
Nella vigna del testo<br />
Altrimenti perché raccoglierlo nelle biblioteche e darsi da fare a utilizzarlo in un lavoro a più<br />
soggetti? Chi scrive i libri e ci permette di leggerli ci aiuta a crescere? Come si rapporta il nostro<br />
crescere alla lettura dei libri? Anticipo subito che qui evidenzio solo un aspetto delle molte<br />
questioni sottese a questa domanda, considerando il libro come aiuto alla conoscenza della<br />
realtà e come invito alla ricerca della verità: elementi fondamentali per crescere nella vita.<br />
Per affrontare tale questione, mi rivolgo a un poeta del IV<br />
secolo, Efrem il Siro: teologo cristiano che si esprime in<br />
una riflessione semplice, spesso comunicata attraverso immagini<br />
fresche e immediate. L’antichità cristiana (e classica)<br />
conosce il mondo latino e quello greco e siamo stati invitati<br />
tante volte a non dimenticare il polmone greco-bizantino<br />
accanto a quello latino occidentale: due polmoni, quindi, per<br />
esprimere un’unica tradizione culturale.<br />
Esiste tuttavia anche un terzo ambito (non possiamo dire<br />
un terzo polmone!), quello siriaco, estremamente vivo e originale,<br />
che completa gli altri due e che ha sviluppato una<br />
preziosa tradizione giunta fino a noi nelle comunità cristiane sire diffuse tutt’oggi nel Vicino e<br />
Medio Oriente (in Siria, in Turchia, in Iraq) e nella diaspora europea e americana.<br />
Il teologo poeta Efrem il Siro è convinto che noi capiamo e conosciamo - e quindi cresciamo!<br />
- grazie a due libri che ci si squadernano dinnanzi: il libro della Natura e il libro delle Scritture.<br />
Ce lo spiega in alcune strofe del suo quinto Inno sul Paradiso ):<br />
Tanto la Natura quanto il Libro possono rendere testimonianza al Creatore: la Natura<br />
mediante il suo uso e il Libro mediante la sua lettura. Essi sono testimoni che giungono<br />
in ogni luogo, si trovano in ogni tempo, sono presenti in ogni ora. (str. 2)<br />
Vuol dire che, se voglio capire, devo guardare, indagare anzitutto il libro della Natura, che mi si<br />
squaderna dinnanzi ovunque e sempre; devo anche farne uso (rispettosamente) e così scoprirne<br />
le potenzialità. Giungerò allora a capire molte cose: in ultima analisi arriverò a cogliere il Creatore,<br />
di cui la Natura è opera e frutto. Quindi la Natura rende testimonianza al Creatore. Lo<br />
stesso lavoro fa il Libro: Efrem pensa al libro delle Scritture, alla Bibbia, ma noi non facciamo<br />
un’applicazione indebita se pensiamo, in collegamento, anche a ogni libro che abbia qualcosa da<br />
dirci: appunto il Libro ci farà conoscere e riflettere, pensare, intuire, agganciare elementi e<br />
provocare domande e suggerire risposte. Ci accosterà quindi alla realtà, ci provocherà a sondarla<br />
nella direzione della verità. Anche qui, in ultima analisi, ci condurrà a intuire e a scoprire<br />
il Creatore. Se poi il Libro è quello delle Scritture Sacre, della Bibbia, il percorso è ancor più<br />
specifico e illuminante in quella direzione.<br />
18
Nella vigna del testo<br />
Nelle strofe seguenti Efrem descrive come si apre e si legge un libro: precisamente come si aprono<br />
le prime pagine della Bibbia, cioè la Genesi con il racconto della creazione e la descrizione<br />
del paradiso terrestre. Ma anche qui Efrem insegna qualcosa che vale per tutti i libri che si rispettino<br />
e per tutti i lettori che rispettano i libri. In queste strofe troviamo anche le immagini vive e<br />
simpatiche che solo un poeta sa suggerire. Infatti tutto si anima, anche le linee della scrittura che<br />
si aprono verso di me lettore in un gentile abbraccio, anche i versetti che si passano il testimone<br />
del racconto l’uno all’altro.<br />
Presi a leggere l’inizio di quel Libro e trasalii di gioia: i suoi versi e le sue linee stavano a<br />
braccia aperte e il primo, venutomi incontro desideroso, mi baciò protendendomi verso il<br />
suo compagno. Quando poi giunsi alla linea nella quale è descritta la storia del paradiso,<br />
essa mi prese e mi lanciò dal grembo di quel Libro al grembo del paradiso. (str. 3)<br />
Vuol dire che il libro mi porta dentro nel suo contenuto, non mi lascia spettatore, mi coinvolge.<br />
A un certo punto non ho davanti il libro, ma sono entrato nel suo messaggio. Come?<br />
Mediante le linee, come per un ponte, occhio e spirito sono passati entrando insieme<br />
nel racconto del paradiso. L’occhio fece passare lo spirito mediante la lettura e lo<br />
spirito, a sua volta, ha fatto riposare l’occhio dalla lettura: una volta letto il Libro ci fu<br />
riposo per l’occhio e lavoro per lo spirito. (str. 4)<br />
L’occhio scorre le parole fermandosi come alla porta, lo spirito (lo spirito di me lettore) varca la porta<br />
e io entro nella narrazione del testo. Se poi il testo mi parla del paradiso, leggendo entro in paradiso!<br />
19<br />
Paolo Beneforti,<br />
Paradiso Perduto<br />
terracotta policroma, 1996<br />
(per gentile concessione)
Nella vigna del testo<br />
In quel Libro ho trovato sia il ponte sia la porta del paradiso — e passando vi entrai.<br />
L’occhio rimase fuori e il mio spirito entrò dentro. Presi a girovagare in esso<br />
senza Libro. Quella cima è limpida, tersa, magnificente e bella. Il Libro la chiama<br />
Eden perché è la cima di tutti i beni. (str. 5)<br />
Quando l’occhio ha svolto il suo compito, lascia quindi il posto allo spirito, il quale ormai è<br />
entrato nel paradiso (che è il contenuto del libro). Il libro non mi serve più, è diventato inutile.<br />
Era utile, insieme al libro della natura, ma ora è inutile perché ha svolto il suo compito.<br />
Si potrebbe aggiungere un terzo libro, che Efrem descrive altrove, e cioè il libro della Storia,<br />
che a sua volta sa fare giungere il suo insegnamento persino a quanti non hanno voglia di leggere<br />
i libri scritti, in particolare le Scritture Sante con gli ammaestramenti e le richieste di conversione<br />
che sono lì a disposizione di tutti. Per questo, ricorda Efrem nel terzo Inno su Nisibi, ai cittadini<br />
di Nisibi in quegli anni (nel 338, nel 346 e nel 350) erano stati mandati tre assedi compiuti dai<br />
Persiani: tre duri libri come avvertimenti da non dimenticare, per riflettere sulla realtà e comprendere<br />
la verità della vita.<br />
Le angustie da te subìte siano come libri per le tue memorie! I tre assedi infatti possano<br />
divenire per te libri, affinché tu possa meditare ogni momento le loro storie. Poiché<br />
tu hai disprezzato di leggere nei due Testamenti la tua salvezza, proprio per questo<br />
Egli scrisse per te tre duri libri, affinché tu leggessi in essi le tue punizioni. (str. 11)<br />
Paolo Beneforti, Bosco<br />
Tempera e ceramica su libro, 2001<br />
(per gentile concessione)<br />
In altri termini, se non si leggono<br />
adeguatamente i libri, specie quello<br />
delle Scritture, poi si dovrà leggere,<br />
magari penosamente, il libro della<br />
Storia.<br />
Ma si può vedere anche questo approccio<br />
in senso positivo: tramite la storia,<br />
le esperienze della vita, mi accosto alla<br />
realtà e ancora una volta sono chiamato<br />
a inoltrarmi nella ricerca della verità;<br />
per non dire che la storia mi reca —<br />
attraverso la sua tradizione — il succo<br />
delle conoscenze antiche affidate allo<br />
spirito dei popoli, delle culture, delle<br />
religioni.<br />
20
Grazie a Efrem il Siro, abbiamo quindi intuito<br />
che esistono sia i libri veri e propri, sia altri libri<br />
di conoscenza: quello della natura e quello della<br />
storia. Vuol dire allora che tutti insieme, in collaborazione,<br />
mi fanno crescere e sarei certamente<br />
più povero se dal novero di questi tipi di libro<br />
ne escludessi l’uno o l’altro. In un certo senso il<br />
libro scritto ha un ruolo prevalente: è il libro vero<br />
e proprio a recarmi, spesso, anche le conoscenze<br />
del libro della natura e del libro della storia;<br />
ma in un altro senso debbo ricordare che, se non<br />
contemplo direttamente la natura e non ascolto onestamente la storia antica e la mia attuale esperienza<br />
di vita, lo stare chino sui libri potrebbe rattrappirmi nelle molte conoscenze (pure nozioni)<br />
e non favorirmi lo sviluppo della crescita.<br />
In ogni caso, ogni libro mi è utile strumento, ma non è lui il vertice: quando ha parlato al mio<br />
spirito, sarà poi il mio pensiero a procedere senza libro con un compito che è tutto suo e che<br />
valuta e riflette e discerne e accoglie: solo allora quella Verità è diventata mia, è penetrata in me<br />
e io in lei. Crescere è questo processo complesso e completo, che non trascura alcuno di questi<br />
elementi.<br />
Il libro della vita<br />
C’è un ultimo passo avanti - o meglio verso l’Alto - da considerare. È ancora Efrem a suggerirlo<br />
nel suo primo Inno sulla perla: per lui la perla è Cristo, il Verbo incarnato, il suo Regno, la fede,<br />
la Parola di Dio, l’Eucarestia. A questo punto quindi la riflessione è squisitamente cristiana, ma<br />
vale la pena di affrontarla per concludere senza aver trascurato nulla.<br />
Come la manna da sola saziò il popolo con i suoi sapori al posto dei sapori del<br />
cibo, così la perla saziò anche me, al posto dei libri, della loro lettura e della loro<br />
interpretazione. (str. 8)<br />
Come a dire che Cristo si sostituisce ai libri: basta lui, visto che è tutto, è la Parola nella sua<br />
pienezza e completezza.<br />
Viene in mente quell’episodio di cui è fatto protagonista ad Alessandria d’Egitto abba Serapione,<br />
sempre nel IV secolo. Vedendo un povero intirizzito dal freddo, gli diede la sua tunica<br />
rimanendo totalmente spogliato. A chi lo vide in quel modo con in mano il suo piccolo vangelo,<br />
rispose: «Ecco chi mi ha spogliato».<br />
21<br />
Paolo Beneforti, La buona notte<br />
terracotta e libro, 1997 (per gentile concessione)
Vedendo poi un poveraccio condotto in prigione per un debito, vendette anche il vangelo per<br />
riscattarlo. E anche qui, alla domanda dove fosse mai il suo piccolo vangelo, rispose: «L’ho venduto<br />
e dato via per aver più fiducia in lui».<br />
Nella trama abituale della vita, queste narrazioni devono continuamente indicare la direzione,<br />
insegnare anche un distacco da tutto a favore di Cristo, ma senza far cadere in radicalismi estremi:<br />
chi per principio buttasse i libri e si estraniasse dalla natura in cui vive e chiudesse gli occhi<br />
sulla storia e sulle vicende di questo mondo, rischierebbe semplicemente di smarrire la via che<br />
conduce a Cristo stesso, perché ora si giunge a lui per queste strade.<br />
Però è vero che nel momento escatologico i libri delle parole, della natura e della storia dovranno<br />
lasciare il posto a Colui che riassume tutte le parole, tutti i pensieri e tutta la Verità, senza più<br />
bisogno di alcuna mediazione, quando Cristo sarà tutto in tutti (cfr 1Cor 15,28). Si chiuderanno<br />
per sempre le biblioteche e si lasceranno definitivamente i libri.<br />
Curiosamente, però, in quel momento si aprirà ancora un libro: il libro della vita (cfr Ap 5,1-5;<br />
20,12). Quando l’Apocalisse ce ne parla, si richiama agli antichi registri che registravano quanti<br />
avevano ricevuto l’onore della cittadinanza romana: li recensivano fino alla loro morte, poi i<br />
nomi venivano cancellati. Il libro della vita invece recensisce i nomi di quanti hanno vinto e<br />
superato la morte e lì saranno per sempre stabili.<br />
Arrivati in fondo, pensavamo di poter fare a meno del libro: ci troviamo invece beatamente stabiliti<br />
per sempre proprio in un libro che non si deteriora; credevamo che non sarebbero più state necessarie<br />
le biblioteche per coordinare la ricerca comune della Verità: troviamo però tutti insieme accomunati<br />
non nelle scaffalature di un magazzino, ma nelle pagine stesse dell’unico Libro della Vita.<br />
Pennaioli superstar<br />
Nella vigna del testo<br />
mons. Cesare Pasini<br />
Prefetto della Biblioteca Apostolica vaticana<br />
Mai come negli ultimi mesi è proliferata nel nostro paese, dal monte al piano,<br />
una miriade di eventi dedicati ai libri: dagli ormai consolidati festival tematici<br />
— della filosofia, della scienza, della cucina, dei mestieri… — ai più<br />
recenti, come lo spettacolare Bibliotopos, promosso alla fine di settembre dal<br />
Comune di Milano con il settore biblioteche. Ma simili manifestazioni, come<br />
pure tulle le classifiche librarie che quotidianamente invadono giornali e TV,<br />
aiutano davvero ad orientarsi? Oppure, come ha recentemente osservato<br />
su Vita e Pensiero e su Avvenire Giuliano vigini (tra i maggiori esperti del mondo dell’editoria e della lettura),<br />
si dovrebbe approntare quanto prima un’ecologia dei libri, stilando classifiche non commerciali perché anche i<br />
molti titoli validi che, per motivi varî, escono presto dal circuito informativo — o non vi entrano affatto — godano<br />
del meritato riconoscimento?<br />
Il problema esiste, specie in ámbito educativo. Spesso, si rischia infatti la spettacolarizzazione del fenomeno,<br />
con autori (di solito: pseudo-eruditi da salotto) messi sul palcoscenico, per esibirsi con scarsa sensibilità pedagogica<br />
davanti ai nostri giovani. Interessati solo alla vendita del loro prodotto (autografato, naturalmente!), essi<br />
rendono un pessimo servizio alla lettura, in un paese come l’Italia dove — con la pubblicazione ogni giorno di<br />
circa 170 titoli — occorrerebbe invece l’aiuto di persone più esperte ma, soprattutto, fidate.
Fondata nel 1900 dal primo direttore dell’Istituto salesiano, don Lorenzo Saluzzo, la biblioteca<br />
del S.Ambrogio ricevette una prima, importante sistemazione da don Adeodato Frigo, studioso e poeta,<br />
che ordinò circa 5.000 volumi (regalati e acquistati), tra cui preziose cinquecentine.<br />
Dopo periodi di stasi determinati dai due grandi conflitti bellici, nel 1949 la biblioteca ottenne nuova linfa<br />
dal direttore don Plinio Gugiatti, che stanziò la somma di lire 300.000 per nuovi scaffali<br />
e per l’attrezzatura di una sala di consultazione. Nel 1970, il direttore don Gianni Sangalli organizzò una<br />
nuova biblioteca denominata “Scuola e Quartiere” che, in poco tempo, ebbe uno sviluppo straordinario,<br />
arricchendosi di migliaia di volumi, tra cui importanti enciclopedie, a disposizione non solo di docenti<br />
e studenti, ma anche della cittadinanza della Zona 2. Il 31 gennaio 1975, festa di S.Giovanni Bosco,<br />
per iniziativa del direttore don Mario Montani e di altri superiori, furono inaugurati i nuovi ambienti<br />
della biblioteca, in cui furono riuniti i volumi della primitiva biblioteca salesiana<br />
con quelli appartenenti alla biblioteca “Scuola e Quartiere”.<br />
La rinnovata biblioteca del S.Ambrogio (alla quale per ora si accede dal<br />
portico, vicino al nuovo ascensore, in attesa che vengano ultimati i lavori<br />
dell’ingresso direttamente da via Copernico) conta circa 80.000 volumi, tra i<br />
quali preziose opere di S.Agostino risalenti al 1515.<br />
Tra le raccolte di riviste, assai importanti per la storia della presenza salesiana<br />
in Milano: Catechesi (annate complete: 1932-2001), Salesianum<br />
(annate complete: 1939-2001), Bollettino Salesiano (annate complete:<br />
1891-2000), Don Bosco, l’iniziale periodico dell’Opera salesiana di Milano<br />
(annate complete: 1897-1923; 1925-1935; 1938-1950; 1952-1953; 1955-<br />
1971), la prima edizione di Presenza Educativa (annate complete: 1972-<br />
1985), la nuova Presenza Educativa - don Bosco a Milano (dal 2002 ad<br />
oggi) e Aeroplanino di carta (annate dal 1993 ad oggi).<br />
Il bibliotecario, andrea martorini, nell’ultimo anno e mezzo ha provveduto alla sistemazione ed alla catalogazione<br />
del materiale (ancora in corso); è allievo di don virginio pontiggia, che fu segretario del Cardinal Martini<br />
e che attualmente dirige la biblioteca del Seminario Arcivescovile di Venegono Inferiore (Va).<br />
Per ora, la Mario Murari è accessibile solo alla comunità, oltre che agli studenti ed ai docenti dell’Istituto, ma si<br />
sta pensando a come estenderne l’apertura a studiosi e ricercatori provenienti anche dall’esterno.<br />
per contatti: 02.67627.670<br />
e-mail: biblio@salesianimilano.it<br />
23<br />
Orari di apertura della biblioteca<br />
lunedÌ - marTedÌ - mercoledÌ<br />
pomeriggio: dalle 13 alle 17<br />
GiovedÌ - venerdÌ<br />
mattina: dalle 11,10 alle 11,30<br />
pomeriggio: dalle 13 alle 16,40
Istruzione<br />
e formazione<br />
professionale<br />
In questi ultimi anni, i corsi di istruzione<br />
e formazione professionale hanno incontrato<br />
un notevole successo nella nostra regione,<br />
aumentando infatti in misura considerevole<br />
il numero degli allievi che li frequentano.<br />
Da parte nostra, noi Salesiani di Milano<br />
cerchiamo di mantenerci fedeli alla tradizione<br />
che ci vede da decenni impegnati<br />
in prima fila nel campo dell’istruzione<br />
e formazione professionale attraverso<br />
le attività promosse<br />
dal nostro CFP,<br />
“targato”<br />
Associazione<br />
CNOS-FAP.<br />
Non intendiamo<br />
ora addentrarci negli<br />
importanti<br />
cambiamenti (normativi<br />
e di prassi) che<br />
sono avvenuti<br />
(a tal fine,<br />
rinviamo al portale<br />
di Regione Lombardia<br />
www.scuolalombardia.it).<br />
Ci pare invece più urgente<br />
in questa sede evidenziare<br />
e precisare<br />
ancora una volta<br />
alcuni aspetti<br />
dell’istruzione<br />
e della formazione<br />
professionale che<br />
rischiano di non essere<br />
conosciuti da molti o,<br />
in qualche caso,<br />
addirittura equivocati.<br />
AFFERMAZIONI ALLO SPECCHIO<br />
24<br />
L’istruzione e la formazione professionale<br />
sono esclusivamente per quei ragazzi che non<br />
hanno voglia di studiare. FALSO<br />
L’istruzione e la formazione professionale,<br />
come ogni altro percorso formativo, sono<br />
per tutti coloro che vi si sentono portati: la<br />
voglia di studiare può... latitare anche al liceo<br />
classico.<br />
L’istruzione e la formazione professionale<br />
sono solo “addestramento pratico”, ma in realtà<br />
la persona non cresce. FALSO<br />
L’istruzione e la formazione professionale,<br />
a partire dalle abilità manuali e pratiche e<br />
dall’esperienza del laboratorio, valorizzano<br />
tutte le doti, le capacità e le componenti della<br />
persona senza limitarsi alla dimensione<br />
delle conoscenze teoriche. Si parla di apprendimento<br />
esperienziale, ossia di “imparare<br />
facendo”.<br />
Dal punto di vista degli studi, l’istruzione e la<br />
formazione professionale sono “un vicolo cieco”,<br />
una strada senza uscita che non permette<br />
ulteriori sbocchi. FALSO
L’istruzione e la formazione professionale<br />
permettono a chi è seriamente motivato<br />
e impegnato di immettersi nel percorso<br />
dell’istruzione tecnica e di proseguire negli<br />
studi, per giungere così all’esame di stato e<br />
alla qualifica di perito.<br />
L’istruzione e la formazione professionale<br />
sono un percorso di serie B. FALSO<br />
L’istruzione e la formazione professionale<br />
sono, al contrario, un percorso di serie A,<br />
perché permettono a coloro che lo frequentano<br />
di assolvere l’obbligo di istruzione fino<br />
a 16 anni di età prescritto dalla legge italiana.<br />
Ma lo sono soprattutto perché rappresentano<br />
un’opportunità che permette di<br />
qualificarsi professionalmente e di inserirsi<br />
così in maniera rapida e fruttuosa nel mondo<br />
del lavoro<br />
don Ivano Mora<br />
direttore Centro di Formazione Professionale<br />
Scuole Professionali don Bosco — Milano<br />
Dentro i cortili<br />
10 le classi<br />
dei corsi triennali di istruzione<br />
e di formazione professionale<br />
dei salesiani di milano<br />
219 gli allievi<br />
91%: la percentuale degli allievi<br />
che hanno concluso<br />
i nostri percorsi nel 2006-2007<br />
e che risultano occupati o che stanno<br />
proseguendo gli studi<br />
25 le richieste<br />
da parte delle aziende di personale<br />
da occupare nel settore meccanico<br />
(solo quelle ricevute nel mese<br />
di settembre 2008)<br />
25
Fogli di diario<br />
La Cappella del S.Ambrogio<br />
Pur non essendo stata la prima ad essere officiata dai salesiani a Milano,<br />
per il suo stile caldo e accogliente essa ha sempre rappresentato il punto di partenza<br />
di ogni nuova iniziativa e il punto di ritorno per amici ed exallievi<br />
Progettata dall’ing. Cecilio Arpesani (personaggio di spicco nel revival lombardo di fine Ottocento) a<br />
servizio esclusivo dell’oratorio di cui costituiva il primo ambiente ad essere inaugurato, fu consacrata<br />
il 16 gennaio 1899 dal Beato Card. Andrea Carlo Ferrari, l’arcivescovo della dottrina sociale della<br />
chiesa ambrosiana, che mensilmente tornava a visitare i ragazzi e gli educatori e a predicarvi.<br />
Da subito, fu dedicata a S. Ambrogio, patrono di Milano e dell’Istituto di via Copernico. Nei primi<br />
anni non mancavano di visitare la cappella ad ogni passaggio da Milano tutti i più alti prelati, a cominciare<br />
dai salesiani Beato Michele Rua e Card. Giovanni Cagliero.
Fogli di diario<br />
Le notizie sull’aspetto della cappella in questi primi anni sono molto rade. Ereditò le suppellet-<br />
tili di quella precedentemente realizzata per la scuola e appositamente per essa furono donate al<br />
direttore don Lorenzo Saluzzo diverse oreficerie di gusto neogotico. Una cattedra, poi sostituita,<br />
fu intagliata in legno in stile bizantino dagli artigiani della scuola nel 1904. Qui nel gennaio 1900<br />
don Davide Albertario, giornalista e polemista cattolico di spicco, tenne il discorso per la ricorrenza<br />
di don Bosco (all’epoca era l’anniversario della morte del fondatore della congregazione e<br />
veniva celebrata la Messa da requiem, mentre oggi è il ricordo gioioso del santo-educatore).<br />
A partire dal 1906, la cappella perse la sua centralità per l’inaugurazione della basilica di S.<br />
Agostino di cui fu in un certo senso la matrice. Il Ss. Sacramento infatti non fu portato nel nuovo<br />
tempio dalla chiesa parrocchiale di S. Gioachimo, ma proprio dalla cappella S. Ambrogio, dove<br />
ritornò dall’agosto 1943 all’aprile 1944 quando il S. Agostino era inagibile a causa dei bombardamenti:<br />
in quei mesi la cappella funse anche da parrocchiale.<br />
L’architettura di questo tempio è costretta all’interno della pianta del piano terreno dell’edificio<br />
un tempo dedicato all’oratorio ed ora alle scuole, che riflette la struttura dei piani superiori: un<br />
corridoio centrale con aule da entrambi i lati, conformazione innovativa per l’epoca quando<br />
in genere un lato dei corridoi scolastici si affacciava sul cortile. La struttura data all’edificio<br />
dall’Arpesani consentiva un notevole risparmio di spazi e di materiali. Al piano terreno questa<br />
soluzione ha però imposto nell’ala più antica la realizzazione del corridoio di accesso agli uffici<br />
e nell’ala della cappella l’affiancamento alla maggiore, oltre le colonne, di una navatella minore<br />
che conferisce così all’aula l’inconsueta struttura a due navate disuguali.<br />
L’apparato decorativo risale quasi completamente agli anni del secondo dopoguerra: nell’estate<br />
del 1948, grazie ad un anonimo benefattore, fu decorata la parete dietro l’altare maggiore: “fra<br />
una corona di angeli è la statua della Vergine. Essa è l’Ausiliatrice e Regina.”.<br />
La mensa d’altare era quella che viene utilizzata ancor oggi, che fu staccata dalla parete e posta<br />
al centro del presbiterio in occasione dei rimaneggiamenti post-conciliari che portarono alla realizzazione<br />
dell’ambone e del tabernacolo in marmo bianco e rosso, con un’ispirazione moderna<br />
poco adatta al contesto neoromanico del progetto originario.<br />
La cappella all’epoca, essendo l’unica dei due istituti, era frequentata ogni mattina da 800 giovani<br />
in 4 turni.<br />
I lavori per gli altari laterali si protrassero fino al marzo 1954 quando il Don Bosco scriveva:<br />
“La cappella dell’Istituto si è adornata di due nuovi altari: di S. Giuseppe, in memoria del compianto<br />
don Giuseppe Divina e di Don Bosco e Domenico Savio, a ricordo del sessantesimo della<br />
venuta dei Salesiani a Milano. I quadri sono opera geniale ed espressiva del pittore senese Aldo<br />
Piantini [Siena, 1893 – Milano, 1961].<br />
27
Fogli di diario<br />
In quello di S. Giuseppe, il Santo è raffigurato giovane, nell’atto di ricevere dal cielo la particolare<br />
missione di essere il custode di Gesù. Questa volontà divina gli è sempre espressa dall’Angelo.<br />
E Gesù, sotto la protezione del padre putativo, si appresta a compiere la sua missione di<br />
redentore del mondo.<br />
L’altro quadro rappresenta il santo con il suo discepolo Domenico Savio. Don Bosco è raffigurato<br />
— con quelle sue braccia aperte a protezione — come una gran pianta: ha tanta forza di<br />
vitalità che al suo fianco spunta un tenero pollone: santo il<br />
Maestro, santo il Discepolo.<br />
[…] I quadri ci sono, ma chi vorrà assumersi la spesa? Così<br />
pure è in progetto una bella vetrata con S. Ambrogio, patrono<br />
dell’Istituto e la pavimentazione del presbiterio; ma chi vorrà<br />
aiutarci efficacemente?”<br />
Si ha così notizia della realizzazione vetrata del presbiterio,<br />
la più antica e ancorata<br />
ad un linguaggio<br />
tradizionale, ad<br />
essa ne vennero<br />
aggiunte due raffiguranti il Beato card. Ferrari per<br />
il suo legame storico con la cappella ed i salesiani<br />
milanesi ed una raffigurante S. Francesco di Sales,<br />
patrono della congregazione, mentre le altre<br />
cinque costituiscono un corpus stilisticamente<br />
omogeneo incentrato sui temi della creazione,<br />
dello Spirito e dell’Eucaristia.<br />
Negli anni 1948-1953 erano state realizzate<br />
“pitture, decorazioni, lampade fluorescenti,<br />
altari nuovissimi...”, ma mancavano<br />
ancora da sistemare i 25 mq di pavimento<br />
intorno all’altare e da sostituire almeno<br />
20 delle 40 panche, per cui si<br />
faceva appello agli ex-allievi. Nello<br />
scorso anno è stato rifatto il pavimento<br />
sostituendo con nuove e più luminose piastrelle le<br />
precedenti che evocavano lo storico cotto lombardo.<br />
28
Fogli di diario<br />
L’ultimo altare laterale ad essere realizzato è stato<br />
quello con la statua di Maria Ausiliatrice, nel 1977,<br />
80° anniversario dell’Istituto, a compensazione<br />
dell’eliminazione della statua mariana dall’altar<br />
maggiore postconciliare. Una nuova importante<br />
campagna decorativa si ebbe<br />
nel 1988, centenario della<br />
morte di don Bosco, con la<br />
sostituzione delle due pale<br />
con altre opera di Gian Calloni,<br />
del quale si trovano opere<br />
sacre presso chiese brianzole<br />
e case salesiane, raffiguranti<br />
don Bosco benedicente con<br />
Domenico Savio e un giovane<br />
sotto il portico dell’Istituto e S.<br />
Giuseppe lavoratore che istruisce Gesù fanciullo, soggetti trattati in<br />
modo tradizionale, quasi fossero due gigantografie di santini. Di probabile<br />
provenienza erratica è il grande quadro di stile settecentesco<br />
raffigurante S. Agostino collocato nella prima nicchia.<br />
La cappella offre forse il suo lato più interessante nelle decorazioni<br />
che variano con il susseguirsi delle campate a crociera. Se nella prima è riportato lo stemma della<br />
congregazione salesiana, quelle successive mostrano una barca sotto il cielo stellato, le insegne papali,<br />
la spiga e i tralci, l’Agnello giovanneo e il monogramma di Cristo, fino ad arrivare in quella del<br />
presbiterio le cui quattro vele riportano le figurazioni apocalittiche degli evangelisti attorno alla croce<br />
sovrastata dalla colomba. Questa ricchezza di simbologie appartenenti alla primitiva tradizione cristiana<br />
ben si innesta nel clima di revival artistico in cui si inserisce la cappella. Estremamente deteriorate<br />
e di difficile lettura appaiono le tre lunette sopra le porte: raffigurano tre busti di santi su uno sfondo a<br />
scacchiera: due barbuti (quello con il giglio potrebbe essere S. Giuseppe e l’altro S. Francesco di Sales)<br />
ed uno giovane in abiti cinquecenteschi (S. Luigi Gonzaga). Le sculture maggiori sono la statua di S.<br />
Ambrogio (riconoscibile dal motto riportato sul libro che regge in mano “ubi Petrus, ibi ecclesia”), i<br />
rilievi della mensa d’altare e quello moderno di Cristo fra i discepoli ed il grande Crocifisso policromo<br />
dell’altar maggiore arricchito da undici formelle con dipinte scene sacre.<br />
29<br />
Federico Oriani
Dentro i cortili<br />
Chiamato a “gestire il confine”<br />
Il dr. Si l va n o va g h i – direttore delle Risorse Umane di una grande azienda –<br />
sollecitato dai nostri liceali, riflette con loro su come orientarsi<br />
nelle scelte future, senza mai perdere di vista<br />
l’impegno di essere degli onesti cittadini e dei buoni cristiani<br />
Per quale motivo lei sostiene spesso che è meglio scegliere la facoltà universitaria in base alle<br />
proprie attitudini ed inclinazioni e non secondo le esigenze del mondo del lavoro?<br />
Una persona, solo se ha passione per un tipo di lavoro o di studi, riesce a farli volentieri, accettando<br />
la fatica e il sacrificio che questi richiedono. Se invece si affida solo al criterio economico<br />
— al fatto cioè che, con una determinata scelta, guadagnerà molto — magari potrà anche<br />
farcela, ma con grande fatica. E non sarà contenta dentro. Parto dal presupposto che, se si ha<br />
passione per una cosa, la strada la si trova per raggiungerla; se invece si adotta come unico<br />
criterio quello economico, forse ci si potrà arrivare, ma... con l’amaro in bocca. Ad esempio, di<br />
fronte alla possibilità di iscriversi alla facoltà di filosofia perché piace questa materia, oppure di<br />
scegliere quella di economia e commercio perché poi un impiego è più facile, io consiglio di frequentare<br />
filosofia. Certo, se uno vuole diventare architetto non può iniziare dalla sociologia — o<br />
se ha deciso che sarà ingegnere non può studiare filosofia...<br />
In realtà, spesso non è chiaro in chi deve decidere lo sbocco che dà ciascuna laurea. Filosofia,<br />
ad esempio, può premettere ad un’attività anche nell’IBM, perché la filosofia aiuta a crearsi un<br />
metodo, che in ambito informatico/matematico costituisce una risorsa essenziale. Quindi, se<br />
fossero anche più chiari i reali sbocchi di ciascun indirizzo di studi, la scelta sarebbe più facile.<br />
Lei sostiene che la sua attività rappresenta il suo modo di partecipare alla costruzione del Regno<br />
di Dio. Però, tramite la pubblicità la sua azienda trasmette messaggi che sembrano in contraddizione<br />
con il modo in cui lavora. E le persone non conoscono chi lavora in una società, ma<br />
vedono solo la pubblicità di un determinato prodotto: non vi è contraddizione in questo?<br />
Se penso a me come persona che crede, mi viene in mente la parabola del seminatore: semina<br />
dovunque e anch’io ho idea di essere un seme che è sotto la siepe — o sul confine. Ecco: penso<br />
di essere una persona chiamata a gestire il confine: a gestire (parlo da credente) un’esperienza<br />
di fede e a coniugarla con la vita: con tutte le sue contraddizioni, delle quali deve tener conto<br />
continuando a lavorare sul loro confine. E che cerca — ogni volta — di spostare questo confine.<br />
Io vivo così la mia presenza (ma ci sono tanti come me): come quella di una persona che porta<br />
un valore, che aiuta a dare il giusto peso alle cose, a dare loro la giusta proporzione.<br />
30
Dentro i cortili<br />
Tra le caratteristiche che lei segnala in un ipotetico dipendente di un’azienda c’è quella della<br />
flessibilità, il che significa essere disponibili a ricoprire ruoli che magari una persona non<br />
desidererebbe. Come si coniuga tale flessibilità con la coerenza nel ricoprire incarichi che non<br />
hanno a che fare con i propri valori?<br />
Fortunatamente, a me non è mai stato chiesto di fare qualcosa che andasse contro i miei valori.<br />
Ma sono una persona che, se necessario, deve anche licenziare. E ricordo che le prime volte<br />
mi pesava molto... Inoltre, mi capita anche di dover prendere provvedimenti spiacevoli. Però<br />
questo fa parte delle regole che governano il mio mestiere. Se si gioca una determinata partita,<br />
è fondamentale il rispetto delle regole di quella gara: non posso giocare a calcio con le regole<br />
della pallavolo. Così, se ho deciso di fare il direttore delle Risorse Umane, devo accettare le<br />
conseguenze della mia scelta e le regole che essa si porta dietro. Dunque, se la mia azienda va<br />
male e devo licenziare (e nel passato mi è capitato), non devo dire “non posso farlo”, perché non<br />
posso evitare di accettare le regole della partita che ho deciso di giocare. Agirò in altro modo. Ad<br />
esempio, se (come mi è successo) devo lasciare a casa una donna vedova, cercherò di fornirle<br />
un aiuto economico; e se sono costretto a lasciare a casa delle persone handicappate, contatterò<br />
degli assistenti sociali per trovare una soluzione (un laboratorio protetto, qualcuno che le aiuti e<br />
che le prenda in carico).<br />
Dicevo prima che, senza arrivare ai licenziamenti, spesso mi capita di dover prendere dei provvedimenti<br />
spiacevoli —o di dover comunicare cose spiacevoli. Però, più di una volta mi è successo<br />
anche di essere ringraziato. Credo sia avvenuto perché il minimo che penso di dovere ad<br />
ogni persona sono la correttezza ed il rispetto. A volte costa essere corretti, oppure sinceri ed<br />
è più facile nascondere un problema piuttosto che rivelarlo apertamente. Ma lo devi fare, però<br />
senza mai perdere come orizzonte il rispetto delle persone. E l’obiettivo non è mai quello di<br />
punire, ma di far capire che una persona ha sbagliato.<br />
Per il successo di una azienda, come direttore del personale, quanto è importante il prodotto e<br />
quanto la scelta dei dipendenti?<br />
Non può esistere un’azienda affermata che non abbia un’idea originale, qualcosa di diverso, che<br />
gli altri non sono ancora riusciti a portare sul mercato. In caso contrario, i concorrenti sarebbero<br />
già in possesso di un determinato prodotto. Ma il successo lo si costruisce giorno dopo giorno<br />
ed è fatto dal lavoro, dal contributo di tante persone. Un’azienda che sbaglia scegliendo i proprî<br />
manager non va lontano, ma neppure va lontano se sbaglia la scelta di qualsiasi altro dipendente,<br />
perché si regge sull’insieme delle sue risorse tecniche e di quelle umane. Quindi, l’originalità<br />
del prodotto è sì fondamentale, come però anche la qualità dei lavoratori: ciascuno di questi due<br />
elementi non può stare senza l’altro.<br />
31
Dentro i cortili<br />
Lei sostiene che, quando si presenta ai colloqui di lavoro una persona brillante, viene subito<br />
assunta, perché generalmente la qualità dei candidati è molto bassa, deludente. È sempre stato<br />
così o si tratta di una caratteristica contemporanea?<br />
Il mondo del lavoro non può essere che uno specchio della società, per cui rispondo a mia volta con<br />
una domanda: la società è sempre stata così? Io dico di no! Il mio attuale disagio dipende dal fatto<br />
che, quando avevo la vostra età — giusti o sbagliati che fossero — c’erano dei valori. Si lottava<br />
per una idealità: destra, sinistra, alto o basso che fosse... La Chiesa veicolava valori, così la società,<br />
la famiglia, il mondo del lavoro veicolavano valori. Per certi aspetti, anche la TV veicolava valori.<br />
Oggi è ancora così? Chi avete davanti? Da chi potete ricevere dei veri valori? Lo stimolo, l’aiuto,<br />
l’esempio si sono impoveriti e, poiché il mondo del lavoro fa ovviamente parte della società, il<br />
disvalore del mondo del lavoro è una parte del disvalore che tocca tutta la società.<br />
A volte penso che ci troviamo innanzi ad una crisi di civiltà paragonabile a quella dell’impero<br />
romano, il che però non deve impedire a me e a nessuno di voi di rinunciare all’impegno ed alla<br />
fedeltà ai propri valori. Quando, davanti a questo scenario, mi sono chiesto: “che senso ha impegnarsi?”,<br />
ho trovato la risposta nell’affermazione di una persona, che mi diceva: “da credenti<br />
siamo chiamati a fare il nostro pezzo di strada, indipendentemente dalla certezza o meno del<br />
nostro successo”.<br />
Questa è la consapevolezza che mi guida. Sapendo per altro che, dopo la crisi, c’è sempre una<br />
rinascita.<br />
32<br />
a cura di Chiara Arrigoni<br />
e Alessandro Giovannini
La sera del 12 giugno, il vice-direttore ad personam del Corriere della sera, magdi cristiano allam,<br />
dopo aver ricevuto il Sacramento del Battesimo da papa Benedetto XVI, ha presentato all’Auditorium<br />
Don Bosco di Milano il suo nuovo libro Grazie Gesù — la mia conversione dall’islam al cattolicesimo,<br />
edito da Mondadori. Lo affiancava il Rettor Maggiore dei Salesiani, don pascual chávez villanue-<br />
va, con il quale l’ospite ha imbastito un dibattito sui principali temi legati alla sua conversione.<br />
Dopo l’introduzione dell’allora direttore dell’Istituto S.Ambrogio, don Angelo Tengattini, ha preso la<br />
parola don Pascual Chávez che ha sottolineato gli aspetti più significativi dell’ultima opera del giornalista<br />
di origine egiziana, non esitando comunque ad esprimere le sue perplessità sull’idea - sostenuta<br />
ancora una volta da Magdi Allam - che il dialogo tra cristiani e musulmani continui ad essere molto<br />
difficile, se non praticamente impossibile. È poi seguito il lungo intervento del protagonista dell’incontro,<br />
il quale ha ribadito le sue convinzioni ad un pubblico molto attento e interessato, che prima della<br />
conclusione ha potuto anche interloquire con l’autore tramite numerose domande.<br />
Magdi Cristiano Allam ha ricevuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali,<br />
tra cui il Premio Saint-Vincent di giornalismo, l’Ambrogino d’oro del Comune di Milano,<br />
il Premio internazionale Dan David e il Mass Media Award dell’American Jewish Committee.<br />
Tramite il suo sito www.magdiallam.it egli promuove un movimento per la riforma etica<br />
della cultura politica e delle istituzioni pubbliche in Italia<br />
L’intervento di Magdi Allam alla Scuola Genitori dell’Istituto salesiano S.Ambrogio<br />
nel gennaio 2008 è consultabile in: “Presenza…” n.12, marzo 2008, pp.24/29<br />
33
Ritratti<br />
L’Oratorio di via Commenda<br />
Dai ricordi di Tullio Tona<br />
emerge l’avventura esaltante dei primi salesiani venuti a Milano<br />
per donare l’esperienza di don Bosco anche a questa città<br />
È incredibile come la convinzione in<br />
un’idea, il perseguirla sempre con tenacia<br />
riescano ad annullare il tempo,<br />
superando persino le montagne! Lo<br />
sa bene questo fresco, energico ottantenne<br />
— ma solo... per l’inclemenza<br />
dell’anagrafe — che di alte<br />
cime se ne intende visto che, durante<br />
l’ultima guerra, è stato così alpino<br />
da diventare presidente della sezione<br />
di Milano, oltre che vice-presidente<br />
vicario a livello nazionale.<br />
«Sì, ero negli alpini, come don Cagnoni<br />
la cui presenza ha avuto molta<br />
importanza nella mia storia. Salesiani e alpini: l’orizzonte dove si è sviluppato il mio mondo ideale.<br />
Forse, era destino... »<br />
Già: quest’uomo tutto d’un pezzo — capelli candidi e voce cavernosa della vecchia Milano, intrisa<br />
di nebbia, che un po’ ricorda il Tecòppa del primo Mazzarella — oltre che vero alpino, salesiano lo<br />
è stato certamente, anche se non ha mai frequentato le nostre scuole; egli è infatti figlio della prima,<br />
autentica esperienza di don Bosco, quella dell’Oratorio (la maiuscola è d’obbligo). «Per me,<br />
alpini e salesiani sono uguali, perché condividono una stessa idea di solidarietà».<br />
Il primo ad arrivare in via Commenda fu don Lorenzo Saluzzo che, proveniente da Torino per<br />
radicare la buona pianta anche nell’indaffarata Milano, portò con sé appena un chierico. Era il<br />
1894 e stava per cominciare una grande avventura. Tullio Tona venne dopo, quando il primo Novecento<br />
si era già sciupato in una disgraziata guerra e il piccolo Oratorio aveva visto transitare dei<br />
veri giganti — come il celebre Nangeroni, il geografo. Però, conosce tutti i particolari dell’epoca dei<br />
pionieri e li racconta con fervore, spesso scarabocchiando su un foglio dei grafici o qualche piantina.<br />
«C’era un prato nel cortile. Entrando, l’ufficio dell’oratorio e intorno le abitazioni; il resto era<br />
tutto campo. Colpiva subito il grosso fabbricato a due piani, così sistemato: a terra, il locale per le<br />
riunioni, il teatro, la dottrina e per gli altri scopi legati al gioco e all’istruzione religiosa, mentre al<br />
piano superiore — a cui si accedeva da una scala interna — la cappella. E molte tettoie... E’ quel<br />
che ricordo ancora adesso della mia prima visita...»<br />
34
Cominciò molto presto? «Sì. Sono del 1928 e vidi l’Oratorio per la prima volta ad appena otto<br />
anni. Poi, dal ‘38 iniziai a frequentarlo abitualmente, fino alla sua chiusura».<br />
Come capitò da quelle parti? «Perché con la mia famiglia stavo in via Orti, a pochi passi da lì,<br />
in una zona popolare tipicamente milanese, costruita in parte dai Bonomi... famiglia ricca. In<br />
ogni fabbricato c’erano tante abitazioni (fino a 400!) di uno o due locali, ovviamente senza i<br />
servizi, che erano in cortile. Ai piani bassi ve ne erano però di più grandi, per i sciùri, con molte<br />
stanze e il bagno interno. Insomma, all’Oratorio veniva un po’ tutta via Orti e, nelle fotografie<br />
fatte per le grandi occasioni davanti al muro di cinta, dove si vedono gruppi numerosi di ragazzi<br />
(cento/duecento), è sicuro che almeno i tre quarti erano di lì».<br />
Gli incontri di quegli anni? «Feci in tempo a conoscere uno dei primi direttori, don Pietro Preti,<br />
un milanese di Porta Ticinese, vero salesiano, pieno d’interessi per i giovani. Morì nel ‘37 e gli<br />
successe don Giuseppe Rampinini, che era un po’ trasandato (ma questo non lo scriva...). Un<br />
brav’uomo, per carità! Ci voleva proprio bene e, visto che di soldi non ce n’era, faceva gli sciroppi<br />
con le bustine: le comprava e poi, con l’acqua, allungava, allungava... Venivano fuori dei sapori...<br />
poco chiari!<br />
Ma da via Commenda passavano davvero in tanti: don Della Torre, ad esempio, che ebbe un<br />
ruolo importante nella Resistenza, don Divina… molti altri...»<br />
Il prof. Giuseppe Nangeroni (primo a sinistra)<br />
con Piero Prandoni e Attilio Maroni:<br />
tre exallievi di via Commenda qui ritratti<br />
a un raduno del 1986, oramai ultra-novantenni<br />
Il cappellano alpino<br />
don Giuseppe Cagnoni, “il buon soldato di Cristo”<br />
Ritratti<br />
35
Ritratti<br />
Poi che successe? «Dopo la guerra, durante la quale ero sfollato con la famiglia da Milano,<br />
trovammo in via Commenda una specie di deserto (la staccionata era già caduta nel bombardamento<br />
del ’42). Per un’estate, arrivò un sacerdote di cui non ricordo il nome e, nel ’47, don<br />
Pietro Cagnoni, che si occupò della ricostruzione; il terreno gli era stato donato dalla famiglia<br />
proprietaria anche del fabbricato adiacente. Vi erano macerie dappertutto. Molti ragazzi, forniti<br />
di tanta buona volontà più che di mezzi meccanici, si diedero un gran da fare nel tempo<br />
libero finché non fu fatta letteralmente piazza pulita. E don Cagnoni, che aveva buone conoscenze<br />
tra i dirigenti della Pirelli, ottenne anche i soldi necessarî per costruire due nuovi corpi<br />
di fabbricato. Venne rifatto il tetto e questi nuovi locali servirono per gli incontri conviviali, il<br />
gioco e tutto il resto. Poi, con don Italo Cavallini, impiantammo il campo da pallavolo».<br />
Ma se tutto andava a gonfie vele, perché venne chiuso l’Oratorio? «Sparì nel 1960, quando fu<br />
costruita la bella chiesa di S.Francesco di Sales. Andò così. Negli anni Cinquanta, era arrivato<br />
in via Commenda don Luigi Conzadori, con il preciso mandato di terminare questa esperienza,<br />
ma non lo fece, quindi venne sostituito da don Omero Gatti, che chiuse l’Oratorio<br />
perché il complesso era stato ceduto alla Curia. Però noi, anche se oramai grandi, ciascuno<br />
con il proprio lavoro e con famiglia, volevamo continuare con il gruppo». In che modo?<br />
«All’inizio, tentando di rimanere in Oratorio: lungo il recinto, c’era una piccola cappella e lì<br />
pensavamo di conservare un punto d’incontro. Ma il nuovo parroco diocesano, don Angelo<br />
Villa, sacerdote per altro stimabilissimo, finì per scoraggiarci e, dato che non eravamo graditi,<br />
ci spostammo in un bar vicino, lasciando così definitivamente la sede storica dell’Oratorio.<br />
Portammo con noi un vecchio quadro di don Bosco che era stato messo lì da don Saluzzo, con<br />
un altro dedicato a san Domenico Savio. E… buona notte al secchio!»<br />
Con la voce ancora oggi un po’ soffocata dall’emozione, ecco come Tullio Tona racconta<br />
l’epilogo di questa storia. «Dopo averlo fatto sistemare, abbiamo regalato il quadro di don<br />
Bosco (che era finito nella cantina di uno di noi) alla chiesa di Selino, nella Bergamasca. E poi<br />
ci siamo sempre radunati (l’ultima domenica di settembre o la prima di ottobre) fino al 2005,<br />
ogni volta scegliendo città diverse: con il pullman, il ristorante e tutto il resto. Una specie di…<br />
incontro ambulante! I primi anni, ci accompagnava don Cagnoni, poi vennero don Gelmini,<br />
don Furlotti e don Mussato. Purtroppo, per motivi… anagrafici, la nostra pattuglia ha continuato<br />
a ridursi, fino a dover rinunciare, anche se — come dei vecchi… residuati bellici! — i<br />
pochi rimasti si sentono ancora e partecipano agli incontri annuali di via Copernico».<br />
Come valutare, in conclusione, questa esperienza? «Via Commenda era il vero Oratorio,<br />
nient’altro. Con le sue tante belle tradizioni. La comunione generale, ad esempio. Certo,<br />
non vi eravamo obbligati, ma la si faceva volentieri perché, subito dopo, ci veniva regalato…<br />
un bel tortino!»<br />
36<br />
Francesco Scolari
Dentro i cortili<br />
Comunità Proposta<br />
C’è una porta che è sempre aperta al Don Bosco di via Tonale... a volte fa aria e le finestre sbatto-<br />
no, altre volte entra il freddo ed esce il caldo, ma altre volte ancora entrano volti mai visti, curiosi,<br />
circospetti che allungando il collo cercano di capire dove sono capitati. Magari sono semplicemente<br />
in cerca di un pallone da calcio, oppure sono lì per lasciare un messaggio o un pacco a qualcuno;<br />
ma talvolta chiedono di parlare, di confrontarsi, di mettersi in discussione per capire cosa sono<br />
questi benedetti salesiani e soprattutto se c’entrano qualcosa con la loro vita.<br />
Eh sì, perché in Comunità Proposta si va fondamentalmente per questo, si arriva e si sta, solo se<br />
dentro il cuore c’è una domanda che scotta: «Signore cosa vuoi che io faccia?».<br />
Nel tuo cuore c’è questa domanda? Sì? Allora oltrepassa quella porta con decisione senza<br />
paura di “sprecare” tempo per cercare la Sua voce che ti chiama. Con le parole di Gesù ti<br />
diciamo: «Vieni e vedi!».<br />
Troverai tante persone che, seppur imperfette, inadeguate, limitate, desiderano testimoniare che<br />
la vita salesiana non è una vita buttata al vento, ma è una vita piena e vera, capace di far spazio<br />
ai più poveri, specialmente se giovani, per donare il meglio di sé affinché anche loro abbiano<br />
a scoprire l’Amore con il quale ogni giorno Dio li ricrea.<br />
Ti aspettiamo!<br />
Per informazioni: 02.67.13.15.341<br />
37
Dionigi Tettamanzi<br />
Famiglia diventa anima del mondo<br />
Centro Ambrosiano, 2008<br />
In tono confidenziale, come terza tappa del percorso pastorale della propria<br />
Diocesi, l’Arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, dedica la sua<br />
attenzione alle famiglie, per infondere loro fiducia e speranza nelle situazioni<br />
concrete in cui esse vivono.<br />
La convinzione di fondo – come si evince dalla parte introduttiva – è che tutte<br />
le famiglie possano dare tanto alla società, nei molteplici contesti educativi,<br />
culturali, economici e sociali in cui si trovano. A patto però che, in un ámbito<br />
culturale come quello odierno, dove tutto è frammentato e parziale, ciascuno<br />
riesca a recuperare l’idea della vita come relazione. Proprio nella relazione, per il<br />
cardinale, si sintetizza il valore unico della famiglia: tra i coniugi, tra genitori e<br />
figli, tra i figli, tra famiglie differenti. La famiglia incarna dunque la relazionalità ed è proprio in tal<br />
modo che essa può diventare l’anima del mondo.<br />
Lungo agevoli capitoletti, la famiglia odierna viene poi rapportata alla cultura, alla scuola (nei<br />
confronti della quale una prima modalità di azione è suggerita dalla presenza dei genitori: non per<br />
rivendicare diritti o esporre pretese, ma solo per il bene dei proprî figli), alla comunicazione sociale,<br />
alla città (solo nell’impegno semplice e quotidiano delle famiglie la città può diventare sempre meno<br />
Babele-Babilonia e sempre più anticipo della Gerusalemme che ci attende). Lo scritto rimanda infine<br />
al Magnificat (il cantico di Maria qui considerato non semplice preghiera, ma come autentico<br />
progetto di vita) e termina invocando Cristo, il divino seminatore: “Accoglieremo il seme della tua<br />
parola… metteremo fronde… daremo frutto”.<br />
Bruno Ferrero<br />
Dialogate con i vostri figli!<br />
Elledici, 2008<br />
Scaffale basso<br />
Famiglia anima del mondo<br />
Suggerimenti per riflettere: letture che, in modi diversi,<br />
aiutano a riscoprire il valore insostituibile – anche oggi – della famiglia<br />
Oggi è più facile dialogare in internet con... uno sconosciuto che con i proprî<br />
figli! Ed è più facile sapere ciò che capita dall’altra parte del mondo piuttosto che<br />
quanto succede accanto a noi, dentro la nostra casa.<br />
In un minuscolo fascicolo di sole 36 pagine, scritto da un sacerdote le cui opere<br />
sono sempre più numerose nel catalogo della casa editrice salesiana, ecco offerte<br />
alle famiglie poche, semplici, ma assai utili regole dettate dal buon senso: per recuperare<br />
il piacere della comunicazione tra genitori e figli; per imparare a dialogare<br />
bene e (perché no?!) anche a ben... litigare.<br />
38
Paolo Gulisano<br />
Quel cristiano di Guareschi<br />
Casa Editrice Ancora, 2008<br />
Guareschi può essere considerato a tutti gli effetti un grande<br />
scrittore italiano del Novecento (con 20 milioni di copie, il più<br />
venduto e il più conosciuto nel mondo). Tuttavia egli è stato<br />
a lungo sottovalutato e, spesso, travisato da più parti, anche<br />
perché corteggiato dalle diverse fazioni politiche, secondo le<br />
convenienze. Giornalista, disegnatore e umorista oltre che<br />
scrittore, come noto la sua celebrità è legata alla saga di don<br />
Camillo e Peppone, personaggi certo tra i meglio forgiati dalla<br />
sua ineguagliabile fantasia.<br />
Paolo Gulisano, che da anni accosta con efficacia all’attività di medico quella di saggista e scrittore,<br />
delinea in questo libro un originale profilo di Giovannino Guareschi a cent’anni dalla sua nascita,<br />
annoverandolo tra i migliori narratori cattolici, sulla scia di Manzoni.<br />
La singolarità della grandezza di questo autore — puntualizza Michele Brambilla nella prefazione<br />
— sta nel fatto che la sua profonda sensibilità religiosa, la sua perfetta ortodossia non derivavano<br />
da “raffinati” studi religiosi: tutto ciò che egli sapeva — e che poi ci ha trasmesso — l’ha respirato<br />
misteriosamente nella sua Bassa, la terra da cui proveniva e dalla quale non volle mai completamente<br />
separarsi. Perciò, la sua teologia è stata l’inginocchiarsi di fronte al quadretto miracoloso della<br />
Madonna dei Prati e lo stare in silenzio ad ascoltare un Crocifisso.<br />
Il volume ci ricorda anche, in Guareschi, il valore della famiglia, da lui dipinta con impagabili rimandi<br />
autobiografici nelle sembianze della moglie e dei figli.<br />
Diecirighe<br />
Spiegare a un figlio che anche la casa ha una sua etica vuol dire offrirgli gli strumenti culturali per<br />
apprezzare le cose che rimangono, che danno continuità alla girandola delle esperienze, che si oppongono<br />
come baluardo rassicurante alle troppe suggestioni di provvisorietà, fuggevolezza, approssimazione,<br />
precarietà con cui siamo costretti a convivere.<br />
L’etica della casa è un complesso intreccio di significati in cui devono trovare posto il senso della custodia,<br />
ma anche quello dell’apertura, quello della sicurezza ma anche quello dell’accoglienza. Intimità<br />
ma anche condivisione, scambio personale ma anche comunitario, momenti di riservatezza ma anche<br />
di relazioni allargate. Casa anche come scrigno di ricordi e di memorie, come contenitore di oggetti<br />
che evocano emozioni e persone. Casa insomma come metafora di luogo buono e opportuno per<br />
assumere scelte equilibrate, per realizzare occasioni che aiutano a crescere, a fare, a pensare.<br />
(da: “Noi genitori e figli”, inserto di “Avvenire” del 28/9/2008, per g.c.)<br />
39<br />
Luciano Moia
I salesiani alla<br />
Innanzitutto, è stato grande il numero dei visitatori,<br />
così come grande è stata la loro competenza.<br />
Ma grande anche l’interesse per ognuno<br />
dei comparti tecnologici in cui la rassegna si è<br />
articolata nel nuovo, modernissimo polo espositivo<br />
di fieramilano.<br />
Grande, infine, è stata la partecipazione dei salesiani<br />
di Milano, immancabili ad ogni appuntamento<br />
di contatto con le più importanti aziende<br />
e il mondo del lavoro.<br />
Grazie all’intervento di UCIMU (l’Unione Costruttori<br />
Macchine Utensili), il Polo Formativo<br />
della meccanica strutturale ha potuto promuovere<br />
la creazione di Pianeta Giovani, un’area<br />
Dentro i cortili<br />
Dedicata a costruttori e utilizzatori di macchine utensili, robot, automazione<br />
e prodotti ausiliari, la BI-MU del nuovo polo fieristico di Rho-Pero<br />
è da sempre riconosciuta come la più importante mostra del settore<br />
alternativamente ospitata dalle città di Hannover e di Milano<br />
per rispondere all’esigenza di dare continuità al confronto-incontro<br />
tra domanda e offerta di innovazione<br />
dedicata alla presentazione della filiera educativa<br />
del settore, partendo dalla educazione iniziale<br />
realizzata dai Centri di Formazione Professionale,<br />
poi dagli Istituti Tecnici e Professionali,<br />
fino all’Università e ai Centri di Ricerca.<br />
La visita — realizzata sabato 4 ottobre con la<br />
collaborazione del CNOS, il Centro Nazionale<br />
Opere Salesiane ed inserita tra le iniziative di<br />
Orientamento delle scuole di via Tonale — ha<br />
visto innanzitutto coinvolti gli allievi delle classi<br />
seconde dell’ITI, ma si è però rivolta anche ai<br />
genitori dei ragazzi, per il fondamentale ruolo<br />
che essi hanno nell’accompagnare con consapevolezza<br />
le scelte dei figli.<br />
40
In tal modo, mentre gli allievi sono stati guidati<br />
da un esperto attraverso i varî stand, i loro<br />
genitori hanno partecipato ad una serie di interventi<br />
svolti da operatori dell’orientamento<br />
scolastico.<br />
Nella veste di espositori, la scuola di via Tonale<br />
ha invece presentato le diverse iniziative di formazione<br />
dei suoi centri.<br />
Presenti alla trasferta anche gli insegnanti Tullio<br />
Mario Berzaghi, Lucia Goggi, Carlo Andrea<br />
Fajdiga, il formatore Edoardo Gnocchini ed il<br />
dr. Pietro Chinaglia, esperto di Orientamento.<br />
La trasferta in fiera, ottimamente organizzata e<br />
ben riuscita, è senz’altro da ripetere, come ogni<br />
altra iniziativa il cui scopo è di sensibilizzare<br />
nei confronti di un mondo — quello della meccanica<br />
— che vede l’Italia e la Lombardia indiscusse<br />
protagoniste a livello internazionale.<br />
41<br />
a cura dell’ITI Don Bosco
CARTELLONE<br />
Tra maggio e giugno, a Le Barrique di via<br />
Anfiteatro a Milano, Carlo Vercelli (da<br />
molti anni docente di Arte e Immagine<br />
del S.Ambrogio) ha presentato le opere<br />
più recenti del suo originale percorso<br />
artistico: un autentico diario visivo alla<br />
scoperta di un’esistenza attenta ad ogni<br />
sfumatura del quotidiano, che riesce a<br />
comunicare con efficacia il suo messaggio<br />
intimo e ricco di valori.<br />
Numeroso il pubblico e grande il successo<br />
dell’iniziativa, per la quale sono state<br />
spese parole di apprezzamento anche da<br />
parte della critica più qualificata.<br />
Oramai giunto alla sua tredicesima edizione, Lo specchio meravigliante (il cineforum della<br />
Secondaria di primo grado) moltiplica i suoi sforzi, scegliendo di partecipare nel luglio prossimo<br />
al Festival per ragazzi di Giffoni Valle Piana. Si tratta di un’esperienza unica e inimitabile, che<br />
raccoglie ogni anno nell’amena località campana migliaia di ragazzi provenienti non solo da<br />
tutta Italia, ma anche da ogni parte del mondo, con lo scopo di analizzare i film in uscita.<br />
L’attività di avviamento alla lettura critica delle<br />
immagini (con proiezioni guidate di film nel teatro<br />
Sales e, per le prime visioni, nei migliori cinema di<br />
Milano — accompagnate dallo<br />
studio dei materiali informativi<br />
e dalla discussione tra i ragazzi)<br />
è una tra le importanti proposte<br />
formative della media del S.<br />
Ambrogio. A Giffoni, anche i<br />
nostri giovani (tre, scelti alla<br />
fine del laboratorio tra i più<br />
meritevoli) potranno sedere<br />
fra i giurati: per incontrare<br />
attori e registi e così scegliere i<br />
migliori film per ragazzi in<br />
circolazione.
Si è svolta all’inizio di settembre la 20 a giornata salesiana della scuola e della formazione<br />
professionale. Introducendo i lavori, l’Ispettore don Agostino Sosio ha rinnovato l’invito del<br />
Rettor Maggiore a vivere sempre con passione l’esperienza educativa. Poi, il direttore del Don<br />
Bosco di Brescia, don Rossano Sala (che ha rappresentato la nostra<br />
Ispettoria al recente Capitolo Generale) ha paragonato questo importante<br />
appuntamento ad una sinfonia, dalla quale si possono ricavare sei linee<br />
fondamentali: Mi basso (accordatura con i desideri della Chiesa), LA<br />
(accordatura con i giovani a cui siamo inviati), RE (accordatura con l’ascesi<br />
e la mistica del docente), SOL (accordatura con lo stile della comunione e<br />
della corresponsabilità), SI (accordatura con le emergenze odierne: famiglia,<br />
comunicazione sociale, Europa) e MI cantino (accordatura con la missione<br />
specifica salesiana: i giovani poveri e abbandonati). Secondo il relatore,<br />
tale esercizio di accordatura deve essere oggi messo in campo da chi condivide lo spirito di don<br />
Bosco, per continuare a dare il meglio ai giovani. Durante la celebrazione della S. Messa,<br />
nell’omelia don Agostino Sosio ha fatto anche cenno alla Strenna 2009 del IX successore di don<br />
Bosco, della quale si parlerà ampiamente nel prossimo futuro.<br />
foto di Enrico De Negri<br />
«Vi benedico di tutto cuore e… sono pronto a deporre la Pianeta!» Con queste parole, domenica 28 settembre don<br />
Adriano Gelmini ha salutato al termine della S. Messa lo stuolo di exallievi radunatisi per festeggiare i 60 anni di<br />
ordinazione sacerdotale, avvenuta a Parma nel 1948. Al rimprovero bonario di essere stato forse un po’ troppo severo<br />
come insegnante, ha replicato di avere agito sempre e solo per il bene dei suoi ragazzi. E ha invitato a riflettere così:<br />
«Se il cristiano non sta attento, può confermarsi nell’egoismo anche pregando».
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