curiosità e ricerche di storia subalpina, vol. ve ultimo - World eBook ...

CURIOSITÀ E RICERCHE DI 

STORIA SUBALPINA, VOL. V E ULTIMO 

Classic Literature Collection 

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Title: CURIOSITÀ E RICERCHE DI STORIA SUBALPINA, VOL. V E ULTIMO 

Author: 

Language: English 

Subject: Fiction, Literature 

Publisher: World Public Library Association 

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• 

CURIOSITA E RICERCHE 

DI 

STORIA SUBALPINA 

.,

-13 - 

nel seguente luglio, che it visitatore vede esposta nel Museo 

storico. 

11 luglio. Legge d' Qfmessione della LomlJardia, di PaaODa, 

Vicenza, l're'Diso e ROfJigo al Regno Sardo. 

1848 - Venezia. 

7 agosto. Alto di consegna della Venezia a S. M. i1 Be 

di Sarde!lna. 

Z7 ) uglio. Lel!le portante Z' annessione della Venezia. 

II memorabile atto con cui anche la Venezia riunivasi 

colle aItre provincie deH'Italia 8uperiore, in un sol regno, 

si presenta al lettore, integralmente riprodotto, nell'unito 

fae-simile. 

1848. Process;' 'DerlJali di parziali 'Dotazioni a'unione ea 

ifttlirizzi di ae'Dozione e ai felicitu,zione aZ Be ai 'Darte 

cilta d'Ilalia. 

Con queste sacre memorie si chiude il primo periodo della 

meravigliosa epopea del primo risorgimento italiano a cui 

l'avversa sorte riservava aneora Ie dolorose prove della 

sventura. Assistiamo ora ai suoi nuovi e pill stabili trionfi, 

dopo dieci anni di dolore e di raccoglimento, au altri documenti 

del Museo. 

1859 - Lombardia. 

Intlirizzo ai ae'Dozionc aZ Be Vittorio Emanuele della 

cilU di Brescia. 

AUro simiZe aella ciUa di B81'Damo. 

Ai 26 di aprile del 1859 il Re Vittorio Emanuele annun-

RICASOLI. 

SCIALOJA. 

CORDOVA. 

jACINI. 

VISCONTI VENOSTA. 

BERTI DOMENICO. 

EFISIO CUGlA. 

DEPRETIS. 

-28- 

TEN. GEN. ROSSI, Primo Aiutante di Campo di S.ll/. 

GIOVANNI REBAUDENGO, Regg. Min. 

GENERALE ANGELINI, Aiutallte di Campo di S. M. 

CONTE OTTAVIANO VIMERCUI. 

L. G. CAM BRAY DIGNY. 

D'ANGROGNA ALESSANDRO. 

FRANCESCO DI LAZZARA, Podesta di PadlWa. 

ANTONIO PERNETTI, if. Podesta di Mantova. 

DE RossI, Podesta di Rovigo. 

FRANCESCO PILONI, if. di Sindaco. 

GIACOMELLI, Sindaco di Udine. 

SOLARO DELLA MARGARITA. 

IGNAZIO THAON DI REVEL. 

GALLINA. 

FEDERICO SCLOPIS. 

CIBRARIO. 

STARA P. P. 

FERDINANDO DI COLOBIANO. 

F. COLLA. 

SALVADEGO BERNARDO. 

CASIMIRO BALBO. 

A. DUCHOQUE. 

LOMBARDI. 

GIO. RESTA. 

IGNAZIO DI PETTINENGO, L. G. 

S. TECCHIO, P. 

O. CORSI, P. Corle d'Appello di Torino. 

MARCHESE ER:'tIESTO COCONITO MONTIGLIO.

ROBERTO MORRA. 

-29- 

CARLO S. MARZANO. 

ANGELO MENGALDO, Magg. Gen. 

CONTE GIULIO LIITA MODIGNANI. 

CONTE ACHILLE UDERCHI. 

I. ARTOM. 

M. DE SONNAZ. 

GIUSEPPE DE SONNAZ. 

C. L. SANMARTI:"iO D·AGLlE. 

ERCOLE ROERO MARCHESE DI CORTANZE. 

LUIGI DI SEYSSEL, Aiutante di. Campo. 

CONTE SERRAVALLE. 

SAM BUY. 

G. MEDICI. 

CAPITANO M. CAGNI. 

CRESPI MARESCOITI, Magg. 

L. JACQUIER. 

G. TRECCHI. 

DE BILER F. 

DI CINZANO. 

G. BOREA. 

F. BOSELLI. 

M. PANISSERA. 

FRANCESCO BORGATTI 

Ministro Guardasigilli. 

G. COSTA, Segretario. 

Coll'unione della Venezia all'Italia compivasi un voto 

quasi quadrilustre e si compiva in uo giorno che appunto 

ne richiamava 1a memoria. Lo ricordava i1 re, nel ricevere 

iI risultato del plebiscito della Venez:a, dicendo ai ruppresentanti 

di queUe provincie: «Or son dicianove, anni, il 

Padre mio bandiva da questa citta Ia guerra dell'indipendenza 

nazionale; in oggi, giorno suo onomastico, Voi, 0 

signori, mi recate la manifestazione della ,'olonta popolare 

•

-34- 

C. ETTORE BORGIA, Presidente 

LUIGI AVVOCATO NOVELLI 

ANNIBALE LESEN 

GIUSEPPE ANGELO MANNI 

FRANCESCO VALERANI 

ONORATO CAETANI PRINCIPE Dl TEANO 

AUGUSTO SILVESTRELLI 

AUGUSTO RossI 

GENERALE LA MARMORA 

BETTINO RICASOLI 

URBANO RATTAZZI 

GABRIO CASATI, Presidenle del Senato 

DES AMBROIS 

FRANCESCO ARESE 

G. LANzA 

GIUSEPPE BIANCHEIU 

VISCONTI VENOSTA 

QUINTINO SELLA 

CESARE CORRENTI 

CASTAGNOLA 

GADDA 

RICOTTI, Minislro Guerra 

ACTON 

VIGLIANI 

A. CONFORTI 

A. DucHoQUE 

M. DC SONNAZ 

CELSO MARZUCCHIt Vice Presidente del Senato 

RODOLFO D'AFFLITTO DucA Dl CASTROPIGNANOt Vice 

Presidente del Senato 

ANTONIO BERETTA, Segretario del Senalo 

LUIGI CHIESIt Segretario del Senato 

TOMMASO MANZONJt Segretario del Senato 

VINCENZO CAPRIOLO 

BERTI DOMENICO 

FRANCESCO DE SANCTli

-35- 

BENEDETTO CAIROLl 

BERTEA CESARE 

MAuRO MACCHI 

CLEMENTE CORTE 

DOMENICO F ARINI 

SALVATOR CALVINO 

CUCCHI FRANCESCO 

MALENCHINI VINCENZO 

UBALDINO 'PERUZZI, .ff. di Sindaco di Firenze 

F. RIGNON,.ff. di Sindaco di Torino 

GIULlO BELLlNZAGHI, Sindaco di Milano 

DOMENICO PERANNI, Sindaco di Palermo 

II Ministro di arazia e Giustizia 

MATTEO RAELI. 

Come complemento, chiudono )a serie dei grandi atti della 

costituzione politiea dell'ltalia nuova, dei monumenti del 

,diritto pubblieo dei plebiseiti, i doeumenti seguenti: 

1860 - 1870. 

Intliriui ai aef)ozione e di feZicitazione aZ Re ai fJa-rie 

cilia e JWOfJincie. 

Proceln fJerlJali ai pill'ziali pZelJisciti ai citta italiane. 

Bcllede originaZi 1'eca'lZti i SI ed i NO depostt 'MIle ume 

delle f)otazioni plelJiscita1'ie. 

, 

IV. 

II quadro che con intima compiacenza siamo venuti eontemplando 

e splendido e di una mirabile imponenza; eSBO 

perl> non ei disegna che un lato del progressivo estendersi

-:n- 

Con questa lega, ehe fece dire ad uno storico ehe ([ dove 

era da menar Ie mani, aequistar gloria e fortuna, Amedeo 

non maneava mai :D (1), it Conte di Savoia prometteva di 

aiutare l'impresa dell'Angioino contro Carlo Dnrazzo, e 

quegli cedeva a1 Conte gran parte dei suoi dominii in Piemonte. 

1381, 7. novembre. . 

AZleanza di Amedeo VIo colla 'repuOblica di GC'Il()'l)a, da 

d",rare per died anni can patto di di/csa dei rispetti'Oi 

statio 

138&, 25 novembre. 

Trattato di lega stipulato a Piacenza Ira Amedeo VI /0 

e Gian GalelJZzo Visconti Oonte di Va'rt'lt per la reciproca 

dijesa dei lot'O statio 

1426,' 11 luglio. 

Lefla di Amedeo VIIIo con Venezia e Firenze contro Filippo 

Maria Visconti duca di Milano etl i suoi aderenti. 

Con articoli addizionali segnati nella steseo giorno, gli 

alleati stipulavano ehe tutte Ie conquiste che si facessero 

dal Tieino e verso i monti, comprese Asti, Alessandria, 

Voghera, Tortona, Vercelli, Novara, Milano e Pavia spetterebbero 

al Duca di Savoia, e per contro spetterebbero ai 

Veneziani Ie citta e terre eonquistate tra i1 Tieino e l'Adda 

verso Venezia, non che queUe oltre Po. 

Questa 1ega non partori grandi eifetti, e i belligeranti 

feooro pace col Visconti, col qua1e il duea di Savoia cootrasse 

alleanza ed. a cui concesse in sposa sua figlia Maria. 

(1) ScalUBBLLt, ParOolipam.ni di Staria Piemontes6 gill. cit., pag. 111.

1427, 2 dicembre. 

-38- 

Pace e lega di Amedeo VI//o, dei Vef1eziani e dei Fiorentini 

con Filippo Maria Visconti, il quale cede ad Arnedeo 

ZR citta di Vercelli. 

A questi primi ricordi delle relazioni politiche di Casa 

Savoia cogli altri principi d'Italia dal secol0 XIIlo al XVo, 

fa seguito un altro gruppo di trattati che ci presentano i 

punti culminanti delle sue relazioni colle potenza europee. 

Essi sono segnati dai seguenti trattati: 

1&59, 26 marzo. 

Alleam;a perpetua tra Emanuele Filiberto e Filippo I/O 

di 8pa!Jfla. 

1&59, 1 0 aprile. 

(Japitoli di pace tra E"rico I r, ,.e di FranciR, ea il 

Duca Emanuele Filiberto. 

La pace fu poi eonchiusa a Castel Cambresi, da cui prese 

nome, ai 3 di aprile. Con essa Emanuel Filiberto ricuperb 

gli Stati aviti, totalmente perduti da Carlo IIIo, suo padre. 

1631, 31 marzo. 

Trattato di Okerasco. 

Lega di 8afJoia con Francia per imprese da fars;, in 

Italia e per Z'esecuzione del trattato di Ratisbona. 

'Con questo trattato la Francia cedette ad Amedeo 10 

Alba, Trino e Nizza della Paglia con settantaquattro altra 

terre appartenenti al duca di Nevers, ma il Duca di Savoia 

fu costretto a cedere alIa Francia Pinerolo e Ia valle di Perosa. 

Per questo fatto Savoia fece la grave perdita della sua 

indipendenza, e la Francia diventb padrona d'una porta 

d'Italia.

- 40- 

I trattati che abbiamo passato in rassegna si presentano 

alIa vista con forme esteriori dimesse; Ie coperte in cui sono 

racchiusi offrono nulla ne di elegante ne di notevole. Dai 

pin antichi pendono solo, dalle cordicelle seriche che il tempo 

ha rese incolori, Ie scatole di legno ehe racchiudono i suggelli 

delle potenze contraenti, dai pill recenti non spuntano 

pin che .i capi dei cordoni, essi passarono sotto Ie forbici 

della ri voluzione che ne portl> via Ie custodie dci sigilli, in 

argento. Per contro, nella serie che ora vedremo, tutto e 

sfolgorante d'oro e d'argento, tutto e lusso e ricchezza da 

sovrani. I trattati, scritti con severa eleganza, in fogli di 

sceltissime pergamene, sono chiusi in coperte di velluto di 

diversi colori, allacciate con nastri; su di esse sfoggiano. 

per 10 pill, gli stemmi delle potenze contraenti, ill metallo 

dorato, e ne pendono grossi cOl'doni intrecciati di fBi di seta, 

d'oro e d'argento, finienti in grossi fiocchi. Le custodie dei 

sigilli, in oro ed in argento, finamente lavorate e oruate 

degli stemmi delle diverse nazioni, aggiungono splendore 

a questi pubblici atti. ' 

La schiera dei trattati e convenzioni politici, giudiziari, 

commerciali, di navigazione, postali e telegrafici, cogli atti 

delle rispetti ve ratifiche, dichiarazioni e articoli addizionali, 

che abbiamo· davanti, rappresenta centotrentacinque stipulazioni 

internazionali, abbracciando un periodo di quarantacinque 

anni, dal 1815 al 1860. 

II Iettore ci seguirebbe, certo, poco volontieri in un'esposizione 

minuta di uno ad uno di tutti questi trattati, sui 

quali un lungo lasso di tempo non ha ancora steso l'oblio. 

Pensiamo di appagare meglio il suo desiderio, limitandoci 

ad abbraccial'e tutta questa serie con uno sguardo complessivo, 

notalldovi appena di passaggio i nomi delle nazioni 

che, di tempo in tempo, contrassero col nostro paese 

speciali Jegami. Li distingueremo per regni. 

n Museo ci presenta tredici trattati conchiusi sotto il

-42- 

1 (1857) - Danimarca, I (1857) - Parana e Confederazione 

Argentina, I P8S8) -. Modena, 1 (1858) - Napoli, 1. 

La vastita della materia oi ha costretti a restringerci ad 

llna semplice enumerazione, ma aoche da quest'arida enumerazione 

si sprigiona un concetto storico di un grande 

significato. A traverso i nomi delJe potenze colle quali i 

nostri re contrassero legami di piu stretta amicizia 0 vincoli 

d'interessi internazionali, traspare la traccia dei taro 

principii politici. Di mano. in mano che il Governo del Piemonte 

s'affida alIa liberth ed apre Ie porte al progresso, il 

suo orizzonte si allarga, la sua influenza politica e commerciale 

sale in alto, e Ie sue relazioni estere aHora si estendono, 

e fin dalle piu lontane nazioni gli si stende la mano. 

Questo fatto comincia a diventar notevole nel regno di 

Carlo Alberto, che in diciott'anni ci presenta nel Museo 

quarantasette convenzioni coIl.' estero; rna esso si manifesta 

in modo piu imponente negli undici primi anni di regno di 

Vittorio Emanuele, che dal 1849 al 1860 ne numera settan- 

tuna. E veramente con una straordinaria imponenza si affacciano 

al visitatore del Museo Ie cinque vetrine, tutte ri· 

piene degli atti della sua politica estera, in cui figurano, 

succedendosi e ripetendosi, i grandi sigilli dorati delle maggiori 

potenze del mondo. 

La comune attenzione assorta dallo spettacolo dei grandi 

fatU che si compirono in seno della· patria, nel regno di 

Vittorio Emanuele HO, Iascia passare quasi inavvertita quest'altra 

grandezza che si appalesa nell' attivita diplomatica 

del suo regno, sicche a piu d'uno apparira questo quasi un 

fat to nuovo. Ma e pur cosa non dimenticabile che Ia somma 

di concordia, di virtu e di sacrifizi che produce grandezza 

all'interno, fa pure grandi Ie nazioni all'estero, e BpeSSO Ie 

due grandezze sono aiutatrici ed effetto runa dell' altra. 

Scol'rendo 10 sguardo BU questo grande specchio delle 

relazioni estere dei tempi moderni, l'osservatore si vede di 

,

cO 

.......

-47- 

fatti e Ie vicissimdini della vita pubblica, nella sala che 

abbiamo or ora Iasciata, qui ci apparisee un altro lato interessante 

delle nobiIi lora figure, la nota della loro personalita; 

qui troviamo l'uomo che nella sCera pubblica e privata 

lascia nel suo commercio epistolare r impronta del suo 

carattere individuale. E un lato interessante quello che ora 

ci si oilre della storia dei nostri Principi; l'emanazione diretta 

dei loro pensieri consegnati di proprio pugno, 0 £atti 

proprii colla firma, nelle lettere, e un campo di curiose e 

sottili osservazioni, in cui la mente umana ama d'intratte .. 

nersi. E sovratutto aIle lettere che e applicabile il detto che 

gli scritti sono l'uomo. 

Gli autograft dei Prineipi di Casa Savoia tengono il posto 

d'onore nelle tre vetrine di mezzo, sormontate dall'aquila 

recante in petto 10 seudo sabaudo. In esse si stande la serie 

dei Principi che regnarono, e dei quaJi si conservano lettere, 

da Amedeo Vlo a Vittorio Emanuele 11°, accompagnati 

dalle lora consorti; due Conti, undici Duchi, otto Re. 

In questa interessantissima serie ci si presentano i nomi 

seguenti: 

·AMEDEO vr - BONA DI BoRBONE - AlIEDEO VIr - BONA 

DI BERRY - AMBDBO vnr - LUDOVICO - GIOLANDA moglie 

di Amedeo IXO - FILlBBRTO II) - CARLO r - BIANCA DI 

MONFIRRATO - FILIPPO no - MARGHERITA DI BORBONE e 

CLAUDINA D1 BRETTAGNA, sue mogli - FILIBERTO 11° - 

MARGARITA D'AUSTRIA, sua second a moglie - CARLO 111° 

BEATRICB DI PORTOGALLO, sua moglie - EMANUBLE FILIBERTO 

- MARGHIRITA DI VALOIS, sua moglie - CARLO EMANUELE 1 0 

- CATERINA D' AUSTRIA, sua moglie - VITTORIO AMEDEO 1 0 

- CRISTINA DI FRANCIA, sua moglie - CARLO EMANUELE Ho 

- FRANCESCA. D'ORLBANS e MARIA GIOVANNA BATTISTA, sue 

mogJi - VITTORIO AlIEDEQ 11°, primo re - ANNA n'ORLEANS 

e la MARCHESA DI SPIGNO, sue mogJi - CARLO EMANUELE IlIa 

- LUIGIA DI BAVIERA e Er.lsABETTA DI LORENA, sua prima

• 

-50- 

lJ(JJ'IJ'I,() a pre,tare omaggio. 10 lo presto con una riunione 

di 30 battaglioni, 14 batterie, 6 reggimenti di cavalleria e 

4 battaglioni di bersaglieri a Marengo. 

Dicono eke il morulo e bello per la diversitd dei gusti. 

Fanna carrere voei euriose ,ull'lmperatore e su questo 

paese, vedremo. 

A rivederla, si conservi in bOOM salute e mi ,criva di 

mia madre e sopra que,ti afJari. 

II. 

n suo aft'ezionato 

VITTORIO EMANUELE • 

A fianco della Casa di Savoia prendono posto gli uomini 

di maggior fama del mondo ufficiale del Piemonte, in una 

vetrina CODsacratn agli Statist; e lJiplomatic;' piemontesi. 

La serie di questi autografi e grandemente interessante 

per Ia storia del nostro paese, alIa quale accrescono Iustro 

questi ricordi biografici degli uomini eminenti che ne furono 

i principali attori. Ogni piemontese puo, a buon diritto, SCOfrere 

con orgoglio Ie lettere che gli si presentano in questa 

vetrina sulle quali si leggono i nomi di NICOLO BALBO, Ministro 

di Emanuele Filiberto, MARCHESE D'ORMEA, BOGINO. 

CAISOTTI, GIUSEPPE DE MAISTRE, PROSPBRO e CESARE BALBO. 

GIOBERTI, MASSIMO D'.A.zEGLIO, RATTAZZI, CAVOUR e di parecchi 

altri, come FILIPPO D' AGLlE, GUGLIELMO FRANCESCO DI 

S. TOMMASO, MAFFEI, VILLA1tL\RINA, DI S. MARZANO, VAL 

LEBA, DELLA TORRE, SOLARO DELLA MARGHERITA, PINELLI, i 

quali, se non salirono a tanta altezza di rama quanto i primi, 

ben meritarono pero della patria con segnalati servigi prestati 

nei pili alti ufficii dello Stato.

- 51- 

III. 

Agli uomini di Stato dei. Piemonte fanno seguito. nella 

soccessiva vetrina. i Piemontesi illustri nelle scienze, nelle 

lettere e nelle arti 0 per virtu e santita di vita. E auche 

questa una gloriosa schiera fra cui risplendono i bei nomi 

di LAGRANGE. PLANA, DENINA, BOTTA, PHLLICO, CALUSO, PEY 

RON, S. FRANCESCO DI SALES e BEATO VALFRE, per ricordar 

solo i piu eminenti .. 

IV. 

I principi della Casa di Savoia sovrani del Piemonte tennero 

sempre un posto eminente nella pubblica estimazione, 

al di In della ristretta cerchia delloro piccolo regno, specialmente 

per quanto si estende i1 suolo d' Italia; parlare di Casa 

Savoia e da lungo tempo parlare d'Italia, sono due nomi e due 

concetti che 1a moderna eta ha resi inscindibili. I principi 

Sabaudi, fiancheggiati da un lato dai loro sudditi piu celebri, 

hanno dall' altro Iato il tiore degJi italiani, di quegli 

italiani dei quali essi avevano gia da tempo aSBuuta Ia 

morale rappresentanza e coi quali erano strettamente Iegati 

da comuni aspirazioni. 

L'Italia rappresentata negJi autograft dei Buoi uomini celebri, 

prende posto nelle due vetrine che sono a destra di 

Casa Savoia. 

Nella prima che s'intitola dagli 'ltaliani illustri compariscono, 

fra gli altri, i bei nomi di FOSCOLO, MONTI, LEO 

PARDI, .MANZONI, NICOLINI, GIUSTI, COLETTA, GROSSI, GIOJA, 

CANOVA, ROSSINI.

Inghilterra. 

-53- 

La serie dei piu ilIustri regnanti d'Inghilterra ineomineia 

dal 1328 con EnoARDo III e finisee ai tempi nostri con autografi 

della RBaINA VITTORIA e del PRINCIPB ALBBRTO (1857). 

I 

In essa ei si presentano: ENRICO VIII, MARIA STUARDA, ELI- 

SABBTTA, GIACOMO I,lL PARLAMBNTO, CARLO II, GUGLIELMO III 

e GIORGIO I, II e III. 

Prussia. 

Sta a eapo dei sovrani di Prussia FEDERICO GUGLIELMO, 

il grand'Elettore, fondatore della Monarehia Prussiana (1666). 

Viene dopo di lui FBDERICO J, primo ra di Prussia, quindi 

FBDERICO II il grande ricorda la massima gloria della corona 

prussiana, ed il vivente imperatore GUGLIELMO il colmo 

della fortuna di essa. 

Russia. 

Del gl-ande impero moseovita ci si presentano i nomi di 

PAOLO I, CATERINA II, ALESSANDRO I; ne chiudono la serie 

gJi autografi dell'imperatore ALBSSANDRO II e del GRANDUCA 

NICOLO (1859). 

Polenia. 

L'infeliee Polonia mostra i nomi rli ENRICO III (1574), 

WLADISLAO III, GIOVANNI SOBIESKI, MARIA CASIMIRA e STA 

NISLAO PONIATOWSKI ultimo re di Polonia, 

Spagna. 

La Spagna ci mette innanzi i suoi sovrani eelebri in bene 

e in male eogli autografi di FBRDINANDO I, il CattoIico, 

CARLO I cbe fu poi Carlo V imperatore, FILIPPO II e della 

regina ISABELLA (1859).

Portogallo. 

-54- 

Dei sovrani portogbesi due sono quelli che qui si vedono 

ricordati coi loro autografi: EMANUELE, il fortuna to (1520), 

il cui regno e segnato dalle celebri spedizioni nel mar del 

I'India di Vasquez e di Paolo di Gama, e DON PEDRO, il consorte 

di Maria Pia di Savoia (1859). 

Belgio. 

La serie dei sovrani proprii del Belgio non data che dal 

1830 epoca della sua separazione dall' Olanda. II primo re 

del nuovo regno Belga fu LEOPOLDO I, del quale qui si vede 

un autografo del 1859. 

Messico. 

Ecco il nome di un sovrano sfortunato: M.A.SSIMILIANO FER 

DlNANDO D'AuSTRIA. 

La sventura suscita sempre nei cuori gentili sentimenti 

di generosa pieta e di simpatia. II visitatore del Museo che 

ha l'animo informato a gentilezza di sentire non passa davanti 

all' autografo dell'infelice imperatore Massimiliano, la 

vittima della politica europea, senza volgere un mesto peDsiero 

alia. sua memoria. Massimiliano visse non pochi anni 

in Italia, ove, straniero e rappresentante di odiata dominazione 

straniera, seppe far parere meno dure Ie catene dell'invisa 

signoria austriaca e lasciare stimata memoria del 

suo governo di Luogotenente. Era un nobile carattere non 

meritevole di sl misera fine. 

II visitatore si ferma special mente sulla data della Jettera 

di Massimiliano, cbe gli cade sott'occhi, 17 settembre 18G6, 

data lontana neppur d'un anno daUa sua fucilazione a Queretaro. 

Questa lettera scritta al Marchese Corio, del q lIale 

fu un' prezioso dono all' Archivio piemontese, e forse una 

delle ultime che l'imperatore del Messico. abbia scri tte in 

Italia. 

i 

I 

,

-56- 

e rwn dimentichero mai, ne un 80lo istante eke discendo 

da una Casa eM ha attraversato crisi piu forti eM la PNJsente 

e non sara eertamente per parte mia ehe la gloria 

secolare dei miei avi soffra una macchia. 

Salutando Lei e la sua sigrwra Ie invio l' assicura;ione 

della benevolefl3a colla quale sooo 

PalasZ() di Oiapultepe, settembre 17 del 1866. 

Ripreudiamo i1 corso della nostra rivista. 

Impero di Alemagna - Austria. 

Suo affe3ionatissimo 

MAXIMILIAN. 

Gli autografi degli imperatori di Alemagna incominciano 

con queJIo di FEDERICO III D'AuSTRIA (1314), al quale fanno 

seguito CARLO V, MASSIMILIANO II, RODOLFO II, MATTIA, FER 

DlNANDO II e III, LEOPOLDO, GIUSEPPE I, CARLO VI eVil, 

FRANCESCO I, MARIA TERESA, LEOPOLDO II, FRA.NCESCO II ultimo 

imperatore di Alemagna e primo irnperator d' Austria, 

e FRANCESCO GIUSEPPE (lettel'a del 1859). 

Francia. 

La serie dei sovrani francesi, rappresentatici dai loro autografi, 

ha principio da CARLO VIII e prosegue coi nomi 

seguenti: LUIGI XII, FRANCESCO I, CATERINA DE MEDICI, 

ENRICO II, III e IV, MARIA DE MEDlcr, ANNA D' AUSTRIA, 

LUIGI XIV e XVI, MARIA ANTONIETTA, LUIGI XVIII, CARLO Xi 

NAPOLEONE PRIMO CONSOLE e NAPOLEONE IMPERATORB, NA 

POLEONE III. 

A questa nome, celebre nella storia cootemporanea e di 

sacra memoria all'Italia, per debito di riconoscenza, chi e 

che potrebbe passnr oltre senza appagare it desiderio di leggere 

la sua lettel'a che iucolltra in questa vetrina'l Questa

-58- 

BARNABO VISCONTI, GIO. GALEAZZO CONTE DI VIRTU, primo 

duca di Milano, FILIPPO MARI"- VISCONTI, CARLO D' ORLEANS 

(pretendente), GALEAZZO MARIA SFORZA, GIO. GALEAZZO 

MARIA SFOllZA, LODOVICO IL MORO e FRANCESCO MARIA SFOllZA. 

ultimo duea. La rappresentanza dei governanti di Milano 

si ehiude con una lettera del Di'l'etto'l'io. della RepublJZica 

(Jisalpina (1797). 

Mantova e Monferrato. 

Dei Gonzaghi di Mantova ei si presentano gli autografi 

dei duchi e duchesse seguenti: GUGLIELMO, ELEONORA sua 

moglie. VINCENZO I, ELEONORA DB MEDICI sua moglie, FRAN 

CESCO III, terzultimo dei Gonzaghi, duehi di Mantova e 

e Monferrato (1605). 

Venezia e Genova. 

ta rappresentanza della prima magistratura delle due 

,grandi repubbliche e ristretta a poehi nomi. Per la prima 

stanno gli autografi dei Dogi ANDREA CONTARINI (1380), 

FRANCESCO FOSCARI (1434), LUIGI MOCBNIGO (1574); LODOVICO 

MARINI, ultimo Doge (1792). Per Ia .repubblica di Genova 

stanno i Dogi PAOLO CAMPOFREGOSO (1480) e GIACOMO BBI 

ONOLE, primo Doge della repubblica Ligure (1796). 

Firenze. 

Apre In serie dei governanti di Firenze una lettera della 

RcpuOblica jio'l'cntina (1474); dopo di essa vengono gli autografi 

dei MEDICI, ALESSANDRO e IpPOLITO (1528), LORENZO 

(Lo'l'cnzino) (1533), BIANCA CAPELLO, COSIMO II ed in fine 

di LODOVICO dei Borboni di Parma, re di Etruria (1801). 

Lucca. 

I due autografi che stanno sotto questo titolo appartengono, 

it primo aIla 'I'cpuOblic61J di Lucca, il secondo al duea 

CARLO LODOVICO di triste memoria (1845).

Napoli. 

-59- 

II primo autografo dei re di Napoli e di CARLO III e ricorda 

1a dominazione Angioina, gli aItt'i appartengollo ai 

Borboni e portano i nomi di CARLO IV (1742), FERDINANDO I 

e FERDINANDO II (1848). 

Parma. 

Qui abbiamo gli autografi dei tre primi Farnesi duchi di 

Parma, cioe: PIER LUIGI (1537), OTTAVIO ed ALESSANDRO. 

Dopo di essi si presenta la Duchessa, ex-imperatl'ice MARIA 

LUIGIA (1823). 

Ferrara e Modena. 

Sotto questa titolo ci si presentano gJi Estensi ERCOLE I 

(1486), ALFONSO II, CESARE I (1602), ultimo duca di Ferrara 

e primo duea di Modena, VIRGINIA DE MEDICI, sua moglie e 

'luindi FRANCESCO IV e V (1820 e 1847). 

Boma - Papi. 

La serie dei sovrani di stati italinni 8i chiude Call un 

principato non solo'il piu grande d'ltalia rna il maggiore 

che sia stato mai. Gli autografi dei Papi, sovrani di Roma, 

potrebbero costituire da soli un intiero Museo; la loro rappresentazione 

e qui limitata ai nomi pili grandi 0 piu notcvoli. 

Questa interessantissima serie parte dall'antipapa 

CLEMENTE VII (1381) e prosegue coi papi PAOLO III (Alessandro 

Farnese), CLEMENTE VII (De Medici), PIO IV (De 

Mediei), S. PIO V (Ghisilieri di Alessandria), SISTO V (PEretti), 

CLEMENTE VIII (Aldobrandini), PAOLO V (Borg-hese), 

URBANO VIII (Barberini), BENEDETTO XIII (Orsini), CLE 

MENTE XII (Corsini), BENEDETTO XIV (Lambertini), CLE 

MENTE XIV (Ganganelli), PIO VI (Braschi), PIO VII (Chiaramonti) 

e PIO IX (Mastai) ultimo sovrano tempOl'ale di 

Roma.

-60- 

VII. 

Nel gran concerto dei sovrani d' Europa che {uroDo in 

relazione epistolare coi principi di Savoia ed i cui autograft 

si raccolgono in questa sala, non dovevano mancare anche_ 

i sovrani e govern anti di piu lontane regioni colle quali 

Casa di Savoia ebbe rapporti. Le ultime due vetrine Bono 

appnnto dedicate ad essi; nella prima si schierano i presidenti 

delle Repubbliche di America, nella seconda i sovrani 

di Oriente. Passiamone semplicemente a rassegna i nomi, 

tutti moderni ed in gran pal'te Doti. 

America. 

JAMES K. POLK, Presidenle defJli Stati Uniti, JUSTO JOSB 

DE URQUIZA, Presidente della Repuliblica Argentina, JUAN 

RAPHAEL MORA, Presidente della Repuliblica di (Jostarica. 

PEDRO SANTANA, Presidente della RepuOblica Donumicltna, 

CARLO ANTONIO LOPEZ, Presidente della Repubblica del 

Paraguay. D. JOAQUIM SUAREZ, Presidente della Repuhblica 

dell' Uragua'!/. JOHN TYLER, P'I'esidente degli Stati Uniti, 

JAMES BUCHANAN, Presidente degli Stati Unitt, LOPEZ DE 

SANTA ANNA, Presidentedel Messico, JOSE RUFINO ECHENIQUE, 

Presidente del Peru, JosE ILARIO LOPEZ e TOMAS CIPRIANO 

MOSQUERA, Presidenti della Nuova Granata. 

Oriente. 

MOHAMMED-ALI, Bascia d'Sgitto, MUSCIR MOHAMMED EL 

SADEK, Boscia Bey del Regno di Tunisi, l'IMPERATORE BIR 

MANO, il SULT ANO DEL MAROCCO, MILOSCH OBRENEWITCH, Pri.,,cipe 

di Serbia. 

Fra queste lettere orientali in cui spiccano, per la loro

-18S7,

-63- 

il confoIidersi dell'uno edell' altra in un pili vasto orizzonte 

e rimmedesimarsi nella vita pili larga dell'Unita italiann. 

Questo e il concetto unico di tutto il nostro libro, che si 

riassume nel gran nome di Patria, di quella patria che all'antico 

amore ed all'antica fede di piemontesi e al nuovo 

affetto d'italiani suona Casa di Savoia. 

Come questo pensiero ci fu ispiratore e guida in queste 

pagine, cos1 avesse desao potuto infonderci maggior sumcienza 

a rnostrare, in questa scritto, la grandezza della patria 

storia. Valga perb eSBa a renderci meno severo i1 lettore. 

P. VAYR ..... 

•

-(fT- 

c Vero e ehe iI sentimento del sopra divisato storieo 

((Guichenon (1» sembra venir comprovato per un'altra 

• S"crittura tratta da non so quali archivii, e a me comuni 

(cata da un personaggio erudito, Ia quale carta ci da 

«chiaramente ad intendere che nel 1035, 0 nel fine del .pre· 

• cedente (anno), Adelaide era gia. in matrimonio accop 

«piata co] marchese Oddone, figlio del conte Umberto: 

« leggesi quivi di fatto .... :D. E qui l'autore porta un estratto 

del dooumento in italiano, ponendo in nota 18 carta in latino, 

secondo l' abitudine sua. 

Questa pergamena, che i1 Terraneo non sapeva di dove 

venisse, la trovammo noi rra Ie carte dell' antica Abbazia 

di S. Giusto di Susa (2). Non occorre dire quanto ci sorprese 

i1 suo contenuto il quaJe rovescia, come si vedra, quanto ritenevasi 

per definito sulla contessa Adelaide; percio raddop. 

piammo l' attenzione e Ie ricerche. Esse noo fecero che persuaderci 

ognora pin che il documeoto era in sostanza at· 

tendibile, quindi doversi ritenere qual buon fondamento per 

)8 storia d' Adelaide; l'antico sistema poi, preso a minuto 

esame, ci rivelb la sua frsgilita ad inverosimiglianzs_ I 

nostri studi, Ie nostre ricerche fornirono materia a questo 

lavoro. 

(1) 11 OUlCII&NON (Hi"oir. g_nJologiqvt d. kI JUllon " SOfJOY., LyoD, 1(1410) pel clocameow 

della Novale .. con quello di GeDon, da lui coDdotto al 1019, lRabiliece la 

mone di ErmaDno al 1031, eel il matrimonio con Oddone al 1031 a lOSS (par. 201). 

(I) Archivi di Stato di Torino, ael. I", Abbasia di S. Giuato, mUla 1°. La periameaa 

porta iJ dwlo: -19 dicembre 1035. Donazione della quarta parte dl lI'ro .. uco taua dal 

march816 Oddone, Adelaide sua moglie e cont. Umberto, a tavore del monutero di San 

GiUlto di Suu, confermata dalli conti Tommaao eel Amedeo di Savoia Cratelll, eotto \I 

! di geauio I!35 •.

- 69- 

lis Stratis publicis et priuatis, atque cum omnibus dominiis JUrlbus 

jmperiis Vniversis· et generaliter cum omnibus aliiB ad jus et 

proprietatem nostram in ipsa quarta parte pertinentibus tam in 

. montibu8 quam in planiciebu8. atque eciam donamus eidem Venerabili 

Monasterio Massum Vnum in predicto territorio qui Massus 

Vigeru8 dicitur. Cum Molendino et Batorio cum suis omnibus pertinentiis 

terris caltis et incultis Vineis pratis gerpis et cum omnibus 

suis juribus et rationibus et cum omni pleno dominio et jurisdictione 

Dec non eciam donamus et concedimus eodem monasterio 

tertiam partem decime totius territorii predicti et pertinentiarum 

suarnm. Ita ut faciant Monachi dicti monasterii ad eorum Vsum 

et consumptum seu ad proprietatem eiusdem Monasterii quidquid 

Voluerint de ipsis ,rebus donatis. Sine omni nostra et beredum ae 

pro heredumque nostrorum contraditione Del repetitione. Insuper 

per Cutellum atque ramum arboris a parte ipsius Monaei Dominico 

abbati ipsius Mon8sterii exinde Jegittimam facimus tradition em et 

inuestituram et nos exinde foris expulimus gerpiuimus et absentes 

fecimus et ad proprietatem eiusdem Monasterii halJendam relinquimns. 

Has autem donationes Volumus jn jntegruin per nos at 

SUC88sores et heredes nostros defensatas eSle ab omni homine et 

eas perpatuo valituras at inviolabiliter obsaruari. Si quis uero quod 

futurum esse non credimus, 8i nos quod absit aut Vllus de heredibos 

.aut proheredibus nostris seu quilibet opposita persona contra 

has donationes nostras Ire quoeumque temptauerimus aut illas per 

quouia Ingenium Infringere quesiuerimus. Tunc inferamus ad illam 

partem contra quam exinde litem intulerimus pro pena. Auri obtimi 

Vntias Centum. Argenti pondera ducenta. Insuper res ipsaB in 

dupplum parti eiusdem Monasterii sieut pro tempore fuerint meliorate 

aut valuerint sub extimatione jn consimilibu8 locis et quod 

repetierimus Vendieione non VaJeamU8. Actum in ciuitate thaurina 

jn castro quod est desuper portam Secusinam. Testes interfuerunt 

Iohannes de tbaurino et Olderieus de ast Lege Romana Viventes. 

Athenialphus de querio et Albertus de Sancto Georgio. Halle uero 

Cartam Borenzo Dotario Sacri palaeii tradidimus ad 8cribendum et 

id fieri rogauimus. Qui ego Borenzo notarius et judex saeri paJaeii 

Scriptor Hoc testamentum post traditum eompleui et dedi'. Anno 

dominice Incarnationis millesimo XXXV Indicione tercia 1111 kalendas 

Ianuarii, Anno autem domini euradi regnantis Imperii XI. 

« Concedimus inquam et donamus et presenti die approc: 

bamus eidem ecclesie beati J usti et religiosis monachis

-70- 

« et iratribus eiusdem eeclesie In manibus domini Iacobi 

er abbatis supradicti omnia suprascripta Vniversa et singula 

« Vt habeant teneant et possideant de cetero pleno lure 

« mediante stipulacione promitteotes nunquam contrauenire 

er nec impedimentum apponel'e Litem nec controuersiam alier 

quam inde mouere Sed per nOB et nostros inuiolabiliter 

« manutenere et conseruare. Nec est etiam pretereundum 

«quod dominus Amedeus Comes Sabaudie et in ltalia 

cc Marchio frater predicti domini Thome ipsum Cactum supra 

!/. scriptum Vniuersaliter et particulariter Laudauit et CODe: 

cessit et quicquid superius legitur In manu domini Jacobi 

'« abbatis confirmauit et nunquam contrauenire promisit. 

« Actum est hoc apud Chamberiacum in domo beati An 

« thonii, ad hoc fuerunt Vocati et rogatio Testes Dominus 

«Vabertus de Saysello, Petrus' barloz. Petrus de alingio. 

cr: Petrus de Cingino. Bertrandus montismeliani. Hugo ma 

G: rescalli. Jacobus Pontemremblo. Guido de chaueluto. 

c: Ego Jacobus Sacri Palacii et Domini Comitis Sabaudie 

([ Notarius de mandato eiusdem DQmini Amedei Comitis et 

« domini Thome Cratris ipsins Rogatus Scripsi et ad man 

d datum ipsorum tradidi Celiciter J. 

Da questa pergamena si rile va dunque che il 22 di gennaio 

1235 Tommaso di Savoia conte di Fiandra, fratello di 

Amedeo IV conte di Savoia, riconosce al monastero di San 

Giusto la donazione statagli fatta il 29 dicembre 1035, per 

atto ivi trasunto, da Oddone Marchese colla moglie Adelaide 

e col conte Umberto, della quarta parte di ogni cosa in 

Frossasco, iuoltre di un intiero manso ossia pod ere detto 

Vigero, e di un intiero molino e battitore, pili della terza 

parte della deeima di quel luogo. La ricognizione di Tommaso 

e poi ancora approvata dal frateJlo Amedeo IV, conte 

di Savoia. 

Tanto l'intiero atto, 1235, che quello' transunto, 1035, e

-71- 

non solo inedito, ma sconosciuto, tranne che al Terraneo (1). 

Questi, esposto il documento, come si e detto, incomincia 

Ie sue obbiezioni. Noi queste divideremo, rispondendo partitamente 

ad ognuna. 

Cosi esordisce il Terraneo : 

G: Ora io non voglio negare che questa carta presentata 

( poi nel 1235 ai principi Tommaso e Amedeo, e da essi 

c approvata, non coptenga molte formole comunemente 

t: adoperate nel 8ecolo XI, ne posso contrastare che verae 

mente Adelaide e Oddone marchese, e iI conte Umber to, 

« non dessero iosieme attestati della munificenza loro verso 

«il mooastero di Sosa, che anzi avel'gli i doe primieri, 

« fatta donazione della quarta parte di Frossasco, e inoltre 

c della meta di due altre corti, cioe di Chiavrie e di Cone 

dove, a meraviglia ne appare da un diploma concedoto 

II a quei monaci nel 1147 dal conte Amedeo III, in come 

pagnia di Umberto HI, suo figlio. « Riconosciamo:t die 

co no essi in quel diploma (2), c: che il Serenissimo conte 

c Umberto geoitor oostro di boona memoria, e Oddone 

« glorioso Marchese, e la prudentissima contessa Adaleyda 

a: non solamente mantennero i monaci (di S. Giusto) nel 

C[ pacifico possesso dei beni 10ro assegnati dai primieri fon 

.. datori, ma concedettero anche loro la quarta parte di Frost: 

BaSCO colle sue atteodenze e la meta di due corti cioe di 

« Cbiavrie e di Condove D. 

(1) Da lai 10 cODobbe il C&Donioo Saccbeui, 11 quale riponb parola per parol a la disaer&u.lODe 

del Tuu. .... nella lua opera M.mori. ".,IG Chi"" Ili SUlca, atampata In 

Torino 1788, Glan Michele Briolo. QaalaDque De aia la ragione, egll lie ne aUribuilce 

1& proprifl& come appare dalle aegueDu parole: 

c Duolai I'autore dell'Adelalde lIluaCrata (ouia 11 Terraneo) di non _peN rinvenire 

c Ii 1iteli delle donuloni dl queaw nove con_ioBi (quelle dl Fro.aeco e del lago dl 

c A " igUana) e Ii Itragge nel rlcercarne gli autori. Non ebbe egli probabilmenH CODe 

teua deU'iatromento zg dicembre deU'&nno 1035 rogato Serengo, 0 ae 10 "ide Dol ri 

C cooobbe d.,no di lede, e da farne aloun conto come 10 giudico pi6. Tarollhnile _. B 

dopo nn breve preambolo riporta quael parola per parol .. I. diuertuioDe del Terraneo 

(p .... 78). 

(S) In margine ,'AUtoN poae: • Apad Franc. AuguaC. lob Beelellia in add ..... (additloaibua) 

ad pag. 144, Bukn'i4 ChrOftologica -. Diamo Doi .\elli questo doOllm. a pag. 91.

-76- 

tuitamente dal notaio del 1235, ovvero erroneamente da 

quello del 1034. Non si potra negare che sia qui assai probabile 

un errore di lettura del riotaio del 1235, il quale, 

come vedremo, intendeva assai male il carattere del secolo 

XI. 

a: Aggiungasi, che avendo la contessa Berta nel 1038 ria: 

chieeto il medeeimo Augusto Corrado di confermare ai 

({ Monaci di Susa Ie donazioni 10ro fatte dat vescovo Alrico, 

« da Manfredo, e da se stessa, non ben si capisce da qual 

« motivo indqtta esea parimenti, non richiedesse a favor del 

«Monastero la conferma di questi altri beni e ragioni di 

« fresco dati daUa figlia e dal genero, se vera fosse la causa 

« che esaminiamo, la quale ne in4ica che tale donazione 

« avvenisse all'anno 1034 0 seguente. Bensl in esso diploma 

([ conceduto da Corrado ad intercessione di Berta rinvenen 

« dosi, che egli conferma = due manei in Frossasco, e due 

« cappelle colla dote loro, e la terza parte della decima di 

« esso ]uogo con due molini = cio e segno palese, che que 

([ ete decime erano state a quel Monastero donate dai geni 

I{ tori d' Adelaide. Onde non par credibile, che questa Prin 

I{ cipessa Ie avesse di bel nuovo donate ad essi Monaci senza 

I{ fare almena alcuna memoria della primiera donazione I. 

Primieramente bisogna distinguere ]a prima parte della 

obbiezione: se si intenda cioe una conferma speciale della 

donazione, ovvero una conferma delle cose donate. Nel primo 

caso, siccome l'imperatore non confermo l'atto del 1033 in 

cui Alrico, Manfredi e Berta dona no al Monastero stesso 

Mocchie e Priola, ecc. (1), ma conferma invece questi stessi 

villaggi al monastero, cosl non ci par logico il pretendere 

che egli confermasse l' atto di donazione di Frossasco. 

Se poi l'autore intende parlare di conferma delle case 

(1) T.B .... K •• Ad. m., Pane S", pag. 197.

-'79- 

mento: intanto riteniamo che Ia conferma non e nna esatta 

ripetizione delle donazioni conosciute. Cio essendo, potrebbe 

in essa essersi smarrita Ia menzione del quarto di Frossasco, 

ehe e l'unica cosa donata dal oostro documento e non confermata 

seDza che cio provasse nulla contro il nostro docnmento. 

Ma senza ricorrere a questo argomento generale abbiamo 

pel caso nostro una spiegazione particolare. II vedere contrapposti 

nella donazione un quarto di Frossasco a due 

mansi e due cappelle nella conferma ci fa sospettare cbe 

si tratti in fonda della stessa cosa. Ed ecco come. La divisione 

di un possesso in frazioni, come quella di Frossaseo 

in quarti, s'intendeva ordinariamente divisione morale 

e non materiale, cioe divisione degIi utili, qui in quattro 

parti, di cui una n'andava al monastero. Pero a questa 

si puo sostituire ]a divisione materiale, coaa che successe 

e succade tutti i giorni. Cib appunto ebbe luogo in Frossasco. 

Nelle carte del monastero sempre si parla di quarto 

in genere e Ie espressioni di Corrado rimangono uniche; 

ma quel quarto si indovina che e concretato in qualche 

immobile, e, per una porzione almeno, meglio che indovinarlo, 

10 si sa. Le due chiese, che non sono menzionate nella 

donazione, furono realmente del monastero: trovasi difYatti 

nominata addi 5 marzo 1212 il preposito di Frossasco, 

mOnaco (1); Ia prepositura aveva il titolo di S. Maria; si ha 

parimenti notizia di un sacerdote laico, cwrato di S. Donato 

di Frossasco, dipendente dall' Abbazia, il 9 giugno 1323 (2); 

inoltre agli 8 9i febbraio 1373, Guido abbate ed il convento 

di S. Giusto infeudarono ai nobili Giorgio e Giovanni di 

Mombello ogni cosa in Fross8scO, ad eccezione dei diritti 

II) Conlerma del conte Tomma80 I di Savoia delle anticbe donazioDi faUe dai Buoi 

predec8II80ri a (avore del mODastero. Abb. di S. Giusto: mazzo 2°. 

(2) ProlOc:ollo eli Bartolomeo Yno, 13J3, 9 gennaio. Archivio di Stato, BeJi. I",

-87- 

Cl 0 varianti lezioni di qualebe riJievo, che nelle suddette 

« copie s'incontrano, giacche anche questa del Muratori sern 

IC bra in qualche passo difettosa. Non volendo io finalmente 

I( assumermi i1 peso di ridurre a perfetta concordia fe con 

I( trarieta sopraccennate, mi contentero di aggiungere que 

«st'altra notizia, la qual forse potrebbe giovare a tal uno, 

([ cioe essermisi afiermato da un letterato nostro di fede 

!( degnissimo, siccome egli medesimo, leggendo in presenza 

([ d'un personaggio co11ocato in eminente dignith questo 

II sOOsso ora per me invisibile originale, ottimamente s'av 

« vide ed osservar fece agli astanti, essere stati raschiati, 

fl ovvero rasi gli antichi caratteri per ]0 spazio di due lun .. 

({ ghissime linee, e che a questi primitivi caratteri altri 

l{ erano sopraposti. Ana qual cOl'ruzione si potrebbe tuttavia 

I( rimediare in parte col diploma conceduto pochi anni dopo 

ex dall'imperador Corrado ad esso monastero, ove pero questa 

It non sia pure anche stato viziato ]). 

E pin avanti (1), traducendo r atto di dotazione con qual .. 

che commento, dopo aver enumerati i paesi donati dice: 

« In altre copie s'aggiungono Ie deeime d'essi luoghi e il 

« Giroldi poi oltre alIe decime, mette in campo i feudi, e i 

«feudatari, qundo pero in tal tempo non erano aneora in 

« uso questi vocaboli D. 

Cib non ostante ne lui ne altri penso mai a revoeal' in 

dubbio questa dotazione. Inoltre si noti che queste varianti 

toccarono ad un atto di cui esiste l'originale: se tanto accadde 

a questo, che cosa non pote succedere. ad un altro, 

di cQi l'originale non si conosce' 

(1) lvi, pag. 176. 

(Continua) • 

1. PaOVANA DI COLLEGNO.

-96- 

Questo pertinace dissimulare, questo capzioso p,"oceaere 

del prelato riftettevauo una luce sinistra su quanto era pas- 

8ato nel monastero in ordine alia conversione della ragazza, 

mettendo a nudo gli artifizi, con cui aveva dovnto essere 

procurata, artifizi, cui la sorella, con alquanto piu d' eta e 

discernimento, era riuscita a deludere. Questa scoperta pera, 

se rendeva il fatto in se stesso piil grave ed odioso, non agevolava 

menomamente al re la sospirata soluzione elella vertenza, 

avendogli i teologi ben inculcato, che la ragazza, una 

volta venuta in balla della Chiesa Cattolica, quali. ehe fosspro 

i modi, con cui eravisi condotta, non poteva, ne doveva 

piu sottrarsene, senzache a sifIatta necessita fosse possibile 

di derogare con eccezione, distinzione od intel'pretazione di 

Borta alcuna; che la Chiesa tutte Ie escludeva. E quindi non 

v' era che una sola risposta da darsi aIla Corte di Londra, 

ed era un diniego; inorpellato e raddolcito. con tutte Ie 

espressioni e proteste di rincrescimento possibili. ma assoluto 

e perentorio. Quanto tale necessita. a cui trovavasi ridotto 

per l'indiscreto zelo del Vescovo, tornasse molesta a. 

Vittorio Amedeo, non avra pena a comprennerlo chi ponga 

mente all'importanza grandissima, che, in que' primordi del 

regno, ave va per lui l'amicizia dell'Inghilterra, sempremai 

per l'addietro a grande studio coltivata, come base tradizion 

ale nella politica della sua Casa, La cosa poi diveniva 

tanto piiI grave e pericolosa, qnantocbe, per una meschina 

questione di etichetta, in quel torno appunto, era gUl venuto 

in aperta rottUl'a colla repubblica cii Venezia, e con 

quella di Genova medesima Ie relazioni venivano ogni giorno 

inasprendosi per modo, ehe se ne prevedeva non lontana la 

interruzione. Quindi non era senza giusto motivo l'impensierirsi, 

cb'egli faceva, delle conseguenze di quel diniego. 

Ma non pel'cib indietreggiu va dinanzi n quello, che gli veniva 

rapprcsentato quale un dovere di religione e di coscienza. 

Mandava, pertanto, al conte di Scal'nafigi, che fa-

- ]11 - 

a Londra, data da Torino I'll dic{\mbre, rna arriva tutt'altramente 

concepita da cia che si desiderav3, giacche,lungi 

dal lasciarsi adescare dal citatogli esernpio della imperatrice 

Teresa, il re non faceva che ribadire i primi suoi Bcrupoli, 

Ie cui funeste conseguenze fu a un pelo che non tornassero 

Cuneste al paase. La responsabilita pero ne ricade in 

massima parte sui consiglieri del re non meno inetti, che 

improvvidi, secondoche dalla citata risposta ben si pare: 

(Nous avons cherche (scriveva il re direttamente) bien de 

( rois s'il y aurait eu quelque expedient, qui put concilier 

I la force dominante, que la religion et la conscience o.nt 

«et doivent avoir sur nous, avec l'ardent desir et toujours 

( constant de complaire a I'Angleterre. C'est envain que 

«nous avons charge notre Conseil et nos j urisconsultes 

« de s'en occuper Ie plus serieusement et en notre presence, 

( il nous a eM impossible do nous frayer un chemin, qui 

![ nous conduisit au but si fOl'ternent desire I nt1tre religion 

(est Ie premier ee le seul principe des nos loi:c, que nous 

«defJOfI,S regarder comme inebratllables; it n'admet point 

II d' arbitrage et c' est le blesser directement que de penser 

II a l'agiter d'une maniere qui l'ebranle). Questa risposta, 

pin dogmatiea che politica, doveva 10 Searnafigi leggerla 

egli stesso al re Giorgio in una nuova udienza da proeurarsi, 

0 comunicarla almeno, in ogni caso, al Roeheford, 

perehe ne faeesse egJi stesso la lettura al re, 

Al punto in cui 5i trovavano Ie cose tra i due contendenti, 

di cui uno aveva gia esaurito l'estremo delle eoncessioni 

possibili, e l'altro diehiarava di non poter farne aleuna, 

10 scoppio della crisi pareva inevitabile ed'anzi imminente, 

Fu buona ventura, che, all'arrivo della riferita risposta, milord 

Roeheford non si trovasse in Londra, distratto altrove 

da altre faccende, sicche per farla pervenire al l'e, si dovette 

aver ricorso a milord Suffolek, e piu aneora forse, che gli 

altri membri del ministel'o non fossero eosl impetuosi come

SULLA 

PROVENIENZA DI UN QUADRO DEL V AN DYCK 

CONSERVATO NELLA PINACOTECA TORINESE 

Ornamento bellissimo della pinacoteca torinese e il quadro 

di Antonio Van Dyck rappresentante i tre primi figli di 

Carlo I, re d'Inghilterra, in eta infantile. Ignoravasi aifatto 

come questo dipinto fosse venuto in Piemonte, neUa reggia 

dei nostri principi, daUa quale fu tratto da re Carlo Alberto 

eon gli altri quadri , con cui fu costituita Ia reale pinaeoteca. 

Supponevasi soltanto dil alcuni che il quadro, dipinto 

dal pittore fiammingo per il monarca inglese, fosse 'stato 

tolto da qualcuno dei regii palazzi e venduto 0 trafugato 

nei tempi, che seguil'ono Ia cad uta di Carlo I (1). 

Ora alJestendo io la pubblicazione delle lettere di Enrichetta 

Maria di Francia, moglie di Carlo I, a sua sorella, Cristina, 

ducbessa di Savoia, e confrontando tali lettere con quelle 

de' nostri ministri in In ghilterra , ho avuto Ia ventura di 

trovare indicazioni tali, da cui resta chiarita affatto Ia provenienza 

della bellissima tela. In due lettere, Enrichetta 

Maria annuncia alIa sorella che Ie inviera fra poco i ritratti 

(1) Nel 1650, anno aeguenw alia decapitazione del re, il Parlaman\o iDglol8 race 

l'olldero UB buon nuwero di quadrl II di altri tosori artisticl, gia posteduli da! 8ovrano. 

....

-119 - 

(l' contre Ie paintre VENDEC, pour ne leur avoir mis leur 

«tablie, comme on accoustume aux petits enfans, et qu'elle 

rr en escriproit a Madame sa soeur, pour Ie leur faire mettre». 

Si osservi ancora che l' eta mostrata nel quadro dai 

dne fanciulli e dalla bambina corrisponde esattamente a 

quella, che suI finire del 1635 avevano i tre primi figli di 

Enrichetta Maria, la quale, nel gennaio di quell' anno, aveva 

dato ana luce una seconda figlia, Elisabetta, cbe per la tenerissima 

eta non fu ritratta. Carlo principe di Galles, ave a 

di qualche mese varcato il lustro; la fanciulla chiamata con 

10 stesso nome della madre era sui quattr' anni; e minore 

di due anni era iI fratellino, Giacomo dues di York. 

Torino, 22 dicembre 1880. 

ERMANNO FERRERO.

- 121- 

10 scritto dimostra 0 contiene pin cose, ma qui, per cominciare, 

notiamo ehe fi, intanto, si trova l'espressione che 

diede nell'occhio al Cibrario, ed egli poseia lascio colar gin 

dalla penna. 

L'A.'D'Diso e preceduto da 'nna summa,.ia in/armado 0 processo 

verbale delle deposizioni latte il 16 gennaio 1439 dai 

SSI Bartolommeo Chabod, presidente della Camera dei conti, 

Filiberto di Menthon, scudiere, e compagni, insultati che 

furono, aggrediti, battuti, depredati, traversando quei luo· 

ghi, da que' montanari, nei giorni 3 e 12 di gennaio 1439 (I). 

II manoscritto, ambi i manoseritti sono in latino, e quanto 

al primo - ehe piu particolarmente e' interessa - esso e 

propriamente un con8ulto, 0 parere, 0 memoria'ragionata, 

o che altro meglio si voglia chiamare, letto, 0 comechessia 

• 

presentato al Consiglio del Duca, dal detto 8eraceni (2), 

uno probabilmente de' Consiglieri in aHora d' Amedeo VIII. 

Ma quel tanto, che intorno a codesto personaggio, omo· 

Dimo nostro 0 quasi, ei venne fatto pure di scav.are, 10 

daremo ph) sotto. 

Primo nostro intendimento qui e di dar eontezza delle 

scritto di lui, il quale ci sembro notevole si dal lato storieo, 

e 81 particoIarmente da queUo giuridieo, essendovi tra Ie 

altre cose un non breve tratto ehe noi chiameremmo ca· 

pitolo d'un trattato de iure belli nel 1439, e pero di gran 

tratto innanzi a Pierino Belli e quanti altri mai autori simili 

si trovano compresi nella Collezione degli itlustri,. eee., 

giureeonsulti, cio segnatamente al vol. XVI, intitolato: ])8 

dipnitate et potestate seculari, stampato in Venezia, presso 

il Ziletto, neI 1584 (3). E ognuno sa, 0 puo facilmente apprendere 

come l'opera del Belli venne fuori la prima volta 

Del 1563. 

r I) R.gist ro, ecc., r. l. 

(1!) Si legge in fine: Humillimu. Serracenus. 

(3) V. ScLOPIS, S'oria Iklla Ilfgillla:ion6 italiana, II, cap. XVI.

- 122- 

Ma per cib, non incresca al Iettore, cominceremo dal fatto 

che diede occasione a110 scritto. 

I. 

Verso la fine dell'aono 1438, una comitiva di gentiluomini 

e uffiziali della Corte del Principe Lodovico, figlio di Amedeo 

VIII, partiva da Pinerolo per Nizza, accompagnando, 0 

in guisa di scorta a un signore nizzardo, vassallo del Duca 

di Savoia, i1 sig. Giovanni Grimaldi. Capo della comitiva 

era il signor Bal'tolommeo Chabod, cavaliere, presidente 

della Camera del Duca. V· erano parecchi scudieri del Principe, 

e insomma erano persone non soltanto cospicue, ma 

offici ali benanco, e s'intende col respettivo codazzo di servitori, 

di cavalli e di muli. Si pub notare che d'essa comitiva 

faceva parte i1 sig. Nicodo di Beaufort, quegli che" com'e 

noto, ebbe tanta parte alIa compilazione dei celebri Statuti 

d' Amedeo VIII. 

II tre gennaio dunquo del 1439 erano a Tenda, nell'osteria 

dell' ivi nominato Giovanni Bonetti. Li, mentre uno di 

codesti signori col proprio servo, si disponevano a porre 

in istalla i lora cavalli, i1 figlio deU'oste si mise a gridare: 

« Fuori queUe bestie, chs dentro la stalla voi non Ie porer 

rete I D Risposero: « E vostro padre che gli ha destinati 

If 11, e noi di certo non gli lasceremo fuori i nostri cavalli )l, 

Che e e che non e -10 scritto dice: maligno spiritu motus, 

aizzato dal demonio - costui mena al Sr d' Orly (che cosi si 

chiamava), due pugni, che gli fecero schizzare il sangue ... 

non dice da do"e, rna gli ebbe probabilmente sulla faccia. 

I due corsero alle lora camere a prender Ie spade e gridando 

forte ai com pagni : CI II figlio dell'oste ci ha picchiati e vuol 

" per forza chiuder la stalla ai nostri cavalli; a noi, corria-

- 123- 

({ mogli addosso! )). Ma ci si intromise it Presidente, e un 

po' con Ie buone, e un po' con men are attorno un suo bastone 

(cum ei'l(,$ baculo), gli acqueto. Poscia, 1a mattina si stette 

contento di far Ie sue lagnanze con certuni del luogo, e 

incaricandoli di notificar l'accaduto al Signore loro e cbiedergli 

la punizione del colpevole. 

Fu ben peggio al ritorno, l'undici gennaio. nel tratto di 

strada che corre tra Limone e Vernante. Arrestati in prima, 

ingiuriati e posti a cimento da certi bifolchi, j quali, con 

delle carre di fieno lor sbarravano maliziosamente la strada, 

e .... It Or t'avvedrai in cbe luogo ti se' venuto a cacciare! », 

e pero tutt' a un tratto, a uno svolto di via, assaliti furiosarnente 

da circa dugento tra uomini e donne precipitati 

giiI dai monti come belve aifamate, con grida: a A morte. 

I( a morte, e tutti si mettano a morte !]) vennero lapidati (1) 

e in ogni altro modo percossi e oltraggiati, sicche fu loro 

di grazia se ebber salva la vita, e quelli inHne si accontentarono 

di tener prigioniero il Grimaldi (2) con alcuni altri, 

che poi lasciarono anche andare; di aver fatto ruzzolare gin 

nel torrente qualcbe bestia, tra cui i1 mulo che portava Ie 

valigie, e impadronendosi d' ogni cosa che contenevano, 

gioie, dan"ari, carte, del valore in tutto di ben 600 ducati. 

Era dunque codesto un popolo di briganti, e che non sapevano 

neanche far bene il loro mestiere: cbe i cavalli e i 

muli, invece di spingerli a rozzolare e frantumarsi nella 

Roia, era meglio serbarseli vivi e sani; e .agiv8, pare, piu 

per selvatichezza ingenita e insensata, che per altro, come 

veri apri 0 cinghiali che erano, giusta la patente cbe lor 

ne diede il mio Saraceno nel 1439, confermata pOBcia dal 

Cibrario nel 1851. 

(1) c Sicque de vno lap ide Ipsum Preaidentem in tlanco impetuose percuxerunt -. 

(2) La 8crittura dice che il Grimaldi .eppe dipoi COli ben maneggiarai che gli Ce' accoDSeDtire 

& dargli 1& liberti.

- 126- 

nei conti dell' Archivio di Stato e ne] volume parimenti, che 

e qui il nostro fonte principale e immediato, ove a fol. 6 

leggonsi riportate ]e particole d'essi conti che a quei due 

acquisti si riferiscono. Ma non e men vero che per quanto concerneva 

la liberta e sicurezza del passo, la cosa rimaneva 

nei termini di prima, e 1a prova pili bella ne e il caso che 

siam venuti narrando. E quanto aUa facilita., anzi possibilita. 

so]amente, d'ottener soddisfazione 0 UDa qualcbe soddisfazione 

da} signore di Tenda, sta un altro passo dell'Aniso 

citato, ov'e detto nettamente, che non c'era da farsi in cib 

illusione a]cuna, e per tre motivi: doe perche quel signore 

non sa, 0 non vuoIe, 0 non osa farlo, stante Ia efferatezza 

di que' sudditi suoi (1). E gia dapprima aveva spiegato che 

(atti simili gli tornava impossibiIe tanto prevenirli, come 

punirIi dopo. E codesto anche - come sempre - per tre ragioni: 

ossia prima, perche non ha altri uomini che quelli, e 

perb volendogli combattere, gli converrebbe combatterli per 

mano di loro medesimi (!); poi, perche queUe terre sono 

fortissime, situate che sono in luoghi erti e selvaggi ... 

(( simili a se gli abitator produce »!); final mente, per la 

bestiale ferocia - ripete - di costoro: sicche altre volte se 

gli era visti fellonescamente irrompere contro di lui medesimo; 

e cib non soltanto lui, rna anche il padre suo (2). 

III. 

Cia, e ben naturale, die da pensare aIla Corte di Savoia 

e si agitb in Consiglio 1a questione del muover guerra al 

signore Lascaris. Ma que I che a primo tratto induce mara- 

(I) lb., art. 16 

(2) lb., art. n.

- 131 - 

successe quel guaio, )a notizia se ne diffuse tostamente in 

tre luoghi: nel contaao ai Tenaa, in Piemonte, in Nizza' (I). 

Nel caso previsto 0 contemplato all'articolo duoaecimo. si 

e dove il terzo corno 0 punto suona veramente grave, 

sicchA in udir cib, gli assistenti devono aver dato un balzo 

sui loro seggi. Dice, che .ove mai saltasse i1 ruzzo ai bestiali 

inquilini di queUe terre di farsi a chiudere decisamente 

quel varco, e prima che il Duca potesse far intervenire 

i superiori (e si vedra bentosto quali siano). a far 

rimettere Ie cose a posto, con tutta facilitA potrebbe gill. 

aver patiti danni gravissimi per tre capi. 

Primo, per conto del sale, che cosl verrebbe a mancare 

a lui e al Piemonte. 

Secondo, per conto delle mercanzie. 

Terzo, e «quod deterius et periculosius », cib potrebbe 

facilmente e immediatamente cagionar la perdita della medesima 

citta di Nizza col rimanente attorno! 

E gill. dapprima aveva notato (2) cbe il dominio di Nizza 

era poco sicuro: primo per Ie frequenti sollevazioni, e non 

era molto cbe se n'era vista una; poi i pericoli esterni provenienti 

dai nemici tanto fedeli cristianl, che (in terzo luogo) 

infedeli .... cr: stante ch'e psese di mare! D. 

Or venendo all'assegnamento cbe si potesse fare sui superiori, 

la triplice inanita di tale appoggio veniva a provam 

in questa maniera: 

c: Tre so no i superiori di costoro: il loro signore imme 

« diato; il Re, di cui e vassallo i1 prefato signore; l'Impe 

« ratore. L'Imperatore e lontano, e poi ha abbastanza da 

«fare per se (t ad maiora impJicatus »). CoBi pure il Re, 

« com' e noto]) (e ognuno era informato cbe allora era in 

Napoli, impicciato COD Alfonso d' Aragona, che poscia 10 

(I) An. xv. 

(2) Art. n.

- 136- 

Storia del diritto e 8i estern a che interna, 0 comunque, i 

dotti 10 sapranno e se vorranno 10 diranno. Ove si, saremo 

lieti d'aver 10ro messo dinnanzi questo documento; se no, esso 

avril a ogni modo servito non inopportunamente a documen 

tare il fatto,curioso certo, che raccontano queste brevi 

pagine. 

Del quale a compiere 13 narrazione 0 esaurire i documenti, 

resta che facciam noti i fatti successivi alia presentazione 

del Parera suaccennato. 

Quegli cui toccava prendere una risoluzione e mettere, 

se mai, ad eS8Cuzione il consiglio del Sarrazin, non era precisamente 

il Duca Amedeo VIII, il quale in quei momenti 

era occupatissimo intorno a1 suo grave affare del papato, 

ma bensi il figliuol suo Lodovico, a cui i1 padre aveva affidato 

i1 carico minore dello Stato. Questi, gia 10 sappiamo, 

non era dotato del temperamento pin atto a spingere aIle 

forti e rapide risoluzioni, e d' altra parte, fosse elezione, ° 

necessith, doveva innanzi comunicare ogni cosa al padre 

e averne gli avvisi, 0 gli ordini opportuni. 

Nei primi giorni dell'anno 1439 era successo il fatto 0 si 

era patito l'oltraggio; il 16 Ie vittime avevan fatta la lora 

deposizione (non risulta della data del Parere); il 31 gennaio, 

pertanto, Lodovico inviava da Ripaglia ad Amedeo (probabilmente 

a Basilea), un certo Sr Guglielmo d'Avanchie incaricato 

d'esporgli Ie seguenti cose: 

([ Primo, circa gl' oltraggi inferti senza motivo ai nostri 

« da quei di Limone e Vernante, pare sia dell'onore di Mon 

« signore di gastigarli per bene. E giacche quei della Brigs}) 

(sudditi in parte, come s' e visto, del Duca) «non sarebbero 

« al caso di farlo cosi appieno come si conviene ai lora de 

C( meriti" pare vi si debba accingere colui medesimo che 

« ha patito 1" oltraggio. E cosi e forza fare, piuttosto che 

«lasciarli andare impuniti. 

« Per quei di Tenda, invece, par pin a proposito affidare 

a: tal compito a quei della Briga.

- 139- 

spoliandi, sed fecit acturn per quem apparet animus ad 

spoliare volendum et superest iusta causa timoris, et video 

me nOD posse aliter euadere periculurn spoliandi (sic) nisi 

ex nunc resistam, possum ex nunc indicere bellum ad resistendum. 

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Vicesimo quincto. Quod possit hoc bellum tripJiciter indicere, 

videlicet in continenti mictendo sine alia notifficacione, 

dummodo tenderetur ad id parandum quam cito (illustris 

dominus noster Dux hoc sciet). Item secundo modo, notifficando 

dominis illarum terrarum, veluti per diffidacionem. 

Tercio notifficando eciam Consilio regio in Prouincia, 

cum non possit haberi rex: dico notifficari Consilio per 

lieteram optime C8usatam, ne haberet caUHam admiracionis; 

sed quod illius lictere presentacio et impetus essent quasi 

eodem momento . 

... (Archivio camerale di Torino - Registro DipZomes 

imperiau:c, etc. Inventario gen., art. 695, vol. 170, f. xxx 

[vecchio], 5 [nuovo)) ..

o veva 

-144- 

E nel generoso proposito rimase saldo anche quando Ie 

sollecitazioni si fecero pin calorose. G: No, egli continub a 

rispondere, no, non voglio, ne debbo andar Re in SiciHa, 

mentre il dover mio di soldato dell'italiana indipendenza sta 

per richiamarmi sui campi di guerra. Non 'f)()glio lasciue 

il paese mentr8 credo cke si 1JOS8a fare la gueN'a », seri- 

il principe Ferdinando a1 generale Dabormida. 

Erano idee degne di un generoso Principe di Casa Savoia, 

e di un prode soldato d'Italia, che la storia ha tanto pin il 

debito di conservare imperiture in quanto che furono susseguite 

da condegni fatti. ?dirate: ferve terribile e deelinante 

in peggio per gli Italiani Ia battaglia sui campi 

di Novara. Un giovane capitano grida irnperturbatamente: 

lI'Danti 8(t'Doia I e spinge addosso ai battaglioni uemici 

i suoi soldati. E lui, Ferdinando di Savoia. Gli sono stramazzati 

morti due cavalli, -il terreno e ingombro di uccisi 

e di feriti; ancora un altro cavallo gli rantola di sotto ferito 

di palla al petto, ed egli con eroico valore conduce i 

8uoi soldati al supremo tentativo di rieonquistare Iii fatale 

Bicocca. La vittoria nei campi di guerra non e sempre di 

chi Ia merita; rna la gloria in qualunque volgere di fortuna 

l'imane a chi sa meritarla. Ed il principe Ferdinando a Novara 

se r era largamente guadagnata, vieppin nobilitandola 

col posporre una corona di Re al dovere d'imbrandire una 

spada di soldato per l'italiana indipendenza. 

NrcoMEDK BUNCH I.

- 146 - 

II Tommaso dell'istrumento del 5 marzo 1212 ivi tenorizzato, 

({ di perm uta coli' Abbate di S. Giusto di Sllsa del Iuogo di 

II Vigone con (contro) la leida e pedaggio di Susa e luogbi 

II di Mathie e Menons », e di questa due copie; inolt"e trovammo 

una terza pergamena, del giorno segllente, intitoJata: 

([ Dichiarazione fatta dal Conte Amedeo di Savoia dei COD 

« fini delJa g-iurisdizione spettante all' Abbazia di S. Giusto 

« nei territorii di Matbie e Menons ]) (I). 

Tutti questi atti sono sottoscritti tialIo stesso notaio Gia· 

como; sono della stessa mano del nostro; hanno parimenti 

10 stesso segno tabellionale solo in, principio; quelli in cui 

e transunto altro atto pili antico. hanno, dove ql1esto finisce, 

un segno di divisione uguale a quello osservato nel nostro 

documento; sono, in una paroIa, identici nella forma al do· 

cumento in questione, siccome scorgesi dal facsimile che 

diamo del primo ora citato, quello per cui Amedeo IV riconosce 

)a confermazione fatta nel 1147 cia Amedeo III col 

figliuolo· Umberto. 

A questo pun to, la falsificazione di tanti atti per parte dei 

monaci diventa assai inverosimile. Per poterla clire insussistente 

occorreva convincerci dell'esistenza di quel notaio 

Giacomo il quale stendeva gli atti a quel modo. Siccome i 

predetti documenti son tutti fatti in Ciamberi. pellsammo 

che it notaio ivi abitasse, per conseguenza ivi avesse dovuto 

esercitare Ia sua professione, facendo altri istromenti. 

Diffatti guartiando aHe carte relative a Ciamberi in quegli 

anni (2), subito. c' imbattemmo in un atto dei 15 marzo 

1232 (3), da lui fatto al solito modo, cioe colla scrittura, col 

segno e colla firma che conosciamo. 

Tanto per poter dire ch'egli viveva sempre i1 2 gennaio 

(I) Carta. dell'Abbazia di 8. Giusto. maZEO 2". 

(2) Archivio di Stato di Torino, sez. la, Prllvince de Savoye, paquet il. 

(3) BerHone di Ciamberi venda al conte Tommaso (1°) eli Savoia quanto possiede III 

Ciamberi per 32 mila 801di di blloni forti di SUBa. lvi.

- 147- 

1235 continuammo a guardar gli atti, e non tardammo a 

trovarne due da lui stesi nel1a consueta maniera iJ giorno 

25 luglio del 1235. Di uno di essi si da i1 facsimile per 

maggior evidenza (3). 

O"a dunque siamo assicnrati che l'atto del 1235, tal Quale 

10 Jeggiarno, e opera d' un notaio, percib atto legale ed 

attendibile. 

Cio essendo, possiamo credere a cib che ci dice. E poiche 

vi leggiamo queste precise parole, che il conte Amedeo e 

Tommaso di Savoia concedono Ie cose infrascritte al modo 

in cui i lora antecessori Ie donarono .... a: Siccome coi proi( 

prii occhi vedemmo cootenersi in un cel·to pubblico istro 

« mento. II Quale era del tenore seguente D (1), noi riteniamo 

che esistesse realmente questo pubblico istrnmento che ci 

dicono aver veduto; quauto al suo tenore, l'nffermazione 

che cosl fosse e un po' 88so1uta, e scambiarono l'intenzione 

(1) .. Albergamento perpeLuo conceuo da Amedeo IV Conte di Savoia a favore di 

• Cbiaberto di Ohiabodo, Lorenso Fancon; Martino, Giovanni e Guglielmo Pacon, e 

• Rodolfe Gay. tI loro eredl; della leida del borgo nuovo preaao Oiamberi ,. • 

.. Anno domini MlIleslmo cc ltXx"qolnto Indicione VIlI Quinto kalendas Augusti Notum 

• sit omnibus quod dominus Amedeus Comes Sabaudie et jn ithalia marchlo dedit in 

c herbergamentum jn proprium Cbaberto chaboudi Laurentio taeon et Martino et jo- 

• hanni ., Vilieimo (acon et Rodulpho ga, et beredibol eorum Leidam burgi noui apod 

• Cbamberiacnm. Herbergaoit Inquam et donauit ipaam Leldam et bannum suptlr ilium 

• qui ipeam Leidam ltatUM terminG nOD IOluerit quod b\nnum est de XV solidil for- 

• cium segusie qae babeant et percipiant et teneaut sine contradicione alieoiu. persone. 

• Dec iude venire coram mileralio teneantur. herbergauit iniquam pro Ix BoUdiB for- 

• ciam nomine introitus nurueratill receJrtia M pro Ix solidis forcium aDDuatim meDllna- 

• libllll exoluendill Icilicet xxx solidi in kalendas domini et xxx solidi in feat

- 151 - 

I[ mobilia manus largitate «largitate plenas extende 

« plenas extendeJ'unt et sicut cc runt. et sicut in eorum preo( 

in ipsorum preceptis 'De- ({ ceptis ueraciter cognoui 

« ni2lntur veraciter coguo- C( mus. tertiam partem tnua.t'( 

uimus tertiam purtem secu- «tatis secusie et eius terri 

(! sie ciuitaUs et eius territo- «torii excepto castro quod 

({ rii excepto castro qnod infra « iufra eandem ciuitatem poa 

ciuitatem eandem positum «situm est. predicto mona 

I[ est predicto monasteriocon- «stel·io contulerunt. insuper 

«( tulerunt jnsuper terti am CL tertiam partem de tota valle 

It partem de tota valle seeu- «segusia tam in montibus 

I( sie at de feudis tam in «qnam in planieiebus. sicut 

r( mOlltibus quam planiciebus ({ detinent montes qui uocati 

'e sieut detinent montes qui «Bunt geneui et cinesii' uee 

uocati sunt geneuii et ci- II sque in tel'ritorium et fin em 

(( nisii usque in territoJ'ium «de uilla que vocatur uaga. 

« et finem de uilla que noca- «in loch, et fundis sesana. 

I{ tur naga in locis et fundis « ulci bardonesca salabertaui. 

II sessna Vlcii Bardonesca « exiliis. caput montis. ga 

(( salabertani exiliis caput (( Iionis. mediane. matingo. 

II. montis galionis mediane C( foresto. bozoleto. sancto 

«matingo, foresto Bozoleto «georgio. canuseo. brusiolo. 

(sancto georgio Cauusco «burbono. uillare fulcardi. et 

( brusiolo bnrlone (I) uiJIal'e « in saneta agatha. cum ca 

(( fulcardi et in sancta aga- «sis. eapellis. uniuersisque 

" tha cum casis cappellis uni- «rebus eisdem locis et terri 

({ uersisque nobis eiusdem « toriis pertinentibus. Simili 

([ locis et territoriis pertinen- cc ter etiam eoncesserunt ate: 

tibus edam concesserunt (J que donauerunt cortes duas 

« rt dOllauerunt duas cortes C( integras atque earum perc 

integras et eius pel'tinen- «tineocias. que almesii et 

«tias que almesii et rubiana « I'Ubiana uocata sunt prefato 

(1) Sit:, per c BurgoufJ •.

- 155- 

« ricos uellaicos prefato mo- 

Il nasterio deseruientes et 

«pertinentes UBL in eorum 

« bona mobilia uel immobilia 

«aliqua oppressio per ban 

I bum maioris ue) minoris or 

,fensionis in perpetuum in 

« leratur nee aliqua aggra 

I( uatio in pecunia grano uino 

«feno palea eiusque bouibus 

e ouihus eeterisque anima 

I lihus siue !ignis eolligendis 

« Et quia longum est enarer 

rare mala qui excogitare 

« uel macbinari possunt per 

I see 11 tores sancte dei ecelesie 

I( tam nobis quam nostl'is he 

( redibus uel quibuscumque 

«nostris successoribus 01Tl 

( nem viam cuiuscumque ope 

pressionis inferende in bona 

« Cuillscumque modi sint 

c prefati monasterii exeludi 

«mus atque amputamus et 

« nee nobis ull0 tempore licc 

ceat nolle quod uolumus 

«omnemque oppl'essionem 

I( quam per bannum uel per 

« aliam prauam ea;actionem 

«in res prefati monasterii 

"exercuimus llerpiuimus et 

«relinquimus super altare 

II sancti j IJsti et exinde nos 

.. expulimus omnimodo et 

C( ut neque pe',. nos nee per 

« qualescumque personas no 

« bis subiectas in religiosos 

C( monachos aut qualescllm 

« q De personas clericos nel 

(f laicos prefato monasterio 

« deseruientes uel in eorum 

« bona mobilia uel immobilia 

« aliqua oppressione per ban 

([ num maioris uel minoris 

« offensionis deinceps in per- 

C( petuum inleratur Set nee 

(I aliqua aggravatio in peeua: 

nia. grano. uino. feno. palea. 

«equis. bouibus. ouibus. ce 

([ terisque animalibus. siue 

« lignis colligendis. Et quia 

« longnm est enumerare mala 

({ que excogitare ueJ machi 

«nari possent perseeutores 

« sanete dei eeelesie tam noel 

bis quam nostris heredibus 

«uel quibuseumque nostris 

([ sueeessoribuB omnem uiam 

«cuiuseumque oppressionis 

([ inferende in bona euiuscum 

« que modi sint prefati mo 

C( nasterii excludimus at que 

([ amputarnus. Et nee nobis 

«ullo tempore Heeat nolle 

« quod uoluimus. omnem op 

« pression em quam per ban 

« num uel per aHam prauam 

« actionem in res prefati mo-

- 158- 

« mino Beatissimo papa En- C[ ut credo diuina. reeordans 

«genio commonitus et in- C[ atentius facinorum meorom 

II structus acceptnque ab eo «a domino beatissimo papa 

« peniteneia hierosolimam ire II eugenio commonitus et in 

C( ac sepulcrum nostl'i redem- C[ structus acceptaque ab eo 

«ptOl'is uisitare eupiens de c: penitencia iherosolimam ire 

« bonis jam dicti monastorii «ac sepulcrum nostri redem 

« ad tanti itineris releuan- «toris uisitare cupiens. de 

Cl

- 161- 

illesi, nell' originale si parla di cavalli, 8quis, della qual parola 

il trascrittore fece ingenuamente un cius. Quest'esempio 

basterebbe a darci un saggio della sua capaeita a leggere 

iI carattere a lui anteriore. E se si osserva come e facile 

reJativamente il carattere ge1l' atto 1147, si arguisce, cbe 

per quello assai piu irregolare del seeolo XI Ie difficolta 

aumentarono di molto, quindi la fedelta n'e aneora piu 

dubbia. 

Ora rimane da addurre Ie prove della verita del doeumento 

e della realta delle nDtizie da lui conferite. Prima e 

Ja conferma di Corrado. Su di essa gia ci dovemIDo stendel' a 

lung-o nel rispondere al Terraneo, ne ci pare siavi nulla da 

aggiungere 0 da levare. Riteniamo cbe Corrado confermb 

questa donazione colle divel'genze rilevate e cbe crediamo 

aver spiegate. II fatto e ch' egli confermb certe eose ebe 

appariscon donate pel nostro doeumento: il supporre senza 

altra 1'8gione, primo, il nostro doeumento un'invenzione 

posteriore; secondo, che al tempo della conferma esistesse 

aJtra donazione molta simile a questa; e cia un doppio BUpposto 

che richiama un concorso di eircostanze d'una inverisimiglianza 

somma, ordinate ad ottenere un effetto nullo, 

in una parota, una supposizione insussistente, che va di per 

se stessa nel nulla. 

Dato ancbe e non coneesso ehe cib fosse vero, il documento 

sarebbe stato inventato assolutamente non pin tardi 

del 1147, anDO in cui Amedeo III 10 riconobbe. Ma forse 

cib spiega Ie anomalie ebe ei si vedono'? I feudi si nominavano 

forse a quell'epoea 1 E come mai si addivenne a 

808tituire ai nomi dei donatori (quali donatori 7), quelli di 

Umberto, Oddone ed Adelaide'? Qual ragione ci poteva essere 

aHora per cil> fare' 

Ne si pub dire cbe la data sia errata. La indizione eoncorda 

coll'anno corrente: ·se questo non concorda coil' an no 

dell'impero di Corrado, cib non ba per se aleun valore. inol- 

11

- 162- 

tre troppo facile l'errore del copista. Ma il parlarsi deU'anno 

dell'impero di Corrado ci assicura che l' atto fu steso :II 

tempo suo: siceome egli mori il 4 giugno 1039. il documento 

non e posteriore a quell'anno. Inoltre in esso si 110mina 

l' abbate Domenico, che,. come si disse, Cu il primo 

abbate del monastero; quando egli morisse non si sa, pero 

il 29 dicembre 1037 (secondo il nostro modo di computare), 

certo e ehe l'abbate era Beltramo, siccome ei apprende il 

gill spesso citato diploma di Corrado il Salieo. Ne di altri 

abbati di quel nome hassi notizia dalle carte del monastero. 

Dunque anche per questa capo la data e credibile. 

Rimane che da noi si riconduca per quanta possibile nella 

pristina forma it documento. 

Dal principio sino alle parole If aquarum aq1l8rumque de 

« cursibus ». nulla ci vediamo di sospetto. Li si trovano Ie 

parole «feudis felldatariis Vassallis, stratis publicis et pri 

(e vatis », Ie quali riteniamo semplicemente aggiunte del 

suo, Ie tre prime speeialmente. dal notaio del 1235. La parola 

cr imperiis» cbe si legge dopo, ha la stessa origine. Abbiamo 

gill rettificata la formola ([ et quod repecierimus 

It 'Dindicare non valeamus », qui at'rata colla sostituzione 

della parola cr 'Dendicfone l) al 'Dintiicare. 

Dopo cib si legge la designazione del luogo dove I'atto 

fu steso, la quale crediamo esatta. Ma di qui in avanti e 

dove fu maggiormente rimaneggiato. Siccome siamo certi 

che il Borenzo e una persona sola coll'Erenzo che stese 

l'atto di dotazione di S. Giusto, suI mode lID di questa rifacciamo 

il nostro documento. Percib in seguito all'indicazione 

del luogo doveva venire ([ Hanc vero cartam Heren 

«( zoni, etc. », come si Jegge dopo i testimonii, e dopo questa 

formola i segni delle mani dei donatori e quindi dei testimonii. 

Finalmente il notaio si firmava egli stesso colle parole 

«Qui ego Herenzo etc. ». 

Si noti che la trasposizione dei testimonii e quella con-

- 164- 

Non e nel caso nostro difficile a oompreoder come Oddone di 

Savoia avendo sposato una ricca ereditiera che era di legge 

Salica e sempre contioub a professarla, si acconciasse anche 

lui a quella legge stessa. Quanto al conte Umberto. 

siccome non faceva che presenziare all'atto, la professione 

di legge non aveva per lui grandi cooseguenze. 

Raccogliamo ora le notizie forniteci dal documento. Desse 

sono, che Oddone marchese, figliuolo del conte Umberto, 

nel giorno 29 dicembre deU'anno 1034 era marito di Adelaide, 

contessa. In Oddone marchese, figJiuolo di Umberto conte, 

e da ognuno consentito cbe si debba riconoscere Oddone di 

Savoia, figlio di Umberto Biancamano (1); qui ancorche non 

si dica figliuolo d'Umberto, la presenza di questi e gia un 

indizio tale da escludere, ci pare, Ia possihilita. che si tratti 

d' altre persone. Sehbene poi qui non ci si dica che questa 

cootessa Adelaide fosse figliuola di Olderico Manfredi II 

marchese, cib nondimeno dobbiamo credere che tale essa 

fosse veramente, perche consta da altri documenti posteriori 

che una figliuola di lui per nome Adelaide fu moglie 

di Oddone di Savoia (2); quindi per essere la Adelaide nominata 

nel nostro documento signora di marca, poicbe 

suo marito prende il titolo di marchese, e' della mares di 

Torino, in questa esercitandosi giurisdizione, non possiamo 

ragionevolmente sospettare che questa Adelaide sia un'altra 

persona dalla figliuola di Manfredi II, moglie da tutti CODsentita 

di Oddone di Savoia verso il 1045. 

(I) Coli nella donazlone a.i Canonici di Ta.rantasia. 

(2) I documenti che 10 provano so no II. donazione d'Oddone, marchese, tlgliuolO'd'Cmberto, 

ai Canonici dl Taraotasia, 1051; H. P. M., t. In, col. 572; e quelJa a S. Lorenzo 

d'Oulx, 1057, Maggio; GUICREN., His'. de III. M. d4 SavoYIl, pr.""e$, pag. 9. 

{

- 172- 

Ma si risponde che it non conoscere noi altri Manfredi 

aHora marchese in Italia non costituisce altro che una prova 

. negativa, la quale puo indurre bensi una presunzioDe piil 

o meno forte, non pero Ia certezza che il cronista abbia 

voluto parlare di Manfredi II, marchese di Torino. 

Quanto alIa suocera d' Ermanno, eooo cio che racconta 

l' Annalista Sassone. Essendo Corrado in Italia Del 1035, 

sorsero contese fra lui e l'arcivescovo di Milano, Eriberto. 

Questi si aUeo coi vescovi di Cremona, Piacenza e Vercelli, 

ed essi aveano conchiuso poi di trattare col duca di Sciampagna, 

Oddone, lusingandolo del regno d'Italia purche Ii sostenesse. 

Essi gia gli avevano inviati i lora messi per trattar 

di questo affare allorche, Dio scoprendo la malizia dei sopradetti 

cospiratori, una certa fedele signora, Ia suoeera cioe 

d'Ermanno, duca di Svevia, dimorante in questi stessi confini 

(dell'Italia e della Borgogna), eonobbe il convegno dei 

legati e mandati suoi satelliti, tutti presili insieme e CODfessi 

della verita, Ii trasmise all'imperatore (1). 

Che questa passo, col sistema del Terraneo, si convenga 

a Berta contessa, madre d'Adelaide, e cosa che non si 

pub negare. Ma ch'esso serva di per se a determinare chi 

fosse la suoeera d' Ermanllo, non si .potra mai sostenere. Si 

deve inoltre ossservare come questa passo e curioso nell' 

Annalista, il quaJe ogni volta che ha da parlare della famiglia 

dei marchesi di Torino 10 fa difi'usamente, ricordando 

anche persone che non si legano al suo racconto. Qui invece 

pone un indovinello, neppur dando il nome di questa 

suocera d' Ermanno, ma dicendola una certa jedele signora. 

Cosioohe sinqui il Terraneo, a provare che suoeero e suocera 

.di Ermanno Curono Manfredi II marchese di Torino e 

Berta contessa, si appoggia 8U due passi, il primo dei quali 

(11 Ann. 81111:0., presso EcO.lBDO, t. 1°, col. 400. «Qllaedam Jidelis domma, aaeru. liCi· 

lice' Herimanni Svevorum duols, in hi8dem tlnibu8 commoranB ..... ..

- 173- 

nomina vagamente Manfredi marchese, il secondo non nomina 

Berta. 

Perb conchiuso dall'autore come s'e detto, rimanevagli da 

provare che Is figlia di Manfredi II e Berta che fu moglie 

ad Ermanno fosse Adelaide. Cib fece con osservare che Immilia. 

secondogenita di Manfredi II, non procuro la marea 

ai 8uoi due mariti. Dunque, dice, la marca fu della primogenita, 

e chi ebbe la marca sposo la primogenita, ]a quale 

era Adelaide; percib Ermanno ch' ebbe la marca sposo 

Adelaide. 

Ma non e a880]uta la conseguenza di questo ragionamento 

perche Ia successione nelle marche era tutt'altra 

da quella che suppose il Terraneo. La primogenitura e 

sistema assai recente; allora 8i succedeva in comnne nella 

eredita paterna come bene rileva i1 chiariss. Desimoni (I) il 

quale, appunto su questo passaggio della marea di Torino, 

Berive: «ne si sa se 1m milIa, andando in snolo straniero. 

({ rinunziasse alIa sorell a Adelaide il pieno governo della 

« marea, 0 costei 10 consolidasse alia morte di quella per 

(( eredita » (2). Percib se oscuro e tuttora i1 fatto, non pub 

valere l'argomento su di esso fondato dal Terraneo. 

Se poi confrontiamo i1 passo d'Ermanno Contratto ([ 1036 ... 

Ermanno duea di Alemagna ricevette la marca di suo suocero 

Manfredo in ItaJia D ... che si vuole relativo ad Adelaide 

con queUo dell' Annalista Sassone, gia da noi riportato 

a proposito del suo matrimonio con Oddone, « 1036 ... 

... Adelaide aveva sposato Oddone marchese d'Italia ... D, si 

scorge che il primo ha molto minor valore del secondo. 

8i puo dire ehe Ermanno Oontratto fu contemporalleo, 

I'Annalista invece posteriore d'nn aecolo ai fatti narratio 

Ma si osservi che 10 serittore venuto dopo pub aver ret- 

(I) Suil. "'Grchll lieU'A.lla ItaUa II Bull, Wro lIira",a.lioni in March"GU, - lettere 

cillf)oe di CoBKIILIO Da8IMoNI. Genova, 1869. 

(I) hi, pag. gf).

t 

I 

- 175- 

, di Genova, tutti i feudi ad esso appartenenti, e era gli altri 

«ViIlareggia con tutte Ie possessioni per donazione d' Ade 

I{ lasia contessa soggiunge che per quanta spetta ad e.ysa 

« Yillareggia, questa fu al predetto monastero dQnata da 

« Adelaide ossia Adalesig come sopra cioe in detta bolla, 

«fJiene appel/ala moglie di Ermanno duca e marckese, }if/. 

gli'Uola di Berta contessa, nell' anna 1049 (1) ° DaIle quali 

«parole 10 storieo della Real Casa di Savoia (Guichenon) er 

I( roneamente deducendo che tal donazione di Adelaide si fa 

• cesse in presenza e col consenso del duca Ermanno, e 

I( ottimamente sapendo, che nel1049 piu non vivea eS80 duca, 

I{ 5i fece a correggere il predetto anno, pretendendo che tale 

({ donazione doveBse piuttosto venire stabilita all'anno 1020, 

,r e ebe percio avesse egli gia allora presa in moglie eSBa 

d principessao Ma ben \'ede ognuno primieramente che Papa . 

« Innocenzo non mentovo altri dona tori fuorebe Ia contessa 

« Adelasia ne specifico l'anno di tal donazione; e in secondo 

4l luogo, ehe se il Lancellotti individuo il marito e la madre 

« della donatrice, non per altra ragione il fece, se non per 

q meglio distinguere eBsa Adelaide daUe altre eontesse di 

({ tal nome; come altresi e facile il credere ch'egli anche 

If aggiugnesse l'anno di tal donazione. cioe il 1049 pel' 

0'( divisare eirconeirca il tempo in cui essa fioriva. giacehe 

.! da niun luogo appare eh' egli abbia letto !'originale istro- 

" mento di tal pia donazione; dileguasi pertanto ogni dub- 

" bieta cbe naseer potesse non solamente sopra il tempo 

I{ delle nozze, rna eziandio sopra quello deUa mOlote d' Er- 

(c manna che ora siamo per istabilire:) (2). 

Ma l'istrumento letto 0 non letto da Lancellotti esiste ed 

e pubblicato nei Monumpnti di Storia patria (3). 

(I) Quod ad Villamregiam ap8ctat ... dono dedit Adeleida aut Adaleaia quemadmodnm 

5upradicitur Hermanni Ducla et marcbionis uxor, Berte Comldsse flJia anno l()'UI • 

(2) TIIIIBAI'llBO, 1. cit. 

(3) Cbartarum, t. II, col. 145. Da pergamena nei documenti del monaBtero di Santo 

Stefano, ora negH Archivi di Stato dl Genova ... AIIDI ab lncanaclooe domilli nOltd.

• - 176- 

Esso porta la data: anna dell'incarnazione 1049,41uglio, 

indizione ottava. La donatrice dicesi Adelaide. figliuola del 

fu Manfredo marchese e moglie d'Ermanno duca e marchese, 

Nei segni di mana sonvi quelJi di Berta contessa e della 

figlia sua Adelaide, che domandarono di fare questa carta 

di offerta, 

In primo luogo l' indizione non concorda col millesimo; 

nel 1049 correva l'indizione seconda, 

Poscia fa vivere Ermanno undici anni dopa che tutti gli 

scrittori ci raccontarono la sua morte con una concordanza 

cbe non lascia il menomo dubbio sulla verita. del ratto, 

Inoltre fa viva la contessa Berta, morta ancbe lei da 9 anni 

circa, secondo Ie congetture del Terraneo cbe deduce dal 

silenzio dei documenti su di lei e da altri indizii, com'essa 

dovette morire verso il 1040 (I), ne qui ci pare sia lontano 

dal vero. 

In tale accozzamento di anacronismi viene in mente di 

guardal'e alIa forma del documento, e questo esame non 

esclude i dubbii sulla sua autenticit8. Circa i1 possesso e un 

fatto che il mODastero di Santo Stefano possedette per secoli 

questa Villa regia, che prese poi il nome di S. Stefano 

al mare, Inoltre si ha un documento del 1196 col quaIe il 

marcbese Bonifacio di Clavesana conferma al monastero di 

Santo Stefano tutto cio cbe gli aveva donato Adelasia 

Af1ia SU8, senza pero specificare De Villaregia, ne altro (2). 

Percio non sapremmo che dirne se non cbe, ricordata l'esistenza 

di Berta, Borella di Adelaide, figliuola cioe di 

Jhe8u Xpi rnilleaimo quadrageaimo nono quarto die meDsls julii indicllon8 ocl.ava monallterio 

saDeli StephaDi protomartirirs sito foris sed et prope eiuitate ianaa ego adaleida 

filia qUOD dam maginfredi marchionis bone rnllmorie retiDendo et coniax ermanni dux el 

marehio que profesaa 8um ex nacione mea lege vivere salieha oft'ertrix et donatrix ...• atc. 

c Signum rnaoillUtI berte comidsse et tllie Bua adaleide qui hane carLa.m ofreraionis animarum 

sua.rum fieri rogau.ruot et sa coram ais relecta est .....• 

(I) Ali. Ill., Parte 2", pag. 149. 

(2) Nei documenti del med.simo lDODutero.

- 185- 

933 (1). Quindi sara nato non piu tardi del 910. Sposo due 

mogli, N. N. e, gia nel 961, Gerberga figliuola di re Berengario 

II. siccome appare dalla donazione al monastero 

di Grassano fatta da Aleramo stesso nell'agosto del 961 (2). 

A questa donazione interviene Oddone. figliuolo ad Aleramo, 

di primo letto. E probabile che egli a vesse per 10 meno venti 

anni. 

Lasciamo passare cinque anni, poscia verso il 966, facciamo 

nascere i1 suo figliuolo Guglielmo. Da questi nacque 

Enrieo, poniamo 25 anni dopo: sarebbe nel 991. Quindi. 

quando troviamo questo stesso Emico mal'ito di Adelasia, 

ossia nel 1042, egli avrebbe cinquant'un anno. 

Quest'eta permette di supporre il matrimonio contratto 

assai tempo prima, non piu con una figliuola di Olderico 

Manfredi, che non ci sarebbe stato tempo, ma con una sua 

sorella. 

Ecco Ie tre ipotesi che ci si offrono alia mente per isciorre 

I' oscuro problema che siamo andati a risvegliare. Abbiamo 

creduto utile di esporle, ma l'abbiamo fatto a solo titolo di 

saggio, senza intender per nulla di chiudere Is via ad altre 

soluzioni. Si potrebbe con molto tempo e molta fatica raccogliere 

da1 confronto dei documenti conosciuti qualche indizio 

che potrebbe corroborare questa 0 quella opinione. Ma 

di indizii gia ce ne siamo occupati, forse anche troppo; 

speriamo invece che scoprasi un giorno qualcbe documento 

iI quale decida senz'altro Ia questione. A cio noi applaudiremo 

quando sia, lieti d'aver richiamata l'attenzione dei 

dotti su d'un punto di storia che ingiustamente, ci pare, 

s'aveva per definito. 

LUIGI PROVANA DI COLLEGNO. 

(I) DCBA."I)/, Pi,mon.l, Ci.1'aod., pag. 236. 

(2) MULa1"l1, M'lAOrie Slorico--DiplomGlich" etc., t. 1°, pag. 291.

CORREZIONI ED AGGIUNTE AGLI STORICI PIEMONTESI 

LA LOTTA E LA CONCILIAZIONE 

DEL PROSELlTISMO CATTOLICO COLLA PATRJA POTESTA 

GlUSTA LA LBGISLAZIONE INGLESE, 

DIBATTUTE TRA LB CORTI DI TORINO, Dl LONDRA E DI ROMA. 

EPISODIO DIPLOMATICO 

DEL REGNO DI VITTORIO AJlEDEO 1II. 

(.1773-74) 

(Continualione e fine). 

VII. 

Gib. si e veduto quanto e Vittorio Amedeo III ed i suoi 

ministri ed in ispecie il marchese d' Aigueblanche (1) si dj· 

battessero per districarsi alia meglio dell'impegno. in cui 

s' erano cacciati, di sostenere i1 preteso diritto della figlia 

Mearnes. di sottrarsi, perohe fatta cattolica, alIa podesta 

paterna. Ed ancara sullo scaroio del 1773, vale a dire dopo 

omai un anna di discussioni e di tentativi per trovare un 

mezzo di accettabile aggiustamento, si travagliavano tut- • 

tavia a questa medesimo intento, coadiuvati, in certo modo, 

(1) II marchese Ii 8otto8criveva seml're II 'Ail/blanc/iiI.

• 

- 188- 

« catholiques ne sont paS obliges a payer les impots que 

.( apras qu'ils sont parvenus a leur majorite )) (I).Na il fatto 

tardb guari a giustificare Ie previsiop.i del nostro ambaseiatore, 

giacche, aicuni giorni dopo, rimessa Ia pratica suI tappeto 

col Rocheford, q uesti, senza voler pin oitre entrare nella materia, 

gia tanto dibattuta, insistette nell'esigere semplicemente 

un si od un no circa la chiesta rimessione della 

figlia: « Voyant (continua 10 Scarnafigi), que je ne pouvois 

« rien gagner pour Ie bien de la chose, je lui parlais du 

I( projet de monsieur Lynch de marier Ia Mearnes a un sujet 

« dti Roi; a quoi S. M. Y donneroit les mains et assureroit 

C( a cette Anglaise un sort des plus heureux. A. cette pro 

( position milord Rocheford me repondit vivement cas prof( 

pres mots: Que monsieur Lynch n' avoit ordre de pro 

« poser aucun expedient, et que, s'it etoit 'Drai, gu'il cut 

« fll,it une pareille proposition, IL MERITROIT D tETRE PENDU 

Ie puisque, vu Ia situation actuelle des circostances, un tel 

II projet fait sans raveu du pere etoit violent et injuste J (2). 

Si fu allora. che i1 conte si risolvette di vuotare addirittura 

il sacco, mettendo mano ad un ultimo ripiego che teneva 

in serbo per un caso estremo, non dubitando quasi 

deU'effetto decisivo. che il medesimo doveva produrre sull'animo 

del ministro inglese, e gli signifioo, che S. M., per 

dare un'ultima prova del desidel'io, in cui era, di mantenere 

col re della Gran Brettagna una cordiale amicizia ed una 

buona corrispondenza, scriverebbe al Santo Padre per attenersi 

senz'altro aIla sua decisione, e che se Sua Santita 

10 lasciava in liberta di fare i1 piacer suo, egli Carebbe 

rendere la figlia al Mearnes con molta maggior premura 

di q nella, che la ·corte di Londra mostrava a domandarla: 

« Il me paraissait impossible (esclama qui 10 Scarnafigi), 

(I) Disp. 4 gennaio 1774. 

(2) Diap. 7 gennaio 1774 .

- 191 - 

Loodra, aveva spedito al conte Balbis di Rivera, nostro 

ambasciatora a Roma. un lungo dispaccio, con cui prese 

ad informarlo minutamente delle cagioni e della importaoza 

della vertenza, non che della fase decisiva, in cui la medasima 

trovavasi ridotta. persistendosi, come ivi e detto, in 

una risposta 0 di deferenza a di restituzione, 0 di rifiuto 

e d'ioterrompimento del reciproco perfetto accordo. « Spiace 

ugualmente, 10 sa Iddio {proseguiva i1 ministro), 1a dura 

altemativa i nfinita mente. Ma e pronta S. M. a Dio sacrifi: 

care ogni umano riguardo a abbandonare ai disegni della 

Provvidenza 1a giustissima sua causa. Ha pensato di palesare 

aneora amichevolmente a S. M. Britannica il combattimento, 

che soffre nel religioso suo animo, nel vedersi 

esposta a spiacere a11a corte di Londra par non dispiacere 

all'Essere Supremo; rna poco spera che il Re e quel ministero 

pieghi al oonfronto e cada all'apertura, eha lor fa 

delle disgraziose sue eircostanze. In questa stato doloroso 

di cose, si propone per ultimo ]a Maesta del He di ricorrere 

al Santo Padre, con pregarlo di scioglierlo da questo iotricatissimo 

affare a di suggerirgli i1 partito, chet senza 

ferita della sua oo.scienza pub prendera:t (1). 

Be non chet anche in quella estremita, diede a dividere 

quanto a malincuore si lasciasse andare a quel passo 

(sempre per la tema sopratutto di una ripulsa) significando, 

come ivi stesso fece, al contu di Rivera, che per a1tro il 

Ret prima di rieorrere a11'oraoolo pontificio, desiderava che 

egJi procurasse scgrct4mcntc 8 dcstramentc d'indagare sc 

non f7i sarebbc nel Papa ripugnanza di togliere, col suo 

s-uugerimcnto c giudizio, a Sua Maesta que' duboi e liberarla 

COSl da qUHII'impiccio; a di esprimergli, ad un tempo, 

il suo avviso sui punto, in cui stava cosl salda la corte di 

(I) Dlapac:cio 15 dicembre 1773.

- 196- 

cennate, ecco cib ehe iI ministro aggiungeva: a: Debbo a 

« qnest'oggetto ripetere all'E. V., essersi offerta daUa corte 

« di Londra alia M. S. la promessa e formale protesta di 

« far S1 ehe non venga dal padre impedita 0 molestata per 

« conto alcuno la figlia nel libero esercizio dell'abbracciata 

([ religione ... Ma debbo pur aneo aggiungere, che non pero 

« cosl facile sara )'ottenerla dal padre, come quella che po 

II trebbe seOlbrare ingiuriosa ad essa corte di Londra, 

({ ugualmente ehe inutile alIa nostra. Ben comprendera 

([ rE. V., che, se desiderandosi e domandandosi daUa M. S. 

« in quest' aft'are la pontificia approvazione, non si segue 

« per tal parte il parere di monsignor Antonelli, oltre ai 

« sovra accennati ritlessi, e poi questo un riguardo, da cui 

« non 8i e creduto di poter prescindere per la Reale dignita, 

« giacche si e sempre, pendente il corso di questa ver 

CI tenza, stabilito iI punto, ehe vi ha dato luogo, come punto 

« di religione ». Implorare a giunte mani dal papa la grazia 

di nn eonsenso, del quale 8i rieonosceva potersi preseindere, 

affine di sostenere un impegno sposato all'avventata, parre 

a repeotaglio un'allenza tradiziooale e vantaggiosissima, 

per far pompa di sentimenti religiosi ehe non erano in 

causa; eceo in ehe 8i faceva consistere la dignita Reale dal 

marehese d'Aigueblanehe e dal principe. 

x. 

Per la stesea ragione della Real dignita, non gnari meglio 

. intesa. III corte di Torino fu ad un pelo di suscitarsi un 

nuov_o nemico nel papa, che doveva essere strnmento di 

paeifieazione: pareva iovero, ehe andasse col fu8cellino eereandosi 

Ie brighe, giacebe, nei pochi mesi dacche Vittorio 

Amedeo aveva inaugurato il suo regno, ave va gia trovato

- 197- 

modo di romperla apertamente colla repubblica di Venezia. di 

rafl'reddarsi con quella di Genova, di mettersi in urto colla 

corte di Londra ed ultima mente, infine, di mettere a repentaglio 

Ie buone relazioni con quella d i Roma; e, che peggio e. 

quasi sempre per puntigIi di un amor proprio eccessivamente 

irritabile. Una prova ci viene offerta da questa incidente reo 

lativo al papa. II conte di Rivera, sebbene, da qualche tempo, 

affiitto dalla malattia, che, indi a non molto, doveva trarlo al 

sepolcro, non fu lento ad eseguil'e gli ordini ricevuti: infatti 

pochi giorni dappoi, per mezzo del conte di Cunico, che da 

piii mesi, gli era stato mandato da Torino per coadiuvarlo 

nelle sue funzioni, ottenuta udienza dal Pontefice, e presentatagH 

la regia lettera, seppe 8i bene commentarla ed avvalorarne 

Ie conclusioni, che seoza troppa difficolta ca vb di bocca 

a Clemente XIV il consenso formale ache il re Sardo consegnasse 

al Mearnes la figlia aile condizioni dall'Inghilterra 

offerte e sopr' accennate. L' ambasciatOl'e fu pili sollecito ancora 

Del significare alIa sua corte tale risposta, che tronca va 

d'un tratto una vertenza da taoto tempo e con tanto impegno 

dibattuta tra i due governi. Onde non poco fn il suo 

stupore quando ebbe a ricevere dal ministro la 8eguente 

Msposta, per nulla improntata di quella soddisfazione, ch'era 

in diritto di attendersi: « Qllantunque Ia lettera di V. E. 

Il in data delli 29 scaduto (gennaio) non lasci pi u dubbio su 1 

IJ. partito a prendersi nell' affare della figlia Mearnes, e as 

([ sic uri S. M., che l'oracolo pontificio 10 autorizza a resti 

« tnirla, e la b'anquilli nella sua coscienza ; ad ogni modo 

« non sa anCOl'a la M. S. puramente e semplicemente l'isol 

(( versi a questa passo prima di ricevere la risposta di Sua 

« Beatitudine alia sua lettera, che un riverente riguardo 

it aHa sanzione del Santo Padre ed alla dignita delle proprie 

C( dichiarazioni consiglia· S. M. ad aspettare. La benigna 

IJ. condiscendenza e la paterna amorevolezza di S. Santita 

« per il re, gli fa sperare, che gli verra recata col primo

- 100- 

dorninare: « Confesso a V. E. (ivi e detto) di non saper 

4( capire, come abbiano dovuto passare due corrieri senza 

( che S. M. abbia ricevuta risposta dal papa alIa lettera 

« scrittag-li sull'aft"are della figlia Mearnes e senzache V. E. 

(abbia creduto necessario di dargliene l'impulso. Come 

prendo cbe per l'oggetto sostanziale della cosa, iI riscontro 

if umiliato a S. M. delrE. V. poteva bastare... Non vedo 

« tuttavia, che Hia ugnalmente riempiuto il punto di con 

\{ Ve1\ienza, che esige risposta aIle lettel'e e riscontro agJi 

4( uffici - Si e dapprima pensato, che il silenzio potesse 

« essere un diBimpegno, rna si e notato altresi, che la con 

IC fidenza amichevole, di figlio a padre doveva rimovere 

I oglli soverchia delicatezza, e nella maniera stessa ebe i1 

I{ re aveva proposti Ii suoi dubbi e chiesto consiglio, doveva 

II ripromettersi dalla pontificia omorevo)ezza, ehe S. Santit8. 

( gli avrebbe aperto i1 suo euore e eomunieati i slloi lumi; 

« pote'Dasi cio eseguire con espressioni adattate bensl al 

I[ bisoflno, ma tali anco'l'a da salvare i politici "guardi, 

« coi quali Za corte di Roma Ita sempre combiMto Ie sue 

II de/eronze. Dovevasi pero sempre eseguire. onde contras 

«seg-nare a S. M. il caso, ehe si fa del suo rispetto 

a: e delle cose, che clalla medesirna procedono. Basta iI fin 

II qui detto per autorizzare V. E. a far sentire costi, in una 

({ maniera conveniente, l'aspettativa in cui si e sempre, 

t( della pontificia risposta, e deve ben compreodere V. E. 

« da se, cbe la R. dignita non saprebbe soft'rire una maggior 

l( dilazione D. Si vede da cib, che il millistro sentiva benissimo 

la posizione delicata, in cui versava il papa, ed iI motivo 

del silenzio, in cui tanto pin s'impuntava, quanto 

maggiori erano gli sforzi per farnelo uscire, ma, infatuato 

della Regia dignita, ad ogni pie sospinto tirata in campo, 

sebbene, a vero dire, non ci entrasse pin cbe tanto, non 

sapeva apprezzarlo adeguatamente e dava quindi da rider 

di se col pretender, che faceva, di erigersi a maestro al go-

-200- 

verno pontificio suI modo, con cui avrebbe potuto e dovuto 

conciliare i politici riguardi colla chiestagli deferenza. 

Ad ogni modo poi, dacche si confes8ava, che I'avuta risposta 

verbale bastava alia Bostanza del negozio (e che sia bastata 

10 vedremo or ora) era chiaro, che tutto il punto si riduceva 

pel gabinetto Sardo ad una mera soddisfazione d'amor 

proprio, ben meschino a petto delle conseguenze, che )'abbandono 

dell'adottato riserbo avrebbe tosto 0 tardi potuto 

tirare addosso al S. Padre. 

XI. 

Gia si e sopra vednto, che iI marchese d' Aigueblanche, 

instando per 1a risposta scritta del papa, scriveva all'ambasciatore 

in Roma, che sebbene quella verbale datagJi 10 

autorizzasse a restituire la figlia Mearnes e 10 tranquillasse 

nella sua coscienza, tuttavia non sapeva ancora risolversi 

a questa passo prima di rioovere la risposta scritta, « che 

« un riverente riguardo alIa sanzione del S. Padre ed alIa 

({ dignita delle proprie dichiarazioni consigliava S. M. ad 

« aspettare ». Tanto scriveva iI ministro il 9 febbraio 1774. Ora, 

tutte queste delicatezze era no assolutamente affettate e solo 

messe innanzi per esercitare una pressione sull'animo del 

pontefice; infatti, sotto il 12 febbraio ste8so, vale a dire 

soli tre giOfoi dappoi, e cosl quando la corte di Torino, non 

non che ricevutane )a risposta, non aveva anoot'a fatto 

pervenire il sopra riferito dispaccio al Rivera, scriveva gill 

quest'altro, a nome del Re medesimo al conte di Scarnafigi 

a Londra, suonante tutt'altramente da quello, che si voleva 

far credere aRoma: « Les reponses de Rome etant (seri 

C[ veva Vittorio Amedeo non senza una certa compiacenza),

-204- 

« de ce gouvernement, qui l'avoit obblige it reclamer la 

« susdite filIe, et que par consequent it esperoit, que la 

« petite discussion, que cette affaire nvoit excitee, n'altere 

(( roit en rien la bonne et cordiale amitie avec la queUe il 

« desire de vivre avec V. M. J) Era la stessa raccomanda· 

. zione che Vittorio Amedeo avevagli gia fatto per proprio 

con to, come vedemmo: tanto si senti va i1 bisogno di dimenticare 

e fal' dimenticare reeiprocamente quel malao· 

gurato equivoco e di ovviare aile possibili conseguenze del 

medesimo. 

Una volta messosi per questa via, il Gabinetto di Torino 

la percorse difilato sino al termine con franchezza, faeendo 

di necessita virtu, talehe, fin dalla meta di mal'ZO, la remissione 

ai genitori della figlia Mearnes era gia eseguita. 

con sempre maggior soddisfazione della corte di Londra, 

che, subito informatane dal signor Lynch, ne rinnovava 

l'espressione al conte di Scarnafigi nella sua udienza di 

congedo, assicurandolo di nuovo, che quella pendenza non 

aveva lasciatovi la menoma impressione, che potesse eomunque 

pregiudicare gli interessi di S. M. Sarda. 

Cosl fu tronca, con una specie di transazione. una COl)troversia, 

che poteva essere gravida di non poche disgraziose 

conseguenze; fu tronea, non per I' accorto contegno 

del ministero Sardo, giacche per lui non istette, che sortisse 

un esito contrario, rna per la temperanza del Sommo 

Pontefice, il quale altamente convinto, che i doveri imposti 

dalla religione non possono mai sovvertire quelli dalla natura 

stesea originanti, invece di saerificare alia potesta ecclesiastica 

la paterna autorita, trovo modo, l·estrignendo 

ciascuna ne' proprii lora confini, di conciliarle amichevolmente, 

a vantaggio della liberta religiosa, che vi ottenne 

una nuova rilev8ntissima applicazione. 

Frattanto dalle cose esposte si rende evidente, che il Denina 

(oltre al mostrarsi poco infol'mato deU'importanza della

. 

-208- 

« tudine, la quale dovra lagnarsi con se stessa, se e stats 

({ la prima a mutare di stile e di riguardi ». 

Dinnanzi ad un linguaggio COSI fiero e a8s01uto, dopo Ie 

intimazioni a breve mora 81 perentoriamente fatte, dopo 

tante proteste di non voler recedere dalla pretensione a 

nome della regia dignita messa innanzi e 81 altamente fatta 

suonare, chi mai, alIa distanza di soli venti giorni, si sarebbe 

aspettato di vedere il ministro, non pure smettere, ad 

un tratto, la prima boria, ma ricantare una palinodia come 

quella, che si legge nel susseguente suo dispaceio del 23 

del marzo stesao? Anche questo porta i1 pregio, che illettore 

10 vegga e 10 mediti nel suo testo originale, per toccar 

con mano quanto i1 nostro Governo, tenuto gia eon manu 

sl salda e con propositi cosl netti e deliberati sotto Carlo 

Emanuele III, fosse, sotto il suo succcssore, esitante, incoerente 

e ondeggiante: cr Avendo S. M. pond erato (scriveva 

({ il Marchese d' AiguebJanche al conte di Rivera). ehe una 

« ulteriore sollecitudine dal canto suo per ulla risposta del 

Ie Papa aHa nota sua lettera potrebbe produrre un qualche 

« effeUo contrario aUe sue viste e a quanto fors'anche e 

«stato spiegato ben chiaramente a viva voce sull'affare. 

( che ne forma l'oggetto (I), ha pensato valer meglio iI far 

« sentire costi, che essendosi avuto a viva voce suI detto 

([ atrare I' oracolo di S. Santita, da cui ha preso misura Ia 

« Sovrana determinazione, non insiste piu il 16 Bulla sin qui 

It addimandata risposta, lasciando l'oggetto di convenienza 

« al peDsiero di S. Beatitudine, ehe tante volte ha ratto in 

« sinuare di doverlo riempiere (!), potra dunque V. E. cosi 

« spiegarsi e far conoscere, che S. M., la quale si chiama 

« contenta di quanto Ie ha fatto sapere per mezzo del sig. 

« Conte di Cunico, vuole con cia'trarla dalle angustie, nelle 

It quali si e la Santita Sua mostrata per l'insistenza (atta 

« della risposta: avvertendo Ella di dare a questa Reale ri 

C( guardo quel peso, che troppo e dovnto a cosi distinta e

- 211 - 

sopr'accennate mostrano con quanta discrezione e giustizia 

il Gabinetto Sardo apprezzasse la condizione del papa, qualificando 

come debole it motivo delle gravi occupazioni allegato 

come sopra, eSBo, che, tutta concentrando la dignita 

regale in una picca ridicola, minacciava una rottura con 

Roma, verso la quale si vantava frattanto di aver sempre 

per l'addietro ceduto nelle cose sostanziali. 

XIII. 

Fortunatamente la prudenza del papa pote pin cbe la insipienza 

della n08tra Corte, e Ie fu cosi risparmiata la gloria, 

poco edi6.cante invero, d'e8sere l'iescita a farsi un nemico 

persino di colui, cbe aveva invocato come pacificatol'e. 

Por troppo la diplomazia piemontese, gia sl inftuente e 

riputata sotto Carlo Emanuele III, era sotto Vittorio Amedeo 

caduta in basso, e minacciava di degenerare sempre piu, 

colpa potissimamente del principe, che nell'inaugurare i1 

suo regno, inBpirandosi a meschini rancori, anziche ai grandi 

interessi dello Stato, nulla tanto gli calse e gli tardo, quanto 

di privarsi dei servigi dei ministri negli atrari gia profondamente 

consumati, per circondarsi di mediocrita entrategli 

in grazia a forza di adulazioni e d'intrighi. Onde non e a 

stupire se, a breve and are, ne nacquero gli scandali, per cui 

suono infamato n nome d'un Uvy, e non poco intaccati 

quelli dell' Aigueblanche e del conte di Viry; e se soprattutto, 

pin tardi, quando SOl'Vennero i tempi difficili e procellosi 

della repubblica francese; 10 Stato si trovb ad un 

tratto come nave senza governo in gran tempesta, e dovette 

quindi soccombere inonorato, malgrado i mezzi e Ie 

opportunita, che non gli mancarono di salvarsi od almeno 

di salvare la riputazione. 

D'altra parte non si pub non ammirare un paese, come

- 212- 

l'Inghilterra, dotato di tali istituzioni e retto da un ro come 

Giorgio III e da minh:.tri dello stampo di Rocheford. per 

cui il diritto di un cittadino inglese, fosse pure dell'ultima 

classe, si faceva valere non meno di quello di un principe 

della casa regnante, senz'aver rispetto agli amici pift che 

ai nemici, non appena mostravano di voler a ttentarvi. 

Ne meno vi si am mira la sapienza pratica di Clemente 

XIV, il quale colla sanzione data alIa transazione intervenuta 

nel senso prellarrato tl'a la Sardegna e I'Inghilterra, 

fece manifesto, che l'immunita ecclesiastica non doveva venire 

convertita in una specie di macchina per sottl·arre a 

man salva i figliuoliai genitori e gli stranieri all'impero delle 

Jeggi del proprio paese; e che, anche Del caso di genitori 

accattolici, per esercitare il diritto di abbracciare e serbare 

la religione cattolica, non e punto indispensabile di esautorare 

e disconoscere la patria podesta, come pretendeva il 

con te Clemente Solaro della Mal'gberita (1). 11 quale Be, invece 

di nndar buscando e stiracchiando gJi scritti di Lutero, 

per farsene bello, si fosso applicato ad indagare Ie tradizioni 

de' suoi predecessori nella materia, corn'era suo dovere, 

vi avrebbe sentenziato meno recisamente di quello 

che fece, e risparmiatosi quel conflitto, di cui mena vanto, 

e che avrebbe potlltO Cl'eare al Governo imbarazzi ben pin 

serii, che non il trionfo otteoutone, quando, in luogo dei 

Paesi Bassi, si fosse trovata a fronte l'Inghilterra 0 qualche 

aItra Potenza pin gelosa del proprio decoro e pin forte. Se 

non che, a1l0ra probabilmente' sarebbe andato pin a rilento 

nello impegnarvisi, -ovvero, per trarsi dal pericolo incantamente 

creatosi, aVl'ebbe 8VUtO di grazia iI poter invocare 

l' esempio della Mearnes ed il ripiego autorizzato da Clemento 

XIV. 

A. D PERRBRO. 

(I) Loc. cit. pp. 2{j4 e seg. J

- 218- 

nel 1562 soltanto, di Torino, Chivasso, Chieri e Villanova. 

Aggiungiamo che la restituzione di Savigliano, Pinerolo 

(e la Perosa), con 10 sgomhro totale finalmente dei Francesi 

dal Piemonte, avvenne infatti in dicembre del 1574, e 

vale a dire subito dopo, con l' occasione e anche un por..o 

in causa 0 grazie ad un tal Passaggio e Ricevimento cosi 

bene inteso e condotto dal nostro Emanuel Filiberto. 

Ora che siam lesti, possiamo incamminarci e passare con 

frntto (0 quei frutti di diletto e istruzione che possono dare) 

alIa lettura di questi documenti, che ci sveleranno i precedenti, 

i preparativi, Ie condizioni in cui ei si trovava, Ie 

disposizioni date, l'opera speciale in eib d'Emanuele Filiberto, 

pill qualche particolare sconosciuto fin qui, di tale 

avvenimento. Col che rimarra meglio dilllcidato e piu minutamente 

ed al vivo ritratto, conforme aU'indole di queste 

Ouriosita, il Passaggio attraverso gli Stati nostri e PaccogJimento 

in Torino del re di Francia Enrico III, nell'agosto 

del 1574. 

III. 

Can Ia prima di codeste lettere siamo dunque al 1 di 

luglio del 1574. 

Abbiamo detto che il Re s'era mosso in giugno: pareva 

quindi, e alIo Stroppiana particolarmente, che seppur il Re 

dove va passar pel Piemonte, poco oramai dovesse tardare a 

trovarvisi. Sollecitava quindi il Duca (i1 quale, come pure 

8i e detto, trovavasi allora in Savona) a torDare. Ma Emanuele 

Filiberto non se ne dava troppo pensiero, stimando 

ehe S. M. non fosse per ritrovarsi cosi presto di qua, e lui 

sarebbe di ritorno assai a tempo per prepararsi a riceverla 

come conveniva. Che si parlava molto diversamcnte (diceva

-224 - 

al marche!te di Masserano et altri ammalati, non se gli ha 

da far altl'o, poi che non ponno andare ». 

Ma questa e ghiotta e concerne q!telli di (Jarig'lUlno: 

({ A quelli di Cal'ignano fal'ete intcndere cke ci kanno della 

bestia in voler mandare Ull poputare » (popolanoj Cl in questa 

ocr-asione ove non 'si ha bisogno di simil Borta di persone 

rna di gentiluomini solamente; e pera se non vogliono 

mandaI' dne gentiluomini, che ne mandino uno solamente)1. 

Quanto aIle truppe, che dovevano anch'esse, ed esse sopl'atutto, 

I'ender imponente it ricevimento e servire insieme 

(secondo che avverte il Ricotti) a ql1alch'altl-& dimostrazione 

piu soda; «scriviamo a Mons r di Cavorre di far tener la 

cavalleria presta pel' venir alia volta di Vercelli al primo 

avvif'o ehe nvra da noi. II quale gli daremo quando saremo 

piu vicini e che potremo calcolar al corto il tempo che 

S. M, potra giungel' a Vercelli, it che non si pub in nessun 

modo fare adesso» (I). 

« Ne della fanteria 8i fara altro, salvo aspettare il 008tro 

arrivo costi, che Ii faremo pig liar mostra e pagare, per inviarla 

anch'cssa di Iii dai monti; e bastel'a che all'arrivo di 

S. M. ill Vercelli, se gli mostl'i il Colonnello della Milizia 

e Mgr. di Masino il meglio in ordine che sara possibile. 

II simile 8i fara a Chivasso di qnel Colonnello di milizia, c 

il merlesimo all'arrivo in Torino ..... ». 

Ecco dunque eon cia provvisto e date Ie opportune disposizioni 

pei feudatarii, e per Ie truppe. Ma era d'uopo ancora, 

chc la Duchessa (figlia di Francesco I, sorella di 

Enrico II; zia pertanto di Enrico III), e il Duchino, comparissero 

con d'attorno un loro speciale corteo. ,( CiI'ca alii 

personag-gi ehe hanno a star appresso a Madama ed it Principe 

(2), Lei potra farllc qllella elezione ehe Ie parera 

(I) Lettera 30 luZlio, da Ferrara. 

(t) Che Cu po.cia Carlo Emanuele I.

- 226- 

correre, ... sarcssimo di parere che se gl'apparecchiassero Ie 

stanze della Marchesa nostra figliuola (1) - se cosi anco 

parra a Madama - convenendo in ogni modo che abbia 

alloggiamento in palazzo D. «II che farete sapere a detta 

Madama, e secondo l'ordine di lei si eseguira 8i in questo, 

che in queUo di piil dell'entrata di S. M. Cristianissima, 

come vedrete per 1a memol·ia che "j mostrera il Cay. D. Giuliano 

Delbene, della quale d' abbondante vi si manda copia. 

Ache terreta mano. E Dio N. S. vi guardi. Da Cremona 

alli 8 di agosto 1574 D. 

VII. 

Abbiam visto sin qui il llostro Emanuel Filiberto, attento 

oltreche aIle carrozza e cavalli, dobbelletti e tappezzerie, argenterie 

e servizi da tavola, aUoggi, mobili e fornimenti 

da letti, anche a cose pill rilevate e grandiose; e in cio 

procedendo d' accordo e con la cooperazione, nonche dello 

Stroppiana e di altri suoi fedeli pill 0 menD alto1ocati, ma 

di Hadama stessa. 

Viene ora, due giorni dopo 1a teste riferita degli 8 d i 

agosto, la lettera, che contiene gli ultimi urgenti, minutissimi 

particolari, a cui venne accennato nella n08tra prefazione. 

E quella stimiamo di darla nella sua integrita 0 

quasi, e quanto alIa genuinita, alterandola solo lievemente. 

e per 10 pin soltanto nell'ortografia. La lettel'a a del 10 

agosto e siamo ormai alIa vigilia dell'arrivo di S. M. 

« Abbiam ricevute Ie vostre del primo, 6 e 7 del presentc 

c c'a stato caro che abbiate dato Ol'dine per iI ponte della 

(1) Quella. di Lca7l.1o Maria, 0 quella di Piotau.1G Matilde, ftglie, runa, di {.aura 

Crevola. I'altra di Heatrice Langosco (e il Oran callcelliere ne upoya qualcoaa I)! - 

Non e datto. n\\ 10 possiamo indovinare.

-228- 

gliere di queUe chc sono congiuute, c fare degli usci per 

passar dall'una all'altra, accomodandole il meglio che sara 

possibile D. 

I( L'indomani, che sara. di sabbato si andera da S. Ger· 

mano, d'una tirata, a Chivasso. Con che perb :1 Rivarotta 

vi sia una bella frascata con delle tavole guarnite di salami, 

frutte e confetture, e principalmente di buoni vini 

freschi con ghiaccio, acciocche S. M. vi si possa rinfrescare, 

e i signori e gentiluomini di sua Corte:t. 

a: Ci maravigliamo che in queste occasioni vi sia mala 

intelligenza in Vercelli tra i nostri ministri, poiche ognuno 

dovrebbe pensar 8010 all'onore e servigio nostro, e non aile 

lora affezioni particolari D. 

a: Circa aile tavo1e di Torino, troviamo buono quanto ci 

scrivete. E perche il sig. Delbene sara giunto 10. ben istruUo 

d'ogni cosa, saprete meglio COme fare i vostri repartimenti. 

E quanta a voi, ci sara carD che alloggiate i sigg. di MontaBa 

e di Luce e inoltre vonessimo che alloggiaste ancora 

il Primo medico di S. M., persona di rispetto, tanto amata 

da; lei, acciocche abbia comodita di essere presso della CorteJ. 

a: Ed in tal proposito vi diremo che quelli i quali faranno 

tavola in casa loro, bisogna che avvertano principalmente 

di tener Ie vivande preste all'ora della COrte, informandosi 

da' lora ospiti dell' ora che gli sara commoda a1 mangiare, 

acciocche ognuno si possa trovare iu tempo debito in corte 

ai Buoi soliti servizii .D. 

0: II ricordo che ci avete dato di domandar danari in 

prestito a Vercelli, c'e stato caro c ce ne valeremo secondo 

che giudicheremo essere di bisogno ). 

l( Ci contenteremo che il governatore Caresann se ne 

venga a Tol'ino, Iasciando buon ordine aIle cose del suo 

governo: il che farete intendere a Madama e a lui». 

( Si e fatto bene a far vestire gJi staffieri e i paggi, come 

ordinammo per Ie nostre precedenti. Le gualdrappe si man· 

,

-230- 

acciocche essen do tutti informati della volonta nostra, possiate 

meglio dar ordine che sia eseguita. 

(E. philibert - Lacrcste). 

E non ve De sono altre sino all'ultima del 29 agosto, da 

Lanne'borgo ossia Lans-Ie-bourg, che dice: ({ Oggi abbiam 

passato la montagna assai bene, Dio grazia, sebben con 

un poco di freddo. E perche S. M. mi ha detto, cbe desidera 

molto aver in Ciamberi i sonatori della Volta, spedisco il 

presellte corriere espresso per andarli a pigliare e condurii 

per Ia posta in diligenza, attalche si tl'ovino mercoledi sera 

a Chambery, e scrivo la qui aJligata al Principe acciocche 

Ii mandi subito. Voi gli potrete dar la lettera, e vedet'e di 

farli accompagnare da qualche corriel'e discreto che lor 

faccia buoDa compagnia e Ii conduca a salvamento I. 

Qui hanno termine i documenti. E noi pUl'e diamo termine, 

con una confessione: e vale a dire, che assai ci sarebbe 

piaciuto aVeI'e e dar qui, con tale occasione, qualche 

ragguaglio su codesti sonatori dell(/, volta. 

Cercate e stampe e manoscritti, nOn ci venne fatto di 

trovar altro se nOll se (nel vasto e minuto deposito di notizie 

gia pili volte, 0 come retro, sfruttato e citato) questo 

che segue: « Piu lire trenta pagate ai due piJ/eri e tam 

'buro del 8erenissimo Principe, in virtu d'un mandato fatto 

per S, A. Ii 27 ottobre 1574, che so no per tante donategJi I 

(ad essi pifferi e tamburo) « in aiuto pel' Ie spese del viaggio 

dell'andal' e tornar da Lione, d'ordine di S. A., nella passata 

di S. M. Cristianissima J (lb. n. 5U). 

IHSJ F. SARACENO.

-234- 

« enfin je Sllis franc;ais. » A questo discorso (riferitomi dallo 

« stesso signor Cardinale), egli rispose, che non poteva far 

« nnlla in un atrare, clle non sapeva che cosa fosse, e che 

« essendo di S. Uffizio, non ]0 poteva neanche sapere. Resto 

« cosl iI signor Billio, poi mandb al signor cardinale una 

« memoria giustificativa, ed il signor cardinale non fece 

« altro che scriverci in margine: C' II papa Benedetto XIV 

\( con sua Bolla scomunico tutti quelli, che avrebbero fatte 

« adunanze quali sono queUe dei Francs-Mafons ecc. » Il 

( signor Balio parlo poi al signol' cardinale segretario di 

« 8tato e gli diede una Memoria, che il signor cardinale 

« disse che avrebbe presentata al papa D. 

Alcuni giorni dopo aggiugneva: ([ Varic persone, anche 

« di senno, vanno pensando, che non sia cosa indifferente 

« Ia cosi nominata setta degl'Illuminati, che credono essere 

« sparsa', ove piiI ove meno, in tutti li paesi, e danno per 

« certo, esservene pure qui molti emissari, venuti special. 

« mente di Germania, sede principale della setta. Anche qui 

I( poi si va osservando una certa tendenza aIle novita che 

« afHiggono la Francia, ed ultimamente si e pubblicato UDO 

« scritto assai curiosa da certo abbate Benigni di Montec· 

( chio ... membro corrispondente di codesta Accademia A· 

(C graria; 10 scritto e intitolato: « Estemporanea rimostranza 

(I al ParIamento di Montecchio sulla necessita di riformare 

« Ie municipali costituzioni Montecchiesi - Nella stamperia 

« del buon sen so J). L'oggetto dello scritto e di far ammet· 

« tere Ii soggetti del popolo all'amministrazione civica e 

« gualmente che Ii cittadini del primo e second'ordine, e 

« vi si trovano Ie parole di. 0: terzo stato D di 0: diritti del· 

e! l'uomo D di «spirito di filosofia, umanith ecc. D, cogli 

« odiosi epiteti di 0: schiavitu, dispotismo DaIle veglianti 

« costituzioni ... Da certe disposizioni date dal Governo e 

« specialmente dll un Eflitto, ora pubblicato, che proibisce 

CI certa illuminazione, che soleva farsi llell'ultima sera di

-243- 

Dicono siavi una legge sopru gli accrescimenti urbani; 

che cioe i1 soverchio della popolazione si riversi ad occidente. 

Non conoseo pero spiegazione accettabile di cotesto 

preteso postulato, se non l'osservazione che i venti, i quali 

spirano dai rombi occidentali dena rosa; libeccio, ponente e 

maestro; sono, per solito, quelli dominanti e pin frequenti. 

E siccome Ie citta non hanno, parlando dal tetto in giil, 

Demico peggiore. del puzzo, dei miasmi, dei fetori che da 

esse si soHevano. (ed informi la Parigi del 1880), cosl niente 

pin salubre che fabbricare case v-olte a pODente, perche siano 

infilate da quei venti che softiandovi spesso, ne spazzino 

• il sito. 

Checche ne sia, 0 creder si voglia, di codesto canone 

inesplicato, non si puo negare che quasi sempre il fatto 10 

collauda; ed anche Ia nostra Torino, inconsciamente, vi aggmnse 

una pro va. 

La crescente sua popolazione tento valicare i limiti del 

Po e della Dora. Ma furono artieri in ceres di aeque per Ie 

loro officine; 0 bramosi di quegli agi, di quelle convenienze 

e di quei vantaggi che si trovano nei suburbii; quando si 

vuole potel' rumoreggiare a talento, distornare goli operai 

dai pericolacci cittadini e trovare pin casa con meno speaa. 

Altri saggiarono i Lungo Po, ma 0 l'umidore 0 l'afa ripercossa 

daUa collina allootanarooo parecchi; come dicevano 

che il scirocco molestasse i comodi pressi della Stazione, 

meotre lagnavansi di freddo e di malincooia nelle praterie 

di Vanchiglia e cii Valdocco. 

Invece gli eletti, quelli che possono fare sceIta, perche 

non han troppi conti da riscontrare colla borsa, preferirono 

appunto la regione occidentale e ai disputarono con gara 

e calore i luoghi pin favoriti della gioconda pianura sottoposta 

alia incantevole cerchia delle Alpi; e quivi sfoggiarona 

e quivi si scapricciarono. Non piu la rigida e tradizionale 

uniformita; oon piil massiccio ed alto i1 fabbricare;

-244- 

ma graziosa varieta, Heta diversita di' foggie, feconda concorrenza 

di stili architettonici. Pin bizzarria che genio, piu 

comodita che imponenza, pin eleganza che arte e vennero 

contentati i tini gusti dei pochi signori e sbizzarrite Ie fantasie 

e soddisfatte Ie nuove ambizioni dei tanti ri cchi , 0 

fatti 0 rifatti. 

II. 

Gentile, deliziosa, geniale davvero la ridente regione delle 

palazzine! Ma non pub forse dirsi che ai tempi delle eleganze 

squisite e deIle grandigie aristocratiche, bencha i 

llobili abitassero palagi sontnosi, pure s'era assai meno schifiltosi 

per gli agi e per Ie delicature interiori; esagerate daHa 

godente e soddisfatta odierna plutocrazial Un opulente bancbiere 

coll'allindata Bua compagna, meraviglierebbero e SOfriderebbero 

per compassione Be qualcuno loro leggesse nei 

Ricordi dell'amabile d'Azeglio la graziosa descrizione della 

semplicita patriarcale e dena facile contentatura patrizia ai 

tempi vicinissimi di re Vittorio e di Carlo Felice! 

C'e da meditare osservando che mentre duravano i privilegi 

e quando eranvi piuttosto caste che ceti, e queUe separate 

se non divise; pure la nobilta nei quartieri pili rimessi 

dei suoi palazzi, albergava Ia operosa borghesia ad 

il popolo industrioso nelle botteghe e pertino la minutaglia 

lassll nelle soffitte. E q uesti coabitanti per 10 pin si conoscevano 

ed erano conosciuti dai padroni e si viveva in una 

cotal comunanza r.asalinga e s'annodavano colleganze ed 

aderenze e chi diventava arnico di casa, chi cliente, chi famiglio. 

Oggi, di rincontro, in tanto allagamento di democrazia, 

spiace cbe I'arricchito sfugga sin la vista degli antichi com-

- &'- 

scieDti8.che e letterarie) parmi sarebbe phI cODveniente sopprimere 

interamente Ia categoria degli scienziati e quella dei letterati, Ii· 

mitandosi a concedere gli onori deU'apoteosi ai Principi, agli uomini 

di Stata, ai generali celebri ed agli Domini che si possono 

chiamare pubbliei come sarebbero i Prelati, i Ministri, i Negoziatori, 

acc. - Questo sistema che, can linguaggio odierno, direbbesi 

pita razionale, avrebbe anobe il vantaggio di evitara ogni 

discossione suI phi 0 meno di celebritA.e di merito Bcientifico 0 

Jetterario di taloni che non hanno una fama fisssta dal 8010 giudice 

competente in qDesta materia, daDa posterita. Altro vantaggjo 

di questo sistema sarebbe pare di la8ciare spazio perche un rnaggior 

nurnaro d'uomini che bene hanno meritato colle lora 8zioni 

del Principe e della Patria possano avere stanza in un locale di 

dimensioni necessariamenta limitate, e possano cosi ricevere un 

omaggio che Ii onorera siccome fara onore al Principe che ad 

eBSi 10 tributa. 

Seguendo il pensiero che ho esposto alIa M. V. parmi cbe pDr 

continaando Ia regola di non ammettere se non Domini pabblici ; 

nulla impedira di eomprendere anehe nella Collezione qualche teologo, 

dei capiseuola e qualche giureconsl1lto che coll'importanza 

dei lavori siansi acquistato il diritto di sedere accosto ai legislatori 

ed ai rnagistrati, cbe hanno tanto contribuito pel' ampliarne 

i Jumi e per diffonderne i benefizii.. 

Questo ammesso; ecco, Sire, quali sarebbero Ie categorie di uomini 

illastri da comprendersi nella Reale Galleria per segnalarli 

cosi all'ammirazione ed alia riconoscenza dei suoi sudditi. 

Dopo i Principi della Casa Regnante ad i Sommi Poniefici pin 

ilIostri, nati negli Stati di V. M. ; 

i Prelati illustri per Ie lora azioni, iI loro sapere, a Ie loro 

virtu; 

i Ministri ed aomini di Stato; e questa categoria comprenderebbe 

Ie suddivisioni di: 

Pralati, Uomini di Stato e Negoziatori, 

Ministri di Slato p.ropriamente detti, 

Negoziatori, 

Magistrati, 

GiureconsDlti, 

Teologi, capiscuola, 

Guerrieri, 

MariDari, 

Militari illustri nelle 8cienze, 

Benefattori deU'amanitA.

L _---" 

-262- 

ed impotenti possono parere soverchi anche ad un tenebrone. 

Della teriaca delle assemb1ee ridevasi irriverentemente e 

delle annuali ckiaccltere i1L bil/OfI,cia. Asseriva che affidare 

1a tutela delle puOolicke liberta ad leSsemo1ee numerose e 

puOb1icke s(l,reObe Jonle di estremi e j01'se etemi mali all']talia 

e giurava 'Doler mori'l'c .piuttosto eke eontrilmire g darle 

a1 suo paese e clti cia procura e nemico della sua patria. 

Eppure era tenuto per il banderaio ed il vindiee dei liberali 

perche questi nelle sue stupende pagine s'ispiravano 

ad odii ghibellini. E cia spiega perche si cereassero con 

tanta euriosita e tanto avidamente si leggessE'ro i suoi scritti 

e perche crescessero i timori, Ie precauzioni ed i sospetti 

delle polizie. 

Appena comparve la sua prima Sto,.ia d' /talia ne fu proibita 

la vendita dal governo piemontese e che neppure se 

ne facessero girare gli esemplari (1); anzi si respinsero aIle 

rrontiere persino Ie copie di quella frettolosa ed infelice compilazione 

che aveva intitolata Histoire des peuples d']· 

taUe (2). Eppure i censori a vevano dichiarato che se ne poteva 

concedere la lettura! Gia era stato negato aHa vedova 

Pomba di stampare la StoMa della I/uerra dell'/ndipendenza 

d' America (3) e questa rifiuto fu rinnovato due lustri dopo 

\C atlesi li molti principii demal/ol/ici cke in egs//, sostenl/onsi 

]I (4). 

xv. 

Nicomede Bianchi, il cui nome ricorre sempre a chi scrive 

di cose recenti, pubblica venti anni fa alcune Lettere inc· 

(1) Dispaccio 20 novembre 1824 del MlnisU'o Rogec de Cholex. 

(2) Nota della Gra.nde Cancelleria, 31 marzo 1825. 

(3) Ordio" 16 agosto 1818. 

(4) Ordine 6 febbraio 1829. 

• 

I

-264- 

cr: condurgli a quel porto, dove meneranno una dolce, quieta 

cr: e felice vita. Questi sono i presi auguri, queste Ie CODe[ 

cesse speranze; ed io che da sfortunevoli casi fui da Inn go 

« tempo in lontani Iidi sospinto, mi rallegrero sommamente 

« di ogni lieto successo, che Ie virtuose fatiche di V. M. 

I[ procureranno al paese, dove Ia prima volta queste vitali 

e[ aure spirai. 

cr: Dio, che e stato l'autore della sua esaltazione, prosperi 

I[ V. M. in ogni suo desiderio, per contentezza sua propria 

I[ e per felicitA de' suoi. 

I[ Di V. M. 

« Sire 

« Umil.m.o e dC'D.mo sert?O 

« CA.RLO BOTTA.». 

c: Vaux pres Menlon (depart. de Seine et Oise) 

cr: 26 giugno 1831 D. 

Fu aHora che Carlo Alberto ebbe istituito quel suo nnovo 

ordine di dotta cavalieri a col quaJe ricompensava i1 meNta 

cir;ile. Fu aHora che al La Scarena, suo ministro (il quale 

sosteneva che non si dovevano conferire grazie a chi era 

in eoncetto di disgl'azia) il Re con insistenza ordino di compreDdere 

anche il Botta nel1a prima nomina di cavalieri. 

Queste eose ho gia riferite in altl'o mio seritto (1). aozi 81lora 

pubblieai, e feci riprodurre a fac simile la lettera che 

10 storieo man do da Parigi, i1 21 dicembre 1831, per ringraziare 

il Re (2). 

(1) Spicil/lgio nlll Regno Iii Carlo Albtrlo. Torino ISTI, p. 13. 

(S) II Bianchi aveva gia. stampata queU'altra colla quale il BoUa (acava aUo di 09aequio 

al Minilltro conte de la Tour.

-266- 

« della sua vita avuta intelligenza col famoso Wallenstein, 

« col fine, turbando in ogni luogo Ie cose, di risorgere a 

« miglior fortuna lI. 

l.a risposta cbe Carlo Alberto ordino gli si mandasse assicurava 

10 storico che usale Ie diligcnzc piu minute non si 

era rinvenuta non solo una prova rna neanche un indizio 

di coteste cose, asserite da uno scrittore veneziano, forse a 

nient' aItro appoggiato che al carattere intraprendente del 

duca. 

La seconda do manda, molto delicata, era espressa in queste 

parole: 

c: 20 Se si possa spillare qualcbe eosa in pro 0 contro 

« la fama, che correva sui natali del duca Carlo Emanuele 

« secondo ai tempi dene guerre civiIi lI. 

La risposta conteneva un consiglio; che cioe sarebbe prudente, 

desiderabile e forse 'desiderato, non parlarne. Aggiungevasi 

pero come fossero state voci di plebaglia partigiana, 

giammai asserzioni di persone ammodo, neppure di prineipisti, 

ne tanto menu dei due Pl'incipi zii; ne rinvenirsene 

traccia nella lunga spacciatul'a per Ie trattative, ne nei documenti 

della guerra civile; ne la calunnia essere stata creduta; 

ne avere punto punto raft'reddata l'aft'ezione dei piemontesi 

per i1 principino Carlo. Emanuele II. 

0: 3° Quanto il principe Tomaso sia stato abbandonato e 

« lasciato nella peste dagli spagnuoli, nell'assedio di To 

t/. rino D. 

Riscontravasi che i documenti non davano Iuee ne piu 

ne meglio dei Oampc!luiamcnti del Tesallro. 

Infine desiderava lume sull' aWare dell'abdicazione: 

« 4· Quali siano veramente state Ie cagioni della ri 

II nunzia del Re Vittorio Amedeo II :t. 

Attingevasi la risposta al noto memoriale del marchese 

del Bargo, aggiungendo come Vittorio cercasse col gran rifiuto 

di sfuggire Ie coHere di Austria e di Francia avendo,

-268- 

XVIII. 

II Botta volle chiudere quell'anno 1832 rinnovando al Re 

Ie sue proteste di riverenza e di atfezione. In quell'anno il 

principe gli aveva attribnita una delle pensioni destinate ai 

cavalieri del Merito; in quell'anno aveva dischiuse Ie barriere 

eensorie del suo stato alia 8torill, in continuazWne al 

Guicciardini; ill quell'anno 10 storico aveva in Torino inchinato 

il Re cr che mi ha accolto a braccia aperte; parlai 

« con lui di politica per ben due lunghe ore, dopo avergli 

I( promesso il segreto. Di quanto egli mi disse e mi lascj{> 

« travedere sono rimasto contento e maravigliato ». La lettera 

era questa: 

« Sire. 

« Fra il generale concorso di tutti gli ordini dello Stato, 

« ehe a questi giorni del nllOVO anno vengono alIa presenza 

G: di V. M. per dimostrarle quanto stia loro a euore ch'Ella 

G: sia felice e prospel'a per se, felice e prospera pel bene dei 

« sudditi alla sua Real cura da Dio commessi; ho qualche 

« speranza che V. M. sia per avere in grazia i simili voti 

« e desideri, che io. ancorche lontano e colla mia rispettosa 

« penna m' ardisco indirizzarle. Cia spero perche rivet'ente 

« mente ne la pl'ego e perche alia maesta del grado Ella 

([ accoppia qnella bonta di CUOI'e ehe fa j sovrani, non che 

([ provvidi, benefici; non che rispettati, amati. E chi meg-lio 

([ di me potrebbe rendere testimonianza della bonta che Ie 

([ adorn a l'animo; di me, cui V. M. ha tanto onorato e pre 

« miato ed a cui per sua munificenza ha dato sollievo Dei 

([ piu incresciosi anni della mia vita e riposo negli ultiIDi 

([ che mi restano a vivere 80ttO questa terrena vesta'

-269- 

« Gratissimi sono ai principi benefici i voti e i desiderii 

« degli uomini beneficati, essendo dolci eft"etti che tornano 

« aHa lora dolce cagione. 10 auguro adunque a V. M. tutta 

« quel1a felicita. ch'essa merita per Ie sue graziose e ma 

I gnifiche opere, e prego Dio che colmi Lei ed il suo Regno 

( di tutte quelle contentezze che chi piil ama e rispetta ad 

« amendoe desidera. 

II Sono con profondo rispetto 

C( Oi Vostra Maesta 

II Parigi, 23 dicembre 188'2 

« place St. SuI pice, n. 8 D. 

XIX. 

« Umil.mo e de'D.rJJo SeN){) 

([ CARLO BOTTA (1) ». 

Colla compiacenz8 che avra provata il Petrarca nell'indirizzare 

la sua Africa al Barbato mandava il Botta nell833 

a Cal'lo Alberto il suo infelicc (Jamillo; poema, non ispirato, 

sulla conquistata Vejo e gli scriveva: 

Sire, 

« Viene in cospetto di V. M. un mio poema intitolato It 

I Gamillo 0 Vejo conquistate" iI quale da me composto in 

It tempi tristi ed ora ristampato nella sua Real Torino, in 

« tempi per me felicissimi, m'ardisco can tutta riverenza di 

I presentarle. 

II Supplico V. M. di riceverlo in buon grado. Cose alte e 

« generose io volli dire, e se I'alta e sdegnosa anima di 

(1) Gli fQ riapoato, a Dome del Re, al 5 ganDaio del 183S.

- Z74- • 

spe11 satrice. Sara salute di sovrano generoso, sara salute di 

generosi popoli. 

I 10 prego e supplico S. M. di avere per aooetti questi 

miei sensi e di credere che pin I'eta mia si aggrav8, pin 

diventano vivi ed ardenti. E con essi in boeca e Del pin intimo 

dell'animo, io Jascero quando cbe sia questo misero 

mondo pieno di tanti furori e di tante fraudi. 

C[ Sono col piil profondo rispetto 

« Di Vostra Maesta 

\I Sire 

CI Parigi, 24 dicembre 1834 D. 

([ Umil.mo (J dtnJ.fllO seNJO 

« CARLO BOTTA ». 

In questo stesso anno il R.eggente della R. Udienza di 

Cagliari, quale eanSOl'e sulla stampa, avendo ricbiesto al 

Ministero se poteva lasciar vendere nell'Isola la recente 

8toria d'Italia del Botta ebbe comando d'impedirlo (1). Eppure 

nei paesi del continente si era eonceduta licenza a 

quarantanove persone, notate in un elenco, di Jeggere e di 

ritenere quella Storia (2), ma nOD era lecito, per contro, di 

Jeggere un Ragionamento in difesa stato stampato a Capolago 

(3). 

(1) P,.oUI ".,.bG"x Ii" Conuil lie CO,.(;,.,,.c,; seance du 17 avril ltG!, § l. 

(I) Ordine 25 agoa&o 1832. 

(3) Ordine 21 aprile 1833.

- 276- 

Regia Galleria illustrata. 10 prego umilmente V. M. di avere 

per grati i felicissimi ringraziamenti che ]e fo per questo 

suo cos1 alto e cosl prezioso dono. 

er Esso sara da me conservato, e dopo di me daUa mia 

famiglia come il pin bel flore che abbia abbellito e ra11egrato 

i1 sentiero della mia tanto travagliata vita. Quando 

io penso aHe grazie, di cui V. M. mi colma, subito dieo fra 

me stesso, eh'io sono fra gli uomini felicissimo. II sommo 

Iddio che non Iascia mai'le opere generose senza rlCom· 

pense ne rimuneri V. M. 

« Sono con rispetto e gratitudine profonda 

C( Oi V. M. 

« Sire 

« Parigi, 'l7 gennaio 1837 D. 

XXII. 

If Umil.mo e df!1);mo SerDO 

Cl CARLO BOTTA D. 

o 

Questa e l'ultima epistola indirizzata da] Botta al suo Re. 

Bello, in vecchio cadente ed acciaccoso, il caldo entusiasmo 

ed il giovanile trasporto per Ie cose patrie: 

« Sire, 

C[ Vive ancora 1a patria dei Porporati e dei Bodoni. e 

C[ vive sotto un cielo propizio, vivificato da un sovrano che 

C( sa e sente quanto vagliano per la gloria di suo paese e 

C[ per la civilta dei suoi popoli, Ie Belle Arti. Di cib mi fa 

« manifesto testimonio la Regia Galleria di cui e piaciuto 

Cl a V. M. di farmi dono. Tosto che arrivata fu quatunque 

({ un poco infel'rno fossi, l'esaminai ed ammirai Ie incisioni 

({ e i caratteri, 1a stampa, Ia carta, Ie il1ustrazioni, insomma

-m- 

e: ogni eosa; opera ben degna del patrocinio di V. M. Viva, 

e: dissi fra me, Porporati, viva Bodoni, tornati al mondo, e 

C' viva ancor piu il Sovrano cbe colla sua munificenza sotto 

c: Ie ali sue, ed aU'ombra dell' antico scettro gli raccetta, gIi 

« fomenta, gl'incoraggisce e gli regge. Ringrazio con tutto 

c: r animo V. M. del prezioso dono, e dello avermi ratto pare[ 

teeipe di cosl nobiIi favori. 

c 10 prego il Datore di ogni bene, cbe renda V. M. tanto 

(( felice quanto ella e benefica e generosa. 

c Sono eon profondo rispetto 

« Di V. M. 

« Sire 

« Umil.mo e dC'l).mo servo 

« Parigi, 29 marzo 1837 D. 

XXIII. 

« CARLO BOTTA ». 

Carlo Botta morivasene ai 10 d'agosto del 183'7 in Parigi, 

e la sua dipartita f11 onorata da un generale rimpianto. Qui 

proeurossi cbe sorge sse un modesto monumentino ne11'umile 

sua patria, nel villaggio di San Giorgio Canavese. 

Un monumento, per quanto umiIe e meschino, era pur 

sempre, rra noi, onoranza insolita. Caso insolito chiederne 

licenza, atto insolito la concessione: eppure venne. 

II Marocchetti allora offeri di scolpire l'imagine della 

storico; bastargli 10 rifacessero della speso. Ma it denaro 

colletta to non batte pari col cos to; cosiccbe S' implorarono 

sussidi dal Governo. E Carlo Alberto che, vivo il Botta, 

sempre )'aveva onorato e soccorso, rifiutb ogni concorso 

a questa postuma onoranza e ne diede ragione tal,e che in 

ogni altra circostanza poteva essere una scusa, ma che in

-278- 

questo caso non fu che un pretesto - c las eirconstances 

« aetuelles des finances etant peo fa vorables a des largesses 

c de cette nature ... ! (1) » 

XXIV. 

Splendido e munifico mecenate, Re Carlo Alberto s'adombrava 

pew facilmente, non per sentimento d'invidia ma per 

istinto di gelosia principesca s' altri volesse prendere qualche 

parte nel protettorato delle arti ch'egli reputava privilegio 

e dovere della sovranita. Quando trattossi di erigere in Genova 

quel monumento a Cristoforo Colombo, che non sorse 

ehe molti anni dopo, essendo re Vittorio EmanueleIl, corsane 

fama all'estero, venne un oblazione di mille lire dal Mioistero 

dei lavori pubblici di Francia. II Re non acoonseDti 

che si accettasse (2). 

Gli onori che volevano tributargli, non disdegnava, ma 

rifiutava. Cosi non lascio scolpire una statua decretatagli 

dai Decurioni di Torino, dopa Ie famose riforme del quarantasette 

(3). 

Forse s' era anche un po' disgustato dopo )a poco felice 

prova di Casale, dove gli alzarono uno splendido monumento 

equestre, rna con servile imitazione dal Marco Aurelio 

Capitolino, avvilupparono quella sua lunga e rnacilenta persona 

nel paludamento romano. 

A pochi principi pero toccarono tanti monumenti dopo 

morto, avuto rignardo aIla ristrettezza del dominio, quanti 

al Re magnanimo. Nella sola Torino, quattro insigni! 

(1) p,.ot;is v,rbaua; dw Conuil tU C(M('''''''', seaace du 19 decembre 1839, Ii 4 

(2) lvi, aeaDce du 6 mara 1845, 11 2. 

(3) hi, 86ance du 15 novembre 1847, 11 4.

-2'79- 

xxv. 

10 ebbi la ineffabile ventura che il mio egregio amico, il 

cavaliere Vincenzo Promis, mi consegnasse Ie estese. importanti 

e curiose corrispondenze ch'ebbero con tanti illustri 

i veramente illustri fratelli Promis; Domenico, suo padre, 

erudito e numismatico insigne; Carlo, suo zio, archeologo 

ed architetto celebre (1). Da queste carte, se Iddio mi conservera 

vita e forza, e mi sentira valentia, e mi assistera 

il coraggio; trarro notizie importanti per un'opera che vagheggio; 

almeno come si sogna di fare cio che non solamente 

tende al bello ed al dilettevole; roa che mira al vero 

e che propugna il giusto. Ma frattanto vi pes co alcnni 

documentini sulle vicende del monumento massimo che i1 

Parlamento subalpino vota al largitore magnanimo della 

Statuto del Regno. Vi rinvenni if pensiero primitivo ch'ebbe 

10 scultore nello imaginare quella mole colossale. Vi trovai 

adombrate alcune delle difficolta che ne accompagnarono ]a 

esecuzione. Totto cio io mando attorno a conoscenza del 

pubblico come mi si presenta; seoza rifare storie conosciute, 

Ranza sofisticare sui pensieri nascosti, senza cavillare sulle 

intenzioni, senza farneticare sui possibili, 0 sillogizzare sui 

probabili. 11 lettore trovera il nesso, egli ne trarra Ie con· 

seguenze. Al pari del Montaigne: cc f ai fourrtg du mien Ie 

filet a lier! ]). 

(I) AnnaDziai di giii. que.ta mia fortuna in uu opuscoletto inutolato: Cuare Balbo 

,'/1 il t7'a(oro Mile Alpi. Torino 1880, p. 6.

-f80- 

XXVI. 

Forse l'ilIustre poeta, senatore Giovanni Prati, ricordera 

che quando. addi 21 di luglio del 1861 I si inaugurava con 

solennita di feste nell'antico giardino del palazzo Carignano, 

questo grandioso monumento equestre; egH rivoltosi al suo 

vicino, che era i1 conte Federigo Sclopis, gli disse: 

(£ Pecea il-mondo e si pente in broDzi e in marmi! » 

Questo verso m'aveva fatto ricereare tosto nella parte 

meno esplorata dei miei AafJe1"saria, cerli appunti e taluni 

fatterelli ehe, infiammato di passione, m 'avevano suggerita 

una pagina sdegnosa ..... Ma anche questa peri con altre nel 

sagrificio di quella cotal forbiciata. Meglio cosl! Lasciamo 

ehe senza preparazione, parlino gli stessi documenti. 

L' esecl1zione del monumento, dopo lunghe esitazioni, fo 

finalmente affidata al valente autore della statua equestre 

di Emanuele Filiberto (1). II barone Marocc.hetti per prepararvisi, 

venne a Torino nel 1851, e quivi accontandosi con 

Carlo Promis, segretario che era della commissione pel monumento, 

si strinse consuetudine, poi amicizia fra 10 scultore 

c l'architetto. Anzi iI Maroechetti 10 riehiese, ed instantemente 

10 prego ed ottenne, che gli disegnasse tutta Ia parte 

architettonica della mole. 

Quattro fU1'ono i disegni architettonici del Promis; su 

quello ehe piu gradiva aJ Marocchetti, 10 scultore traccib 

vivamente a penna 10 schizzo ed il primo getto di mente 

del suo monumento. Do al lettore codesta bella curiosita, 

tratta dall'apografo fattone dallo stesso Carlo Promis. Per 

(I) c Pare che iI mODumento di Carlo Alberte s'incammlni assai male. La Commiasioae 

c della Camera, formata per riferire sui credito Bupplementare di 200 m. franchi, conta 

« seUe membri, sei dei quali sono ostili a Marocchetti ...... Cosl in lettera del Promis, 

scriUa il 26 giugno 1852 al Marchese Matteo Ricci. I..&. pubblico iI mlo egregio e don .. 

amico, il dott. Giacomo Lumbroso nelle lue curiose Memori. 6 letllt'll di CGrio PromiJ, 

Torino 1877. p. 112).

I/. Papa Dante diceva: 

-283- 

« ..•.. I' mi son un che quando 

([ Amore spira noto; ed a quel modo 

« Che detta dentro vo' significando, 

e 10 faceva; e COSl dee fare ogni artista, anco quegli che 

ha poco amore; e dare quel che ha, ma suo, roa origin ale. 

t: Seusi ]a rozzezza e la fretta di questo scritto. Mi raccomandi 

alia venerata e eara nostra amica la contessa 

Sclopis e mi creda: II' Affmo e de'D.mo 

«G. DUPRE. 

II' Di Villa, Ii 16 luglio ISSb. 

XXVIII. 

Due lettere dell'illustre Paleocapa informeranno suI periodo 

di preparazione: 

KIN ISTERO 

D.' 

LAVORI PUBBLICI 

Torino, il 27 agosto 1851. 

8ig. ProfessO'I'e 8timatissimo, 

I: Le trasmetto il programma. II n. I n'e la primitiva redazione, 

fatta da V. S. Ill. colle variaziooi che vi furono iDtrodotte 

nella discussione che De fu fatta nella sed uta 

29 giugno dalla Commissione. - Il n. 2 e una copia da 

Lei stessa fatta del programma modificato, con lievi cambiamenti 

di stile. - 11 n. 3 e un'altra copia identica che feci 

fare in ufficio appunto perehe servisse alia stampa e per 

eonservare negli atti il suo scritto originale. 

c Ho l'onore di professarmi con distintissima stima 

della S. V. 

([ De'D. OM. 8er'Ditore 

« P ALBOCAP A. ]I, 

l

• 

--ebbe 

il programma ed il rapporto scrisse a Cossato 

que tout celli etait absurde et qu'it n'y ar>ait pas 

moyen pour un artiste de se tirer d' affaire; 10 disse 

pure a me stesso; aggiungendo che ne rinvenne, e gli 

piacque, anzi trovo bellissimo il primo concetto, sotto 

q ualche modificazione] ». 

« [dicembre 1869 - Nella Gazzetta Piemontese 

leggesi un Decreto Reale circa i lavon a farsi attorno 801 

monumento a Carlo Alberto. E preceduto da una Relazione 

al Re nella quale si falsa tutta 180 parte storica 

di queUe trattative. E cosi dice che 10 aver conservato 

180 Stamperia e la casa della Posta fa troppo danno alia 

magnificenza del monumento. (La Commissione aveva 

voluto cosi per non presentare alia Camera una spesa 

troppo grave. Messo in vista il monumento COSl incominciato, 

il pubblico avrebbe gridato alIa sconvenienza 

di queUe fabbricaccie ed avrebbe voluto il lora abbattimento). 

Dice che cio monta a 60.000 lire di spesa e mi 

pare una solanne bugia, pigliando 180 cosa tm. gli abbattimenti, 

Ie rifabbricazioni ed il riattamento del palazzo 

Carignano. Aggiunge che I'ingegnere Mazzucchetti 

acconcio la piazza in modo magnifico ed estetico; che 

dana Commissione non era stato fatto; col! getti 

d'acqua e boschetti (c'erano gia nel progetto del ..... 

. . . .. f8otto da me). E, insomma, una solenne patente 

d'imbecillita data a me in primo luogo ed al Paleocapa

-287- 

come Presidente della Commissione in secondo luogo. 

Tal e il tessuto di . . . cose non vere che passa come 

Relazione al Re.] » 

xxx. 

Venga adesso la corrispondenza del Marocchetti col Promis. 

Non 80no che quattro lettere. 

([ Mon elter Monsicufl, 

«[Turin] 19 mai 1852. 

« J'ai fait quelques croquis et si vous pouviez, et vouliez 

bien me donner quelque instants soit chez vous, soit chez 

Ie ch" Cossato je vous en serais infinirnent oblige. 

i 8i cela etait possible anjourd' hui ce serait encore rnieux. 

« Votre tout dd'Doue et reeonnaissant 

« MAROCCHETTI ». 

« Man eker Monsieur, 

« [Turin] 25 mai 1852. 

«J'ai rec;u les dessins et votre lettre, et je ne saurais trop 

vous remercier de toute 1'0bIigeance que vous m'avez temoi· 

gnee jusqu'a present, ni de toute la peine que VOllS avez 

prise. Pour rna part je me suis tres bien trouve de ce travail 

a deux, comme vous l' appelez, et je serais bien fa.che 

d'@tre oblige d'y l'enoncer. Au point ou il est, il est assez 

avance pour arranger I'aff'aire avec la Commission et Ie 

Minisrere. Apres quoi je pense qu'il sera prudent que je 

fasse les groupes et les statues de la base, ou tout au moins 

que je Ies ebauche de faQon a bien determiner les mesures 

de Ia place qu' Hs ooouperont (dans Ie cas, bien entendu, 

- 

• 

,

-290- 

« Je vous dis donc presque, a bient6t et au· I'evoir! Cela 

me sourit fort doux; en attendant recevez je vous prie taus 

mes compliments et l' assurance de ma gratitude poor toutes 

les preuves de bienveillance que vons me donnez, 

« Yotre tout ddfJoue et ojfectionne 

XXXI. 

«( MAROCCHETTI :D. 

V' e un' altra lettera che completa e conchiude Ia corrispondenza 

fra il Marocchetti ed il Promit3, benche non sia 

sua. E la seguente: 

II Oommendatore Oossato a Oarlo Promis. 

« Preg.mo signor Professore. 

« Di cas a addi 5 di agosto 1863. 

({ Siccome io parto quest'oggi aile ore 5 pomeridiaoe per 

Londra, coll' intenzione di spingermi agJi St&ti U niti di 

America; era mia intenzione ed anche mio dovere di portarmi 

da Lei per offrirle la mia servitu, ove Ie occorresse 

qualche cos a nel nuovo mundo, a Parigi od a Londra; benche 

calcoli di farvi brevissimo soggioroo; ma non potendo 

cio eseguire personal mente, vi sl1pplisco colla presente, 

pregandola di disporre di me senza riserva. 

« Del Monumento al Re Carlo Alberto non se ne parla piu, 

almeno per ora che i padri della Patria si I'iposano dalle 

loro, bene spesso noiose ed inl1tili cicalate. E se ho a dire 

quello che penso, credo che da molti di cotestoro si fara di 

tutto accio la cosa vada a monte, 0 pin non se ne fiati. 

I! Credo cbe il trion Co ottennto da Marocchetti in Ingbilterra

- 291- 

avril risposto sufficientemente alJe invettive del V ... e del 

marehese R ..... i quali per confermarsi della veracita ed 

infallibilita delle lora idee, non hanno che a specchiarsi in 

quel monumento al Conte Verde, or ratto monco ..... in quel 

prodigioso capo d'opera, parto felice di quel grande artista 

che il nostro tribuno oso portare sino aIle stelle .. , " Oh! 

Vergogna! Vergogna I 

C[ Gradisca i miei ossequii e mi creda senza complimenti 

« Tutto suo ae'D.mo 8e1'DO e (Jollega 

« G. B. COSSATO D. 

XXXII. 

Debbo presentare al lettol'e questo nuovo interlocutore. 

E iI cavaliere Giambattista Cossato, Commendatore Mauriziano, 

non di croce, come dicevasi, rna di commenda; 

ricco e coIto signore; protettor.e di artisti, amico di letterati, 

benefico e caritatevole. Amore di novits e di cognizioni 

10 spinse ad un viaggio in America, e parti appunto 

net giorno in cui scriveva al Promis. - Non ritorno piu, 

ed il caso pietoso merita ch'io ne parli. Lo faro quasi colle 

parole con che me ne scrisse, da me pregato, il suo cortese 

Dipote iI cavaliere Alfredo Cavaglia-Cossato. 

II eommendatore Cossato dopo avere scorsa, quasi per 

due anni, l'America, e trovandosi al Messico stabill di ritornarsene 

in patria. Voleva recarsi a San Francisco coll'amico 

suo e compagno di viaggio, il conte Vallaperta milanese, 

e di Ill. prender nave per l'Eul'opa. Ma s'era al tempo quando 

Ie genti indisciplinate, ed in parte sbandate del generale Sant'Anna, 

ritiravansi nell' Alta California; cosicche quelle stl'ade 

erano pericolose assai e quasi da non praticarsi. Le stesse 

autorita messicane 10 dissuasero dal tentare quella via e 10

-292- 

consigliarono invece di recarsi per l'imbarco a Vera-Cruz. 

E cosl fecero i due viaggiatori, e preeero paesaggio in una 

diligenza nella quale eranvi altri sei viaggiatori, uno francese, 

e cinque tedeschi. 

A notte, eesendo circa a meta cammino fra Messico e 

Vera-Cruz, ad un punto dove principiava una lunga ed erta 

salita e la strada scorreva suI margine di una estesa foresta, 

i postiglioni diedero 1'1l1larme dicendo di essere assaliti 

dai briganti. Il Cossato spinto dal suo temerario coraggio, 

di che aveva dato pill prove, balzo dalla vettura e 

postosi di fronte ai cavalli, intimo con gravi minaccie ai 

postiglioni che non scendessero di sella, e s'avviassero, 

senza piil fermarsi, su per Ia salita. II conte Vallaperta ed 

il francese che al pari del Cossato erano forniti di buone 

armi, 10 seguirono e tutti e tre eammioavano in guisa di 

frapporre fra essi ed i briganti scaglionati suI lembo della 

selva, quella massiccia vettura. Agli altri cinque eompagni, 

che erano disarmati e che percio avrebbero pill imbarazzata 

cbe aiutata la difesa, consigliarono si rannicchiassero nel 

legno a schermo delle schioppettate. 

Parve che gli assalitori fossero dai 25 ai 30, pure con 

tanta disparita quegli intrepidi gentiluomini si difesero energicamente 

per un'ora e mezzo nutreodo un vivo fuoco di 

moschetteria, il quale impedl a quei brigao"ti di assaltare la 

vettura e finalmente Ii pose in fuga mettendone moiti fuori 

di combattimento. 

In quel frattempo la diligenza aveva continuata la leota 

salita, quando giuoti al culmina i1 conte Vallaperta ad il 

francese s'avvidero dell'assenza del Cossato, e quantunque 

feriti ambidue leggermente, volevano ritornarsene per 

rintracciarlo. Ma i rimanenti viaggiatori ed i postiglioni 

si opposero ad ogni costo; che, temendo un ritorno dei 

briganti, volevano sanza indugio abbandonare i1Iuogo della 

lotta.

-293- 

PerO, alIa prima posta, il conte Vallaperta abbandonb 18 

diligenza e preso un legno, ritornb sui suoi passi con suffieiente 

scorta in cerca deIl'amico. E 10 ritrovo a mezza sa 

Jita, ucciso miseramente e quasi spogliato delle sue vesti. 

Era ferito in pin parti ed una palla aveagli forato il cuore 

e Creddatolo a11'istante senza che i due cornpagni, nel caldo 

della mischia, se ne fossero avveduti. La catastrofe succedette 

il 4 maggio 1855. 

XXXIII. 

Ed ora spicco un famoso saIto nientem'eno che dalle alture 

messicane, sino nel cortile del palazzo torinese che fu 

splendida e Jieta dimora dei Savoia Carignano, poi rumoroso 

ed agitato oste11o dei Deputati, ed ora e tranquilla 

tomba di queUe impagliate legioni cui impera con autorita 

tribunizia il dotto e cortese Michele Lessona. 

Mentre un bel di me ne stava rimirando Ie bizzarre ed 

ingegnose curve tracciate dal Guarini in quella mole di mattoni 

e, con buono studio di purezza, non infrante rna regolate 

dagli architetti ehe di recente la compirono, frugando 

coll'oechio fra aleune trabaccole di legno infraeidito mi 

parve di scorgere dai fessi dell'assito un alto masso ehe 

quantonque avviluppato con cenci sembravami figurasse i 

contorni di una statua col08sale. Cresciutami la curiosita facilmente 

potei soddisfarla, e seppi che sotto a quella misera 

tettoia aspettava rassegnato la prenunziata risurrezione ed 

j promessigli onori la monumentale, onesta e simpatica 

ligura di quel buon Re che fu Vittorio Emanuele I e che 

per coman do di Carlo Alberto fu scolpita nel mal'mo da! 

professore Gaggini. 

Sara un di storia curiosa ed istruttiva delle variazioni e

- 001- 

XXXVII. 

Non mi 80vviene se sia proprio Cicerone colui che disse 

essere Atene tanto popolata da antichi monumenti che dap· 

pertutto vi si camminava sulla storia, 

CoIl' andazzo preso, fra mezzo secolo, nella nostra citta 

avremo accanto alIa popolazione di carne e d'ossa una cittadinanza 

di sasso, Ai monumcntati non so augqrare di 

meglio se non che il marmo sia ad essi leggiero 

..... e dolci e pie 

sian l'aure e Ie pioggie .... !

-328- 

ternich che gli conveniva raddoppiare di vigilanza suU'opera 

prediletta delle sue mani, pel' non vederla atterrata da 

quelli stessi, che 10 avevano aiutato ad edificarla. D'altra 

parte, }' opinione pubblica nella Russia era entrata in un 

corso di manifesta avversione all'alleanza austriaca, giudicandola 

la cagione vera ed efficace per cui l'imperatore 

Alessandro, da favorevole si era dichiarato avverso aIle 

idee costituzionali. Le quali avevano tuttavia non pochi 

caldi partigiani ,in Italia. Bisognava pertanto rafforzare in 

tutta la penisola gli elementi di governo assoluto, togliervi 

ogni pretesto che potesse dare animo ai novatori di riprendere 

lena, e sopratutto mantenere i principi e i governi italiani 

nel vassallaggio dell' Austria. II viaggio dell'imperatore 

Francesco e' del suo primo ministro nel 1825, era rivolto principalmente 

a questi Hni. In quanto al Piemonte, oltre ad altri 

fatti, loro tornavano assai incresciose Ie voci che i costituzionali 

piemontesi facevano pur sempre circolare di sot· 

terranei intrighi austriaci nella Corte di Torino per tenere 

lontano dalla regia. eredita il principe di Carignano, essendoche 

siffatte dicerie, che effettivamente erano infondate, 

mentre inducevano l'erede presunti vo della corona di Carlo 

Felice ad inclinare dal lato della Francia, servivano a mantenere 

nel Piemonte agitati gli animi sulle future sue sorti 

politiche, e concorrevano ad a vvalorare i sospetti, che gIi 

agenti diplomatici francesi si studiavano di diffondere sulle 

ambizioni e sui segl'eti maneggi della Corte di Vienna in 

Italia. 

Se non per ispegnerle, almena per infirmarle, parve buona 

occasione l'andata dell'imperatore a Genova, se cola si 

trovasse cou Carlo Felice, e fossa trattato dagli ospiti 

suoi amorevolmente il principe di Carignano. La quale accoglienza 

poi avrebbe dato modo all'imperatore di saggiarne 

personal mente Ie idee, e di dargli opportllni consiglio E 

poiche il conte di Pralormo aveva seguito a Milano iSo-

-339- 

giandovi Ie piccole citta ed i grossi borghi, frodando a man 

salva Ie gabelle e travagliando a pin potere i gabellieri 

generali, senza indietreggiare dinanzi a quahmqua piu arrischiata 

impresa. II ]oro armamento era formidabile, sapendosi, 

che clascuno di essi portava un moschetto, due pistole 

da eintura, due da arcione e due da scarsella, e tutte a 

doppio colpo: quasi tutti erano soldati, che avevano servito 

nell'ultima guerra, e stavano sotto il comando di alcuni uffiziali, 

che ridotti daUa riforma alIa miseria, cercavano di 

campare alia meglio aIle spese delle popolazioni e degli 

appaltatori, di cui erano divenuti il terrore e la disperazione. 

Era loro capo Luigi Mandrin, figlio d'un maniscalco di 

St-Geoire presso Romans De] Delfinato, uomo d'un'attivita, 

d' UDa bravura e d'una risolutezza a tutta prova, ed aveva 

sotto di se un luogotenente degno al tutto di lui, chiamato 

San-Pietro. Le sue qualita persona Ii gli avevano per modo 

guadagnati gJi animi e conciliata la fiducia de'. BUoi subornati 

d'ogni grado, ch' era sempre sicuro d' essere llbbidito 

alIa cieca: d' altra pal·te, egli sapeva molto a proposito far 

giooare, molle potenti su quegli animi, l'interesse e l'amor 

proprio. Perciocche, oltre alia paga giornaliera di soldi 

trenta, che loro puntualmente passav8, accordava anche 

premi e distinzioni a quelli, cbe si segnalavano con azioni 

pili 0 meno valorose, sino a dispensare agli uffiziali di maggior 

merito Ie divise d'un ordine di cavalleria da lui inventato. 

II Mandrin, compartiti i suoi seguaci in parecchie squadre, 

forti di 80 in 100 uomini, Ie indirizzava agli uffizi di dogana, 

di passo e di gabella e soprattutto agli amministratori delle 

citta e terre ed ai signori de' ('astelli, dove depredavano 

od imponevano il cambio con contante, di cui fissavano 

esse stesse la somma, colle 10ro merci di eontrabbando, 

cioe con quella quantita di tabacco, di sale e d'altre cose 

di regia privativa, che ]oro pareva bene di dare: e con-

-340- 

taronsi fino a diciannove Ie citta ed i borghi da 10M mesei, 

per siffatto modo. a contribuzione Del termine di poebi mesi; 

onde non e a dire quanto Ie popolazioni di que' dintorni ed 

i gabellieri in ispecie ne impnurissero. Si promisero premi, 

si bandirono taglie per cbi consegnasse vivi 0 morti i capi, 

rna un fatto, cbe si contb a que' giorni, tolse ogni voglia 

di ricorrere a tali spedienti : un signore, Ie cui terre n'erano 

infestate, aveva prornesso un premio di L. 3 mila a chi gli 

porta sse la testa del Mandrin: questi, accompagnato da 

pochi de' suoi piu risoluti, portatosi di botto al castello di 

quel signore. gli disse, che gli recava Ia testa del capo dei 

contrabbandieri e veoiva percio a ricevere la promessa ricompensa. 

AlIa domanda fattagli dal signore di mostrargli 

Ia testa, Mandrin, fittigli que' suoi terribili occbi in faccia: 

0: Eccola (disse), io sono Mandrin ». II signore, pur protestando 

cbe il fatto non rispondeva al suo programma. sborslJ 

Ie L. 3 mila, ed ebbe di grazia di poter conservarsi la propria 

testa,' senza piu augurarsi di avere a veder quella del 

Mandrin. 

Se non cbe, aggravandosi sempre piu i disordini ed i 

danni, il governo francese ed i gabellieri ben conobbero, 

che, per cassare i maggiori minacciati inconvenienti, non 

si doveva piu indugiare a far giungere sui luogo un buon 

nerbo di truppe, capace di farla finita una volta con queUe 

ban de, frenandone l'audacia e riducendole all'impotenza. E 

cOSl fu fatto, per modo che i contrabbandieri rincorsi, incalzati 

e disf,tti in pareccbi scontri da forze prepotenti, 

che ne andarono di mano in mana assottigliando Ie file. si 

videro in ultimo costretti a gettarsi nelle finitime montague 

della Savoia. per cel'carvi quello scampo, che in Francia 

omai disperavano di poter ancora trovare; tanto pin che 

anche il Mandrin aveva, in que' scontri, toccate parecchie 

ferite, delle quali aveva bisogno di ristabilirsi. Non credasi 

con tutto cio, che vi stessero oziando, perciocche, volteg-

-343- 

sua traccia. Ma il suo disegno ando falIito pel tradimento, 

com'e fama, di un'amanza di lui, la quale, adescata da un 

1auto guiderdone, rivel0 il SllO rifugio ai gabellieri. Questi, 

tornati inuti\i tutti i tentativi da essi fatti per istanarlo dal 

suo covo, fermarono in ultimo eli andare a dirittura essi 

stessi a sorprendervelo, cheeche potesse avvenil'e, pur di 

metter Ie mani sopra la 80spirata preda. Posto pertanto, in 

assetto un corpo di 500 soldati fl'ancesi sotto i1 coman do 

di un signor della Morliere, lIel cuore della notte delJi 11 

di maggio del 1755, guaduto iI torrente Guieres, divisorio 

dei due Stati, un po' superiormente a PontLeauvoisin, si 

avviarono di cheto sino al villaggio di· St-Genix, posto 

suIla strada tendente al castello di Rochefort. Non appena 

pero comparvero nel villaggio, che gli abitanti, atterriti, 

suonarono a martello, e congiunti coi contadini accorrenti 

da que' dintorni, tentarono, con quelle armi qualunque, che 

prime lora diedero alIe mani, di opporsi al passaggio elella 

truppa. Ma a questa non fll difficile l'espingere la forza colla 

forza: uccisi da dodici contadini, e feritine aleuni altri, pose 

ben tosto in fuga il rimanente: ne contenta a cib, sfondate 

Ie porte di parecehie case, ne esporto tutto quanto di pin 

prezioso Ie venne fatto di scoprirvi. 

Frattanto, in mezzo a tutto questa tram busto, il signor 

della Morliere, non perdendo punto di vista I' essenziale og ... 

getto di quell a spedizione, procedeva a grandi passi, con 

una buona mano de' suoi soldati, e giungeva al casteno di 

Rochefort verso Ie tre ore della mattina. Atterratene incontanente 

Ie porte, un tenente, aUa testa di venti soldati, e 

seguito dappresso da altri cento, sale difilato .a11e stanze 

de' contrabbandieri, che vengono pure ad un tratto invase. 

Mandrin, assalito quasi nella stesso punto, in cui 10 strepito 

degli assalitori 10 sveglia, afferra due pistole e Ie searica 

contro i suoi nemici: nel tempo medesimo, tre dei suoi 

pl'incipali eompagni sparano ana loro volta ed uecidono

-350- 

questo spaccio del re il cav. Ossorio univa una sua lettera 

particolare, nella quale soggiungeva al Sartirana. che,ove 

non potesse subito partire colla famiglia, partisse anzitutto 

egli solo, regolandosi in modo, che la famiglia non rest8s8e 

piu di cinque 0 sei giorni a Parigi dopo ]a sua partenza. 

VII. 

In quella cbe a Torino si pigliava ]a grave deliberazione 

col citato dispaccio trasmessa a Parigi, in questa eitta sorvenivano 

tali ineidenti, che, modificando 10 stato delle cose, 

suI quale si fondava il dispaccio, posero in un impiccio dei 

pin serii il conte di Sartiran8 circa il modo di mandarlo ad 

eifetto. II Sartirana, appena ebbe certa contezz8 della seguita 

esecuzione del Mandrin, trasportato da una ben naturale 

indegnazione, credette suo debito, senza punta aspettare 

gli ordini della sua Corte, di muoverne ineontanente, 

come fece, Ie piu risentite querele prima 31 ministro Rouille, 

ed indi, in una- udieoza a tal effetto appunto instata, al re 

Luigi medesimo con una francbezza non ordinaria: c: M. de 

Rooille (scriveva i1 Conte a Torino, if 9 giugno, a tale proposito) 

alia tout de suite chez Ie roi de France il s'entretint 

avec lui quelque temps, avant que j' entrasse pour l'audienee ... 

Je dis a ce prince dans ce ton ferme et assure, que donne 

Ie bon droit et Ie soutien d'une cause juste, )e peu de mots 

que j'ai deja rapporte. Le Roi T. C. me parut deconcerte: 

il tou8sa et cracha quelque temps avant de me faire reponse, 

et ensuite it fit d'une voix chancelante ... Le fait est que je 

n'ai jamais eu une contenance plus assuree qu'a, l'occasiOD 

de cette audience, aifectant beaucoup de serieux, et que Ie 

roi de France m'a repondu d'une voix tremblante ». Potra 

forse pin d'uno sospettare, che l'ambasciatore esagerasse

-35)- 

porta va alIa nostra Corte di tenere al piu possibile in pendente 

finche erano vivi i negoziati. affine eli poter sempre 

fare, aU'nopo, del soo rivocamento una specie di concessione, 

come compenso delle age\'olezze cbe si desideravano. 

D'altra parte poi, giunto in Torino-il Sartirana avrebbe dovuto, 

giusta l"accordo fatto col ministro RouilIe, far significare 

a questo Ie definitive risol11zioni della !'lua Corte circa 

il BUO ritorno all'ambaseiata di Parigi, risoluzioni impossihili 

a. prendersi in quell' aspettazione, in elli si era dell'esito 

della proposta stata come sopra trasmessa aI Gabinetto 

francese. 

XI. . 

Se non che i giorni intanto passavaDo, senzacbe da Pa· 

rigi arrivasse la sospirata risposta, talche quanti avevano 

a eOOl"e la continoazione delle boone relazioni tra i due 

paesi, comineiavano gia ad impensierirsi seriamente. Ne 

senza ragione, giacche la corrente contraria ad ogni eonoe88ione, 

che, come si diese, trascinava non pochi e alia 

Corte e a Parigi, mise piil d'una volta a dure strette la 

buona volonta de' ministri, i. quali, ben sapendo qual tempesta 

minacciasse sempre pin da viciqo la Francia, e considerando 

Ie cose sotto il )oro aepetto pratico e positivo, non 

dissimulavano pnnto, cbe )e forze di quel reg-olo (roitelct), 

come gia alue volte, cosl anche allor8, poste sulla bilancia 

che stava per decidere dei destini dell'Europa, a vrebbero 

avuto il loro peso, del quale sarcbbe stato pericoloso non 

tenere il debito conto. E percH), non lasciatisi Illsingare da 

quelle vanterie di un am or proprio nazionale esagerato, ostarono 

con saldo petto a quella corrente, Bpuntando plll'e in 

ultimo l'ambasciata straordinaria, cbe it richiamo del Sar-

-360- 

tirana aveva di nuovo messo in discussione. Ma ci volle del 

bello e del buono, come i1 Rouille stesso, a cosa finita, ebbe 

poi a confessare a1 conte di Sartirana un giorno. che questi 

facevagli sentire quanto Carlo Emanuele avesse (atto per 

quell' aggiustamento: «. Cetta Cour (gli rispose, intendendo 

della Corte di Francia) en a fait bien davantage, et quelque 

jour je vous dirai tous les combats, que j'ai eu a soutenir 

pour que l'affaire ne rut pas rompu apres qn' on a vu qU'OD 

ne vous avoit pas envoye de contr'ordre sur vOtre depart •. 

Quanto aHe altre due domande della Corte di Torino, venne 

bensl accolta senza difficolta quella relativa al rifacimento 

dei danni, ma fu data una recisa repulsa a quella concernente 

il castigo dei principali autori dell'attentato, nOD gia 

pero in modo diretto, mao indirettamente per via di sotterfugio, 

negando che vi Cossero degli ufficiali regii implicsti 

nell'affare, e riservandosi al postutto di far esaminar6- a 

fondo Ie circostanze del fatto e di governarsi a seconda 

delle risultanze di dette indagini, senza pun to intendere di 

vincolal'e la propria Iibert3. d' azione, ne promettere altro, 

cbe buona giustizia. Era evidentemente una scappatoia, ebe 

poteva significare 0 conferma della 80spettata connivenza 

del Governo nell'attentato, 0 paura di troppo esasperare il 

partito contrario alIe eonc8Ssioni, e forse runa cosa e l'altra. 

Comunque, il re Carlo Emanuele, avendo conseguito il principale, 

vale a dire I'llmbasciata straordinaria cbe metteva 

al coperto in faccia l'Europa la sua riputazione, a tutela 

della quale non aveva esitato neppure davaoti al prossimo 

pericol0 d'una. rottura, - stimo di poter mostrarsi arrendevole 

neU'accessorio, e quiodi, gradita senz' altro l'ambasciata 

dichiaro quanto ai principali colpevoli in ispecie, di rimettersi 

appieno all'amicizia ed equita del re di Francia. 

AllOl'a fu cbe il conte di Sartirana pote finalmente ripi· 

gliare l'interrotto suo viaggio alia volta della capitale, confortato 

dalla seguente lettera, che il cav. Ossorio gli fece

• 

-364- 

niquant mal a propos et d'une maniere tronqu6e Ie disconr8 

que Ie comte de Noailles nous a tenu dans l'audience ... I.e 

dit Comte n'y est entre pour rien et nous lui rendoDs la 

justice d'avouer qu'il en a ressenti une veritable peine ... 

Nou8 les avolls fait assurer que nous voulions bien regarder 

cette affaire comme non arrivee:.. Infatti il Gabinetto di 

Torino si tenne pago a ragguagliare dell'incidente i suoi 

ministri presso Ie diverse Corti estere residenti, perehe Ie 

mettessero in suU' avviso contro Ie relazioni spedite dalr am· 

basciatore francese .• Questi pero ebbe della incorsa umiliazione 

un compenso nelPapprovazione de' suoi eonnazionali, 

come il Sartirana nota in risposta alIa suddetta eomunica· 

zione: « Certainement tout ce qui tendroit a diminuer l'eciat 

de Is. demarche, que cette Cour s'est engagee a. Caire visa-vis 

de V. M., ne pourroit que plaire ici, ou la nation ne 

revient point de la d6sapprovation generale, qu'elle a donne 

a. cette d6marehe J. II perche non e punto a stupire, che. 

nonostante la dichiarazione preaccennata del conte diNoailles, 

ehe il re avrebbe punito gli autori deU'attentato, tutto siasi 

posto in tacere a tale riguardo, malgrado Ie sollecitazioni, 

elle talora in via di semplice osservazione, andava facendone 

il nostro ambaseiatore, che sentiva rispondersi: ( qu'on 

a trop fait par renvoi d'un ambassadeur extraordinaire, et 

qU'une telle reparation doit tenir lieu de tout :.. 

On de, sebbene nelle vie ufficiali la questioue fosse stata 

definitivamente chi usa colla partenza da Torino del Noailles, 

ch'ebbe la sua udienza di congedo il 20 di settembre, tut· 

tavia il rancore per quella, che continuavasi chi am are umiliazione 

della Francia, covo a )ungo negli animi del popolo 

e del ministero medesimo al di la delle Alpi. rancore. che 

an do sfogandosi in canzoni, commedie, libelli ed UDa inti· 

nita di altri consimili scritti, che non discontinuarono fino 

alIa rivoluzione. 

•

PROVE PER L'AMMESSIONE 

NELL'ORDINE MAURIZIANO 

NE' SUOI PRIYORDJI, 

Non pal'mi privo di euriosita il documento ehe qui 80tto 

darb, rna oecorrooo aleune parole di introduzione. 

Nel 1572 Emanuele Filiberto Duca di Savoia, Ii 16 settembre. 

otteneva una bolla pootificia d'erezione dell'Ordine 

militare e religioso di S. Maurizio, e Ii 13' sl100e&sivo novembre 

gliene el' coneessa ultra di unione di detto ordine 

a quello di S, Lazzaro. Emanava p08cia Ie relative patenti 

ducali Ii 2"2 gennaio del susseguente 1573, e come primo 

Gra n Maestro e Ca valiere Ii 2 febbraio faceva solenne pro 

(essione nelle mani dell' Areivescovo di Torino Gerolamo 

della Rovere. Nel successivo giorno 13 dava principio alle 

nomine con quella di un cavaliere mastro di cerimonie nella 

persona del sacerdote Sebastiano Deonate, di Belba, e creava 

Ii 14 i primi otto cavalieri Galeazzo Cava, Gio. Antonio della 

Torre di Milano, Ippolito Valperga, Ascanio Bobbs, Annibale 

Ravoyre, Ludovieo Decappo, Francesco Decappo, Erasmo 

Galleani di Nizza, e Annibale Cacherano d'Osasco. AlIi 15 poi 

nominava il suo figlio Carlo Emanuele principe di Piemonte. 

Questi nel Ruolo dell' Ordine, esistente fra i manoscritti della 

Biblioteca di S. M., ha il numero cronoiogieo 11, e Ie no-

-372 - 

gio U>73, Eusebio d' Arona Ii 9 dicembre 1576 e Gbirone 

Valperga Ii 6 febbraio 1574. 

Non sempre erano richieste Ie prove di DobiJta per "Ordine 

Mauriziano, sempre perb si andava eon Bommo rilento 

nel concederlo, per modo ehe al 6nire del 1768 dopo 

225 anni di esisteuza esBO aneora Don noverava 2400 deeorati. 

V. PROKIS.

, 

- 374- 

e si mostrano pOCO gi usti verso i nostri legislatori, o oloro , 

che tutti intenti a mettere in rilievo }'odiositA delle molestie 

personali intlitte agl'Israeliti, trascurano poi di metter loro 

a riscontro quel principio di religiosa tolleranza, che, proclamato, 

fin dal 1430, dal duca Amedeo VIII, e seguentemente 

riconfermato, e, che piii 6, osservato da' 8uoi sueeesBOri, 

prese sede definitiva nelle R' Costituzioni del seoolo passato 

in quei termini perentorii: «Non vogliamo che sia leoito a 

veruno di oostringere aloun Ebreo, di qualunque sesso si 

sia, e violentarlo a ricevere per forza il Santo Battesimo, 

ne di turbare in qualsivoglia forma i lora riti:t. 

Questa ritenutezz8, questo rispetto della ooscienza erano 

tanto piu notevoli e commendabili, quantoche, oltre all'urtare 

la corrente popolare, venivano professati da principi, 

che religiosissimi essendo, e della diffnsione della propria 

fede zelanti quanto altri mai, lungi dall' essare indiifereoti 

alia conversione degli Ebrei indigeni ed immigranti, mostravano 

di desiderarla ardentemente e di promoverla anche, 

daUa violenza in fnori, con tutti i mezzi in loro potera (I). 

Fra questi, a dir vero, eranvene talora di quelli che tenevano 

alquanto del singolare, giaoohe sebbene essenzialmente 

fossero indirizzati a guadagnare Ie convinzioni dei convertendi, 

tnttavia nel modo di voler farsi da essi ascoltare, 

rasentavano assai da vicino quella violenza, daUa quale Ie 

leggi diohiaravano di aborrire. Un esempio quanto caratteristieo 

dei costumi del tempo, altrettanto curioso, tratto da 

due documenti inediti dei primi anni del secolo seorso, 

mettel'8. sotto gli oechi del lettOiae la oosa assai meglio ehe 

non farebbero tutte Ie parole ehe io vi spendessi attorDO. 

(1) Parlo in generala, giaccU, pur troppo, sotto i regai di Amedeo VIII. dl LlIdovieo, 

nOD maneano 8sempi di persacnsioni oontro gli 8brei; mil. esai, ben pochi all88ndo, 

tenllto canto del corso di ph\ secoli, a prodotti da can .. acciden&ali e tra.nahorie, MIl 

distruggono punta il sistema generale di protesione e dl dlresa adoUato dal principi di 

Savoia riguardo ugH ebrei.

- 376- 

grande quantitk di gente chao vi devono 8ssistere, mentre 

vi devono easere tutti Ii teologi tanto de' preti, cbe de'frati. 

oItre i1 gran eoncorso di gente, e convenuto di soogliere 

una chiesa, com'e stato praticato in Roma, Venezia, Ferrara 

e Genova; percib e stata eletta la Chiesa di San Francesco 

di Paula, per essere piu comoda agli Ebrei, che quella di 

San Domenico. Si e pur aneo aletto i1 giorno di sabbato per 

non disturbare loro travagli e negozi. Li Ebrei non vorrebbero 

che Ie lora donne v'intervenissero, come banno 

praticato nelle dette citta, temendo che. per easere que8te 

di facile credenza. si arrendano facilmente: venendo io in· 

formato, cbe vogliono dare una suppliea a V. M. circa questa 

partieolare. differisco il precettarle per aspettare l"ordine di 

V. M.» (1). 

Certo, nella monotona" vita della nostra citta, dovette 

quello esser uno spettacolo strepitoso non menD cbe straordinario: 

tuttavia sulle conseguenze di e8SO Ie memorie contemporanee 

(per quanto almeno poterono estendersi Ie mie 

indagini), serbarono alto silenzio; dal che potrebbe per 

avventura arguirsi con qualebe probabilita, che il Rabbino 

Pisani abbia Bnito collaseiarvi il tempo che vi aveva trovato. 

II. 

Ho detto, che Ia nostra legislazione concernente gl'Israeliti 

era ne' tempi addietro, non poco severa: rna se tale 

poteva in effetto qualificarsi considerata in se SteSS8. tutt'aItro 

invece era da dirsi, ponendola a riseontro delI'opinione 

popo]are corrente neI paese, cbe avrebbe voluto altre misure 

ben pin rigide an cora, e dava intanto la spinta a disordioi 

(1) Archivi di Stato, Lellere parlicolari.

-"m- 

ed 6Coossi, ehe il Governo non sempre, ne all'intutto riusciva 

a cansare. Pili d'una volta infatti, ne solo nei seeoli XIV e 

e XV, come dice il Cibrario, rna ancbe nei susseguenti, 

forono gl'Israeliti a furor di popolo assaliti e trucidati, 

c: ora col pretesto che (ossero untori e propagassero morbi 

contagiosi, ora colla vieta e di rado vera accusa che rubasserO 

e crocifiggessero fanciulli cristiani », e talora sotto 

l'impulso di altre prepotenti passioni di cupidigia 0 di fanatismo 

artatamente eccitate da interessati speeulatori. 

Furono sovente faUe segno di sareasrni e di dileggi Ie 

seguenti disposizioni delle nostre Regie Costituzioni, coosiderate 

come rnostruosita legislative: C[ Non ardira chict: 

chessla d'ammazzare, ferire 0 percuotere qualunque ebreo ... 

c Si proibisee an cora ad ogni persona di offendere in ratti 

c: 0 in parole alcun ebreo 0 8cagliare sassi nelle porte e 

c finestre delle case ove abitano, tanto di giorno che di 

C[ Dotte) (1). Certo, eravi in queste prescrizioni qualche cosa 

di strano, rna ]a stranezza stava non gih dal lato di chi 

feca )a legge, rna S1 bene da quello di coloro, pei quali 

venne fatta, di coloro, dico, in cui il senso morale era talmeote 

alterato "dalle superstizioni e dai pregiudizi, da darsi a 

credere che gJi Ebrei fosse.ro SI poco uomini da doverli ritenere 

esclusi dallo stesso diritto cornune vietante l'omicidio; per 

modo che fosse lecito di farne queUo qualunque strazio che 

non fosse da una legge speciale positivarnente proibito. Di 

qui Ie riferite dichiarazioni e specificazioni, che ora fanno 

sorridere i rigoristi del linguaggio legislativo. rna che 

erano, posta )a prenotata aberrazione popo]are, un8 necessita, 

ancora nel secol0 passato, in cui quei rancori, lungi 

daH' essere attutati, prorompevano ad ora ad ora in cerli 

scoppii, che davano da pensare allo steSBO Governo 88s01uto, 

tutto intento a frenarli. 

(1) R. COItilu:;ioM "" 172S-1.7B9 II 1770, Lib. I, tit. VIII, cap. IX.

-378- 

E eli qualcuoa appunto di sitrotte agitazioni, di cui il 

nostro paase fn teatro nel seenlo trasoorso, propongomi ora 

qui di dare un rapido canno, sopperendo in qoalche parte 

al silenzio fin qui da patrii scrittori serbato, intorno a questo 

delieato argomento, che gia abbastanza interessante per se 

stesso, venne in questi ultimi anni, acquistando nn nuovo 

ben maggiore interesse pel rinfocolarsi in modo cost repen· 

tino e violento di qoeUe passioni tra religiose e politiche, 

Ie quali pareva dovessero omai aver finito il loro tempo. 

Restringomi per ora a due delle nosne citta, Ie quali essendo 

tra queUe che venivano maggiormente dagli Ebrei sCruttate, 

non 8 a stupire se erano aoche tra queUe, in cui i mali 

umori pin acri serpeggiavano e pin pronti sooppiavano, 

voglio dire Casale ed Alessandria. 

III. 

Gia Cn dianzi accennato, che una delle accuse eapitali 

addossate agli Ebrei e che servirono iI pHi 80vente di pretesto 

per eccitare contro di eS8i Ie indigoazioni popolari, 

era che fubassero i fanciulli cristiani e Ii nooidessero, immolandoli 

nell'oocorrenza delle lorn pasque principalmente. 

Dissi pretesto, giacche, se non 8i pub niegare che qoalebe 

rara volta il Canatismo oongiunto eoll'odio contro at persecutori, 

abbia potuto spingere taluoi a 8itratti accessi a sraga 

di vendetta, vuolsi pure d'altro canto ammettere, che nella 

massima parte dei casi essi dovettero 68sere 0 parti di fantasie 

riscaldate, 0 che peggio 8t invenziooe di spiriti torbidi 

emaligni.che.pe. lorn Hoi abusarono della credulit& popa. 

lara. E di tal fatta appunto sembra che sia stato il caso che 

nel 1728 poco mancb non mettesse la cittA di Casale a 

soqquadro.

-382- 

Intanto perl> che tutta questa procedura andava B'Volgendosi, 

contrariamente a quel principio di equita e giustizia, 

cbe Bta a favore degli accusati non ancor convinti, il popolo 

minuto riteneva gill senz'altro gJi Ebrei, e tutti in massa, 

come colpevoIi, e per tali Ii trattava, oltraggiandoli e maltrattandoli 

a man salva, incontrati Dei luogbi pubblici, e 

gettando pietre ed ogni maniera di sozzura contro Ie loro 

abitazioni, dove si asseragliavano come assediati. A r.essare 

siifatto scandalo furono finalmente costretti il Governatore 

ed il giudice di circondare a dirittura Ie abitazioni degli 

Ebrei di truppa e di soldati di giustizia, che vi feeero guardia 

continua per pin giorni, come scriveva i1 presidente del 

Senato, Conte Lascaris di Castellar, il quale perb 80ggiUIlgendo 

Bubito, quasi per tranquillare i1 ministro, a spese 

aSlLli 8wei, dll, con .questo solo tocco, a divedere in qual 

conto (08sero qnelli tenuti, verso i quali la stessa pubblica 

Autoritll nOll 8i credAva in debito di protezione, se non in 

quanto Ie venisBe a volta a. volta pagata: Del che, a dir 

vero, sl il magistrato, come il ministro assai male si conformavano 

alia lettera ed allo spirito delle Regie Oo8ti1ozioni, 

dico di queUe stesse del 1723. 

Pochi giorni dopo sorvenne un iocidente che diede nuo,a 

materia alle supposizioni e dicerie de' Casalaschi, e fo I'essersi 

trovate sulle sponde del Po Ie vestimenta del povero 

fanciullo scomparso: era egli vera mente stato preda del 

fiume 0 per sua 0 per altrui colpa'l ovvero queUe vestimenta 

erano state III portate, apposta per dar a dived ere che si 

f08se aonegato colui, che forse era stato scan nato ? La moltitudine 

che non sapeva menar buona l'assoluzione otten uta 

dai due ebrei, accolse naturalmente e sostenne colla solita 

sua ·teoacita. questa sua supposizione,e quindi continuo, 

per qualcbe tempo ancora, Ie CODsuete ostili dimostrazioni 

contro l'uggiosa schiatta, Ie quali obbligarono i1 Governo 

ad adottare misure rigorose, cbe perl> non fecero che accre-

-384- 

di mano in mano s Torino per edificare iI ministro sullo 

spirito. sedizioso degli Alessandrini, risssumendo Ie proprie 

impressioni eolle seguenti parole: a: V. E. ait la bonte de 

voir par III a quelles maudites gens qne j'ai II faire J. Eccone 

un saggio scelto fra i molti, cbe non si potrebbero onestamente 

qui citare: « Governo senza saper govern are, 

« Maggiore, cha non fa che mangiare, 

, Ma il tributo l'avrete presto da pagare. 

« Parlo con voi, 0 Superiori, massime eon Bona (1) 

a: e Monbercelli (2). Oh cbe ingiustizfe fate! Oh che 

« errori 1 ecc. 1). 

Carto, erano pin Cb' altro, pettegolezzi e fors' anche accuse 

false 0 grandemente esagerate dallo spirito di consorteria. 

dalle vanita deluse 0 dagli interessi insoddisfatti; intanto 

perb davano ansa e pretesto alle Autoritll, tutte intenle a 

voler scoprirne e punirne gli autori, di mettere in opera i 

mezzi arbitrarii e vessatorii che i1 Governo metteva a loro 

disposizione; e per tal modo andava stabilendosi una sorda 

reciproca irritazione fra i governati e i governanti, non 

senza peri colo di un urto aperto al sorvenire di eerte drcostanze, 

che dessero impulso e favore al malcontento popolare. 

Tale stato di semilatente ostilitll si protrasse sin verso 1& 

meta del segueote anno, in cui un avvenimento accortamente 

messo a profitto dagli oppositori del Governo, precipitb 

ad un tratto Ia crisi, e fu una straordinaria agitazione 

controgli Ebrei, sollevatasi tutto ad un tratto nel ManroyanG 

e nel Ferrarese, e di III attraVf'rso Ie provincie intermedie, 

propagatasi ben tosto nel Piemonte. Giova, ripigliando 

la cosa da alquanto alto, indagarne la origine. 

(1) II Maggiore. 

(2) 11 GOTornatoro.

-388- 

abbiano vieppiu esaeerbata la cittadinanza, la quale, in attesa 

di una prossima rivineita, andava frattanto efogandosi coi 

soliti SCl'itti anonimi, ingiuriosi e minacciosi. Uno di essi, 

consegnato alia Posta all'indirizzo del Vescovo, del Comandante, 

deU'Intendente e del Prefetto, con un esemplare per 

caduno, COSt diceva: a: Db cosa vergognosa! S. Ecc· si e 

fatto protettore della Sinagoga a persuasione di quel tre 

volte bonus, bona, lJonum (1), ch' e a dire tre volte co .... 

del Maggiore e di quel testa di eaprone di Beninzone ,2). 

che per mRngiare dalli Giudei, voglioDo vietare alii Cristiani 

di cantare la canzone; rna se que'due paponi non metteran 

giudicio, al certo cbe vi vuol seguire un gran pasticcio. 

Siete esortati fl'attanto rl'incominciar a pregare per l'anima 

di questo galiotto di Beninzone 11. 

Egli e da creriere che i sintomi di quel10 stato di cose 

non fossero al tutto tranquillanti nemmeno per Ie Autoritil, 

poiche e il Vescovo, Monsignor Miroglio e 10 stesso Prefetto 

stimarono bene d'intromettersi nella vertenza come mediatori 

e paeificatori, implorando In Iiberazione de' carcerati dal 

Governatore, e questi, non ostante i1 dispetto concepito e 

non mai smeseo contro Ia popolazione Alessandrina, non 

giudico prudente i1 rifiutarvisi, come scriveva al Ministro, 

i122: «A la requisition de Monseigneur l'Eveque et de ravis 

de M. Ie Preret, je les ai fait sortir ce matin de prison, pour 

voir ci cela peut calmer Ie desordre; qui en effet paroit deja 

un peu calme, puisqu'il y n deux nuits qu'on ne la chaote 

plus (Ia chanson): et qu'on nc voit presque personne dans 

Ie quartier des juifs; ou il y a toujours des patrouilles ayant 

etabli un piquet de tl'ente grenadiers avec un officier pour 

les continuer jusqu'au jour. Mais, comme d'ailleurs j'ai affaire 

ici a un pe'uple tres-insolent et tdmeraire, il ne laiss'! 

(1) 11 Maggiore Bona. 

(2) Aiutante di campo del Governatore.

-390- 

E, per dar subito prova del rincrudito suo zelo, da una 

parte, colta l'occasione della come sopra raccornandatagli 

punizione dei principali au tori del tumulto. si adoperb ehe 

il Prefetto, per pubblieo bando, promettesse un grosso pre· 

mio a chi si face sse a svelarli, aggiungendo, nel darne la 

notizia a Torino: C[ Et je donnet'ais volontiers rna bonne 

part»; e, daU' altra parte, assicurb al Ministro. che non 

toglierebbe i1 picchetto ne Ie pattuglie d' attorno aile abitazioni 

degli Ebrei. finche Ie cose non fossero appieno ristabilite 

nella pristina regolarit8. e quiete. Ed ebbe la soddisfazione 

di venire alIa sua volta assicurato da Torino, che 

amendue queUe misure erano state gradite da S. M. Quale 

che ne fosse la causa 0 il contegno del Governatore. 0 la 

stanchezza della eittadinanza, 0, piu probabilmente aneora, 

l'uno e l'altra, fatto e che, a breve andare, Alessandria 

tornb bensl pacifica e quieta, ma i eaporioni dei disordini 

non furono ne scoperti, ne puniti, malgrado l'attrattiv8 del 

premio e 10 zeio delle Autorita. 

VI. 

Del resto, se Ie furie popolari scatenate contro gl'Israeliti 

si fecero piu d'una volta a dispetto delle Regie Costituzioni, 

non mancovvi, d'altro lato, chi si fece di queUe stesse Costituzioni. 

un'arma per tormentarli in un modo menD pericol080, 

per verita, rna forse pill maligno e uggioso ancora. 

Di questo incidente, taciuto finora, e ehe di diritto appartiene 

all'argomento ora svolto, porta il pregio. elle se ne 

Caccia una breve menzione, non fosse che per la qualita del 

personaggio, che, colla stranezza del suo procedere vi diede 

luogo; intendo parlare del famoso, troppo famoso, profess ore 

Ranza di VerceUi.

I 

1 

- 391- 

E noto che Ie Regie Costituzioni imponevano ([ a tutti gli 

Ebrei ed Ebree, giuoti a11'et8. d'anni quattordici, di dO,ver 

portare scopertamente tra i1 petto ed it braccio destro, un 

segno di color giallo dorato, di seta 0 di lana, e di lunghezzR 

un terzo di raso, tal mente che potessero mani festamente 

distinguersi da' Cristiani ». Pero sulla esecuzione di 

tale ordine, cosl umiliante per g}'Israeliti, e che ben conferma 

quanto si e SOP1'U accennato circa l'essersi sempre i 

medesimi considerati quali stranieri nello Stato, e stranieri 

sospetti e da dover di continuo esser tenuti d' occhio - ; 

sulla esecuzione di tale ordine, dico, Ie Autorita, verso la 

meta del secolo passato, si erano molto l'ilassate, e massime 

poi quando gia romoreggiando la rivoluzione francese verso 

i contini dello Stato, il Governo tutto iotento a premunirsi 

contro i pericoli che 10 minacciavano, distratto da ben altre 

cure, non la guardava piu tanto nel sottile nelle minuzie, 

come questa, in cui l' opioioae pubblica, cosl contraria a 

tutto che sapesse di fanatismo religioso, non avrebbe fatto 

che accattargli odio e disistima. 

Or bene, aoche aHora quella poca di tolleranza parve eccessiva 

al professore Vercellese, al futuro repubblicano e 

Giacobino, iI quale percio, sotto il18 giugno 1791, presentava' 

al Prefetto di Vercelli la §eguente singolare. per non dire 

straDa, instanza: 

tI Visto il pubblico e comune abuso degli Ebrei ed Ebree 

([ di questa Ghetto, di non portare la divisa pl'escl'itta dalle 

«Re Costituzioni Lib. 1, tit. 8, Cap. 4, § 1. il sottoscritto 

([ Ro Prof. Gio. Antonio Ranza, fa instanza formale presso 

C( nll mo Sig. Prefetto, acciocche si compiaccia di far eseq: 

gnire il prescritto come sopra dalle Re Costituzioni, dando 

a: ordine a questi soldati di giustizia di. precettal'e e cit.are 

q a comparire avanti di lui tutti e ciascuno dei detti Ebl'ei 

«ed Ebree, che da oggi in poi si troveranno per la rittu 

«senza la detta divisa, onde siano castigati ogni volta con

EMANUELE FILIBERTO 

E UN P ASSAGGIO DI SPAGNUOLI NKL 1573. 

I. 

Non e il racconto di cotesto passaggio, che ci proponiarno 

di fare. I documenti che abbiamo non ci servirebbero al 

!'uopo. E I'animo invece, Ie cure di E. Filiberto; l' opera sua 

per renderlo il meno possibile infesto al paese; il contegno 

di lui a fronte del Governo Spagnuolo, che chiedeva il passaggio 

potendolo comandal'e, che noi vogliamo e possiamo 

narrare. A cia valendoci d'un fascicolo di lettere del nostro 

Duca, che trattano di codesto passaggio prima che avvenisse 

e Ie ql1ali pertanto neaDche non ci dieono che sia poi 

realmente avvenuto. Ma che sia avveDuto ce 10 insegna, 

se non altri, il Bentivoglio nella sua StoMa della IIUIlN'a 

di Fiandra (Parte 1 at Lib. VII). E difatti Ie nostre lettere 

Bono del 1573. E fu r anna appunto che Ie cose della guerra 

nei Paesi Bassi, e non ostante la presa di Harlem, volgevano 

a male per la Spagna, e il Duea d'Alba (d'esosa 

memoria) lascil> iI governo di Fiandra. It Onde i1 re Filippo II 

dichiaro governatore dei Paesi Bassi, Lodovico di Requesens 

Commendatore maggiore di Castiglia, il quale allora trovavasi 

in ltalia, Governatore di Milano:D, 

E a un (Jommendatoremalluiore.aMilano. sono dirette 

la pili parte e Ie principali di codeste lettere.

-394- 

Seguita i1 Bentivoglio: «Parti egIi (il Requesens) suI 

fine d'ottobre dell'anno 1573 efece it cammino della Baooia, 

della Contea di BOl'gogoa e della Lorena, e seco non eondusse 

altra gente di guerra ehe due sale compagnie di 

ea valli, l'una di lance e l' altra di arebibugieri,. 

Checehe siasi di cio, o. quale si sia stata la quantita di 

gente di guerra ch'abbia realmente poi condotta seco il 

Oommendatore. la domanda del passaggio, fatta da lui al 

nostro Duea, fu per «tremila Spagnuoli» (1). 

Emanuele Filiberto, gia, non poteva opporvisi. SuI cbe si 

puo notare 0 rammentarsi, che dopa il 1559 e per effetto 

del Trattato di Cambresis gli Spagnuoli ebbero eomunica· 

zione fra il Milanese, Ia Franca Contea e Je Fiandre, transitando 

per Piemonte, Savoia e quindi per la Lorena (2:'. 

L'opera dunque di lui si dovette restringere a cerear di SeQmodarvisi 

e pericolarvi il menD possibile; e il suo fu un avvisare, 

un suggeril'e, eonsigliare i modi ehe meuo 10 turbassero: 

un dire, un insistere, un presentare ogni tanto delle 

nuove ragioni; ripresentar sotto nuove forme e variamente 

colorire Ie vecchie, tanto da ottenere (poiche a negare il 

passaggio non bisogoava neanche pensarci), cbe il modo e 

l'esecuzione gli riuscissero men dolorose e funeate. Insieme 

fu sua cura incessante di scaricarsi della responsabilit8. dei 

disordini che potessero accadere fra Ie truppe che facevano 

il passaggio, nonche delle offese che potessero toccare dagli 

emuIi e nemici di fuori, .come Svizzeri, Fl'ancesi e particolarmente 

Ugonotti, e si ancora (ove i soldati si fossero 

sbandati, e ueando mali tel'mini e sevizie). dai sudditi 

stassi ducali. Coordinatamente a cio gli bisognava cercar di 

ottener che chi conduceva Ie truppe, sapesse di dover usare, 

e il Duca ottenesee ehe venissero ussti, tutti i migliori modi 

(1) Le\tera 2S marzo 1573. 

(2) CARUTTI, St, dellA Diplomllzio, ecc., I, S18.

-395- 

per (arle proeedere ordinatamente e tenerle a segno. Finalmente 

bisognava aneora, eon queUe sue rappresentanze, 

difficolta, esigenze e i ritardi che ne conseguivano, non far 

perdere agJi Spagnuoli la pazienza e iDgenerare Del Commendatore, 

e peggio nel Re, i1 sospetto d'una malavogIia 

in lui e che tuttocib facessesi per far an dar a monte 0 tirare 

in lungo la Cosa 0, come s' esprime il Duca in una di codeste 

Jettere, «pel'cbs non si a veva volontll che questo 

passaggio si facesse]) (Lettera del 7 aprile). 

Quello che il Nostro otten De, 0 non ottenne, 10 si vedm 

fra breve e via via nel corso e dal tenore di codeste letterd. 

11 qual tenore repntiamo gill di per se abbastanza interessante, 

astrazion (atta dagJi storici ragguagli che esse ci forniseono. 

Comunque, questa storica minuzia servira pur sempre 

a concretare e individuare in parte, e per la sua parte, Ie 

noslle relazioni allora 0 di E. Filiberto con la Spagna. 

II. 

La pratiea incomincib a farsi viva e continuata nel marzo 

del 1573. Ma gia erasi avviata sin dall'aprile dell'anno precedente. 

Se poi sia rimasta in trooco sino al suo riappicc8l'Si 

nel 73, oppnre i relativi documenti sol tanto manchino, 

. non sappiarno. Parlando di quelli che abbiamo, una di codeste 

lettere, del 29 aprile 1572 al G. Cancelliere Stroppiana, 

e la prima in cui troviamo (atta parol a del passaggio. 

Una cosa simile 0 un passaggio di truppe attraverso un 

lnngo tratto di paese arnico bens!, ma attorniato, 0 prossimo 

a nemici delle truppe che passavano e vogliosi di 

offenderle; non munito, 0 abbastanza, contro di essi, doveva 

venir fatto con precauzione. E la prima era quella di munire 

1 passi lungo la strada. A quanto sembra, la Spagna non

- 401- 

stia e Ie difficolta ehe sono in quei paesi, e prineipalmente 

da} Moncenisio sino a Ciamberi, situati in montagne sterilissime, 

O'De cO'll'Dien 'Per forza condur're il tutto a sckiena 

di mulo, e pereil> pigIiarsi avvantaggio del tempo »: 

Pare ehe quanto gli Spagnuoli gli facevano ressa attorno 

per questo passaggio, tanto andassero lenti a provvedervi 

essi stessi e in quella forma che voleva E. Filiberto. ([ Imperl> 

(scriveva egli ai CC. di Stroppiana e d' Arignano il 6 di 

aprile) darete ad intendere questo» (ossia ehe s'affrettassero 

a dar ordine aHe stapole, ineomineiando da queUe ([ dalla 

Novalesa ovvero Moneenisio. sino a Chavannes. in Borgogna, 

ove convien prima provvedere, avanti ehe stabilire 

queUe di qua dai monti, Ie quaJi dopo saranno presto (atte) 

al sig. Giovanni di Vargas; e dirgli, ebe quando vedremo 

cbe manderanno commissarii in Savoia e in Bressa per I'effetto 

suddetto, e ehe provvederanno di denari per la gente 

cbe si dovra porre ne' passi ene' castelli come si fece al 

tempo del sig. Duea d' Alba, ebe allora penseremo ehe vogliano 

far questo passaggio e che vi attendano daddovero. 

Ma sin a tanto ehe 10 faceiano, stimeremo ehe se ne curino 

poco, e ebe da lora resti ehe non si eseguisca eil> ehe mostrano 

tanto di desiderare per servizio di S. M. ». 

Codesto suo animo nol celava neppure al Commendatore 

maggiore, al quale, il giorno appresso, in termini, natllraImente, 

pili stndiati e manierosi, seriveva: .... ([ Ritrovandomi 

io aver detto e ricordato tutte Ie cose suddette ehe mi parevano 

necessarie, e anco molte altre che mi oceorrevano 

in questo servizio ...... e vedendo cbe non si dava ordine 

alenno ne si mandavano commissarii, mi persuasi ehe questo 

passaggio non si farebbe eosl presto, e ehe intanto io potrei 

eseere di ritorno a Torino (1). It ebe mi sarebbe 8tato caris- 

(I) n Duca 8 II. Nizza e vi rimane per quanta duranD qU4l.te lettere. Quelle, come 

questa, acritte al commendatore Ie abbiamo in grazia delle copie che il Duea lie mandava, 

per lora porma, ai conti di Stroppiana e di Arigna.oo. 

CvrionlG , RiHrcM Storich,. Y.

- 407- 

pel suo verso. Ma non tanto paro, cbe it Duca non stimasse 

spediente, prendendo atto della sua, direbbesi, concessione, 

di J'ibadir il chiodo e rafi"ermare colui nella sua risoluzione. 

E pero gli scriveva il 20 d'aprile: cr: Quanto al metter alcuna 

gente ne' passi ene' castelli, Ella ha considerato molto bene 

secondo che io gli significai, cio essere mol to necessario, 

e tanto pin per i movimenti del Delfinato, i quali ora, per 

quanto intendo, cominciano a bollire, e de' quali avvisai 

V. E. sin da} principio ch'io n'ebbi notizia. E perche il peneolo 

pub essere in molte parti, Ie quali furono molto bene 

considerate e previste al passaggio del sig. Duca d' Alba, 

sarei d'opinione che ora si racesse niente di manco, vedendo 

questi movimenti e paricoli che in quel tempo nou erano, 

e i1 numero del1a gente che" ha da passare molto minore e 

non tanto buona:D. Al che pure il Commendatore aveva acconsentito, 

scrivendo che «vi dovessimo mettere quella 

gente che ne parrebbe necessario]), siccome il Duca ne 

avvertiva, il giorno 20, 10 Stroppiana. L'incombente in tanto 

di metterla, cotesta gente, cascava addosso al Duca. 11 che 

vieD confermato da un' aItra di queste lettere, del 28, al 

medesimo Stroppiann, per nuovamente avvisarlo che « essendo 

vennta, 0 venendo (ahime che tardava pur molto a 

venire!), la risoluzione del sig. Commendatore maggiore 

per far la gente che bisognerll per i passi e castella, operiate 

che Madama scriva e mandi patenti a1 Governatore di 

Savoia e a quel di Bressa; se occorrera. levarne nel suo 

governo, che levino quel Dumero che sara spediente, nei 

luoghi piu vicini e comodi, per maneD spesa a S. M., pill 

eomodita de'soldati e pin prestezza a porgli ne'luoghi, per 

facilitare il passaggio, sicche non venga punto ritardato, 

come sapete essere nostra iutenzione]). 

Il per maneo spesa a 8. M. ci addita, a buon conto, 

che la spesa del pagal'la e trattenerla, codesta gente, questa 

almena se l' accollava la Spagna.

- 415- 

raecomandare, sara bene e cosl v'ordiniamo, che per quel 

numero di carra, bovi, bovari ed altre bestie (sic) da basto 

che saranno necessarie per i1 passaggio della gen.te che 

S. M. Cattolica fara presto camminare in Fiandra, facciate 

che in cib concorrano tutte Ie terre ivi circonvicine a Santo 

Ambrogio a volervi provvedere mediante il ragionevole pagamento: 

PERCHE A DBTTA COMUNITA DI S. AMBROGIO BABTERA. 

PUR TROPPO IL DANNO CBB VERRA A PATIRE PER L' ALLOGGIA 

MENTO D'BBSA GENTB, SBNZACBE BB GLI RICERCHI ALTRO. CoBi 

fate dun que. Di Nizza alii XXVII d'aprile MDLXXlII. E. philibert 

- Capra }). 

Maggio 1882. 

F. SARACBNO.

CORREZIONI ED AGGlUNTE AGLI STORIe I PIEMONTESI 

GAETANO PUGNANI 

I. 

Dopo Ia morte di Gaetano Pngoani, Cu vista, circa , illuogo 

della sua nascita, rinnovarsi, in proporzione ben pin modesta, 

a vero, la gara antica eccitatasi riguardo ad Omero, tra Ie 

sette Greche citta rivendicanti, ciascuna per sa, l'onore di 

averg1i date Ie prime cure di vita. Tre diversi luoghi pres80 

di noi si contesero siffatto onore riguardo a1 celebre violinista; 

e neppure al giorno d' oggi tale eootesa potrebbe 

dirsi cessata e defioita, quanrlo si volesse deferire a quanto 

in pl'oposito viene allegato dal cay. A. Bertolotti nella reo 

ceote sua monografia su Cumiana, a pag. 245, nelle seguenti 

linee: ([ In Cumiana si vuole che nascesse (il Pugnani) 

nel 1728 .... II Regli ed altri 10 dicono nato nel Canavese, ed 

io fissai il Malangaro, frazione di S. Maurizio (1); egli Del 

suo testamento segreto si disse Torinese. Forse volle dire 

del Oircondario, dei dintorni, come difatti il Malangaro non 

(I) Notuie StoriCM .cc., raccolte dal Cay. A. BI.R'l'OLOT1'I. Fil'eDlle 1879.

- 417 - . 

e molto distante da Torino, oppure nacque vera mente in 

Torino, essendo ivi suo padre Gio. Batt. Segretario neIl'ufficio 

delle Finanze]). Aggiunse poi ivi stesso l' Autore di 

voler lasruar «giudice it lettore intorno alia patria (di esso 

Pngnani), poicbe, dice, trovandomi io fra i1 mio Canavese 

e l'amata Cumiana, non ho coraggio di sentenziare:D. 

Libero da ogni riguardo e predilezione, ben prima cbe il 

Ch. A. ne facesse come sopra facolta a' suoi lettori, mi sono 

acointo a studiare )a questione, non solo sui testamento da 

lui citato, ma eziandio su parecchi altri rogiti seguiti di 

tempo in tempo, nell'interesse del Pugnani, e debbo dichiarare 

averne, senza molta diflicolta, ricavata 1& convinzione, 

obe Torino abbia fuor d' ogni dubbio, a ritenersi come la 

vera patria del celebre Violinista: ed eccone in sllccinto Ie 

ragioni. 

Non mi farei ardito di tanto affermare qualora nel citato 

testamento non si leggesse che la sola qualificazione di 

T01"inese, che il cay. Bertolotti crede ed allega di avervi 

effettivamente letta; giacche avrebbe il Pugnani potuto 

essere e dirsi con tutta proprieta Torinese per tutt' altro' 

titolo, che per quello della nascita, per queUo cioe dena cittadina'1lM 

acquisita od ottenuta con que' mezzi che Ie leggi, 

gJi statuti e gli usi potevano somministrargli. 

Se non che, ogni discussione a tale riguardo toma superfloa, 

dappoiche, per quanta io abbia letto e riletto il citato 

testamento, la qualifica di Torinese non mi venne fatta di 

scovarla, ed in cambio di essa, mi abbattei in un' aItra loonzione, 

la quale avrebbe dovuto di primo tratto fermare l'attenzione 

del cay. Bertolotti, essen do tale, da bastare essa 

sola a risolv"ere senza pili ogni relativo dubbio; voglio dire 

la qualific8zione esplicitamente dallo stes80 Pugnani datasi 

di NATIVO dellR cilIa di Torino, e che si legge nel suo 

testamento, comincianta appunto colla seguenti espressioni: 

« Volando io Gaetano Pugnani del fu sig. Gio. Batta, vi- 

C1lriDri'ci • Bk."ch. ,'oricM, Y . fl7 

•

-4rl- 

cJi alto grado si mostrassero schive daUo scrivere nei tempi 

cJi mezzo ed anzi, pur sapendo, disdegnassero di farlo. Non 

potrebbesi pertanto argomentare che i principi di SavoiR 

.dei quali si ha In segnatura non sapessero scrivere. 

Dei segni nei quali consisteva la segnatura si distinguono 

piu specie, gli uni rivelano un'intenzione, contengono 

qualche allusione. gli altri sono puramente fantastici. 

I primi autograft dei principi di Savoia oi porgono saggi 

degli uni e degli altri. 

II conte Tommaso II, il principe valoroso che lascib alta . 

(ama di se nella storia del Piemonte di cui era signore. 

per vastittt di mente e per virtu politiche e guerriere, segnb 

il suo testamento del 26 giugno 1248 disegnando una spada 

cosi: 

Bee est ultima 'Doluntlls mei 

Tllo. de 8alJaudia Oom. quam sigillo 

et 8'UbsC1'ilJo (1). 

Singolare autograCo ! Quella spada racchiode un gran concetto; 

il conte Tommaso adottandola a rappresentare la 

Bua persona par quasi che dica davanti al mondo - il mio 

.valore e la mia spada sono la min fortuna -; quella spada 

consegnata in un atto di ultima volont8. par quasi un legato 

solenne fatto dal conte Tommaso alIa sua famiglia, ed 

essa ben seppe raccoglierlo e cllstodirlo fino alIa Ion tan a 

posteritA. 

(1) Lo lICI'itto 6 di muo del notaio,

-428- 

Filippo di Savoia areivescovo eletto di Lione, che reese 

poi 10 stato dal 1268 al 1285 segnb 10 stesso testamento di 

Tommaso II, come testimonio, con un segno puramente 

convenzionale disegnando un'ssta che sostiene un cerchia, 

j n questa modo: 

Bgo PR. Lugdunensis electus intfJ"fui rogatus 

a T H. testator8 si!lillafJi et Mscripsi. 

Perb 10 steSBO Filippo fece uso di un altro segno nel suo 

testamento 26 lugJio 1256, nel qnale, entro un cerchio for· 

mato dalla sottoscrizione, stesa di mano del segretario-notaio, 

disegnb una croce pomata in questa maniera: 

/lgo PH. testator condo kic kane mellm ultimam 

'Doluntatem sigillo et sullscmo.

-435- 

TIL 

ANNA DI CIPRO 

MOGLIE DEL DUCA LUDOVICO 

Figliuola"di Giano di Lusignano re di Cipro, di Gerusalemme 

e di Armenia e di Carlotta di Borbone, 

spos6 in febbraio del 1434 Ludovico di Savoia, fu 

madre di diciotto figli, tra i quali Amedeo IX e 

Filippo II; morl a Ginevra l' 1 I novembre 1462. 

Fu principessa di meravigliosa bellezza, di svegliato 

ingegno e di spiriti arditi, rna d'animo altiero ed ambizioso, 

di mobili e capricciose fantasie: domino funestamente 

il debole marito che Ie fu largo di spensierate 

liberalita. « Con essa entro nella Casa di Savoia vaghezza 

di gemme e d'ori » e prodigalita di doni ai 

cortigiani; per essa il favoritismo dei Cipriotti succhi6 

Ie rendite di Piemonte e di Savoia, i1 disordine am':' 

ministrativo, Ie dilapidazioni e Ie discordie dei nobili 

sconvolsero 10 Stato. 

1456 16 agosto. - Lettera segnata, da Ginevra, alia Duchessa di Milano 

alia quale con caldissime istanze raccomanda it cipriotto Amedeo di Nores per 

la concessione di un benefizio. Questa lettera e una nota caratteristica del 

favoritismo della duchessa Anna pei suoi connazionali. II Pantaleone nominato 

in questa lettera e il celebre medico Pantaleone da Confienza, maestro di 

Pietro da Bairo. 

Di questa principessa non si trovano lettere neU'Archivio della Real Casa; 

('origiDale di quella, qui riprodotta, appartiene all'Archivio di Stato in" Milano. 

Illustris Consanguinea Carissima. Quam nobis grata et gratissima 

fuit relacio ad extensum vestri parte facta per Egregium 

ac benedilectum fisicum nostrum magi strum ponthaleonem, de 

1 

I

- 437- 

di ,Francia, alla quale era stato fidanzato fin dal 1436, 

succedette al padre il 29 gennaio 1465; morl il 30 

marzo 1472. 

Fu piissimo e virtuosissimo principe, amante della 

giustizia e d'immensa carita verso i poveri, rna debole 

di corpo e crudelmente travagliato da morbo epiletico. 

Tre anni appena dopo assunto al trono, l'infennita gli 

fece cedere Ie redini del governo alla reggenza della 

consorte Giolanda, bella e savia principessa. Le grandi 

sue virtu 10 resero tuttavia amato e venerato dai 

popoli. 

1465 'P agosto. - Lettera, scgnata, da Ciambcri al Duca di Milano, in 

raccomandazione di Giorgio dei Conti di Valperga BUO ciambellano. 

Nell'Archivio della Real Casa non esistono lettere del duca Amedeo IX ; 

I'originale di questa che qui si pubblica e dell'Archivio di Stato in Milano. 

Illustris consanguinee et compater carissime. Ad vos impre· 

senciarum proficiscitur Spectabilis Consiliarius fidelisque et 

Cambellanus noster, sincere dilectus, georgius ex Comitibus vallispergie 

pro nonnullis suis agibilibus. Et quia ipse georgius qui 

nostris continuo persistit in seruicijs Nobis eciam et tota domus 

vallispergie laudabiliter seruierunt et continue seruire non cessant, 

rogamus vos igitur quo ad possumus ut ipsum georgium, 

nostri contemplacione et amore, in quibuscunque suis agibilibus 

sincere commendatum suscipere placeat, quoniam id ad singularem 

merito reputabimus complacenciam. Ad quecumque possibilia 

vobis grata jugitur parati. Illustris Consanguinee caris· 

sime Omnipotens vos conseruare dignetur feliciter et votiue. 

Scriptum Chamberiaci die ultima augusti MO iiijC lxv to • 

Dux Sabaudie etc. AMB.. 

(fUMi) 

Illustri Consanguineo et Compatri 

nostro Carissimo Dud Mediolani.

- 441 - 

berto I nel1482, sposo il 1 0 aprile 1485 Bianca di Monferrato; 

morl il 13 marzo 1490. 

Appena morto nel 1483 Luigi XI, che aveva esercitato 

fino aHora una prepotente tutela sugli stati di 

Savoia, Carlo I assunse Ie redini del governo a q uindici 

anni e « spiego un carattere pieno di energia e di 

fermezza fino alIa crudelti. Nel 1486 il Marchese Lodovico 

II di Saluzzo, intimorito dal carattere spiegato dal 

nuovo duca di Savoia,ottenne la protezione di Carlo VIII 

re di Francia e gli presto omaggio del marchesato ). 

Forte di questa appoggio. il marchese di Saluzzo irruppe 

negli stati del Duca. Ma ratto egli rispose aIle offese 

con numeroso esercito: rapido nelle mosse, furibondo 

negli attacchi, tutto cede aHa di lui violenza. Ripreso 

Pancalieri, fece impiccare i soldati del Marchese, ch'era 

per lui non un belligerante rna un ribelle, e decapitare 

il Governatore. Lo spa vento incusso da questa fatto 

fecegli abbandonare Sommariva, Cavour e Fortepasso, 

egli forzo Carde e Carmagnola, indi mosse all'assedio 

di Saluzzo, che non ostante la ostinata difesa espugno. 

[1487] 21 dicembre. - Lettera segnata, da Carignano a Filippo di Bressa 

suo zio, al quale dA appunto ragguaglio dei suoi successi, ora accennati, della 

guerra contro il marchese di Saluzzo. Filippo conte di Bressa era stato it solo 

che si fosse ostinato nell'opporsi all'influenza francese ed il nipote seguendo 

la sua politica era in buonissima intelligenza con lui. Questa lettera e controsegnata 

dal segretario Marnix. 

Di Carlo I si hanno dieci lettere, segnate: delle quali sei al conte Filippo, 

due al marchese ed una aUa marchesa di Monferrato, ed un'altra ad un suo 

consigliere. 

Le duc de sauoye 

Mon oncle, je me recomande it vous. Je vous ai script nagueres, 

despuys ay recouvre Raconix, summe Riue, cavours et 

fortepas et ay prins cardey et carmaignole et m'en voys it 

saluces esperant it l'aide dieu venir it bon bout de mes afferes

- 442- 

et fere cognoistre ames ennemys qu'ilz ont fait vne foUe entreprinse. 

Mon onele, Quant aultre suruiendra Ie vous feray scauoir 

aidant notre seigneur auquel je prie qu'il vous doint voz desirs. 

Escript it cargnan Ie xxj jour de decembre. 

Votre Nepveu CHARLES. 

(fuori) 

AMon onele de bresse. 

VIII. 

Marnix. 

BIANCA DI MONFERRATO 

MOOLIE Dl CARLO I 

Figliuola di Guglielmo VI, marchese di Monferrato 

e di Elisabetta di Francesco Sforza duca di Milano, 

nacq ue tra il 1470 ed il 1473, spos6 al 1° di aprile 1485 

il duca Carlo I; mori a Carignano il 3 I marzo 1 5 19. 

Le gravissime dissensioni ed i contrasti suscitatisi alia 

morte di Carlo I per la tutela del figlio ancora in fasce 

posero a dura prova la duchessa Bianca. Ma « il dovere 

e Ie circostanze difficili formarollo di Bianca anear tanto 

giovine una donna di gran senno ». Uso eoi principi 

della Casa una cortese benevolenza e si studio di evitare 

tutto cio che poteva destare gelosia tra piemontesi e 

savoiardi. Ferma e risoluta nei suoi atti, lasci6 buona 

memoria d i se ed utili provvedimenti per la giustizia. 

Perduto l'unico figlio, Carlo Giovanni Amedeo, nel 

1496, essa si ritiro in Carignano, ove tenne splendida 

corte onorata da'tornei del cavalier Bajardo. 

[ s. a.] 15 febbraio. - Lettera segnata, da Garignano, a suo eugino filiberto 

II, al quale manda il suo scudiere Gramon per prenderne notizie. In 

questa lettera appare la cortese amorevolezza che, come si e detto, soleva usare 

coi principi della Casa di Savoia. 

Della duchessa Bianca, si conservano nell'archivio della R. Casa sedici 

lettere, tutte linnate, oltre un registro di minute della sua corri.pondenu.

-446....:... 

deues de l'annee dernierement passee mil iiijC lxxx;. Pour ce 

vous fay commandement que avon vcue premierement la dite 

remanence sur son compte vous luy faictes son assignacion sus 

lesditea scigles et menus viures de ladite remanence, au pris 

qu·elles valent maintenant. En telle condicion que se lesdites 

seigles et menus viures valent plus que ne monte sadite remanence 

que de jcelluy plus soit teou en rendre compte en la 

chambre de noz comptes. Et au cas que lesdites segles et 

menus viures ne pourroyent satisfere it. ladite remanence Iuy 

cn ferons fere deue assignacion sus lesdits viures de l' annee 

suyuante ou aultremant. Et a ce ne vueillez faillir. Et adieu 

soyez. Escript a bourg Ie xij jour de feurier Mil iiijC lxxxij. 

(Iuo".i) 

A Bolomier. 

XI. 

MARGUERITE DE BOURBON. 

Lapelin. 

CLAUDINA DI BROSSE DI BRETAGNA 

SECONDA 1\10GLIE DI FILIPPO II 

Figliuola di Giovanni I di Brosse, duca di Bretagna 

e conte di Ponthievre e di Nicolina di Blois, sposO 

Filippo conte di Bressa (Filippo II), l'I1 novembre 

1485, fu madre di Carlo III e di altri quattro principi 

e d'una principessa, rimase vedova in novembre 1497; 

morl ai 13 ottobre 15 13. 

Fu donna di risoluti propositi e lasci6 gran concetto 

di Sf; raccontasi che, al suo avvenimento nella 

Bressa, attraversata nelle sue mire dal credito di Clll 

godevano presso il Conte alcuni suoi favoriti, scrivesse 

al presidente della Bressa ch ' essa si ricordava della 

divisa d'uno dei suoi avi, che per significare ch'egli 

avrebbe saputo evitare Ie insidie tesegii dai suoi nemici 

porta va per motto: Encore est vi·ve. la souris.

- 449- 

pour avoir l'argent du don qui me fut fait en bresse, ainsi qu'il 

a pleu it. monseigneur Ie me donner. 

Si vous supplie rna dame, que votre plaisir soit commander 

audit tresorier qu'il m'envoye ledit argent, autrement je n'auroye 

de quoy suyr ledit seigneur i monseigneur mon pere n'a point 

voulu que j'aye riens demande au Roy, et de la pencion de 

madame de sauoye son tresorier ne m' a riens voulu prester 

disant qu'il avoit baille it. mondit seigneur tout ce qu'il avoit, 

et m'a assigne en divers lieu x dont on aura grant peine de Ie 

recovrer. 

11 me desplaist de vous donner tant de peine mais je ne 

scay it. qui recourir se n'est it. vous comme it. ma dame et mere, 

et pour l'avenir m'acquiettray enuers vous comme bon filz doit 

fere, vous faisant tous les serllices qu'iIz me seront possibles. 

En priant Dieu, rna tresredoubtee dame, qui VOllS doint tresbonne 

vie et longue. Escript it t(ours Ie) xvije jour d'octobre. 

(fuori) 

A rna tresredoubtee dame 

et mere madame de bresse. 

Votre treshumble et obeissant 

fiIz et seruiteur 

XIII. 

PHILIBERT DE SAUOYE. 

MAR GAR I TAD' A U S T R I A 

SECONDA l\lOGLIE OJ FILJ8ERTO II 

Figliuola di Massimiliano I imperatore e di Maria di 

Borgogna, nacque nel 1480. Nel 1482 fu concessa in 

isposa a Carlo Delfino di Francia, poi Carlo VIII, ed 

inviata in Francia. Carlo VIII avendo deciso di sposare 

Anna di Bretagna, Margarita fu rinviata nei Paesi Bassi 

nel 1494. Fidanzata a Giovanni principe di Castiglia, 

and6 in Ispagna, ma appena maritata resta vedova il 

4 d'ottobre 1498. Ritornata in Fiandra spos6 nel 1501 

Filiberto II di Savoia, il quale mori tre anni dopo. 

OuriOlira , Ric.reM alor""'. v.

- 452- 

[ I 553] l7 luglio. - Lettera, segnata, da Vercelli al segretario Michaud, 

al quale raccomanda di vegliare, acche it figlio (Emanuele Filiberto) non si 

esponga troppo ai peri coli della guezra. 

E commovente questa lettera; in esss, I'ultima ch 'egli scrisse:- il cadente Duca 

volge iI pensiero al giovane figlio, unico alfetto cd unica speranza rimastigli. 

Quanto fosle grande il suo amore pel figlio appare dalle raccomandazioni dl 

freoarne l'ardore, egli non trepidava solo pel dolore di perderlo, ma giustamente 

ponderava il gran male che ne sarebbe avvenuto ai suoi popoti. 

Di Carlo III rimasero molte leuere. 

Le Duc de Sauoye 

Trescher bien ame et feal, Nous escripvons a mon filz, commc 

verres, en queUe peyne, regret et desolation perpetuelle il nous 

laiseroit et les subgectz s· il Iuy survenoit quelque aduersite. 

Pour it. quoy remedier la chose la plus souveraine est de croire 

son conseil, je dis de ceulx qui sont aupres de luy qui sumes 

aS$eure ne lui conseilleront de s'azarder par troup aux dangiers 

de la guerre ou les coupz ne sont de mesure. Car aussitost 

luy pourroit il mesaduenir que it vn aultre s'il ne procedoit 

meurement et avec la consideration qu'il doibt avoir it sa per· 

sonne. Et encoures que soyons asseure que mondit filz y aura 

du regard vous ne debues laisser de votre couste luy en fere 

les remonstrances 

... 

qui verres apartenir jouxte la fiance qu'avons 

en vous. A quoy vous prions ne fere faulte. A tant notre seigneur 

vous ait en sa saincte garde. De Verceil Ie xxvi)' de 

Juillet. 

CHARLES. 

- 0453- 

sposo Carlo III il 1 0 ottobrc 152 I, fu madre di Emanuele 

. Filiberto e di altd otto figli morti in tenera 

eta; mori a Nizza Ii 8 gennaio 1538. 

Principessa di rara bellezza rna forse troppo altiera, 

ebbe l'animo risoluto che mancava al marito del quale . 

fu amorosa consorte, valido aiuto ed assennata consigliera 

nelle faccende di Stato. Cognata di Carlo V e 

da lui molto amata, cbbe in odio i francesi, fu perci6 

incolpata d'esser stata una delle cause della rovina di 

Carlo III, rna Ie circostanze funeste furono superiori 

ad ogni volonta. Ebbe dall'imperatore in dono il contado 

d' Asti. 

[1534-35] - Lettera, tutta d,i pugno, al Duca suo marito. Questa lettera, 

nella qua Ie Beatrice sollecita Ca,rlo III a venire in Piemonte pei sospeui 

che la sua dimora a Ciamberi destava, certo negli imperiali, ch'egli mantenesse 

pnliche coi francesi, pare scrilta tra i I 1534 ed il 15'35, nel tempo in cui il 

Duca faceva guerra a Ginevra. In essa si manifesta l'avversione di Beatrice 

pei francesi dei quali gli raccomanda di diffidare. E se la letters fu scriua in 

quelle circostanze, la Duchessa mal non si apponeva, giacche la Francia stava 

per invadere in breve il Piemontc. Le sue lettere originali presentano nelrortografia 

e nella lingua uno strano miscuglio di portoghese e di francese. 

Esistono non poche leltere di Beatrice, delle quali alcune furono dale alia 

stampa dal Barone CURETTA - Vita di Beatrice di Portogallo. - 

Monsyor iay ne vous e volu prier de vinir de par de sa pOl" 

se ye ne via poin de apareca, mes estora que estas gens s'em 

van ge vos sopeli tres vmelman que vous Ie fetes car ye ne 

pore puIs demorer sem vous ver, he osy por se que vous etes 

hem gros damger de votra presona he votro eta, car tou ese 

seroi am grosa sopesom so vos, he dyam que vous non demorreis 

hem ganberia se non por oyr les particques dos francois, 

que vous no fetes poin de batiaiIa, que s'e vnna feCJon de 

fer por vous entertinir yuques it se que ho Roy sea a leom 

por vous fere 'vnna venua, de que, com votra via, sereis mal 

contem he tupel d'outras parolas, commo puIs 0 logo vereis por 

la memoria; monsior ye vous pria que vous hoteis de Iii., car 

Ie piuto s'e Ie milor e osy vous defeteis de l'amyrar car ye ne

- 454- 

averey palzir yuques it se que ye saya que vous etes de cleor 

de gamberya he me fetes saber souall de YOUS nouelas, beiyo 

as mans de vossa alteza 

XVI. 

EM A NUE L E FI LI B E R TO 

(Testa di ferro) 

uveA 

BIHTJZ. 

Figliuolo di Carlo III e di Beatrice di Portogallo, 

nacque Ii 8 luglio 1528, sposo ai 27 giugno 15 j 9 

Margarita di Valois; mori il 30 agosto 1580. 

Nuovo fondatore della monarchia di Savoia, Emanuele 

Filiberto come guerriero, come legislatore, come 

ordinatore fu principe cosi grande da illustrare qualunque 

maggior trono del mondo. 

Quando mori suo padre, tutto 10 Stato era occupato 

dagli stranieri, unico retaggio che gli rimanesse era la 

spada, come diceva l'impresa da lui assunta, spoliatis 

anna supersunt, ed egli seppe brandirla con tal braccio 

e tal valore, che vittorioso a S. Quintino, riacquisto 

gli aviti dominii. Vi ripristin6 savi e giusti ordini 

amministrati vi, ristof() Ie scienze, Ie Iettere e Ie am, 

quasi creo Ie industrie; istitui un esercito permanente 

ed innalz6 forti baluardi. 

Di meravigliosa energia e d'instancabile attivita, a 

tutto provvedeva, deliberando da se, sempre can maturit'! 

di giudizio, con profondita di vedute e COli 

grandezza di concetto. Fecc il Piemonte iuliano di 

politica e di lingua. 

I 

I 

I 

I

- 455 - 

[ 1574] q settembre. - Biglietto tllUO di pugno, da Lione al segretario 

di Stato Fabri, dal quale sollecita notizie della Duchessa e del figlio ann unziandogli 

la sua partenza. 

Questa lettera si riferisce ad una delle circostanze piil dolorose, in cui si 

sia trovato Emanuele Filiberto. II passaggio in Piemonte del re di Polonia, 

Enrico III di Francia, che chiamato alia successione di Carlo IX, si recavu 

a prender possesso del trono francese, fu un avvenimento d'importanza per 

la politica del Duca di Savoia. Emanuele Filiberto ando ad incontrarlo fino 

a Venezia, gli fece festose accoglienze nei suoi Stati e 10 accompagno sino 

a Lione. Cola egli coltivava Ie pratiche apparecchiate per otten ere dal nuovo 

monarca franccse la restituzione di Savigliano e di Pinerolo, ed il re glie ne 

aveva appunto fatta promessa quando gli pervenne la notizia che la consorte 

ed il figlio erano in pericolo di vita. Egli parti immediatamente, come annunzia 

in questa lettera, ma per istrada ebbe la dolorosa notizia della morte della 

Duchessa. 

Di Emanuele Filiberto rimangono molte lettere. delle quali parecchie giil 

note per la stampa. 

Fabri, non mancarete subito avuto questo picgo per Antonino 

farglielo dare et avisarmi jornalmente del esere di madama et 

del principe poiche Ii vostri avisi mi pigliarano in strada, pensando 

con l'aiuto di dio partir domatina. 

Da Iione a 13 di setembre. • 

E. PHILIBERT. 

XVII. 

MARGARITA Dl VALOIS 

MOGLIE Dl E.'lANUELE FILIBEkTO 

Figliuola di Francesco r e della regina Claudia, 

nacque il 20 giugno 1524, spos6 Emanuele Filiberto 

il 27 giugno 1559, fu madre di Carlo Emanuele I; 

lnori il I) settembre I 5 74· 

Fu principessa adorna delle piu rare e squisite virtu; 

in essa si accoppiavano « dignita e cortesia, indulgenza 

c giudizio, ingegno naturale e studio, magnificenza di

- 458- 

Figliuolo mio amatis mo 

Gionsemo ieri qui con un malissimo tempo di vento, 

havanti che fosse notte, et m'incontrai con questi Sri nelre 

della topia, Ii quali sono molto piu di quello mi credeuo 

veramente tutti persona di qualita et di molto valore. m r 

diguiera e vechisimo et di san ita 0 robustezza no ha 

piu ch'il conte di fuentes, io credo che ni l'uno nc l'altro 

ne mangerano perchc non an delHi, io spero per tutto do 

sbrigarmi di qui per poi tornarvi a vedere, io desidero s 

delle vostre nove et di vostr; [ratelli et sorelle et delle mi 

ne dira questo portatore il quale dispacio a posta per ri 

tarmene delle vostre che suplico il Src che siano come desi 

che non potrano esser che buone. lui vi tenghi di sua Sl. m 

et vi guardi piu che me; di brusolo alii J2 di aprile 1610. 

XIX. 

V ostro bon padre 

C. E:I4A!liUEL. 

CATERINA D'AUSTRIA DI SPAGNA 

MOGLIE 1>1 CARLO EMANUELE 1 

Figliuola di Filippo II re di Spagna e d'Isabella 

Francia, nacque in Madrid ai 10 ottobre 1567, spo 

Carlo Emanuele I in Saragozza Ii I I marzo 158) 

fu madre del duca Vittorio Amedeo I e di altri nov 

principi; mori il 6 novembre 1597. 1 

Fu principessa « di altissimi sensi e che sapeva\ 

temperare l'alterigia spagnuola col senno e coll'amorcll 

del pubblico bene ». Consorte amorosissima del DUGl, I 

mori per aborto cagionatole dal dolore provato aHa' 

falsa voce corsa della morte del Inarito, sicche negli 

ultimi sospiri andava esclamando: - il Duca mio signore 

e morto!

- 45f1 - 

[ I 591] 25 giugno. - Lettera, tutta di pugno, da Torino al Duca che richiede 

d'una lettera commendatizia pel, conte di Pondejo. 

La duchessa Caterina, come si vede da questa lettera, continua\'a a servirsi 

della lingua nativa. Nella raccomandazione che fa al consorte di non dimenticarla 

e nel voto che Iddio 10 guardi, molto pill di lei, appare I'intenso suo 

atfeuo pel marito. 

II carteggio della duchessa Caterina e ussai abbondante. 

Senor mio 

de mi bida 

EI Condezillo de pondejo a benido aqui no se quanto siliara 

y me a pedido Ie de esta en su recomandazion, como 10 ago; 

tan bien me a dicho de sea yr a espana y a dicho escriba una 

carta a mi padre, por 10 mismo me a pedido os pida que vos 

Ie deys otra y ansi 10 ago I y no Ie sera sino prohecho que 

vaya alIa para abajarle el vicio que trae y despues que os 

sirva donde stubieredes porque si no se hechara a perder: 

y por aber os aora escrito con don Antonio muy largo y respondido 

a las tuyas no sere mas larga de suplicarte no me 

olbides, y a dios que te guarde mucho mas que a mi, de turin 

a 25 de Junio 1591. 

(fuorij 

Al duque 

ml senor. 

Vuestra leal y obidiente 

Consorte que no ay que asi os qUlera 

xx. 

CATALINA. 

VITTORIO AMEDEO I 

lJUCA E RE DI CIPRO 

Figliuolo di Carlo Emanuele I e di Caterina d'Austria, 

nacque Ii 8 maggio 1587, spos6 Cristina di 

Francia ai 10 febbraio 1619, succedette al padre il 

26 luglio 1630, assunse il titolo di Rc di Cipro il 

1 0 gennaio I 63 3; morl a Vercelli il 7 ottobre 16 3 7·

-460- 

Principe valoroso, giusto e saggio, a lui tocc6 di 

rimarginare Ie piaghe Iasciate dalla politica battagliera 

ed ardimentosa, rna troppo spesso avventata, del gran 

genitore. 

Fu assegnato nelle spese, non pero privo di sollecitudine 

per gli abbellirnenti dalla capitale, Torino. 

Per reprirnere l' arroganza spagnuola fu costretto a 

subire la prepotenza francese alIa quale dovette sacrificare 

l'indipendenza colla cessione di Pinerolo e della 

valle di Perosa, ceduti col trattato di Cherasco del 31 

marzo 163 I, contro il compenso di Alba, Trino, Nizza 

della Paglia e di altre terre del Monferrato e di larghe, 

rna incerte promesse sulla Lombardia. 

r63 I

I , 

-- 462 - 

era gia ce·ssata. Pero la sua reggenza fu aspramentl! 

travagliata da gravissime traversie e da fieri contrasti; 

stretta tra Ie insidie di Richelieu c la guerra civile 

mossale dai Cognati, essa francese di nascita e d' affetti 

serb6 fede al Piemonte ed al figliuolo. Protettrice delle 

arti fu splendida in edifizi e monumenti. 

1642 l4 maggio. - Lettera, tutla di pugno, da Torino al cognalo Pri 

Cardinal Maurizio. Questa lettera si riferisce aile trattative di acc:onlocJlalIlCIII. 

coi cognati coi quali fu conchiusa la riconciliazione ai 14 giugno di qu 

Questo fortunato accordo pubblicalO il l4 luglio segno il termine della 

civile e di un'iliade di calamita pel Piemonte. 

Della duchessa Cristina si conservano moltissime lettere. 

Monsieur mon frere, j'ay remis it vos ministre la demiere 

solutions sur la demande qu'il m'ont faite de votre part de 

je croy que vous deves estre satisfait puis qu'il vous 

une fidelle tesmoignage des bonnes volontes que j'ay pour 

.Ie vous prie de me faire sauoir la votre prontement affin 

je sache ce que fay affaire puis que les longeurs en celft 

otant prejudisiable 0 seruice di S. A. m r mon fils qu'elle reta 

votre propre bien, si vous voules bien considerer ce que j' 

fait pour vous, vous Ie cognoistres tels et j' espaire que ce 

sera rien a l'eguaJ de ce que je feray lors que vous ores la 

lite de fils don a l'eure presante fen ay deya la volonte 

vous entiere et la continuray toute a votre satisfation et ne 

d'otre des it presans. 

Monsieur mon frere 

Turin ce 24 may 1642. 

(fuori) 

A Monsieur Ie 

prince Cardinal 

Mon frere. 

Votre tres afTectionnee 

CRESTIENNE. 

J

- 467- 

Istitui un Consiglio cavalleresco per decidere dei 

casi d' onore e fond6 l' Accademia Reale di belle arti. 

« Fu arnica dei letterati, ai quali, ad imitazione di 

Carlo Emanuele I, amava proporre soggetti di accademiche 

disputazioni ». 

1682 lO novembre - Biglietto, tutto di pugno, da Moncalieri al ministro 

Marchese di S. Tommaso. 11 trattato al quale si allude in questo bigliruo e 

la lega difensiva· conchiusa colla Francia, che fu poi segnata in Torino il 

l4 novembre. L'ambasciatore del re di Francia era l'abbate Destrades. 

Della duchessa M. Giovanna Battista si conservano motte lettere. 

Marquis de S. t Thomas, vous pourres mettre deux ou trois 

fois l'expression - dudit sieur Due - dans Ie traitte et Ie signer 

ainsy avec Mr l'ambassadeur, c'est l'intention de S. A. R. et 

Ia mienne. 

, 

A Moncalier Ie 20 me 9bre 1682. 

M. JANNE BAPTISTE. 

xxv. 

VITTORIO AMEDEO II 

DUCA POI RE 

Figliuolo di Carlo Emanuele II e di Maria Giovanna 

Battista di Savoia·Nemours, nacque il 14 maggio 1666, 

spos6 Anna d'Orleans il 10 aprile 1684, e segretamente 

ai 2 agosto 1730 Anna Canalis di Cumiana, contessa 

di S. Sebastiano, abdic6 il 3 settembre 1730; mod 

il 30 ottobre 1732. 

Vittorio Amedeo fu il principe piu grande di Casa 

Savoia dopo Emanuele Filiberto. Ebbe mente vasta ed 

acuta, indole subita, anzi violenta, animo imperioso ed 

assoluto. Fino e dissimulatore in politica, capace dei

- 470- 

che non sapeva sempre frenare il carattere impetuoso 

ne tenersi lontano da altri amori. Nata in Francia e 

francese d'affetti, Ie sanguinose guerre tra i due paesi Ie 

fecero pill d'una volta versare amare lagrime. < Ma 

queste sue affezioni non si estendevano oltre i segreti 

sospiri e gli angosciosi pensieri )t (Carutti). 

II cronista di Rivoli ne registr6 la morte con queste 

parole: - Anna era principessa di costumi illibati, di 

qualita e doti rarissime e fece una morte da santa come 

era vissuta. 

[ 1684] 10 aprile. - Lettera, tutta di pugno, da Versaille alia suocera, I. 

duchessa Maria Giovanna Battista, alia quale protesta la sua atfezione e sommissione, 

il giorno medesimo neloquale fu legata in matrimonio con Vittorio 

Amedeo. 

de versaille ce 10 auril 

ie souete si fort d'estre aimes de vous, madame, que ie me 

fais un plaisir extreme de croire se que vous m'en ditte. j'esperc 

que rna conduite vous persuadera mieux que mes parole de 

l'envie que i'ay de vous plaire et de viure auec vous d'une maniere 

qui ne contribura pas moins it mon bonheur qu'a vostre 

satisfaction, ie me persuade que mon obeisance et mon amities 

et rna tendresse, quand eUe vous serons connue, ne diminueront 

pas les sentimens que j'espere que vous aves pour moy. 

(fuori) 

A Madame 

la duchesse 

de Sauoye. 

ANNE D'ORLEA.:'IIS.

- 475- 

dans la saison ou nous sommes. Je ne peux finir ma lettre 

sans vous supplier touiours instament de ne vous exposer 

qu'autant qu'il convient a un Roi qui se doit a sa famille et a 

son etat et surtout a une femme qui l'aime passionemant. 

Nos enfans ce mettent avos pieds, de meme que la Christine 

et Constantin. 

xxx. 

ELISABETT A TERESA 

DI LORENA 

TERZA MOGLIE DI CARLO EMANUELE III 

POLIXENE. 

Figliuola primogenita di Leopoldo Giuseppe Duca 

di Lorena e di Elisabetta Carlotta di Francia, sorella 

di Francesco I imperatore, nacque il 15 ottobre 171 I, 

spos6 Carlo Emanuele il 1 0 aprile 1737, fu madre di due 

principi e di una principessa; morl il 3 luglio 174 I. 

La ragion politic a che non era stata estranea al terzo 

maritaggio del re Carlo Emanuele, colpevole bene spesso 

della infelicita dei principi, fu a lui invece generosa di 

preziose gioie domestiche. La regina Elisabetta Teresa 

fu di carattere aperto e schietto e d'indole gaia, esterna 

manifestazione di quella dolce sereniti ch'e compagna 

degli animi virtuosi, dote la meglio atta a spargere di 

dolcezze la vita intima ed a porger sollievo e conforto 

all'uomo su cui pesano Ie gravi cure d'UllO Stato. 

[1737 aprile]. - Lettera, tutta di pugno, al re Carlo Emanuele suo Sp050 

a1 quale protesta il suo attaccamento e la sua gratitudine per Ie sollecitudini 

che Ie dimostra. Essa veniva sposa alia volta del Piemonte.

- 481- 

cinnes, j'ai peur qu'on ne rait pein dans votre esprit avec des 

couleurs peu avantageuses, quant aux Jesuittes il n'est pas 

probable qu'on puisse faire quelque chose de bon dans Ie moment 

ou leurs ennemis font ce qu'il veulent mais si vous pouvez 

maintenir Ie feu sous la cendre vous ferez une chose agreable 

a Dieu qui vous benira. 

Quant a moi je suis mieu portant, je suis dans la maison 

de' Cavaglieri qui n'a que l'inconvenient de n'avoir auqun jardin. 

Il faut pourtant que je vous avoue rna faiblesse que touttes les 

fois que Ie Cardinal Duc me nome avec l'air joieux qu'il a 

toujours La nuova Regina, la pansee que la vieille n'est plus me 

fait pleurer et croiriez-vous que j'ai la petitese de n'avoir jamais 

profere ce nom et de dire, sans jamais me tronper, rna belle 

soeur, pour lui je l'appelle aussi mon frere, mais c'est par une 

autre raison, c'est 'lu'il me semble que ceia feroit l'efIet de 

parler a un miroir. Ecrivez de rna part milles choses a Maurienne, 

je n'ai absolument plus Ie terns, j'ai encore d'autres 

Ietres que Fere doit porter it Rome ainsi je fini. Sur les letres 

rnon adresse est au R, C. E. IV, mon tres cher frere comme 

vous avez mis, pas autre chose. Adieu je suis Ie 

j'ai encor verse l'ecritoire au lieu de 

sable mais je ne puis refaire. 

XXXIV. 

MARIA CLOTILDE ADELAIDE 

01 FRANCIA 

(Venerabile) 

MOGLIE 01 CARLO E.'iANUELE IV 

Susdit. 

Figliuola di Luigi Delfino di Francia e di Maria Giuseppina 

di Sassonia, sorella di Luigi XVI, di Luigi XVIII 

e di Carlo X, nacque it 2 3 settembre I 759, spos6 Carlo 

Emanuele il 6 settembre 1775; morl il 7 marzo 1802: 

Cf4"nosi/a, Ric,rch.. 8toricM, Y. 31

-482- 

Piissima, tutta dedita aIle pratiche religiose ed agli 

esercizi di ogni virtU cristiana, condusse vita di meditazioni 

e di penitenze pill da chiostro che da corte. 

Nelle terribili sventure della Casa di Francia e di Savoia 

fu modello di rassegnazione, il trono non feee 

che pili grande la sua virtU e la sua carita. L'abbandono 

d'ogni pompa e di tutti i piaceri mondani e 

l'ascetica contemplazione delle cose divine non inari· 

dirono perC> ne il suo cuore ne la sua mente. In senD 

alla Casa di Savoia fu l' angelo del confono, il tram· 

basciato e vacillante consorte sostenne col suo coraggio; 

nei gravissimi frangenti a lui porse ("J.)nsiglio ed aiuto, 

anche nei negozi politici, con acutezza di mente e con 

senno virile. 

Fu dichiarata venerabile da Pio VII it 10 aprile 1808. 

1775 19 settembre. - Lettera, tutta di pugno, da Ciamberi alia Marchesa 

d'Usson alia quale da parte della felicita del suo matrimonio attestandole la 

continuazione della sua amicizia e della sua affezione. 

Je vous demande pardon Madame, de n'avoir pas ete plus 

exacte a vous repondre, ce n'est pas que je n'en eusse un grand 

desir, mais je n'ai pas une minute a moi, je vous assure, Madame, 

que rai senti bien vivement Ie regret de ne plus VOllS 

voir, mais je crois votre amitie pour moi assez sincere pour 

esperer de vous donner une consolation en vous assurant qUI; 

je serai parfaitement heureuse, Ie del m'a done d'un Epoux 

qui est charmant, tres aimable et bien occupe de moi. Le Roi 

et la Reine me comblent de bontes et d'amities. Enfin je serais 

bien contente, si je n'etois pas separee des personnes qui me 

sont cheres. Je vous prie Madame de ne jamais douter de mon 

amitie et de me regarder toujours, comme quelqu'un qui VOllS 

aime de tout son cceur. 

A. Chamberi ce 19 7bre 1775. 

(fuori) . 

A. Madame la Marquise d'Usson 

Dame de Madame Elisabeth 

A Versailles. 

MARIE CLOTILDE.

-.csa- 

xxxv. 

VITTORIO EMANUELE I 

RE 

Figliuolo di Vittorio Amedeo III e di Maria Antonietta 

di Spagna, nacque il 24 luglio 1 759, succedette al fratello 

Carlo Emanuele IV, abdicatario, il 4 giugno 1802, 

spos6 Maria Teresa d' Austria il 25 aprile 1789, abdic6 

il 13 marzo 1821; morl il 10 gennaio 1824. 

Fu principe d'ingegno mediocre e di poche lettere 

per6 di molta bonta e rettitudine. Valoroso della persona 

predilesse la milizia rna anzi che dotto ed esperto 

condottiero non fu che valoroso capitano. Religiosissimo, 

istintivamente geloso della indipendenza e dignita 

nazionale senti altamente in politica. Piuttosto di rinunziare 

alla fede data rinunzi6 la corona. SaIl al trono 

10 stesso anna in cui il Piemonte fu riunito alla Francia, 

ricuper6 gli antichi dominii alla cad uta Napoleonica 

nel 1814. 

Sotto di lui si compi, con funesta insipienza, la 

ristorazione che non tard6 a generaTe i moti del 182 I. 

[ I 8 14 20 maggio]. - Lettera, tutta di pugno, da Torino al fratello Carlo 

Felice poi re, al quale fa I'interessante relazione dol suo ingresso trionfale 

nella citra di Torino e dei grandi festeggiamenti coi quali fu accolto dagli 

antichi sudditi. II ritorno della Casa di Savoia, do po sedici anni di esiglio, fu 

allora salutato dai popoli con immensa gioia. La vivace descrizione fattane dal 

re Vittorio in questa lettera e una bella e fedelissima pagina di storia piemontese. 

Mon tres cher frere. Je viens d'ariver tres heureusement a 

Turin. Jai ete recu avec des transports excessifs tant it Alexandrie 

qu'a Asti et ici. Mon entree qui a eu lieu a cheval parois- 

•

-485- 

XXXVI. 

MARIA TERESA D'AUSTRIA 

MOGLlE Dl VITTORIO EMANUELE I 

Figliuola di Ferdinando di Lorena Arciduca d' Austria 

fratello di Giuseppe II imperatore, e di Maria Ricciarda 

Beatrice di Modena, nacque il 1° novembre 1773, spos6 

Vittorio Emanuele il2 5 aprile 1789, fu madre di cinque 

principesse e del principe Carlo Emanuele che non 

sopravvisse; mori il 29 marzo 1832. 

Principessa d'ingegno pronto, pill che mediocremente 

colta, bella, fiera, religiosa, caritatevole, mostr6 

costanza e fortezza d'animo neUe avversita. 

Fu lasciata Reggente deU'isola di Sardegna da Vittorio 

Emanuele, ed ambi forse maggior ingerimento 

nelle cose di Stato in Piemonte. Imbevuta di principii 

politici d'an tempo irrevocabilmente passato fu oppositrice 

accanita d'ogni innovazione e consigliera di reazione 

e di viete usanze. Austriaca di nascita e piu ancora 

d'affetti, la storia l'accusa di aver parteggiato per 

trasferire nel duca di Modena la corona di Sardegna 

escludendo dalla legittima successione Carlo Alberto. 

1814 l4 maggio. - Lettera, tutta di pugno, da Cagliari, al cognato Carlo 

Felice duca del Genevese poi re, che invita a recarsi da lei per importanti 

comunicazioni. La regina Maria Teresa era aHora Reggente in Sardegna. 

Cagliari ce 24 Mai 18 I 4 

Mon tres cher frere! Venant de recevoir dans l'instant 3 

lettres pour Vous. par un paqueb6t Anglais expedie tout expres 

pour me porter celles du Roi, mon si cher Mari, du 10 et 14 

courant I je vous les expedie d'abord: et me trouvant par la 

1

- 486- 

Regence que Ie Roi me laissa dans l'impossibilite d'aller VOliS 

voir a Orri, je vous invite, et prie en grace de venir demain 

a dinne pour Vous comuniquer (sous Ie plus profond secret) 

mes lettres du Roi, ainsi qu'il mien donne la permission. Je 

suis profondement touchee de l'amour du Roi pOUl" moi, et des 

malheurs que je prevois pour lui, et pour nous tous; et comme 

il part un batiment paUl" Genes apres demain, je desire savoir 

ce que Vous voudrez que je lui dise de votre part. Le Roi 

essuya une horrible tempete; mais n' en souffrit guere I et sa 

sante est tres bonne, Dieu merci, ainsi que son humeur: clitesmoi 

de grace si 15 ans passes on chanta un T e Deum it rar· 

rivee de la nouvelle du debarquement du Roi en Italie I car 

allors il pourroit se chanter ici Dimanche. 

Embrassez votre chere Epouse de ma part et me croyez 

Votre attachee sreur 

XXXVII. 

CARLO FELICE 

RE 

Figliuolo di Vittorio Amedeo ITl e di Maria Antonietta 

di Spagna, nacque il 6 aprile 1765, spos6 Maria 

Cristina Infanta delle Due Sicilie il 6 aprile 1807, suecedette 

al fratello Vittorio Emanuele I, abdicatario, il 

1 3 marzo 182 I; morl il 27 aprile 183 I. In lui si 

estinse la linea primogenita di Casa Savoia. 

Fu principe di sufficiente ingegno, di carattere fermo 

e d'indole mite rna solitaria e quasi claustrale; non 

aveva inclinazione per l'aItissimo ufficio di Re, al quale 

non era destinato e pel quale non ebbe nei suoi primi 

anni adeguata istituzione. Principe dotato di molte 

virtu,· di cuore aperto aIle tenerezze domestiche e del·

-481r 

amicizia, inchinevole a generosita e magnificenza fu 

re neghittoso per abito e per mal ferma salute. 

AI suo regno non mancD tuttavia un raggio di gloria: 

l'onor nazionale fu nobilmente tenuto alto coll'impresa 

navale contro Tripoli. 

[ 181 4 luglio]. - Lettera, tuUa di pugno, scritta dalla Sardegna al fratello 

Vittorio Emanuele I. In questa lettera Carlo Felice, allora solamente duca 

del Genevese, mostra con quale occhio acuto e penetrante giudicasse la politica 

austriaca. Le diffidenze verso il Gabinetto di Vienna egli continub a nutrirle 

anche salito al trono; in talune sue lettere giA pubblicate, il suo giudizio 

Bulle pericolose mire dell'Austria in Italia apparisce profondamente radicato. 

Man tres cher frere, 

Jai appris avec Ie plus grand plaisir par la chere lettre que 

vous aves eu la bontee de m'ecrire, ce matin les heureuses nou· 

velles du Continent; fasse Ie bon Dieu que cella soie un heureux 

denouement de nos malheurs passes. Je crois cependent 

vous devoir prier en tendre frere et en fidele sujet de ne pas 

vous fier trap ni a Milord Bentlng, dont la reputation est asses 

conue et son sisteme Constitutionel aussi, ni aux grandes 

promesses du Cabinet de Vienne; car il n'est pas a croire qu'il 

soie si genereux pour nous, pour notre seul beau visage; aiant 

sacrifie si indignement son beau Pere, Ie grand pere de ses 

enfants, et enfin les Parents les plus proches qu'it avoit; vous 

saves la jalousie qu'il a toujours eut de notre agrandissement, 

qu'il nous a fait perdre deux fois notre pais. D'ou pouroit venir 

cette bonne volontee soudaine, si non de quelque interet particulier 

qui seroit peut-etre contraire aux interet de la Maison 

de Savoie? Enfin je suis sur que vous peseres tout cella, mais 

attendes vous a toutes sortes de propositions . 

.. 

Pour ce qui est de la quarantaine de S. Lorent je n'hause 

porter aucun jugement pour les afIaires de santee. Pour ce qui 

me reguarde je suis bien sensible it la bontee que vous aves 

de me laisser Ie choix d'aller au de rester; il y a bien des 

reflections a faire pour et contre, ainsi je vous prie d'avoir 

encore la bontee de me laisser quelque jours pour y penser. Ma 

chere femme se met a. vas pieds et nous vous prions tous les 

deux de nous mettre au pieds de la Reine si vous Ie juges; et 

en vous priant aussi de ne dire it personne ce que je viens de 

j 

J

- 488- 

vous ecrire, je finis en vous assurant des sentiments de l'atta· 

chement Ie plus tendre et respectueux avec les quels je "ous 

embrasse et me dit 

Votre tres aff'lc frere 

XXXVIII. 

MARIA CRISTINA 

Dl NAPOLI 

MOGLIE Dl CARLO FELICE 

CHARLES FELIX. 

Figliuola di Ferdinando IV Borbone di Napoli e di 

Maria Carolina Arciduchessa d' Austria, nacq ue il 17 

gennaio 1779, sposo Carlo Felice, allora Duca del 

Genevese, il 6 aprile 1807; mori a Savona il 12 

marzo 1849. 

Principessa religiosissima, caritatevole, pia, d'indole 

volta a dolcezza, suppli con molte virtU al difetto di 

aItre doti piu brill anti. La volonta del consorte e gli 

ammonimenti della madre, che ne aveva sperimentati 

gli amari frutti, la tennero lontana da ogni ingerimento 

nelle cose di Stato, quando fu regina. La Storia Ie fa 

tuttavia colpa di aver indinato aI- progetto di chiamare 

al trono di Sardegna i1 Duca di Modena. 

AlIa pieta di Maria Cristina e dovuto il tempio della 

Visitazione in Annecy dov' essa co11oco Ie ceneri di 

S. Francesco di Sales e della beata Francesca di Chantal. 

181 9 5 aprile. - Lettera, tutta di pugno, da Torino al re Vittorio Emanuele 

I suo cognato, al quale fa augurii di buone feste pasquali.

Sire 

Votre Ma;este 

Mon tres-cher frere, 

- 489- 

Turin ce 5 d'Avril 1819' 

S'approchant les saintes fetes de Paques, je lui offre mes 

souhaits pour cette occasion en lui desirant du fond du creur 

tous les bonheurs possibles et immaginables comme elle se Ie 

merite et telles sont les v(eux que je forme continuellement 

pour eUe; veuillez bien cher frere, les agreer avec votre bonte 

ordinaire, comme venant d'une sreur qui vous est bien sincerement 

attachee et qui se rejouit d'apprendre que vous etes tous 

en parfaite sante et de penser qu'entre peu de jours elle aura 

de nouveau Ie bonheur de jouir de votre presence. Nos santes 

sont bonnes et elle saura que heureusement j'ai toujours des 

bonnes nouvelles de tous cotes de toute rna chere famille. Ne 

vouIant pas etre trop importune je finis, vous priant pour la continuation 

de vos bontes et precieuse amitie et en vous renouvellant 

mes souhaits je me souscris respectueusement de V. M. 

Mon tres-cher frere 

La tres humble et tres 

afIectionnee sreur et 

amie CRISTINE. 

XXXIX. 

CARLO ALBERTO 

(II Magnanimo) 

RE 

Figliuolo di Carlo Emanuele Principe di Carignano 

e di Maria Cristina Albertina di Sassonia, nacque in 

Torino il 2 ottobre 1798, spos6 ai 30 di settembre 

18 I 7 Maria Teresa di Toscana, succedette al re Carlo 

Felice il 27 aprile 1831, abdic6 il 23 marzo 1849; 

mori ad Oporto il 28 luglio dello stesso anno.

- 400- 

Principe di aiti e nobilissimi sensi, d'ingegno svegliato 

e di mente rifiessiva, di carattere cavallerescamente 

generoso, zelantissimo della religione, consacro 

la spada, la corona e la vita alIa causa della indipendenza 

nazionale di cui fu campione e martire. 

Re di un piccolo Stato, raccolse i voti, Ie speranze, 

il plauso di una intiera Nazione. Preparandosi al supremo 

cimento contro 10 straniero aveva assunta la 

divisa di Amedeo VI, col motto: ]' atans man astre, e 

quando rastro, nel 1848, spunt6 sull'orizzonte, seese 

in campo, magnanimo duce della guerra santa d'Italia. 

Per spontanea dedizione di popoli, Parma, Piacenza, 

Modena, la Lombardia e la Venezia gia si erano raccolte 

sotto il suo scettro, rna incontrata avversa Ia sorte delle 

anni sui campi di Novara, piuttosto di abbassare, depose 

immacolata la corona e, in volontario esiglio, solo la 

morte spense in lui la speranza e la fede nei destini d'Italia. 

Promulg6 nuovi Codici, aboli la feudalita in Sardegna, 

largi lealmente 10 Statuto, protesse Ie arti belle, 

Ie Iettere e Ie scienze, specialmente Ie storiche. 

[ 1848] 10 aprile - Lettera, tutta di pugno, al conte Federigo Sclopii 

dai campi di Lombardia nei giorni piil 80lenni e piil gloriosi della sua vita. 

Questa lettera fu pubblicata per la prima volta dal CUIIL\lUO, Notiz;e sulla 

vita di Carlo Alberto, ecc. 

Castiglione delle Stiviere. Ie 10 avril. 

Le rapport que vous m'avez fait, tres cher Sclopis, sur les 

evenements de la Savoie, sur la fermete, la noble et bene 

contenance de la magistrature, m'a procure la plus douce des 

satisfactions, un vrai bonheur. Vous m'obligerez infiniment 

d'exprimer au Senat de Savoie ma plus vive satisfaction et rna 

reconnaissance. Je desirerais aussi que vous puissiez me proposer 

quelques recompenses a donner aux magistrats qui ont 

donne Ie plus de marques de devouement. 

Dans une lettre d'hier au prince de Carignan je fis une re-

- 491- 

lation d'un fait glorieux pour nos armes opere a Goito par 

l' avant-garde du general Bava. Je suis heureux de pouvoir 

aujourd'hui de nouveau vous parler d'une autre action, aussi . 

fort honorable pour notre armee. L' ennemi, occupant encore 

en force Ie pont de Monzambano sur Ie Mindo, dont il defendait 

l'approche avec six pieces de canon placees sur notre rive, 

Ie general De Broglia. voulant Ie deloger de sa position. fit 

diriger sur lui Ie feu de ses deux batteries. Les Autrichions 

furent obliges de se retirer de I'autre cote du pont qu'ils firent 

sauter. Places dans des positions avantageuses, ils continuerent 

sur nous un feu actif, auquel notre artiUerie ne cessa de repondre. 

D'apres les ordres du general De Broglia, nos braves 

soldats, profitant des debris du pont, Ie refirent sous Ie feu de 

l'artillerie ennemie. et nos troupes purent Ie franchir et se 

porter sur la rive opposee, d'ou l'ennemi se retira en faisant· 

encore feu. quoique deja dans des positions eloignees. Lc feu 

de nos pieces, qui fut si bien dirige et auquel nous devons ce 

succes, dura trois heures; celui de l' ennemi, grace a Dieu I 

parait avoir ete mal fait; aussi, dans Ie moment actuel, ne 

connaissons-nous, de notre part. que trois blesses: Ie capitaine 

Marazzani, de l' etat-major, un sold at de Savoie et un de Savone. 

. XL. 

MARIA TERESA 

DI TOSCANA 

MOGI-IE DI CARLO ALBERTO 

Votre tres aft'ectionne 

C. ALBERT • 

Figliuola di Ferdinando III Granduca di Toscana e 

dell'Infante Luigia Teresa Amalia di Borbone principessa 

delle Due Sicilie, nacque il 2 I marzo 180 I , 

spos6 il 30 settembre 1817 Carlo Alberto, aHora Principe 

di Carignano, fu madre di Vittorio Emanuele II,

- 492- 

di Ferdinando Duca di Genova e della Principessa 

Maria Cristina; mori il 12 gennaio 18.5 5. 

Fu principessa in cui agl'ornamenti della spirito si 

accoppiavano squisita coltura della mente, religione, 

pied. e virtu. Versata in molte lingue, aveva finissimo 

gusto in fatto di lettere e di arti; coltivo con singolare 

felicicl la musica. Fra Ie sue virtu primeggi6 

la piu eletta, la carita verso gl'indigenti che in lei 

trovarono sempre un cuore ed una mana pronti a so]levare 

la miseria. 

Degna consorte di re Carlo Alberto, volle seguirlo 

nell'esiglio, nei giomi di sventura, e con profonda 

amarezza obbedi di restare. 

Fondo in Rivoli un Istituto per l'educazione delle 

fanciulle che la sventura aveva gettate improvvisamente 

dall' agiatezza nella miseria. 

18 I 7 35 marzo - Lettera, tutta di pugno, al re Vittorio Emanuele I che 

ringtazia di averta destinata a sposa di Carlo Alberto. L'originale di questa 

lettera si conserva neUe ricche collezioni della Biblioteca del Rc in Torino. 

Votl'e Majeste. 

Permettez que je prenne la plume pour ternoigner a Votre 

Majeste rna reconnaissance tres sincere de ce qu'Elle a bien 

voulu penser a moi en me destinant pour epouse du Prince de 

Carignan, et pour l'assurer d'avance de ma sournission ot de 

mon respect, que je tacherai de tcmoigner en toute occasion. 

Les bonnes qualites du Prince de Carignan et les bontes de 

Votre Majeste, m'assurent des a present de mon bonheur futuro 

Je ne veux pas importuner Votre Majeste par de longues protestations, 

ainsi je finis en l'assurant de mon profond respect 

et attachcment avec lequel je suis 

Florence ce 25 Mars 1817. 

De Votre Majeste 

La tres humble et devouee 

Niece THERESE. 

1

-493 - 

XLI. 

VITTORIO EMANUELE II 

(Re Galantuomo) 

VLTUiO RE DJ SARDEGNA E PROW RE D'JTALIA 

Figliuolo di Carlo Alberto e di Maria Teresa di 

Toscana, nacque il 14 marzo 1820, sposo Maria Adelaide 

di Lorena il 12 aprile 1842, saIl al trono di 

Sardegna il 23 marzo 1849, fu proclamato Re d'Italia 

il 17 marzo 1861, mori aRoma il 9 gennaio 1878. 

Vittorio Emanuele e il nome pili grande fra tutti i 

principi della Casa di Savoia. Di lui, l'alta nobilta del 

carattere generosissimo e cavalleresco, il valore, 10 

sprezzo dei pericoli e dei sacrifizi, l'incrollabile fermezza, 

Ia rettitudine della mente e la prontezza dell'intelletto, 

l'affetto del suo popolo, l'inconcussa fede 

aIle libere istituzioni, e Ie grandi cose operate fecero 

una figura che giganteggia negli annali del secolo; 

una di queUe figure d' eroi che la storia pone a capo 

del risorgimento di un popolo e che la tradizione 

consacra col nome di Padri della Patria. 

Raccolto il vessillo italiano caduto insanguinato sui 

campi di battaglia, l'innalzo segnacolo di redenzione 

nazionale; delle sparse provincie d'ltalia fece una Nazione 

e gloriosa l'assise in Campidoglio. 

[ 1859 7 aprile] - Lettera, tutta di pugno, al Conte Camillo di Cavour. 

Questa lettera ci riporta al momenta solenne in cui stava per aprirsi 1a guerra 

contro l'Austria. Essa fu scritta dal re Vittorio Emanuele nell'impazienza di 

romper la guerra e nella piena dello sdegno suscitato in lui dall'ordine del 

giorno fatto leggere in quei dl dal Governo Austriaco nelle caserme, il cui

CORREZIONE ED AGGIUNTA 

Alla pag. 430 bo detto cbe eli Amedeo VIII non Hi era finora scoperta Ia 

sottoscrizione autografa; mentre pero si stampavano queati autograft ebbi 1A 

ventura di trovarla unita a quells. del Duca Ludovico suo figlio. Queste due 

sottoscrizioni furono apposte ad una dichiarazione fatta. da Amedeo e da Ln· 

dovico ai 3 di settembre 1486 8. favore del Marchese di Monferrato riguardll 

s.U'acquisto di Asti. 

In questo atto Ie tI

- [;02 - 

. non era parroco di una delle due parti, fu confutata col 

dirsi che il medesimo dovevasi riguardare come parroco del 

Principe. Un Boldato e riputato come privo di patria, cd 

ogni parroco a cui si rivolge e a riguardarsi come suo 

parroco. Anche la circostanza che il Principe era protestante 

non muta Ia cosa: i1 Principe colla chiamata del parroco si 

era assoggettato alla giurisdizione del medesimo. Un matrimonio 

misto viene bensl tenuto per cosa non giusta; rna 

e pero valido. E ]a chiesa vede can occhio di clemenza specialmente 

quei matrimonii misti, nei quali, come in questo, 

1a moglie e cattolica. 

La mattina seguente, il 30 maggio, il Principe scrisse 

all' Arcivescovo di Torino, che designasse un prete, il quale, 

dopo la seguita conclusione del matrimonio, ne facesse la 

cerimonia deno sposalizio. Questa lettera fu portata da Flaminio 

Balbiano, rna l'Arcivescovo, gia fatto consapevo]c 

d'ogni cosa, non 1a volle accettal'e; infine pero la ritenne 

per presentarla al Papa. VArcivescovo, come racconta piu 

tardi la Contessa, stava sotto l'inftuenza del presidente conte 

Benso; e questi poi sotto l'influenza de' Brandeburghesi, 

perche, a quel che si dieeva, riceveva una pensione dall'Elettore. 

Ella affermo che il Principe una volta dovettt 

impegnare Ie sue gioie per pagare questa pensione: solo 

in tal modo avrebbe egli l'isparmiato aUe truppe brandeburghesi 

gli svantaggi che Ie millaceiavano, se Benso non 

fosse stato pagato. 

Gli uffiziali brandeburghesi, prevedendo con cCI·tezza che 

I'Elettore per avversione confessionale e per orgoglio di 

principe avrebbe disapprovato il matrimonio, e che ne Ii 

avrebbe fatti responsabili, giunscl'o ad ottenere per mezzo 

di Benso, the l'Arcivescovo dichiarasse i1 matrimonio per 

non valida e che proibisse a tutti i suoi preti di eseguire 

la cerimonia nl1ziale. Ma a questa pero ci non era certamente 

autorizzato.

- 516- 

settimane prima aveva seritto al Principe della delusione 

delle sue speranze materne: e da quel tempo eUa era slata 

divisa da lui. Forse ella non pensava che iI Principe avrebbe 

conservato tanto fedelmente Ie lettere di lei, e che queste 

erano ora cadute nelle mani de'suoi avversarii berUnesi. La 

contraddizione fioa queste due notizie giungeva a proposito 

e fu subito messa in rilievo nel modo pin passionato per 

fondarvi su Ie pin odiose supposizioni. Cib fo communicato 

da Berlino anche al Duca di Savoia: i1 quale, quantunque 

del resto Ie fosse piuttosto propizio, e glielo mostrasse anebe 

fin dove la politica i1 prometteva, questa volta si espresse 

in proposito abbastanza aeerbamente. Ed Hackeborn, ebe, 

con tutta l' avversione ad un matrimonio che gli aveva at· 

tirato tante noie, ed al certa anche 10 scontento dell'Elettore, 

aveva per 10 innanzi parlato pur sempre con rispetto 

della Contessa, vi unl la sua voce aneh'egli ; ed in una re 

Iazione comprensiva di tutta Ia faooenda da lui scritta in 

Berlino nel settembre, si espresse in modo odioso dicendo 

che Ia Contessa abbia adescato e tirato i1 Principe nelle sue 

reti, anzi dice apertamente cbe essa fn la sua amante. Si 

eapisC8 perb facilmente cbe egli scrisse sotto l'inftuenza dei 

berlinesi: Ia sua ultima asserzione vien confntata od almeno 

resa inverosimile colla conclusione del matrimonio da parte 

del Principe. Hackeborn fo poi nnovamente mandato a Torino 

per chiedere al Duca che si continuasse a tener ohiusa 

la Contessa, affineha non si faeesse una qualche supposizione 

di parta: la qual richiesta fn accompagnata dalla solita minaccia, 

cbe, se cib non si facesse, sarebbero state ritirate 

Ie truppe brandeburghesi. 

, 

I,

l 

-017 - 

III. 

La morte del Principe non pose fine agli sforzi della Contes8a 

per dimostrar8 la validitk giuridica del matrimonio: 

sembra al contrario cbe ora cbe quegli non poteva pin appoggiarla, 

ella abbia combattuto con maggiore ardire per 

difendere iJ proprio onore. Tutte Ie proposte cbe Ie venivano 

da Berlino per rinunziare aIle sue pretensioni furono da lei 

ricusate. L'asserzione ricorrente nel proemio della gia menzionata 

stampa del 1775, cbe cioe ella per una gran somma 

di denaro vi abbia 8ubito rinunziato, e senza dubbio falsa. 

L'ambasciatore inglese in Torino lord Galway, queUo che, 

sotto i1 noto veccbio Dome di Marchese di Ruvigny, aveva 

guidato i protestanti francesi cacciati da Luigi XIV e 

accolti da Guglielmo III, fece, dietro inca rico avutone da 

Berlino, Ie trattative con lei. Egli richiese per lei una pensione, 

dicendo che eBsa, sposando il Principe, ave a perduto 

l'assegnamento vedovile, cbe riceveva dalla casa del primo 

marito, . ed aggiungendo cbe «eIle a este sl passionnement 

aymle du Prince ». Ma in Berlino si domandb che eUa dicbiarasse 

« cbe rinunziava al titolo ed al diritto di moglie 

legittima, che non era in istato interessante e che consegnasse 

)e hlanguettes (i fogli anticipatamente firmsti in 

bianco dal Principe) e Ie donationes cbe per avventura potessero 

esservi scritte :D. Se eHa avesse adempito a queste 

prescrizioni, I'Elettore Ie avrebbe accordata una pensione 

di 2000 taHeri, quantunque non ne fosse degns. La Con- 

• 

tessa la ricusb e si sottoscrisse ancora sempre Margravia 

di Brandeburgo. II Duca Ie feee consegnare mediante un 

prete di corte una lettera da parte dell' Elettore, ed ella rispose 

(qui ci e stata conservata 1a sua stessa maniera di

-519- 

nol1are il matrimonio, ma che 10 poteva l'Elettore mediante 

il suo concistoro protestante. Questo consiglio era buono, 

ma sembra che a Berlino si sia temuto il romore che avrebbe 

levato un tal procedimento. 

Pubblicata la lettera patente, la Contessa fu fatta uscire 

dal convento. 

Qui pure si mostro la forza del suo carattere. Ella abbandono 

il luogo natio, si reco a Milano _sotto Ia protezione 

degJi spagnuoIi, fermo la sua dimora nel con vento di Santa 

Marcellina, e di Ia. nel febbraio del 1696 protesto contro la 

patente ducale in una lettera diretta ad un ministro savoiardo, 

e cioe: « 11 me revient de tous costes que S. A. R. 

a fait publier a. vostre instance un ordre par lequel il est 

defendu dans ses Stats de m'appeller du nom de veuve de 

S. A. Ie Margrave Charles Filipe de Brandenbourg mon seigneur 

et mary. Je suis en devoir de Vous protester que je 

n'entend pas, que Ie dit ordre puisse prejudicier a aucuns 

des droits incontestables que fai de Ie porter, etc. J). 

Contemporaneamente ella dichiaro un' aItra volta che aspettava 

il giudizio del Papa, iI quale fu finalmente dato l'anno 

seguente 1697. La pubblicazione fa alquanto diiferita, perche 

era presente in Roma il principe Lodovico Cristiano, frate110 

minore di ·Carlo, e si voleva evitare qualsiasi oWesa. 

II 28 settembre 1697 comparve Ja sentenza papale, la quale 

fu favorevole alIa Con tessa, la quale fu riconosciuta come 

Jegittima Margravia di Braodeburgo. La vittoria di lei fu 

completa, perche fo giudieata valida la stessa prima conclusione 

eli matrimonio nella Venaria, cosicche fu giustificato 

I'aver ella come moglie seguito il Principe nella casa 

di lui. L' onore della Contessa era salvo. 

Pero essa non rinsel a far val ere i diritti rieonosciuti daUa 

sua chiesa. Gill nella prime settimane dopo il matrimonio 

il Principe aves pregato l'Imperatore che intereedesse presso 

l'EIettore. Da Milano ella continuo i suoi sforzi in questo 

•

-520- 

senso. E a dir vero, la protezione del vicere spagnuolo imped} 

ahe avesse etfetto 18 espulsione di essa domandata da 

Berlino: ella anzi viveva in traoquille e piacevoli relazioni, 

e una volta scrisse anche al frat8110 che teneva una specie 

di piccola corte. Ma con tutto cib la sua posizione era malsicura: 

la speranza che l'Elettore per amor della dignita 

reale si sarebbe anche in questo caso mostrato com piacente 

verso l'imperatore (J) fu vana, e I' estate del 1702 noi troviamo 

la Conte8sa in Verona, dunque in territorio veneziano. 

Pin tardi si reoo a Venezia, dipoi a Vienna. Di qui ella seri88e 

al gran ciamberlano di corte, conte Kolbe di Wartenberg, 

in quel tempo potentissimo in Berlino: rna, quantunque il 

principe Eugenio chiudesse la lettera della Contessa in una 

propria lunga lettera, 1a peosione da lei chiesta fu rotondamente 

nagata: la qual cosa si ripete nell'ottobre 170f), 

quando 10 stesso imperatore Giuseppe I face presentare eel 

appoggiare la domanda per mezzo del cancelliere di corte 

Sintzendorf. Colpa di questi rifiuti fu senza dubbio Don tanto 

Ia posizione finaDziaria che aHora gill. cominciava ad apparire 

poco favorevole, quanto 1'ira del Re per l'ostinazione 

della Cootes8a, perche aoeor sempre ella si sottoscriveva 

nelle sue lettere Margravia, oppure (Jkatmne J£. d. B. 

L'Imperatore frattaoto Ie aveva gill accordata UDa pensione, 

ed ella avea fatta la eonoscenza dell'uomo, a cui fu 

pin tardi finalmente debitrice di una vita tranquilla, sicur&, 

e, per qnanto ci e noto, felice, vogliam dire I' ambasciatore 

sassone conte Wackerbarth. Questi avea una volta seguito 

come paggio la moglie danese dell'Elettore Carlo del Palatinato 

da Ratzenburg, ov'era nato, ad Heidelberga, e poscia 

la medesima gill. vedova a Dreada. Dedicatosi aJl'archi- 

(I) 10 quel tempo 1'81et'ore verameote ambiva la digoita e De voleva la cODferma 

daU'Imperatore d'Au.&ria, verso il quale era quiodi oompiaceote. ala pel'll in queato 

C&80 della Cootess. l'Elettore DOD cedette. - (Questa nota .i II aggiunta per Iqgerimento 

e deadarlo dell'autore). - PAIQUALB D'EBCOL ••

-522- 

Contessa. Credo che la famiglia sia spenta poco tempo fa 

in Torino. 

II duca Vittorio Amedeo di Savoia, cbe pHi tardi divenne 

He di Sicilia e poi di Sardegna, cadde aneh' egli, in alta 

eta, vittima di un matrimonio di inegual grado. Spinto dai 

preti, fu finalmente nel 1730 costretto a far pubblico un 

matrimonio a tutti nota e da ]ungo tempo conchiuso colla 

sua amica di giovinezza, per Ia qual cosa do vette, almena 

in parte, rinunziare al trono. 

Qui pure si mostro quanto diversameote agisee in casi 

eguali quella curia cbe in teoria non conosce differenze. 

A Luigi XIV non avea reeato a dovere la dichiarazione del 

suo matrimonio colla Maintenon. 

Re Vittorio Amadeo si penti presto della sua rinunzia, e 

tento di guadagnar nuovamente il trono colla forza; ma 

cio non gli riusci, e si fo costretti ad incarcerarlo per evi· 

tare una guerra civile. In nome e per ordine del figlio fn 

strappato di Dotte dal suo letto, dopo una terribile seena 

portato via ravvolto nei lenzuoli, e d'allora in poi tenuto 

prigione, finche morl miseramente mezzo forsennato. Gli fu 

persino negato di vedere il figlio, come avea domandato 

prima di morire. Colui che per ragioni politiche avea un 

tempo rotto UD matrimonio riconosciuto dalla propria chiesa 

cadde egli steBBO in potere di Nemesi. 

« Lo strano avvenimento», quantunque discosto dallestrade 

maestre della storia universale, ha tuttavia, aceanto aU'interesse 

tragico ed umano, un interesse ancor piu grande: 

il conBitto di cui furono vittime il Principe e la Contessa 

e in fondo quel medesimo cbe affatica e turba il tempo 

presente. 

La Curia Romana che nelle sue teorie lascia da parte Ie 

cireostanze dei fatti e dichiara nuUe e senza effetto leggi 

giuridicamente esistenti, ha vinto teoricamente ancbe in 

questo caeo: ma nel fatto poi la vittoria e stata dello Stato,

-fi23- 

come sempre, quando questo vuole. Si vede che il matrimonio, 

anche che il Principe non fosse morto, non sarebbe statu 

mai riconosciuto a Berlino; e giustamente. 

Ma, se noi tedeschi seguiamo Ia nostra bandiera religiosa 

e nazionaIe, non neghiamo alIa valorosa seguitatrice dell'altra 

la parte che merita ilsuo coraggio e Ia perseveranza 

nella difesa dell' onore femminile. Se la Contessa, 0 per amore 

o per ambizione, stese Ia manu ad una corona inconseguibile, 

quanto duramente non ne ha essa pagato il fio I aneor 

pill cbe il Principe, cui una morte. improvvisa preservo da 

una vita sbagliata. 

DOTT. GIULlO FRIBDLABNDBR. /

DELLA FAMIGLIA DI GmSEPPE BARETTI 

NOTIZIE TRATTE DA DOCUMENTI INEDITI 

Lessi ultimamente, come si leggono tutte general mente 

Ie oose uscite da quella briosa e frizzante penna, con grande 

soddisfazione. Ie cinque lettere inedite del Baretti. cosi piacevoli, 

ed in parte snche com importanti, dal chiarissimo 

signor L. Morandi, pubblicate nella N1JUf)a Antologia (fasciscolo 

del 16 febbraio 1883). Se non che, nelle erudite ed 

eleganti osservazioni, con cui l'editore molto opportunamente 

accompagnb ed illustrb si il soggetto di esse lettere, si in 

ispecie qualche loro passo poco intelligibile al comune de" 

leggitori, mi venne notata qualcbe inesattezza di ratto, la 

quale, sebbene Don di molto rilievo in Be stess&, tuttavia 

(per usare Ie parole stesse del Baretti, correggente. in un 

caso analogo il MalacarDe) a: perehe Ia verita, anche in 

questa frivolissima cosa, s'abbia il suo dovuto », stimo ehe 

non tornerk discaro e fors'anche non inutile al signor Morandi, 

ehe eon tanto amore va oecupandosi del nostro Aristarco 

Scannabue - che venga rettificata. E tale retti6eazione 

appunto, appoggiata ai relativi autentiei documenti, 

former&. oggetta di questa mio scritto, in un con a1cuni

-625- 

ragguagli inediti intorno alla famiglia del Baretti, i quali 

non pure correggeranno, ma completeranno anche in qualche 

parte, Ie Mem0f'i8 relative da) Custodi premesse alia ediziona, 

da lui curata in Milano nel 1822, tlegli seNtti 8celti 

inetliti 0 ,.an di esso Baretti (1). 

II primo impiego, in cui Luca Baretti, padre dello scrittore, 

si vegga Bgurare, dacche era venuto a stabilirsi in 

Torino, fu quello di Economo della R. UniversitA, e, come 

tale, ebbe mai sempre la sua abitazione nei mezzanini del 

palazzo di questa, flno alIa sua morte, che ivi appunto segul. 

Non mi attenterei tuttavia di aft'ermare, ahe il nostro sia 

ivi nato, stanteche nei registri parroccbiali della Metropolitana, 

da cui dipendeva i1 detto palazzo, si trovano bensi 

gli atti di battesimo de'suoi flgJi Stefano Amedeo, nato 

nel 1'724, e Ignazio Antonio, nato nel 1730, ambi premorti 

al padre, ma non gill queJIo del Giuseppe, loro primogenito; 

il che proviene presumibilmente da che questi sia nato prima 

che il padre fosse come sopra impiegato, e doveva percib 

anoora avere la sua abitazione altrove, (uori del distretto 

della preoominata parrocehia. Ad ogni modo, e certo, che 

il Baretti passo in que' mezzanini la sua puerizia e adolescenza, 

e quindi, qualora Ia cltta di Torino si risolvesse pur 

finalmente (e sarebbe tempo) a dedicare una lapide alia 

memoria dell'ilIustre suo cittadino, potrebbe, parmi, senza 

uno scrupolo al mondo, apporla addirittura colli, non potendo 

additarsi in Torino un 81tro luogo, dove abbia fatta piiJ 

lunga e continuata dimora, che in quello. 

D'altra parte - per tornare nella carreggiata - non fu 

Be non molto dopo che trovavasi stabilito ed impiegato in 

Torino, che il Luea Baretti s'indirizzb alia professione, non 

gill di architetto, ne lOtto la seuola del Juvara, come disse 

(1) Tu"i Iii aUi pubblici oit"d in queato ICritto e.hltoDo nell'Archivio d'inalnu .. ione 

di Torino.

-626- 

il Custodi, ma si d'ingegnere militare e sotto la direzione 

e col favore dell'ingegnere Ignazio Bertola, indi Conte 

D'Exilles, che, nel 1730, gli fu compadre, avendo levato dal 

sacra fonte i1 suo terzogenito Ignazio Antonio, sebbene 

sotto poco buoni auspici, essendogli morto dieci giorni 

dappoi. A tutta prima si eontentb del titolo modesto di sernplice 

Misuratore, che gli bastava per l'anzidetto impiego 

di Eoonomo: quando poi creseiutagli l' ambizione, ed offertaglisi 

l'oceasione favorevole per l'amicizia del Bertola e 

per la protezione di un altro personaggio di cui si parlera 

pili innanzi, aspirb alia professione d'ingegnere, allora, in 

un coll' appariseenza della quali6cazione, s'accrebbero ancbe 

per lui gJi onorl ed i vantaggi della carica, e pote intitolarsi, 

come appunto nel suo testamento ed in aIm atti pubblici, 

IngegftlJre, Jiwratore ed Bstimatore Generate tli 8wa 

Maesta. 

Vengo ora ai due matrimoni dal medesimo eontratti. La 

prima sua moglie. madre del nostro Giuseppe, e della quate 

il Custodi disse, ignorare il easato. fu una Anna Caterina, 

figlia di Gio. Antonio Tesio, povero eontadino del luogo di 

Villastellone, circondario di Torino, alIa quale un Gio. Battista 

Beehio, del luogo medesimo, padrino di lei, aveva, 

eon testamento del 1705, legato la somma di lire 200, da 

pagarsele in oecasione di matrimonio 0 di monaeazione. E 

questa somma appunto fu quella ch'essa, passata a matrimonio 

Ii 8 felJlJraio 1716 col Luca Baretti, eon atto pubblieo 

delli 4 marzo seguente, riseuoteva dalla figlia eel 

erede del Bechio. e si costituiva in dote. La data di questo 

primo matrimonio mostra. essersi bene apposto il Custodi 

nel rigettare l'opinione del conte Franehi e del Mazzuechelli, 

ebe fissarono l'epoca della naseita del primogenito Giuseppe 

a' 22 di marU) diJl1716, postieipandola, benche io teoga 

ehe l'abbia forse troppo differita d'un auno almeno, col 

riportarla, ehe feoo, all'aprile del 1719. 

, 

I 

1

-5r1- 

Per contro Ia data del secondo matrimonio del Luca Baretti 

colla Genoveffa Astrua, basta a eonvinoore di un grave 

errore 10 stesso Custodi e ad assolvere, ad un tempo, il 

Luea Baretti dall'accusa da lui mossagli di essere passato 

a seeonde nozze, essenao pia di ci,.ca cinquantasette anni. 

E per verita, il relativo atto dotale, tm cui, di solito, e la 

celebrazione del matrimonio ben pochi giorni intercedevano 

- fu stipulato il 27 di giugno del 1735; or bene, stando 

senz' altro a eio che il Custodi medesimo afferma, vale a 

dire, che il Luca Baretti fosse nato in ottolJre del 1688, 

fassi evidente, che egli passo a secQnde nozze nella eta 

non gia di cinqua'lltaseUe anni, ma sl in quella soltanto 

di qua'l'antasette; eth, che, in se stassa, non aveva nulla di 

quella sconvenienza alIa quale si volle alludere. Dico in se 

stessa, poiche rispetto alIa sposa, la convenienza non fu 

pur troppo abbastanza rispettata, non solo per la sproporzione 

dell' eta, ma ancora, ed in ispecie, pei portamenti della 

sposa -stessa, per quanto e lecito arguirne da quanto si dira 

piil sotto. Non vorrei tuttavia affermare, col Custodi, cbe 

il Baretti Z' alJlJia tolta al teatro, senza un buon documento 

cbe l'accertasse, documento, che ne il SllO biografo addu sse, 

De io mai ho veduto. Anzi, procedendo in via di semplice 

induzione, avuto rigual'do aIle circostanze della famiglia di 

lei, inclinerei piuttosto a dubitarne: il padre Gio. Antonio, appaltatore 

di opere di forti6cazione in ispecie (cio che spiegherebbe 

)' occasione delle relazioni intervenute col Baretti), 

possedeva una casa in Torino ed un patrimonio di L. 30 mila 

circa: it suo figlio, cassiere della Tesoreria della citta di 

Torino, possedeva gill. egli pure un patrimonio suo proprio 

non iDferiore a -quello del padre; un altro suo 6glio, teologo 

Don Giuseppe, era sacerdote, addetto, in qualith di ceremoniere, 

al servizio del Nunzio edell' Arcivescovo di Torino: 

in tale ambiente di famigIia e stato di fortuna, non saprei, 

10 ripeto, facilmente acconciarmi, senz'aver buono in mano,

• 

-6t8- 

a credere, ebe la Genoveffa Astrua si trOV&8se avviata nella 

carriera teatrale, quando andb sposa al Luea Baretti. 

La dote, eostituitale dal padre, non fu ehe di lire 1300, 

ma alia sua esiguita sopperi probabilmente la bellezza della 

sposa e 1& protezione (purtroppo non disinteressata, a gindiearne 

da quanto si dim in appresso), che quella procurb 

al marito del vassallo Miglyna di Capriglio, intendente delle 

fabbriche e fortificazioni, da cui iI marito stesso dipendeva; 

protezione la cni vergognosa aecettazione ferenda al maggior 

segno la 8usceHivita del figlio Giuseppe, primogenito, che, 

sebbene ancor giovanissimo, sapeva gili. molto ben vedere 

ed apprezzare quella equivoca posizione deHa famiglia, fo 

causa, che al Rstarne muto spettatore, preferisse r esulare 

addirittura dana C8sa paterna. 

11 Luca Baretti visae nove anni circa colla seconda moglie, 

essendo morto in giugno del 1744, superstiti, oltre il Giuseppe. 

Filippo, Gio. Battista ed Amedeo, 6gli di primo letto, 

Paolo Antonio Francesco Alessio, e la vedova Astrua, madre 

e tutrice di questo, tuttora pupillo, il quale era stato tenuto 

a battesimo dal prenominato Miglyna di Capriglio, che, oltre 

al proprio nome di Paolo, volle imporgli anche quello di 

Alessio, ch'era il nome del suo figlio primogenito. Nel suo 

testamento delli 17 di giugno anzidetto, il Baretti favon in 

ispecial modo, a scapito dei figli di primo letto (ad eooezione 

del terzogenito Gio. Battista) tanto eS80 pupillo, quanto la 

madre, C[ in dimostrazione - come dichiarb -del di lei buon 

t: cuore ed aifetto, sempre provato in tutte Ie occorrenze ..... 

« rincrescendogJi, ehe Ie forze della sua ereditli. non gli perc 

mettessero di dar mares a detta sua consorte, con qualcbe 

a: maggior lascita, dell' affetto, che Ie aveva sempre portato 

« e portava ]). Espresse in ultimo la sua fiducia, cbe t: mediante 

Ja materna diligenza ed applicazione, di cui instantemente 

pregb I'ill.mo signor conte Miglyna, padrino di 

detto pupillo :t, come snche i prementovati fratelii Aekoa,

• 

-529- 

sooi cognati, e zio del medesimo, questi II: fosse per allevarsi 

nel timor di Dio ed incamminarsi per la strada della 

virtU :t. 

11 testatore non aveva punto esagerato dichiarando tenni 

Ie fone della sua eredita, giaeche, depurata dai debiti, si 

ridusse a L. 5584, divisibile fra i cinque suoi figJi; per cui 

il Giuseppe, che allora si trovava tnttora in Piemonte, non 

consegui dell'eredits del padre, che sole L. 1166, compresevi 

lire 50 dell'eredita materna, in quella conglobati. Ben e il 

vero, che una questione sollevata dai fratelli meno favoriti 

circa Ia portata del pre legato dei mobili {atto alli Gio. Battista 

e Paolo, proeurb ancora, per transazione ad esso Giuseppe 

ed al quartogenito Amedeo, congiuntamente « un 

pistone con piastra alIa (rancese. e culatta snodata di 

L. 25, e un para di pistole guarnite d'argento di L. 80! ]) 

Non e perb 18 tenuitlt. deIl'asse ereditario, che deve maggiormente 

fare specie a chi percorra il relativo atto pubblico 

di divisione, rna bensi la qualita, in cui ebbe a prendervi 

parte la Genoveffa Astrua nell'interesse proprio non 

meno cbe in quello del pupillo suo fi gli 0, giacche, invece 

di comparirvi come Vedrma Baretti puramente, Ie si vede 

subito dopo aggiunta quest'altra inattesa qualificazione: 

a: ed ora moglie den'Ill.mo sig. Vassallo ed Intendante Genarale 

delle fabbricbe e Cortificazioni di S. M., Gioanni Paolo 

MigJyna di Capriglio D. E si che dalla morte del Luea Ba· 

ratti, primo SllO marito, alia data dell'atto anzidetto, stipulatosi 

il 14 settembre 1746, non erano ancora scorsi tre 

mesi ben intieri! Gli e che eifettivamente tra la· Vedova 

Baretti ed i1 Vassallo Miglyna « erasi conchiuBo e celebrato 

matrimonio in faecia di Santa Madre Cbiesa sin dal cinque 

.settemlwe 1744 » come si legge nel relativo atto dotale del 

12 maggio 1746; nel Quale si espone inoltre, essere· quella 

celebrazione del matrimonio . seguita sotto l' intelligenza 

prima presa, cbe si avesse poi ad addivenire all'opportuno 

Ounorilci • SU.,cM .,orN"', v.

-630- 

atto dotale allorquando la Vedova Baretti avrebbe conseguito 

sull' ereditk del primo suo marito, l'importare deUe 

sue doti e ragioni dotali (L. 1516); cib che appunto avesse 

fatto nel rogito del detto atto di divisione 14 settembre 1744. 

Ora, torna assai difficile 10 spiegare questa si straordinaria 

e sconveniente impazienza di una giovane vedova, e madre 

per soprappiiJ, a coovolare a seconde nozze, senza ricorrere 

a dubbi e a sopposizioni assai poco onorevoli pei dne sp08i, 

e fors'anche per la riputazione del primo marito, il cui talamo 

poteva, in certo modo, dirsi allora appena attiepidito. 

Quella impazienza pero non era tutta, a gran pezza, eft"etto 

dell'amor6, che la vedova sentisse pel suo nuovo sposo, gia 

molto avanzato negli anni, rna si ben piuttosto (senza entrare 

in altri motivi piiJ reeonditi e fors'anche poco edifi· 

canti, cbe poterono aggiungervisi) della cupidigia e dell'ambizione 

per Ia cospicua condizione finanziaria e sociale 

del Miglyna e pei vantaggi da questo assicuratile si nell'atto 

stesso dotale, si anche, e sopratutto, nel testamento 

cbe iI Miglyna fece, nel gioroo medesimo, rogare al notaio, 

che rogo I'atto dotale. Bizzarra idea e significante pel 

vecchio marito, quella di riunire nel medesimo giorno due 

cose e due epocbe di regola cosi disparate, 10 sponsalizio e 

Ie disposizioni per la morte! 

Se questa fn una precauzione impostagli daUa sposa, Cu 

certo pili diffidenza dell'eta, che dell'animo del Miglyna, 

ammaIiato, non meno del Baretti, dai vezzi e dalle amorevolezze 

dell' Astrua, come ben diede a divedere, nel posteriore 

suO' testamento del 19 dicembre 1750, non solo colle 

parole, ma ancbe piu specialmente coi Catti, vale a dire eon 

nuovi e pili cospicui lasciti a favore della moglie, a detrimento 

e con poea soddisfazione dei 6gli di primo letto de] 

testatore, e massime del pri.mogenito Alessio, primo um· 

ziale del Controllo Generale delle R. Finanze, ma con notevole 

miglioramento della posizione sociale di essa moglie,

- 531- 

alia quale si andavano, per tal modo, preparando i mezzi 

opportuni per sostenere, col doooro conveniente, il titolo di 

conte"a poco prima appunto acquistato per Ie R.II Patenti 

16 gennaio 1750, con cui erasi accordato, «senza pagamento 

di finanza al Vassallo Gio. Paolo Miglyna di Capriglio 

ed a' suoi discendenti maschi, il titolo e tliflnitlJ. di 

Donte :t. Quindi e che, mancato ai vivi il Miglyna un anno 

circa dappoi, vale a dire il 3 giugno 1751, egli lascio realmente 

la sua vedova nel pieno incontestabile possesso del 

litolo e della dignitlt, di Donte"a, da Vas'411a, che semplicemente 

era ed intitolavasi quando passo a matrimonio 

col Miglyna. 

Batto IU questa particolal'e, perehe il non averne avuto 

contezza Cu causa appunto che i1 signor Morandi abbia erroneamente 

interpretato un passo della lettera dal Baretti 

scritta da Londra a) fratello Filippo in data del 23 settembre 

1757, ch'e la prima fra queUe da lui edite come 

8Opra. 

II paeso della lettera dice: (I Ringrazia la signora Don 

'te,sa-mad,.e di quei brindisi fattimi alla sua vigna, dove 

m'immagino, che viva una vita fomitica, e ahe non pensi, 

che a passare i suoi maturi giorni da donna quieta, savia 

e doppiamente 'DedO'Da, oggimai disingannata dalle vanita 

di questo misero mondo, assorbita nell'agio e nella saviezza 

d' una matrona di quarant'anni ]I. Or ecco come il Morandi 

intende questo passo: « La Dontessa madre, a eui il Baretti 

aeconna, non senza un 'PO' d l ironia, deve di carto essere 

la matrigna, una ex-ballerina, ehe iI padre di lui aveva 

avuto la debolezza di sposare gia avanzato in eta, e ehe 

era stata cagione, ehe il futuro autore della Frusta, fosse 

a 16 anni, costretto a pigliare il volo dalla cas a paterna, 

per aver provoeato e sfidato .il eieisbeo della signora; iI 

quale nel 57 doveva esser morto Conte, poiehe il Baretti la 

ckiama doppiamente 'DedO'Da •.

-534- 

lenza, nella prima per ineulearne la vendita al 800 amieo 

Celesia preCeribilmente ad un'altra persona non nominata. 

sui cui conto mostra avere delle brntte cose da riveJare, e, 

nella seconda, eccita i fratelJi a predisporre in essa possessione 

Ie cose in modo da potervi convenientemente ospitare 

per qualche giorno la famiglia di milord ThraIe, in 

compagnia della quale egli doveva in quell' anna fare un 

viaggio in ltalia. Giova a questo riguardo notare, cbe 

detta p08sessione, com posta di oltre 414 glornate di terra, 

era propria del Filippo Maria Baretti. i1 quale, con atto deUi 

26 di aprile del 1767, ne aveva latto I'acquisto dalla eittB 

di Valenza al prezzo di lire 39 mila; e ehe applicatosi 

poscia a migliorarne Ie terre e a eorredarle degli opportuni 

C&seggiati eivili e rustiei, quando gli parve di potervi far 

su un discreto guadagno, preso il pretesto od it motivo di 

dover trasferire iI suo domieilio a Torino, diede voce di 

voler senz'altro disfarsene. Si fu aUora che il Baretti raecomandb 

caldamente l'amico Celesia fra quanti si otferirono 

aspiranti a quell'aequisto; sembra peM, ehe Ie migIiori offerte 

gli venissero fatte dal Marchese Gio. Antonio Turinetti 

di Priero e Pancalieri, gill possessore di un latifondo in 

queUe vicinanze in territorio di Mortara; e ad eBBO, infatti, 

il Filippo Baretti. con atto del 10 di ottobre del 1776. vendevs 

i due tenimenti in territorio di Valenza, denominsti 

Isola degJi Orsi e Gambina Ferrarina, al prezzo di L. 112 mila; 

delle quali L. 86 mila circa furono poi da lui riscosse iI 

24 settembre deJl'anno seguente; somma. secondo if tempo, 

considerevole, e cui quattro giorni dopo, accrebbe ancora 

di altre L.2O mila, dal Filippo ritirate dalla propria moglie 

Teresa Marendono. 

Si fu in queste eircostanze. che il nostro Baretti, ridotto 

alle strette per la guerra d' America, che volgendo contraria 

agl'Inglesi, rendeva gli stampatori e librai renitenti ad 

aprire Ie loro borse agli scrittori, che gli parve di poter

I MANZONI 

V ASS!LL! DI CASA SAVOIA. 

I. 

Al Tomo primo, paginR trentanove, dell' Bpistol4rio ili 

.41e884nil1"o ManSOtli y i1 ch.mo sig. Giovanni Srorza, esimio 

rscooglitore di 8880, ci fa noto siccome Pietro Antonio Manzoni 

(padre del nostro grande), « da Vittorio Amedeo ·III 

re di Sardegna, i1 10 luglio 1773, venne investito del feudo 

di Moucucoo nel Dovarese, co' dritti e Ie prerogative gik 

godute dal padre » •. 

Puo nascere in altri (come nacque in noi) curiositk di 

sapere l'origine di una tale antica relazione, di una tale 

onorifica dipendenza dei Manzoni dalla CaBa di Savoia; di 

codesta, in80mma, ,ignona in Piemonte. dei Manzoni di 

Milano; e poi Ia qnaIita, l' entita di quei «dritti e prerogative 

» cbe percio godevano. 

La storia e questa: 

I Manzoni erono feudatarii di Moncucco, e a tal titolo 

vaS8slli nobili del re di Spagna (a cui, col milanese, il novarese 

apparteneva) fin dal 1691. 

La Spagna, come ognun sa, possedette i1 milanese fino 

al 1706, cbe paSSQ all'Austria.

-543- 

Cosi fu ebe c l'illustrissimo sig. D. Alessandro Manzone 

(sie) quondam nobile sig. Dottore Pietro Antonio, delluogo 

di Caleotto territorio di Leeco dueato di Milano :I, ehiamato 

con gli altri a fare al re di Sardegna il consegnamento del 

proprio feudo, 10 fece e copia autentiea n'e rimasta nei 

-nostri Archivi. 

II. 

L'anno, dunque, c del Signore, 1753 ed alIi 25 del mese 

di maggio, in Novara e nell'Ufizio dell'Intendenza genel'ale 

eee., l'IlI.mo sig. D. Alessandro Manzoni J (o chi per 

esso, come si vedra) eomparve e eonsegno: 

I( Primo, il feudo della terra e territorio di Moneueco nella 

Provincia di questo Basso novarese », del quale diebiarava 

averne I( l'intiera giurisdizione :.D. 

c Le ragioni annesse :.D erano ([ Ie pene, multe e confische; 

la nomina degli ufiziali e altri inservienti alIa giustizia; 

la segreteria si civile e criminale ed emolumenti :t. 

Era « nel possesso attuale del detto Ceudo... come figlio 

legittimo e naturale del datto fu sig. Dott. Pietro Antonio J. 

E al modo che, per i prefati emolument;, «niente esigeva :t, 

cosi dichiarava aneora non pereevere ivi aleun altro reddito, 

ne possedere beni feudali di sorte aleuna, e non essergli 

da aleuno dovuti censi, servizi e canoni. (Era un 

feudo seusso: onorifieo, e non menomamente lueroso). Ma 

viceversa, non essere i1 (eudo I( vincolato 0 affetto d'aleun 

peso, livello :D ece. Bensi « era tenuto, il sig. D. Alessandro, 

per ragione del feudo suddetto, a fare tutto quello che Ii 

'Dm Vamini fWlJili, fedeli vassalli e bnoni sudditi devono 

fare verso il loro signore e sovrano :.t. 

E pin su aveva gia detto (ma noi 10 poniamo qui per

- 548- 

pero e giurisdizione (1), prima cognizione di tutte Ie cause 

salvo il decreto del maggior magistrato, nomina de' giudici, 

fiscali ed altri inservienti alIa giostizia:t •.. (tottocio 

per otto fuochi, 0 come a dire case 0 famiglie, soli!); a: dritti 

delle pene, molte, condanne e confische ed ogni altro diritto 

ed emolumento :0 ecce 

a: Ed in segno di vera e reale investitura, se gli e rimessa 

la spada nuda in mano e fatto l'abbracciamento, conforme 

81 soli to :D (2), 

V. 

Venendo ora finalmente a quella del 1773 di Vittorio 

Amedeo III al padre del sommo scrittore, non ci rimane 

che a confermare, e punto per punto, la notizia dUane dal 

I'egregio Sforza. Salvoche, per aggiungervi qunlcosa del 

nostro e conforme al fatto precedentemente, diremo che i1 

procuratore (nuovamente qui; e gib, al vedere, i Manzoni 

non si muovevano guari dai loro posti per fare codesti atti), 

« del Vassallo Pietro Manzoni, del borgo di Leceo, stato di 

Milano :0, fu « il Conte Cal'lo Pellione di Persano J. 

E quando ne mancasse ora affatto 0 fossesi abbuiata Ia 

notizia, troveremmo anche Ii (oil> a uso e eomodo particolarmente 

dei genealogisti), che ([ il Vassallo Alessandro morl 

1asciando superstiti, primo: il Canonico ordinario della chiesa 

metropolitana di Milano Paolo Manzoni; secondo, il suddetto 

(I) • Per il mero e rnisto irnpero •.. il vassallo pigliava cogniJlione d"i dclitti COInmefllli 

nel proprio Celldo ... La ragione di conoscere delle caule civili e di godotre i 

particolari benellzi provegnenti dai feudl, 8'intendova sotto il Dome di giurisdizione. 

(RcLorll, Storia d,ll'on.llco lellilllazion.e dol Pillmont., capo 8uUlmo, p&g_ 4(6). 

(1/) Archivio c ••• In. N'tit II rfl , vol. fI6, C. 261.

-- 1'49 - 

di ripieghi per ogni evento, per quanta improvviso, tutto 

insomma accusava in queIl'avventuriere un attore consumato, 

i1 quale doveva gia aver rappresentata pill d'una farsa 

di quel genere. Gli e percio che fui sempre mai d'avviso. 

rhe sul1a vita anteriore di costui era da aspettarsi, che i 

nostri arcbivi di Stato ci avrebbero, tosto 0 tardi, somministrate 

nuove e forse noD menD curiose rh'elazioni. La speranza 

di giungere quando che fosse a porci Ie mani sopra, 

tenne mai sempre Ia mia atteozione dests suI cooto di questa 

siogolar pp.rsonaggio, che mai non perdetti divista nelle 

mie escursioni a traverso aIle varie categorie di documenti 

di essi archivi, parendomi ad ogn' ora di aver a vedermelo 

ricomparire ionanzi pin petulante che maio 

Confesso tuttavia, che, dopo parecchi anni di inutile aspettativa, 

la mia fede cominciava ad essere aJquanto scossa 

ed io stesso a rassegnarmi a que I segreto sui precedeoti 

di lui, che ormai sembrava impenetrabile, quando, ultimamente, 

svolgendo la corrispondenza diplomatica del residente 

ducale io Roma, mi si affaccio, tutto ad un tratto, 

in piu d'un dispaccio il nome del carum; per cui la curiosita 

e )a flducia, ravvivate pill che mai, mi posero bentosto 

sulla traccia del sicofante, ed in quel tempo appuoto, in 

cui pill mi premeva di coooscerne gli andamenti. Si trattava 

infatti, delle truffe e ribalderie da lui commesse nel 

luglio del 1684 (vale a dire un anno prima, quasi giorno 

per gioroo, della supposta sua missione a Vienna) in pregiudicio 

di diverse persone in Roma, Napoli e Firenze, e 

sempre sot to la maschera d'Inviato del Duca di Savoia, e 

col prestigio del nome d'uno dei priocipali personaggi della 

sua Corte, parte questa, ehe sembra, rappresentasse con 

predilezione e come una specialita di sua invenziooe; fatto 

e pero, che prima di arrischiarsi a produr]a sulla gran seena 

della Corte Cesarea volle farne una pl'ima prova in un teatro 

minore, e per tale appunto Cu da lui scelta, nell'oecasiQue

-550- 

in discorso, la Corte del Gran Duea. La qual prova se non 

gli riusci aU'intutto a seconda de' suoi divisamenti, gJi tenne 

perb Iuogo di una buona leiione, della quaJe fece suo pro' 

a Vienna nella de6nitiva rappresentazione, che vi diede come 

sopra, guardandovisi attentamente da queUe imprudenze, 

che a Firenze gli avevano tiratoaddosso i fischi, con cui 

in ultimo it pullblico salntb Ia sua partenz8, per non dire 

addirittura fuga, da quell a cittb.. 

Per gli accennati incidenti, ehe mi sono proposto di qui 

esporre colle parole stesse deU'anzidetta corrispondenza diplomatica 

di Roma, verra ad accreseersi di parecchie pagine, 

nuove non menO che curiose, Ia vita di eostui, che tra gli 

avventurieri piemontesi tiene senza dubbio uno de' posti pin 

distinti sotto pin d'un rispetto. Egli era essenzialmente nel 

novero di queIli, che oggidi chiameremmo spostati: pre dominato 

da istinti spiccatamente aristocratici, cui)e dati di 

una non camune intelligenza, sussidiate da qualita esteriol'i 

proporzionate, parevano, in certo modo, legittimare, 

s'era posto in cuore di volere, ad ogni costo, far la figllra 

di un gentiluomo nell' alta Societa, dalla quale la sua oascita 

non meno che la sua fortuna, coneorrevano egualmente 

ad a1100tanarl0. Insinuatovisi, pertanto, a tutta prima 

meree della casuale conoscenza e protezione del figlio del 

suo feudatario, seppe subito si bene ritrarne i costumi, Ie 

eonsuetudini ed il linguaggio, 8i bene acconciarsi a quell' 

ambiente, ehe vi pareva addirittura nato e non intruso, ed 

egli stesso a poco a poco finl col darsi a credere, che in lui 

puro dovesse esser sceso a sanl/ue purissitno celeste di 

qualche pezzo grosso, deviato momentaneamente nel suo 

corso pel lungo ordi1le di magnanitni Zombi. Disgraziatamente, 

ripeto, i suoi mczzi di fortuna era no lontani dal 

poter sostenerc a lungo andare siffatta iIIusione, ond'e che, 

dopo di avervi tutto saerificato quel po' di ben di Dio, che 

ua' suoi gcnitori avcva cl'cditato, essendosi per giunta ancbe

- 551 - 

indebitato per somme ragguardevoli, gJi fll in ultimo giuocoforza, 

per sottrarsi alJe molestie de' creditori, di affrettare 

i passi verso i paesi stranieri, sotto coJore di voler viaggiale, 

rna in effetto per buscarvi nuovi campi da sfruttal'vi 

)'altl'ui credulita e buona fede a soddisfazione della sua vanita 

e de' suoi vizi. E qui fu dove spiceo piu che mai la 

sua audacia neU'affrontare Ie pin arrischiate situ8zioni, e ]a 

feconditfl del suo genio inventivo nell'improvvisare i ripieghi 

ad ogni bisogno, e la SUB abilita ed energia di volonta nel 

metterli in opera ne'momenti deeisivi. Sono appunto i primordj 

di siffatta vita avventurosa, che Paolo Negri, Segretario 

del Conte e Presidente Orazio Provana, Residente dueale 

aRoma, andava di mano in mano· signifieando al marchese 

di San Tomaso nelle seguenti lettere: 

([ Se ne va girando per il mondo (scriveva il Negri da 

Roma il 12 agosto 1684) un certo giovane del Mondovi, 

chiamato Carlo Caruffi, sotto nome del sig. Marchese di Bagnasco, 

spacciando ora di essere spedito da Madama Reale, 

ed ora da S. A. R. per affari importanti della Corona. Ove 

egJi sa ehe vi possino essere personaggi ben affetti a eotesta 

Real Casa, va a troval'li rappresentalldogli l'urgenza, 

che ha, di proseguire il suo viaggio verso Roma per abboccarsi 

eol sig:. Conte Provana, suo cugino, e Ii va riehiedendo 

di qualche somma di danaro, dicendoli, essel'gli mancato 

il danaro, e che sino non giunga qui, non esige lettcre 

di cambio di somme considerabili, e per farli cadere pin facilmente, 

gli fa vedere certe lettere false di cambio di migliaia 

di doppie. Onde con questa comparEla, e col seguito 

d'un servitore, che conduce seco, ed esso assai ben copel'to. 

non ha difficolta di cavare daUe borse di molti Ie doppie a 

centinaia. Due mesi fa, per ]a strada di Loreto aRoma, si 

accompagno con un povero frate Carmelitano, cbe se ne 

veniva qui allo studio, e dopo a verli levati quanti danari 

portava seeo, sotto titolo di presti to, perche quando saria

-556- 

cocchieri, ed i1 Buto marchese ne fece obbligo a detto padre. 

Di piu ha cercato da alcuni mercanti e particolari di aver 

daDari, ma verUDO ha voluto dargliene, perche i Fiorentini 

SODO piu occhiuti d'un Argo. Si trova impegnato coll'al. 

bergatore di San Luigi di circa sedici doppie sino ad oggi, 

e non ha quattrini, bensl certe robe in Livorno, e la di lui 

malattia continua. Oltre di r.io, la dama ed il servitore 80no 

caduti malati; quello poi, ch' e peggio, un tale avvocato 

Genta, piemontese, che, per una lite, era in Livorno, gli ha 

prestato Bopra 400 pezze, e tutte sono ite: il detto a vvocato 

si trova ora qui seco senza un baiocco. 

«Devo bensl dire a V. S., che questo falso marcbese di 

Bagoasco parla deUa corte di Torino come se fosse l'intimo 

di S, A. R. e di Madama Reale; anzi. ieri sera, in mia preseDza, 

diede ordine ad uno della posta di stare avvertito, 

quando ripallsera il corriere di Torino, di ritoruo da Roma, 

perche vuol dargli lettere per S. A. R., e quando faceva 

difficolta di trattenersi. 10 fara mortificare in Torino. SuI 

principio S. A. gli aveva dato un passaporto pel Governatore 

di Milano, percha voleva spedire un suo corriere per 

Ie poste per aver dana.'i ed avvisare S. A. R. del suo arrivo 

in FireDze. ma costui non e mai partito per difetto di denari. 

Esso si fa genero del sig. marchese di Caraglio, e 

dice, che suo padre e stato Governatore del dur.a morto, e 

cavaliere dell'Ordine, morto sei aoni sono; ehe ha i1 coman 

do della cittadella del Mondovi, la sopraintendenZ8 del 

Goveroo d' Asti, ed il brevetto di S. A. R. per passare a cariche 

maggiori, ed aoco iJ posto nel Consiglio di Stato: 

tutto questo I'ha detto a me ed anco al sig. marehese Malaspina. 

«Fa ieri l"a1tro ai padri Domenicani, ed ivi De trovb uno 

di Bagnaseo ed un altro di Garessio; questi e mio amico, 

ma l'a1tro mi e ignoto i bensl 10 riconobbe per suo suddito. 

lori furono da lui due mooaci giovani Benedittini, uno, ehe

-1559- 

cr Lasciai di dirle it pili bello circa i1 furbo. Il padrone 

della carrozza si lagnava perche non vedeva comparire la 

8ua carrozza, ne Ii cavalli, e, per chiarirsi della volpe, ottenne 

daUa Giustizia di far .aprire un forziere, ch' esso aveva 

lasciato nella di lui osteria, in presenza di testimonio Venutosi 

all'opera, fu trovato in esso un pallone da far merletti, 

ed alquanti cenci e stracci; di modo che sara molto 

curiosa l'intendere di qual maniel'a sara stato ricevuto]). 

L'8 agosto poi soggiungeva ancora: cr Deve V. S. restar 

informata, che suI principio della com media del nnto marchese 

di Bagnasco, S. A. (il Granduca) fece scrivere per 

Venezia e per Milano, ed indi spedi una staff etta per Torino, 

per averne l'informazione certa: ne ha ricevute Ie 

risposte, che desiderava, e si crede, che ne seguira qualche 

dimostrazione esemplare. Questo furbo, quando si vide scoperto, 

penso subito ad un nuovo imbroglio: fu a pregare 

iI padre Galizia n passar parol a col marchese Borri, Governatore, 

con protesta di essere il marchese, quale si spacciavo, 

con offerirsi di costifuil'si all'arresto in fortezza sinche 

ne (ossero VC.lnute lett ere di Piemonte; e questo fu il 1 0 di 

agosto; mentre il padre ando a fare detto complimento, COllli 

si gettO nel convento de' padri Francescani del Riscatto. II 

marchese, non ostante la protesta, voleva assicurarsi della 

persona, rna, non potendolo avere, fece piglior la donna e 

ravvocato, quali pero, come innocenti, furono, prima deUa 

notte, liberati, ed il furbo continua sino ad ora a starsene 

ritirato nella suddetta chiesa D. 

Bisogna pur confessare, cbe iJ Granduca, in quell'occasione, 

fu pili fortunato, cbe savio, poiche, senza queJla benedetta 

quartaua, sorvenuta in cosi mal punto al flnto marchese 

di Bagnasco, questi avrebbe senz'altro avuta, nel 

giorno gill appuntato, l'udienza coU'aggiunta dell'anticamera, 

ed il Principe ci aVl'ebbe rimesso qualche cosa di pili 

essenziale, the non erano stati i rinfreschi, che s' era troppo 

affrettato di fargli presentare.

- 565- 

Dotato di molta perspicacia di mente. di larghe vedute 

nelle intraprese libl'arie e di una grande attivita. di fare, 

Casimiro estese e prospero d'assai, colla cooperazione di suo 

fl'atel1o Bernardo, la riputazione e il commercio della casn 

libraria dei fratelli Bocca, fondando una succursale a Firenze 

nel 1863, ed un' altra in Roma nel 1870. 

A suo merito rimane di avere fornito alIa libreria italiana 

opere e collezioni di libri assai utili e pregiati, fra i quali 

la Grammatica copto-geroglijiea del Rossi, i (Jodices hebraici 

del Peyron, il Museo storieo 4ella (Jasa di Savoia del Vayra, 

Ie Falibrickc moderne del Promis, l' A rmerista di (Jasa 8a 

'DoiR del Franchi, Ie Iscrizioni anticke 'Dercellesi del Bruzza, 

la collezione 4.elle Opere giuridicke, della quale furono gill 

pubblicati trent a volumi, la (Jollana di storiei italiani, che 

conta gill sette volumi. 

11 mio vale, dilcttissimo Casimiro Bocca, e quello non 

menD cordiale degli altri scrittori delle (Juriosita e Rieereke 

di storia subalpina, i quali con me ti amarono e stimarono, 

e di te rimangono in desiderio. . 

Torino, 18 giugno 1883. 

--- .. - .-- 

NICOMEDE BIANCHI.

INDICE DELLE MATERIE 

I 

conten.u.te n.el quin.to volu:rne 

P. V A.YRA.. - n Museo Storico della Casa di Sav'oia . . . . pag. 1·63 

L. PROVAlU DI COLLIi:GNO. - Dei matrimonii di Adelaide ContesS&. 

pag. 64-87, 144·185 

A. D. PERRERO. - La lotta e la conciliazione del proselitismo cattolico colla 

patria potesta giusta la legislazione inglese, dibattuta tra Ie Corti di 

Torino, di Londra e di Rorna. . • • . • . pag. 88-112, 186-212 

D. CA.RUTTI. - Una lettera di Alessandro Manzoni al Conte di Cavour 

pag.113-116 

ERIIAlI'KO FDBEBO. - Sulla provenienza di un quadro del Van Dyck conservato 

nella Pioaooteca Torinase . • • . . . . • pag. 117-119 

F. SARACDO. - Una pagina del diritto delle genti nel 1439 pag. 120-139 

NICOJl&DE Buxcm. - 11 Duca di Savoia e la corona di Sicilia nel 1848. 

pag. 140-144 

F. SARA.CEKO. - Emanuele Filiberto e n passaggio in Piemonte del Re di 

Polonia nel 1574 . . . . . . . . . . . . . . pag. 213·230 

D. P. - Del Cagli08tro e dei Liberi Maratori in Roma; secondo i diplomatiei 

Bardi (1790). . . . . . . . . . . . . . pag. 231-241 

ANTONIO MANNO. - Una SCOfSa nel mio portafogli. Notizie e carte sparse 

sopra i monumenti Torinesi, il He Carlo Alberto, Carlo Botta ed altri 

illustri • . . . . . • . . . . . . • . . . pag. 242-301 

NJCOIIEDE BUNCHI. - Documenti relativi ad alcane asserzioni del Prinripe 

di Mettemich intomo al He Carlo Felice ed a Carlo Alberto Principe 

di Carignano . . • . . • . . • . . . . . . pag. 302-336 

A. D. PERRERO. - L'arresto in Savoia del Capo-contrabbandiere Luigi Mandrin. 

Vertenza tra 13 Corte di Torino e quella di Francia (1755) pag. 337-367 

\'. Pao1lI8. - Prove per l'ammessione neIl'Ordine Maoriziano ne' suoi primordii. 

. . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 368-372

..,- 

IN DICE DELLE MATERIE 

CODteDute Dei cinque volami. ," 

A TVertenza degli Editori, vol. It page 1. 

- BIANCHI N. - Le nostre intenzioni e Ie nostre speranze, I, 3. 

Note antobiografiche di un veterano deU'eaercito piemon1iele, I. 143. 

Cenni e Lettere inedite di Piemontesi illustri del s6Coio XIX; Silvio 

Pellico, I, 175, 378, 505. 

Fac-simile di una 1ettera di Daniele Manin, I, 649. 

n Conte Camillo Henso di Cavour e Ie prime elezioni del Parlamento 

Sabalpino, IT, 261. 

Santorre di Santa Rosa, III, 81. 

La verit&. trovata e documentata sull'arresto e prigionia di Carlo Botta 

verso Ia fine del seoolo Xvm, e Ie sue re1azioni con Carlo Alberto 

principe di Carignano, poi Be di Sardegna (documenti inediti), II. 95. 

Beritti e lettere di Carlo Alberto, m, 711. 

n Duca di Savoia e la corooa di Sicilia ncl 1848, V, 140. 

Documenti relativi ad alcune a.sserzioni del principe di Mettmrlch, in· 

torno al Be Carlo Felice ad a Carlo Alberto principe di Carignano, 

V, 802. 

CABUTTI D. - Chi fosse il falso inviato di Savoia alIa Corte Imperiale di 

Vienna, II, 656. 

- Una lettera di Ale88andro Hanzoni a1 Coote Camillo Cavour. V, 118. 

CURUTTI A. - Le nozze eli Carlo Emanuele I Duca di Savoia con D. Ca· 

terina d'Austria in SaragoZZI\, n, 635. 

FERRBRO E. - Bonetti inediti di Giovanni Battista Marino. IV, 408. 

- Sulla provenienza di un quadro del Van Dyck conaervato nella Pina· 

coteca Torinese, V. 117. 

FRIEDLAElrDEB G. - n Margravio Carlo Filippo eli Brandeburgo e 1a Con· 

tesaa Salmour, V. 497.

• 

- 571- 

PERRERO A. D. - Madama di Warens; appunti storici a schiarimento della 

vita di lei e dei libri TI e TIl delle Oonfe88ioni di G. G. Rousseau, 

tratti da documenti ined.iti (1726-1762), TIl, 385. 

Aggiunte e eorrezioni agli storici piemontesi, III, 525. 

Uno sguardo retrospettivo sull'ordinamento municipale della eitta di 

Torino, per cib cbe spetta ai sindaci ed aIla loro elezione, considerata 

nelle lotte per essa 80stenute contro alcuni dei Principi della 

Ca.sa. di Savoia (1639-1676), III, 593. 

Prima carovana dei eavalieri della sacra religione e milizia dei Ss. Maurizio 

e Lazzaro, IV, 112. 

n Presidente Giuseppe De Lescheraine corrlspondente di Madama di 

La. Fayette, IX, 359. 

Lettere ined.ite di Madams. di La l!'ayette e sue relazioni colla Corte 

di Torino, IV, 409. 

Memoria torinesi - Una pagina da aggiungersi alla Storm della Biblioteca 

Civiea di Torino, IV, 712. 

Origini e vicende della disgrazia incorsa dall 'abate Carlo Denina per 

la sua opera: Del"fimpiego delle pe1"80ne (1777-1780), IV, 722. 

La lotta e la conciliazione del proselitismo cattolico C;Olla patria potesta, 

giusta 180 legislazione inglese, dibattuta. fra Ie Corti di Torino, 

di Londm e di Roma, V, 88, 186. 

Del Cagliostro e

- 572- 

RICOTTI E. - C&I'10 Baudi di Vesme; ricordi. - Gli studi sotto il Regno di 

Carlo Alberto, III, 51. 

RoCCA L. - Accademia letteraria Pino, III, 480. 

RoDELLA C. - Studii nazionali in Piemonte durante il dominio franoese. It 401. 

SARACENO F. - n manifesto del Conte Radicati di Passerano, I, 277. 

Due anni di regao (1460-62) di Lodovico Duca di Sa.voia, II, 516. 

Di un nome nuovo da agginngerai alia genealogia dei reali di Savoia 

e d'Italia, II, 705. 

Gill1lari - Menestrelli - Viaggi - Imprese guerreecbe dei Principi di 

Acaia (1295-1895), m, 261. 

Giunta ai giullari e meneatrelll, viaggi, impreae guerresehe dei Prin· 

eipi di Acaia (1890·]438), IV, 205. 

Una pagina del dirltto delle genti nel 1-'39, V, 120. 

Emanuele Filiberto e il passaggio in Piemonte del Be di Polonia nel 

1574, V, 213. 

Emanuele Filiberto e un passaggio di Spagnuoli nel 1573, V, 393. 

I Manzoni vuaalli di Casa. Savoia, V. 541. 

&LOPIS F. - n Conte Camillo Beoso di Cavour (Rimembranze), II, 456. 

VAVRA P. - Le stregbe nel Canaveae (con due dOClUDenti inediti deU'Inqui· 

aizione (1474-75). 1, 82, 209. 654. . 

n Museo storico della Casa di Savoia, 1, 553; Ill, 849, 587; IV, 43, 

254, 534 j V, 1. 

Anticaglie - La liberta del matrimonio. II, 169. 

Un gran decaduto - II ballo e 1e sue (ute, II, 711. 

Autograft dei Principi di Casa Savoia, V, 421. 

Rettificazioni eel aggiunte &lla Storia Piemontese: I. n trattato del 

1639. - II. La reetituzione della cittadella di Torino, I, 165. 

Torino e i Torineai sotto 1& Repubblica, I, 850. 

VIGNOLA A. G. - DeUe maiolicbe e porcellane in Piemonte, III, 454, 5&1.

PafJ· 

64 

66 

70 

71 

77 

79 

31 

8J 

85 

147 

149 

151 

1.52 

• 

153 

156 

DEI MA TRIMONU DI ADELAIDE CONTESS.-\., 

Errata 

verso il 1045, 0 1046 

nota (2). Quod ad villam 

regiam spettat 

nota (5). Leggevasi 

che il 22 di gennaio 1235 

nota (2) in fondo. Diamo 

noi stessi q uesto docum. 

a psg. 92 

nota (1). Curte Mance 

il 9 giugno 1323 

nota (1). In Terruclasco 

alcuno d'altro villaggio 

Berta ed Olrico, vescovo 

nota (1). Si trovs qui a 

pag.92 

(3) 

(1) 

nota (1) herbergauit iniquam 

nota (2). Cuius tenor tali 

erat 

dei suoi antecessori 

Cannsco 

eu biecatione 

medictatem 

idest mance 

libers esse noluerunt 

sine lageos 

C. nuncias allrl 

testamentum re quomodolibet 

quo cumque 

1045 0 1046. 

speetat. 

Corrige 

Leggevisi. 

il 2 di gennaio 123.5. 

a pag.149. 

Mance. 

il 9 gennaio 1323. 

Ferruciasco. 

alenno altro viUaggio. 

Olrico vescovo. 

a. psg. 149. 

(1). 

(2). 

herbergauit inquaJD. 

CUillS tenor taUs erato 

dai snoi antecessori. 

CanUBco. 

Bubiectione. 

medietatem. 

mance. 

libera esse uoluerunt. 

sive lageos. 

C. uncias auri. 

testamentum ire quomodolibet. 

• quoeumque.

Il seguito dell' artieolo Vapa 1 

Autografi dei Prinoipi di CBsa 

Sa voia J sara pubblieato fFa breve.

The End. 

World Public Library Association

curiosità e ricerche di storia subalpina, vol. ve ultimo - World eBook ...

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