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Qual viaggio - Kalu Ram Babu - Negozio indiano etnico Pisa

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<strong>Kalu</strong><strong>Ram</strong> <strong>Babu</strong><br />

Quel Viaggio<br />

Pendragon – Legatoria Artigiana


Ho scritto queste pagine per ricordare una persona<br />

che ha camminato per molti anni al mio fianco e che<br />

III<br />

ora non esiste più...<br />

<strong>Kalu</strong><strong>Ram</strong> <strong>Babu</strong><br />

Grazie Sara<br />

tu sai perché...


PREFAZIONE<br />

<strong>Babu</strong>, quando mi hai chiesto di presentare il tuo libro,<br />

ti ho risposto “sì” con entusiasmo.<br />

Innanzitutto perché anche questo è un gioco.<br />

Come la vita. Lila. Un gioco. Poi perché mi sono<br />

ricordato che io stesso, dopo aver letto, in forma di<br />

appunto, il racconto del tuo <strong>viaggio</strong>, ti avevo


suggerito:”Perché non ne fai un libro e lo<br />

pubblichi?”Ed eccolo, oggi, il libro! L'ho qui<br />

sottomano. In forma quasi definitiva.<br />

L'ho riletto. Tutto di un fiato come la prima volta. E<br />

come la prima volta ho provato piacere e stupore,<br />

insieme ad un senso di incredulità e invidia. Piacere,<br />

perché finalmente, leggo cose che non mi annoiano.<br />

Stupore perché scopro un NARRATORE laddove non<br />

immaginavo di trovarlo.<br />

Spiegarti l'incredulità e l'invidia che ha suscitato in<br />

me il tuo racconto è più difficile ma... immagina uno<br />

come me che ha sempre voluto e cercato di “muoversi<br />

sul sicuro”, come possono apparirgli il mondo e le<br />

esperienze che tu descrivi in “Quel Viaggio”?<br />

Incredibili! Ma la vita è così: incredibile.<br />

V<br />

Un gioco stupefacente e meraviglioso. Certo quel tuo<br />

<strong>viaggio</strong> avrebbe potuto “finire male”. In quel tuo<br />

<strong>viaggio</strong> che avevi intrapreso per conoscere, per<br />

imparare, per capire, per capirti e infine ritrovarti,<br />

avresti potuto perderti.<br />

Ma per fortuna eccoti qui a raccontare e a continuare<br />

il <strong>viaggio</strong>. Perché il <strong>viaggio</strong>, tu lo sai bene, meglio di<br />

me, non è concluso.<br />

So che continuerai con interesse, entusiasmo e<br />

finalmente con gli occhi non di meraviglia e di stupore


come sotto l'effetto di un TECNICOLOR dal quale da<br />

tempo remoto hai smesso l'uso perché non ne hai più<br />

bisogno.<br />

Di questo <strong>viaggio</strong> che continua spero che tu troverai il<br />

tempo e la voglia di farne ancora un racconto.<br />

A tuo modo, semplice, spontaneo, privo di enfasi,<br />

ironico e perciò di facile lettura. Buon <strong>viaggio</strong> <strong>Babu</strong><br />

e.... a rileggerti.<br />

VI<br />

Quel <strong>viaggio</strong>...<br />

Piero Potestà<br />

Quel giorno, in quella soffitta, mi dissero che le<br />

scatole posate sul pavimento contenevano delle fiale di<br />

Cardiostenol, una morfina sintetica. Non ci capivo<br />

molto di droghe.<br />

Eravamo nel dicembre del millenovecentossantanove.<br />

Da quel momento in poi avrei capito perfettamente<br />

cosa era la morfina sintetica e tutte le altre droghe<br />

pesanti.<br />

Avevo appena finito due lunghi e inutili anni alle<br />

dirette dipendenze della Marina Militare.<br />

Mi avevano rubato due anni della mia vita.<br />

Poi il mio ritorno a casa. In una città particolare, una<br />

città proletaria, con il rifiuto storico di questa etichetta,<br />

una città che continuava ad ostentare una nobiltà


ormai decaduta.<br />

Tutto nella città era impregnato di fabbrica, anche i<br />

tram sferraglianti delle cinque del mattino, con il loro<br />

carico di tute blu del primo turno.<br />

Tutto puzzava di proletariato.<br />

Ero cresciuto in quella storia, figlio di operai separati e<br />

abbrutiti, ero il primo di quattro fratelli.<br />

Quando i miei si separarono andai ad abitare con le<br />

mie zie; non volevo rimanere nè con mio padre nè con<br />

mia madre.<br />

Inoltre mio padre voleva che diventassi figlio d’arte,<br />

cioè operaio come lui.<br />

1<br />

Ma, dentro di me, sentivo che quella non era la mia<br />

storia.<br />

Non avevo la più pallida idea di cosa mi avrebbe<br />

riservato il futuro, ma sicuramente qualcosa di diverso,<br />

comunque fossero andate le storie.<br />

Così decisi di andare ad abitare dalle zie, che oltre ad<br />

avere una vita regolare, stravedevano per me.<br />

In modo particolare la sorella di mia nonna; una donna<br />

incantevole, ex partigiana, disponibile sempre con<br />

tutti.<br />

Io le ricordavo suo figlio che era morto durante la<br />

guerra a soli quindici anni ucciso dallo stesso fucile<br />

con cui stava giocando.<br />

Mi piaceva stare con loro.<br />

Quando ritornai dal servizio militare ripresi il vecchio<br />

lavoro, facevo il compositore grafico in una tipografia<br />

e non ero molto contento.<br />

Avevo cominciato da poco a farmi gli spinelli,<br />

eravamo ancora agli albori.<br />

Le droghe, a quell’epoca, erano ancora quasi del tutto<br />

sconosciute alla maggior parte delle persone e quasi<br />

nessuno gli dava importanza.<br />

Quella sera Riki mi disse: ”Questo è Cardiostenol, l’ho<br />

preso con una ricetta falsa che mi hanno regalato, io e<br />

Piero ci facciamo una pera, vuoi provare?”<br />

Senza starci a pensare neppure per un attimo, gli


isposi di sì…<br />

Quello fu l’inizio della mia fine.<br />

Eravamo tutti e tre alle prime armi, ma dopo<br />

bestemmie e sangue dappertutto riuscimmo finalmente<br />

a bucarci.<br />

Sentivo la bocca impastata, le mie labbra erano secche,<br />

continuavo ad avere sete e avevo cominciato<br />

2<br />

anche a vomitare.<br />

Erano sensazioni che una persona normale avrebbe<br />

interpretato come negative, ma io le vivevo come uno<br />

stato di completo rilassamento e di stupida lucidità; mi<br />

sentivo passare tutto sulla pelle e attraverso di essa.<br />

Non mi rendevo conto che stavo cominciando il mio<br />

dramma.<br />

Passai molto tempo in quello stato, quando mi ripresi<br />

mi sedetti sul letto e guardai Riki, lui era seduto in<br />

terra come gli indiani e con la testa ciondoloni.<br />

Lo chiamai:”Riki!” Lui alzò la testa e mi guardò, il<br />

suo sguardo era perso in un vuoto assoluto.<br />

“Sto bene, sto bene ” mi rispose con voce lenta e<br />

strascicata.<br />

Mi piaceva Riki, mi dava un senso di sicurezza ed era<br />

qualche anno più grande di me.<br />

Lo guardai fisso negli occhi e gli dissi:<br />

”Perché non facciamo un <strong>viaggio</strong> insieme in India?” e<br />

continuai a fissarlo rendendomi conto<br />

improvvisamente che avevo detto qualcosa di<br />

importante<br />

”Perché no?” mi rispose, poi continuò:”Con quali<br />

soldi? Tra tutti e due non abbiamo una lira” e tutto finì<br />

lì.<br />

Erano passati quasi due anni da quella sera.<br />

Mi licenziai dalla tipografia e mi trovai, sempre<br />

provvisoriamente e in attesa di tempi migliori, un<br />

lavoro come arredatore per negozi.<br />

Se fossi stato “normale” avrei fatto molta strada nel<br />

settore.<br />

Quel tipo di lavoro mi piaceva molto, appagava la mia


creatività e mi staccava da quel mondo operaio e<br />

proletario in cui non mi riconoscevo e che rifiutavo.<br />

3<br />

Per me volevo ben altro!<br />

Ma il pensiero che mi accompagnava costantemente<br />

era di fare al più presto un <strong>viaggio</strong> in Oriente…<br />

Io e Riki continuavamo a vederci regolarmente e a<br />

stravolgerci con tutto ciò che passava il mercato in<br />

modo continuativo, ma tutto sommato ancora nei<br />

limiti.<br />

Infatti nonostante tutto ciò continuavo a lavorare e a<br />

vivere in famiglia tranquillamente.<br />

Ma il pensiero del <strong>viaggio</strong> continuava a rodermi il<br />

cervello…<br />

Una sera mentre uscivo di casa per incontrare Riki,<br />

avevo già in mente quello che gli avrei detto.<br />

Quando lo vidi, la prima cosa che gli dissi fu riguardo<br />

al <strong>viaggio</strong>: “Ascoltami, ho deciso di partire, tu non hai<br />

una lira e io nemmeno, ma voglio fare questo <strong>viaggio</strong><br />

in ogni caso, perciò ho deciso di licenziarmi e con lo<br />

stipendio e la liquidazione, anche se non sono molti<br />

soldi, potremmo partire e andare ad Istanbul, poi<br />

qualcosa succederà, tu cosa ne dici? Se vieni sono<br />

contento, se non vieni andrò da solo”.<br />

Riki non ci pensò neppure per un attimo e mi disse che<br />

ci stava.<br />

Il suo sì di conferma mi mise in moto.<br />

Non stavo più nella pelle e questo mi succedeva ogni<br />

volta che stava per accadere un cambiamento.<br />

La mattina dopo mentre andavo al lavoro, ripensavo a<br />

quello che era successo la sera prima e stentavo di<br />

credere che stavo per fare finalmente un <strong>viaggio</strong>.<br />

Mi sembrava di fare la cosa giusta.<br />

Mi sentivo euforico e impaurito; euforico perché<br />

realizzavo un sogno inseguito da tempo e impaurito<br />

perché dovevo dirlo alle mie zie e non sarebbe stato<br />

facile.<br />

4


Arrivai in ditta e andai direttamente in ufficio dal<br />

principale.<br />

Quando fui dentro il capo mi chiese cosa volevo.<br />

Per un lungo attimo fui preso dal panico e pensai di<br />

trovare una scusa e ritornare il giorno dopo.<br />

Poi, quasi senza rendermene conto gli dissi tutto d'un<br />

fiato, che mi sarei licenziato e davo gli otto giorni di<br />

preavviso.<br />

Mi chiese il motivo di questa scelta improvvisa, se<br />

avevo dei problemi e se con loro non mi fossi trovato<br />

bene.<br />

Gli risposi che ero stato trattato molto bene, ma che<br />

avevo deciso che era arrivato il momento per me, di<br />

fare il <strong>viaggio</strong> in oriente che sognavo da tanto tempo.<br />

Dal dialogo che ne seguì rimasi piacevolmente<br />

sorpreso da ciò che mi disse, che al mio ritorno, se<br />

avessi voluto mi avrebbe riassunto, ma io ero sicuro<br />

che non sarebbe successo.<br />

Nella liquidazione trovai più soldi di quanto mi<br />

aspettassi, fu un bel regalo.<br />

Ma il casino vero scoppiò quando lo dissi alle zie.<br />

La zia più giovane, la sorella di mia madre, quando<br />

seppe che mi ero licenziato e che andavo in Oriente e<br />

non sapevo quanto ci sarei rimasto, scoppiò in lacrime.<br />

“Sei un incosciente!” mi disse:” In quei posti ti<br />

prenderai chissà quali terribili malattie, sei proprio un<br />

egoista!”<br />

Poi asciugandosi le lacrime continuò:”Ma cosa stai<br />

cercando? Qui hai tutto quello che vuoi! Non ci pensi<br />

a noi?”<br />

Cominciò ad elencarmi tutte le peggiori cose che<br />

5<br />

potevano succedermi, colpevolizzando l’innocente<br />

Riki, che credevano l'ideatore delle scelte che stavo<br />

facendo.<br />

L’intervento dell’altra zia, quella che aveva sempre<br />

l’ultima parola, mise fine al rosario d’imprecazioni,<br />

che con l’arrivo di mia madre si era amplificato.<br />

Mi prese per mano e disse a mia madre e mia zia di


non preoccuparsi e a me di andare in camera con lei.<br />

Mi fece sedere sul letto e sorridendo mi disse: “Sei<br />

sicuro che stai facendo la scelta giusta? Lo conosci<br />

così bene questo Riki da fare un <strong>viaggio</strong> così lungo e<br />

pericoloso con lui?”<br />

Le risposi:” E’ un sogno che mi porto dietro da molto<br />

tempo. Tu lo sai perché te ne avevo già parlato in<br />

passato.<br />

“Sì, Riki lo conosco bene, mi fido di lui è un tipo in<br />

gamba; e poi è più grande di me”.<br />

Lei continuò dicendomi di non infilarmi in qualche<br />

storia strana come al solito perché, in posti così lontani<br />

sarei in ogni caso stato solo.<br />

Per ciò che mi riguardava, in quel momento la sola<br />

cosa che contava era la sua benedizione e lei mi<br />

benedì.<br />

Era fatta! Con un alleata come lei ero praticamente in<br />

<strong>viaggio</strong>.<br />

La prima cosa di cui ci occupammo furono i<br />

passaporti. La faccenda fu più lunga del previsto a<br />

causa di alcune “piccole” grane penali di Riki, ma alla<br />

fine tutto si risolse per il meglio.<br />

La sera prima della partenza mi ritornò alla mente il<br />

discorso che mi aveva fatto mia zia a proposito di<br />

Riki.<br />

In fondo aveva ragione la zia, non eravamo ancora<br />

6<br />

così amici, andavamo a giro insieme ci facevamo<br />

qualche spino e ogni tanto una fiala di Cardiostenol,<br />

ma non avevamo mai parlato in modo serio di noi.<br />

Tutto quello che sapevo di lui, che era stato ad Istanbul<br />

e parlava un po’ d’inglese, che era simpatico e ci stavo<br />

bene.<br />

Sapevo comunque che avevo bisogno di lui e mi<br />

dicevo che avrei avuto tutto il tempo per conoscerlo<br />

meglio e viceversa.<br />

Si partì per Trieste all’inizio di febbraio del 1971.<br />

Due anni dopo la decisione presa in quella soffitta,<br />

partivamo con trecento dollari in due.


Era un momento magico, i soldi in quel momento<br />

erano irrilevanti, la cosa importante era che finalmente<br />

stavo partendo.<br />

Avevo la testa completamente piena di sogni, in quel<br />

momento le droghe erano poco importanti.<br />

Quello che mi elettrizzava era essere finalmente in<br />

<strong>viaggio</strong>.<br />

Da quel momento in poi tutto sarebbe stato nuovo e<br />

sconosciuto e questo mi affascinava.<br />

Dopo due giorni di autostop arrivammo finalmente a<br />

Trieste, distrutti ma felici.<br />

Si decise di comune accordo che era molto meglio<br />

prendere un treno che arrivasse direttamente a<br />

Istanbul.<br />

Riuscimmo a trovare posto su un Orient Express<br />

diretto a Instanbul senza dover cambiare treno.<br />

Mi rendevo conto che quel treno non aveva niente del<br />

famoso Orient Express di cui avevo letto e sentito<br />

parlare.<br />

Non sarà stato il mitico treno, ma io ero felice come<br />

un bambino, stavo andando in Oriente, tutto il resto<br />

7<br />

erano stronzate.<br />

Durante il <strong>viaggio</strong> osservavo tutto e tutti, ogni cosa era<br />

nuova, tutto era diverso, dividevamo lo<br />

scompartimento con quattro jugoslavi e un turco che<br />

fecero dello scompartimento la loro casa provvisoria.<br />

Mi sentivo un ospite in casa d’altri.<br />

Il gruppo giocava a carte, Riki dormiva e io stavo con<br />

la faccia incollata al finestrino e mi perdevo in sogni<br />

salgariani.<br />

Man mano che ci avvicinavamo a Istanbul, Riki<br />

diventava sempre più sicuro di sè e mi dava<br />

l’impressione dell’uomo vissuto che sapeva cosa fare.<br />

In fondo lui ad Istanbul c’era già stato…<br />

L’arrivo alla stazione di Istanbul fu una cosa<br />

allucinante.<br />

Non avevo mai visto tanta gente stipata in spazi così<br />

piccoli, c’era un casino infernale ma quello che mi


colpì di più era che, in quel casino nessuno si urtava,<br />

eppure tutti in qualche modo avevano problemi di<br />

spazi.<br />

Alla dogana ci fecero una croce sugli zaini senza<br />

preoccuparsi minimamente di controllarne il contenuto<br />

e un attimo dopo eravamo in strada.<br />

Era fantastico! I profumi, i colori, i movimenti tutto<br />

era più fluido.<br />

Non esistevano spazi vuoti, tutto era occupato da<br />

persone e cose di ogni tipo e genere, un accalcarsi di<br />

umanità in movimento, carretti, biciclette, moto,<br />

bancarelle che vendevano di tutto, le cose più strane e<br />

disparate.<br />

Riki con aria di chi la sa lunga, mi disse che quello<br />

non era nulla in confronto con il Bazar.<br />

Chiamò un taxi che ci portò in Sultana Mhed, nella cui<br />

8<br />

piazza troneggiava maestosa la Moschea Blu.<br />

Il taxi si fermò nel corso adiacente alla piazza.<br />

Una volta scesi mi guardai intorno, quello che attirò<br />

subito la mia attenzione fu un cartello appeso su di un<br />

palo fuori dal mastodontico portale d’ingresso, in cui<br />

si leggeva a grandi lettere in inglese: ”VIETATO<br />

L’INGRESSO AGLI HIPPIES E AI CANI”.<br />

Poco più in là vidi un altro piccolo cartello con scritto:<br />

“WELCOME TO ISTANBUL”.<br />

Sorrisi e mi avviai con Riki verso un hotel che lui<br />

conosceva per esserci già stato.<br />

Faceva un freddo bestiale e arrivammo in hotel semi<br />

congelati.<br />

Tanto per essere in tema, l’hotel si chiamava<br />

EVEREST e scoprii che era tale di detto e di fatto.<br />

Infatti nella stanza faceva un freddo polare, ma dato il<br />

prezzo basso come la temperatura, ci adattammo.<br />

Appena sistemati Riki volle subito uscire per andare a<br />

cercare la roba.<br />

”Vieni anche tu?” mi chiese.<br />

Gli risposi che mi andava bene e uscimmo.<br />

Attraversammo la piazza della moschea e ci trovammo


nel corso dove il taxi ci aveva lasciato e dove c’era un<br />

locale chiamato “Pudding Shop”.<br />

Era un locale composto da due stanze, che veniva<br />

preso come punto di riferimento per ogni traffico da<br />

molti europei e non.<br />

Anch’io conoscevo quel posto, pur non essendoci mai<br />

stato e sapevo che era l’incrocio tra occidente e<br />

oriente.<br />

Ci si salutò con tutti senza parlare come se ci fosse una<br />

sorta di solidarietà nascosta.<br />

Riki cominciò a girare per i tavoli chiedendo<br />

9<br />

informazioni, prima ad un tedesco che sembrava<br />

avesse patito la fame da generazioni, poi a due<br />

francesi che stavano da un anno a Instanbul e si venne<br />

a sapere che facevano piccoli traffici di oppio.<br />

Riki chiese a loro se c’era della morfina da comprare.<br />

“Niente morfina in questo periodo, solo oppio e<br />

hashish” ci rispose uno di loro.<br />

Io che non capivo quasi nulla di inglese, interrompevo<br />

continuamente Riki per farmi dire cosa si dicevano; mi<br />

sentivo escluso e questo mi frustrava perché volevo<br />

sapere tutto.<br />

Trovammo un accordo per acquistare un po’ di oppio<br />

da buco, dopo di che i due francesi uscirono e noi ci<br />

bevemmo un tè in attesa del loro ritorno. Riki mi disse<br />

che non gli aveva dato i soldi, anche se loro ci<br />

avevano provato.<br />

”Fidarsi è bene ma…” pensai d’accordo con lui.<br />

Ai miei occhi Riki era un esperto e in situazioni di<br />

questo genere forse avrei dato i soldi prima ai due tipi<br />

francesi e magari ci avrebbero tirato un bidone.<br />

Approvavo in pieno l’azione di Riki.<br />

Quando i francesi arrivarono erano passate due ore,<br />

avevo bevuto quattro tè, mangiato una dozzina di<br />

frittelle dolci e mi stavo rompendo le palle.<br />

Si scusarono con noi e passarono a Riki con estrema<br />

tranquillità un sacchetto di plastica con 20 grammi di<br />

oppio.


Non avevo mai visto l’oppio.<br />

Sembrava un pezzo di pongo molto molle, con un<br />

odore pungente che inizialmente non mi piaceva, anzi<br />

mi disgustava.<br />

In seguito mi abituai ed imparai anche a riconoscere le<br />

varie provenienze dal colore e dall’aroma.<br />

10<br />

Riki fece due palline e dandomene una mi disse:<br />

”Avvolgila in un pezzo di cartina e poi con un po’<br />

d’acqua ingoiala, buttala giù senza tenerla in bocca<br />

perché il sapore è disgustoso”.<br />

Feci come mi aveva detto e la misi in bocca; la ingoiai<br />

in fretta, faceva proprio schifo.<br />

Dopo mezz’ora eravamo completamente fatti.<br />

Dissi a Riki di pagare il conto e uscimmo dal locale.<br />

Non mi riusciva di tenere gli occhi aperti, avevo la<br />

nausea e una gran voglia di vomitare, ma non stavo<br />

male, ero rilassato e leggero, era una sensazione del<br />

tutto nuova.<br />

Subito dopo vomitai in strada tutto quello che avevo in<br />

corpo e anche quello degli ultimi anni.<br />

Continuai ad avere conati di vomito per tutto il tragitto<br />

di ritorno e anche per alcune ore dopo.<br />

In camera, continuai a bere acqua e vomitare, roba da<br />

deficienti, ma mi piaceva.<br />

Passato l’effetto ero distrutto, il mio stomaco si<br />

rifiutava di comunicare con me.<br />

Mi accorsi che anche Riki era nelle mie stesse<br />

condizioni.<br />

Quando l'effetto scese a livelli normali, riflettei sul<br />

fatto che in fondo ero stato più male che bene, ed ora<br />

ero un po’ perplesso sul ripetere ancora l’esperienza<br />

con l’oppio.<br />

Come prima notte a Istanbul non era stata male,<br />

passata a bere per aver qualcosa da vomitare.<br />

Era mattina inoltrata quando si decise di ritornare al<br />

Pudding Shop per fare colazione.<br />

Entrammo nel locale semi deserto e ordinammo due tè<br />

e frittelle dolci. Ero senza pensieri, solo il fisico stava


facendo colazione.<br />

11<br />

Ad un tratto focalizzai che la sedia vuota accanto a me<br />

si stava muovendo.<br />

Alzai gli occhi e vidi un enorme turco con lineamenti<br />

mongoli e la pelle del colore dell’ebano.<br />

Mi squadrò senza parlare e si sedette al nostro tavolo<br />

in silenzio.<br />

Io riabbassai gli occhi e ritornai nel nulla.<br />

Riki non si era accorto di niente, immerso in chissà<br />

quali pensieri.<br />

Non avevo voglia di parlare, almeno in quel momento,<br />

e inoltre non avrei potuto, non conoscendo una parola<br />

di inglese.<br />

Speravo solo che quel bisonte non ci disturbasse.<br />

Stavo tenendo gli occhi fissi sulla tazza quando sentii<br />

una mano sulla spalla, trasalii e lo guardai negli occhi<br />

preoccupato.<br />

Pensai di chiamare Riki, ma non dava segni di vita.<br />

Il bestione tolse la mano dalla mia spalla e mi disse<br />

con un sorriso che si chiamava Ben, poi mi tese la<br />

mano.<br />

Gliela strinsi anch’io, evitando che me la stritolasse e<br />

cercai di farmi capire dicendogli che non parlavo<br />

inglese.<br />

”No problem - mi rispose - Io parlo uno poco<br />

italiano”.<br />

Mi ripresi un po’ e cominciai ad osservarlo<br />

attentamente .<br />

Solo quando lo guardai meglio, mi resi conto di<br />

quanto era grosso e pensai: “Uno così e meglio averlo<br />

come amico! Ma cosa cazzo vorrà da me?”<br />

Si mise a raccontare parecchie cose interessanti sulla<br />

città vecchia dicendo che era sconsigliabile andarci da<br />

soli.<br />

12<br />

“Abito qui” mi disse “ Posso farti avere hashish e<br />

oppio senza problemi e a poco prezzo”.


Continuò dicendomi che aveva molti amici italiani e<br />

faceva businnes con loro.<br />

Non aveva problemi con la polizia, viveva con la sua<br />

compagna, un' inglese e con lei, oltre a vendere droga<br />

facevano un po’ di tutto, dal comprare oro al black<br />

market, insomma tutto quello che poteva produrre<br />

denaro, legale o illegale, ma soprattutto illegale.<br />

Diceva che gli acidi erano molto di moda tra gli<br />

europei, ma che poteva anche procurarsi tutta la<br />

morfina che voleva, polizia permettendo.<br />

Ascoltandolo pensavo:”Costui è una vera manna per<br />

gli europei che capitano qui”.<br />

Ben era un tipo particolare, non assomigliava al turco<br />

classico che vedevo in giro, magri, con i baffetti curati<br />

e i capelli impomatati, lui aveva dei baffoni da<br />

mongolo.<br />

Il suo aspetto nell’insieme era simpatico, aveva l’aria<br />

furba e intelligente di chi deve sopravvivere.<br />

Mi piaceva, anche se mi dava l’impressione che<br />

volesse fare la prima donna e comunque continuavo a<br />

chiedermi cosa volesse da me, ma avevo la sensazione<br />

che lo avrei saputo presto.<br />

Di Riki ancora nessuna notizia, pareva sempre in un<br />

luogo che solo lui conosceva.<br />

Mi rassegnai e cercai di seguire gli sviluppi di<br />

quell'incontro dicendomi che se avessi avuto problemi<br />

avrei svegliato Riki.<br />

Mi chiese cosa facevo in Italia, dove stavamo<br />

andando, come mi chiamavo ecc.<br />

Io cominciavo a stufarmi di ascoltarlo e stavo per<br />

dirgli che andavo via quando mi chiese se gli vendevo<br />

13<br />

il giubbotto che avevo addosso.<br />

Era un vecchio giubbotto di jeans che aveva avuto una<br />

lunga e travagliata odissea e per cui era giunto il<br />

tempo della sua dipartita in qualche cassonetto della<br />

spazzatura, anche se per motivi sentimentali non lo<br />

avevo ancora fatto.<br />

Di fronte alla mia espressione meravigliata mi disse


che stava cercando un giubbotto di quel tipo per la sua<br />

ragazza.<br />

A lui sarebbe entrato a mala pena un braccio.<br />

Non so cosa mi prese ma gli dissi:”Io abito un po’<br />

lontano e fa molto freddo per dartelo subito ma ti<br />

prometto che quando ritorno te lo regalo”.<br />

Gli si illuminarono gli occhi e mi chiese:”Davvero me<br />

lo regali?”<br />

”Certo” fu la mia risposta.<br />

Non mi disse più nulla, mi fece un bel sorriso, si alzò e<br />

andò via.<br />

Mi sentivo meglio, l’impegno della chiacchierata mi<br />

aveva rimesso un po’ in sesto; non sapevo perché ma<br />

ero contento di avergli regalato il giubbotto.<br />

Svegliai Riki dal coma e gli raccontai cosa era<br />

successo. Mi disse che aveva ascoltato qualcosa e che<br />

facendo così sarei rimasto ben presto nudo. Poi<br />

continuò: ”In questi posti la roba europea viene pagata<br />

bene, potevi fartelo pagare”. Gli risposi un po' seccato:<br />

”Ormai è cosa fatta, la prossima volta ti sveglio, e<br />

gestisci tu la storia” e lo mandai a quel paese.<br />

Ordinammo del kebab, un piatto a base di carne di<br />

montone e spezie, poi ritornammo in hotel.<br />

Arrivati in camera lui tirò fuori l’oppio e mi disse:<br />

“Ora vado in farmacia a comprare le siringhe e poi ce<br />

lo buchiamo”.<br />

14<br />

Si preannunciava un pesante e interessante<br />

pomeriggio.<br />

Quando ritornò dalla farmacia aveva un sacchetto con<br />

due siringhe di vetro con enormi aghi e si era fatto<br />

dare un cucchiaio e del cotone dal proprietario<br />

dell’hotel.<br />

Ci chiudemmo dentro la stanza e Riki mi disse di<br />

prendere l’oppio e un bicchiere d’acqua, poi mi fece<br />

accendere la candela e aspettai.<br />

Ero affascinato e nello stesso tempo preoccupato, vista<br />

l’esperienza precedente, era la prima volta che mi<br />

bucavo oppio.


Mi sedetti e osservai Riki lavorare; prese dell’acqua<br />

con la siringa e riempì quello che più che un cucchiaio<br />

mi sembrava un mestolo, poi ci mise una bella pallina<br />

di oppio e appoggiò il culo del cucchiaio sulla fiamma<br />

della candela.<br />

Guardavo affascinato l’oppio che cominciava<br />

sciogliersi, riflettendo sulla disinvoltura con cui Riki si<br />

muoveva in quella strana storia surreale.<br />

Non appena l’acqua bolliva lui toglieva il cucchiaio<br />

dalla fiamma, metteva un batuffolo di cotone e con la<br />

siringa senza ago aspirava l’oppio attraverso il cotone<br />

in modo da filtrarlo, attendeva un attimo poi lo<br />

rimetteva sul fuoco con altra acqua e ripeteva<br />

l’operazione fino a quando l’oppio era passato dallo<br />

stato di poltiglia allo stato liquido.<br />

Lo guardavo affascinato e incuriosito.<br />

A quel punto avevo bisogno di risposte e gli chiesi:<br />

“Come mai hai fatto tutta questa storia solo per farci<br />

una pera?”<br />

Mi rispose:”I due francesi mi hanno detto che è un<br />

oppio molto sporco e che per bucarlo bisogna filtrarlo<br />

15<br />

molto bene altrimenti potrebbero venirci i brividi,<br />

tremori e freddo”.<br />

Cominciavo a preoccuparmi: ”Mi raccomando, filtralo<br />

bene, sei sicuro di quello che stai facendo, forse è<br />

meglio se ci compriamo della morfina…”<br />

Dopo un po’ mi mandò a quel paese: “Se ti caghi sotto<br />

non ti fare”.<br />

Ero preoccupato ma non dissi più nulla, non volevo<br />

fare la parte del cagasotto.<br />

”E’ pronto” mi disse, facendomi vedere le due siringhe<br />

con la stessa quantità, il liquido aveva il colore del<br />

caffè annacquato, o meglio acqua colorata di caffè.<br />

”Fatti prima tu” gli dissi e aggiunsi: ”prendine anche<br />

un po’ della mia”.<br />

Dopo quello che mi aveva detto sul tremito e sulla<br />

febbre non ero più tanto convinto di quello che stavo<br />

per fare, anzi a dire la verità avevo un po’ di strizza .


Riki prese un po’ della mia roba e prendendomi per il<br />

culo si bucò.<br />

Ora toccava a me, ero titubante e continuavo a<br />

rimandare il momento aspettando che succedesse<br />

qualcosa e poi non sapevo bucarmi da solo.<br />

Riki mi guardava, sorrideva e si grattava come un cane<br />

con le pulci<br />

Mi sentivo stupido, così gli dissi di farmi lui la pera.<br />

Mi strinsi il foular attorno al braccio, lui mi fece uscire<br />

la vena e con la delicatezza di un pachiderma e mi<br />

piantò quell’agone in vena<br />

Sentii male, l’ago entrava con fatica, era un ago un po’<br />

spuntato e mi lacerò la pelle, poi finalmente ecco la<br />

vena e sentii il liquido ancora tiepido scorrere dentro<br />

di me.<br />

16<br />

Dopo un attimo fu come se milioni di spilli mi<br />

pungessero tutto il corpo. Era una sensazione strana e<br />

molto intensa, quello era il flash mi disse Riki.<br />

Passato quel momento, subentrò una sorta di<br />

rilassamento e di beatitudine, sia fisica che mentale.<br />

Mi sdraiai sul letto e cominciai a grattarmi<br />

dappertutto, non era spiacevole anzi…<br />

Avevo messo un nastro dei Pink Floyd nel<br />

mangianastri.<br />

Passammo parecchio tempo in una sorta di limbo, poi<br />

mi addormentai.<br />

All’improvviso mi svegliai con una strana sensazione<br />

di freddo.<br />

Tremavo tutto e battevo forte i denti senza poterli<br />

controllare, mi misi con il sacco a pelo sotto uno strato<br />

di coperte ma il freddo aumentava invece che<br />

diminuire.<br />

Alzai la testa da sotto le coperte per vedere cosa<br />

faceva il mio amico.<br />

Era seduto sul letto con il sacco a pelo sulle spalle e<br />

tremava anche lui.<br />

Tra un battito di denti e l’altro gli chiesi se c’era un<br />

modo per fare passare il tremore e il freddo.


Mi rispose: “No, probabilmente non l'ho filtrato bene<br />

ora dobbiamo solo aspettare che l’effetto passi”.<br />

Mi incazzai come una bestia, gli dissi che era un<br />

deficiente, che di oppio e di roba ne capiva quanto me.<br />

Avevo fatto due volte l’oppio ed ero stato di merda<br />

perciò lo mandai a fare in culo, lui e tutto l’oppio del<br />

mondo.<br />

Mi sembrava di impazzire, il freddo aumentava e non<br />

potevo fare nulla che potesse scaldarmi.<br />

Era un freddo interno.<br />

17<br />

Ero ormai esausto e lasciavo che i denti battessero da<br />

soli.<br />

Non potevo farci nulla, solo aspettare che l’effetto<br />

dell’oppio facesse il suo corso.<br />

”Come primo buco di oppio non c’era male” pensai e<br />

rimaledii Riki.<br />

Dovevo fare qualcosa, non resistevo più, forse<br />

camminando mi sarebbe passato un po’.<br />

Mentre mi mettevo il giaccone ringraziai il cielo<br />

perché almeno questa volta non avevo anche vomitato.<br />

Chiesi a Riki “ Io esco, vieni anche tu con me?”<br />

Mi rispose: “ No, sto troppo male per fare qualsiasi<br />

cosa, io mi sono fatto più roba di te”.<br />

Mentre uscivo mi ricordai di prendere il giacchetto di<br />

jeans e mi diressi verso l’unico posto che conoscevo, il<br />

Pudding Shop.<br />

Attraversai la piazza della moschea, cominciava a<br />

diventare buio e la piazza si era riempita di piccoli<br />

venditori con le lampade a kerosene accese.<br />

Mi sarebbe piaciuto fermarmi per guardare cosa c’era<br />

sui carretti, ma stavo troppo male e non vedevo l’ora<br />

di arrivare per poter bere un tè, sperando che riuscisse<br />

almeno quello a scaldarmi un po’.<br />

Quando entrai nel locale non vidi bene chi c’era,<br />

perché oltre al tremito e al freddo ci vedevo anche<br />

male, ero uno schifo completo.<br />

Mi diressi verso il banco così il tè lo avrei avuto subito<br />

mentre al tavolo ci avrebbero messo un secolo e io


avevo bisogno di caldo subito.<br />

Quando ebbi il tè tra le mani volevo andare ad un<br />

tavolo e sedermi, ma tremavo così forte che avevo<br />

paura che dal banco al tavolo avrei finito con il<br />

rovesciarlo tutto prima di berlo.<br />

18<br />

Poi sentii qualcuno che mi chiamava per nome e<br />

automaticamente mi voltai.<br />

Cercando di mettere a fuoco la vista mi guardai<br />

intorno, vicino alla vetrata c’era Ben che mi faceva<br />

segno di avvicinarmi e io a mia volta gli feci cenno di<br />

avvicinarsi lui.<br />

Si alzò dal tavolo dove era seduto e venne da me.<br />

Gli dissi che ero sconvolto dall’oppio. Afferrò al volo<br />

la situazione e dopo avermi preso la tazza dalle mani<br />

mi portò al suo tavolo.<br />

Fui grato del suo interessamento, ne avevo bisogno.<br />

Gli raccontai cosa era successo tra un brivido e un<br />

battito di denti, non ne potevo più.<br />

Ben mi guardava in silenzio, poi ad un tratto mi disse:<br />

”Evidentemente non lo avete filtrato nel modo giusto,<br />

questo tipo di oppio va bene per essere mangiato.<br />

Per bucarlo dovevate filtrarlo almeno cinque o sei<br />

volte, la prossima volta state più attenti.<br />

Purtroppo ora ti devi tenere tutto quello che provi, ma<br />

non ti preoccupare più di tanto, tra qualche ora starai<br />

meglio”.<br />

“Speriamo “ gli risposi poco convinto e con il pensiero<br />

rimandai Riki a fare in culo.<br />

Continuò dicendomi che non era la prima volta che<br />

vedeva europei nelle mie condizioni .<br />

”Inoltre se ti può consolare è successo anche a me”.<br />

Mentre cercavo di non sbrodolarmi con il tè, mi venne<br />

in mente il giubbotto.<br />

Non mi ricordavo se lo avevo portato con me, anche se<br />

mi sembrava di sì, non ne ero molto sicuro, ero sempre<br />

molto stravolto.<br />

Mi guardai intorno e lo vidi sul bancone, ero proprio<br />

di fuori non mi ricordavo niente di quello che stavo


19<br />

facendo e cercai di riprendermi un po’.<br />

Mi alzai con fatica e andai a recuperarlo ringraziando<br />

il cielo che non se lo fossero fregato.<br />

Ritornai con il giubbotto e glielo diedi, mi sedetti e<br />

cercai di finire il tè ormai freddo.<br />

Ero così perso nel mio tremore che neanche mi accorsi<br />

che Ben si era alzato e mi stava parlando.<br />

Lo guardai come uno scemo e lui capì che non avevo<br />

capito niente di quello che mi aveva detto, così<br />

ricominciò da capo:<br />

”Domani pomeriggio quando ti sarai ripreso fatti<br />

trovare qui che ti voglio vedere” poi mi salutò e se ne<br />

andò.<br />

D’improvviso mi accorsi che quella chiacchierata con<br />

Ben mi aveva fatto per un po’ dimenticare i miei guai<br />

e tutto era diventato più sopportabile.<br />

In ogni caso ero sempre uno straccio, pagai il tè e<br />

uscii.<br />

Fuori era buio pesto, le bancarelle sulla piazza stavano<br />

chiudendo e io avevo completamente perso il senso<br />

del tempo, ero semiassiderato dal freddo per cui<br />

accellerai il passo e ritornai in hotel.<br />

Quando entrai in camera trovai Riki che camminava<br />

su e giù come un animale in gabbia<br />

”Non ne posso più “ fu l’unico suo commento.<br />

Bene eravamo sempre insieme, comunque.<br />

Mi infilai di nuovo nel sacco a pelo e poi sotto le<br />

coperte, alla fine mi addormentai che tremavo ancora.<br />

Al mio risveglio il mattino dopo, mi sentivo come se<br />

mi avesse investito un tir, di me erano rimasti pochi<br />

rimasugli.<br />

Non riuscivamo ad alzarci, ordinammo del caffè turco<br />

e rimanemmo a letto tutta la mattina, eravamo troppo<br />

20<br />

stanchi per fare qualsiasi cosa.<br />

Quando il cervello si mise miracolosamente di nuovo<br />

in moto, con i resti del mio corpo e del cervello, mi


icordai all’improvviso l’appuntamento con Ben;<br />

guardai l’orologio: erano le tre del pomeriggio. Avevo<br />

ancora tempo.<br />

Alzandomi faticosamente andai a sedermi sul letto di<br />

Riki e lo chiamai chiedendogli come stava.<br />

La prima cosa che disse bestemmiando fu: “Vai a farti<br />

fottere”.Tuttavia dal modo in cui mi parlò capii che<br />

stava meglio .<br />

Mentre aspettavo che la bestia si ripigliasse, pensavo a<br />

Ben, ero incuriosito da quello che avrebbe detto.<br />

In fondo era la mia prima avventura in cui io ero il<br />

protagonista.<br />

Portai il caffè a Riki e gli raccontai della sera prima e<br />

che Ben voleva vedermi.<br />

Si alzò sui gomiti facendosi più attento e mi chiese il<br />

motivo di questo appuntamento.<br />

“Non lo so” gli risposi, ”forse vorrà venderci della<br />

roba, comunque io vado a vedere”.<br />

”La storia è tua, fattela” mi rispose;comunque volle<br />

venire anche lui all’appuntamento.<br />

Era pomeriggio inoltrato quando si uscì dall’hotel.<br />

Stavo quasi bene e Riki un po’ meno, ma tutto<br />

sommato eravamo sopravvissuti.<br />

Arrivammo al Pudding shop dall’unica strada che<br />

conoscevo da quando eravamo arrivati, per ora di<br />

Istanbul conoscevo solo quello.<br />

Comunque tutto era ritornato normale e avevo fame,<br />

buon segno.<br />

Appena entrato nel locale vidi subito Ben seduto al<br />

tavolo della sera prima. Vicino a lui c’era anche una<br />

21<br />

ragazza, piccola e grassottella, doveva essere la sua<br />

tipa visto che aveva il mio giubbotto addosso.<br />

Andammo al tavolo e ci sedemmo, sentivo che<br />

l’atmosfera era serena, ordinammo da mangiare e mi<br />

rilassai.<br />

Prendemmo tè con un insalata di frutta, poi Ben ci<br />

presentò la sua compagna.<br />

Disse che la sua compagna si chiamava Alice, poi


ivolgendosi a me con un gran sorriso, mi disse<br />

nuovamente che il giubbotto era bellissimo,<br />

guardandomi con simpatia.<br />

Arrivarono i tè e le insalate.<br />

Mentre mangiavo sentivo un tranquillo silenzio, senza<br />

nessuna tensione.<br />

Riki era ancora stravolto, non aveva detto una parola,<br />

si stava scaldando le mani con il bicchiere del tè<br />

bollente.<br />

Chissà se si sarebbe ripreso?<br />

“Forse più tardi...” pensai<br />

Venni distolto da questi microscopici pensieri da Ben.<br />

“Forse é una mia impressione, ma sembra che tu stia<br />

meglio del tuo amico”.<br />

“ Non ti preoccupare, vedrai che più tardi starà bene<br />

anche lui”.<br />

Questo fu quello che mi riuscì di capire perché il suo<br />

italiano era come il mio inglese, pessimo.<br />

Quando fu sicuro che avevo capito continuò:”Tu hai<br />

fatto una cosa bella, mi hai regalato il giubbotto prima<br />

che io ti chiedessi di vendermelo e questo fatto ha reso<br />

molto felice me e Alice.<br />

Non capita spesso che qui qualcuno regali qualcosa,<br />

mi sei simpatico e anch’io ti voglio fare un regalo”.<br />

Mi passò una busta e mentre la prendevo mi disse di<br />

22<br />

infilarla in tasca.<br />

“Sono 100 micropunte di LSD, acido lisergico,<br />

comunemente chiamato acido e sono pulitissime, puro<br />

acido senza stricnina e anfetamina”.<br />

Quel giubbotto era diventato oro.<br />

Anche Riki vide la scena e mi guardò con aria<br />

interrogativa e gli passai la busta.<br />

Dopo averla aperta ne osservò il contenuto e la mise<br />

nel mio zainetto, seguito da un grugnito che sembrava<br />

di approvazione.<br />

Quando finimmo di mangiare Ben ci chiese se<br />

volevamo fare un acido con loro.<br />

Riki, che nel tempo scoprii che era una fogna a cielo


aperto, disse subito di sì.<br />

Io ero titubante, dopo l’esperienza ultima non ero<br />

proprio ben disposto, ma di fronte all’insistenza<br />

generale la mia titubanza si trasformò in un sì.<br />

Prendemmo gli acidi che ci passò Ben e li ingoiammo,<br />

quello era il mio secondo acido e speravo che fosse<br />

meglio del primo che non era stato un gran che.<br />

Mi sentivo un po’ teso e anche nervoso, aspettavo con<br />

ansia di sentirlo salire, cercando di ricordare come era<br />

salito la prima volta.<br />

All’inizio cominciai a sentire le mandibole che<br />

tiravano un po’, ma non era fastidioso, anche i piccoli<br />

crampi che mi sentivo addosso non mi infastidivano.<br />

Dopo un po' cominciai a sentirmi strano e di riflesso<br />

guardai gli altri che sino a quel momento avevo<br />

ignorato.<br />

Vidi per primo Ben che era di fronte a me, tutti i suoi<br />

muscoli facciali si muovevano in un danzare di colori.<br />

Feci una panoramica con lo sguardo, tutti i colori che<br />

vedevo avevano acquistato una luminosità tutta<br />

23<br />

particolare.<br />

Percepivo delle vibrazioni che non sapevo dove<br />

collocare e capire, se entravano oppure uscivano.<br />

Mi guardai le mani, le vene sembravano serpenti che<br />

si contorcevano su se stessi in un piano dimensionale<br />

che mi sfuggiva.<br />

Mi resi conto che avevo allucinazioni sia visive che<br />

uditive e sapevo che doveva ancora salire il vero<br />

acido.<br />

Riki si accorse che stavo andando in paranoia e mi<br />

disse: ”Cerca di rilassarti, è normale visto che è un<br />

acido: devi essere tu a controllarlo e non viceversa, ti<br />

siamo tutti vicini, non preoccuparti e goditelo”.<br />

Poi rivolto al mondo, esclamò: ”Siamo finalmente<br />

liberi di fare quello che vogliamo”.<br />

Gli risposi che aveva ragione e che avrei cercato di<br />

divertirmi, visto che eravamo partiti per questo.<br />

I pensieri erano così veloci che quando cercavo di


soffermarmi su uno di essi era già preistoria, mi<br />

sembrava di vedere le cose nella loro giusta luce.<br />

Osservavo le persone che erano nel locale e vedevo la<br />

loro vera essenza, almeno mi pareva quella.<br />

Li sentivo, percepivo le loro vibrazioni sia positive che<br />

negative, erano delle sensazioni favolose.<br />

Avevo la buffa e strana sensazione che le persone nel<br />

locale mi vedessero come li vedevo io, ma sapevo che<br />

in realtà per loro ero “normale”.<br />

L’acido cominciava a piacermi.<br />

Eravamo tutti e quattro in armonia, si rideva per nulla<br />

e io mi sentivo a mio agio, cominciavo a divertirmi.<br />

All’improvviso Ben ci chiese se avevamo voglia di<br />

andare a fare un giro per la città.<br />

Dopo saremmo andati al bazar dell’oro, dove<br />

24<br />

avremmo mangiato in un localino di proprietà di un<br />

suo amico.<br />

Quando uscii dal locale dovetti superare un momento<br />

di panico, le luci della strada, il traffico e la folla, per<br />

un attimo, diventarono un tutt’uno.<br />

Chiusi gli occhi e cercai di rilassarmi.<br />

Dopo un po’ tutto era ritornato normale.<br />

Ci incamminammo lungo una strada affollatissima che<br />

portava al Bazar.<br />

Dopo aver camminato una buona mezz’ora,<br />

arrivammo alla meta, il Bazar delle mille e una notte,<br />

la mia notte.<br />

Quando varcai il portale, ebbi la sensazione di essere<br />

entrato in un luccicante formicaio.<br />

Era tutto luci, colori, sentivo odori e profumi di tutti i<br />

tipi. Quello che colpì la mia vista in particolare, furono<br />

i tantissimi negozi d’oro, ero abbagliato dalla bellezza<br />

dei prodotti esposti nelle vetrine.<br />

Mi piaceva tutto di quel casino che c'era lì.<br />

Mi stavo facendo un buon acido e anche i miei amici<br />

si stavano divertendo, per tutta la strada non avevamo<br />

fatto altro che ridere e scazzare. Anche Riki si era<br />

ripreso bene.


Dopo un tempo senza tempo, Ben ci comunicò che<br />

eravamo arrivati davanti al locale del suo amico.<br />

Alice mi disse mentre entravamo, che in quel locale<br />

facevano un buon tè alla menta e un ottimo kabab.<br />

Ci sedemmo su delle stuoie e Ben ordinò tè alla menta<br />

e kabab.<br />

Il locale era stupendo, aveva le pareti tutte disegnate,<br />

con motivi che in acido mi sembravano esplosioni di<br />

colori, era pieno di turchi seduti come noi su cuscini e<br />

stuoie .<br />

25<br />

Molti giocavano a carte, altri mangiavano, quello che<br />

mi colpì più di tutto furono i due camerieri che<br />

portavano i tè ai clienti, con il vassoio del samovar<br />

pieno di bicchieri stracolmi, senza versarne una<br />

goccia.<br />

Quando arrivò la nostra roba smisi di guardare<br />

incantato i camerieri e mi misi a mangiare.<br />

Il kabab di sicuro era buonissimo, ma per me<br />

sembrava cotone metallico. Quando lo dissi agli altri,<br />

anche loro cominciarono a ridere, avevano<br />

perfettamente capito cosa volevo dire, poi di colpo ci<br />

accorgemmo che tutti i clienti ci stavano osservando.<br />

Ci guardammo e ricominciammo a ridere.<br />

L’acido durò dieci ore e per quanto riguardava me e la<br />

mia esperienza con gli acidi questa era stata molto<br />

meglio di quella precedente.<br />

Ero contento soprattutto per essere riuscito a gestirlo<br />

bene a parte qualche momento di panico.<br />

Uscimmo dal bazar, del quale avevo visto di tutto un<br />

po’ ma in realtà poco.<br />

Mi ripromisi di ritornarci un’altra volta, magari da<br />

lucido.<br />

Girovagammo fino alle prime luci dell’alba, l’acido<br />

era alla fine e io ero stanco morto e Riki uguale.<br />

Nelle ultime ore per la città avevo avuto visioni di<br />

tutto e di niente, la stanchezza stava<br />

momentaneamente cancellando tutto.<br />

Salutammo Ben e Alice e ritornammo in hotel.


Ci svegliammo 24 ore dopo.<br />

Al nostro risveglio si decise che il giorno dopo<br />

saremmo partiti.<br />

La sera mentre stavo facendo lo zaino, mi ricordai<br />

della busta che mi aveva dato Ben, la presi e dopo<br />

26<br />

averla aperta e fatto cadere le micro punte in un foglio<br />

di giornale turco, li contammo, erano cento.<br />

”Lo sai, Carlo, che abbiamo un piccolo capitale” mi<br />

disse Riki ”ti ha pagato quel vecchio straccio più di<br />

cento dollari. Certo è stata una bella botta di culo, mi<br />

hanno detto che più andiamo al sud e più li pagano<br />

bene, abbiamo un piccolo tesoro”.<br />

Nascosi gli acidi nello zaino e andai a dormire.<br />

Il mattino dopo, pagato l’hotel, prendemmo un taxi e<br />

andammo alla stazione dei treni.<br />

L’atrio era affollato di europei accampati un po’<br />

dappertutto, sembrava di essere in una saccapelopoli.<br />

Erano almeno una cinquantina.<br />

Ci dirigemmo verso il centro dell’atrio, posammo i<br />

bagagli in terra e aspettai che Riki ritornasse<br />

dall’ufficio informazioni dove si era diretto.<br />

Mentre controllavo per l’ennesima volta se avevo il<br />

passaporto e i soldi Riki ritornò.<br />

“L’unico treno che c’è è tra due ore, diretto ad<br />

Erzorum al confine con l’Iran, poi bisogna cambiare,<br />

cosa ne dici?” mi disse.<br />

”Va bene, in fondo cosa ce ne frega, non abbiamo<br />

nessuna fretta” gli risposi.<br />

“Bene troviamoci un posto e sdraiamoci”<br />

Srotolammo i nostri sacchi a pelo e ci sedemmo vicino<br />

ad una colonna.<br />

Mi misi ad osservare lo scenario che mi circondava e<br />

mi accorsi che l’atrio era pieno di poliziotti che<br />

discretamente osservavano questa massa di turisti.<br />

Mi stavo annoiando e quasi per gioco mi misi a<br />

osservare le persone che erano in attesa come noi.<br />

Vidi un americano alto, grosso e biondo, con una folta<br />

barba, molto di moda,aveva uno zaino che era


27<br />

perfetto. Credo che dentro ci fosse stato stipato tutto,<br />

anche il ferro da stiro.<br />

Aveva l’aria di uno che non usava nessuna sostanza<br />

strana.<br />

Vicino a me sedeva un canadese, lo riconobbi dalla<br />

bandierina che aveva cucita sullo zaino, anche lui<br />

perfetto come quello americano.<br />

Più avanti avrei avuto occasione di conoscerlo.<br />

Poi c’erano dei tedeschi inconfondibili, anche loro<br />

tutti uguali sembravano fatti in serie.<br />

C’erano anche parecchie coppie e un gruppo di donne,<br />

alcune sembravano europee, altre americane, c’era un<br />

casino di gente.<br />

Arrivò anche un francese, senza zaino e con un lurido<br />

sacco a pelo arrotolato e legato con una cintura per i<br />

pantaloni.<br />

Era scalzo e i piedi avevano un colore indefinito, stava<br />

smoccolando e mi chiesi cosa poteva averlo fatto<br />

incazzare tanto e da dove venisse, ma il mio pensiero<br />

si fermò lì.<br />

Riki aveva preso una pallina di oppio e dormiva.<br />

Intavolai una chiacchierata con il canadese, che<br />

fortunatamente per me parlava francese, lingua che<br />

capivo e parlavo un po’.<br />

Venni a sapere che con la student card si avevano dei<br />

grossi sconti per i giovani studenti di tutto il mondo e<br />

mi disse che con pochi dollari avrei potuto averne una<br />

anch’io.<br />

Ma ormai era tardi per trovarne un paio.<br />

Gli chiesi di farmi vedere la sua, era una normale<br />

tessera con foto, università di appartenenza e firma, mi<br />

sembrava molto facile da imitare.<br />

Finalmente la biglietteria aprì e ci mettemmo in fila<br />

28<br />

aspettando pazientemente.<br />

Quando arrivò il nostro turno, colto da un improvviso<br />

colpo di genio preparai i soldi e la carta di identità,


pensando di provare a farla passare come student card:<br />

se andava era fatta.<br />

Tutto filò liscio, il bigliettaio guardo distrattamente la<br />

carta e mi fece il biglietto con la riduzione studenti.<br />

Realizzai la cosa in un attimo e non feci a tempo ad<br />

avvisare Riki che dovette pagare il biglietto intero.<br />

La carta mi sarebbe tornata ancora utile in seguito.<br />

Il treno era pronto al binario e ci si prese a gomitate<br />

per salire nel vagone. C’era un sacco di gente e per<br />

prendere due posti dovemmo combattere.<br />

Nello scompartimento ritrovammo il canadese, una<br />

ragazza e il resto turchi.<br />

Eravamo tutti euforici. Nel vagone si sentivano canti,<br />

risate e una chitarra che suonava un canzone dei<br />

Rolling Stones, mentre nell’aria volavano dialoghi a<br />

me sconosciuti.<br />

Poi però il <strong>viaggio</strong> divenne lungo e monotono.<br />

Riki, mangiò dell’ altro oppio e si mise nuovamente a<br />

dormire, il canadese ogni tanto tirava fuori del fumo<br />

mettendolo a disposizione di tutti.<br />

Fumai per tutto il <strong>viaggio</strong> e mi presi anche una piccola<br />

pallina d’oppio questa volta senza vomitare.<br />

Arrivammo ad Erzorum appena in tempo per cambiare<br />

treno.<br />

Il treno questa volta non era così affollato e trovammo<br />

due posti e ci mettemmo a dormire.<br />

Mi svegliai poco prima di entrare nella stazione di<br />

Teheran .<br />

Ero cotto, anche se avevo dormito ero cotto.<br />

La prima cosa che si fece fu di andare all’ufficio<br />

29<br />

informazioni per sapere quando partiva il primo treno<br />

per Mhashad.<br />

L'impiegata ci rispose che sino a sera non c'era niente<br />

da fare.<br />

Come con una sorta di telepatia collettiva tutti gli<br />

europei che scesero con noi dal treno cominciarono ad<br />

accamparsi nell'atrio della stazione e noi li imitammo.<br />

Anche lì, la prima cosa che notai furono i poliziotti


che erano tanti e stavano aumentando di numero.<br />

A differenza di quelli turchi, questi non sorridevano,<br />

davano l’impressione che fino a che tutto fosse stato<br />

tranquillo non ci sarebbero stati problemi, altrimenti…<br />

La giornata trascorse lentamente tra tè e biscotti.<br />

Avevo chiesto a Riki se andavamo a fare un giro per la<br />

città, ma lui non ne volle sapere e io mi limitai ad<br />

uscire e fare un giro per la piazza antistante la stazione<br />

senza mai perderla di vista.<br />

L’Iran in quel momento non era nei miei pensieri, anzi<br />

mi rendeva irrequieto senza una ragione apparente.<br />

Sapevo che era un paese pericoloso, perciò non presi<br />

in considerazione le offerte di fumo e di eroina che mi<br />

offrivano nella piazza.<br />

Era la prima volta che sentivo parlare di eroina e non<br />

sapevo nemmeno come era fatta.<br />

In un futuro, non molto lontano, anche lei sarebbe<br />

diventata una mia compagna di <strong>viaggio</strong>.<br />

Finalmente era arrivata l'ora della la partenza.<br />

Dovevamo fermarci per forza a Mhaashad per fare i<br />

visti di entrata per l’Afganistan.<br />

All’ambasciata afgana ci dissero che per il visto ci<br />

volevano le foto e tre giorni.<br />

Ci cercammo un hotel da poveri e lo trovammo vicino<br />

30<br />

al Bazar.<br />

Nella camera non c'erano i letti, con un cesso alla turca<br />

e un rubinetto per l’acqua al piano di sopra. Ma visto il<br />

prezzo andava più che bene.<br />

Passammo i tre giorni successivi girando per la città e<br />

il bazar, entrammo in stanze piene di tappeti, uno più<br />

bello dell’altro, alcuni molto antichi, e tutti con dei<br />

disegni e trame particolari, ma nonostante la mia<br />

inesperienza mi accorsi che c’erano anche dei bei<br />

bidoni turistici.<br />

Mi promisi di comprarne uno bello al ritorno.<br />

Ci recammo anche dove tagliavano le pietre, su<br />

consiglio del tassista che ci stava accompagnando,<br />

che doveva avere sicuramente qualche storia di


percentuali.<br />

Lavoravano agate, lapislazzuli, turchesi e altre pietre<br />

sconosciute.<br />

Ne comprai qualcuna perché costavano pochissimo.<br />

Riki era diventato irrequieto, parlava poco e mangiava<br />

solo oppio.<br />

Io in quei tre giorni ne mangiai solo tre o quattro<br />

palline e mi bastarono.<br />

Finalmente arrivarono i visti.<br />

In Afganistan non ci sono treni e con gli autobus non<br />

c’erano problemi, potevi partire a tutte le ore.<br />

Arrivati alla frontiera afgana entrammo nell’unico<br />

ufficio dove percepiva un atmosfera completamente<br />

diversa rispetto alla frontiera iraniana dove non c'era<br />

stato nessun problema, ci avevano messo i timbri sui<br />

passaporti ed alzarto la sbarra.<br />

Qui l'unica cosa che notai, furono i poliziotti, tutti truci<br />

e serissimi.<br />

Sulla scrivania in bella mostra c’era un narghilè e io<br />

31<br />

dissi a Riki che forse come benvenuto ci avrebbero<br />

fatto fumare.<br />

“Magari!” mi rispose.<br />

Quando entrò l’ufficiale mi venne da ridere.<br />

Aveva la divisa blu e viola, con le righe laterali dei<br />

pantaloni color lilla.<br />

”Guarda che divisa da sballo”, dissi a Riki ridendo.<br />

Rivolgendosi all’ufficiale Riki gli domandò se nel<br />

narghilè c’era hashish.<br />

“No amico, quello che c’è dentro è tabacco e qui<br />

dentro è vietato fumare” e ci sorrise.<br />

Non ci perquisirono e non ci fecero domande.<br />

Un attimo dopo eravamo ufficialmente in Afganistan,<br />

non potevo crederci.<br />

Passata la sbarra, trovammo dei pulmini taxi ad<br />

attenderci, che facevano la spola, dalla frontiera alla<br />

città di Herat viceversa.<br />

Chissà dove ci avrebbe portato?<br />

Arrivammo ad Herat che era sera inoltrata.


Il pulmino si fermò di fronte ad una guest house, dalla<br />

quale come un fantasma si materializzò un uomo, che<br />

evidentemente stava aspettando il pulmino.<br />

Confabulò con l’autista poi ci invitò a scendere dal<br />

taxi.<br />

Pagata la corsa entrammo nella guest house.<br />

Ci fece vedere alcune stanze con letti e senza, noi<br />

optammo per quelle con i letti anche se costavano<br />

qualcosa in più.<br />

Il tipo dell' hotel ci chiese se avevamo fame, così ci<br />

ricordammo che era un po’ che non mangiavamo<br />

decentemente.<br />

Di fronte alla nostra conferma, ci disse che avrebbe<br />

portato del riso.<br />

32<br />

Stavamo sfacendo i bagagli, quando bussarono alla<br />

porta, andai ad aprire pensando al riso, ma non era il<br />

cibo.<br />

Era un tizio che ci invitò ad andare con lui nell’altra<br />

stanza, dove sarebbe arrivato anche il cibo.<br />

Guardai Riki perché non ero sicuro se avevo capito<br />

bene quello che il tizio mi aveva detto.<br />

Riki mi guardò e nel suo sguardo lessi la mia stessa<br />

perplessità:<br />

”Ma cosa cazzo vuole a quest'ora questo tipo!” sbuffò<br />

e si diresse verso la porta.<br />

Confabulò un attimo con il tizio e poi rivolgendosi a<br />

me disse: ”Ci ha invitato nell’altra stanza a fumare e il<br />

riso lo portano lì, sempre se ne abbiamo voglia”.<br />

“Va bene andiamo” gli risposi.<br />

Il tizio ci portò nella stanza accanto, dove una ventina<br />

di persone erano sedute in circolo con al centro un<br />

grande braciere, dove si stavano scaldando.<br />

La stanza era avvolta da una nebbia azzurrina che dava<br />

all’ambiente un aspetto strano.<br />

Ci fecero spazio per inserirci nel circolo e<br />

contemporaneamente arrivò il riso con un contorno di<br />

verdure miste.<br />

Mentre mangiavo guardavo il braciere, sopra una


graticola c’erano una trentina di sigarette che si<br />

stavano tostando, seguite attentamente dal tizio che<br />

era venuto ad invitarci che sostituiva quelle tostate con<br />

altre nuove.<br />

Quelle tostate le sbriciolava lasciando la cartina della<br />

sigaretta vuota, poi mischiava il tabacco con hashish e<br />

le ritrasformava nuovamente in sigarette, tutte uguali e<br />

perfette.<br />

Vedevo tutto confuso, non ci capivo niente, parlavano<br />

33<br />

tutti insieme o almeno così mi pareva.<br />

Ci rivolsero domande in lingua afgana alle quali non<br />

sapevo rispondere e continuavo a rispondere con un<br />

sorriso ebete stampato in viso.<br />

“Mi dispiace ma non capisco cosa dite” continuavo a<br />

ripetere.<br />

Avevamo senza interruzione, una sigaretta di hashish<br />

in mano.<br />

Ad un certo punto iniziò a prendermi il panico.<br />

Ero talmente fatto che non mi riusciva più di seguire<br />

nessun dialogo.<br />

La mia mente, se c'era rimasto ancora qualcosa, non<br />

riusciva neppure a tradurre neanche le quattro parole<br />

che sentivo in inglese.<br />

Non avevo mai fumato roba del genere.<br />

Mi sembrava fosse passata un eternità da quando ero<br />

entrato in quella stanza e oltretutto eravamo<br />

stanchissimi.<br />

Volevo uscire, ma non sapevo cosa fare o cosa dire,<br />

ero incollato al pavimento, non riuscivo ad alzarmi.<br />

Il mio cervello aveva smesso di comunicare con me.<br />

Per di più ero in una situazione nuova e sconosciuta.<br />

Riki era sdraiato con gli occhi chiusi e non cazzava<br />

nessuno.<br />

Lo chiamai due o tre volte e quando riprese<br />

parzialmente vita, i suoi occhi erano due fessure.<br />

“Andiamo a letto che non ne posso più”, dissi con un<br />

filo di voce.<br />

”Non so nemmeno dove mi trovo e sono un po’ in


paranoia”<br />

“Sì andiamo,” mi rispose “anch’io non mi reggo più in<br />

piedi e mi viene da vomitare il riso”.<br />

Ci alzammo e contemporaneamente si alzarono tutti.<br />

34<br />

Ognuno di loro ci strinse la mano augurandoci la<br />

buonanotte.<br />

Avevo avuto una paura che ora sembrava<br />

ingiustificata, arrivati in camera si svenne.<br />

In camera mi sdraiai e svenni.<br />

Mi svegliai che ero ancora stonato perso.<br />

Mi ci volle un po’ per riprendere contatto con il<br />

cervello, ma un’ ora dopo eravamo pronti per andare a<br />

fare un giro per Herat.<br />

Il nostro albergo era situato nella strada più popolosa e<br />

polverosa che avessi mai visto sino a quel momento.<br />

Ero continuamente affascinato da tutto e anche da<br />

quella gente.<br />

Mi riempivo gli occhi di tutto, dai venditori di niente,<br />

ai grandi negozi di tappeti e di spezie.<br />

Era uno spettacolo guardare i bambini nudi che<br />

sguazzavano dentro una pozzanghera di acqua piovana<br />

e sporca, divertendosi come tutti i bambini del mondo.<br />

Vedevo anche i bambini tutti vestiti bene e lindi, che<br />

andavano a scuola.<br />

Sentivo delle buone vibrazioni e mi sentivo bene.<br />

Stavamo passeggiando, fermandoci davanti ad ogni<br />

vetrina, quando da una gioielleria uscì un tizio, che<br />

doveva essere il proprietario che ci chiamò,<br />

chiedendomi se volevo vendere la collana d’oro che<br />

avevo al collo.<br />

La cifra che mi offriva era buona, l’unico problema era<br />

che quella collana era stata un regalo di compleanno di<br />

mia nonna e mi era stato detto da mia madre che non<br />

avrei mai dovuto venderla.<br />

Ma d’altra parte ero anche consapevole che i soldi che<br />

avevamo alla nostra partenza erano calati<br />

vertiginosamente.

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