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Materiali del corso di Storia delle dottrine politiche d

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STORIA DEL PENSIERO POLITICO<br />

Docente Prof. Scuccimarra<br />

Lezione n. 20<br />

II SEMESTRE<br />

A.A. 2012-2013


Dichiarazione dei <strong>di</strong>ritti <strong>del</strong>l’uomo e <strong>del</strong><br />

citta<strong>di</strong>no (1789)<br />

Art. 6:<br />

La legge è l’espressione <strong>del</strong>la volontà generale.<br />

Tutti i citta<strong>di</strong>ni hanno il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> concorrere<br />

personalmente o attraverso i loro rappresentanti<br />

alla sua formazione.


E.-J. Sieyès, Che cos’è il Terzo stato<br />

Nella prima epoca «vi è un numero più o meno<br />

considerevole <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui isolati che vogliono unirsi tra<br />

loro. Per questo solo fatto, essi già formano una nazione:<br />

ne hanno già tutti i <strong>di</strong>ritti; non resta che esercitarli.<br />

Questa prima epoca è caratterizzata dal gioco <strong>del</strong>le<br />

volontà in<strong>di</strong>viduali. L’associazione è opera loro. Esse<br />

sono all’origine <strong>di</strong> ogni potere».


E.-J. Sieyès, Che cos’è il Terzo stato<br />

La seconda epoca è caratterizzata dall’azione <strong>del</strong>la volontà<br />

comune. Gli associati vogliono dare consistenza alla loro unione;<br />

vogliono adempierne lo scopo. Per questo si riuniscono, e si<br />

accordano fra loro sui bisogni pubblici e sui mezzi per<br />

provvedervi. Il potere qui appartiene alla comunità. Le volontà<br />

in<strong>di</strong>viduali ne sono sempre la fonte, e ne costituiscono gli elementi<br />

essenziali; ma considerate separatamente non avrebbero alcun<br />

potere. Il potere risiede esclusivamente nell’insieme. La comunità<br />

ha bisogno <strong>di</strong> una volontà comune; senza una unità <strong>di</strong> volontà essa<br />

non arriverà mai a costituire un tutto che vuole ed agisce. E’ anche<br />

certo che questo tutto non ha nessun <strong>di</strong>ritto che non appartenga alla<br />

volontà comune.


E.-J. Sieyès, Che cos’è il Terzo stato<br />

La terza epoca si <strong>di</strong>stingue dalla seconda in quanto non è più<br />

la reale volontà comune ad agire, ma una volontà comune<br />

rappresentativa. Sono due (…) i caratteri in<strong>del</strong>ebili che le<br />

sono propri: 1° Nel corpo rappresentativo tale volontà non è<br />

piena ed illimitata; essa rappresenta solo una parte <strong>del</strong>la<br />

grande volontà comune nazionale. 2° I <strong>del</strong>egati non la<br />

esercitano affatto come se si trattasse <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ritto proprio, si<br />

tratta <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ritto che appartiene ad altri; la volontà comune è<br />

presente in loro solo a titolo <strong>di</strong> procura.


E.-J. Sieyès, Che cos’è il Terzo stato<br />

La Nazione esiste prima <strong>di</strong> ogni cosa, essa è<br />

l’origine <strong>di</strong> tutto. La sua volontà è sempre<br />

conforme alla legge, essa è la legge stessa. Prima<br />

<strong>di</strong> essa e al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> essa non c’è che il <strong>di</strong>ritto<br />

naturale.


E.-J. Sieyès, Dis<strong>corso</strong> sul veto regio<br />

La Francia non è, e non può essere una democrazia; non deve<br />

assolutamente <strong>di</strong>venire uno Stato federale, composto da una<br />

moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> repubbliche, unite da un qualunque legame<br />

politico. La Francia è e deve essere un tutt’uno, sottomesso in<br />

ogni sua parte ad una legislazione e ad una amministrazione<br />

comuni. Poiché è evidente che cinque o sei milioni <strong>di</strong><br />

citta<strong>di</strong>ni attivi, ripartiti in più <strong>di</strong> venticinquemila leghe<br />

quadrate non possono assolutamente riunirsi, è certo che essi<br />

possono aspirare solo ad un sistema legislativo per<br />

rappresentanza.


E.-J. Sieyès, Dis<strong>corso</strong> sul veto regio<br />

…Dunque i citta<strong>di</strong>ni che nominano dei rappresentanti<br />

rinunciano e devono rinunciare a fare essi stessi<br />

<strong>di</strong>rettamente la legge: non hanno quin<strong>di</strong> nessuna volontà<br />

personale da imporre. Ogni influenza, ogni potere<br />

appartengono loro esclusivamente nella persona dei<br />

mandatari. Se imponessero <strong>del</strong>le volontà questo Stato<br />

non sarebbe rappresentativo; sarebbe uno Stato<br />

democratico


E.-J. Sieyès<br />

Un deputato è deputato <strong>del</strong>la Nazione tutta, tutti i citta<strong>di</strong>ni sono i<br />

suoi committenti. (…) Dunque non esiste, non può esistere per un<br />

deputato altro mandato imperativo o voto positivo, che quello<br />

<strong>del</strong>la Nazione; egli non è tenuto a tener conto dei consigli dei suoi<br />

<strong>di</strong>retti committenti, se non nella misura in cui questi consigli<br />

saranno conformi al voto nazionale. Questo voto dove può essere,<br />

dove può esprimersi se non nell’ambito <strong>del</strong>la stessa Assemblea<br />

nazionale? (…) In questo caso non si tratta <strong>di</strong> compilare uno<br />

scrutinio democratico, ma <strong>di</strong> proporre, ascoltare, accordarsi,<br />

mo<strong>di</strong>ficare il proprio personale parere, fino a formare una volontà<br />

comune…


E.-J. Sieyès<br />

Il popolo può parlare, può agire<br />

solo attraverso i suoi<br />

rappresentanti


E.-J. Sieyès, Osservazioni sul rapporto <strong>del</strong><br />

Comitato <strong>di</strong> costituzione<br />

…Le classi infime, gli uomini più poveri, sono ben più lontani, per<br />

intelligenza e sensibilità, dagli interessi <strong>del</strong>l’associazione, <strong>di</strong> quanto non<br />

potessero esserlo i citta<strong>di</strong>ni meno stimati degli antichi Stati liberi. Esiste<br />

dunque fra noi una classe <strong>di</strong> uomini, citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto, che non lo sono<br />

<strong>di</strong> fatto. Spetta senza dubbio alla Costituzione e alle buone leggi <strong>di</strong><br />

ridurre il più possibile il numero degli appartenenti a questa classe. Ma è<br />

comunque vero che vi sono uomini per altro fisicamente vali<strong>di</strong>, che,<br />

estranei a qualunque idea sociale, non sono in grado <strong>di</strong> assumere un<br />

ruolo attivo nell’ambito <strong>del</strong>la cosa pubblica. Non ci si deve permettere<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminarli in quanto persone, ma chi oserà trovare ingiusto che<br />

vengano in qualche modo esclusi, non, lo ripeto, dalla protezione <strong>del</strong>la<br />

legge e dall’assistenza pubblica, ma dall’esercizio dei <strong>di</strong>ritti politici?


E.-J. Sieyès, Preliminari alla costituzione<br />

Tutti gli abitanti <strong>di</strong> un paese debbono godervi dei <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>no<br />

passivo: tutti hanno <strong>di</strong>ritto alla protezione <strong>del</strong>la propria persona, <strong>del</strong>la<br />

proprietà, libertà, ecc., mentre non tutti hanno <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> esercitare un<br />

ruolo attivo sulla formazione dei pubblici poteri, non tutti sono<br />

citta<strong>di</strong>ni attivi. Le donne, per lo meno nella con<strong>di</strong>zione attuale, i<br />

bambini, gli stranieri, coloro che non contribuiscono minimamente a<br />

sostenere il sistema <strong>del</strong>le pubbliche istituzioni, non devono avere<br />

un’influenza attiva sulla cosa pubblica. Tutti possono godere dei<br />

vantaggi <strong>del</strong>la società, ma solo coloro che fanno parte <strong>del</strong> sistema<br />

<strong>del</strong>le pubbliche istituzioni rappresentano i veri azionari <strong>del</strong>la grande<br />

impresa sociale, solo loro sono i veri citta<strong>di</strong>ni attivi, i veri membri<br />

<strong>del</strong>l’associazione


E.-J. Sieyès<br />

Farsi/lasciarsi rappresentare è l’unica fonte <strong>del</strong>la<br />

prosperità civile… Moltiplicare gli strumenti/poteri per<br />

sod<strong>di</strong>sfare i nostri bisogni; godere <strong>di</strong> più, lavorare <strong>di</strong><br />

meno, questo è il naturale accrescimento <strong>del</strong>la libertà<br />

nello stato sociale. Ora, questo progresso <strong>del</strong>la libertà<br />

segue naturalmente l’istituzione <strong>del</strong> lavoro<br />

rappresentativo


E.-J. Sieyès<br />

Tutto è rappresentanza in uno stato sociale. Essa<br />

è presente ovunque, nell’or<strong>di</strong>namento privato<br />

come nell’or<strong>di</strong>namento pubblico; essa è la madre<br />

<strong>del</strong>l’industria, <strong>del</strong>la produzione e <strong>del</strong> commercio,<br />

come pure <strong>di</strong> ogni progresso liberale e politico.<br />

(…) Essa si confonde con l’essenza stessa <strong>del</strong>la<br />

vita sociale.


STORIA DEL PENSIERO POLITICO<br />

Docente Prof. Scuccimarra<br />

Lezione n. 21<br />

II SEMESTRE<br />

A.A. 2012-2013


Necker<br />

Questi eletti sono il vostro equivalente, con perfetta<br />

esattezza. Il loro interesse, la loro volontà sono le vostre,<br />

e nessun abuso <strong>di</strong> autorità, da parte <strong>di</strong> questi nuovi<br />

menecmi vi sembrerà possibile. Che credulità. Che fede<br />

per degli uomini in grado <strong>di</strong> pensare e <strong>di</strong> riflettere! Ed è<br />

sempre la parola rappresentante che provoca una simile<br />

cieca fiducia! Questo termine dà l’idea <strong>di</strong> un altro se<br />

stesso.


Robespierre<br />

Ovunque il popolo non eserciti la sua autorità e<br />

non manifesti la sua volontà in prima persona, ma<br />

tramite dei rappresentanti, se il corpo<br />

rappresentativo non è puro e non s’identifica<br />

completamente con il popolo, la libertà è<br />

annientata.


Robespierre<br />

La fonte <strong>di</strong> tutti i nostri mali è costituita dallo stato <strong>di</strong><br />

assoluta in<strong>di</strong>pendenza in cui i rappresentanti si sono<br />

posti da se stessi nei confronti <strong>del</strong>la nazione senza averla<br />

consultata. Non erano, per loro stessa ammissione, che<br />

mandatari <strong>del</strong> popolo e si sono fatti sovrani,ovverosia<br />

despoti. Il <strong>di</strong>spotismo non è altro che l’usurpazione <strong>del</strong><br />

potere sovrano.


Robespierre, Sui principi <strong>del</strong> governo<br />

rappresentativo (1793)<br />

Per fare una costituzione occorre in primo luogo stabilire questa<br />

massima incontestabile:<br />

“che il popolo è buono e che i suoi <strong>del</strong>egati sono corruttibili; che è<br />

nella virtù e nella sovranità <strong>del</strong> popolo che bisogna cercare una<br />

<strong>di</strong>fesa contro i vizi e i <strong>di</strong>spotismi <strong>del</strong> governo. (…) Un popolo i<br />

cui mandatari non devono dar conto a nessuno <strong>del</strong>la loro gestione,<br />

non ha una costituzione; poiché infatti <strong>di</strong>penderà soltanto da<br />

costoro tra<strong>di</strong>rlo impunemente o lasciarlo tra<strong>di</strong>re da altri. E se<br />

questo è il senso che si attribuisce al governo rappresentativo,<br />

confesso che impigherò tutti gli anatemi pronunciati contro <strong>di</strong> esso<br />

da Jean-Jacques Rousseau”.


Robespierre, Sui principi <strong>di</strong><br />

morale politica (1794)<br />

Qual è lo scopo cui ten<strong>di</strong>amo? Il pacifico go<strong>di</strong>mento <strong>del</strong>la libertà e<br />

<strong>del</strong>l’uguaglianza; il regno <strong>di</strong> quella giustizia eterna le cui leggi<br />

sono state incise non già sul marmo o sulla pietra, ma nel cuore <strong>di</strong><br />

tutti gli uomini, anche in quello <strong>del</strong>lo schiavo che le <strong>di</strong>mentica e<br />

<strong>del</strong> tiranno che le nega. Vogliamo un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> cose nel quale ogni<br />

passione bassa e cru<strong>del</strong>e si incatenata, nel quale ogni passione<br />

benefica e generosa sia ridestata dalle leggi; nel quale l’ambizione<br />

sia il desiderio <strong>di</strong> meritare la gloria e <strong>di</strong> servire la patria; ove le<br />

<strong>di</strong>stinzioni non nascano altro che dalla stessa uguaglianza; nel<br />

quale il citta<strong>di</strong>no sia sottomesso al magistrato, e il magistrato al<br />

popolo, e il popolo alla giustizia; .


Robespierre, Sui principi <strong>di</strong><br />

morale politica (1794)<br />

Un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> cose nel quale la patria assicuri il<br />

benessere a ogni in<strong>di</strong>viduo, e nel quale ogni in<strong>di</strong>viduo<br />

goda con orgoglio <strong>del</strong>la prosperità e <strong>del</strong>la gloria <strong>del</strong>la<br />

patria; nel quale tutti gli animi si ingran<strong>di</strong>scano con la<br />

continua comunione dei sentimenti repubblicani, e con<br />

l’esigenza <strong>di</strong> meritare la stima <strong>di</strong> un grande popolo; nel<br />

quale le arti siano gli ornamenti <strong>del</strong>la libertà che le<br />

nobilita, il commercio sia la fonte <strong>del</strong>la ricchezza<br />

pubblica e non soltanto quella <strong>del</strong>l’opulenza mostruosa<br />

<strong>di</strong> alcune case. .


Robespierre, Sui principi <strong>di</strong><br />

morale politica (1794)<br />

Noi vogliamo sostituire, nel nostro paese, la morale all’egoismo,<br />

l’onestà all’onore, i principi alle usanze, i doveri alle<br />

convenienze, il dominio <strong>del</strong>la ragione alla tirannia <strong>del</strong>la moda, il<br />

<strong>di</strong>sprezzo per il vizio al <strong>di</strong>sprezzo per la sfortuna, la fierezza<br />

all’insolenza, la grandezza d’animo alla vanità, l’amore <strong>del</strong>la<br />

gloria all’amre <strong>del</strong> denaro, le persone buone alle buone<br />

compagnie, il merito all’intrigo, l’ingegno al bel esprit, la verità<br />

all’esteriorità, il fascino <strong>del</strong>la felicità al te<strong>di</strong>o <strong>del</strong> piacere<br />

voluttuoso, la grandezza <strong>del</strong>l’uomo alla piccolezza dei “gran<strong>di</strong>”; e<br />

un popolo magnanimo, potente, felice a un popolo “amabile”,<br />

frivolo e miserabile; cioè tutte le virtù e tutti i miracoli <strong>del</strong>la<br />

repubblica a tutti i vizi e a tutte le ri<strong>di</strong>colaggini <strong>del</strong>la monarchia. .


Robespierre, Sui principi <strong>di</strong><br />

morale politica (1794)<br />

Noi vogliamo, in una parola, adempiere<br />

ai voti <strong>del</strong>la natura, compiere i destini<br />

<strong>del</strong>l’umanità, mantenere le promesse<br />

<strong>del</strong>la filosofia, assolvere la provvidenza<br />

dal lungo regno <strong>del</strong> crimine e <strong>del</strong>la<br />

tirannia.


Robespierre, Sui principi <strong>di</strong><br />

morale politica (1794)<br />

La democrazia non è uno Stato in cui il popolo –<br />

costantemente riunito – regola da se stesso tutti gli affari<br />

pubblici; e ancor meno è quello in cui centomila frazioni <strong>del</strong><br />

popolo, con misure isolate, precipitoso e contrad<strong>di</strong>ttorie,<br />

decidono la sorte <strong>del</strong>l’intera società. Un simile governo non è<br />

mai esistito, né potrebbe esistere se non per ricondurre il<br />

popolo verso il <strong>di</strong>spotismo. La democrazia è uno Stato in cui<br />

il popolo sovrano, guidato da leggi che sono il frutto <strong>del</strong>la sua<br />

opera, fa da se stesso tutto ciò che può far bene, e per mezzo<br />

dei suoi <strong>del</strong>egati tutto ciò che non può fare da se stesso.


Robespierre, Sui principi <strong>di</strong><br />

morale politica (1794)<br />

Se la forza <strong>del</strong> governo popolare in tempo <strong>di</strong><br />

pace è la virtù, la forza <strong>del</strong> governo popolare in<br />

tempo <strong>di</strong> rivoluzione è ad un tempo la virtù e il<br />

terrore. La virtù, senza la quale il terrore è cosa<br />

funesta; il terrore, senza il quale la virtù è<br />

impotente. (…) Il governo <strong>del</strong>la rivoluzione è il<br />

<strong>di</strong>spotismo <strong>del</strong>la libertà contro la tirannia.


STORIA DEL PENSIERO POLITICO<br />

Docente Prof. Scuccimarra<br />

Lezione n. 22<br />

II SEMESTRE<br />

A.A. 2012-2013


B. Constant, Dis<strong>corso</strong> sulla libertà degli antichi<br />

paragonata a quella dei moderni (1819)<br />

Chiedetevi innanzi tutto, Signori, che cosa intendano oggi con la<br />

parola libertà un inglese, un francese, un abitante degli Stati Uniti<br />

d’America. Il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> non essere sottoposto che alle<br />

leggi, <strong>di</strong> non poter essere né arrestato, né detenuto, né messo a<br />

morte, né maltrattato in alcun modo a causa <strong>del</strong>l’arbitrio <strong>di</strong> uno o<br />

più in<strong>di</strong>vidui. Il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> <strong>di</strong>re la sua opinione, <strong>di</strong><br />

scegliere la sua industria e <strong>di</strong> esercitarla, <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre <strong>del</strong>la sua<br />

proprietà e anche <strong>di</strong> abusarne; <strong>di</strong> andare, <strong>di</strong> venire senza doverne<br />

ottenere il permesso e senza render conto <strong>del</strong>le proprie intenzioni<br />

e <strong>del</strong>la propria condotta…


B. Constant, Dis<strong>corso</strong> sulla libertà degli antichi<br />

paragonata a quella dei moderni (1819)<br />

Il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> riunirsi con altri in<strong>di</strong>vidui sia per<br />

conferire sui propri interessi, sia per professare il culto che<br />

egli e i suoi associati preferiscono, sia semplicemente per<br />

occupare le sue giornate o le sue ore nel modo più conforme<br />

alle sue inclinazioni, alle sue fantasie. Il <strong>di</strong>ritto, infine, <strong>di</strong><br />

ciascuno <strong>di</strong> influire sulla amministrazione <strong>del</strong> governo sia<br />

nominando tutti o alcuni dei funzionari, sia me<strong>di</strong>ante<br />

rimostranze, petizioni, richieste che l’autorità sia più o meno<br />

obbligata a prendere in considerazione…


B. Constant, Dis<strong>corso</strong> sulla libertà degli antichi<br />

paragonata a quella dei moderni (1819)<br />

Paragonate ora a questa libertà quella degli antichi.<br />

Essa consisteva nell’esercitare collettivamente ma <strong>di</strong>rettamente<br />

molte funzioni <strong>del</strong>l’intera sovranità, nel <strong>del</strong>iberare sulla piazza<br />

pubblica sulla guerra e sulla pace, nel concludere con gli stranieri i<br />

trattati <strong>di</strong> alleanza, nel votare le leggi, nel pronunciare i giu<strong>di</strong>zi;<br />

nell’esaminare i conti, la gestione dei magistrati, nel farli<br />

comparire <strong>di</strong>nanzi a tutto il popolo, nel metterli sotto accusa, nel<br />

condannarli o assolverli. Ma se questo era ciò che gli antichi<br />

chiamavano libertà, essi ritenevano compatibile con questa libertà<br />

collettiva l’assoggettamento completo <strong>del</strong>l’in<strong>di</strong>viduo all’autorità<br />

<strong>del</strong>l’insieme…


B. Constant, Dis<strong>corso</strong> sulla libertà degli antichi<br />

paragonata a quella dei moderni (1819)<br />

Non trovate presso <strong>di</strong> loro alcuno dei go<strong>di</strong>menti che abbiamo visto<br />

far parte <strong>del</strong>la libertà dei moderni. Tutte le azioni private sono<br />

sottoposte a una sorveglianza severa. Nulla è accordato<br />

all’in<strong>di</strong>pendenza in<strong>di</strong>viduale né sotto il profilo <strong>del</strong>le opinioni, né<br />

sotto quello <strong>del</strong>l’industria, né soprattutto sotto il profilo <strong>del</strong>la<br />

religione. (…) Nelle cose che a noi sembrano più utili l’autorità<br />

<strong>del</strong> corpo sociale si interpone e impaccia la volontà degli<br />

in<strong>di</strong>vidui. (…) L’autorità si intromette anche nelle relazioni più<br />

intime. (…) Le leggi regolano i costumi e poiché i costumi<br />

concernono tutto non v’è nulla che le leggi non regolino.


B. Constant, Dis<strong>corso</strong> sulla libertà degli antichi<br />

paragonata a quella dei moderni (1819)<br />

Così presso gli antichi l’in<strong>di</strong>viduo, sovrano quasi abitualmente negli<br />

affari pubblici, è schiavo in tutti i suoi rapporti privati. Come citta<strong>di</strong>no<br />

egli decide <strong>del</strong>la pace e <strong>del</strong>la guerra; come privato è limitato, osservato,<br />

represso in tutti i suoi movimenti; come parte <strong>del</strong> corpo collettivo<br />

interroga, destituisce, condanna, spoglia, esilia, manda a morte i suoi<br />

magistrati o i suoi superiori; come sottoposto al corpo collettivo può a<br />

sua volta essere privato <strong>del</strong>la sua con<strong>di</strong>zione, spogliato <strong>del</strong>le sue<br />

<strong>di</strong>gnità, ban<strong>di</strong>to, messo a morte dalla volontà <strong>di</strong>screzionale <strong>del</strong>l’insieme<br />

<strong>di</strong> cui fa parte. Presso i moderni, al contrario, l’in<strong>di</strong>viduo, in<strong>di</strong>pendente<br />

nella sua vita privata, persino negli Stati più liberi non è sovrano che in<br />

apparenza. La sua sovranità è limitata, quasi sempre sospesa; e se, a<br />

epoche fisse ma rare nelle quali è pur sempre circondato da precauzioni<br />

e ostacoli, esercita questa sovranità, non lo fa che per ab<strong>di</strong>carvi.


B. Constant, Dis<strong>corso</strong> sulla libertà degli antichi<br />

paragonata a quella dei moderni (1819)<br />

(…) Noi non possiamo più godere <strong>del</strong>la libertà degli antichi che si<br />

fondava sulla partecipazione attiva e costante al potere collettivo. La<br />

nostra libertà deve fondarsi sul pacifico go<strong>di</strong>mento<br />

<strong>del</strong>l’in<strong>di</strong>pendenza privata. La parte che nell’antichità ciascuno aveva<br />

nella sovranità nazionale non era affatto, come lo è oggi, una astratta<br />

supposizione. La volontà <strong>di</strong> ciascuno aveva un’influenza reale:<br />

l’esercizio <strong>di</strong> questa volontà era un piacere vivo e ripetuto. Di<br />

conseguenza gli antichi erano <strong>di</strong>sposti a fare molti sacrifici per<br />

conservare i loro <strong>di</strong>ritti politici e la loro partecipazione<br />

all’amministrazione <strong>del</strong>lo Stato. Ciascuno sentiva con orgoglio tutto<br />

quello che valeva il suo suffragio e trovava, in questa coscienza<br />

<strong>del</strong>la sua personale importanza, un ampio consenso.


B. Constant, Dis<strong>corso</strong> sulla libertà degli antichi<br />

paragonata a quella dei moderni (1819)<br />

Questo compenso non esiste più oggi per noi. Perduto nella<br />

moltitu<strong>di</strong>ne, l’in<strong>di</strong>viduo non avverte quasi mai l’influenza che esercita.<br />

Mai la sua volontà si imprime sull’insieme, niente prova, ai suoi occhi,<br />

la sua cooperazione. L’esercizio dei <strong>di</strong>ritti politici ci offre dunque ormai<br />

soltanto una parte dei go<strong>di</strong>menti che vi trovavano gli antichi e in pari<br />

tempo i progressi <strong>del</strong>la civiltà, la tendenza commerciale <strong>del</strong>l’epoca, la<br />

comunicazione dei popoli fra loro hanno moltiplicato e variato<br />

all’infinito i mezzi <strong>del</strong>la felicità privata.<br />

Ne segue che dobbiamo essere attaccati assai più degli antichi alla<br />

nostra in<strong>di</strong>pendenza in<strong>di</strong>viduale; perché gli antichi, quando<br />

sacrificavano questa in<strong>di</strong>pendenza ai <strong>di</strong>ritti politici, sacrificavano il<br />

meno per ottenere il più; mentre facendo lo stesso noi daremmo il più<br />

per ottenere il meno.


B. Constant, Dis<strong>corso</strong> sulla libertà degli antichi<br />

paragonata a quella dei moderni (1819)<br />

Il fine degli antichi era la <strong>di</strong>visione <strong>del</strong> potere<br />

sociale fra tutti i citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> una stessa patria: era<br />

questa che essi chiamavano libertà. Il fine dei<br />

moderni è la sicurezza dei go<strong>di</strong>menti privati; ed<br />

essi chiamano libertà le garanzie accordate dalle<br />

istituzioni questi go<strong>di</strong>menti…


STORIA DEL PENSIERO POLITICO<br />

Docente Prof. Scuccimarra<br />

Lezione n. 23<br />

II SEMESTRE<br />

A.A. 2012-2013


I. STORIA Kant, Per COSTITUZIONALE<br />

la pace perpetua:<br />

Articoli preliminari:<br />

1. Nessun trattato <strong>di</strong> pace deve considerasi tale,<br />

se è stato fatto con la tacita riserva <strong>di</strong> pretesti<br />

per una guerra futura;


I. STORIA Kant, Per COSTITUZIONALE<br />

la pace perpetua:<br />

Articoli preliminari:<br />

2. Nessuno Stato in<strong>di</strong>pendente (non importa se<br />

piccolo o grande) può venire acquistato da un<br />

altro per successione ere<strong>di</strong>taria, per via <strong>di</strong><br />

scambio, compera o donazione;


I. STORIA Kant, Per COSTITUZIONALE<br />

la pace perpetua:<br />

Articoli preliminari:<br />

3. Gli eserciti permanenti (miles perpetuus)<br />

devono col tempo scomparire interamente;


I. STORIA Kant, Per COSTITUZIONALE<br />

la pace perpetua:<br />

Articoli preliminari:<br />

4. Non si devono contrarre debiti pubblici in<br />

vista <strong>di</strong> controversie fra Stati da svolgere<br />

all’estero;


I. STORIA Kant, Per COSTITUZIONALE<br />

la pace perpetua:<br />

Articoli preliminari:<br />

5. Nessuno Stato deve intromettersi con la<br />

forza nella costituzione e nel governo <strong>di</strong> un<br />

altro Stato;


I. STORIA Kant, Per COSTITUZIONALE<br />

la pace perpetua:<br />

Articoli preliminari:<br />

6. Nessuno Stato in guerra con un altro deve<br />

permettersi atti <strong>di</strong> ostilità che renderebbero<br />

impossibile la reciproca fiducia nella pace futura:<br />

come, ad esempio, l’assoldare sicari ed avvelenatori,<br />

la rottura <strong>del</strong>la capitolazione, l’istigazione al<br />

tra<strong>di</strong>mento nello Stato al quale si fa la guerra, ecc…


I. STORIA Kant, Per COSTITUZIONALE<br />

la pace perpetua:<br />

La guerra è (…) solo il triste mezzo necessario allo stato<br />

<strong>di</strong> natura (dove non esiste tribunale che possa giu<strong>di</strong>care<br />

secondo il <strong>di</strong>ritto) per affermare con la forza il proprio<br />

<strong>di</strong>ritto, non potendo in tale stato esser considerata<br />

nemico ingiusto nessuna <strong>del</strong>le due parti (perché ciò<br />

presuppone già una sentenza giu<strong>di</strong>ziaria) e decidendo<br />

solo l’esito <strong>del</strong> combattimento (come nel cosiddetto<br />

giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Dio) da quale parte stia il <strong>di</strong>ritto:


I. STORIA Kant, Per COSTITUZIONALE<br />

la pace perpetua:<br />

ma tra due Stati non è concepibile una guerra punitiva<br />

(bellum punitivum) poiché tra essi non sussiste un rapporto <strong>di</strong><br />

superiore ad inferiore. Ne segue che una guerra <strong>di</strong> sterminio<br />

in cui la <strong>di</strong>struzione può colpire contemporaneamente<br />

entrambe le parti ed ogni <strong>di</strong>ritto venire soppresso, darebbe<br />

luogo alla pace perpetua unicamente sul grande cimitero <strong>del</strong><br />

genere umano. Una simile guerra, e con essa l’uso dei mezzi<br />

che vi conducono, dev’essere pertanto assolutamente vietata.


I. STORIA Kant, Per COSTITUZIONALE<br />

la pace perpetua:<br />

Primo articolo definitivo:<br />

“La costituzione civile <strong>di</strong> ogni Stato<br />

dev’essere repubblicana”


I. STORIA Kant, Per COSTITUZIONALE<br />

la pace perpetua:<br />

La costituzione fondata in primo luogo secondo i<br />

principi <strong>del</strong>la libertà dei membri <strong>di</strong> una società<br />

(in quanto uomini), <strong>del</strong>la <strong>di</strong>pendenza <strong>di</strong> tutti da<br />

un’unica legislazione (in quanto sud<strong>di</strong>ti), in terzo<br />

luogo <strong>del</strong>l’uguaglianza <strong>di</strong> tutti (in quanto<br />

citta<strong>di</strong>ni) è quella repubblicana


I. STORIA Kant, Per COSTITUZIONALE<br />

la pace perpetua:<br />

Secondo articolo definitivo:<br />

“Il <strong>di</strong>ritto internazionale deve<br />

fondarsi su un federalismo <strong>di</strong> liberi<br />

Stati”


I. STORIA Kant, Per COSTITUZIONALE<br />

la pace perpetua:<br />

I mo<strong>del</strong>li <strong>di</strong> unione internazionale:<br />

Lo «Stato <strong>di</strong> popoli (Völkerstaat)» o<br />

«Civitas gentium»


I. STORIA Kant, Per COSTITUZIONALE<br />

la pace perpetua:<br />

«Per gli Stati, nel rapporto tra loro, è impossibile<br />

pensare <strong>di</strong> uscire dalla con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> <strong>del</strong>la mancanza <strong>di</strong><br />

legge, che non contiene altro che la guerra, se non<br />

rinunciando, esattamente come fanno i singoli in<strong>di</strong>vidui,<br />

alla loro libertà selvaggia (senza legge), sottomettendosi<br />

a pubbliche leggi costrittive e formando uno Stato dei<br />

popoli (civitas gentium), che dovrà sempre crescere, per<br />

arrivare a comprendere finalmente tutti i popoli <strong>del</strong>la<br />

terra»


I. STORIA Kant, Per COSTITUZIONALE<br />

la pace perpetua:<br />

I mo<strong>del</strong>li <strong>di</strong> unione internazionale:<br />

La «federazione <strong>di</strong> pace» o<br />

«federazione <strong>di</strong> popoli (Völkerbund)»


I. STORIA Kant, Per COSTITUZIONALE<br />

la pace perpetua:<br />

«Questa federazione non si propone la costruzione <strong>di</strong><br />

una potenza politica, ma semplicemente la<br />

conservazione e la garanzia <strong>del</strong>la libertà <strong>di</strong> uno Stato<br />

preso a sé e contemporaneamente degli altri Stati<br />

federati, senza che questi si sottomettano (come gli<br />

in<strong>di</strong>vidui nello stato <strong>di</strong> natura) a leggi pubbliche e alla<br />

costrizione da esse esercitate »


I. STORIA Kant, Per COSTITUZIONALE<br />

la pace perpetua:<br />

Per gli Stati che stanno tra loro in rapporto reciproco<br />

non può esservi altra maniera razionale per uscire dallo<br />

stato naturale senza leggi, che è soltanto stato <strong>di</strong> guerra,<br />

se non rinunciare, come i singoli in<strong>di</strong>vidui, alla loro<br />

libertà selvaggia (senza leggi), consentire a leggi<br />

pubbliche coattive e formare così uno Stato <strong>di</strong> popoli<br />

(civitas gentium) che si estenderebbe sempre più ed<br />

abbraccerebbe infine tutti i popoli <strong>del</strong>la terra.


I. STORIA Kant, Per COSTITUZIONALE<br />

la pace perpetua:<br />

Ma poiché essi, secondo la loro idea <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto<br />

internazionale, non vogliono ciò affatto e rigettano quin<strong>di</strong> in<br />

ipotesi ciò che in tesi è giusto, così, in luogo <strong>del</strong>l’idea<br />

positiva <strong>di</strong> una repubblica universale (e perché non tutto<br />

debba andare perduto) rimane soltanto il surrogato negativo<br />

<strong>di</strong> una lega permanente e sempre più estesa, come unico<br />

strumento possibile che ponga al riparo dalla guerra e arresti<br />

il torrente <strong>del</strong>le tendenze contrarie al <strong>di</strong>ritto, sempre però con<br />

il continuo pericolo che queste erompano nuovamente


I. STORIA Kant, Per COSTITUZIONALE<br />

la pace perpetua:<br />

Terzo articolo definitivo:<br />

“Il <strong>di</strong>ritto cosmopolitico dev’essere<br />

limitato alle con<strong>di</strong>zioni <strong>del</strong>l’universale<br />

ospitalità”


I. STORIA Kant, Per COSTITUZIONALE<br />

la pace perpetua:<br />

…Ospitalità significa che il <strong>di</strong>ritto che uno straniero ha<br />

<strong>di</strong> non essere trattato come un nemico a causa <strong>del</strong> suo<br />

arrivo sulla terra <strong>di</strong> un altro. Questi può mandarlo via, s<br />

ciò non mette a repentaglio la sua vita, ma fino a quando<br />

sta al suo posto non si deve agire verso <strong>di</strong> lui in modo<br />

ostile. Non è un <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> accoglienza a cui lo straniero<br />

possa appellarsi (…) ma un <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> visita, che spetta a<br />

tutti gli uomini…


STORIA DEL PENSIERO POLITICO<br />

Docente Prof. Scuccimarra<br />

Lezione n. 24<br />

II SEMESTRE<br />

A.A. 2011-2012


G.W.F. Hegel, Fenomenologia <strong>del</strong>lo Spirito<br />

(1806-7), Prefazione:<br />

…Secondo il mio modo <strong>di</strong> vedere che dovrà giustificarsi soltanto<br />

mercé l’esposizione <strong>del</strong> sistema stesso, tutto <strong>di</strong>pende<br />

dall’intendere e dall’esprimere il vero non come sostanza, ma<br />

altrettanto decisamente come soggetto (…), ciò che è poi lo stesso,<br />

è l’essere che in verità è effettuale, ma soltanto in quanto la<br />

sostanza è il movimento <strong>del</strong> porre se stesso, o in quanto essa è la<br />

me<strong>di</strong>azione <strong>del</strong> <strong>di</strong>venir-altro-da-sé con se stesso (…). Il vero è il<br />

<strong>di</strong>venire <strong>di</strong> se stesso, il circolo che presuppone e ha all’inizio la<br />

propria fine come proprio fine, e che solo me<strong>di</strong>ante l’attuazione e<br />

la propria fine è effettuale.


G.W.F. Hegel, Fenomenologia <strong>del</strong>lo Spirito<br />

(1806-7), Prefazione:<br />

(…) Il vero è l’intero. Ma l’intero è soltanto<br />

l’essenza che si completa me<strong>di</strong>ante il suo<br />

sviluppo. Dell’Assoluto si deve <strong>di</strong>re che esso è<br />

essenzialmente risultato, che solo alla fine è ciò<br />

che è in verità; e proprio in ciò consiste la sua<br />

natura, nell’essere effettualità, soggetto o <strong>di</strong>venirse-stesso.


G.W.F. Hegel, Fenomenologia <strong>del</strong>lo Spirito<br />

(1806-7), Prefazione:<br />

(…) Che il vero sia effettuale solo come sistema,<br />

o che la sostanza sia essenzialmente Soggetto, ciò<br />

è espresso in quella rappresentazione che enuncia<br />

l’Assoluto come Spirito – elevatissimo concetto<br />

appartenente all’Età moderna e alla sua religione.


G.W.F. Hegel, Scienza <strong>del</strong>la logica (1812-16):<br />

(…) La contrad<strong>di</strong>zione (…) è la ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> ogni movimento e<br />

vitalità; qualcosa si muove, ha un istinto e un’attività, solo in<br />

quanto ha in se stesso una contrad<strong>di</strong>zione. (…) La comune<br />

esperienza riconosce che si dà una quantità <strong>di</strong> cose<br />

contrad<strong>di</strong>ttorie, <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>ttorie <strong>di</strong>sposizioni, ecc., la cui<br />

contrad<strong>di</strong>zione non sta semplicemente in una riflessione esteriore,<br />

ma in loro stesse. E la contrad<strong>di</strong>zione non è poi da prendere<br />

semplicemente come un’anomalia che si mostri solo qua e là, ma è<br />

il negativo nella sua determinazione essenziale, il principio <strong>di</strong> ogni<br />

muoversi, muoversi che non consiste se non in un esplicarsi e<br />

mostrarsi <strong>del</strong>la contrad<strong>di</strong>zione…


Il sistema filosofico <strong>di</strong> Hegel:<br />

Logica Idea in sé e per sé=<br />

Puro pensiero (tesi)<br />

Filosofia <strong>del</strong>la natura Idea fuori <strong>di</strong> sé=<br />

Natura (antitesi)<br />

Filosofia <strong>del</strong>lo spirito Idea che ritorna in sé=<br />

Spirito (sintesi)


Il sistema filosofico <strong>di</strong> Hegel:<br />

Logica Dottrina <strong>del</strong>l’essere<br />

Dottrina <strong>del</strong>l’essenza<br />

Dottrina <strong>del</strong> concetto<br />

Filosofia <strong>del</strong>la natura Meccanica<br />

Fisica<br />

Organica


Il sistema filosofico <strong>di</strong> Hegel:<br />

Filosofia <strong>del</strong>lo Spirito<br />

Spirito soggettivo Antropologia<br />

Fenomenologia<br />

Psicologia<br />

Spirito oggettivo Diritto<br />

Moralità<br />

Eticità<br />

Spirito assoluto Arte<br />

Religione<br />

Filosofia


Il sistema filosofico <strong>di</strong> Hegel:<br />

Famiglia<br />

Eticità Società civile<br />

Stato


G.W.F. Hegel, Lineamenti <strong>di</strong> filosofia <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto (1821):<br />

Lo Stato non esiste per i citta<strong>di</strong>ni: si potrebbe <strong>di</strong>re<br />

che esso è il fine, e quelli sono i suoi strumenti.<br />

Peraltro tale rapporto generale <strong>di</strong> fine a mezzo<br />

non è in questo caso adeguato. Lo Stato non è<br />

infatti una realtà astratta che si contrapponga ai<br />

citta<strong>di</strong>ni; bensì essi sono momento come nella<br />

vita organica, in cui nessun membro è fine e<br />

nessuno è mezzo, (§ 258 A)


La filosofia <strong>del</strong>la storia<br />

Gli in<strong>di</strong>vidui cosmico-storici<br />

Questi sono i gran<strong>di</strong> uomini <strong>del</strong>la storia, quelli i cui propri fini<br />

particolari contengono il sostanziale, che è volontà <strong>del</strong>lo spirito <strong>del</strong><br />

mondo. Questo contenuto è la loro vera potenza, esso è nell’universale<br />

istinto inconsapevole degli uomini. Essi sono spinti a ciò intimamente, e<br />

non hanno altro modo <strong>di</strong> resistere a colui che ha assunto, nel proprio<br />

interesse, l’esecuzione <strong>di</strong> un tale fine. I popoli piuttosto si uniscono<br />

intorno alla sua ban<strong>di</strong>era: egli svela loro e reca in atto quel che era<br />

impulso immanente <strong>del</strong>la loro natura (Hegel, Lezioni <strong>di</strong> filosofia <strong>del</strong>la<br />

storia,)


G.W.F. Hegel, Epistolario:<br />

Ho visto l’imperatore – quest’Anima <strong>del</strong><br />

mondo – cavalcare in ricognizione<br />

attraverso la città; è davvero una sensazione<br />

meravigliosa vedere un tale in<strong>di</strong>viduo, che<br />

concentrato qui in un punto, dritto su <strong>di</strong> un<br />

cavallo, conquista il mondo intero e lo<br />

domina (1806).


G.W.F. Hegel, Epistolario:<br />

Gli avvenimenti più universali (…) mi suscitano le più universali<br />

considerazioni, che mi riportano nella sfera <strong>del</strong> pensiero i particolari singoli<br />

e prossimi, per quanto questi possano interessare il sentimento. Io considero<br />

che lo Spirito <strong>del</strong> mondo ha dato al tempo la parola d’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> avanzare;<br />

un tale comando è obbe<strong>di</strong>to; questo essere si avanza irresistibile come una<br />

falange corazzata, in or<strong>di</strong>ne chiuso, e con il movimento impercettibile <strong>del</strong><br />

sole, attraverso ogni ostacolo; innumerevoli truppe leggere si muovono<br />

nell’uno e nell’altro senso, e la maggior parte <strong>di</strong> esse non sa neppure <strong>di</strong> che<br />

si tratta e non fa che incassare colpi che provengono come da una mano<br />

invisibile. Tutte le millanterie temporeggiatrici (…) a nulla servono; (…) Il<br />

partito più sicuro (interiormente ed esteriormente) è quello <strong>di</strong> osservare<br />

questo gigante che si avanza


G.W.F. Hegel, Lezioni <strong>di</strong> filosofia <strong>del</strong>la storia:<br />

La ban<strong>di</strong>era <strong>del</strong>lo spirito libero (…) è la ban<strong>di</strong>era sotto cui<br />

serviamo e che teniamo alta. Il tempo, da allora fino a noi,<br />

non ha avuto e non ha altra opera da compiere all’infuori <strong>di</strong><br />

quella <strong>di</strong> incorporare questo principio nel mondo (IV, 151)<br />

…Sembra che allo spirito <strong>del</strong> mondo sia ora riuscito <strong>di</strong><br />

sbarazzarsi da ogni essenza estranea e oggettiva, e <strong>di</strong><br />

cogliersi infine come Spirito assoluto, <strong>di</strong> generare da sé ciò<br />

che gli <strong>di</strong>viene oggettivo e, comportandosi con calma, <strong>di</strong><br />

tenerlo in suo potere.


G.W.F. Hegel, Lezioni <strong>di</strong> filosofia <strong>del</strong>la storia:<br />

…Sin qui è giunto lo spirito <strong>del</strong> mondo. L’ultima<br />

filosofia è il risultato <strong>di</strong> tutte le precedenti; nulla<br />

è perduto, tutti i principi sono conservati. Questa<br />

idea concreta è il risultato degli sforzi <strong>del</strong>lo<br />

spirito attraverso quasi 2500 anni (…) <strong>del</strong> suo più<br />

serio lavoro per <strong>di</strong>ventare oggettivo a se stesso e<br />

per conoscersi: Tantae molis erat se ipsam<br />

cognoscere mentem (parafrasi virgiliana).


G.W.F. Hegel, Filosofia <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto (1821), Prefazione:<br />

La filosofia, poiché è lo scandaglio <strong>del</strong> razionale,<br />

appunto per ciò che è l’appren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> ciò ch’è<br />

presente e reale, non la costruzione <strong>di</strong> un al <strong>di</strong> là, che sa<br />

Dio dove dovrebbe essere, - o <strong>del</strong> quale <strong>di</strong> fatto si sa ben<br />

<strong>di</strong>re dov’è, cioè nell’errore <strong>di</strong> un vuoto, unilaterale<br />

raziocinare…<br />

Ciò che è razionale è reale:<br />

e ciò che è reale è razionale.


G.W.F. Hegel, Filosofia <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto (1821), Prefazione:<br />

Quel che importa allora è conoscere, nella parvenza <strong>di</strong> ciò<br />

ch’è temporale e transeunte, la sostanza che è immanente<br />

e l’eterno che è presente. Poiché il razionale, che è<br />

sinonimo <strong>del</strong>l’idea, allorché esso nella sua realtà entra in pari<br />

tempo nell’esistenza esterna, vien fuori in un’infinita<br />

ricchezza <strong>di</strong> forme, fenomeni e configurazioni, e circonda il<br />

suo nucleo con la scorza variopinta nella quale la coscienza<br />

dapprima <strong>di</strong>mora, che soltanto il concetto trapassa, per<br />

trovare il polso interno e pur nelle configurazioni esterne<br />

sentirlo ancora battere…


G.W.F. Hegel, Filosofia <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto (1821), Prefazione:<br />

…Così, dunque, questo trattato, in quanto contiene la<br />

scienza <strong>del</strong>lo Stato, dev’essere null’altro, se non il<br />

tentativo d’intendere e presentare lo Stato come cosa<br />

razionale in sé. In quanto scritto filosofico, esso deve<br />

restare molto lontano dal dover costruire uno Stato come<br />

dev’essere; l’ammaestramento che può trovarsi in esso<br />

non può giungere a insegnare allo Stato come deve<br />

essere, ma, piuttosto, in quale modo esso deve esser<br />

riconosciuto come universo etico.


G.W.F. Hegel, Filosofia <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto (1821), Prefazione:<br />

…Intendere ciò che è, è il compito <strong>del</strong>la filosofia,<br />

poiché ciò che è, è la ragione. Del resto, per quel che<br />

si riferisce all’in<strong>di</strong>viduo, ciascuno è, senz’altro,<br />

figlio <strong>del</strong> suo tempo; e anche la filosofia è il proprio<br />

tempo appreso col pensiero. E’ altrettanto folle<br />

pensare che una qualche filosofia precorra il suo<br />

mondo attuale, quanto che ogni in<strong>di</strong>viduo si lasci<br />

in<strong>di</strong>etro il suo tempo, e salti oltre…


G.W.F. Hegel, Filosofia <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto (1821), Prefazione:<br />

Ciò che sta tra la ragione come spirito autocosciente, e la ragione come<br />

realtà presente, ciò che <strong>di</strong>fferenzia quella ragione da questa ed in essa<br />

non lascia trovare l’appagamento, è l’impaccio <strong>di</strong> qualche astrazione,<br />

che non si è liberata, e non si è fatta concetto. Riconoscere la ragione<br />

come la rosa, nella croce <strong>del</strong> presente, e quin<strong>di</strong> godere <strong>di</strong> questa – tale<br />

riconoscimento razionale è la riconciliazione con la realtà, che la<br />

filosofia consente a quelli, i quali hanno avvertito, una volta, l’interna<br />

esigenza <strong>di</strong> comprendere e <strong>di</strong> mantenere, appunto, la libertà soggettiva<br />

in ciò che è sostanziale, e al modo stesso, <strong>di</strong> stare nella libertà<br />

soggettiva, non come in qualcosa <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduale e <strong>di</strong> accidentale, ma in<br />

qualcosa che è in sé e per sé


G.W.F. Hegel, Filosofia <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto (1821), Prefazione:<br />

(…) Del resto, a <strong>di</strong>re anche una parola sulla dottrina <strong>di</strong> come dev’essere<br />

il mondo, la filosofia arriva sempre troppo tar<strong>di</strong>. Come pensiero <strong>del</strong><br />

mondo, essa appare per la prima volta nel tempo, dopo che la realtà ha<br />

compiuto il suo processo <strong>di</strong> formazione ed è bell’e fatta. Questo, che il<br />

concetto insegna, la storia mostra, appunto, necessario: che, cioè, prima<br />

l’ideale appare <strong>di</strong> contro al reale, nella maturità <strong>del</strong>la realtà, e poi esso<br />

costruisce questo mondo medesimo, colto nella sostanza <strong>di</strong> esso, in<br />

forma <strong>di</strong> regno intellettuale. Quando la filosofia <strong>di</strong>pinge a chiaroscuro,<br />

allora un aspetto <strong>del</strong>la vita è invecchiato, e, dal chiaroscuro, esso non si<br />

lascia ringiovanire, ma soltanto riconoscere: la nottola <strong>di</strong> Minerva inizia<br />

il suo volo sul far <strong>del</strong> crepuscolo.


STORIA DEL PENSIERO POLITICO<br />

Docente Prof. Scuccimarra<br />

Lezione n. 25<br />

II SEMESTRE<br />

A.A. 2011-2012


K. Marx, Tesi su Feuerbach:<br />

Un<strong>di</strong>cesima tesi<br />

I filosofi hanno solo interpretato il<br />

mondo in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi; si tratta però<br />

<strong>di</strong> mutarlo.


K. Marx, L’ideologia tedesca<br />

Queste fantasie innocenti e puerili formano il nucleo <strong>del</strong>la moderna<br />

filosofia giovane-hegeliana, che in Germania non soltanto è accolta dal<br />

pubblico con orrore e reverenza, ma è anche messa in circolazione dagli<br />

stessi eroi filosofici con la maestosa coscienza <strong>del</strong>la sua criminosa<br />

spregiu<strong>di</strong>catezza. Il primo volume <strong>di</strong> questa pubblicazione ha lo scopo<br />

<strong>di</strong> smascherare queste pecore che si credono lupi e che tali vengono<br />

considerate, <strong>di</strong> mostrare come esse altro non fanno che tener <strong>di</strong>etro, con<br />

i loro belati filosofici, alle idee dei borghesi tedeschi, come le bravate <strong>di</strong><br />

questi filosofici esegeti rispecchino semplicemente la meschinità <strong>del</strong>le<br />

reali con<strong>di</strong>zioni tedesche. Essa ha lo scopo <strong>di</strong> mettere in ri<strong>di</strong>colo e <strong>di</strong><br />

toglier cre<strong>di</strong>to alla lotta filosofica con le ombre <strong>del</strong>la realtà, che va a<br />

genio al sognatore e sonnacchioso popolo tedesco…


K. Marx, L’ideologia tedesca<br />

I presupposti da cui muoviamo non sono arbitrari, non<br />

sono dogmi: sono presupposti reali, dai quali si può<br />

astrarre solo nell’immaginazione. Essi sono gli in<strong>di</strong>vidui<br />

reali, la loro azione e le loro con<strong>di</strong>zioni materiali <strong>di</strong><br />

vita, tanto quelle che essi hanno trovato già esistenti<br />

quanto quelle prodotte dalla loro stessa azione. Questi<br />

presupposti sono dunque constatabili per via puramente<br />

empirica.


K. Marx, L’ideologia tedesca<br />

Il primo presupposto <strong>di</strong> tutta la storia umana è naturalmente l’esistenza <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>vidui umani viventi. Il primo dato <strong>di</strong> fatto da constatare è dunque<br />

l’organizzazione fisica <strong>di</strong> questi in<strong>di</strong>vidui e il loro rapporto, che ne consegue,<br />

verso il resto <strong>del</strong>la natura. Qui naturalmente non possiamo addentrarci<br />

nell’esame né <strong>del</strong>la costituzione fisica <strong>del</strong>l’uomo stesso, né <strong>del</strong>le con<strong>di</strong>zioni<br />

naturali trovate dagli uomini, come le con<strong>di</strong>zioni geologiche, oro-idrografiche,<br />

climatiche, e così via. Ogni storiografia deve prendere le mosse da queste basi<br />

naturali e dalle mo<strong>di</strong>fiche da esse subite nel <strong>corso</strong> <strong>del</strong>la storia per l’azione degli<br />

uomini.<br />

Si possono <strong>di</strong>stinguere gli uomini dagli animali per la coscienza, per la<br />

religione, per tutto ciò che si vuole; ma essi cominciarono a <strong>di</strong>stinguersi dagli<br />

animali allorché cominciarono a produrre i loro mezzi <strong>di</strong> sussistenza, un<br />

progresso che è con<strong>di</strong>zionato dalla loro organizzazione fisica. Producendo i<br />

loro mezzi <strong>di</strong> sussistenza, gli uomini producono in<strong>di</strong>rettamente la loro stessa<br />

vita materiale.


K. Marx, L’ideologia tedesca<br />

Il modo in cui gli uomini producono i loro mezzi <strong>di</strong> sussistenza<br />

<strong>di</strong>pende prima <strong>di</strong> tutto dalla natura dei mezzi <strong>di</strong> sussistenza che<br />

essi trovano e che debbono riprodurre. Questo modo <strong>di</strong><br />

produzione non si deve giu<strong>di</strong>care solo in quanto è la riproduzione<br />

<strong>del</strong>l’esistenza fisica degli in<strong>di</strong>vidui; anzi, esso è già un modo<br />

determinata <strong>del</strong>l’attività <strong>di</strong> questi in<strong>di</strong>vidui, un modo determinato<br />

<strong>di</strong> estrinsecare la loro vita, un modo <strong>di</strong> vita determinato. Come gli<br />

in<strong>di</strong>vidui esternano la loro vita, così essi sono. Ciò che essi sono<br />

coincide dunque con la loro produzione, tanto con ciò che<br />

producono quanto col modo come producono. Ciò che gli<br />

in<strong>di</strong>vidui sono <strong>di</strong>pende dunque dalle con<strong>di</strong>zioni materiali <strong>del</strong>la<br />

loro produzione.


K. Marx<br />

Il compito <strong>del</strong>la storia, una volta scomparso l’al <strong>di</strong> là <strong>del</strong>la<br />

verità, consiste quin<strong>di</strong> nello stabilire la verità <strong>del</strong>l’al <strong>di</strong><br />

qua. Compito <strong>del</strong>la filosofia, che è al servizio <strong>del</strong>la storia, è<br />

lo smascheramento, dopo che la figura sacra<br />

<strong>del</strong>l’estraneazione <strong>del</strong>l’uomo è già stata smascherata,<br />

<strong>del</strong>l’autoestraneazione <strong>del</strong>l’uomo nelle figure non-sacre.<br />

La critica <strong>del</strong> cielo si trasforma quin<strong>di</strong> nella critica <strong>del</strong>la<br />

terra, la critica <strong>del</strong>la religione nella critica <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto, la<br />

critica <strong>del</strong>la teologia nella critica <strong>del</strong>la politica.


. Marx, Critica <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto pubblico hegeliano (1843)<br />

Il lato più profondo <strong>di</strong> Hegel sta nel fatto <strong>di</strong><br />

aver sentito come un contrasto la<br />

separazione <strong>del</strong>la società civile da quella<br />

politica. Negativo è peraltro il fatto che egli<br />

si accontenti <strong>di</strong> avere apparentemente<br />

<strong>di</strong>ssolto questo contrasto.


. Marx, Critica <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto pubblico hegeliano (1843)<br />

Per comportarsi quin<strong>di</strong> come un vero citta<strong>di</strong>no <strong>del</strong>lo Stato, per<br />

acquistare importanza ed efficacia <strong>politiche</strong>, egli deve uscire dalla sua<br />

realtà civile, deve astrarsene e rientrare nella propria in<strong>di</strong>vidualità,<br />

abbandonando tutta questa organizzazione; l’unica esistenza infatti che<br />

egli trova, per essere citta<strong>di</strong>no <strong>del</strong>lo Stato, è la sua in<strong>di</strong>vidualità nuda e<br />

cruda, poiché l’esistenza <strong>del</strong>lo Stato in quanto governo può fare a meno<br />

<strong>del</strong>l’in<strong>di</strong>viduo, e la sua esistenza nella società civile prescinde da quella<br />

<strong>del</strong>lo Stato. Egli può essere citta<strong>di</strong>no <strong>del</strong>lo Stato solo come in<strong>di</strong>viduo, e<br />

in contrasto con queste uniche comunità sussistenti. La sua esistenza<br />

come citta<strong>di</strong>no <strong>del</strong>lo Stato è un’esistenza estranea alla sua esistenza<br />

come uomo sociale, è cioè un’esistenza puramente in<strong>di</strong>viduale.


. Marx, Critica <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto pubblico hegeliano (1843)<br />

I droits de l’homme, cioè i <strong>di</strong>ritti <strong>del</strong>l’uomo, sono come tali<br />

<strong>di</strong>stinti dai droits du citoyen, cioè dai <strong>di</strong>ritti <strong>del</strong> citta<strong>di</strong>no. Ma<br />

chi è l’homme <strong>di</strong>stinto dal citoyen? Nessun altro fuorché il<br />

membro <strong>del</strong>la società borghese. Perché dunque il membro<br />

<strong>del</strong>la società borghese <strong>di</strong>venta un uomo, l’uomo<br />

semplicemente, è perché i suoi <strong>di</strong>ritti sono chiamati <strong>di</strong>ritti<br />

<strong>del</strong>l’uomo? Come ci spieghiamo questo fatto? Certo in base<br />

al rapporto tra Stato politico e società borghese, cioè in base<br />

alla natura <strong>del</strong>l’emancipazione (soltanto) politica.


K. Marx, La questione ebraica (1844)<br />

Lo Stato politico perfetto è per sua essenza la vita generica <strong>del</strong>l’uomo in<br />

quanto specie, in opposizione alla sua vita materiale. Tutti i presupposti<br />

<strong>di</strong> questa vita egoistica continuano a sussistere al <strong>di</strong> fuori <strong>del</strong>la sfera<br />

<strong>del</strong>lo Stato, nella società borghese, ma come caratteristiche <strong>del</strong>la società<br />

civile. Là dove lo Stato politico ha raggiunto il suo vero sviluppo,<br />

l’uomo conduce non soltanto nel pensiero, nella coscienza, ma nella<br />

realtà, una doppia vita, una celeste e una terrena, la vita nella comunità<br />

politica nella quale egli si considera come ente comunitario, e la vita<br />

nella società borghese nella quale agisce come uomo privato, che<br />

considera gli altri uomini come mezzi, degrada se stesso a mezzo e<br />

<strong>di</strong>viene trastullo <strong>di</strong> forze estranee…


K. Marx, La questione ebraica (1844)<br />

Lo Stato politico si rapporta alla società civile nel modo<br />

spiritualistico con cui il cielo si rapporta alla terra. Rispetto ad essa si<br />

trova nel medesimo contrasto, e la sovrasta nel medesimo modo in<br />

cui la religione sovrasta la limitatezza <strong>del</strong> mondo profano, cioè<br />

dovendo insieme riconoscerla restaurarla e lasciarsi da essa<br />

dominare. Nella sua realtà più imme<strong>di</strong>ata, nella società civile, l’uomo<br />

è un essere profano. Qui, dove per sé e per gli altri vale come<br />

in<strong>di</strong>viduo reale, egli è un fenomeno non vero. Viceversa, nello Stato,<br />

dove l’uomo vale come ente generico, egli è il membro immaginario<br />

<strong>di</strong> una sovranità immaginaria, è spogliato <strong>del</strong>la sua reale vita<br />

in<strong>di</strong>viduale e riempito <strong>di</strong> una universalità irreale…


K. Marx, L’ideologia tedesca:<br />

Il comunismo per noi non è uno stato <strong>di</strong><br />

cose che debba essere instaurato, un ideale<br />

al quale la realtà dovrà conformarsi.<br />

Chiamiamo comunismo il movimento reale<br />

che abolisce lo stato <strong>di</strong> cose presente. Le<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> questo movimento risultano<br />

dal presupposto ora esistente.


STORIA DEL PENSIERO POLITICO<br />

Docente Prof. Scuccimarra<br />

Lezione n. 26<br />

II SEMESTRE<br />

A.A. 2011-2012


A. De Tocqueville, La democrazia in America<br />

Il graduale sviluppo <strong>del</strong>l’uguaglianza <strong>del</strong>le con<strong>di</strong>zioni è (…) un<br />

fatto provvidenziale; e ne ha i caratteri essenziali: è universale,<br />

duraturo, si sottrae ogni giorno alla potenza <strong>del</strong>l’uomo; tutti gli<br />

avvenimenti, come anche tutti gli uomini, ne favoriscono lo<br />

sviluppo. Sarebbe quin<strong>di</strong> saggio credere che un movimento<br />

sociale, che ha così lontane origini, potrà essere arrestato dagli<br />

sforzi <strong>di</strong> una generazione? C’è forse qualcuno che può pensare<br />

che la democrazia, dopo aver <strong>di</strong>strutto il feudalesimo e aver vinto<br />

i Re, in<strong>di</strong>etreggerà poi davanti ai borghesi e ai ricchi? E’ possibile<br />

che si arresti proprio ora che è <strong>di</strong>venuta tanto forte e i suoi<br />

avversari tanto deboli?


A. De Tocqueville, La democrazia in America<br />

(…) Ecco che i ranghi si confondono, che le<br />

barriere innalzate tra gli uomini si abbassano; si<br />

<strong>di</strong>vidono le proprietà, si <strong>di</strong>vide il potere, la civiltà<br />

si <strong>di</strong>ffonde, le intelligenze si uguagliano;<br />

l’assetto sociale <strong>di</strong>viene democratico e l’impero<br />

<strong>del</strong>la democrazia si stabilisce infine facilmente<br />

nelle istituzioni e nei costumi.


A. De Tocqueville, La democrazia in America<br />

E’ nell’essenza stessa dei governi<br />

democratici che il dominio <strong>del</strong>la<br />

maggioranza sia assoluto; poiché, fuori<br />

<strong>del</strong>la maggioranza, nelle democrazie, non<br />

vi è nulla che resista…


A. De Tocqueville, La democrazia in America<br />

I principi avevano, per così <strong>di</strong>re, materializzato la<br />

violenza; le repubbliche democratiche dei nostri giorni<br />

l’hanno resa <strong>del</strong> tutto spirituale, come la volontà umana<br />

che essa vuole costringere. Sotto il governo assoluto <strong>di</strong><br />

uno solo, il <strong>di</strong>spotismo, per arrivare all’anima, colpiva<br />

grossolanamente il corpo; e l’anima, sfuggendo a quei<br />

colpi, s’elevava gloriosa al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> esso; ma nelle<br />

repubbliche democratiche, la tirannide non procede<br />

affatto in questo modo: essa trascura il corpo e va <strong>di</strong>ritta<br />

all’anima.


A. De Tocqueville, La democrazia in America<br />

In<strong>di</strong>vidualismo è un termine recente, originato da un’idea<br />

nuova. I nostri padri non conoscevano che l’egoismo.<br />

L’egoismo è un amore spassionato e sfrenato <strong>di</strong> se stessi,<br />

che porta l’uomo a riferire tutto soltanto a se stesso, e a<br />

preferire sé a tutto. L’in<strong>di</strong>vidualismo è un sentimento<br />

ponderato e tranquillo, che spinge ogni singolo ad<br />

appartarsi dalla massa dei suoi simili e a tenersi in <strong>di</strong>sparte<br />

con la sua famiglia e i suoi amici; cosicché, dopo essersi<br />

creato una piccola società per conto proprio, abbandona<br />

volentieri la grande società a se stessa.


A. De Tocqueville, La democrazia in America<br />

Immagino sotto quali nuovi aspetti il <strong>di</strong>spotismo potrebbe<br />

prodursi nel mondo: vedo una folla innumerevole <strong>di</strong> uomini<br />

simili ed uguali che non fanno che ruotare su se stessi, per<br />

procurarsi piccoli e volgari piaceri con cui saziano il loro<br />

animo. Ciascuno <strong>di</strong> questi uomini vive per conto suo ed è<br />

come estraneo al destino <strong>di</strong> tutti gli altri: i figli e gli amici<br />

costituiscono per lui tutta la razza umana; quanto al resto dei<br />

concitta<strong>di</strong>ni, egli vive al loro fianco ma non li vede; li tocca<br />

ma non li sente; non esiste che in se stesso e per se stesso, e<br />

se ancora possiede una famiglia, si può <strong>di</strong>re per lo meno che<br />

non ha più patria.


A. De Tocqueville, La democrazia in America<br />

Al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> costoro si erge un potere immenso e tutelare, che si<br />

incarica <strong>di</strong> assicurare loro il go<strong>di</strong>mento dei beni e <strong>di</strong> vegliare sulla loro<br />

sorte. E’ assoluto, minuzioso, sistematico, previdente e mite.<br />

Assomiglierebbe all’autorità paterna se, come questa, avesse lo scopo <strong>di</strong><br />

preparare l’uomo all’età virile, mentre non cerca che <strong>di</strong> arrestarlo<br />

irrevocabilmente all’infanzia; è contento che i citta<strong>di</strong>ni si svaghino,<br />

purché non pensino che a svagarsi. Lavora volentieri alla loro felicità,<br />

ma vuole esserne il solo agente ed il solo arbitro; provvede alla loro<br />

sicurezza, prevede e garantisce i loro bisogni, facilita i loro piaceri,<br />

guida i loro affari principali, <strong>di</strong>rige la loro industria, regola le loro<br />

successioni, spartisce le loro ere<strong>di</strong>tà; perché non dovrebbe levare loro<br />

totalmente il fasti<strong>di</strong>o <strong>di</strong> pensare e la fatica <strong>di</strong> vivere?


A. De Tocqueville, La democrazia in America<br />

E’ così che giorno dopo giorno esso rende sempre<br />

meno utile e sempre più raro l’impiego <strong>del</strong> libero<br />

arbitrio, restringe in uno spazio sempre più<br />

angusto l’azione <strong>del</strong>la volontà e toglie poco alla<br />

volta a ogni citta<strong>di</strong>no ad<strong>di</strong>rittura la <strong>di</strong>sponibilità<br />

<strong>di</strong> se stesso. L’uguaglianza ha preparato gli<br />

uomini a tutto questo: li ha <strong>di</strong>sposti a sopportarlo<br />

e spesso anche a considerarlo come un vantaggio


A. De Tocqueville, La democrazia in America<br />

Le nazioni moderne non possono evitare che le<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>ventino uguali; ma <strong>di</strong>pende da loro<br />

che l’uguaglianza le porti alla schiavitù o alla<br />

libertà, alla civiltà o alla barbarie, alla prosperità<br />

o alla miseria.

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