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presupposizione pragmatica, common ground, asserzione ...

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SEMANTICA 2009<br />

LEZIONE 15<br />

1<br />

Keywords: <strong>presupposizione</strong> <strong>pragmatica</strong>, <strong>common</strong> <strong>ground</strong>, <strong>asserzione</strong>, accomodamento,<br />

aggiornamento del contesto<br />

1. Introduzione<br />

Il contesto kaplaniano (lezione 14) è piuttosto ristretto; corrisponde alla concreta situazione di<br />

enunciazione. Poiché serve essenzialmente a risolvere il problema del riferimento diretto, questa<br />

concezione del contesto è semantica. Ma, intuitivamente, è possibile avere una concezione molto<br />

più ampia del contesto – ad es., come contesto discorsivo, in cui il parlante e gli interlocutori<br />

entrano non soltanto come entità a cui ci si può riferire direttamente, ma come partecipanti alla<br />

conversazione, dotati di credenze, scopi comunicativi, ecc.<br />

La situazione comunicativa (conversazione) rientra pienamente nel dominio della <strong>pragmatica</strong>. A<br />

prima vista, questo livello di significato è tutt’altra cosa rispetto al significato vero-condizionale che<br />

abbiamo cercato di analizzare fino a qui. Vedremo, invece, che è possibile collegare i due livelli di<br />

significato in un modo interessante. Il collegamento emerge nella teoria dell’<strong>asserzione</strong> proposta in<br />

Stalnaker (1979), che combina la concezione della conversazione come attività cooperativa e<br />

razionale con la semantica standard degli stati di credenza (analizzati come insiemi di mondi<br />

possibili).<br />

2. Digressione (troppo breve) su Grice<br />

La concezione della conversazione (comunicazione linguistica) come attività razionale e<br />

cooperativa è centrale nei lavori di P. Grice (a partire dal 1967):<br />

Cooperative Principle (CP): Make your conversational contribution such as is required, at the stage<br />

at which it occurs, by the accepted purpose or direction of the talk exchange in which you are<br />

engaged. (Grice 1967a/1989, 26.)<br />

Il principio viene articolato nelle seguenti massime conversazionali:<br />

Quantity<br />

Make your contribution as informative as is required (for the current purposes of the exchange).<br />

Do not make your contribution more informative than is required.<br />

Quality<br />

(Supermaxim): Try to make your contribution one that is true.<br />

(Submaxims):<br />

Do not say what you believe to be false.<br />

Do not say that for which you lack adequate evidence.<br />

Relation<br />

Be relevant.<br />

Manner<br />

(Supermaxim): Be perspicuous.<br />

(Submaxims):<br />

Avoid obscurity of expression.<br />

Avoid ambiguity.<br />

Be brief (avoid unnecessary prolixity).


2<br />

Be orderly.<br />

Gli effetti delle massime si esplicano in particolare nel fenomeno dell’implicatura, di cui qui<br />

accenneremo soltanto un esempio. Supponiamo che un parlante asserisca:<br />

(1) Obama visiterà la Francia o la Germania.<br />

Le condizioni di verità della disgiunzione logica sono inclusive: la disgiunzione è vera quando<br />

almeno uno dei due disgiunti è vero, oppure entrambi sono veri. Ma se un parlante asserisce (1), gli<br />

ascoltatori normalmente ne inferiscono che Obama non visiterà sia la Francia che la Germania.<br />

Queste perché, se il parlante avesse avuto informazioni che lo autorizzavano ad asserire la<br />

congiunzione, per la massima della quantità avrebbe dovuto farlo (= Obama visiterà la Francia e la<br />

Germania). Gli ascoltatori fanno la seguente inferenza: se il parlante avesse potuto asserire la<br />

congiunzione, per la massima della quantità lo avrebbe fatto; se non ha asserito la congiunzione, è<br />

perché non poteva asserirla, poiché la congiunzione sarebbe stata altrettanto pertinente rispetto agli<br />

scopi della conversazione (sapere quali paesi europei saranno visitati da Obama); se non poteva<br />

asserirla, è perché le condizioni di verità della congiunzione non potevano essere soddisfatte. In<br />

questo modo, le situazioni «inclusive» (che verificano la congiunzione) vengono escluse per una<br />

implicatura, benché siano compatibili con la semantica della disgiunzione (che, in termini<br />

strettamente semantici, è inclusiva). Vediamo, infatti, che se la frase è negata l’implicatura non<br />

sorge, e la disgiunzione ha una interpretazione inclusiva:<br />

(2) Obama non visiterà la Francia o la Germania<br />

risulta falsa se Obama visiterà entrambi i paesi: qui le situazioni «inclusive» soddisfano le<br />

condizioni di verità della disgiunzione.<br />

Un ragionamento analogo si applica nell’interpretazione dei numerali:<br />

(3) Gianni ha due figli.<br />

La frase (3) viene considerata falsa se Gianni ha tre figli. Ma sul piano strettamente logico, se<br />

Gianni ha tre figli, è anche vero che ne ha due. Tuttavia, in questo caso per la massima di quantità il<br />

parlante avrebbe dovuto utilizzare:<br />

(4) Gianni ha tre figli<br />

che è più informativa in quanto implica logicamente la (3). Se il parlante non ha utilizzato (4), gli<br />

ascoltatori ne inferiscono che non poteva utilizzare (4), perché le condizioni di verità di (4) non<br />

erano soddisfatte; dunque l’interpretazione di (3) è: Gianni ha due figli e non più di due. Questo<br />

tipo di implicatura viene detta IMPLICATURA SCALARE. 1<br />

Questa brevissima esposizione è sufficiente per renderci conto che il calcolo delle implicature<br />

presuppone che la conversazione sia una attività cooperativa, e che tutti i partecipanti la<br />

riconoscano come tale; gli ascoltatori possono così assumere che il parlante si conformi, per quanto<br />

gli è possibile, alle massime conversazionali.<br />

1 Cfr invece:<br />

- A: Hai cinque euro (da prestarmi)?<br />

- B: Sì, li ho.<br />

Qui il parlante B non comunica che ha esattamente cinque euro, perché il fatto che ne abbia di più<br />

non è pertinente. La massima della quantità richiede di essere masimamente informativi rispetto<br />

agli scopi dello scambio comunicativo che è in corso.


3<br />

NB: Con questo misero paragrafetto non intendo assolutamente sminuire l’importanza della<br />

<strong>pragmatica</strong>. Questa disciplina, purtoppo, non può essere discussa adeguatamente all’interno del<br />

nostro percorso. La discuto in modo così limitato soltanto per mostrare che questa concezione<br />

generale è un ingrediente indispensabile della teoria dell’<strong>asserzione</strong> sviluppata da Stalnaker.<br />

2. Il contesto stalnakeriano<br />

Le idee fondamentali:<br />

1. Un atto di <strong>asserzione</strong> è l’espressione di una proposizione (qualcosa che rappresenta il mondo<br />

come fatto in un certo modo).<br />

2. Le asserzioni vengono fatte in un contesto – una situazione che include un parlante (colle<br />

proprie credenze e intenzioni) e degli interlocutori (colle proprie credenze e intenzioni).<br />

3. Gli atti di <strong>asserzione</strong> hanno lo scopo di modificare il contesto, e in particolare le attitudini dei<br />

partecipanti; come l’<strong>asserzione</strong> modifica il contesto dipende dal contenuto dell’<strong>asserzione</strong><br />

stessa.<br />

Assumiamo i mondi possibili come primitivi, senza che questo implichi un impegno<br />

ontologico; è solo una decisione di teorizzare ad un certo livello di astrazione.<br />

Una proposizione è “una rappresentazione del mondo come fatto in un certo modo”. Per ogni<br />

tale rappresentazione, ci sarà un insieme di mondi possibili che si accordano con quella<br />

rappresentazione (= che sono fatti in quel modo). Perciò una proposizione determina un insieme<br />

di mondi possibili (ovvero una funzione da mondi a valori di verità: ). Un ulteriore gradi di<br />

complessità: ciò che una <strong>asserzione</strong> esprime – ovvero la proposizione – può cambiare a seconda<br />

dei mondi possibili (es. ci sono mondi in cui ciò che il parlante dice viene frainteso dagli<br />

interlocutori). Perciò Stalnaker definisce il concetto proposizionale come funzione da mondi<br />

possibili a proposizioni ()<br />

Le PRESUPPOSIZIONI DEL PARLANTE sono “le proposizioni la cui verità egli dà per scontata come<br />

parte del back<strong>ground</strong> della conversazione. Una proposizione è presupposta se il parlante è<br />

disposto ad agire come se assumesse o credesse che la proposizione sia vera, e che anche i suoi<br />

interlocutori credano o assumano che sia vera” (p. 321) : ovvero, le presupposizioni sono ciò<br />

che il parlante tratta come COMMON GROUND, conoscenza condivisa dai partecipanti alla<br />

conversazione per gli scopi della conversazione stessa. (NB: il parlante può assumere una<br />

proposizione per gli scopi di una conversazione, anche se non la crede affatto vera.) Il contesto<br />

rappresenta così uno stato di informazione parziale.<br />

L’INSIEME CONTESTO è l’insieme dei mondi possibili che sono compatibili con tutte le<br />

proposizioni del <strong>common</strong> <strong>ground</strong>; ovvero – vedendo le proposizioni come insiemi di mondi<br />

possibili – è l’intersezione di tutte le proposizioni del <strong>common</strong> <strong>ground</strong>. Questo è l’insieme dei<br />

mondi che sono ALTERNATIVE VIVE per la conversazione, cioè quelli che potrebbero essere il<br />

mondo reale.<br />

Lo scopo comune delle attività comunicative è che “i partecipanti cercano di distinguere tra<br />

modi alternativi in cui le cose potrebbero essere o essere state”. Il processo conversazionale<br />

consiste nel distinguere tra modi alternativi in cui le cose potrebbero essere:<br />

a) le presupposizioni definiscono i limiti dell’insieme di alternative vive;<br />

b) l’esprimere una proposizione ha lo scopo di distinguere tra queste alternative.<br />

Un contesto è non difettivo quando tutti i partecipanti hanno effettivamente le stesse<br />

presupposizioni; questo è il caso normale. Altrimenti si ha un CONTESTO DIFETTIVO, che sarà<br />

instabile: qualsiasi discrepanza nelle presupposizioni può, in linea di principio, portare ad un


4<br />

fallimento della comunicazione; ma i partecipanti possono notare le discrepanze e cercare di<br />

superarle, “rinegoziando” il <strong>common</strong> <strong>ground</strong>.<br />

Inoltre, il contesto della conversazione cambia continuamente. (Es: una capra entra<br />

all’improvviso nella stanza e il parlante dice: “Come ha fatto quella ad arrivare qui?”)<br />

Come è che una <strong>asserzione</strong> cambia il contesto?<br />

a) effetto non essenziale: una <strong>asserzione</strong> è un evento fisico a cui tutti i partecipanti sono esposti;<br />

essi sono in grado di identificare chi è il parlante, la lingua che parla, il modo in cui parla, ecc.<br />

b) effetto essenziale: L’<strong>asserzione</strong> modifica il contesto riducendo l’insieme contesto, cioè<br />

eliminando da esso i mondi possibili che sono incompatibili con la proposizione che viene<br />

asserita. Ovvero, il contenuto dell’<strong>asserzione</strong> viene aggiunto al <strong>common</strong> <strong>ground</strong>, cambiando le<br />

presupposizioni dei partecipanti alla conversazione (se l’<strong>asserzione</strong> viene accettata dagli<br />

interlocutori. Se invece l’<strong>asserzione</strong> viene rifiutata, l’insieme contesto non viene aggiornato<br />

dalla proposizione asserita, ma rimangono comunque gli effetti non essenziali dell’<strong>asserzione</strong>.)<br />

Lo scopo principale dell’<strong>asserzione</strong> è questo, anche se può accadere che un parlante faccia<br />

un’<strong>asserzione</strong> pur sapendo già che verrà rifiutata. (Ci possono essere effetti secondari rilevanti, che<br />

dipendono dal fatto che l’<strong>asserzione</strong> avrebbe avuto un certo effetto essenziale se non fosse stata<br />

rifiutata.)<br />

Regole sull’interazione tra contesto e contenuto dell’<strong>asserzione</strong>: condizioni essenziali della<br />

comunicazione razionale. Qui considereremo solo le prime due:<br />

a) Una proposizione asserita è sempre vera in alcuni ma non tutti i mondi possibili dell’insieme<br />

contesto. Infatti, se la proposizione fosse falsa in tutti i mondi, vorrebbe dire che è incompatibile<br />

con il <strong>common</strong> <strong>ground</strong> (si presuppone già che sia falsa), e dunque non avrebbe alcun effetto di<br />

aggiornamento. Se invece la proposizione fosse vera in tutti i mondi, sarebbe già presupposta, e<br />

dunque l’<strong>asserzione</strong> non avrebbe alcun effetto di aggiornamento.<br />

Se il parlante sembra non conformarsi a questa regola, gli interlocutori possono dedurne che il<br />

contesto è difettivo, oppure che hanno frainteso ciò che il parlante intendeva asserire.<br />

b) Ogni <strong>asserzione</strong> dovrebbe esprimere una proposizione (relativa a ciascun mondo dell’insieme<br />

contesto) e tale proposizione dovrebbe avere un valore di verità in ciascun mondo dell’insieme<br />

contesto. Ovvero, non possono esserci “truth-value gaps” (casi in cui la proposizione non dà alcun<br />

valore di verità). Questo collega la <strong>presupposizione</strong> <strong>pragmatica</strong> alla <strong>presupposizione</strong> semantica: se<br />

una frase A asserita dal parlante presuppone semanticamente una proposizione φ, allora φ è anche<br />

presupposta <strong>pragmatica</strong>mente dal parlante, cioè fa parte del <strong>common</strong> <strong>ground</strong>. Il motivo è che se la<br />

proposizione espressa non avesse valore di verità in alcuni mondi dell’insieme contesto, non si<br />

potrebbe decidere se tali mondi debbano rimanere inclusi o essere scartati.<br />

Si noti che in questo modo, le presupposizioni di un enunciato sono delle precondizioni che il<br />

contesto deve soddisfare perché l’enunciato possa essere asserito in quel contesto.<br />

Se le presupposizioni pragmatiche di una <strong>asserzione</strong> non sono soddisfatte nel contesto, e il contesto<br />

è quindi difettivo, un rimedio possibile è l’ACCOMODAMENTO DELLE PRESUPPOSIZIONI<br />

(accommodation: Lewis 1979, Stalnaker 1998, von Fintel 2000). Supponiamo che un parlante<br />

asserisca:<br />

(5) Non posso venire alla riunione: devo portare mia figlia dal dottore.<br />

La proposizione espressa da (5) può essere aggiunta al CG solo se il CG implica che il parlante ha<br />

una (unica) figlia. Assumendo che il parlante intenda sinceramente asserire (5), inferiamo che egli<br />

assume che il CG a cui verrà aggiunta la proposizione espressa da (5) soddisfa questa condizione.


5<br />

Supponiamo che il CG precedente l’<strong>asserzione</strong> di (5) non soddisfasse invece questa condizione,<br />

perché gli ascoltatori non assumevano che il parlante avesse una figlia; e il parlante era consapevole<br />

della loro ignoranza in proposito. Gli ascoltatori inferiscono che il parlante assume che il CG a cui<br />

la proposizione deve essere aggiunta implica che egli abbia una figlia. L’unico ostacolo a questo è<br />

che i parlanti non assumevano ancora, fino a quel punto, che il parlante avesse una figlia; ma se gli<br />

ascoltatori sono accomodanti, aggiungeranno questa assunzione al CG, affinché la conversazione<br />

possa procedere e la proposizione espressa da (5) possa essere aggiunta al CG.<br />

Come sottolinea von Fintel (2000), è cruciale che il CG deve soddisfare le presupposizioni non<br />

prima che avvenga l’atto di <strong>asserzione</strong>, ma prima che avvenga l’inserzione nel CG della<br />

proposizione espressa. L’accomodamento è dunque un passaggio intermedio che «aggiusta» un<br />

contesto difettivo; questo passaggio è possibile proprio perché il CG è un oggetto pubblico sotto il<br />

controllo condiviso di tutti gli interlocutori. Il parlante sa che la <strong>presupposizione</strong> non era soddisfatta<br />

prima del suo atto di asserire (5), ma conta sul fatto che gli interlocutori cambieranno le proprie<br />

assunzioni, aggiustando il CG prima di aggiungervi la proposizione al CG; crucialmente, gli<br />

interlocutori sanno che il parlante assume questa possibilità di aggiustamento e quindi si<br />

comportano di conseguenza (purché la «<strong>presupposizione</strong> informativa» che deve essere accomodata<br />

non sia per qualche motivo problematica o controversa).<br />

4. Heim (1983): Il potenziale di aggiornamento del contesto<br />

A partire dall’analisi dell’<strong>asserzione</strong> di Stalnaker, Heim (1983) ha sviluppato una semantica<br />

dinamica in cui il significato di un enunciato non è più visto, staticamente, come le condizioni di<br />

verità che esso esprime (=come devono essere le circostanze in cui l’enunciato risulta vero), ma<br />

piuttosto come il suo POTENZIALE DI AGGIORNAMENTO DEL CONTESTO (CCP, context change<br />

potential), che è una funzione da contesti a contesti.<br />

Un contesto è identificato con uno STATO DI INFORMAZIONE, e viene rappresentato come un insieme<br />

di mondi possibili (cfr. l’insieme contesto di Stalnaker). Il contesto vuoto, corrispondente ad una<br />

assoluta mancanza di informazioni (cioè ad un insieme vuoto di proposizioni), è identificato con<br />

l’intero insieme di mondi possibili W. In ogni conversazione realistica, però, il contesto sarà<br />

piuttosto un sottoinsieme proprio di W.<br />

Un enunciato che viene asserito in un contesto ha l’effetto di aggiornare l’informazione,<br />

producendo un nuovo contesto. Consideriamo ad esempio che un parlante asserisca l’enunciato sta<br />

piovendo in un contesto c. Se l’atto di <strong>asserzione</strong> ha successo, viene prodotto un nuovo contesto c’<br />

che comprende soltanto mondi possibili in cui sta piovendo. La proposizione espressa<br />

dall’enunciato (ignorando il livello del carattere kaplaniano) viene congiunta, cioè intersecata, con<br />

il contesto c, producendo un nuovo contesto c’ che è un sottoinsieme di c. L’effetto di<br />

aggiornamento di un contesto c da parte di un enunciato φ che viene asserito in c è rappresentato<br />

come c + φ.<br />

Per qualsiasi contesto c, c + sta piovendo = {w ∈ c: sta piovendo in w} (= c’)<br />

Qualsiasi enunciato ψ che viene asserito immediatamente dopo l’<strong>asserzione</strong>/aggiornamento di ϕ<br />

andrà ad aggiornare il nuovo contesto c’. Una conseguenza immediata di questa ipotesi è che la<br />

nozione di «contesto discorsivo» – cioè l’insieme degli enunciati asseriti precedentemente ad un<br />

dato enunciato ϕ – viene riassorbito come parte del contesto c. Questo è un modo di modellizzare<br />

l’incremento di informazione nel corso della conversazione. Si noti che c’è una proporzionalità<br />

inversa tra il numero di proposizioni contenute nel <strong>common</strong> <strong>ground</strong> e il numero di mondi inclusi<br />

nell’insieme contesto: tanto più ampio è il <strong>common</strong> <strong>ground</strong>, tanto più ristretto è l’insieme di mondi<br />

che esso caratterizza.


3. La proiezione delle presupposizioni<br />

6<br />

Le presupposizioni di un enunciato sono, come per Stalnaker, dei requisiti sui contesti ai quali il<br />

potenziale di aggiornamento dell’enunciato potrà applicarsi. Per Heim, come per Stalnaker, questi<br />

requisiti NON POSSONO ESSERE CANCELLATI, ma possono essere soddisfatti tramite accommodation<br />

(vedi sopra Le proposizioni presupposte da un enunciato φ devono essere vere in tutti i mondi di un<br />

qualsiasi contesto c affinché il potenziale di aggiornamento di φ possa aggiornare c.<br />

Ad esempio, un enunciato come il gatto di John è affamato può aggiornare soltanto i contesti in cui<br />

John ha un unico gatto (cioè i contesti che soddisfano la condizione di unicità della descrizione<br />

definita, cfr. lezione 4). Tecnicamente, questi contesti sono un SOTTOINSIEME della proposizione<br />

espressa dall’enunciato (che è l’insieme di tutti i mondi in cui è vero che John ha un unico gatto, e<br />

che per il resto possono differire arbitrariamente tra loro). In simboli:<br />

c + il gatto di John è affamato è definito sse c ⊆ {w: John possiede un unico gatto in w}<br />

laddove è definito, c + il gatto di John è affamato = {w ∈ c: John ha un gatto affamato in w}<br />

(ovvero: c ∩ {w: il gatto di John è affamato in w})<br />

Un problema fondamentale per la teoria delle presupposizioni è quello della PROIEZIONE: come<br />

vengono «ereditate» da un enunciato complesso le presupposizioni degli enunciati atomici che le<br />

compongono? L’idea di Heim è che i fenomeni di proiezione delle presupposizioni dovrebbero<br />

essere determinate dal meccanismo di composizione del potenziale di aggiornamento di un<br />

enunciato complesso a partire dal potenziale di aggiornamento degli enunciati atomici. Il problema<br />

è estremamente vasto, e ne discuteremo qui soltanto due casi in forma semplificata.<br />

1) Ricordiamo che la negazione può essere concepita come la complementazione di un insieme di<br />

mondi (lezione 1). Possiamo quindi definire ricorsivamente il CCP di un enunciato negato a partire<br />

dal CCP del corrispondente enunciato non negato:<br />

Per qualsiasi contesto c, c + non φ = c – (c+φ) (dove – è la complementazione insiemistica)<br />

In altri termini, aggiorniamo il contesto iniziale c con il CCP dell’enunciato positivo, ottenendo un<br />

contesto derivato c’, quindi sottraiamo c’ dal contesto iniziale c. In tal modo, sottraiamo dal<br />

contesto iniziale tutti i mondi in cui la proposizione espressa da φ è vera.<br />

Domanda: perché non possiamo fare direttamente la complementazione insiemistica c – φ?<br />

Risposta: perché la proposizione espressa da φ è un insieme di mondi molto vasto, presumibilmente<br />

un sovrainsieme di c, a meno che c non sia il contesto vuoto.<br />

Ciò che più conta, non φ può aggiornare soltanto i contesti in cui le presupposizioni di φ sono<br />

soddisfatte: l’anunciato negato eredita le presupposizioni del’enunciato atomico non negato (è un<br />

hole, anziché un filter, nella terminologia tecnica inglese). La definizione ricorsiva del CCP di un<br />

enunciato negato produce direttamente questa conseguenza, perché l’interpretazione richiede un<br />

passo di aggiornamento del contesto iniziale da parte dell’enunciato atomico φ.<br />

2) Si ha invece un comportamento diverso nel caso della congiunzione. Descrittivamente, la<br />

congiunzione eredita le presupposizioni del primo congiunto, ma non sempre quelle del secondo<br />

congiunto. Ad es., la frase (6):<br />

(6) Mio cugino ha un gatto.


presuppone che il parlante abbia un unico cugino.<br />

(7) [Mio cugino ha un gatto], e [io ho un cane].<br />

7<br />

In (7), la <strong>presupposizione</strong> del primo congiunto (atomico) viene ereditata dall’enunciato complesso.<br />

(8) Il gatto di Gianni è grasso<br />

La frase (8) presuppone che Gianni possiede un unico gatto. Consideriamo ora:<br />

(9) [Gianni ha un gatto], e [il gatto di Gianni è grasso].<br />

In questo caso, le <strong>presupposizione</strong> che il secondo congiunto ha in isolamento (come in (8)) viene<br />

«filtrata», cioè non viene ereditata dall’intera congiunzione. Il motivo è intuitivamente chiaro:<br />

questa <strong>presupposizione</strong> viene soddisfatta dal contesto intermedio che risulta dall’aggiornamento del<br />

contesto iniziale da parte del primo enunciato atomico:<br />

Per qualsiasi contesto c, c + φ e ψ = (c + φ) + ψ,<br />

L’effetto di aggiornamento dei due congiunti è quindi asimmetrico:<br />

c + Gianni ha un gatto, e il gatto di Gianni è grasso =<br />

1. = (c + [Gianni ha un gatto]) + [il gatto di Gianni è grasso]) =<br />

2. = {w ∈ c: Gianni possiede un (unico) 2 gatto in w} + [il gatto di Gianni è grasso])<br />

Il contesto intermedio ottenuto al passo 2 soddisfa la <strong>presupposizione</strong> del secondo enunciato<br />

congiunto. Ecco perché le presupposizioni del secondo congiunto non vengono imposte sul contesto<br />

iniziale: la congiunzione è un filtro delle presupposizioni.<br />

Grice, H.P. 1975. Logic and conversation. In P. Cole & J. Morgan, eds., Syntax and Semantics 3:<br />

Speech actss, New York, Academic Press, 41-58.<br />

Heim. I. 1983. On the projection problem for presuppositions. In Portner & Partee (2002).<br />

Stalnaker, R. 1978. Assertion. In P. Cole, ed., Syntax and Semantics 9: Pragmatics, New York,<br />

Academic Press, 315-332.<br />

2

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