BIOGRAFIE IMPRESSIONISTI EDOUARD MANET ... - Istituto Canossa
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diversi anni si dibatterà in gravissime difficoltà finanziarie ‐ sia a un certo gusto per la <br />
solitudine già evidente in queste righe scritte all'amico Bazille nel 1868: «Per forte che uno sia, è <br />
troppo sensibile a ciò che vede e sente a Parigi, e ciò che intendo fare qui [a Fècamp] avrà <br />
almeno il merito di non assomigliare a nessuno, poiché sarà il frutto di un'impressione vissuta <br />
da me soltanto». <br />
Utilizzato per definire uno dei suoi quadri (Impression. Soleil levant, museo Marmottan, Parigi, <br />
rubato nel 1985) esposto alla prima Mostra del gruppo nel 1874, il termine impression sarà <br />
all'origine di un neologismo che avrà molta fortuna. Per combattere la reticenza dei giudici del <br />
Salon ufficiale e tentare di catturare l'attenzione del pubblico, Monet decide di promuovere, <br />
insieme a Renoir e Degas, l'idea di mostre collettive lanciata da Bazille. E sarà proprio lui a <br />
soffrire maggiormente della derisione assurda e delle critiche ottuse del pubblico al quale i <br />
numerosi quadri vengono offerti in prima visione: cinque nel 1874, diciotto nel 1876, trenta nel <br />
1877, ventinove nel 1879 e trentanove alla settima e penultima manifestazione del gruppo, nel <br />
1882. Il 1880 segna una svolta nella sua carriera: alcuni mercanti d'arte, oltre a Durand‐Ruel, <br />
cominciano a interessarsi alla sua opera e, seguendo l'esempio di Renoir, egli decide di tentare <br />
nuovamente la sorte al Salon. <br />
Lo stesso anno si svolge la sua prima mostra personale alla galleria, fondata dall'editore Georges <br />
Charpentier e diretta da Edmond Renoir. Commentando con i giornalisti il suo atteggiamento nei <br />
confronti dei vecchi amici e dei nuovi partecipanti alle loro manifestazioni (Gauguin, Raffaëlli, <br />
ecc.), afferma: «Sono sempre e voglio essere sempre impressionista, ma la piccola congrega è <br />
divenuta oggi una banale scuola che apre le porte dal primo imbrattatele». Una retrospettiva della <br />
sua opera presso Georges Petit (1889) rivela al contempo l'evoluzione e l'unità della sua arte. <br />
Le pennellate vibranti, l'intensità luminosa e la schematizzazione dei quadri di Argenteuil (1872‐<br />
78), a volte eseguiti su di un battello‐studio sistemato a foggia di quello di Daubigny, si <br />
sviluppano contemporaneamente alle ricerche compositive ispirate alle stampe giapponesi. A <br />
queste stesse Monet deve il gusto per le (serie), inaugurate alla fine del periodo con le diverse <br />
versioni della Stazione di Saint‐Lazare (inverno 1876‐77). A Vètheuil (1878‐81), ove si stabilisce <br />
grazie alla generosità di Manet e del dottor de Bellio (uno dei suoi primi amatori insieme a Victor <br />
Chocquet e Gustave Caillebotte), insegue nel suo lavoro en plein air gli effetti più effimeri della <br />
brina e della rottura improvvisa del ghiaccio sulla Senna. <br />
Ricerca ancora la loro fugace bellezza dopo il suo trasferimento a Giverny, insieme ad Alice <br />
Hoschedè, sua seconda sposa nel 1892 e precedente moglie di uno dei suoi primi acquirenti. Le <br />
famose serie, Pagliai (1890‐91), Pioppi ai bordi dell'Epte (1891‐92), Cattedrali di Rouen (1892‐93), <br />
Ninfee (1899‐1926), rispondono al desiderio, sempre rinnovato, di catturare l'istante. Dal 1886, <br />
un successo sempre crescente circonda questo artista in precedenza così disprezzato, e un <br />
caloroso sostegno gli viene da O. Mirbeau, Gustave Geffroy, Oscar Maus e G. Clemenceau. <br />
Grazie a quest'ultimo, verranno create due stanze all'Orangerie per ospitare la serie delle Ninfee,