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11. P. PAOLI, G. CELLAI CIUFFI, C. BINI, Palinologia, genesi ... - BibAr

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<strong>11.</strong> PALINOLOGIA, GENESI ED EVOLUZIONE IN DUE SEZIONI<br />

STRATIGRAFICHE ALL'INTERNO DEL CASSERO SENESE DI GROSSETO 1<br />

Premessa<br />

L'importanza che gli studi<br />

naturalistici (geomorfologici,<br />

pedologici, paleobotanici,<br />

palinologici, ecc.) possono rivestire<br />

ai fini della ricostruzione<br />

ambientale è oggigiorno<br />

particolarmente avvertita dagli<br />

studiosi delle discipline<br />

umanistiche (storici, archeologi,<br />

ecc.), poiché si riesce, attraverso<br />

questi, a valutare le condizioni<br />

socio-economiche delle civiltà<br />

passate, ed inoltre, attraverso<br />

l'evoluzione del paesaggio vegetale,<br />

è possibile interpretare meglio le<br />

vicende dell'umanità in un<br />

determinato momento storico.<br />

Nel programma d'interventi per il<br />

restauro e la valorizzazione della<br />

Fortezza di Grosseto, si è<br />

convenuto di inserire alcune<br />

ricerche palinologiche e<br />

sedimentologiche che,<br />

analogamente a quanto si è già<br />

verificato in altre località di scavo<br />

archeologico (S. Salvatore a Vaiano,<br />

Palazzo Pretorio a Prato) potessero<br />

fornire indicazioni utili per una<br />

ricostruzione dell'ambiente<br />

naturale in cui sorsero i primi<br />

insediamenti umani nel grossetano,<br />

e nello stesso tempo ribadire la<br />

necessità di indagini<br />

multidisciplinari nel campo<br />

dell'archeologia così come nel<br />

campo della gestione delle risorse<br />

ambientali, intese nella loro<br />

globalità (valori naturali, storico<br />

culturali, ,socio-economici, estetici,<br />

ecc.).<br />

Si è cosi proceduto al<br />

campionamento ed all'analisi di<br />

due sezioni stratigrafiche scavate<br />

da Francovich nei due vani del<br />

cassero (I, 1 e II, c), per la<br />

descrizione completa delle quali si<br />

rinvia alla edizione di scavo.<br />

Cenni di paleogeografia<br />

Numerosi Autori, già da alcuni<br />

secoli, si sono interessati delle<br />

variazioni morfologiche avvenute<br />

nella pianura grossetana dai tempi<br />

geologici fino praticamente ai<br />

giorni nostri (cfr. in proposito<br />

Targioni Tozzetti l779; Repetti 1841;<br />

Merciai 1910; Mori 1932; Sestini<br />

1931; Rodolico 1945 e 1976;<br />

Guerrini 1961), in ordine sia<br />

all'evoluzione geologica di tutta<br />

l'area, sia alle modificazioni della<br />

linea di costa.<br />

Alla fine del Pliocene (circa<br />

1.000.000 di anni fa), l'attuale<br />

pianura grossetana costituiva un<br />

ampio golfo, che si addentrava per<br />

molti chilometri, fra rilievi isolati,<br />

dal litorale attuale fino verso<br />

Vetulonia, Ribolla, Batignano (tav.<br />

45).<br />

Successivamente, il progressivo<br />

ritiro del mare pliocenico, in<br />

seguito al sollevamento<br />

differenziale del fondo marino per<br />

uno spesso di circa 700 m (Sestini<br />

1931) (segnato attualmente dai<br />

depositi rinvenuti a quote via via<br />

1 Desideriamo esprimere un doveroso ringraziamento alla Dr.ssa Marta Mariotti, per la valida collaborazione<br />

prestataci su parte delle analisi microscopiche di palinologia.


decrescenti dall'Amiata verso la<br />

costa attuale), favoriva l'emersione<br />

di sempre nuove terre. L'emersione<br />

di queste terre e l'attività di<br />

sedimentazione dei principali corsi<br />

d'acqua della zona, e segnatamente<br />

dell'Ombrone (il cui bacino<br />

idrografico è caratterizzato da rocce<br />

di facile erodibilità), consentivano il<br />

graduale spostamento della linea di<br />

costa verso occidente, ma tutta la<br />

regione si presentava come una<br />

ampia palude in parte<br />

periodicamente sommersa dalle<br />

esondazioni dell'Ombrone, da cui<br />

emergevano qua e là piccole plaghe<br />

di terra, corrispondenti a situazioni<br />

geo1ogiche favorevoli (alti<br />

strutturali, culminazioni di pieghe).<br />

Mancano tuttora studi geologici di<br />

dettaglio relativi al sottosuolo della<br />

pianura grossetana. La sua<br />

formazione ed evoluzione,<br />

comunque, sono senza dubbio<br />

legate alla dinamica dell'Ombrone,<br />

l'unico vero fiume della zona.<br />

Durante il Quaternario, dunque,<br />

I'Ombrone avanzava distendendosi<br />

nella pianura circostante con<br />

ripetute esondazioni, nel corso<br />

delle quali depositava sedimenti<br />

spostando la sua foce sempre più<br />

verso occidente.<br />

A causa delle variazioni climatiche<br />

verificatesi durante tutto il<br />

Quaternario (Mancini 1962), non si<br />

potè però realizzare un vero e<br />

proprio risanamento naturale<br />

dell'ambiente palustre già descritto.<br />

Ripetute oscillazioni del livello del<br />

mare, durante i periodi<br />

interglaciali, dovettero provocare<br />

regressioni ed ingressioni marine,<br />

ultima delle quali in epoca<br />

tirreniana (circa 130.000 anni fa),<br />

lasciò una traccia ancora<br />

riconoscibile in alcuni depositi<br />

terrazzati che bordano qua e là le<br />

rocce prequaternarie (unita 2 di tav.<br />

45). È molto difficile indicare quali<br />

siano stati i successivi livelli del<br />

mare durante il Quaternario<br />

recente: dai dati che abbiamo, la<br />

variazione batimetrica potrebbe<br />

essere contenuta entro 70-100 metri<br />

(Sestini 1931). Secondo alcuni autori<br />

(Merciai 1910; Guerrini 1961), il<br />

mare ha occupato fino a tempi<br />

recenti gran parte dell'attuale<br />

pianura del basso Ombrone, e tale<br />

situazione morfologica si protrasse<br />

fino ai tempi storici, e più<br />

precisamente fino a 200-2500 anni<br />

fa: il Lacus Prilius (lago di<br />

Castiglione nei documenti del 1800)<br />

è documentato accessibile dal mare<br />

fino al I sec. a. C. (Plinio il Giovane,<br />

Epistole, V, 6). È più probabile che a<br />

quel tempo la zona fosse<br />

caratterizzata da un paesaggio<br />

lagunare o palustre “con isolotti,<br />

punte sabbiose e argillose”<br />

(Guerrini 1961).<br />

II processo d'impaludamento e<br />

colmata dell'insenatura marina,<br />

protrattosi dunque fino in epoca<br />

storica, avveniva per mezzo degli<br />

apporti solidi dell'Ombrone e<br />

secondariamente della Bruna. Tali<br />

apporti erano, dimensionalmente,<br />

luogo a luogo diversi, a seconda<br />

dell'intensità delle piene: nella<br />

attuale pianura grossetana alcune<br />

plaghe risultano perciò più<br />

argillose (unità 5 di tav. 45), altre<br />

prevalentemente sabbiose (unità 6<br />

di tav. 45), altre ancora sono<br />

prevalentemente ghiaiose (unità 7<br />

di tav. 45). Nelle zone<br />

morfologicamente depresse e<br />

maggiormente soggette ad<br />

impaludamento, in tempi molto


ecenti sono state effettuate<br />

bonifiche tramite prosciugamento e<br />

colmata. Si tratta di sedimenti per<br />

lo più assai fini e soffici, spesso<br />

sovrastanti a livelli torbosi (unità 8<br />

di tav. 45).<br />

Non è dato sapere con precisione a<br />

quando risalga l'avvento dell'uomo<br />

nella zona, fatto è che i primi<br />

insediamenti urbani documentati<br />

(VII-VI sec. a. C.) non avvennero in<br />

pianura, ma sulle colline circostanti<br />

(Vetulonia, Roselle), più salubri e<br />

sicure rispetto alla malsana valle<br />

d'Ombrone. Dalle colline, in seguito<br />

alle prime opere di bonifica<br />

etrusche e romane, pur nell'altalena<br />

di vicende militari e politiche, partì<br />

la colonizzazione della pianura<br />

divenuta fertile ed ospitale, che si<br />

protrasse fino all'età imperiale<br />

(Rodolico 1976).<br />

Per quanto riguarda il paesaggio<br />

vegetale, possiamo ritenere che fino<br />

dal periodo etrusco esistessero, in<br />

Toscana, due diversi tipi di<br />

paesaggio, quello della zona<br />

mediterranea (caratterizzato dalla<br />

tipica “macchia”, con leccio, alloro,<br />

corbezzolo, lentisco, mirto, lillastro,<br />

cisto,ecc.) e quello della zona<br />

“silvatica” (Negri, 1927), cioè della<br />

foresta montana (boschi di faggio,<br />

castagno, quercia, ecc.). Si tratta in<br />

entrambi i casi di consorzi<br />

caratteristici che mantengono<br />

ancora almeno in alcune zone meno<br />

disturbate, la composizione<br />

essenziale di una vegetazione<br />

sviluppatasi al di fuori<br />

dell'influenza umana.<br />

Tra le due fasce vegetazionali si<br />

può collocare la zona delle pianure<br />

alluvionali e delle basse colline,<br />

caratterizzata da un'utilizzazione<br />

del suolo tipicamente agricola,<br />

essendo tale ambiente più<br />

facilmente accessibile alle<br />

popolazioni, sia dal punto di vista<br />

delle comunicazioni, sia per la<br />

migliore attitudine del terreno, che<br />

per l'incidenza favorevole del<br />

clima.<br />

Con la decadenza di Roma e le<br />

invasioni barbariche, il popoloso e<br />

salubre territorio costiero divenne<br />

una plaga abbandonata dalla<br />

popolazione, preda della malaria<br />

(“gravis et pestilens” la definisce<br />

Plinio il Giovane in Epistole, V, 6),<br />

“anche per la sopravvenuta incuria<br />

nella manutenzione dei porti, dei<br />

canali, delle acque in genere”.<br />

Rodolico, 1976).<br />

Pochi centri urbani sopravvissero a<br />

questa situazione, fino al generale<br />

rifiorire delle città che caratterizzò<br />

l'età comunale: fra questi centri era<br />

Grosseto, dal 1138 divenuta sede<br />

vescovile a danno di Roselle, e<br />

quindi eletta a civitas in luogo del<br />

modesto insediamento d'età altomedievale.<br />

Il Primo insediamento, nucleo della<br />

futura città di Grosseto, avvenne<br />

verosimilmente in un'area<br />

strutturalmente elevata, su un<br />

terrazzo alluvionale sabbiosoghiaioso<br />

alto da 2 a 5-6 m sulla<br />

pianura circostante: maggiori<br />

dovevano essere, in tale posizione,<br />

la sicurezza e la salubrità rispetto<br />

alle basse terre circostanti. Il borgo<br />

si espanse poi fino nella adiacente<br />

pianura bonificata, dove sorse poi il<br />

cassero, oggetto dell'indagine<br />

archeologica.<br />

Metodi di studio<br />

Per ciascuna sezione stratigrafica<br />

sono state condotte osservazioni di


campagna concernenti gli aspetti<br />

morfologici ed i rapporti di<br />

giacitura tra i singoli livelli.<br />

Sulla base di queste osservazioni è<br />

stata quindi eseguita una<br />

campionatura non “strato per<br />

strato” (per la descrizione completa<br />

della stratigrafia si rinvia alla parte<br />

curata dall'équipe archeologica),<br />

bensì limitatamente a campioni<br />

degli strati più antichi vissuti e del<br />

sottostante terreno<br />

archeologicamente sterile, poiché in<br />

questo tipo di studio i materiali di<br />

accumulo e riempimento<br />

interessano solo marginalmente,<br />

per quanto attiene alla<br />

identificazione della possibile cava<br />

di prestito dei materiali stessi. Fra<br />

l'altro, il rimaneggiamento subito<br />

dai materiali ad opera dei ripetuti<br />

interventi antropici (riempimento<br />

di depressioni con materiali di<br />

riporto, eliminazione di dislivelli,<br />

dissodamenti e sistemazioni<br />

agrarie, compattazione dei<br />

materiali) e naturali (incendi,<br />

alluvioni, variazioni climatiche e<br />

chimico-fisiche) sull'ambiente<br />

determina particolari difficoltà in<br />

questo tipo di lavoro, per quanto<br />

riguarda sia certi aspetti<br />

sedimentologici che lo stato di<br />

conservazione dei granuli pollinici.<br />

Ci siamo trovati ad esaminare<br />

materiale pollinologico depositato<br />

in sedimenti il cui pH oscilla verso<br />

valori decisamente alcalini (cfr.<br />

risultati analitici). Questa<br />

particolare caratteristica del terreno<br />

ha influito in modo negativo sulla<br />

conservazione di granuli di polline<br />

che notoriamente, a causa della<br />

natura chimica della<br />

sporopollenina, principale<br />

componente dello strato esterno<br />

della loro parete (esina), meglio si<br />

conservano in ambienti a carattere<br />

decisamente acido. Va ricordato<br />

inoltre che lo stato di cattiva<br />

conservazione dell'esina rende<br />

particolarmente difficile il<br />

riconoscimento dei granuli in<br />

quanto sono proprio le<br />

sculturazioni e la struttura di tale<br />

strato a fornire caratteri di grande<br />

valore diagnostico.<br />

I campioni raccolti sono stati<br />

setacciati con setaccio a maglie di 2<br />

mm., onde separare la frazione<br />

grossolana (“scheletro”) dalla terra<br />

fine.<br />

La frazione grossolana è risultata<br />

quantitativamente e<br />

qualitativamente assai modesta in<br />

tutti i campioni prelevati<br />

(frammenti di laterizi, concrezioni<br />

carbonatiche, concrezioni ferromanganesifere,<br />

piccoli granuli di<br />

rocce calcaree) e non ha fornito<br />

indicazioni di particolare rilievo.<br />

Sul setacciato a 2 mm sono state<br />

condotte analisi fisiche e chimiche<br />

ed osservazioni microscopiche<br />

volte a precisare sia l'ambiente<br />

chimico-fisico (pH, tessitura, % di<br />

carbonati) che quello naturale,<br />

sostanza organica e spettro<br />

pollinico) in cui il materiale in<br />

studio si è depositato ed evoluto.<br />

Analisi microscopiche<br />

La tecnica impiegata per la<br />

preparazione del materiale per le<br />

osservazioni microscopiche si è<br />

basata sul metodo dell'HF a freddo<br />

(Bertolani Marchetti, 1960) e<br />

successiva identificazione dei<br />

granuli utilizzando materiale fresco<br />

di confronto, presente nella<br />

pollinoteca del Museo Botanico


dell'Università di Firenze, oltre a<br />

testi sistematici di palinologia<br />

(Erdtman, 1943, 1957, 1966; Hyde-<br />

Adams 1965). Lo studio<br />

microscopico di tali granuli è stata<br />

condotta usando l'ingrandimento<br />

400x per la loro individuazione, e<br />

ingrandimenti superiori per il<br />

riconoscimento. Tutti i campioni,<br />

per i motivi sono già esposti si sono<br />

presentati assai poveri di granuli di<br />

polline, per cui l'indice di frequenza<br />

pollinica (rapporto tra il numero di<br />

granuli e quello di vetrini osservati)<br />

ha raggiunto valori assai modesti.<br />

Analisi della terra fine<br />

Su circa 50 gr. ottenuti per<br />

quartatura dal setacciato a 2 mm<br />

sono stati determinati i seguenti<br />

parametri:<br />

colore (secondo le tavole Munsell);<br />

acidità ( pH in acqua con<br />

potenziometro Metrohom);<br />

tessitura (% di sabbia, limo, argilla;<br />

metodo della pipetta);<br />

% di carbonio totale e di sostanza<br />

organica (metodo Walkley-Black);<br />

calcimetria (% di carbonati, con<br />

calcimetro Scheibler).<br />

Risultati<br />

STANZA II<br />

Questo vano è caratterizzato, nella<br />

sua parte inferiore, da una<br />

successione di strati [(30)-(3l)-(32)-<br />

(33)-(34) che - seppur in parte<br />

vissuti - si configurano come il<br />

prodotto dell'evoluzione di un<br />

sedimento di franca origine<br />

alluvionale. Descriviamo la<br />

successione degli strati, rinviando<br />

al successivo paragrafo ogni ipotesi<br />

sulla loro <strong>genesi</strong>.<br />

Strato 30 (tav. 41) - limite inferiore<br />

diffuso; struttura prismatica;<br />

tessitura argilloso-limosa; poco<br />

umido, adesivo; scheletro assente;<br />

drenaggio lento; concrezioni<br />

carbonatiche abbondanti, grosse,<br />

dure; concrezioni di ferromanganese<br />

scarse, piccole, dure;<br />

carbonati abbondanti pH (lab.) 8,05;<br />

colore bruno oliva chiaro (2,5y 5/4).<br />

Strato (31) (tav. 41) - limite inferiore<br />

netto; struttura prismatica, tessitura<br />

franco argillosa; poco umido,<br />

adesivo; scheletro molto scarso<br />

(frammenti di laterizi); drenaggio<br />

lento; concrezioni carbonatiche<br />

abbondanti; grosse, dure;<br />

concrezioni di ferro-manganese<br />

comuni, piccole, dure; carbonati<br />

abbondanti; pH (lab.) 7,95; colore<br />

bruno oliva (2,5y 4/3); frammenti<br />

di carbone.<br />

Strato (32) (tav. 41) - limite inferiore<br />

netto; struttura poliedrica angolare<br />

fine; tessitura franco-limosoargillosa;<br />

poco umido, adesivo e<br />

plastico; scheletro assente;<br />

drenaggio lento; concrezioni di<br />

ferro-manganese comuni, piccole,<br />

dure; facce di pressione e<br />

rivestimenti comuni; carbonati<br />

assenti; pH (lab.) 7,75; colore oliva<br />

(5y 4/3).<br />

Strato (33) (tav. 41) limite inferiore<br />

diffuso; struttura prismatica debole;<br />

tessitura argilloso-limosa; poco<br />

umido, adesivo; scheletro molto<br />

scarso, piccolo; drenaggio lento;<br />

concrezioni carbonatiche comuni,<br />

grosse, dure; concrezioni di ferromanganese<br />

scarse, piccole, dure;


carbonati assenti; pH (lab.) 7,50;<br />

colore bruno oliva (2,5y 4/3).<br />

Strato (34) (tav. 41) massivo, umido,<br />

adesivo; tessitura argillosa; privo di<br />

scheletro; drenaggio lento;<br />

concrezioni carbonatiche scarse,<br />

piccole, dure; screziature e patine di<br />

ferro-manganese comuni; carbonati<br />

scarsi; pH (lab.) 7,70; colore brunogiallastro<br />

(10yR 5/4) e giallo<br />

brunastro (10yR 6/6). L'analisi<br />

chimica e microscopica ha dato i<br />

risultati riportati in tabella 6.<br />

I dati ottenuti suggeriscono alcune<br />

considerazioni interessanti. La<br />

granulometria fine, caratteristica di<br />

tutti gli strati, è tipica di materiali<br />

evolutisi da sedimenti limosoargillosi<br />

propri della fase di stanca<br />

di una esondazione fluviale (alla<br />

caduta di velocità della corrente fa<br />

riscontro un aumento nella<br />

deposizione del materiale, via via<br />

più fine, dall'asta fluviale verso il<br />

margine della pianura, sia essa<br />

naturale (alluvione) che provocata<br />

artificialmente (colmata).<br />

Il valore del pH (subalcalino) e la<br />

distribuzione % di CaCO3,<br />

decrescenti nei tre orizzonti vissuti<br />

e all'incirca costanti negli orizzonti<br />

sterili, danno ragione<br />

dell'abbondanza di carbonati, sia<br />

liberi che in concrezioni,<br />

determinata in campagna nei livelli<br />

più superficiali, mentre in quelli<br />

più profondi i carbonati sono<br />

pressoché assenti. La distribuzione<br />

del C totale e della sostanza<br />

organica mostra un accumulo nello<br />

strato (31) (in cui sono stati<br />

osservati frammenti di carbone),<br />

rispetto al 30, Mentre negli strati<br />

più profondi si ha un leggero<br />

decremento: è verosimile che con la<br />

profondità si abbia la cessazione<br />

dell'influenza antropica e con essa<br />

un livellamento del tenore di C e di<br />

S.O, su valori più o meno costanti,<br />

inferiori agli orizzonti antropizzati.<br />

Per quanto riguarda le analisi<br />

polliniche, si hanno differenze<br />

sensibili tra lo strato 30 ed i<br />

sottostanti.<br />

Fra le essenze arboree infatti,<br />

mentre questo è caratterizzato da<br />

una presenza sporadica di Pino [cfr.<br />

Pinus pinaster (cfr. tav. XXXII) e P.<br />

Pinea], negli strati sottostanti [(3l)e<br />

(32)] si può constatare un notevole<br />

incremento di questa entità, cui si<br />

associano Carpino e Quercia. Nello<br />

strato archeologicamente sterile (33)<br />

si osserva un nuovo decremento di<br />

Pino e Carpino, mentre la Quercia<br />

scompare.<br />

Fra le essenze erbacee, lo strato<br />

superficiale (30) è caratterizzato<br />

dalla presenza di graminacee<br />

coltivate (entità, queste, che non si<br />

riscontrano negli altri strati),<br />

associate con entità spontanee che<br />

si ritrovano negli strati sottostanti e<br />

potrebbero essere considerate<br />

elementi di un consorzio vegetale<br />

identificabile come una macchia<br />

mediterranea [Oleacee (cfr.<br />

Phillyrea), Ginepro, Ericacee (cfr.<br />

tav. XXXII)]. Lo strato (33) presenta<br />

invece graminacee spontanee, ma<br />

caratteristiche di ambienti di tipo<br />

palustre (cfr. Phraymites australis)<br />

associate con chenopodiacee di<br />

ambiente idrofilo salmastro (cfr.<br />

Salicornia erbacea) ed altre entità<br />

caratteristiche di ambienti più<br />

asciutti, quali Ericacee, Composite e<br />

Ginepro.


STANZA I<br />

Questo vano è caratterizzato, da<br />

una successione di strati contenenti<br />

reperti archeologici: nello scavo si è<br />

giunti ad intaccare il terreno<br />

archeologicamente sterile senza<br />

peraltro poter eseguire il<br />

campionamento. Le nostre<br />

osservazioni saranno perciò relative<br />

essenzialmente all'identificazione<br />

della possibile località di<br />

provenienza dei materiali, senza<br />

tuttavia trascurare aspetti genetici<br />

ed evolutivi.<br />

Ecco la descrizione di campagna<br />

degli strati campionati.<br />

Strato (34) (tav. 6) - limite inferiore<br />

netto; massivo, asciutto; tessitura<br />

argilloso-limosa, scheletro assente;<br />

drenaggio lento; concrezioni<br />

carbonatiche abbondanti, medie e<br />

piccole, dure; carbonati abbondanti;<br />

pH (lab.) 8,25; colore bruno<br />

giallastro chiaro (2,5y 6/4).<br />

Strato (51) (tav. 6) - limite inferiore<br />

netto; massivo, asciutto; tessitura<br />

argillosa;<br />

scheletro scarso; drenaggio lento;<br />

concrezioni carbonatiche<br />

abbondanti, piccole e medie, dure;<br />

concrezioni ferro-manganesifere<br />

scarse, piccole, dure; carbonati<br />

abbondanti; pH (lab.) 7,98; colore<br />

bruno giallastro (10yR 5/4).<br />

Strato (56) (tav. 6) - limite inferiore<br />

netto; massivo, asciutto; tessitura<br />

argilloso-limosa; scheletro molto<br />

scarso; drenaggio lento; concrezioni<br />

carbonatiche comuni, piccole, dure;<br />

carbonati abbondanti; pH (lab.)<br />

8,18; colore giallo pallido (2,5y 7/4).<br />

Strato (38) (tav. 6) - limite inferiore<br />

diffuso; massivo, asciutto; tessitura<br />

argilloso-limosa, scheletro<br />

abbondante, piccolo; drenaggio<br />

lento; concrezioni carbonatiche<br />

comuni, piccole e medie, dure;<br />

concrezioni ferro-manganesifere<br />

scarse, piccole, dure; carbonati<br />

abbondanti; pH (lab.) 8,22; colore<br />

bruno giallastro (10yR 5/4).<br />

Lo strato (38) va considerato a<br />

latere, in quanto costituisce un<br />

elemento architettonico (“muro<br />

pisé”, cfr. relazione di scavo) e<br />

pertanto non è parte integrante<br />

della stratigrafia della sezione.<br />

Eccone la descrizione di campagna:<br />

Srato (38) (tav. 6) - massivo;<br />

asciutto; tessitura argilloso-limosa,<br />

scheletro comune, piccolo;<br />

drenaggio normale; privo di<br />

concrezioni; sostanza organica<br />

abbondante; carbonati abbondanti;<br />

pH (lab.) 8,20; colore bruno oliva<br />

chiaro (2,5y 5/4).<br />

L'analisi chimica e microscopica ha<br />

dato i risultati importati in tabella 7.<br />

I dati analitici mostrano una<br />

notevole omogeneità sia per quanto<br />

riguarda la tessitura (fine o molto<br />

fine), sia per i valori di pH (tutti<br />

subalcalini intorno al valore 8), sia<br />

per l'alto contenuto in carbonati;<br />

unico dato non omogeneo è la % di<br />

C. e S.O., che nello strato più<br />

superficiale è notevolmente più<br />

bassa che in profondità.<br />

Per quanto concerne le analisi<br />

polliniche si possono riscontrare<br />

sensibili differenze tra gli strati<br />

superiori ( (34) e(51) ) e quelli<br />

successivi ( (56) e (58) ).<br />

Considerando le essenze arboree, si<br />

può rilevare che in ambedue questi<br />

strati (34 e 51) si riscontra una<br />

diffusa presenza di Pino, Carpino,<br />

Quercia,mentre I'Olmo compare<br />

sporadicamente solo nello strato


(51) ed il Tiglio nello strato (34).<br />

Negli strati inferiori invece le<br />

arboree subiscono una netta<br />

differenza: difatti è da rilevare solo<br />

la presenza di granuli appartenenti<br />

al genere Quercus che si presentano<br />

più abbondanti nello strato 58. Tra<br />

le essenze erbacee invece si assiste,<br />

pur con una incidenza variabile, ad<br />

una presenza pressoché costante<br />

delle stesse entità, fra cui possiamo<br />

ricordare Graminacee,<br />

Chenopodiacee, Composite,<br />

Cariofillacee ecc., mentre Oleacee<br />

Plumbaginacee e Ginepro appaiono<br />

saltuariamente solo in alcuni strati.<br />

Nello strato (38) infine le entità<br />

arboree sono presenti in<br />

abbondanza e sono rappresentate<br />

nell'ordine:da Pino, Carpino,<br />

Quercia, Olmo e Nocciolo. Tra<br />

erbacee notevole la presenza di<br />

graminacee non coltivate, di<br />

erbacee indeterminate e di<br />

composite, mentre con valori<br />

minori sono presenti<br />

Chenopodiacee, Oleacee,<br />

Cariofillacee e Ginepro.<br />

In particolare la notevole ricchezza<br />

di granuli di Pino (Domestico e<br />

Marittimo), accompagnata da una<br />

discreta presenza di Graminacee<br />

spontanee (verosimilmente tipo<br />

Lagurus, Aegilops, Brachypodium,<br />

Agropyrum ecc.) inducono a<br />

ipotizzare di trovarsi in un<br />

ambiente pressoché analogo a<br />

quello delle attuali pinere costiere,<br />

o ai suoi margini.<br />

Conclusioni<br />

Non c'è dubbio che l'evoluzione del<br />

paesaggio nella pianura grossetana<br />

sia legato al succedersi di episodi<br />

alluvionali naturali e/o provocati,<br />

che si sono verificati fino a pochi<br />

decenni orsono,e tutt'ora si<br />

ripetono. Tale successione ha<br />

determinato la formazione di una<br />

serie sedimentaria prevalentemente<br />

argillosa su cui si è impostata una<br />

bisequenza pedologica<br />

(esemplificata nella successione<br />

degli strati (30), (31), (32), (33), (34)<br />

della stanza II).<br />

Questa bisequenza è probabilmente<br />

frutto di due episodi di pedo<strong>genesi</strong><br />

impostatisi su due diversi depositi<br />

alluvionali (identificabili con gli<br />

strati (34) e (32 ).<br />

Lo strato (34) costituisce il substrato<br />

pedogenetico della sequenza<br />

inferiore, mentre il tetto dello strato<br />

(32) segnala discontinuità tra le due<br />

sequenze. Potrebbe trattarsi di un<br />

suolo calcareo a profilo<br />

mediamente differenziato (Ruellan<br />

1973), sviluppatosi su sedimenti<br />

argilloso-limosi ricchi in carbonato<br />

di calcio, in seguito a fenomeni di<br />

lisciviazione da parte delle acque<br />

circolanti come indicano<br />

l'abbondanza di concrezioni<br />

carbonatiche e la presenza di<br />

notevoli quantità di granuli di Pino<br />

(cfr. marittimo) essenza che<br />

dimostra tolleranza per terreni<br />

calcarei in particolare sciolti e<br />

lisciati. Tale suolo potrebbe essere<br />

stato sepolto per l'arrivo di<br />

materiale fine portato da una nuova<br />

esondazione, come indicherebbero<br />

certi caratteri dello strato (32).<br />

Questi sedimenti si sarebbero poi<br />

evoluti nello stesso senso dei<br />

sottostanti.<br />

A questo proposito bisogna notare<br />

che i fenomeni di pedo<strong>genesi</strong> si<br />

verificano anche attualmente, in<br />

Maremma, con una notevole<br />

rapidità e per un discreto arco


dell'anno (in media 6-7 mesi), date<br />

le favorevoli condizioni di<br />

temperatura e umidità (Mancini<br />

1965). La successione degli eventi<br />

che ha condotto il sedimento verso<br />

l'evoluzione pedogenetica indicata,<br />

ed il passaggio vegetale che ne<br />

deriva, potrebbe essere dunque la<br />

seguente: esondazioni ricorrenti<br />

dell'Ombrone, in tempi preistorici,<br />

con formazione di una pianura<br />

alluvionale soggetta a frequenti<br />

sommersioni; paesaggio<br />

caratterizzato da vegetazione di<br />

tipo palustre (strati (34) e (33) ).<br />

L'ambiente naturale originario, in<br />

questa fase, doveva essere<br />

caratterizzata dalla presenza di<br />

lame d'acqua con entità di tipo<br />

palustre (come sembrerebbe<br />

indicare il ritrovamento di granuli<br />

di graminacee e chenopodiacee<br />

caratteristiche di questo ambiente);<br />

del resto esistono ancora oggi nella<br />

zona piccoli specchi d'acqua con<br />

analogo aspetto (Burano, Lago<br />

Acquato, Lagaccioli, Lago Scuro,<br />

ecc.) (tav. XXXI).<br />

Pedo<strong>genesi</strong> dei sedimenti<br />

alluvionali, durante le fasi di ritiro<br />

delle acque; formazione di orizzonti<br />

di suolo ricchi di concrezioni<br />

carbonatiche (“cecino”), comparsa<br />

di elementi vegetali più mesofili<br />

quali Carpino e Quercia (cfr.<br />

Farnia).<br />

Nuovo episodio alluvionale e<br />

successiva bonifica (strato (32);<br />

diffusione di una vegetazione tipica<br />

di ambiente più asciutto [Pino,<br />

Quercia, (cfr. Leccio; tav. XXXII)<br />

Fillirea, Ginepro] (strato (31) ).<br />

Siamo dunque giunti ad una<br />

situazione paesaggistica analoga a<br />

quella attuale (ovviamente<br />

naturale) tramite il graduale<br />

evolversi della vegetazione<br />

dall'ambiente palustre a quello<br />

della pineta e della macchia<br />

mediterranea.<br />

In epoca ormai storica, in tale<br />

ambiente, si verifica l'insediamento<br />

dell'uomo (IX secolo) che bonifica,<br />

disbosca, dissoda e mette a coltura i<br />

terreni più facilmente accessibili:<br />

cosi, al margine della<br />

pineta/macchia compaiono le<br />

prime piante coltivate (cereali<br />

inferiori tipo miglio, panico, sorgo,<br />

(cfr. tav. XXXII) segale, orzo, ecc.)<br />

insieme con entità spontanee (strato<br />

30). Da questo momento in poi si<br />

assiste all'evoluzione dell'originario<br />

insediamento umano verso una<br />

struttura urbana che, pur con il<br />

verificarsi di episodi alluvionali<br />

anche gravi, come provato dalla<br />

scarsità di reperti archeologici nello<br />

strato (30) (e documentati in epoca<br />

storica), conduce alla definitiva<br />

affermazione della città di Grosseto<br />

(divenuta Sede Vescovile dal 1138)<br />

rispetto alle sedi vicine.<br />

Tale affermarsi fu certamente<br />

favorito anche dall'avanzamento<br />

progressivo, verso occidente, della<br />

linea di costa, come documentato<br />

nei secoli XII e XVI (cfr. tav. 45).<br />

Abbiamo così tentato di delineare le<br />

più antiche e le più recenti forme<br />

del paesaggio della piana<br />

d'Ombrone: ci auguriamo di non<br />

dover tornare,tra breve, ad<br />

illustrarne nuovi aspetti legati alla<br />

sfrenata urbanizzazione di tutta la<br />

Maremma (specialmente sulle fasce<br />

litoranee), di cui già si intravedono<br />

gli effetti nello sconvolgimento<br />

dell'architettura del paesaggio,delle<br />

sue antiche forme e nella<br />

degradazione dell'ambiente<br />

naturale.


Paolo Paoli * - Giovanna Cellai Ciuffi<br />

** - Claudio Bini **<br />

BIBLIGRAFIA CONSULTATA<br />

Y. Batoni Da Roit 1971, Ricerche<br />

sulla vegetazione dell'Etruria XIV:<br />

Flora e vegetazione del promontorio di<br />

Piombino, “Webbia” 25 (2), pp. 521-<br />

588.<br />

D. Bertolani Marchetti 1960, Metodo<br />

di preparazione di sedimenti per<br />

I'analisi pollinologica, in Atti Soc.<br />

Nat. e Matem., Modena, p. 91.<br />

* Museo Botanico dell'Università<br />

degli Studi di Firenze. Pubbl. n. 15<br />

del Museo.<br />

** Orto Botanico dell'Università<br />

degli Studi di Firenze. Pubb. n. 7<br />

dell'Orto.<br />

*** Istituto di Geopedologia e<br />

Geologia Applicata . Fac. di Agraria<br />

- Univ. di Firenze. Pubbl. n. 65 del<br />

Centro di studio per la Genesi,<br />

Classificazione e Cartografia del<br />

Suolo, Firenze.<br />

R. Corti 1955, Ricerche sulla<br />

vegetazione dell'Etruria X: Aspetti<br />

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selva pisana di S. Rossore e<br />

I'importanza<br />

di questa formazione relitta per la<br />

storia della vegetazione mediterranea,<br />

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E. Francini 1936, Ricerche sulla<br />

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geol. e geogr. di G. Dainelli, vol. II<br />

G. Targioni Tozzetti 1779, Relazioni<br />

d'alcuni viaggi fatti in diverse parti<br />

della Toscana, vol. IV, Firenze.<br />

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Documenti per la storia della<br />

vegetazione della Toscana e del Lazio,<br />

“N, Giorn. Bot.- Ital.”, n.s., 67 (4),<br />

pp. 199-244.<br />

A. Zuccagni Orlandini 1832, Atlante<br />

geografico, fisico e storico del<br />

Granducato di Toscana. Tav. XVIII:<br />

“Valle inferiore dell'Ombrone e<br />

Valli minori adiacenti”

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