gino chierici 'inventore' di “materia cimitile” - La scuola di Pitagora ...
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E’<br />
GINO CHIERICI ‘INVENTORE’ DI “MATERIA CIMITILE”<br />
IL MITO ROMA «FRUTTO DELL’ESPERIENZA COLLETTIVA FISSATASI NELLA TRADIZIONE»<br />
<strong>di</strong> SAVERIO CARILLO<br />
certamente assai cospicua l’occasione dell’anniversario dei cinquant’anni dalla<br />
morte <strong>di</strong> Gino Chierici per non offrire, ancorché brevemente, un tributo interpretativo<br />
dell’opera e del pensiero <strong>di</strong> questo interessante e notevole intellettuale italiano.<br />
Lo è maggiormente se si fa memoria <strong>di</strong> quanto e <strong>di</strong> come lo stu<strong>di</strong>oso sia da<br />
ritenere, in buona sostanza, l’inventore <strong>di</strong> Cimitile quale ‘materia <strong>di</strong> conservazione e<br />
<strong>di</strong> cultura archeologica’. Chierici, dunque quale inventore <strong>di</strong> Materia Cimitile.<br />
Naturalmente la stringata nota che si va a compilare non può tenere conto dei tanti<br />
contributi e giu<strong>di</strong>zi che in oltre settant’anni, dai primi interventi del soprintendente<br />
nel Complesso definito la Pompei cristiana, si sono stratificati talvolta con accenti lusinghieri<br />
talaltra con non celate e sollecite stigmatizzazioni sull’operatore e sulle sue<br />
realizzazioni. Tuttavia, anche nei, teoricamente corretti, rilievi mossi all’attività del<br />
grande restauratore sembrano sussistere tracce <strong>di</strong> sclerotizzati percorsi storiografici:<br />
molte volte puntuali nei riman<strong>di</strong> ideologici e, contemporaneamente, ‘<strong>di</strong>sarmanti’ sul<br />
piano intellettuale per la sostanziale ignoranza del <strong>di</strong>battito cogente proprio del lasso<br />
<strong>di</strong> tempo in cui si manifestava l’operosità dell’architetto pisano. Chi scrive ha anche<br />
provato ad introdurre nel <strong>di</strong>battito più largo della cultura del restauro italiano dei<br />
primi decenni del Novecento una serie <strong>di</strong> temi complessi per i quali, secondo visuali<br />
d’indagine altri, si potevano leggere interventi che, altrimenti, sarebbero sembrati incongrui<br />
o fuori contesto e, tuttavia non sempre, sembra ci sia stata accoglienza e <strong>di</strong>alettica<br />
<strong>di</strong>sponibilità a comprenderne, appieno, la portata innovatrice. Aver introdotto,<br />
ad esempio, i temi del <strong>di</strong>battito liturgico, propri della cultura europea degli inizi del<br />
XX secolo, nell’impegno dei restauratori è sembrato voler dare una lettura confessionale<br />
all’impiego professionale degli stessi. Parimenti, ancora il taglio storiografico dato<br />
sarebbe stato anche letto quale esclusiva cifra <strong>di</strong>stintiva delle scelte ideologiche dello<br />
scrivente. È, in realtà, alquanto improduttivo e fuorviante considerare il lavoro altrui<br />
motivato solo da in<strong>di</strong>rizzi ideologici e non provare a coglierne la sostanziale portata<br />
che, <strong>di</strong> fatto, trasforma in larga parte i giu<strong>di</strong>zi consolidati, specie quelli prodotti nelle<br />
sistematizzazioni storiografiche <strong>di</strong>sciplinari degli anni sessanta e settanta del Novecento.<br />
Potrebbe essere vera l’obiezione per la quale non tutti i monumenti sono chiese;<br />
certamente vera è, però la considerazione secondo cui, negli anni Trenta, il monumento<br />
per antonomasia era la chiesa. D’altra parte non è raro incorrere nell’incultura
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Gino Chierici <strong>'inventore'</strong> <strong>di</strong> "Materia Cimitile"<br />
religiosa <strong>di</strong> tanti stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> architettura per i quali ad esempio il sostantivo ‘cattedrale’<br />
può essere in<strong>di</strong>fferentemente usato ad in<strong>di</strong>care più chiese nella stessa <strong>di</strong>ocesi o<br />
come sinonimo generico <strong>di</strong> basilica, anche per un aula liturgica pertinente un or<strong>di</strong>ne<br />
conventuale; … per non parlare poi delle abbreviazioni dei plurali che vengono confusi<br />
con superlativi assoluti laddove nell’esperienza cristiana il superlativo si adopera<br />
esclusivamente per l’Unico Assoluto.<br />
Su Chierici restauratore 1 gli stu<strong>di</strong>osi si sono intrattenuti, talvolta con dovizia <strong>di</strong> notizie,<br />
circa l’impiego dei nuovi ritrovati e mostrando anche la ‘spettacolarità’ dei pro<strong>di</strong>gi<br />
tecnici a cui il restauro approdava, rare volte ci si è apprestati a verificare le motivazioni<br />
degli interventi, sciogliendo simili esperienze nello scenario <strong>di</strong> tardo positivismo<br />
del ‘restauro scientifico’. Il profilo che ne delineò Carlo Ceschi propose un legame<br />
tra l’architetto toscano e Alfonso Rubbiani il grande intellettuale cattolico bolognese<br />
che aveva sostenuto la ripresa delle tendenze me<strong>di</strong>evalistiche nei restauri degli<br />
e<strong>di</strong>fici storici della città. Si trattava secondo Ceschi <strong>di</strong> riconoscere come Rubbiani<br />
avesse potuto in<strong>di</strong>rizzare gli stu<strong>di</strong> verso l’architettura storica nel giovane pisano, supposizione<br />
questa, forse giustificata dalla ra<strong>di</strong>ce ideologica che attraversava in filigrana<br />
l’impegno <strong>di</strong> tutti e tre gli operatori culturali 2 . <strong>La</strong> comune tra<strong>di</strong>zione spirituale, <strong>di</strong>venta<br />
una sorta <strong>di</strong> filo rosso per la comprensione degli orientamenti del restauro <strong>di</strong><br />
prima e dopo il secondo conflitto mon<strong>di</strong>ale giacché permetterebbe <strong>di</strong> comprendere<br />
vicissitu<strong>di</strong>ni particolari vissute dai professionisti del restauro.. L’attenzione al Me<strong>di</strong>oevo<br />
<strong>di</strong> Chierici potrebbe avere ragioni che si collocano, agevolmente, nel quadro <strong>di</strong> interessi<br />
della cultura architettonica italiana <strong>di</strong> inizio Novecento che, non immemore anche<br />
della lezione del Riegl dell’Industria artistica tardo romana 3 , provava a trovare, nel<br />
suo passato e anche nell’età seriore dell’impero fattori <strong>di</strong> continuità con la tra<strong>di</strong>zione<br />
classica. Non a caso tra gli aspetti più appariscenti delle ricerche archeologiche condotte<br />
da Chierici in generale e a Cimitile in particolare, figura proprio la traccia <strong>di</strong><br />
continuità dell’elemento romano nello scorrere del tempo dei primi secoli del Me-
Saverio Carillo<br />
<strong>di</strong>oevo 4 . L’attenzione all’esperienza antica e al valore testimoniale del ‘genio nazionale’,<br />
certamente sostenuta con ogni mezzo dalla propaganda e dell’approccio culturale dell’età<br />
fascista, nel contesto dell’impegno archeologico <strong>di</strong> Chierici, sembra contenere<br />
anche ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>fferenti e, sostanzialmente, <strong>di</strong> ben altra portata, documentate queste<br />
dalla profonda impronta lasciata, nella cultura regionale <strong>di</strong> Terra <strong>di</strong> <strong>La</strong>voro, fino a<br />
tutta la seconda metà del Novecento, dalla carismatica figura <strong>di</strong> quel soprintendente.<br />
In qualche misura quell’intellettuale raccolse, al suo avvento in Campania nel 1924<br />
e per il decennio <strong>di</strong> permanenza, l’ere<strong>di</strong>tà dell’elaborazione intellettuale neoguelfa che<br />
aveva avuto nel tardo Ottocento, nel napoletano, una delle sue più alte espressioni.<br />
Attraverso essa, in maniera utopistica, s’immaginava <strong>di</strong> conciliare l’idea della nuova<br />
nazione con le ra<strong>di</strong>ci religiose che avevano alimentato il progetto <strong>di</strong> nuovo Stato.<br />
Esplicito richiamo <strong>di</strong> ciò traspare dal profilo delineato da Antonio Bellucci che imme<strong>di</strong>atamente<br />
non rinuncia a trovare uno stretto cordone <strong>di</strong> continuità tra Chierici<br />
e l’archeologo Gennaro Aspreno Galante, sebbene, questo dotto canonico napoletano,<br />
alunno <strong>di</strong> Giovan Battista De Rossi, fosse morto un anno prima del trasferimento da<br />
Siena del funzionario <strong>di</strong> belle arti 5 . Ulteriore aspetto interessante che depone a favore<br />
dell’ipotesi <strong>di</strong> continuità dell’elemento romano nell’esperienza cristiana e che rende ragione<br />
anche degli appro<strong>di</strong> specifici a cui le ricerche archeologiche in regione avevano<br />
condotto si può trarre da una lettera <strong>di</strong> Demetrio Salazaro al sodale Gabriele Iannelli<br />
segretario della Commissione conservatrice <strong>di</strong> Terra <strong>di</strong> <strong>La</strong>voro. Già nel 1868 quell’ispettore<br />
scriveva: «Nella mia escursione artistica sempre più mi son convinto come<br />
nelle nostre province fu l’arte una continuazione più o meno feconda più o meno <strong>di</strong>stinta,<br />
ma non mancò mai dalla decadenza dell’impero al risorgimento dell’arte toscana.<br />
<strong>La</strong> <strong>scuola</strong> Bizantina, se pur così potrassi chiamare, nelle nostre contrade un attecchì<br />
mai, e non mancò, in ogni tempo coltivatori dell’arte italiana» 6 .<br />
<strong>La</strong> natura referenziale del reperto artistico che costituiva uno dei portati più cospicui<br />
della riflessione archeologica pre e post Unità trova, ancora negli anni successivi al<br />
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Gino Chierici <strong>'inventore'</strong> <strong>di</strong> "Materia Cimitile"<br />
primo conflitto mon<strong>di</strong>ale, nella realtà locale campana, argomentazioni ritenute valide,<br />
mutuando anche un passaggio e un’implicita ‘visione storiografica’.<br />
In buona sostanza lo scavare a Cimitile doveva rispondere a finalità interpretative già<br />
repertate dal progettista dei lavori <strong>di</strong> ricerca. Al riguardo mette conto dover considerare<br />
alcuni dei primi scritti de<strong>di</strong>cati al sito dove appaiono esplicite talune <strong>di</strong>scriminanti<br />
ideologiche a cui il restauratore non sembra voler rinunciare. Tra queste non<br />
secondario è l’aggettivo ‘paoliniano’ presente già nei titoli delle note a stampa 7 , teso<br />
ad illustrare una fase specifica, e sostanzialmente quella, <strong>di</strong> un monumento che si palesa<br />
quale complesso palinsesto <strong>di</strong> vicende umane. L’architetto appare premurato, già<br />
dai primi tempi, <strong>di</strong> connotare questo suo lavoro <strong>di</strong> una forte caratterizzazione ideologica<br />
tesa a sostenere, laddove possibile, e confermare, parti <strong>di</strong> riflessioni che, in quel<br />
tempo, svolgeva la società scientifica. Sotto questo profilo sembrano assai interessanti<br />
le deduzioni alle quali Chierici giunge nel momento in cui propone Paolino <strong>di</strong> Nola<br />
quale promotore <strong>di</strong> un rinnovamento della prassi e<strong>di</strong>lizia per gli e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> culto. Egli<br />
arriva, al riguardo, ad<strong>di</strong>rittura a considerare come il vescovo della città campana avesse<br />
recepito e trasposto in architettura la lezione del maestro e confratello nell’episcopato<br />
Ambrogio <strong>di</strong> Milano 8 . L’impegno <strong>di</strong> Chierici così si collega ad un atteggiamento che<br />
era proprio <strong>di</strong> un’intera generazione <strong>di</strong> ricercatori che, da dopo l’evento nefasto della<br />
guerra, continuava il compito archeologico ottocentesco della ‘costruzione’ <strong>di</strong> un’identità<br />
nazionale. L’elemento romano costituisce dunque un’intrigante traccia <strong>di</strong> ricerca<br />
per la comprensione degli sviluppi culturali che esso andava condensando soprattutto<br />
tra gli stu<strong>di</strong>osi italiani e, nello specifico, tra quelli de<strong>di</strong>ti alle <strong>di</strong>scipline storiche. Non<br />
è possibile trascurare altresì il carattere tutto ideologico che assumeva il ricorso alla<br />
tra<strong>di</strong>zione nazionale soprattutto nella interpretazione -derivata piuttosto dal pensiero<br />
neoguelfo che dalla retorica fascista-, dell’antichità e dell’Impero in chiave “cristiana”;<br />
nello specifico occorre puntualizzare che se in seguito Chierici si palesa <strong>di</strong>staccato da<br />
tale in<strong>di</strong>rizzo, a fronte <strong>di</strong> ragioni <strong>di</strong> opportunità, esso è invece, ad esempio, perse-
Saverio Carillo<br />
guito, come si vedrà, da intellettuali del calibro <strong>di</strong> Carlo Galassi Paluzzi e Amedeo<br />
Maiuri. Al riguardo una posizione assai rappresentativa, maggiormente per i legami con<br />
la cultura italiana del restauro, è quella <strong>di</strong> Giacomo Boni, per il quale, soprattutto negli<br />
ultimi due lustri della vita -coincidenti con il decennio successivo all’inizio della<br />
prima guerra mon<strong>di</strong>ale- si fa prevalente una visuale etica e specificatamente religiosa<br />
della lezione autentica della classicità. <strong>La</strong> ponderosa biografia che compilò la sua allieva<br />
Eva Tea -professore <strong>di</strong> Storia dell’arte all’Accademia <strong>di</strong> Brera e all’Università Cattolicasottolinea,<br />
prepotentemente, le acquisizioni particolari delle ultime ricerche del Boni il<br />
quale, inevitabilmente, trasferiva le sue aspettative intellettuali nel lavoro quoti<strong>di</strong>ano <strong>di</strong><br />
scavo dei siti archeologici della città eterna. «L’equazione Roma-Civitas-Justitia spiegava<br />
la vasta missione che Boni si era assunta quale complemento della sua vita professionale.<br />
Nello scavare gli avanzi del Foro, egli non aveva ricercato soltanto ruderi, ma idee;<br />
quel complesso mirabile <strong>di</strong> principi etici, che costituivano l’ideale Civitas, obbe<strong>di</strong>ente a<br />
Justitia. Come la sua opera archeologica sarebbe stata monca, se egli non avesse data<br />
l’interpretazione dei ruderi scavati, così sarebbe quest’interpretazione rimasta inefficace,<br />
qualora egli non l’avesse innestata nella vita nazionale e mon<strong>di</strong>ale. Un sogno civile l’aveva<br />
portato a ricercare misteriose parole nel Foro: ed egli<br />
giu<strong>di</strong>cava suo dovere gridare dai tetti quegli ammonimenti<br />
che le pietre, nei loro muti colloqui, gli avevano bisbigliato<br />
all’anima” . Giu<strong>di</strong>zio questo sottoscritto anche da<br />
Adolfo Venturi che si mostrò stupito <strong>di</strong> quei lavori “da<br />
lui condotti con spirito religioso, mistico, come un augure<br />
antico estasiato della grandezza <strong>di</strong> Roma» 10 .<br />
Il rimando all’ispettore veneziano, che non fu estraneo<br />
alla valorizzazione <strong>di</strong> Cimitile 11 , fa cogliere in maniera<br />
cogente l’articolazione delle sfaccettature complesse della<br />
riflessione intellettuale propria del terzo decennio del Novecento,<br />
soprattutto nella carica ideologica connessa con<br />
le problematiche etiche della società italiana che, a fatica,<br />
si risollevava dalle sorti drammatiche della prima<br />
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Gino Chierici <strong>'inventore'</strong> <strong>di</strong> "Materia Cimitile"<br />
guerra mon<strong>di</strong>ale e che si scopriva inserita in una <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> modernità bisognosa<br />
anche della ridefinizione dei propri valori etici, prova ne sia l’ingente impegno dello<br />
stesso Boni per una lotta senza quartiere contro l’alcoolismo.<br />
Gino Chierici appare condurre la sua prima esperienza a Cimitile 12 nell’ambito <strong>di</strong><br />
considerazioni alquanto <strong>di</strong>stanti dal suo impegno professionale e piuttosto nei margini<br />
<strong>di</strong> un generico interesse per quel me<strong>di</strong>oevo dei secoli <strong>di</strong> transizione tra il tardo<br />
impero e il successivo <strong>di</strong>sfacimento. A voler offrire anche un’interpretazione storiografica,<br />
solo formalmente <strong>di</strong>stante da ciò che le testimonianze locali hanno riferito<br />
dell’operato <strong>di</strong> quel soprintendente, si è propensi a credere che l’impegno per il santuario<br />
campano sia in gran parte frutto dell’esperienza successivamente maturata in<br />
Lombar<strong>di</strong>a. Paradossalmente il clima meneghino <strong>di</strong> una realtà <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>, dove anche il<br />
car<strong>di</strong>nale arcivescovo non si esimeva dal produrre contributi storico-archeologici 13 , fa<br />
maturare una consapevolezza <strong>di</strong>versa dell’insigne valore che rivestiva il complesso paleocristiano<br />
nolano 14 . Chierici infatti arrivava a Milano<br />
negli anni in cui un ex Prefetto della Biblioteca Ambrosiana,<br />
Achille Ratti, reggeva le sorti della Chiesa cattolica<br />
e un benedettino come Ildefonso Schuster era l’or<strong>di</strong>nario<br />
<strong>di</strong>ocesano, tutto intento a sostenere, anche per<br />
l’aspetto pastorale, la vali<strong>di</strong>tà del recupero non solo delle<br />
memorie cristiane ma anche delle reliquie dei santi. Tommaso<br />
Leccisotti ricorda come quel car<strong>di</strong>nale si era impegnato<br />
a ricongiungere le spoglie mortali dei tre fratelli<br />
santi Satiro, Marcellina e Ambrogio in occasione del XVI<br />
centenario della nascita del grande vescovo del V secolo<br />
che cadeva proprio nel 1940 15 . In questa circostanza Chierici<br />
partecipò alla compilazione <strong>di</strong> un volume <strong>di</strong> scritti 16<br />
in compagnia <strong>di</strong> notevoli stu<strong>di</strong>osi collegando l’esperienza<br />
cimitilese all’influenza culturale esercitata dal prelato milanese<br />
nei primi secoli cristiani. Il saggio è, in buona sostanza,<br />
il frutto <strong>di</strong> una riflessione ideologica che sembra
Saverio Carillo<br />
risentire del complessivo interesse <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o che in quegli anni rivestivano i siti religiosi<br />
del tardoantico. Non possono non essere richiamate, anche solo per accenno e<br />
a mo’ d’esempio, le investigazioni <strong>di</strong> Antonio Muñoz sulle basiliche cristiane <strong>di</strong> Roma<br />
e segnatamente su Santa Sabina dove, anche a seguito dell’intervento condotto tra il<br />
1914 e il 1918, sentirà la necessità <strong>di</strong> completare il restauro con un ulteriore lavoro<br />
a circa vent’anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza conclusosi con la pubblicazione <strong>di</strong> un volume nel 1938 17 .<br />
Su coor<strong>di</strong>nate non <strong>di</strong>fferenti sembra doversi collocare anche l’attività <strong>di</strong> Gustavo Giovannoni<br />
a proposito della chiesa <strong>di</strong> San Stefano Maggiore nella Città del Vaticano,<br />
dove è esplicito il lavoro <strong>di</strong> ricerca delle testimonianze primigenie della fede.<br />
Note<br />
1 S. CASIELLO, Restauri a Napoli nei primi decenni del Novecento, in “Restauro”, nn. 68-69, Napoli<br />
1983, segnatamente il capitolo Gino Chierici e il restauro della chiesa <strong>di</strong> S. Maria Donnaregina,<br />
pp. 32-67; L. GALLI, Il restauro nell’opera <strong>di</strong> Gino Chierici, Milano 1989; R. PICONE,<br />
Restauri a Napoli tra le due guerre: l’opera <strong>di</strong> Gino Chierici 1924-1935, in <strong>La</strong> cultura del restauro.<br />
Teorie e fondatori, (a cura <strong>di</strong> S. CASIELLO), Venezia 1996, pp. 311-333.<br />
2 «Non abbiamo troppe notizie su questo periodo bolognese e sui fattori che determinarono il<br />
suo orientamento verso gli stu<strong>di</strong> storici dell’architettura, ma non esito a supporre una influenza<br />
determinante <strong>di</strong> quanto stava attuando in quegli anni per la valorizzazione dei monumenti e<br />
per la scoperta delle architetture me<strong>di</strong>evali bolognesi, sotto la guida <strong>di</strong> Alfonso Rubbiani che<br />
alacremente vi operava già dall’ultimo decennio dell’Ottocento fino alla sua morte nel 1913.<br />
Sappiamo come l’entusiasmo delle rivelazioni delle antiche strutture liberate dagli intonaci, avessero<br />
portato il Rubbiani verso liberazioni non necessarie e integrazioni eccessive, e come il completamento<br />
formale e stilistico avesse dominato i criteri del restauro. A Chierici non poteva<br />
sfuggire questa opera gran<strong>di</strong>osa in un ambiente sensibile e non privo <strong>di</strong> polemiche, e dovette<br />
certo interessarsi ad importanti ripristini come quelli della chiesa <strong>di</strong> San Francesco, della Loggia<br />
della Mercanzia e dei Palazzi del Podestà e <strong>di</strong> Re Enzo, ma se questo interesse poté suscitare<br />
in lui il desiderio e la passione per i monumenti, è certo che il senso critico e il suo equilibrato<br />
giu<strong>di</strong>zio già allora dovevano averlo messo in guar<strong>di</strong>a verso gli eccessi <strong>di</strong> una rivalutazione<br />
del me<strong>di</strong>evale ad ogni costo, secondo il perdurante influsso degli epigoni <strong>di</strong> Viollet-Le-<br />
Duc». C. Ceschi, <strong>La</strong> figura e l’opera <strong>di</strong> Gino Chierici. Pisano illustre, maestro del moderno re-<br />
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Gino Chierici <strong>'inventore'</strong> <strong>di</strong> "Materia Cimitile"<br />
stauro monumentale, in «Comune <strong>di</strong> Pisa. Rassegna», a. VIII, n. 1-2, Pisa gennaio-febbraio 1972,<br />
p. 23.<br />
3 Per il ruolo <strong>di</strong> Riegl in relazione agli stu<strong>di</strong> italiani sul Me<strong>di</strong>oevo Scarrocchia ricorda, ad esempio,<br />
l’influenza esercitata su P. Toesca cfr. S. SCARROCCHIA, Stu<strong>di</strong> su Alois Riegl, Bologna 1986,<br />
pp. 97-101.<br />
4 «Quando parliamo <strong>di</strong> elementi romani nell’architettura paleocristiana della Campania non inten<strong>di</strong>amo<br />
alludere ai materiali <strong>di</strong> spoglio che furono così largamente impiegati dai costruttori<br />
<strong>di</strong> basiliche e battisteri, né a derivazioni iconografiche o ad affinità decorative, bensì a qualche<br />
cosa <strong>di</strong> più intimo e sostanziale che nella continuità del metodo rappresenta la continuità del<br />
pensiero, e non è <strong>di</strong>pendente da fattori esterni e contingenti -come la vicinanza <strong>di</strong> templi o <strong>di</strong><br />
ruderi- oppure dalla educazione artistica dell’architetto o del pittore, ma è frutto dell’esperienza<br />
collettiva fissatasi nella tra<strong>di</strong>zione. In altre parole, ci riferiamo alle strutture murarie e più particolarmente<br />
alle strutture delle volte». G. CHIERICI, L’elemento romano nell’architettura paleocristiana<br />
della Campania, estratto da “Roma” v. XII, n. 12, f. <strong>di</strong>cembre, Rocca S. Casciano 1934,<br />
p. 531, l’estratto dal quale si cita è quello con de<strong>di</strong>ca autografa datata Napoli 24 gennaio ‘35,<br />
custo<strong>di</strong>to nella Biblioteca L. Vecchione <strong>di</strong> Nola.<br />
5 «Il Galante morì serenamente, come era vissuto, nel 1923. Probabilmente non conobbe mai <strong>di</strong><br />
persona il Chierici; che venne come Soprintendente a Napoli non prima del 1926. Questi, però,<br />
non ignorava la nostra <strong>scuola</strong> e già aveva avuto in omaggio alcuni miei scritti, in parte e<strong>di</strong>ti<br />
prima della sua venuta fra <strong>di</strong> noi; né non ignorò quelli che dopo vennero in luce». A. BEL-<br />
LUCCI, Gino Chierici come l’ho visto io, in “Archivio Storico <strong>di</strong> Terra <strong>di</strong> <strong>La</strong>voro”, vol. III, 1960-<br />
1964, Caserta 1964, pp. 566-567.<br />
6 Lettera <strong>di</strong> D. Salazaro a G. Iannelli datata Napoli 3 settembre ‘68, conservata al Museo Provinciale<br />
Campano <strong>di</strong> Capua e pubblicata da R. CHILLEMI, Eru<strong>di</strong>zione e tutela artistica in Terra<br />
<strong>di</strong> <strong>La</strong>voro nella seconda metà dell’Ottocento. Corrispondenza Salazaro Iannelli (1a Parte), in “Capys”,<br />
n. 31, Capua 1998, p.17.<br />
7 G. CHIERICI, Lo stato degli stu<strong>di</strong> intorno alle basiliche paoliniane <strong>di</strong> Cimitile, in C. GALASSI PA-<br />
LUZZI, a cura <strong>di</strong>, Atti del IV Congresso Nazionale <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Romani, v. II, Roma 1938, pp. 236-<br />
243 + tav.XXXII; G. CHIERICI, Di alcuni risultati sui recenti lavori intorno alla basilica <strong>di</strong> S. Lorenzo<br />
a Milano e alle basiliche paoliniane <strong>di</strong> Cimitile, in “Rivista <strong>di</strong> archeologia cristiana”, a. XVI,<br />
nn. 1-2, pp. 51-72; G. CHIERICI, Sant’Ambrogio e le costruzioni paoliniane <strong>di</strong> Cimitile, in AA.VV.,<br />
Ambrosiana. Scritti <strong>di</strong> storia, archeologia ed arte, pubblicati nel XVI centenario della nascita <strong>di</strong><br />
Sant’Ambrogio (CCCXL-MCMXL), Milano 1942, pp. 315-331.<br />
8 Cfr. G. CHIERICI, Sant’Ambrogio e le costruzioni paoliniane <strong>di</strong> Cimitile, in AA.VV., Ambrosiana.
Saverio Carillo<br />
Scritti <strong>di</strong> storia, archeologia ed arte, pubblicati nel XVI centenario della nascita <strong>di</strong> Sant’Ambrogio<br />
(CCCXL-MCMXL), Milano 1942, pp. 315-331.<br />
9 E. TEA, Giacomo Boni nella vita del suo tempo, Milano 1932, v. II, p. 568. Singolarmente <strong>di</strong> rilievo<br />
appare la sintesi del pensiero <strong>di</strong> Boni data dalla stu<strong>di</strong>osa a proposito dell’ipotesi <strong>di</strong> ripristino,<br />
caldamente sostenuta, <strong>di</strong> un affresco col ritratto <strong>di</strong> Dante al Bargello <strong>di</strong> Firenze «scoperto<br />
nel 1840 e deturpato nei suoi colori originali, bianco rosso e verde per or<strong>di</strong>ne del Granduca <strong>di</strong><br />
Toscana». L’intellettuale ribadì, in una lettera a Ugo Ojetti, il significato <strong>di</strong> quelle cromie: «I<br />
candori della fede (albo Fides velata panno) offuscato dai secoli: il verde della Speranza, che austricanti<br />
cortigiani mascherarono <strong>di</strong> tinteggiatura color cioccolato; il rosso, fiamma viva <strong>di</strong> Carità,<br />
scorticato fino a denudare l’intonaco greggio». E. TEA, op.cit., pp. 490-491.<br />
10 A. VENTURI, Memorie autobiografiche, Milano s.d. (1927?), p. 107.<br />
11 Cfr. Archivio Centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità<br />
e Belle Arti, (ACS) II v. II s. B. 70, minuta della relazione <strong>di</strong> Giacomo Boni datata Cimitile<br />
11/IX/1890, sullo stato dei monumenti, soprattutto i mosaici del santuario.<br />
12 Date le contenute <strong>di</strong>mensioni del presente contributo e l’estesa consistenza degli scritti su Cimitile<br />
non è possibile fornire riferimenti bibliografici; si segnalano per brevità gli scritti <strong>di</strong> P.<br />
TESTINI, L. PANI ERMINI, H. BELTING in L’Art dans l’Italie méri<strong>di</strong>onale. Aggiornamento dell’opera<br />
<strong>di</strong> Èmile Bertaux, (<strong>di</strong>rettore A. Pran<strong>di</strong>), Roma 1978, v. IV, pp. 163-176; 177-182; 183-<br />
188; 195-214, inoltre con precisazioni e nuove acquisizioni D. KOROL, Il cimitero paleocristiano<br />
e gli e<strong>di</strong>fici soprastanti le tombe dei santi Felice e Paolino a Cimitile/Nola, Marigliano 1988; T.<br />
LEHMANN, Paolino <strong>di</strong> Nola: poeta architetto e committente delle costruzioni, in G. LONGO, a cura<br />
<strong>di</strong>, Anchora vitae (Atti del II Convegno paoliniano nel XVI centenario del ritiro <strong>di</strong> Paolino a<br />
Nola, Nola-Cimitile 18-20 maggio 1995), pp.93-104; D. KOROL, <strong>La</strong> cosiddetta e<strong>di</strong>cola mosaicata<br />
<strong>di</strong> Cimitile/Nola. Parte I: I restauri del 1890 e del 1956- Il conferimento <strong>di</strong> carattere monumentale<br />
al santuario centrale, in “Boreas”, n. 21/22, Münster 1998/99, pp. 301-323; T. LEH-<br />
MANN, Alarico in Campania: un nuovo carme <strong>di</strong> Paolino <strong>di</strong> Nola, in “Impegno e Dialogo”, v.<br />
12, Marigliano 1999, pp.329-351; H. BRANDENBURG, L. ERMINI PANI, a cura <strong>di</strong>, Cimitile e<br />
Paolino <strong>di</strong> Nola. <strong>La</strong> tomba <strong>di</strong> S. Felice e il centro <strong>di</strong> pellegrinaggio. Trent’anni <strong>di</strong> ricerche, (Atti<br />
della giornata tematica dei Seminari <strong>di</strong> Archeologia Cristiana) École Française de Rome- 9 marzo<br />
2000, Città del Vaticano 2003, e C. EBANISTA, Et manent in me<strong>di</strong>is quasi gemma intersita tectis.<br />
<strong>La</strong> basilica <strong>di</strong> S. Felice a Cimitile. Storia degli scavi, fasi e<strong>di</strong>lizie, reperti, Napoli 2003, con la<br />
cospicua bibliografia pp.591-633.<br />
13 Si segnala che nel 1934 il car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Milano pubblica uno stu<strong>di</strong>o sulla fondazione benedettina<br />
romana <strong>di</strong> cui era stato responsabile cfr. I. SCHUSTER, <strong>La</strong> Basilica e il Monastero <strong>di</strong> S. Paolo<br />
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fuori le Mura. Note storiche, Torino 1934; lo stesso Chierici, a proposito dei lavori che conduce<br />
a S. Lorenzo giu<strong>di</strong>ca atten<strong>di</strong>bili alcune ipotesi formulate dall’arcivescovo, cfr. G. CHIERICI, Di<br />
alcuni risultati sui recenti lavori intorno alla basilica <strong>di</strong> S. Lorenzo a Milano e alle basiliche paoliniane<br />
<strong>di</strong> Cimitile, in “Rivista <strong>di</strong> archeologia cristiana”, a. 16, nn. 1-2, Roma 1939, p. 54.<br />
14 Si rileva, solamente, come la gran parte dei contributi a stampa <strong>di</strong> Chierici su Cimitile siano<br />
successivi al suo trasferimento a Milano avvenuto nel <strong>di</strong>cembre del 1935.<br />
15 Cfr. T. LECCISOTTI, Il car<strong>di</strong>nale Schuster, Milano 1969, v. I, pp. 516-531.<br />
16 Cfr. Ambrosiana. Scritti…,cit. Milano 1942.<br />
17 A. MUÑOZ, Il restauro della basilica <strong>di</strong> Santa Sabina, Roma 1938.<br />
Gino Chierici <strong>'inventore'</strong> <strong>di</strong> "Materia Cimitile"