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Anna Gandin, Enrico Capezzuoli - Dipartimento di Scienze della ...

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Fig. 12 - Colonnato in travertino <strong>di</strong> Gian Lorenzo Bernini in<br />

Piazza San Pietro.<br />

tiene anche in considerazione l’uso storico del termine<br />

travertino e giustifica la nuova denominazione<br />

<strong>di</strong> calcareous tufa per i carbonati collegati<br />

geneticamente a sistemi carsici (Ford & Pedley,<br />

1996; Pedley, 2009).<br />

Travertino ha una connotazione genetica<br />

molto precisa in quanto si riferisce ad una pietra<br />

deposta e tuttora in formazione, in prossimità <strong>di</strong><br />

sorgenti termali (Fig. 3). Utilizzata per scopi<br />

architettonici/ornamentali e funebri (Fig. 10) fin<br />

dai tempi degli etruschi nell’Etruria (Toscana e<br />

Lazio settentrionale: <strong>Gan<strong>di</strong>n</strong> et al. 2006) questa<br />

pietra, compatta ma sufficientemente tenera per<br />

essere lavorata, è stata massicciamente estratta<br />

nei <strong>di</strong>ntorni <strong>di</strong> Tivoli sia dai Romani imperiali<br />

sia dai loro successori ed usata per abbellire<br />

l’Urbe (Fig. 11) e la Roma papale (Fig. 12). Il<br />

suo nome, riportato da Plinio il Vecchio e da<br />

Strabone, deriva da lapis tiburtinum, ovvero<br />

pietra <strong>di</strong> Tibur (nome latino <strong>della</strong> città <strong>di</strong> Tivoli).<br />

Nei <strong>di</strong>ntorni <strong>di</strong> Tivoli sono tuttora attive le<br />

sorgenti termali delle Acquae albulae, acque<br />

biancastre, intorbidate dalla continua precipitazione<br />

del carbonato <strong>di</strong> calcio che forma il travertino,<br />

usate dai romani per le loro terme (un<br />

esempio è Villa Adriana). Le particolari con<strong>di</strong>zioni<br />

ambientali delle sorgenti termali si riflettono<br />

sulla struttura del travertino che è un materiale<br />

compatto, caratterizzato da una fitta e<br />

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regolare laminazione e dall’assenza quasi totale<br />

<strong>di</strong> resti <strong>di</strong> organismi (Fig. 13).<br />

I carbonati continentali non termali derivati<br />

da acque dolci “fresche”, <strong>di</strong> origine carsica che<br />

scorrono in sistemi fluvio-palustri (Fig. 4), sono<br />

stati <strong>di</strong>stinti dal travertino, con il nome <strong>di</strong> calcareous<br />

tufa o tufa, termine che proviene dal latino<br />

tophus con cui Plinio in<strong>di</strong>cava materiali da<br />

costruzione teneri (calcarei o vulcanici), spesso<br />

pulverulenti e <strong>di</strong> facile estrazione (Pedley, 1990;<br />

2009; Ford & Pedley, 1996). Questa denominazione<br />

mette in evidenza le caratteristiche <strong>di</strong> questi<br />

calcari che si presentano mal stratificati,<br />

molto porosi, “terrosi”e generalmente poco omogenei<br />

per la presenza dei resti incrostati <strong>di</strong> una<br />

rigogliosa vegetazione (Fig. 14). Nonostante la<br />

qualità non molto pregiata, anche questo litotipo,<br />

localmente abbondante nell’area me<strong>di</strong>terranea, è<br />

stato utilizzato nel tempo in luoghi in cui nel territorio<br />

circostante non erano reperibili materiali<br />

più pregiati, come per esempio in Magna Grecia<br />

dove gli architetti greci hanno impiegato il calcareous<br />

tufa nella costruzione <strong>di</strong> templi come quelli<br />

<strong>di</strong> Segesta in Sicilia e <strong>di</strong> Paistos/Paestum in<br />

Campania (Violante & D’Argenio, 2000; Pedley<br />

2009), oppure nella costruzione <strong>di</strong> opere <strong>di</strong><br />

minore importanza e prezzo, dove il travertino è<br />

stato usato solo per le parti ornamentali <strong>della</strong><br />

facciata (Fig. 15).<br />

Fig. 13 - Fronte <strong>di</strong> una cava <strong>di</strong> travertino dell’area <strong>di</strong> Serre <strong>di</strong><br />

Rapolano (Siena), nella quale sono ben visibili la stratificazione<br />

piano parallela e la laminazione regolare del deposito.

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