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camoscio appenninico, a seguito di una<br />
contrazione di areale imputabile<br />
principalmente alla caccia. Nel passato,<br />
infatti, il camoscio appenninico, che<br />
probabilmente ha colonizzato la penisola<br />
italiana durante la penultima glaciazione,<br />
era diffuso almeno dai monti Sibillini al<br />
Pollino; il camoscio delle Alpi, invece,<br />
giunto dall’Europa orientale durante<br />
l’ultima glaciazione, si era diffuso su tutte<br />
le Alpi e nella <strong>parte</strong> più settentrionale<br />
degli Appennini.<br />
Ancor più drammatica è stata la<br />
contrazione demografica dello<br />
stambecco delle Alpi (Capra ibex),<br />
avvenuta negli ultimi secoli. In epoca<br />
storica questo ungulato era ancora<br />
abbondante su gran <strong>parte</strong> dell’arco<br />
alpino, dopo che la naturale mitigazione<br />
climatica seguita all’acme glaciale<br />
würmiano ne aveva determinato la<br />
scomparsa da altri territori europei.<br />
Secoli di caccia intensa ne hanno però<br />
determinato la quasi totale estinzione:<br />
nella seconda metà dell’Ottocento ne<br />
Lepre bianca (Lepus timidus) in abito estivo<br />
sopravviveva solo un centinaio di<br />
individui sul massiccio del Gran<br />
Paradiso, nelle Alpi Graie. L’istituzione di<br />
una Riserva Reale di caccia e<br />
successivamente di un Parco Nazionale<br />
ne hanno comunque consentito la<br />
sopravvivenza e nel Novecento ripetute<br />
reintroduzioni hanno ricostituito<br />
numerose popolazioni su tutto l’arco<br />
alpino. Specializzato a vivere negli<br />
ambienti alpini al di sopra del limite della<br />
vegetazione arborea e arbustiva, lo<br />
stambecco delle Alpi è capace di<br />
arrampicarsi agilmente su superfici<br />
rocciose scoscese e scivolose. Durante<br />
la breve estate raggiunge le povere<br />
praterie discontinue che si sviluppano<br />
anche al di sopra dei 3000 m, mentre<br />
d’inverno l’innevamento lo costringe a<br />
portarsi più in basso, attorno ai 1500-<br />
2000 m, sui versanti a migliore<br />
esposizione.<br />
Tra gli altri erbivori che si sono adattati a<br />
sfruttare la produttività stagionale delle<br />
praterie alpine e subnivali per la loro<br />
alimentazione, la lepre bianca (Lepus<br />
timidus) è una presenza diffusa negli<br />
ambienti alto-montani delle Alpi, anche<br />
ben al di sopra dei 2000 m di quota.<br />
Colonizza comunque regolarmente pure<br />
gli arbusteti e i boschi radi che si<br />
sviluppano a quote minori. I suoi incisivi<br />
a crescita continua e a forma di<br />
scalpello, più arcuati rispetto a quelli di<br />
altre lepri, le permettono di rodere radici,<br />
fusti di arbusti e steli fibrosi di<br />
graminacee. Come le altre lepri, ha le<br />
zampe posteriori adatte a una fuga<br />
veloce a balzi, per sfuggire ai predatori<br />
che frequentano i suoi pascoli.<br />
I padiglioni delle orecchie sono<br />
proporzionalmente più corti rispetto a<br />
quelli di altre lepri, in relazione alle<br />
temperature e ai venti freddi che deve<br />
sopportare alle quote alpine. Il regolare<br />
ed esteso innevamento stagionale ne ha<br />
inoltre selezionato il peculiare<br />
cambiamento ciclico della pelliccia, che<br />
durante i mesi invernali è completamente<br />
candida e quindi mimetica sulla neve.<br />
Ermellino (Mustela erminea) in abito estivo<br />
Analogo è il mimetismo cromatico<br />
stagionale dell’ermellino (Mustela<br />
erminea), un mammifero carnivoro ben<br />
adattato a muoversi e a cacciare tra<br />
massi e pietre. Muso appuntito, collo<br />
allungato, tronco snello e flessibile,<br />
zampe corte e agili, questo mustelide si<br />
arrampica agilmente sulle rocce, tende<br />
agguati a uccelli e piccoli mammiferi ed è<br />
in grado di catturarli accelerando in<br />
potenti balzi. Le popolazioni alpine, così<br />
come quelle delle estreme latitudini<br />
artiche, mutano il loro mantello estivo<br />
bruno rossiccio in una livrea invernale<br />
completamente candida, che termina<br />
tipicamente con un ciuffo di peli neri sulla<br />
punta della coda.<br />
L’arvicola delle nevi (Chionomys nivalis) è<br />
tra le prede più frequenti dell’ermellino.<br />
Questo piccolo roditore dalla pelliccia<br />
grigia colonizza prevalentemente i<br />
ghiaioni e i macereti più stabilizzati delle<br />
Alpi e degli Appennini. Si rifugia e si<br />
muove nel sottosuolo, sfruttando il<br />
complesso sistema di anfratti presenti<br />
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