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Il bambino sordo a scuola: integrazione e bilinguismo. - Corso di ...

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Elabora, dunque, una lingua dei segni convenzionale impiegando i gesti che i<br />

suoi stessi alunni segnano e che corrispondono agli oggetti della natura.<br />

Inoltre, implementa questi stessi segni, ed è questa la vera innovazione, con<br />

altri corrispondenti alle categorie grammaticali, quali il tempo e la persona<br />

del verbo, l’articolo, il genere del nome. Ma il suo grande successo consiste<br />

nella capacità <strong>di</strong> insegnare ai sor<strong>di</strong> l’uso della parola. Difatti, dopo aver<br />

associato un singolo segno al referente corrispondente, ne pronuncia il nome<br />

nella lingua vocale da loro adottata, il francese. Per riferirsi alle idee astratte,<br />

invece <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care gli oggetti, si serve <strong>di</strong> perifrasi per spiegarne il significato.<br />

<strong>Il</strong> metodo “manualista”, così fu definito, si oppone prepotentemente a quello<br />

“oralista” proposto nella stessa epoca da Jacob Rodrigues Pereire.<br />

Grazie al successo del metodo de l’Epée, in tutta la prima metà dell’Ottocento<br />

fioriscono in Europa numerosi istituti per sor<strong>di</strong>, fino alla clamorosa svolta<br />

nella <strong>di</strong>rezione opposta segnata dal congresso <strong>di</strong> Milano del 1880 in cui si<br />

decreta l’esclusione del metodo “manualista” nell’istruzione dei sor<strong>di</strong> a<br />

favore <strong>di</strong> quello”oralista”.<br />

Seguirà così un periodo <strong>di</strong> repressione della lingua dei segni che si protrarrà<br />

fino al 1977, anno in cui viene promulgata la legge n. 517 secondo cui tutti gli<br />

in<strong>di</strong>vidui portatori <strong>di</strong> han<strong>di</strong>cap (compresi i sor<strong>di</strong>) devono essere inseriti nel<br />

contesto della <strong>scuola</strong> normale insieme agli altri studenti. La finalità <strong>di</strong> tale<br />

legge è apprezzabile, poiché mira all’inserimento in società delle persone fino<br />

ad allora emarginate ed isolate, ma sono biasimabili le metodologie applicate<br />

nell’istruzione dei suddetti in<strong>di</strong>vidui.<br />

Approccio socio-educativo alla patologia ed importanza della lingua dei<br />

segni<br />

Dall’attuazione della legge 517, nasce l’acceso <strong>di</strong>battito sull’efficacia o meno<br />

del linguaggio dei segni da adottare a <strong>scuola</strong> in presenza <strong>di</strong> altri studenti non<br />

sor<strong>di</strong>. La <strong>di</strong>scussione coinvolge vari aspetti e punti <strong>di</strong> vista, ma la<br />

considerazione che in questo contesto è opportuno fare riguarda<br />

l’educazione, prima che dei sor<strong>di</strong>, degli udenti che assistono ed interagiscono<br />

con i sor<strong>di</strong> stessi.<br />

L’excursus storico qui riportato deve far riflettere sull’importanza che la<br />

lingua dei segni ha avuto per i non udenti, sin dagli albori, come forma <strong>di</strong><br />

comunicazione e <strong>di</strong> espressione personale, come risorsa che la natura mette a<br />

<strong>di</strong>sposizione dei sor<strong>di</strong> per ricostruire delle forme <strong>di</strong> socialità.<br />

Lo stu<strong>di</strong>oso William Stokoe, nel 1960, illustra quale sia, secondo le sue<br />

ricerche, la <strong>di</strong>fferenza sostanziale tra il linguaggio dei segni e il linguaggio<br />

verbale asserendo che “signed languages are truly and equally languages but

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