lineamenti di archeologia industriale in basilicata - Consiglio ...

LINEAMENTI DI ARCHEOLOGIA
INDUSTRIALE IN BASILICATA
In Basilicata il termine
“a rcheologia industriale”
suona ancora meno
f a m i l i a re che altrove. È
difficile infatti immaginare
una dimensione industriale
“t r a s c o r s a” in una
terra dove l’ i n d u s t r i a l i z z azione
moderna si è impiantata
solo negli ultimi
quindici anni. Il tentativo
spesso riuscito, seppure
limitato nel tempo, di
c re a re industrie è fru t t o
del cosiddetto periodo
“p o s t - t e r re m o t o”. È ancora
troppo presto per tentare
un bilancio dell’ o p e r azione,
tra scandali nella
gestione dei fondi e
i m p rovvisi fallimenti.
Quello che manca in Ba -
silicata, poi, è un vero censimento
delle opere archeoindustriali,
ad eccezione
del Lagonegrese dove
il lavoro è stato affidato
al Centro operativo misto
di Maratea della So p r i n -
tendenza archeologica di
Basilicata.
Si è agli inizi degli anni
ottanta. I primi risultati
c o n c reti si sono avuti a
partire dal 1988. E sempre
in quegli anni la Cooper
a t i va “Ap i c e”, con alla
testa Anna Colangelo,
avvia ricerche prima nel
territorio di Lagonegro e
successivamente nella zona
di Maratea, con un progetto
rientrante, tra l’altro,
nei lavori cosiddetti socialmente
utili. Vi trova n o
occupazione 15 giova n i .
Per un intero anno “setacc
i a n o” l’ a rea compresa tra
i comuni di Castelluccio,
Castelsaraceno, Ep i s c o p i a ,
L a g o n e g ro, Latronico e
Lauria e vengono censiti i
mulini che spesso formano
veri e propri sistemi, le
filande, connesse allo
s f ruttamento dell’ e n e r g i a
idraulica, le centrali idroelettriche,
i frantoi e le fornaci,
i “beni industriali”
della zona. In o l t re in Lu -
cania, terra ricca di boschi
e dedita all’ a g r i c o l t u r a ,
non potevano mancare
concerie e segherie.
Il Lagonegrese
Il piccolo comune di
Castelluccio In f e r i o re è
noto agli studiosi del sett
o re per quello che Pa o l a
Bottini ha definito un
“microsistema archeoindus
t r i a l e” 1 , sorto sulle due
sponde del fosso S. Gi o -
va n n i”, alle sorgenti del
Lao ed attraversato da altri
corsi d’acqua. Gli “opifici”
del microsistema, due
mulini, due filande, una
centrale idroelettrica ed
un frantoio, in seguito
distrutto, ne sfruttavano la
forza idraulica.
Il primo impianto in cui
ci si imbatte è una filanda,
di cui risulta integra solo
— 175 —
la costruzione esterna, di
seguito i due mulini: il
primo in pessime condizioni,
il secondo è tuttora
funzionante.
Noto come Mulino S.
Gi ovanni, di pro p r i e t à
della famiglia Su a n n o ,
ancora conserva le macine,
le tramogge ed il buratto
del secolo scorso 2 .
Come la prima, anche la
seconda filanda è pre s s oché
inesistente. I macchinari,
di fabbricazione tedesca,
sono andati perd
u t i 3 . Anche la centrale è
stata smantellata e destinata
a diverso uso.
L’industrioso paesino
v i ve, però, anche di altro.
La manifattura del lino,
per esempio, risultava attiva
sino a non molti anni
or sono e vi era pre s e n t e
anche una conceria 4 .
Nel territorio di Castelsaraceno
sopravvive l’ u n i -
ca cava di catrame esistente
in Basilicata e vi sono
localizzati anche due mulini;
il solo Manguso, del
tipo a torre, conserva le
strutture esterne 5 .
L a g o n e g ro, grosso centro
della zona, era noto nel
secolo scorso per la fabbricazione
dei cappelli. Duecento
erano gli operai
impegnati in circa centoventi
tra industrie e botteghe.
Si lavorava soprattutto
lana, seta, pelo di lepre.
di Mario Biscaglia

Ne è un esempio l’ex lanificio
Guida, tra i pochi
esempi monumentali esis
t e n t i 6 . Sono pre s e n t i ,
i n o l t re, cave di carbone,
p e r a l t ro sfruttate solo nel
corso della seconda guerra
mondiale e localizzate
n u m e rose g u a l c h i e re, atte
alla lavorazione di fibre
Antica fornace per laterizi
(Foto tratta da Bollettino storico della Basilicata n. 9/1993)
vegetali e pelo animale.
L’attività entra in crisi nel
periodo post-unitario 7 .
La produzione agricola
caratterizza, invece, il territorio
di Lauria. Una serie
di impianti attivi lungo il
— 176 —
Sinni ed i suoi affluenti
nonché nel bacino del
Noce ne sono la testimonianza.
Tra i mulini, è da
r i c o rd a re quello sito in
contrada “Rosa”, del tipo a
t o r re 8 ; importante risulta
i n o l t re il frantoio Ma n -
darino, dalle vaste proporzioni.
La zona era anche
nota per la lavorazione del
l e g n o. Un intere s s a n t e
p rogetto di trasporto fluviale
dei tronchi lungo il
fiume Noce lo attesta 9 .
Con Castelluccio, Lauria
d i v i d e va il primato nella
concia e nella lavo r a z i o n e
del pellame. La tradizione
della selleria, per esempio,
è sopravvissuta sino ad
oggi, seppure sporadicamente
10 . La produzione di
laterizi abbracciava un pò
tutta l’ a rea. Nei pressi di
Lauria è ubicata la fornace
D ’ Im p e r i o. Funziona secondo
uno schema antichissimo
e va r rebbe la
pena di tutelarla al meglio
11 .
L’attività agricola era la
fonte principale di guadagno
ad Episcopia e Latronico.
Sia nei centri abitati
che nelle campagne sop
r a v v i vono mulini e frantoi.
Il frantoio De Sa l vo ,
ad Episcopia, ha conservato
ottimamente le attrezzature
interne. È possibile,
in pratica, seguire il processo
evolutivo delle tecniche
di spre m i t u r a 1 2 . La
frazione “Calda” di Latronico,
oltre a frantoi, mulini
e gualchiere, pre s e n t a
una centrale idro e l e t t r i c a
ed un impianto termale.
In funzione sin dagli anni
sessanta, le terme sono
state sostituite oggi da un
complesso moderno sito
nella vallata sottostante.
Ma è in località “Pedali”
di Viggianello che è possibile
ammirare la centrale
elettrica Tancredi, composta
da tre turbine alimentate,
non più a caduta
d’acqua, ma da una condotta
forzata che prelevava
l’acqua dal fosso Tu r b o l o.
I macchinari, di cui sono
leggibili persino le “m a r-

c h e”, risultano in perf e t t o
stato. Sono ubicati in zona
anche alcuni mulini 1 3 . Di
un certo interesse è quello
situato a Rotonda, comune
limitrofo, denominato
Cornuto.
Il Mulino del Prete, visibile
ma conservato in pessimo
stato, dimostra l’ e s istenza
anche nel comune
di Trecchina di questo
tipo di struttura.
A Nemoli, invece, si
riscontrano tracce di una
ramiera e di una ferriera,
risalenti, con molta probabilità,
al sec. XVIII. La
fusione e l’ a f f i n a z i o n e
sono i processi lavo r a t i v i
effettuati. Delle stru t t u re
esterne rimane pochissimo,
né si conosce con
e s a t t ezza il periodo nel
quale sono cadute in disus
o 1 4 . Nei pressi sorgeva
anche una centrale elettrica,
datata 1925, ancora
oggi parzialmente visibile.
R i vello è l'unico caso di
scavo archeoindustriale
È nella località “Sove -
re t o”, sulla sponda destra
del fiume Noce, che ve ngono
“e s p l o r a t e” alcune
antiche fornaci. È intere ssante
notare come i mattoni
adoperati siano dello
stesso tipo, refrattari, utilizzati
per una fornace attiva
sino agli anni cinquanta.
L’impianto era composto
da due camere sov r a pposte,
una di combustione
e l’altra di cottura.
A l t re fornaci ve n i va n o
utilizzate per la pro d u z i o-
Rivello: Mulino Pizzolante
(Foto tratta da Bollettino storico della Basilicata n. 9/1993)
ne di calce, come a “Pi -
gnataro” e in contrada “S.
Vi t o”. Visibili sono anche
alcuni mulini, sebbene in
c a t t i vo stato di conservazione:
il Mulino Pizzolante,
e quello in contrada
“Verneto”. In disuso è anche
il frantoio S. Antonio.
La lavorazione del legno
è degnamente rappre s e ntata
da una segheria posta
in località “Sovereto” e da
due falegnamerie, ancora
a t t i ve, nel centro abitato.
Pl u r i s e c o l a re è la tradizione
della lavorazione del
metallo: il rame innanzitutto,
con opifici noti sia
in Italia che in Eu ropa e
d e l l’ o ro, settore tuttora
f i o rente, mentre il ferro
veniva lavorato sino a non
— 177 —
molti anni fa dal fabbro
Guzzo 15 .
Maratea, piacevole sorpresa
Il catasto onciario del
1753 “n a r r a” la pre s e n z a
di 24 “t r a p p e t i” (frantoi).
Almeno la metà di essi
erano ubicati in Ma r a t e a
In f e r i o re. Basti pensare ,
per evidenziare l’ i m p o rtanza
della pro d u z i o n e
olearia, che in passato si
usava il termine “stuppeddu”
come unità di misura
nella raccolta delle olive ,
equivalente all’ottava parte
di un tomolo 16 . Nel 1819
si parla invece di 17 frantoi
in attività.
Oggi quasi nulla è visibile.
Dei trappeti di Ma -
rina, Cersuta ed Ac q u a -
f redda, rimangono le
strutture esterne. Il terzo è
tristemente famoso per il
tragico interrogatorio, da
parte del sacerdote Peluso,
del patriota Costabile
C a rducci, poi giustiziato
nel 1848. Nel centro di
Maratea, l’antica attività è
ricordata dal nome di una
via: “Di e t ro il trappeto” .
Sono concentrati nella vallata
solcata dal torre n t e
Fiumicello numerosi mulini
ad acqua (“Campo del
Mo l i n o”), anche per la
concomitante presenza di
opifici. Dei 17 impianti,
tra cui 10 mulini, censiti
nel 1807 non rimangono,
nel migliore dei casi, che
le stru t t u re esterne, peralt
ro in pessimo stato.
Unica eccezione è un edificio
con la doppia funzione
di mulino e frantoio.
Rinomata, nonché imp
o rtante per l’ e c o n o m i a
marateota era la produzione
e la lavorazione di fibre
tessili, attività ripresa negli
anni cinquanta, quando
gli industriali Rivetti vi
i n s t a l l a rono un moderno
l a n i f i c i o. Sdoppiato in
s t ru t t u re gemelle, uno
nella vicina Praia, viene
inaugurato nel 1957.
Come consuetudine, gli
operai, 300, sono locali
m e n t re i quadri tecnici
p rovengono tutti dal biellese.
Nel 1967 con il passaggio
all’IRI, giungono i
primi licenziamenti. Du e
anni dopo subentra l’ENI,

con un ulteriore ridimensionamento
e l’attività è
concentrata soltanto a
Praia. L’anno successivo ,
con l’intervento dei sindacati
ed dopo estenuanti
t r a t t a t i ve l’ex lanificio
diviene una fabbrica di
c o n f ezioni per l’ a b b i g l i am
e n t o. La Lebole-Eu ro -
c o n f, questo il nome,
impiega circa 400 persone.
Nel 1972, con la specializzazione
di prodotti maschili,
si ha il cambio di
nome: Lebole Sud. Do p o
una serie di passaggi e di
errate strategie di mercato,
la Manifattura di Maratea,
con 150 dipendenti, sop
r a v v i ve solo grazie alle
forniture di abbigliamento
militare. Oggi è una struttura
cadente ed inoperosa.
Legati alla lavo r a z i o n e
del pellame sono una serie
di concerie, come si ricava
dai catasti francesi. L’unica
identificata è nella frazione
“Massa”.
Le fornaci sono poste
tutte lungo le arterie stradali:
almeno quattro sulla
statale 18, nel tratto Ma -
r a t e a - Sapri e Ma r a t e a -
Praia, nonché in località
“Capo la Se c c a” e “Ti m -
pa” 17 .
Alla foce del torre n t e
Fiumicello, è posta l’unica
centrale per la produzione
di energia elettrica, inaugurata
nel 1921, del cui
interno non rimane quasi
nulla.
Citazione part i c o l a re
merita il porto di Maratea,
Macchina per la lavorazione dei marmi (1788), dalle tavole dei “viaggi” di
Nicolis di Robiland
— 178 —
testimonianza della fiorente
attività commerciale nel
periodo pre u n i t a r i o. Lo
spazio portuale si è andato
via via restringendo ed
oggi ha valenza solo per
fini turistici 18 .
Tr a s p o r ti e comunicazioni.
I tratti ferroviari.
In t e ressante, seppure
non importantissimo per
la viabilità locale, è il tratto
Lagonegro - C a s t rov i l l a r i
delle Fe r rovie Calabro -
Lucane. Inaugurato nel
1931 è stato chiuso poco
più di quarant’anni dopo,
nel 1978. Le opere re a l i zzate,
in particolare i ponti,
non potevano non risentire
dell’alto grado di frano-
sità del terreno. L’esempio
lampante è dato dall’ormai
famoso ponte di
Lagonegro, con le sei arcate
in cemento armato.
Presso Lauria è visibile il
ponte sul Vallone del
C i m i t e ro, previsto in muratura
e completato, poi,
con campane in acciaio, in
concomitanza con il perd
u r a re di movimenti franosi.
In acciaio è, inve c e ,
l’opera più complessa: il
ponte sul Vallone della
Pa s t o rella, realizzato dalle
officine di Savigliano.
I materiali, giunti a
Lagonegro, venivano inoltrati
lungo il tracciato con
carriaggi a traino animal
e 1 9 . Il piccolo tro n c o
L a g o n e g ro-bivio Latro n i -
co, compreso nella Lagonegro-Castrovillari,
è stato
chiuso ancora prima, nel
1973. La stazione di Rivello
è composta da un
fabbricato-viaggiatori con
annesso magazzino; a parte
i servizi igienici, il ponte
Pantano è l'“o p e r a” da
ricordare.
Il tratto Pre s t i e r i - Ro -
tonda-Laino, lungo 16
chilometri e con pendenze
che raggiungono anche il
60%, all’interno della Lagonegro-Spezzano,
è maggiormente
ricco di elementi
da va l o r i z z a re e re -
cuperare.
La fermata di Prestieri è
il tipico esempio della casa
cantoniera costruita lungo
la linea. Caratteristico è
l’adiacente forno isolato.
Nel tratto iniziale, si
incontra subito una galleria,
delle Arene Bi a n c h e ,
d a l l’andamento curv i -
l i n e o 2 0 . Il ponte sul Va l -
lone della Fontana, non
distante, inaugura la serie
dei grandi viadotti. Le
arcate a tutto sesto o a sesto
ribassato e con centinatura
in cemento, poggiano

su piloni a sezione rettangolare
decrescente verso la
b a s e 2 1 , tecnica applicata
per tutti i lavori in zo n a .
Superato il Fosso Fo re s t a ,
si giunge al ponte sul torrente
Liccardo, a cinque
a rchi esteticamente interessante.
A poca distanza è
la stazione di Castelluccio
Su p e r i o re, formata da un
fabbricato viaggiatori, con
sala d’attesa, biglietteria,
uffici ed alloggi, e da un
magazzino merci; assente
il forno, tipico, come si
d i c e va, della casa cantoniera.
La stazione è dotata
di binario di sicurez z a
insabbiato, costruito per
garantire l’arresto dei treni
in presenza di pendenze
del 60% e in caso di guasto
all’impianto frenante 22 .
E qui si erge l’opera più
“s p e r i c o l a t a”: la galleria
elicoidale, per permettere
il collegamento tra Castelluccio
Su p e r i o re ed In f e -
r i o re, in linea d’aria vicinissimi,
ma separati da un
forte dislivello.
La stazione di Castelluccio
Inferiore è in pratica
analoga a quella Su p e -
r i o re. È in ottimo stato e
si può apprez z a re la lavagna
su cui venivano segnati
i dati relativi a ritardi o
soppressioni.
Eccoci giunti nel cuore
della conca. Maestoso è il
viadotto a cinque arc h i
che attraversa la fiumara
del Pegno, o quello a due
a rchi che guadano il torrente
Santojanni. Tra essi
a p p a re la stazione di
Rotonda-Viggianello, ottimamente
conservata anche
perché abitata. È simile
alle altre.
L’ultimo tronco, prima
di giungere alla stazione di
Laino Borgo, non presenta
nulla di rilevante.
La ferrovia Na p o l i - Re g -
gio attraversa invece il ter-
ritorio di Maratea. La
prima realizzazione risale
alla fine del secolo scorso.
È riconoscibile da viadotti
rivestiti in cotto e realizzati
in prossimità della costa.
Il raddoppio della linea
negli anni cinquanta si
caratterizza, invece, per le
c o s t ruzioni in cemento
a r m a t o. In t e ressanti sono
il ponte a No rd della
Stazione di Ac q u a f re d d a ,
sostituito oggi da un viadotto
parallelo, quello in
f e r ro sul canale La Mo -
naca, il viadotto sul fosso
Pisciotta e quello altissimo
p resso Cersuta. Il tratto
della Na p o l i - Reggio, costruito
in gran parte in galleria,
presenta opere davve
ro pre g e voli: la Ga l l e r i a
d e l l’Arma e la Galleria di
C a s t rocucco, lunghe più
di due chilometri 2 3 , che
hanno duramente impegnato
operai e progettisti.
La viabilità su gomma
Varia ed articolata è la
rete della viabilità su gomma,
in part i c o l a re nel
, Matera 1988
— 179 —
c o m p rensorio di Rive l l o ,
anche se ormai appare
superata tanto dalla cost
ruzione dell’autostrada A3
che dalla realizzazione della
statale 585 che si snoda
lungo il fiume No c e .
L’ a rteria, costruita negli
anni '60, presenta opere
realizzate in cemento armato
in modo visibilmente
“arcaico”.
Ad eccezione del viadotto
Capo Elce, sorretto da
una campata ad arco ribassato
con sette portanti verticali,
gli altri sono tutti a
s t ruttura trilitica, seppure
con differenti soluzioni
tecniche. Mutano i sostegni:
pilastri a T con travate
rettilinee in acciaio per
il viadotto Trinca; sostegni
formati da quattro pilastrini
isolati collegati da un
travetto in cemento armato
che sorreggono travi,
a n c h’esse in cemento
armato, per il viadotto
Prastioli. L’opera di maggior
pregio monumentale
è, però, il viadotto Pro -
dino grande, con sette pi-
loni rettangolari che raggiungono
i 40 metri di
altezza. È simile per imponenza
al ponte sul fiume
Noce (o viadotto Os t u n i )
che consente l’accesso a
Rivello da ovest, realizzato
negli anni settanta: 221
metri di lunghezza per
100 metri di altezza, rispetto
al fiume, con sostegni
rettangolari a sez i o n e
c a va alti 65 metri. L’ i mpalcato
è a travate re t t i l inee
in acciaio 24 .
Nella valle del Noce la
principale arteria, in senso
Est-Ovest, rimane la statale
104 Sapri-Ionio. L’inizio
dei lavori si ebbe nel
1853, con un decreto di
Ferdinando II; l’ultimazione
avvenne agli inizi del
nuovo secolo. È caratterizzata
da forti dislivelli superati
con una serie di tornanti.
I ponti, pochi, sono
tutti in pietra, con un’unica
arcata a tutto sesto. Da
r i c o rd a re il Ponte Ve c -
chio, ormai superato dal
Ponte Grande.
Infine lungo la prov i nciale
Rive l l o - Tre c c h i n a -
Maratea si hanno opere di
un certo impegno: sono il
ponte in ferro in contrada
Molinciuolo (risalente al
secolo scorso), il ponte del
Verneto e, più a nord, il
ponte S. Pietro.
Nel comprensorio marateota
sono due le art e r i e
p o rtanti: la statale 18 e la
p rovinciale Ma r a t e a - Tre c -
china. Per la provinciale il
p roblema maggiore era
s u p e r a re i forti dislive l l i .
Risolto con vari tornanti.
Nu m e rosi viadotti sono
stati utilizzati invece per la
litoranea, in principal
modo verso il confine
c a m p a n o. Nel tratto Ma -
r a t e a - Sapri, superato il
ponte di Libona (Vibona)
e la torre “Ap p rez z a m i
l’ A s i n o”, si giunge a Cer-

suta ed all’ i n t e re s s a n t e
ponte sul fosso Pisciotta. Il
tratto verso Acquafredda è
ricco di opere di alto impegno:
il ponte sul canale
La Monaca e sul canale del
Sorcio. Sono opere a secco
con paramento in pietra
faccia a vista per il corpo e
le spalle del viadotto, con
a rcate a tutto sesto o ad
a rco ribassato; la base dei
piloni è in pietra a bugnat
o 2 5 . In o l t re il ponte sul
canale di Mezzanotte, dall’unica
arcata, segna quasi
il confine con la provincia
di Salerno.
Infine, nei collegamenti
tra Maratea e le frazioni
montane, importante è la
strada che porta al monte
S. Bi a g i o. Nel 1939, i cittadini
di Maratea furo n o
chiamati addirittura a raccolta
dal commissario prefettizio
Vitolo, per costru ire
una strada che già due
anni dopo giungeva sino al
piazzale del santuario. La
sistemazione definitiva si
ebbe negli anni cinquanta,
anche se nel decennio succ
e s s i vo la strada mutava
vo l t o. L’ultimo tratto è
tutto sospeso su piloni in
cemento armato: tecnicamente
interessante ma con
un impatto sull’ a m b i e n t e
non indiffere n t e .
1 P. BOTTINI,
, in
, a cura
della Deputazione di Storia
Patria della Lucania, Edizioni
Osanna, Venosa 1993.
2 P. BOTTINI,
3 .
4 .
, in
, Matera 1988.
5 P. BOTTINI, (a cura di),
, Lagonegro 1990.
6 .
7 G. ANGELINI,
,
pagine 10-19 in P. BOTTINI
(a cura di),
, Lagonegro
1990
8 P. BOTTINI (a cura di),
, Lagonegro 1990.
9 .
10 P. BOTTINI,
, in
, a
cura della Deputazione di
Storia Patria della Lucania,
Edizioni Osanna, Venosa
1993.
11 .
12 .
13 .
14 P. BOTTINI (a cura di)
— 180 —
, Lagonegro 1990.
15 P. BOTTINI,
, in
, a cura
della Deputazione di Storia
Patria della Lucania, Edizioni
Osanna, Venosa 1993.
16 .
17 .
18 J. CERNICCHIARO-V. PER-
RETTI,
1992.
19 P. BOTTINI,
, in
, Lavello
, Matera 1988.
20 .
21 .
22 .
23 G. LAMARCA,
, Sapri
1988.
24 M. CATAUDELLA (a cura
di),
Napoli 1987.
,
25 P. BOTTINI,
La strada per il Monte San Biagio in una veduta aerea
(da Bollettino Storico della Basilicata a cura della Deputazione di Storia Patria della Lucania n.9, 93)
, in
, a
cura della Deputazione di
Storia Patria della Lucania,
Edizioni Osanna, Venosa
1993. Per ulteriori approfondimenti
sulla tutela e valorizzazione
dei beni culturali
industriali cfr. MINISTERO
PER I BENI CULTURALI AM-
BIENTALI, COMMISSIONE
NAZIONALE PER I BENI CUL-
TURALI INDUSTRIALI, Archeologia
Industriale, Mostra-
Conferenza, 25-30 marzo
1996, Roma 1996.