<strong>Bollettino</strong> Diocesano 2010 - n.2 umanità» (Giovanni Paolo II), ed è solo me<strong>di</strong>ante la cultura che la persona può costruire la propria identità, plasmare la propria visione del mondo e del suo essere-in-relazione con gli altri, con l’ambiente, con il mondo. Di fondamentale importanza a questo riguardo è l’investimento per una cultura dell’educazione. Siamo oggi <strong>di</strong> fronte ad una vera emergenza educativa che investe <strong>di</strong>rettamente non solo l’ambito familiare ed ecclesiale, ma anche la vita civile, istituzionale, politica e sociale. In questa prospettiva affiora con rinnovata urgenza la necessità <strong>di</strong> dare concretezza ad una prospettiva pedagogica in grado <strong>di</strong> affermare la bellezza e la plausibilità delle <strong>di</strong>mensioni costitutive dell’essere: la persona, l’interiorità, il senso, il dono <strong>di</strong> sé, la libertà, la responsabilità, la gratuità. Di fronte alla <strong>di</strong>lagante cultura della frammentazione e del relativismo, è urgente ritrovare il coraggio <strong>di</strong> proporre l’unità dell’atto educativo, che nella coscienza delle persone e delle istituzioni consenta <strong>di</strong> tenere insieme, in una continuità <strong>di</strong>namica e creativa, senso, cultura e vita. Uno dei punti <strong>di</strong> convergenza <strong>di</strong> queste <strong>di</strong>verse prospettive incentrate sul primato della persona da consegnare alla <strong>Rimini</strong> del futuro è la valorizzazione della bellezza in tutti i suoi aspetti: relazionale, ambientale, culturale e spirituale. La ricerca della bellezza quale criterio sul quale progettare la città ha rappresentato per secoli uno dei valori costitutivi della Civitas, purtroppo sempre più trascurati negli ultimi decenni a vantaggio <strong>di</strong> logiche imme<strong>di</strong>ate <strong>di</strong> resa produttiva e/o <strong>di</strong> scelte utilitaristiche. Spesso ridotta alla sfera dell’emozionale, dell’apprezzamento soggettivo e persino dell’arbitrio, la bellezza in rapporto alla città ha perso progressivamente il suo contenuto estetico, simbolico, spirituale, relazionale. Eppure, come è stato colto con sensibilità impareggiabile da Dostoevskij, snodo decisivo del pensiero moderno e contemporaneo, la premura per la bellezza investe il problema dell’uomo e del suo destino. Questo significa anche restituire un senso complessivo <strong>di</strong> equilibrio e <strong>di</strong> armonia al tessuto della vita civile, relazionale, ambientale, oggi sempre più lacerato e compromesso. Contribuire all’e<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> una “città bella”, preservando i suoi tesori, le sue forme, l’or<strong>di</strong>ne e le proporzioni tra i <strong>di</strong>versi elementi compositivi e l’ambiente che li accoglie, significa anche e<strong>di</strong>ficare un ethos attorno al quale una comunità si riconosce nella sua identità, memoria e creatività. Con il Piano Strategico il principio <strong>di</strong> sussi<strong>di</strong>arietà orizzontale, ed il conseguente coinvolgimento della società civile, entra “dentro” la pianificazione strategica, nella fase decisionale <strong>di</strong> progetto e ideazione della Città, coa<strong>di</strong>uvando il lavoro della politica con l’obiettivo <strong>di</strong> offrire un “respiro” all’azione dell’amministrazione locale. Per dare questo respiro, occorre “dare ossigeno” alle decisioni politiche sul futuro della città, per far sì che rispecchino le persone, le loro scelte, le loro preferenze, la fraternità e la reciprocità, la bellezza e la cultura, per riportare la polis alle sue ra<strong>di</strong>ci più vere, arrivando ad incidere sulle scelte che stanno a monte del processo decisionale politico-amministrativo e garantendone una piena trasparenza nei confronti della città. Partecipazione e trasparenza <strong>di</strong>ventano così le parole chiave dei prossimi capitoli della storia della nostra Città. Lettere e Messaggi 41
42 <strong>Bollettino</strong> Diocesano 2010 - n.2 Vorrei terminare con un pensiero rivolto ai giovani: li costringeremo al ruolo marginale <strong>di</strong> spettatori passivi della Città futura che essi si ritroveranno a dover vivere o sapremo coinvolgerli come partners attivi e creativi nel <strong>di</strong>segnare il profilo della città futura? Siamo noi adulti i responsabili… irresponsabili che li hanno indotti a pensare che “life is now”. Ma se è vero che il deficit <strong>di</strong> futuro è <strong>di</strong>rettamente proporzionale al deficit <strong>di</strong> memoria, una domanda non può rimanere sospesa: sapremo noi adulti superare la tentazione <strong>di</strong> certo giovanilismo ri<strong>di</strong>colo e patetico, e testimoniare che – come ha scritto Gadamer – “il futuro <strong>di</strong>pende dalle origini”? Atti del Vescovo + Francesco Lambiasi