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330 MARCELLO BERLUCCHI<br />

[8<br />

Dopo il fallimento dei moti rivoluzionari del <strong>18</strong>31, quando<br />

egli, insieme a quattro giovani di Treia prese parte alla marcia<br />

su Roma, la polizia pontificia lo definì «fanatico fautore e partigiano<br />

dei liberali» e nel <strong>18</strong>39 a Tolentino (ove si era trasferito)<br />

venne anche perseguitato per questo. L’ascesa al soglio del<br />

marchigiano Pio IX (cardinale Mastai Ferretti) portò un clima<br />

di distensione di cui approfittò anche il nostro; l’età aveva<br />

molto rallentato l’attività sportiva (aveva allora giusto 50<br />

anni) ma non la sua passione politica (fu amministratore comunale<br />

dal <strong>18</strong>47 al ’49). Carlo Didimi morì a Treia il 4 giugno<br />

<strong>18</strong>77 all’età di 79 anni.<br />

A questo punto viene da chiedersi: ma Leopardi conosceva<br />

Carlo Didimi?<br />

Certamente sì e non solo per la dedica del carme ma proprio<br />

per ragioni storiche ed affettive.<br />

Fra i titoli patrizi di Carlo Didimi c’era anche Recanati, come<br />

abbiamo visto e in quella cittadina il gioco del pallone, come<br />

in tutte le Marche, era una gloria locale. Per di più Recanati<br />

aveva una sua propria squadra con nomi allora famosi<br />

(Vincenzo e Lucio Tarducci e Cesare Pierini) che si batterono<br />

più volte con quelli di Treia (Butironi e Fortunati, capitanati<br />

dall’asso Didimi) nello sferisterio cittadino e sugli altri campi.<br />

Uno dei giovani fratelli del poeta, Luigi, giocava con la squadra<br />

locale ed anzi, come detto, morì in seguito ad un incidente<br />

occorsogli durante il gioco.<br />

Si potrebbe anche pensare che Giacomo, oltre alla personale<br />

conoscenza del gioco del bracciale e del suo più celebre campione<br />

del tempo, (che tra l’altro era suo coetaneo) ne ammirasse<br />

anche la prestanza fisica e il successo – due doti che la<br />

Natura («madre di parto e di voler matrigna») non gli aveva<br />

certamente concesso. Ricordiamo infatti che il contino Leopardi<br />

non era certo bello o vigoroso («un gobbetto» lo definì<br />

crudelmente una donna fiorentina da lui ammirata e cantata<br />

come Aspasia, la Fanny Targioni Tozzetti).<br />

Da ultimo, si può ricordare che la dedica della canzone a<br />

Carlo Didimi, il più celebre campione sportivo del tempo, ne

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