Un giorno - Fazi Editore
lo facesse per il semplice gusto di litigare. Anche se era una ragazza intelligente, capitava spesso che agisse in maniera irrazionale, lasciando fin troppe volte che fosse il suo cuore a dettarle le decisioni. Volerle bene andava contro ogni logica, dunque si ripromise di smettere. Non del tutto: non avrebbe mai smesso di rispettarla e di augurarle ogni bene. Ma il gioco a cui stavano giocando doveva finire. Anche se Wendy non era ancora in grado di rendersene conto, Finn sapeva che sarebbe stata più felice senza di lui. E forse, un giorno, anche lui sarebbe stato felice senza di lei. Appena se ne fosse presentata l’opportunità, Finn avrebbe lasciato Förening, dedicandosi a un lavoro che lo tenesse il più lontano possibile dalla Principessa. Ora come ora, doveva accontentarsi di restare ad aiutare sua madre con le capre. Non poteva essere del tutto certo che i Vittra non avrebbero attaccato durante la festa di fidanzamento, quindi preferiva non allontanarsi troppo dal palazzo. Tanto per star sicuri. Visto che fuori faceva così freddo, quasi tutte le capre se ne stavano rintanate nel piccolo fienile. Avevano fatto cadere le balle di fieno accatastate qua e là e Finn le stava risistemando, affinché le capre avessero qualcosa su cui arrampicarsi. Sentì alle proprie spalle la porta di casa che sbatteva e vide Ember, la sua sorellina, avvicinarsi al fienile pestando i piedi. «Non è giusto», piagnucolò Ember. Finn gettò una balla particolarmente inzaccherata nel prato da pascolo e si voltò verso di lei. «Mi par di capire che non sei venuta a darmi una mano». «Non credo proprio», disse lei in tono di scherno. Quel giorno Ember aveva fatto di tutto per mettersi elegante, impresa ardua visto che aveva pochi vestiti adatti. 4
Anche se erano quasi tutti fatti in casa da Annali, che aveva molto talento nel cucito, Ember era un maschiaccio e preferiva gli abiti smessi di Finn a tutto ciò che le confezionava la madre. Il vestito che aveva quel giorno era un po’ piccolo. Il tessuto blu le arrivava poco sopra il ginocchio e tirava troppo sul petto. I suoi riccioli neri, pur formando una matassa crespa, erano stati fermati all’indietro con delle mollettine piazzate strategicamente. Per andare al fienile, si era messa gli stivaloni da lavoro del padre, che sbattendo sul pavimento facevano un gran rumore. «Tutti gli abitanti del regno vanno alla festa di fidanzamento», disse poggiandosi al muro e mettendosi a guardare il soffitto, dov’erano appollaiati alcuni piccioni. «Non è giusto che la Mamma m’impedisca di andare». «Non ci vanno tutti», la corresse Finn. «Io non ci vado. La Mamma neppure. E probabilmente neanche la maggior parte dei tuoi amici». «Ma tu potresti», ribatté Ember, spostando lo sguardo su di lui. Aveva occhi scurissimi, praticamente neri, che sembravano quasi troppo grandi per il suo viso e davano l’impressione che avesse meno dei suoi dodici anni. «Però non ci vado», disse Finn dandole le spalle, nella speranza di evitare l’ennesima conversazione a proposito della Principessa. Quindi prese un’altra balla di fieno. «Infatti. Quindi ci potrei andare al tuo posto». «Non mi hanno invitato alla festa», le ricordò Finn. «Mi hanno chiesto di fare sorveglianza e tu non sei ancora abbastanza preparata per fare la guardia alla reggia». «Però è già da un po’ che ho iniziato l’addestramento», disse Ember accarezzando distrattamente una capra che le stava mordicchiando l’orlo del vestito. «Mi mancano solo tre anni per prendere il diploma di cercatrice, e sono la prima della mia classe». 5