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Il tempio di Venere e Cupido

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3. il ritorno degli antichi<br />

1<br />

TESTO<br />

W3<br />

Giovan Battista Piranesi<br />

<strong>Il</strong> <strong>tempio</strong> <strong>di</strong> <strong>Venere</strong> e <strong>Cupido</strong><br />

Giovan Battista Piranesi, autore <strong>di</strong> origini venete, è uno dei maggiori vedutisti <strong>di</strong> rovine. Dal<br />

1744 si stabilisce a Roma e frequenta gli artisti che copiano, su incarico del re <strong>di</strong> Francia in<br />

persona, i resti archeologici e le raccolte <strong>di</strong> quadri; si forma così un gruppo <strong>di</strong> giovani che<br />

passa il tempo a <strong>di</strong>segnare dal vero le “vedute” <strong>di</strong> rovine, cercando <strong>di</strong> cogliere l’essenza dei<br />

maestosi e<strong>di</strong>fici del passato. <strong>Il</strong> <strong>tempio</strong> <strong>di</strong> <strong>Venere</strong> e <strong>Cupido</strong> è un’acquaforte del 1745, inclusa nelle<br />

Varie vedute <strong>di</strong> Roma.<br />

i temi, le idee<br />

Giovan Battista Piranesi,<br />

<strong>Il</strong> <strong>tempio</strong> <strong>di</strong> <strong>Venere</strong> e <strong>Cupido</strong>,<br />

1745, acquaforte<br />

(da Varie vedute <strong>di</strong> Roma).<br />

OSSERVIAMO INSIEME<br />

n Piranesi e la tecnica dell’acquaforte<br />

L’acquaforte è una tecnica molto particolare <strong>di</strong> incisione.<br />

L’autore incide il <strong>di</strong>segno su una lastra metallica ricoperta<br />

da un sottile strato <strong>di</strong> vernice. La lastra viene<br />

poi immersa nell’acido nitrico (o “acqua forte”, da cui<br />

il nome); l’acido corrode il metallo dove non è protetto<br />

dalla vernice, con maggiore o minore intensità, a seconda<br />

della profon<strong>di</strong>tà dell’incisione. Successivamente la<br />

lastra viene passata nell’inchiostro, che si deposita nei<br />

solchi corrosi dall’acido, e infine pressata su un foglio,<br />

su cui viene trasferito il <strong>di</strong>segno. Piranesi mostra una<br />

particolare propensione per questa tecnica (la stragrande<br />

maggioranza della sua produzione consiste <strong>di</strong> acqueforti),<br />

che adopera però in maniera molto personale. In<br />

IL FASCINO DELLE ROVINE<br />

primo luogo per le caratteristiche dell’incisione: Piranesi<br />

usa tracce molto forti, che si traducono in vistosi effetti<br />

<strong>di</strong> chiaroscuro (cioè <strong>di</strong> contrapposizione tra parti chiare e<br />

parti scure). In secondo luogo per la varietà degli spessori,<br />

che gli permettono <strong>di</strong> dare <strong>di</strong>versa consistenza ai vari<br />

oggetti. Infine, per i materiali utilizzati – un mordente<br />

particolare, composto da aceto, ammoniaca, sale e verde<br />

rame, che rende più netti i contorni.<br />

n L’uso del chiaroscuro<br />

L’incisione tende a semplificare le forme. A <strong>di</strong>fferenza<br />

delle tele, in cui la linearità <strong>di</strong> contorni a volte scompare<br />

per effetto del colore, nel nostro caso la forma dell’e<strong>di</strong>ficio<br />

rappresentato si staglia semplice e chiara al centro<br />

Piranesi Varie vedute <strong>di</strong> Roma TW3<br />

Letteratura Terzo Millennio<br />

© Loescher E<strong>di</strong>tore, Torino


2 il settecento<br />

i temi, le idee<br />

del quadro, sottolineata dagli effetti <strong>di</strong> chiaroscuro, che<br />

riproducono la <strong>di</strong>stinzione tra zone <strong>di</strong> luce e zone d’ombra.<br />

A prevalere sono le linee verticali spezzate, cui si<br />

contrappongono le linee oblique <strong>di</strong>scendenti, dal punto<br />

più alto sulla sinistra al punto più basso sulla destra. I<br />

due gruppi, a destra e a sinistra, ognuno con il suo arco,<br />

rimandano all’unità dell’e<strong>di</strong>ficio originale: del <strong>tempio</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Venere</strong> non rimangono che due tronconi separati. La <strong>di</strong>visione<br />

è sottolineata dalla contrapposizione tra la parte<br />

in ombra (a sinistra, segnata dalla <strong>di</strong>agonale dell’ombra<br />

proiettata da una parete sull’altra) e la parte illuminata<br />

dal sole (la metà destra), in cui i resti dell’e<strong>di</strong>ficio antico<br />

si stagliano sul cielo chiaro (in contrasto con l’oscurità<br />

del terreno ombreggiato). Le linee rette degli e<strong>di</strong>fici sono<br />

controbilanciate dalle linee serpeggianti della vegetazione<br />

che ricopre le rovine. In basso a sinistra le due minuscole<br />

figure umane ci fanno percepire, in proporzione,<br />

la maestosità del <strong>tempio</strong> <strong>di</strong>strutto.<br />

n La rappresentazione delle rovine<br />

L’opera <strong>di</strong> Piranesi nasce, come abbiamo detto, dall’osservazione<br />

del vero. L’artista stu<strong>di</strong>a e osserva attentamente<br />

le rovine prima <strong>di</strong> riprodurle nelle sue incisioni.<br />

Tuttavia, l’intento documentario e la precisione dei dettagli<br />

sono solo la base su cui si innesta la raffigurazione<br />

simbolica. L’intensità dei chiaroscuri e l’incisività delle<br />

forme danno alla riproduzione una forte carica drammatica.<br />

Piranesi non si limita a rappresentare i resti archeologici,<br />

ne fissa in maniera esemplare la drammaticità.<br />

Le rovine non sono <strong>di</strong>sposte in lontananza all’orizzonte,<br />

ma si stagliano imponenti in primo piano, a ricordare<br />

un passato perduto. Testimoniano sì la grandezza <strong>di</strong><br />

questo passato (sono maestose, annullano l’in<strong>di</strong>viduo<br />

con la loro mole); ma testimoniano anche che quel passato<br />

è finito per sempre: tutto ciò che l’uomo produce<br />

è destinato a <strong>di</strong>ssolversi, a trasformarsi in un mucchio<br />

<strong>di</strong> rovine. L’onnipresenza della vegetazione sembra alludere<br />

a un ciclo naturale <strong>di</strong> perenne trasformazione<br />

della materia a cui nulla può sfuggire. Tutto ciò che nasce<br />

è destinato a morire e a essere <strong>di</strong>strutto. Da questo<br />

punto <strong>di</strong> vista la visione <strong>di</strong> Piranesi è opposta a quella<br />

proposta da Winckelmann: la contemplazione dei resti<br />

antichi induce senza dubbio alla glorificazione del<br />

passato e al go<strong>di</strong>mento estetico, ma richiama anche la<br />

consapevolezza drammatica della precarietà dell’uomo<br />

e della sua opera.<br />

Attività<br />

Per capire<br />

1. In che cosa consiste la tecnica dell’acquaforte?<br />

2. Qual è la parte in ombra? E quale quella in luce?<br />

3. Sono presenti delle figure umane? Dove? Che valore<br />

assumono?<br />

Per approfon<strong>di</strong>re<br />

4. Prova a cercare in Internet altre opere <strong>di</strong> Piranesi.<br />

Scegline un paio tra quelle che ti colpiscono maggiormente<br />

e prova a commentarle (max 500 parole).<br />

5. Schizza su un foglio una riproduzione a matita dell’acquaforte<br />

<strong>di</strong> Piranesi de<strong>di</strong>cata al <strong>tempio</strong> <strong>di</strong> <strong>Venere</strong> e<br />

Cu pido.<br />

Per scrivere<br />

6. Hai mai visitato un sito archeologico? Che impressioni<br />

ne hai ricavato? Racconta.<br />

7. Descrivi con parole tue la tavola <strong>di</strong> Piranesi.<br />

8. Confronta l’acquaforte <strong>di</strong> Piranesi del palazzo del<br />

Quirinale, a Roma, con una sua fotografia attuale. Secondo<br />

te, quali sono gli aspetti messi maggiormente in<br />

risalto dall’artista?<br />

Letteratura Terzo Millennio<br />

© Loescher E<strong>di</strong>tore, Torino

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