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Per la Mostra della<br />
rivoluzione fascista<br />
furono stampati<br />
1 milione e 300 mila<br />
cartelli pubblicitari<br />
Antichi fasti. Se il capo era un eroe senza<br />
macchia, il suo popolo non poteva però<br />
essere da meno. Fu così che per l’Italia fascista<br />
del XX secolo Mussolini rispolverò<br />
un passato glorioso: quello dell’antica Roma.<br />
Il mito della romanità, i cui simboli avevano<br />
segnato l’origine e il nome stesso del fascismo<br />
(v. riquadro a pag. 8), fu il tormentone<br />
del Ventennio. Il movimento introdusse il<br />
saluto romano e organizzò i suoi seguaci sullo<br />
schema delle legioni. Mussolini si scelse<br />
come predecessore nientemeno che Giulio<br />
Cesare e fu presto colto dal “mal della pietra”,<br />
cioè dalla smania di erigere monumenti<br />
ovunque. Il duce aveva in mente una radicale<br />
metamorfosi di Roma per mettere in<br />
luce le vestigia dell’età imperiale, e per dare<br />
maggiore visibilità al mausoleo di Augusto o<br />
al Colosseo (e a se stesso) fece abbattere e<br />
spostare palazzi, aprendo via dei Fori imperiali<br />
e via della Conciliazione.<br />
Bavaglio. Il<br />
ALL’OMBRA DEL FASCIO<br />
Aspirante<br />
santino<br />
gli inizi della<br />
A Seconda guerra<br />
mondiale ogni soldato<br />
ricevette in dotazione<br />
anche una fotografia<br />
del duce in uniforme<br />
da primo maresciallo.<br />
Più tardi, quando si<br />
cominciarono a trovare<br />
quelle fotografie<br />
buttate e gualcite ai<br />
bordi delle ferrovie e<br />
nei bagni, venne dato<br />
ordine di sospenderne<br />
la distribuzione.<br />
motore del carrozzone<br />
promozionale<br />
del regime,<br />
il ministero<br />
della Cultura<br />
popolare (detto<br />
più brevemente<br />
Minculpop) nato<br />
nel 1937 dalla<br />
trasformazione<br />
del ministero<br />
della Propaganda,<br />
funzionava<br />
adesso a pieno<br />
ritmo. Il controllo<br />
sulla stampa<br />
era assoluto.<br />
Già nel ’23 il duce<br />
aveva chiesto<br />
«la soppressione<br />
di alcuni<br />
giornali pleonastici» (cioè inutili), come Epoca<br />
e il Mondo, e ottenuto la rimozione dei direttori<br />
poco graditi. Molte testate erano passate<br />
sotto il suo diretto controllo e per chi<br />
scriveva divenne obbligatorio iscriversi all’Albo<br />
dei giornalisti e al partito fascista. Per<br />
promuovere le posizioni governative, il ministero<br />
arrivò a prezzolare giornalisti compiacenti.<br />
A scuola, prima alle elementari e<br />
poi anche alle medie, furono adottati testi<br />
unici (v. articolo a pag. 64), le biblioteche<br />
passate al setaccio ed epurate. «Ma in un’Italia<br />
semianalfabeta» spiega Mimmo Franzinelli,<br />
studioso dell’Istituto nazionale per<br />
la storia del movimento di liberazione «libri<br />
e giornali erano appannaggio di un’élite. Per<br />
arrivare a tutti il regime dovette inventare<br />
nuove forme di pubblicità». E così, in stampatello<br />
e a caratteri cubitali, fin nelle più piccole<br />
località, sui muri e lungo le strade, comparvero<br />
decine di slogan. Lapidari e comprensibili<br />
a tutti, dovevano entrare nelle teste<br />
della gente, anche in quelle più dure.<br />
Arma segreta. Ma la vera arma segreta<br />
fu la radio, sperimentata in Italia tra il ’22 e il<br />
’24. Mussolini ne intuì le potenzialità e la<br />
utilizzò per fare un altro dei suoi gol: grazie<br />
Eredità presunta<br />
Dopolavoristi al Vittoriano. Nell’antica<br />
Roma i fasci littori erano simbolo di<br />
autorità. A destra, propaganda murale.<br />
Tradizione<br />
fascistizzata<br />
L’edizione 1937<br />
dell’Infiorata di<br />
Genzano (Roma).<br />
Alle composizioni<br />
floreali della<br />
tradizione si<br />
affiancano quelle<br />
propagandistiche.<br />
alla radiofonia e agli altoparlanti installati<br />
nelle piazze italiane, mobilitò per anni, un<br />
sabato dopo l’altro, milioni di uomini e donne,<br />
schierati in adunata. Il messaggio era<br />
chiaro: “Insieme siamo forti”. Cose del genere,<br />
in Occidente, non si erano mai viste: la<br />
politica imposta con tecniche commerciali.<br />
Radio libertà. Eppure, proprio dalla radio<br />
Mussolini ricevette lo schiaffo più doloroso.<br />
Dalla fine del ’39, quando gli abbonati<br />
erano diventati, dai 40 mila del 1927, circa un<br />
milione, i rapporti dell’Ovra, la polizia segreta<br />
(v. riquadro a pag. 124), segnalarono<br />
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<strong>Focus</strong> Storia 26