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“Lavorare con le emozioni” – Il volume raccoglie i contributi originali

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is<strong>con</strong>trava accordo tra i due terapeuti e si è ottenuto un campione di 132 soggetti<br />

(età media = 37.6; SD = 12.4; m = 53 e f = 79). È emersa una adeguata<br />

<strong>con</strong>vergenza, pari al 72.5%, tra <strong>le</strong> valutazioni cliniche esterne ed i risultati al<strong>le</strong><br />

sca<strong>le</strong> del MQOP. I due diversi valori di <strong>con</strong>vergenza dipendono dalla metodologia<br />

utilizzata per indagare <strong>le</strong> OSP. <strong>Il</strong> colloquio clinico ha una maggiore capacità di<br />

discriminare <strong>le</strong> OSP, in quanto il setting della moviola è l’unico strumento<br />

attualmente a disposizione per discriminare l’esperienza immediata dalla<br />

spiegazione della stessa, e<strong>le</strong>mento caratteristico e fondante l’approccio postrazionalista.<br />

I due questionari MQOP e QSP, invece, si basano sulla autodescrizione<br />

e sul livello di <strong>con</strong>sapevo<strong>le</strong>zza di sé che ha il rispondente, per cui essi<br />

tendono a <strong>con</strong>vergere maggiormente.<br />

IL PRIMO REATTIVO POST-RAZIONALISTA<br />

Nell’ottica post-razionalista, la distinzione tra <strong>con</strong>oscenza esplicita e <strong>con</strong>oscenza<br />

implicita è fondamenta<strong>le</strong> per mettere a fuoco i pattern di autoinganno che<br />

<strong>con</strong>sentono a ciascun individuo di dare coerenza e <strong>con</strong>tinuità al senso di sé.<br />

Pertanto <strong>le</strong> emozioni vanno indagate e ricostruite sia nel lavoro terapeutico sia al<br />

fine di cogliere la personalità (OSP) di un soggetto (“moviola setting”).<br />

L’intuizione che ha avuto Nardi, che ha catalizzato i nostri sforzi di ricerca negli<br />

ultimi due anni, è stata quella di porre l’attenzione sul<strong>le</strong> emozioni vissute e<br />

percepite da un soggetto di cui si vuo<strong>le</strong> individuare la OSP in modo<br />

standardizzato. Si è partiti ancora una volta da quanto suggerito da Vittorio<br />

Guidano che scriveva: “quando si ragiona sulla scena di un film e, a partire dal<strong>le</strong><br />

paro<strong>le</strong> e dal<strong>le</strong> azioni di un personaggio, si cerca di ricostruirne gli stati d’animo,<br />

<strong>le</strong> motivazioni affettive, <strong>le</strong> intenzioni più o meno segrete ecc.; il personaggio che<br />

si cerca di ricostruire in questo modo altri non è se non sé stessi” (1992). Le<br />

paro<strong>le</strong> di Guidano rimandano alla logica degli strumenti reattivi, detti anche<br />

proiettivi (talvolta <strong>con</strong>dizionati dall’approccio psico-dinamico); tuttavia il<br />

processo descritto ha una doppia va<strong>le</strong>nza, epistemologica <strong>–</strong> in quanto ci ricorda<br />

che il terapeuta deve sempre distinguere i propri <strong>con</strong>tenuti soggettivi da quelli del<br />

proprio paziente <strong>–</strong> e pratica <strong>–</strong> in quanto nella modalità di ciascun individuo vi è il<br />

bisogno di capire “l’altro”, creando ad esempio empatia (“mettendosi nei panni<br />

dell’altro”). Tuttavia, occorre tener presente che il mondo soggettivo dell’altro è a<br />

noi s<strong>con</strong>osciuto: ogni ricostruzione o costruzione è sempre figlia del nostro modo<br />

di sperimentare quella esperienza e di vederla se<strong>con</strong>do il nostro punto di vista.<br />

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