UniResearch - Freie Universität Bozen
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Acque inquiete in Val Venosta<br />
Chi non ricorda il disastro di Sarno, quando nel maggio del ‘98 il paese campano<br />
fu travolto da quella che in gergo tecnico si chiama colata detritica, ovvero un<br />
miscuglio di acqua, fango e massi, che ha causato 137 vittime? Per predisporre un<br />
sistema di allerta efficace ed affidabile e scongiurare pericoli di questo genere, nel<br />
2009 è partito Monitor II, progetto europeo transfrontaliero che coinvolge Italia,<br />
Austria, Serbia, Bulgaria, Slovenia, Grecia e Romania.<br />
Monitor II prevede l’installazione di vari sistemi di<br />
monitoraggio in una zona in cui le colate detritiche<br />
sono all’ordine del giorno: la Val Venosta. “Nel<br />
bacino idrografico chiamato Gadria, che si trova tra<br />
Silandro e Lasa, abbiamo una situazione particolare:<br />
le rocce sono molto erodibili, le pendenze dei<br />
versanti sono molto elevate e c’è un’aridità tale per<br />
cui la vegetazione non ha stabilizzato il terreno.<br />
In sostanza è il luogo ideale per il nostro progetto”,<br />
spiega Francesco Comiti, ricercatore presso<br />
la Facoltà di Scienze e Tecnologie. I tentativi per<br />
mettere in sicurezza la zona sono cominciati nel<br />
1400. Negli anni Settanta del secolo scorso è stata<br />
costruita una briglia di tipo filtrante che ha risolto<br />
il problema della pericolosità trattenendo i detriti<br />
nella cosiddetta “piazza di deposito”, che tuttavia<br />
deve essere periodicamente svuotata per evitare<br />
la tracimazione alla piena successiva. Sul Gadria<br />
si verificano uno o due eventi di colata l’anno. Se<br />
si pensa che nella maggior parte dei siti le colate<br />
avvengono una volta ogni 50 anni, è presto spiegato<br />
perché la Val Venosta è un luogo prezioso per<br />
il monitoraggio. “Attualmente il rischio connesso<br />
alle colate in questa zona è molto basso – precisa<br />
Comiti – quindi possiamo testare efficacemente<br />
gli strumenti di allerta da installare in altri bacini<br />
meno sistemati”.<br />
Monitorare a monte e a valle<br />
Gli strumenti che saranno impiegati sono diversi<br />
e saranno posti all’interno del bacino idrografico;<br />
confrontando i dati che ne derivano si ambisce a<br />
raggiungere una valutazione attendibile e veritiera<br />
della situazione.<br />
Si misura innanzitutto il livello del flusso di acqua e<br />
detriti nel punto i cui si raccoglie il materiale proveniente<br />
dall’intero bacino, in modo da capire con<br />
quanta acqua si attiva la colata. E’ un’informazione<br />
importante e molto attendibile, ma rischia di essere<br />
troppo tardi per evacuare la zona sottostante. Per<br />
questo è importante lavorare anche a monte: grazie<br />
ai pluviometri si misura in tempo reale la pioggia<br />
che sta cadendo in modo da determinare la quantità<br />
di acqua che scenderà a valle e quindi la probabilità<br />
che si verifichi la colata.<br />
Più a monte si vanno a prendere i dati, più tempo si<br />
guadagna per l’evacuazione. Ma nello stesso tempo<br />
ci si allontana dal luogo in cui la colata si attiva e<br />
si perde quindi la sicurezza che questo avverrà.<br />
Volendo, grazie ai radar meteorologici come quello<br />
del Macaiòn, è possibile prevedere le precipitazioni,<br />
ma allertare la popolazione troppo presto ha le sue<br />
controindicazioni: è importante non creare falsi<br />
allarmi, altrimenti all’allarme successivo la gente<br />
non reagirà più con prontezza.