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Il magazine per il benessere produttivo<br />
9,80 EUR | 13,00 CHF | 8,50 GBP | 13,00 USD<br />
<strong>04</strong> / <strong>2011</strong><br />
Sensazione di libertà o di angoscia?<br />
SWOT in ufficio<br />
IL nuovo Office-Power-Check di <strong>Sedus</strong><br />
Il fascino delle<br />
immersioni<br />
Il blu come colore<br />
del business<br />
Il cielo sopra<br />
l’arte
Place 1 Place 2<br />
Casa L’ufficio<br />
Benvenuti<br />
nel Place<br />
2.5 <strong>Sedus</strong>!<br />
Quando è stata l’ultima volta che vi siete sdraiati su un prato<br />
come fanno i bimbi e avete guardato il cielo azzurro?<br />
Se uno dei vostri Third Place è all’aria aperta, di sicuro il cielo<br />
ne fa parte. Basta una lunga occhiata spensierata verso l’alto<br />
per dare via libera ai pensieri.<br />
Il colore blu ha diverse facce, significati e effetti. Agisce sullo<br />
stato d’animo, sul business, sull’arte e la cultura, su tutta la<br />
nostra vita. In questa edizione del nostro magazine per il<br />
benessere produttivo abbiamo deciso di seguire la traccia del<br />
colore blu e di scoprirne le varie sfaccettature.<br />
Nessuno sarebbe in grado di sopportare lo stress quotidiano<br />
senza una valvola di sfogo all’aria aperta. Per esempio una<br />
vacanza per un corso di sub può fare meraviglie. Oppure<br />
semplicemente andare al cinema o visitare una mostra d’arte<br />
sono efficaci distrazioni. Alcune persone si danno malate solo<br />
per poter staccare la spina ogni tanto. É un fenomeno<br />
problematico che non va sottovalutato.<br />
La soluzione ideale a questo problema è la realizzazione,<br />
all’interno della vostra azienda, di un Place 2.5. Potrete<br />
vedere come si presentano simili uffici attraverso il resoconto<br />
dei progetti finora realizzati.<br />
Il Place 2.5 si basa su un concetto semplice ma molto efficace,<br />
che assicura alla vostra società una grande adattabilità ai<br />
cambiamenti. Si tratta di un luogo che fa dell’esperienza<br />
lavorativa un evento di successo e soddisfazione – per il bene<br />
dell'azienda e di chi ci lavora.<br />
L’idea del Place 2.5 è tanto semplice quanto efficace e si basa<br />
su un modello sociologico riconosciuto in tutto il mondo.<br />
Dr. Bernhard Kallup,<br />
Presidente della <strong>Sedus</strong> Stoll AG<br />
2<br />
4/11
Place 2.5 Place 3<br />
L’ufficio del benessere produttivo<br />
Il tempo libero<br />
I sociologi affermano che la nostra vita si svolge in tre luoghi.<br />
SOMMARIO<br />
Il primo, la casa, è a causa di richiesta di maggiore<br />
flessibilità e mobilità ad alto rischio.<br />
Il secondo, l’ambiente ufficio, di solito non tiene conto delle<br />
necessità emozionali delle persone che vi lavorano.<br />
Il terzo luogo, il third place, è quello che per noi significa<br />
l’oasi dove ricarichiamo le nostre energie. In questa fase<br />
dedicata allo svago siamo solitamente più portati a formulare<br />
le idee migliori.<br />
Se noi portassimo lo stimolo sensoriale del third place<br />
all’interno degli uffici, avremmo un second place funzionale in<br />
un area di lavoro stimolante, nella quale si agisce con più<br />
trasporto, divertimento, successo e realizzazione nel proprio<br />
operato. Questo è ciò che noi chiamiamo “Place 2.5”.<br />
IDEE<br />
Mozzafiato: il fascino delle immersioni................. 12<br />
Missione Place 2.5 .......................................... 18<br />
FATTI<br />
Un punto fermo: la <strong>Sedus</strong> EIC a Dogern............... 20<br />
Un’isola creativa: il nuovo quartier generale Diesel..... 35<br />
SAPERE<br />
E il blu sbarcò in Europa................................... 4<br />
Finalmente è possibile misurare la qualità dell’ufficio..... 8<br />
La Germania si dà malata................................. 30<br />
Il blu è il colore del business............................ 52<br />
Maggiori informazioni sono disponibili su<br />
www.place2point5.com.<br />
Qui potrete anche richiedere l’abbonamento gratuito a<br />
questo magazine - se ancora non l’avete fatto.<br />
Di qualsiasi cosa vi occupiate: vi auguro di avere sempre il<br />
meritato relax, il giusto sguardo verso il futuro e come<br />
sempre... buon divertimento nella lettura!<br />
Il vostro<br />
Dr. Bernhard Kallup<br />
PERSONE<br />
Joni Mitchell “Blue“........................................ 48<br />
La soglia del dolore al rallentatore.................... 62<br />
VIVERE<br />
Il bel pianeta azzurro...................................... 26<br />
Il cielo sopra l’arte ......................................... 42<br />
Fumo blu ....................................................... 58<br />
RUBRICHE<br />
Online in pole position.................................... 28<br />
News, appuntamenti, tips & trends.................... 46<br />
Colophon e contatti......................................... 67<br />
4/11 3
E il blu<br />
Come nei tempi antichi:<br />
vasca colorata con indigo<br />
(sopra).<br />
L’amuleto a forma di<br />
cuore in lapislazzulo (foto<br />
piccola) rinvenuto in una<br />
tomba di faraone.<br />
Già da migliaia di anni esistevano<br />
gli scambi commerciali. Sin dai<br />
tempi antichi, la richiesta di rarità e<br />
beni esotici preziosi è sempre stata un<br />
forte motore di scambi. Materiali come<br />
incenso, sale, spezie o sete preziose<br />
costituivano una categoria di beni di lusso<br />
che allietava la vita dei più agiati e che<br />
veniva commercializzata nonostante i<br />
paesi d’origine, che spesso venivano<br />
addirittura tenuti segreti, fossero molto<br />
distanti e le vie per raggiungerli fossero<br />
pericolose da percorrere. Questi beni<br />
venivano pagati molto bene, a peso d’oro.<br />
Si trattava di materiali che venivano<br />
acquistati solo dai potenti, dai ricchi e dai<br />
ceti più elevati della nobiltà. Spesso<br />
venivano utilizzati per importanti riti sacri<br />
o semplicemente per ostentare ricchezza.<br />
La leggendaria pietra blu chiamata lapislazzulo<br />
appartiene a questa categoria di beni preziosi<br />
esotici. La famosa pietra veniva estratta dalle<br />
rocce della catena montuosa dell’Hindukusch<br />
e veniva trasportata in occidente con gli altri<br />
materiali preziosi percorrendo un’antica via,<br />
parte della quale sarebbe stata chiamata, in<br />
tempi successivi, la via della seta. Per questo<br />
motivo, il blu autentico aveva ai tempi un valore<br />
inestimabile, fino a quando la BASF non riuscì a<br />
inventare l’indigo sintetico combinando<br />
naftalina e acido solforico.<br />
Fino agli inizi del 19° secolo, oltre alle pietre<br />
preziose come la tormalina, l’acquamarina e lo<br />
zaffiro, esisteva solo un materiale che dava il<br />
blu autentico e lucente, un colore che non<br />
sbiadiva nel tempo e che non avesse componenti<br />
tossici. Questa polvere blu veniva estratta<br />
dalla misteriosa pietra semipreziosa chiamata<br />
lapislazzulo, che in antichità proveniva esclusivamente<br />
dalle miniere del Sar-e-San nel<br />
Kokscha-Tal dell’Afghanistan settentrionale. Le<br />
altre località dove la pietra è presente come la<br />
zona del lago Baikal, il Cile e la California sono<br />
state scoperte in tempi recenti e allora non<br />
erano raggiungibili.<br />
I primi che hanno voluto portare il lussuoso<br />
materiale nei loro palazzi furono i Sumeri in<br />
Mesopotamia. I gioielli e i sigilli rinvenuti in<br />
queste terre risalgono fino a 7000 anni fa.<br />
Siccome Babilonia intratteneva stretti legami<br />
con i faraoni la pietra blu approdò ben presto<br />
in Egitto. Sappiamo bene come veniva impiegato<br />
in questo regno. Il popolo egiziano ha<br />
inventato la geometria, la contabilità e ha<br />
minuziosamente illustrato il suo periodo<br />
4 4/11
sbarcò in Europa<br />
storico. Dalle interpretazioni dei geroglifici, si<br />
è scoperto che l’importazione del lapislazzulo<br />
era appannaggio esclusivo del sovrano e che<br />
potere disporre di questo materiale significava<br />
possedere un enorme ricchezza. La pietra blu,<br />
che il libro dei morti dell’antico Egitto descriveva<br />
come “un’autentica sostanza guaritrice,<br />
provata da milioni di casi”, veniva messo nelle<br />
tombe accanto al corpo del faraone, per<br />
accompagnarlo del suo viaggio nell’aldilà sotto<br />
forma di gioielli o maschere funebri.<br />
Gli Egizi erano un po’ contrariati dal fatto che<br />
la pietra blu dovesse essere importata e non<br />
fosse disponibile nella loro terra. I loro tecnici<br />
e scienziati tentarono in tutti i modi di trovare<br />
un valido sostituto alternativo ma ciò è stato<br />
possibile solo nell’era moderna. La tonalità di<br />
blu estratta dal lapislazzulo è strettamente<br />
associata al suo significato sacro e divino. Già<br />
nella cultura egizia questo concetto legava il<br />
prezioso colore blu al valore inestimabile e di<br />
conseguenza al sacro e al divino. Intorno al<br />
1500 a.C. gli egizi riuscirono a creare una sorta<br />
di vetro che aveva un colore blu brillante. Lo<br />
chiamavano “pietra fusa” e veniva impiegato<br />
per adornare le statue e i sarcofagi, per<br />
realizzare gli occhi, i capelli, e le corone delle<br />
divinità. Sappiamo che già 1500 anni prima gli<br />
antichi restauratori egizi avevano fatto dei<br />
progressi in merito al colore blu: erano riusciti<br />
a creare il primo colore sintetico, quello che<br />
oggi chiamiamo blu egizio. Infatti, miscelando<br />
polvere di quarzo, soda, calce e una lega di<br />
rame si otteneva un pigmento blu chiaro che<br />
poteva venire prodotto in grandi quantità e che<br />
veniva anche commercializzato in tutti i regni<br />
antichi. Così possiamo vedere questa tonalità<br />
di blu sulle colonne del Partenone nell’Acropoli<br />
di Atene e anche nei resti degli affreschi delle<br />
ville di Pompei. Il grande vantaggio di questa<br />
sostanza stava nel fatto che era di facile<br />
impiego, poteva essere miscelata al momento<br />
e trovava utilizzo sia per interni che per esterni,<br />
per quadri o per affreschi su pareti.<br />
Gli egizi però non riuscirono a estrarre dal<br />
lapislazzulo una sostanza colorante. Oppure,<br />
più probabilmente, non ci hanno mai provato<br />
veramente. Solo nel medioevo venne ottenuto<br />
un pigmento dalla pietra, ma si trattava di<br />
un’operazione molto laboriosa. Prima di tutto<br />
era necessario mettere la pietra spezzettata a<br />
bagno in aceto per fare ammorbidire la calce<br />
contenuta in essa. Poi si polverizzava il tutto<br />
con il mortaio. Con questa polvere si<br />
preparava successivamente un<br />
composto unendola a<br />
Il seducente blu della<br />
pietra semipreziosa<br />
del lapislazzulo ispira<br />
tutt’oggi i designer di<br />
gioielli per le loro<br />
stupende creazioni.<br />
4/11<br />
5
I pigmenti hanno le<br />
stesse caratteristiche di<br />
un tempo (sopra).<br />
Ma gli abiti che vengono<br />
tinti con essi cambiano di<br />
continuo come mostrano<br />
i modelli dell’ultima<br />
campagna pubblicitaria<br />
Diesel, “Diesel Island”.<br />
Troverete ulteriori immagini<br />
e informazioni<br />
sul nostro forum su:<br />
www.place2point5.com<br />
Webcode: SAPERE5006<br />
acqua ragia, colofonia, bitume bianco, cera e<br />
olio di lino, e lo si lasciava riposare per un paio<br />
di settimane. Infine lo si lasciava per ore in<br />
acqua per poterlo ridurre ad impasto. Ne<br />
risultava un pigmento di un blu intenso, pieno,<br />
che da asciutto prendeva una tonalità del tutto<br />
unica: l’oltremare, nome dato dai latini e che<br />
stava ad indicare il blu del mare più lontano.<br />
Dopo che l’Egitto diventò arabo islamico la<br />
tradizione e la produzione del blu egizio<br />
andarono scemando e anche la sua esportazione<br />
nel mediterraneo<br />
diminuì fino a cessare<br />
completamente.<br />
Diventò impellente la<br />
necessità di inventare<br />
un colore blu<br />
sostitutivo.<br />
Pare che fu proprio<br />
così che si pensò di<br />
polverizzare la pietra<br />
lapislazzulo, che era<br />
l’unico materiale blu<br />
che si supponeva<br />
ponesse essere adatto all’uopo. Poco dopo la<br />
cessazione delle forniture di pigmento egizio<br />
si iniziò ad impiegare il lapislazzulo come<br />
colorante per la decorazione delle pagine del<br />
vangelo bizantino, intorno al 6/7 secolo d.C.<br />
La tonalità oltremare raggiunge però la<br />
perfezione solo intorno al 12° secolo. Lo<br />
testimoniano i dipinti, gli affreschi e le<br />
miniature su libri che da quel periodo fiorirono<br />
in tutto il loro splendore. Da allora il mantello<br />
della Madonna appare di un fulgido blu nelle<br />
bibbie e nei breviari. Michelangelo adotta il<br />
blu oltremare per illuminare con i suoi<br />
affreschi l’oscurità della Cappella Sistina a<br />
Roma e Giotto lo impiega per la realizzazione<br />
“Il sacro lapislazzulo<br />
porta con sé il blu del<br />
cielo e la luce divina”<br />
Aus Assyrien<br />
dei suoi 100 affreschi nella Cappella degli<br />
Scrovegni a Padova.<br />
Prima di allora, per secoli, il cielo era stato<br />
realizzato con il colore oro. Chiaramente non<br />
era proprio il colore più realistico per il cielo e<br />
per il mantello della Madonna. La scelta di<br />
questo colore derivava dal desiderio di<br />
glorificare e santificare il divino e siccome l’oro<br />
era quanto di più prezioso si conosceva, ecco<br />
che lo si impiegava in questo modo. Il fatto<br />
che un colore venisse da un posto lontano<br />
migliaia di chilometri<br />
e che quindi<br />
costasse molto, lo<br />
rendeva altresì<br />
prezioso. In questo<br />
modo si spiega il<br />
colore del mantello<br />
della Madonna che<br />
in alcuni paesi è<br />
differente, rispetto<br />
ad altri. Per esempio<br />
sulle icone Russe e<br />
anche su alcuni<br />
dipinti dei Paesi Bassi del 15° secolo esso è<br />
di colore rosso. Allora, in quei paesi, i tessuti<br />
rossi erano molto costosi. Per quanto riguarda<br />
il colore blu, in verità esisteva una pianta<br />
europea chiamata guado dalla quale si<br />
estraeva questo pigmento, ma non era<br />
abbastanza ricercata e preziosa. Era impensabile<br />
usare questo tipo di pigmento dozzinale per<br />
decorare la Beata Vergine.<br />
I re apprezzavano enormemente il blu profondo<br />
indigo indiano. Il Kaiser tedesco Enrico II<br />
vestiva un mantello di un blu profondo,<br />
decorato con delle stelle dorate. Anche questo<br />
tipo di blu, che veniva dall’India e percorreva le<br />
stesse pericolose vie del lapislazzulo, era molto<br />
6 4/11
prezioso e veniva pagato a peso d’oro fino a<br />
quando, nel 1497, il navigatore portoghese<br />
Vasco de Gama aprì la via di navigazione verso<br />
l’India. Le navi poterono così trasportare nel<br />
vecchio mondo grandi quantità di materiali<br />
preziosi e di lusso che prima erano conosciuti<br />
solo attraverso racconti e leggende. Con<br />
l’avvento del trasporto navale gli arabi, che<br />
portavano spezie e tessuti preziosi dall’oriente<br />
verso l’Europa ancora a dorso di cammello,<br />
avevano perso il loro monopolio di importazione.<br />
Anche il blu europeo, fatto con la pianta<br />
guado, perse di importanza perché l’indigo,<br />
importato a Lisbona per quantità di dozzine di<br />
quintali, aveva una migliore capacità coprente<br />
ed era 30 volte più intenso.<br />
I conservatori tradizionalisti combatterono<br />
questo nuovo colore con tutte le forze. A<br />
Norimberga c’era la pena di morte per quelli<br />
che commerciavano il cosiddetto blu pagano.<br />
Anche in Francia e in Sassonia, nel 1609, fu<br />
istituita la pena di morte per chi utilizzava<br />
questo nuovo pigmento. I notabili di Francoforte<br />
nel 1577 decretarono il divieto all’impiego<br />
dell’indigo. In Inghilterra l’indigo venne<br />
dichiarato velenoso.<br />
Fondamentalmente questi divieti non ottennero<br />
come risultato un aumento dell’impiego<br />
della pianta guado ma un incremento delle<br />
denunce. Siccome le indagini chimiche potevano<br />
dimostrare ben poco, i contravventori<br />
venivano denunciati da testimoni e vicini di<br />
casa inquisitori che li accusavano arbitrariamente.<br />
La battaglia tra il guado e l’indigo<br />
durò per più di 300 anni e alla fine non ci fu<br />
un vero vincitore perché nel 1897 la BASF<br />
inventò l’indigo sintetico. Fu l’inizio dell’era<br />
chimica moderna.<br />
Joachim Goetz
Finalmente<br />
è possibile misurare la qualità dell’ufficio<br />
Il nuovo Office-Power-Check rivela i punti deboli e le potenzialità
Le aziende devono essere in grado di<br />
sapere come i loro impiegati si sentono<br />
sul loro posto di lavoro: ne va del loro<br />
successo. Per questo motivo <strong>Sedus</strong> ha<br />
sviluppato uno strumento in grado di<br />
determinare il grado di soddisfazione<br />
dei collaboratori all’interno degli uffici.<br />
Persone e ufficio<br />
<strong>Sedus</strong> si è fatta carico di questa missione:<br />
rendere il lavoro in ufficio un’esperienza<br />
piacevole e vincente, per il bene delle aziende<br />
e per quello dei lavoratori. Per questo motivo<br />
<strong>Sedus</strong> ha sviluppato il concetto del Place 2.5,<br />
la nuova cultura dell’ufficio per il benessere<br />
produttivo, che permette di creare delle<br />
postazioni di lavoro stimolanti e di alta qualità,<br />
che facciamo sentire gli impiegati a proprio<br />
agio, come se fossero nel loro ambiente<br />
domestico.<br />
Un recente studio della Accademia tedesca<br />
IQudo ha dimostrato quanto questo sia<br />
importante. Le idee migliori solitamente<br />
vengono quando ci troviamo in un posto che<br />
ispiri benessere e uno stato d’animo piacevole.<br />
Per il 93% degli esaminati questo posto non è<br />
l’ambiente lavorativo.<br />
I tempi sono maturi per una nuova cultura<br />
dell’ufficio<br />
E’ l’esortazione che arriva dall’istituto Fraunhofer<br />
per il lavoro e l’organizzazione. I suoi<br />
scienziati hanno condotto degli studi sugli<br />
effetti positivi di un allestimento d’ufficio in<br />
linea con la filosofia del Place 2.5 di <strong>Sedus</strong>. I<br />
risultati sono strabilianti: in un ambiente di<br />
questo tipo la produttività dei collaboratori<br />
aumenta fino al 36%.<br />
Inoltre le ore di malattia e il ricambio di forza<br />
lavoro si sono ridotti, la creatività è incrementata<br />
e la comunicazione all’interno dell’azienda<br />
aumenta. I vantaggi economici per le aziende<br />
sono evidenti. Anche il potere dell’azienda di<br />
esercitare forze attrattive e affezione nei<br />
riguardi del lavoratore si è fatto più concreto,<br />
per fronteggiare l’alta mobilità e le allettanti<br />
proposte della concorrenza e dei cacciatori<br />
di teste.<br />
Migliorare la qualità dell’ambiente ufficio<br />
significa migliorare le prestazioni<br />
La qualità degli allestimenti degli uffici gioca<br />
un ruolo fondamentale per il senso di appagamento<br />
e soddisfazione degli impiegati che vi<br />
Informazioni<br />
La passione per le ricerche di mercato:<br />
Hagstotz ITM<br />
Il team dell’istituto Hagstotz ITM svolge studi<br />
nell’ambito delle ricerche di mercato e delle<br />
indagine di opinione e fornisce consulenza a<br />
diverse aziende, gruppi industriali e associazioni.<br />
La sociologa Karin Schmitt-Hagstotz e il<br />
professor Werner Hagstotz sono a capo della<br />
società che vanta un’attività ultra ventennale<br />
durante la quale ha acquisito un enorme<br />
familiarità con gruppi industriali e comportamenti<br />
di mercato. La Hagstotz ITM oggi<br />
collabora con i suoi numerosi clienti, forte<br />
della propria conoscenza e professionalità nel<br />
campo, studiando e pianificando concetti e<br />
strategie per l’ottimizzazione e l’incremento<br />
dell’efficienza produttiva nelle aziende.<br />
Prof. Dr. Werner Hagstotz.<br />
Potrete trovare ulteriori informazioni su: www.hagstotz-itm.de<br />
lavorano e stimola la loro efficienza e disponibilità.<br />
Per questo è molto importante analizzare<br />
l’indice di appagamento all’interno di<br />
un’azienda, insieme ai fattori che lo determinano.<br />
Questo è di grande utilità per potere<br />
fare i passi necessari per applicare eventuali<br />
modifiche o migliorie che portino ad un<br />
incremento delle prestazioni dei lavoratori.<br />
Ma come è possibile valutare questi fattori?<br />
La soluzione viene data da questo nuovo<br />
procedimento messo a punto dagli esperti<br />
<strong>Sedus</strong> in collaborazione con l’istituto di ricerca<br />
Hagstotz ITM. Il <strong>Sedus</strong> Office-Power-Check<br />
offre per la prima volta alle azienda la<br />
4/11 9
Informazioni<br />
La comunicazione interna<br />
può essere incrementata<br />
notevolmente installando<br />
per esempio una<br />
postazione di scambio di<br />
idee nella zona centrale<br />
dell’ufficio.<br />
possibilità di quantificare in modo preciso il<br />
tasso di soddisfazione dei lavoratori che<br />
operano all’interno degli uffici. I risultati<br />
mettono in evidenza i punti deboli e i potenziali<br />
di sviluppo. L’Office-Power-Check inoltre<br />
permette di confrontare le indagini assolutamente<br />
anonime con quelle di altre aziende di<br />
analoghe dimensioni che operano nello stesso<br />
settore merceologico.<br />
<strong>Sedus</strong> ha investito molto in questo singolare<br />
strumento, allo scopo di mettere a disposizione<br />
delle aziende un valido supporto di analisi a<br />
basso costo per l’ottimizzazione degli uffici.<br />
Qualsiasi azienda può sperimentare l’Office-<br />
Power-Check, indipendentemente dal settore<br />
di mercato a cui appartiene o dalla sua<br />
dimensione; i costi sono limitati, grazie al<br />
grande lavoro di preparazione svolto da <strong>Sedus</strong>.<br />
Il servizio Office-Power-Check per ora è<br />
disponibile solo in Germania ed è stato accolto<br />
con notevole successo. L’applicazione internazionale<br />
sarà pronta entro breve. Coloro che<br />
fossero interessati potranno contattarci e<br />
richiedere ulteriori informazioni.<br />
Klaus Habann<br />
Il <strong>Sedus</strong> Office-Power-Check<br />
Il <strong>Sedus</strong> Office-Power-Check rappresenta un<br />
valido strumento di analisi, unico nel suo<br />
genere, per tutte quelle aziende di qualsiasi<br />
settore e grandezza che desiderano misurare<br />
il grado di soddisfazione dei propri collaboratori<br />
all’interno dell’ufficio. Tale analisi è<br />
utile per potere definire il potenziale di<br />
miglioramento della performance e per<br />
confrontarlo con quello di altre imprese<br />
consociate dello stesso settore. L’esecuzione<br />
di questo check è molto semplice e consiste<br />
nello svolgere un’indagine anonima all’interno<br />
dell’organico dell’azienda.<br />
I risultati<br />
I risultati dell’indagine potranno dare un<br />
quadro di quello che gli impiegati ritengono<br />
fondamentale all’interno dell’ambiente<br />
ufficio per potere svolgere il loro operato in<br />
modo sereno e appagante: verranno indicati<br />
in rosso gli aspetti che richiedono un<br />
miglioramento o delle modifiche, inclusi i<br />
fattori di minore incisività. Il campo verde è<br />
riservato agli aspetti positivi, che dovranno<br />
tendenzialmente venire potenziati. L’area<br />
gialla indica il potenziale di miglioramento.<br />
L’indice OPC<br />
L’indice OPC mostra concretamente quanto<br />
un azienda può ottenere come potenziale<br />
addizionale, attraverso la realizzazione di un<br />
ambiente ufficio atto a raggiungere un<br />
adeguato clima di benessere produttivo.<br />
Confronti di settore<br />
I risultati delle indagini sugli status aziendali<br />
possono venire confrontati tra loro sulla<br />
base del tipo di prodotto o della dimensione<br />
dell’azienda.<br />
Al momento la funzione Office-Power-Check<br />
è disponibile solo in Germania, la versione<br />
internazionale è in allestimento.<br />
www.hagstotz-itm.de/office-power-check.php
Esempio di lettura dati: benessere produttivo<br />
Potete trovare tutto sul<br />
Office-Power-Check<br />
<strong>Sedus</strong> su:<br />
www.place2point5.com<br />
Webcode: SAPERE5007<br />
11
12<br />
MOZZAFIATO<br />
Il fascino delle immersioni
“Mi immersi ancora<br />
in acqua e il<br />
mondo civilizzato<br />
sparì di nuovo<br />
come per magia”<br />
Jacques Cousteau<br />
Potete trovare la<br />
versione integrale<br />
dell’articolo e ulteriori<br />
informazioni su:<br />
www.place2point5.com<br />
Webcode: IDEE5006<br />
Coloro che fanno immersioni lo sanno: nel<br />
blu profondo, sotto il livello dell’acqua ci<br />
aspettano momenti magici. Si vedono i<br />
delfini, i colori delle scogliere, si incontrano<br />
banchi di pesci. Il settore turistico delle<br />
immersioni anno dopo anno presenta<br />
destinazioni sempre più emozionanti che<br />
promettono esperienze indimenticabili, nei<br />
luoghi più affascinanti del nostro pianeta<br />
azzurro. Negli ultimi tempi stiamo assistendo<br />
alla nascita di nuove offerte<br />
differenziate per quanto riguarda i<br />
soggiorni vacanza. Il trend è decisamente<br />
orientato verso il lusso, il wellness, hotel<br />
prestigiosi e resort esclusivi. É rimasta però<br />
la magia unica di sempre: l’esperienza<br />
mozzafiato di nuotare nelle acque profonde<br />
del mare, in un mondo sommerso.<br />
Chi ce lo fa fare di mettere la testa sott’acqua?<br />
Sott’acqua è bagnato e freddo. E sarebbe più<br />
comodo usare il boccaglio, cosa l’hanno<br />
inventato a fare? Non è la stessa cosa, piuttosto<br />
che immergersi completamente in acqua?<br />
Assolutamente no. Nuotare con il boccaglio a<br />
livello dell’acqua significa rimanere collegati con<br />
il mondo in superficie, è come essere uno<br />
spettatore da lontano. Fare immersione invece<br />
implica entrare a fare parte del mondo sottomarino,<br />
librarsi senza peso nel mare blu – non a<br />
caso la NASA per i propri astronauti che si<br />
devono preparare per una missione spaziale<br />
prevede un allenamento speciale di immersione<br />
profonda in un’apposita vasca. Cosa distingue<br />
coloro che si immergono dagli astronauti?<br />
Quelli che fanno immersione non si trovano in<br />
una banale vasca in cemento, bensì nuotano in<br />
un mondo che esplode di vita e colori. Librarsi<br />
per un ora sott’acqua lungo una scogliera è<br />
come passare 60 minuti nel paese delle<br />
meraviglie. Il riff è un mondo concentrato di<br />
vita: ovunque si possono scorgere coralli di ogni<br />
tipo gialli, rosa, rosso scuro e verde. E i pesci<br />
sembrano volerci stupire con i loro colori e le<br />
loro molteplici forme; è una festa per gli occhi.<br />
Anche i loro nomi suonano particolarmente<br />
colorati: pesce spazzino, pesce cardinale, pesce<br />
imperatore, pesce di velluto, pesce alato, pesce<br />
beccaccia, pesce pipa. Queste incredibili<br />
creature si incrociano e sfilano intorno alle rocce<br />
delle scogliere sott’acqua. Nuvole sfumate di<br />
arancio create dai banchi di canarini di mare si<br />
fanno strada lungo gli scogli sommersi. Pesci<br />
farfalla che “svolazzano” con i loro corpi<br />
appiattiti tra le rientranze delle rocce, sempre in<br />
cerca di cibo e nascondigli. Pesci pappagallo,<br />
14 4/11
Storia<br />
Avanti e indietro<br />
“Nel 1936 una domenica mattina arrivai a Le Mourillon nei pressi di Toulon sul<br />
Mediterraneo e per la prima volta nella mia vita ho guardato sott’acqua con la<br />
mia maschera Fernez. Non potevo credere a ciò che stavo vedendo [...]; scogli<br />
con foreste di alghe verdi, marroni e argento, pesci mai visti che nuotavano<br />
nell’acqua cristallina.<br />
Mi tirai su e vidi la gente fuori e i lampioni della strada. Poi mi immersi ancora<br />
in acqua e il mondo civilizzato sparì di nuovo come per magia. Mi trovai ancora<br />
in un mondo selvaggio, mai visto prima, imperscrutabile dalla superficie”.<br />
Jacques Cousteau descrive così in “Silent World”, la sua opera classica del<br />
1953 sulle esplorazioni del mondo subacqueo, il suo primo emozionante<br />
incontro con l’universo sotto il livello dell’acqua. Quello che è successo a<br />
Cousteau dopo questo suo appassionante approccio è diventato storia. Si è<br />
ingegnato per inventare un’apparecchiatura che gli permettesse di stare in<br />
immersione per lungo tempo, cosa che in apnea non era possibile. Ci riuscì<br />
nel 1943, sette anni dopo che ebbe osservato per la prima volta il mondo<br />
sottomarino con la sua maschera. Potè finalmente fare la sua prima immersione<br />
equipaggiato con un cilindro riempito di aria compressa e un respiratore<br />
automatico. Nasce così l’attrezzatura per sommozzatori per la respirazione<br />
artificiale chiamata Aqualung.<br />
così chiamati per la forma del loro muso, che<br />
rosicchiano i coralli riducendoli in sabbia, quella<br />
che tanto apprezziamo sulle spiagge tropicali.<br />
Tartarughe che nuotano nelle acque profonde e<br />
risalgono per approdare sugli scogli, in superficie.<br />
Banchi di pesci in stretta formazione che<br />
spingono le loro piccole prede impaurite verso<br />
l’alto in una sorta di caccia di gruppo dal<br />
crudele ma naturale epilogo. Barracuda che<br />
rimangono immobili accanto alla scogliera in<br />
attesa che qualche pesce tropicale faccia l’errore<br />
di avvicinarsi troppo. Squali che volteggiano con<br />
movimenti nervosi alla ricerca di prede<br />
nell’oscurità dei fondali. L’immersione con la<br />
bombola offre la possibilità di nuotare nel<br />
profondo blu e di partecipare silenziosamente<br />
da vicino alla vita sottomarina, mentre coloro<br />
che usano il semplice boccaglio per respirare a<br />
filo dell’acqua sono costretti a osservare tutto<br />
da lontano, in modo distaccato. Gli appassionati<br />
di immersione con le bombole vivono esperienze<br />
mistiche, nuotando per lungo tempo nella<br />
meravigliosa natura sottomarina. L’unico suono<br />
che si sente è quello del respiratore che rilascia<br />
bolle argentate che disegnano svolazzi in<br />
verticale per risalire verso la linea di separazione<br />
tra il mondo dell’acqua e quello dell’aria.<br />
Hans Fuchs<br />
Hans Hass in un'immersione.<br />
Jacques Cousteau con un gruppo di subacquei.<br />
Nello stesso periodo un altro campione di apnea volle provare un sistema<br />
alternativo. Il 12 Luglio del 1943 l’austriaco Hans Hass testò un sistema di<br />
respirazione a riciclo, che non produceva bolle che andavano a disperdersi,<br />
bensì recuperava l’aria respirata e la purificava rendendola di nuovo utilizzabile:<br />
il Rebreather. Anche Hass subiva il fascino del mondo sottomarino.<br />
Espresse la sua esperienza con queste parole: “fui completamente assorbito<br />
da questa ora di immersione durante la quale mi ero trasformato da uomo a<br />
essere marino. Per l’eccitazione di stare 15 metri sotto il livello dell’acqua<br />
facevo capriole come un pesce predatore, nuotavo in mezzo ai banchi di<br />
pesci, che sembravano guardarmi come se fossi una loro guardia d’onore<br />
degna di tutto rispetto”.<br />
Entrambi questi personaggi sarebbero diventati successivamente famosi,<br />
avrebbero scritto libri, girato film e si sarebbero avventurati con le loro<br />
barche in grandi spedizioni di ricerca. Dei due differenti sistemi di respirazione<br />
che Cousteau e Hass hanno inventato - l’Aqualung e il Rebreather – quello<br />
che ebbe più successo mondiale fu quello del francese, adottato dalla<br />
maggior parte degli appassionati di immersione. L’apparecchio prese un<br />
nuovo nome e venne battezzato come Self-Contained Underwater Breathing<br />
Apparatus, in breve SCUBA.<br />
Potete trovare altro su Jacques Cousteau nei siti www.cousteau.org e www.cousteaudivers.org<br />
e ulteriori informazioni relative a Hans Hass su www.wikipedia.org/wiki/Hans_Hass
Informazioni<br />
Brevetto per sub in tre giorni<br />
A distanza di 70 anni abbondanti da quando Hans Hass e Jacques<br />
Cousteau hanno fatto le loro prime esperienze subacquee, milioni di<br />
persone nel mondo praticano questo sport con il loro brevetto in tasca<br />
che hanno ottenuto presso le innumerevoli associazioni di immersione,<br />
come per esempio CMAS, PADI, IDD, SSI – e ci fermiamo qui, anche se<br />
la lista risulterebbe infinita. Ogni anno circa un milione di persone dà<br />
gli esami per sub presso il PADI.<br />
Le origini di questo sport risalgono agli anni ’60. Le organizzazioni di<br />
immersione come PADI - Professional Association of Diving Instructors –<br />
hanno avuto un ruolo molto importante in questo. Infatti hanno formulato<br />
e istituito un sistema di insegnamento modulare che ha portato l’attività di<br />
immersione a diventare uno sport sicuro e di facile approccio.<br />
Oggi si può ottenere il brevetto per sub nell’arco di tre giorni presso<br />
qualsiasi centro di insegnamento nelle nostre città o addirittura nei luoghi<br />
di vacanza. Per chi è titubante o ha dei dubbi c’è la possibilità, prima di<br />
fare il corso vero e proprio, di fare delle immersioni di prova preliminari<br />
assolutamente sicure, per potere decidere se è lo sport adatto oppure no.<br />
Ma si sa, una volta che si prova non si vorrebbe mai smettere.<br />
www.padi.com www.cmas.org www.iddworld.com<br />
Fare immersione a due passi da casa<br />
Ma è proprio necessario spostarsi per lunghe distanze per<br />
potere fare delle immersioni? Assolutamente no. In ogni<br />
paese dell’Europa occidentale esistono dei luoghi adatti<br />
alla pratica di questo sport, anche vicino a casa nostra.<br />
Sicuramente non dappertutto l’acqua è di un bel blu<br />
cristallino ma il Mediterraneo è a portata di mano. I paesi<br />
che vi si affacciano offrono paesaggi sottomarini di<br />
notevole bellezza. Vi si possono trovare creature di grossa<br />
taglia (balene, squali, orche nello stretto di Gibilterra,<br />
delfini e tonni) e anche piccoli animali come diverse specie<br />
di lumache marine.<br />
Lungo la costa atlantica il mare diventa più selvaggio,<br />
freddo e scuro ma sott’acqua esiste una grande varietà di<br />
colori. Le coste della Gran Bretagna per esempio sono<br />
abitate da una grande moltitudine di esseri viventi. Gli<br />
appassionati di immersioni vi possono incontrare foche,<br />
squali (lo squalo balena delle acque fredde) oltre a diverse<br />
varietà di specie animali più piccole e colorate. In Svizzera<br />
e in Austria si possono fare immersioni nelle acque<br />
cristalline degli incantevoli laghi alpini e dei fiumi impetuosi.<br />
In Germania il lago montano Baggersee a Hemmoor<br />
nella Sassonia del centro nord, rappresenta una destinazione<br />
per subacquei piuttosto rinomata ma anche di una<br />
certa difficoltà. Nella zona della Ruhr esistono diversi<br />
centri indoor per immersione, come per esempio il<br />
Gasometer. In Belgio, a Bruxelles c’è il Nemo 33, una vasca<br />
artificiale indoor profonda 33 metri. Anche l’Olanda offre<br />
diversi paradisi rinomati internazionalmente: le aree di De<br />
Oosterschelde e De Grevelingen, due territori intorno alle<br />
isole Zeeuwse che pullulano di forme di vita: granchi,<br />
gamberi, gamberetti, piccoli pescetti, cavallucci marini,<br />
gobi, garofani e anemoni di mare.
Consigli letterari<br />
Immergersi con stile<br />
Per anni Tim Simond ha viaggiato in lungo e<br />
in largo per il mondo alla scoperta di hotel e<br />
resort di gran lusso con interessanti luoghi<br />
per immersioni. Ha raccolto le impressioni<br />
della sua ricerca in un libretto intitolato<br />
“Dive in Style”. In questo libro Simond<br />
fornisce molte informazioni utili sui posti da<br />
lui visitati alle Seychelles, in Belize, alle Fiji ,<br />
alle Maldive oltre a diverse altre affascinanti<br />
destinazioni, particolarmente care agli<br />
amanti delle immersioni. Si tratta per la<br />
maggior parte di piccoli squisiti hotel<br />
esclusivi, lontani dal mondo civilizzato, che<br />
offrono quel certo non so che alla Robinson<br />
Crusoe. Secondo Simonds infatti l’esclusività<br />
sta proprio in questo: un luogo tranquillo in<br />
un contesto di natura incontaminata. Sulla<br />
home page di Simonds www.diveinstyle.<br />
com si possono visionare e anche prenotare<br />
diverse destinazioni interessanti.<br />
www.diveinstyle.com<br />
Avventura Oceano<br />
David Hettich, Abenteuer Ozean, Geheimnisse<br />
der Weltmeere Buch und gleichnamige DVD<br />
(Avventure e segreti dei mari-libro e DVD<br />
omonimo) si può ordinare su<br />
Lusso<br />
Gli appassionati di sub desiderano lusso e comfort. Ormai stare nella propria<br />
camera d’albergo, con il sottofondo del rumore del compressore che<br />
durante la notte riempie le bombole di ossigeno per le immersioni in<br />
programma per la mattina successiva, rigirandosi nel letto nell’attesa di<br />
addormentarsi è un ricordo che appartiene al passato. Sono ormai lontane<br />
nel tempo le vacanze in hotel spartani, che non dispongono neppure di<br />
doccia e stanza da bagno in camera, per evitare che i sub vi lavino le proprie<br />
mute e che la polvere di corallo depositata sulle mute intasi gli scarichi. La<br />
richiesta è molto diminuita. La tendenza va verso vacanze in luoghi<br />
paradisiaci perfetti per gli appassionati di immersioni che sono alla ricerca di<br />
nuove esperienze ma che non vogliono rinunciare a destinazioni esclusive<br />
che abbiano un certo non so che alla Robinson Crusoe. Le Maldive rappresentano<br />
un esempio di questo nuovo trend. Negli ultimi anni svariati hotel e<br />
resort sugli atolli corallini dell’Oceano Indiano sono stati ristrutturati e<br />
rinnovati per potere offrire ai visitatori un maggiore lusso e più comfort e in<br />
molti casi anche dei pacchetti wellness addizionali. Oggi si possono trovare<br />
tantissimi hotel e resort esclusivi e di altissimo prestigio. Gli amanti delle<br />
immersioni qui possono godere di una perfetta combinazione di strutture<br />
alberghiere di elevato livello abbinate a programmi di immersioni assolutamente<br />
esclusivi. Un esempio di questa categoria è il Lizard Island Lodge,<br />
un’oasi su un’isola corallina del Great Barrier Reef con pista d’atterraggio<br />
privata. Un lusso analogo viene offerto anche dal Frégate Island Private, un<br />
hotel sull’omonima isola del gruppo delle Seychelles e da altri prestigiosi<br />
hotel e resort nelle Fiji, nella Polinesia Francese, in Costa Rica, in Belize e in<br />
altri luoghi paradisiaci. Anche sul vicino Mediterraneo è sempre più facile<br />
trovare allettanti combinazioni di sistemazioni in strutture di lusso abbinate<br />
a interessanti programmi di immersione.<br />
Hans Fuchs<br />
www.abenteuer-ozean.de<br />
4/11<br />
17
VOGLIAMO TE!<br />
Mission Place 2.5<br />
Per dirla chiaramente: vogliamo convincervi della validità del concetto Place 2.5.<br />
Vorremmo attirare l'attenzione sulla nuova cultura dell’ufficio per il benessere produttivo<br />
e mostrarvi la concezione degli ambienti ufficio dove si lavora dando volentieri il<br />
meglio di sé per il bene dell’azienda. Per permettervi di farvi un’idea precisa senza<br />
rischio di malintesi qui sotto abbiamo preparato per voi un elenco che riassume e<br />
concentra tutte le argomentazioni.<br />
Scoprite come aumentare<br />
la vostra performance<br />
con <strong>Sedus</strong> su<br />
www.place2point5.com<br />
Webcode: IDEE5007<br />
In un Place 2.5<br />
• le postazioni di lavoro sono concepite in<br />
modo tale che le persone si sentano a<br />
proprio agio e il clima lavorativo sia<br />
pervaso da una sensazione di considerazione<br />
individuale;<br />
• l’ambiente lavorativo risponde alle necessità<br />
delle persone che vi lavorano e offre loro lo<br />
stesso stimolo qualitativo che possono<br />
trovare a casa o nei luoghi del tempo libero;<br />
• l’identificazione dell’impiegato con<br />
l’azienda e con gli obiettivi di quest’ultima<br />
cresce notevolmente e lo stesso vale per la<br />
motivazione professionale;<br />
• si trovano più stimoli per la creatività e la si<br />
mette al servizio dell’azienda;<br />
• si lavora in sinergia e si collabora in svariate<br />
modalità con i colleghi;<br />
• anche il dialogo informale tra colleghi<br />
riguardo questioni aziendali trova il suo<br />
spazio e ciò porta allo sviluppo di nuove<br />
soluzioni relative ai progetti in corso;<br />
• la forza lavoro è in salute e in forma, di<br />
conseguenza le ore di malattia si riducono;<br />
• la produttività cresce fino al 36%.<br />
18 4/11
Sono tutti buoni motivi per cui vale davvero la<br />
pena approcciarsi seriamente al concetto di Place<br />
2.5, soprattutto per le aziende che fanno grande<br />
affidamento sulla capacità creativa e le motivazioni.<br />
Per questo motivo <strong>Sedus</strong> promuove con<br />
convinzione il nuovo stile di Place 2.5 anche<br />
attraverso nuovi mezzi: con un magazine<br />
stimolante, sorprendente e di piacevole lettura,<br />
che diverte e che offre contenuti di grande utilità<br />
personale e professionale. Per chi desiderasse<br />
ulteriori informazioni, c’è un forum interessante<br />
di approfondimenti su internet. Registrandosi si<br />
ottengono informazioni sulle ultime tendenze<br />
relative alla progettazione degli uffici.<br />
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Place 2.5. Puoi compilare questo semplice modulo<br />
oppure iscriverti su www.place2point5.com.<br />
Informazioni<br />
Le persone, in quanto tali, contano<br />
Nella progettazione di un ufficio di solito la voce con più peso<br />
è quella dei costi di realizzazione; vogliamo porre risalto sugli<br />
autentici costi di un azienda: l’arredamento influisce in realtà<br />
solo per circa l’1% e i costi del personale pesano sul bilancio<br />
per l’80%. Le soluzioni di mobili per ufficio tradizionali che<br />
rispondono esclusivamente a pure necessità di arredamento<br />
non sono di grande aiuto in un azienda. Il concetto Place 2.5<br />
conferisce alla progettazione di un ufficio il suo vero valore: il<br />
personale rappresenta il fattore di successo di un’azienda ed è<br />
il punto di partenza per il concepimento di un adeguato spazio<br />
lavorativo che duri con efficienza nel tempo.<br />
4/11<br />
19
Un punto fermo<br />
Intervista con l’architetto Jens Ludloff<br />
Come la punta di un<br />
iceberg il centro sviluppo<br />
staglia sull’area della<br />
società <strong>Sedus</strong> Stoll AG,<br />
con la sua facciata del<br />
tutto originale.<br />
Il moderno edificio giace come un monolite<br />
all’interno dell’area industriale del gruppo<br />
<strong>Sedus</strong> a Dogern. La facciata velata disegnata<br />
seguendo uno stile prettamente tessile dona<br />
alla costruzione un aspetto introverso e a<br />
prima occhiata poco entusiasmante. Si tratta<br />
del nuovissimo centro di innovazione e<br />
sviluppo realizzato dagli architetti Ludloff +<br />
Ludloff di Berlino, già attivo e occupato dai<br />
suoi utenti. Nell’intervista che segue Jens<br />
Ludloff ci spiega come ha affrontato l’incarico<br />
della costruzione di questo edificio<br />
insieme al suo team.<br />
La costruzione di un centro di sviluppo è<br />
un incarico interessante e non troppo<br />
frequente per un architetto.<br />
Qual è stata la sfida principale nella realizzazione<br />
del progetto <strong>Sedus</strong>?<br />
Jens Ludloff: Fortunatamente agli architetti<br />
vengono commissionati molti incarichi particolari:<br />
è il bello della professione. La particolarità di<br />
questo progetto era quella di lavorare con un<br />
committente che, in qualità di realizzatore e<br />
costruttore di arredamenti per ufficio, aveva<br />
familiarità con il metodo di lavoro di un architetto<br />
e ha dimostrato molta fiducia nei confronti del<br />
nostro operato.<br />
L'impostazione planivolumetrica ha tenuto conto<br />
di tutti gli aspetti legati a una produzione di<br />
mobili in "piccolo", dal processo creativo passando<br />
per la fabbricazione dei primi modelli fino alla<br />
produzione dei prototipi e alla sperimentazione<br />
della loro funzionalità e resistenza.<br />
Il nostro compito era di portare sotto lo stesso<br />
tetto, in condizioni di lavoro ottimali, diverse<br />
funzioni aziendali collegate allo sviluppo del<br />
prodotto, quali progettisti, tecnici, artigiani,<br />
e acquisti.<br />
Come realizzare dunque una struttura nella quale<br />
20 4/11
le diverse parti coinvolte collaborano in qualità di<br />
utenti al raggiungimento di uno stesso scopo?<br />
Una struttura in cui si sviluppano nuovi prodotti<br />
fino alla fase di produzione in serie, in cui sono<br />
raggruppate officine per la lavorazione di legno,<br />
plastica e acciaio, una cabina di verniciatura, una<br />
tappezzeria, laboratori di prova, sale riunioni, sale<br />
espositive ed uffici?<br />
Ne è risultato un mondo a sé stante: ritengo che<br />
abbiamo realizzato un edificio che consente di<br />
conciliare esigenze spesso eterogenee. Solo le<br />
prossime generazioni di prodotti <strong>Sedus</strong> potranno<br />
dimostrare se siamo effettivamente riusciti a<br />
soddisfare il nostro compito.<br />
Quali sono state le indicazioni concrete<br />
fornite dal committente e come avete<br />
risposto all'esigenza di avere postazioni di<br />
lavoro moderne?<br />
Jens Ludloff: Lo scopo non era solo quello di<br />
raggruppare in un'unica struttura tutti i soggetti<br />
coinvolti nel processo di sviluppo, ma anche<br />
quello di creare al suo interno un'atmosfera che<br />
stimolasse in egual misura la comunicazione e la<br />
concentrazione. Si è trattato in un certo qual<br />
modo di fondere caratteristiche che in un primo<br />
momento possono apparire contrastanti.<br />
Ci siamo naturalmente posti il problema immedia-<br />
Jens Ludloff e sua moglie Laura Fogarasi-Ludloff hanno aperto il loro studio a Berlino<br />
nel 2007. La loro casa “Haus FL” in Bernauer Straße fa convivere sotto lo stesso<br />
tetto i due concetti di abitazione e luogo di lavoro.<br />
4/11 21
All’interno troneggia una<br />
scala a chiocciola che<br />
porta dal piano terra al<br />
piano superiore. Viene<br />
utilizzata dagli impiegati<br />
per recarsi in breve tempo<br />
dal reparto magazzino e<br />
laboratorio al piano degli<br />
uffici.<br />
to di cosa significhi "lavorare oggi", ovvero di<br />
quali siano i propulsori del lavoro creativo. Dopo<br />
che per anni si è affermato che i cosiddetti "nuovi<br />
mezzi di comunicazione" avrebbero portato<br />
nell'immediato futuro alla scomparsa del tradizionale<br />
posto di lavoro inteso nel vero senso della<br />
parola come "posto all'interno di un'azienda",<br />
per <strong>Sedus</strong> abbiamo seguito il percorso inverso.<br />
L'accesso alle informazioni digitali ci garantisce<br />
certamente una certa autonomia spaziale e ci<br />
permette di svolgere determinate mansioni<br />
mentre siamo in viaggio o da casa. La realizzazione<br />
di mobili comporta però l'interazione tra molte<br />
discipline. Un prodotto si sviluppa solo sulla base<br />
dello scambio diretto tra diversi professionisti, il<br />
quale impone un vero e proprio "lavoro di<br />
squadra" attentamente coordinato.<br />
Non vi è dunque solo un server sul quale convergono<br />
tutte le informazioni, al quale tutte le parti<br />
coinvolte possono accedere. Da queste informazioni<br />
occorre anche saper trarre le giuste conclusioni<br />
e il necessario confronto si svolge in un<br />
luogo reale.<br />
Tale luogo non può essere un laboratorio<br />
anonimo in cui si lavora in camice bianco, non per<br />
niente le consultazioni più importanti in ambito<br />
politico, ma anche a livello privato, si svolgono<br />
spesso deliberatamente in luoghi particolari.<br />
Per noi era importante creare spazi carichi di<br />
valenze emozionali! Non volevamo realizzare<br />
quindi un "white cube" in cui le postazioni di<br />
lavoro fossero intercambiabili, ma piuttosto una<br />
struttura che offrisse spazi dalle differenti<br />
atmosfere e coinvolgesse volutamente i<br />
nostri sensi.<br />
Come siete giunti a questo edificio dalla<br />
forma monolitica? Quale immagine intendevate<br />
offrire?<br />
Jens Ludloff: La nuova sede di <strong>Sedus</strong> è ubicata<br />
nelle immediate vicinanze del magazzino verticale<br />
automatico che lo studio di architettura Sauerbruch<br />
Hutton ha dotato di una vivace combinazione<br />
di colori e di un ex ufficio doganale ad un<br />
piano con tetto a padiglione risalente agli anni<br />
'40. Non si poteva dunque immaginare un contrasto<br />
maggiore. In questa zona si assiste ad un<br />
salto dimensionale tra edificazione periferica e<br />
zona industriale.<br />
Esagerando un po' si può affermare che, in<br />
questo specifico contesto, si gioca la contrapposizione<br />
tra l'"architettura analogica" e quella<br />
"virtuale". Ed è proprio in questo ambito<br />
conflittuale che abbiamo collocato un corpo<br />
quasi immateriale nel suo involucro tessile, ma<br />
allo stesso tempo tangibile grazie alla sua<br />
volumetria concreta, il quale crea una sorta di<br />
interazione tra l'appariscenza del magazzino<br />
automatico e l'architettura concreta dell'ufficio<br />
doganale. La cubatura dell'edificio presenta<br />
alcuni rimandi alla tipologia architettonica di<br />
paese e la struttura possiede tutte le caratteristiche<br />
di una casa "tradizionale", come le falde<br />
inclinate, le linee di gronda, i colmi, ecc., ma<br />
prepara anche il passaggio alla tipologia architettonica<br />
della zona industriale. Il rivestimento<br />
tessile delle facciate fa apparire l'edificio concreto<br />
e massiccio oppure immateriale ed inattaccabile a<br />
seconda delle condizioni di luce.<br />
Il volume dell'edificio è dominato da<br />
geometrie forti, solo la scala principale<br />
arrotondata sembra ammorbidire questo<br />
rigore, la cromaticità è sfumata ed armoniosa.<br />
Da dove avete tratto l'ispirazione?<br />
Jens Ludloff: La geometria deriva direttamente<br />
dal contesto di urbanistica di piccola scala che<br />
prevale negli ambienti interni; è per questo che<br />
in parte le pareti dell'ufficio a spazio aperto<br />
ricordano formalmente le strutture spaziali di un<br />
22 4/11
Fatti<br />
paese. Viene richiamata inconsciamente l'immagine<br />
di diverse tipologie di tetti, timpani e gronde.<br />
La forma del tetto e la sua immagine vista<br />
dall'interno contribuiscono in maniera significativa<br />
ad una percezione differenziata dell'ufficio a<br />
spazio aperto. Allo stesso tempo questo "panorama<br />
di tetti" sembra essere sospeso su un fregio di<br />
paesaggio reale. Contrastano invece le "geometrie<br />
morbide" delle scale di accesso all'edificio.<br />
Quali sono a Suo avviso i componenti<br />
progettuali che hanno maggiore priorità<br />
nella progettazione di aree di lavoro?<br />
Come avete attuato i vostri obiettivi in<br />
questo caso?<br />
Jens Ludloff: Consideriamo gli uffici realizzati qui<br />
come una base per una sorta di "ricerca empirica<br />
sul campo" che ha come oggetto un mondo del<br />
lavoro in rapida evoluzione. Noi abbiamo<br />
realizzato l'involucro, il "contesto naturale" che<br />
toccherà ora a <strong>Sedus</strong> riempire di vita. La nostra<br />
"disposizione sperimentale" non è però un<br />
involucro anonimo che aspetta solo di essere<br />
arredato ed interpretato dai collaboratori. Quello<br />
che abbiamo progettato è uno spazio "sensibile",<br />
emozionale che a nostro avviso vedrà aumentare<br />
la sua importanza proprio a fronte di un mondo<br />
del lavoro sempre meno legato ad una precisa<br />
ubicazione. In fase di attuazione abbiamo<br />
ovviamente ricercato un'acustica sfumata,<br />
condizioni di luce ottimali ed un clima ambientale<br />
con ridotta convezione. La realizzazione dettagliata<br />
dello spazio con diverse altezze e profondità<br />
dei locali risponde alle esigenze dei singoli<br />
processi di lavoro. Si assiste in un certo qual<br />
modo ad un'individualizzazione all'interno di uno<br />
spazio aperto senza che si perda l'effetto di<br />
"spazio unico". Abbiamo adottato un "artifizio"<br />
simile nella nostra Haus FL di Berlino, nella quale<br />
siamo riusciti a suddividere uno spazio continuo<br />
in singoli ambienti solo attraverso i colori e le<br />
finte prospettive.<br />
Come descriverebbe l'esperienza spaziale<br />
e la percezione sensoriale offerte dall'edificio?<br />
E in che modo esso coinvolge i sensi dei<br />
suoi fruitori?<br />
Jens Ludloff: Naturalmente, a contare non è solo<br />
l'impressione dello spazio fornita all'interno<br />
dell'edificio, ma l'esperienza comincia già dalla<br />
collocazione della struttura nell'ambito del<br />
paesaggio della periferia urbana.<br />
Quando si accede all'edificio attraverso l'avvolgente<br />
e leggera facciata tessile, nel foyer ci si<br />
trova dapprima di fronte ad una pesante parete<br />
di cemento cesellato, la cui superficie grezza e<br />
"ferita" crea un intenzionale contrasto con<br />
l'aspetto esteriore dell'edificio. La superficie<br />
Sopra: l’edificio in una<br />
simulazione di luce<br />
diurna. Sotto: nel cuore<br />
dell’edificio al piano<br />
superiore si trova l’area di<br />
progettazione illuminata<br />
con la luce del giorno<br />
indiretta.<br />
4/11
Fatti<br />
Centro di Ricerca e<br />
Innovazione <strong>Sedus</strong><br />
Committente:<br />
<strong>Sedus</strong> Stoll AG<br />
Architetto:<br />
Ludloff + Ludloff<br />
Architekten, Berlin<br />
Luogo: Dogern,<br />
Koordinaten<br />
47°36’16.47”N,<br />
8°9’47.94”E<br />
Superficie totale:<br />
3.200 m²<br />
Costo totale:<br />
5,3 Milioni Euro<br />
Tempo di costruzione:<br />
da maggio 2008<br />
a novembre 2010<br />
Posti di lavoro negli<br />
uffici: per 22 persone<br />
Posti di lavoro in fabbrica:<br />
per 8 persone<br />
ruvida fa riecheggiare il rumore e solo qui ci si<br />
rende conto di non essere all'interno di un<br />
padiglione leggero, ma di trovarsi invece in una<br />
struttura solida. La leggerezza del bozzolo<br />
nasconde un nucleo massiccio. Dopo aver<br />
attraversato l'involucro quasi intangibile della<br />
costruzione, del quale non è mai possibile<br />
afferrare del tutto l'aspetto, ci si trova poi nel<br />
"mondo reale" fatto<br />
di "materiali veri".<br />
L'apertura sul soffitto<br />
che dà sul primo<br />
piano nasconde<br />
dapprima più di<br />
quanto lasci intravedere,<br />
e solo salendo la<br />
massiccia scala lungo<br />
le pareti cesellate si<br />
apre a poco a poco lo<br />
spazio aperto del<br />
primo piano.<br />
Salendo le scale si<br />
accede infatti ad una hall al di sopra della quale si<br />
eleva un baldacchino azzurro simile ad un cielo<br />
artificiale, che sembra stare sospeso sulle vetrate<br />
montate a filo della sequenza perimetrale di<br />
finestre. Il baldacchino è formato da un tetto a<br />
falde piegato lungo la diagonale della pianta, il<br />
quale presenta diverse altezze di gronda. Questa<br />
struttura genera all'interno diverse false prospettive<br />
che accorciano o allungano visivamente gli<br />
spazi. La tonalità azzurro cielo contribuisce a<br />
rendere sfuggente l'altezza del soffitto. Il<br />
pavimento in gomma rossa viene avvertito come<br />
molto più morbido rispetto al cemento della scala<br />
e del foyer, ciò che conferisce all'ambiente un<br />
certo senso di intimità senza compromettere<br />
l'effetto loft di questo ufficio a spazio aperto.<br />
Arrivando sul rivestimento rosso del pavimento si<br />
“L’atmosfera dello<br />
stabile deve potere<br />
stimolare sia la<br />
comunicazione che la<br />
concentrazione”<br />
giunge dunque ad un plateau, e le vetrate<br />
perimetrali a filo aprono la vista sulle pendici delle<br />
colline della valle del Reno. Il contrasto cromatico<br />
tra la tonalità verde di questo "fregio paesaggistico"<br />
e il rosso terra contribuisce a caratterizzare la<br />
figura dello spazio. Al centro del plateau si erge<br />
un corpo rivestito in tessuto di tonalità grigio<br />
chiaro, il cui volume è difficilmente apprezzabile<br />
dal momento che le<br />
superfici tessili tese a filo<br />
sembrano di profondità<br />
diversa. Direttamente di<br />
fronte alle scale di<br />
accesso, il corpo appare<br />
quasi trasparente e una<br />
volta aperte le porte<br />
sagomate si entra nella<br />
sala di progettazione<br />
alta 7 metri ed adibita<br />
ad esposizioni e<br />
presentazioni.<br />
Un ampio lucernario<br />
laterale lascia penetrare in profondità la<br />
luce naturale diffusa nella cubatura<br />
dell'edificio creando il<br />
presupposto per un<br />
effetto quasi<br />
museale. Quasi come<br />
al culmine del<br />
percorso compiuto<br />
attraversando gli uffici,<br />
tramite una scala a chiocciola<br />
più nascosta si giunge ad una<br />
stanza separata posta al piano sottotetto.<br />
Illuminato da un lucernario, questo sottotetto<br />
non offre volutamente alcuna vista e si presta<br />
dunque come luogo di clausura.<br />
Vi sono peculiarità o raffinatezze strutturali<br />
e tecniche che non sono apprezzabili<br />
Studio architetti<br />
Ludloff + Ludlof<br />
www.ludloffludloff.de
Fatti<br />
dall'esterno?<br />
Jens Ludloff: Come in molti dei nostri progetti,<br />
alcuni dettagli tecnici sono stati sviluppati appositamente<br />
per questo progetto costruttivo. Ciò non<br />
accade però mai per uno scopo fine a se stesso,<br />
ma piuttosto per una necessità<br />
interiore della cosa in sé, con l'obiettivo di creare<br />
o valorizzare un'atmosfera particolare. Tra questi<br />
dettagli vi sono ad esempio le vetrate montate a<br />
filo delle finestre isolate a triplo vetro, le quali<br />
conferiscono al tetto un effetto di "sospensione".<br />
Anche la struttura a doppio strato della facciata,<br />
ottenuta con la combinazione di una "sottoveste"<br />
in membrana impermeabilizzante colorata e<br />
di un "vestito esterno" in tessuto di fibra di vetro,<br />
rappresenta una nuova soluzione.<br />
È la diversa cromaticità di questi materiali a<br />
rendere possibile quella leggerezza "diffusa" che<br />
ricercavamo. Come per tutti gli edifici che<br />
progettiamo, anche per <strong>Sedus</strong> abbiamo attuato<br />
un progetto a basso consumo energetico, dove la<br />
refri- gerazione è garantita da acqua di<br />
pozzo ed il calore dissipato<br />
dalle macchine dell'impianto<br />
idropulsatore viene<br />
impiegato per<br />
Contesto<br />
Con la costruzione del suo nuovo centro di Ricerca e Innovazione la società<br />
<strong>Sedus</strong> Stoll AG ha posto un’ulteriore pietra miliare nel trasferimento<br />
dell’intera sede centrale del gruppo, che un tempo era a Waldshut,<br />
presso la località di Dogern dove prima c’era solo la produzione. Il passo<br />
conclusivo dell’operazione che coronerà la filosofia di “sede unificata” sarà<br />
la realizzazione di un edificio adibito a uffici e showroom. E’ già stato fatto<br />
un bando di concorso tra gli architetti e lo studio di Monaco degli architetti<br />
Allmann Sattler Wappner si è aggiudicato l’incarico.<br />
www.allmannsattlerwappner.de<br />
scaldare l'acqua sanitaria.<br />
Cosa è per Lei in sostanza un'architettura<br />
da vivere?<br />
Jens Ludloff: Un'architettura che sorprende, che<br />
consente di scoprire e provare quello che non si<br />
conosce, che provoca i sensi e che solleva domande.<br />
Un'architettura che idealmente offre in egual<br />
misura una sensazione di sicurezza e tensione.<br />
Ed infine una domanda più personale: in<br />
che misura la sua opera risente dell'architettura<br />
del suo ambiente di lavoro?<br />
Abbiamo la fortuna di lavorare in ambienti che<br />
abbiamo progettato in prima persona. Anche<br />
in questo caso il luogo è tutt'altro che<br />
intercambiabile, ma costituisce piuttosto una<br />
fonte della nostra ispirazione.<br />
Intervista di Dorothea Scheidl-Nennemann<br />
A sx: scale con pareti in<br />
cemento zigrinato.<br />
Sopra: sequenza di foto<br />
che ritraggono gli<br />
ambienti lavorativi al<br />
piano superiore. In<br />
mezzo: prospettiva in 3D<br />
del piano superiore.<br />
Sulla nostra piattaforma internet<br />
potrete trovare questo<br />
articolo online insieme ad ulteriore<br />
materiale fotografico<br />
e tre video relativi al centro<br />
di Ricerca e Innovazione:<br />
www.place2point5.com<br />
Webcode: FATTI5009<br />
4/11 25
Il bel pianeta azzurro<br />
Il sogno di un mondo migliore
Ho un sogno, e dovrei rinunciarci: ci sono<br />
sogni meno ambiziosi, sogni più modesti del<br />
mio. Il mio sogno non riguarda cose terrene,<br />
per niente, ma è imperniato sull’ultraterreno.<br />
Cosa non darei per potere almeno una volta<br />
fuggire nell’infinito, sottrarmi alla forza di gravità<br />
e librarmi nello spazio, per osservare da lontano<br />
lo spettacolo della nostra sfera terrestre lucente<br />
che silenziosamente gira su se stessa, su uno<br />
sfondo nero come velluto. La prima ballerina di<br />
un balletto celestiale. Il nostro pianeta azzurro!<br />
Questo mio sogno è nato, come probabilmente è<br />
successo a milioni di persone che a quell‘epoca<br />
erano ragazzini, quando ho visto per la prima<br />
volta le immagini del primo uomo che ha messo<br />
piede sul suolo lunare, Neil Armstrong. Cosa<br />
abbiamo visto veramente quella sera del 20<br />
Luglio 1969? Ombre sfumate che saltellavano nel<br />
pulviscolo lunare. Grigio su grigio. La televisione<br />
a colori non era ancora diffusa. Solo gli astronauti<br />
americani hanno potuto vedere con i loro occhi<br />
ciò che nessuno aveva mai potuto ammirare<br />
prima: il proprio pianeta che fluttua in un<br />
firmamento nero pece e che risalta come se<br />
fosse la luna.<br />
“Un piccolo passo per l’uomo, un grande<br />
passo per l’umanità”<br />
Neil Armstrong forse era troppo impegnato a<br />
scrivere la storia, per dedicarsi a certi sentimentalismi.<br />
Il suo collega dell’Apollo 14, Edgar Mitchell,<br />
successivamente ha raccolto le proprie impressioni<br />
e le ha messe su carta.<br />
“Improvvisamente, dietro il contorno bianco<br />
della luna è sbucata, come in un sublime<br />
momento rallentato, una sfavillante gemma<br />
bianco azzurra, una sfera chiara, delicata, di colore<br />
azzurro cielo, circondata da velature biancastre<br />
che le turbinavano dolcemente intorno. Lentamente<br />
si stagliava come una piccola perla che<br />
emerge da un mare profondo. Imperscrutabile e<br />
misteriosa. C’è voluto un po’ per realizzare che si<br />
trattava della terra, il nostro pianeta”.<br />
Sta proprio in questo il grande vantaggio che<br />
l’esplorazione umana dello spazio ha ottenuto:<br />
non ci ha solo regalato nuove conoscenze<br />
scientifiche e pratiche, come per esempio il<br />
teflon. La verità è che l’umanità ha potuto<br />
acquisire una nuova visuale, quasi divina, del<br />
proprio mondo. La nostra cara vecchia terra è il<br />
posto dove stiamo, sin dall’inizio della nostra<br />
esistenza terrena, ancorati dalla forza di gravità e<br />
legati al nostro destino. Qui abbiamo il maltempo,<br />
gli ingorghi, il degrado ambientale e le<br />
catastrofi naturali, le guerre, la fame, le malattie,<br />
la sofferenza e la morte.<br />
Il nostro pianeta blu però è anche un voto, un<br />
impegno. Una metafora metafisica che ci indica<br />
la nostra missione, che solo negli ultimi anni<br />
siamo riusciti ad intuire, in quanto unici esseri<br />
viventi responsabili del nostro stesso pianeta. Il<br />
pianeta blu rappresenta la nostra visione ideale di<br />
un mondo migliore: imparziale e senza frontiere,<br />
incontaminato e di una bellezza eterna.E al<br />
contempo fragile. Azzurro è il colore che si vede<br />
da lassù, il colore universale della vita.<br />
John Young è il nono dei dodici uomini che sono<br />
stati sulla luna e che hanno vissuto questa<br />
incredibile e privilegiata esperienza di prospettiva<br />
ribaltata della terra. Quanto ha riportato suona<br />
quasi come un evento di profondo risveglio:<br />
“Tutti dicono: che pianeta meraviglioso che<br />
abbiamo. Io sono John Young e l’ho visto: è<br />
veramente meraviglioso e noi dovremmo<br />
prendercene cura, in modo che rimanga tale<br />
anche in futuro. Tutti noi. É il nostro dovere,<br />
dobbiamo fare tutto quanto ci è possibile per<br />
riuscire a fare diventare il nostro pianeta come<br />
l’immagine che ho visto da lontano.<br />
Forse il mio sogno si può realizzare.<br />
Me lo auguro.<br />
Reinhard Stöhr<br />
Gite nello spazio<br />
Informazioni<br />
Nel 1969 l’investimento per<br />
l’impresa fu notevole; anche al<br />
giorno d’oggi ci vogliono<br />
somme astronomiche. La ditta<br />
russa RKK Energija offrirà<br />
nell’immediato futuro viaggi<br />
sulla luna per un costo di 100<br />
milioni di dollari USA. Oggi la<br />
ditta più importante per<br />
quanto riguarda il turismo<br />
spaziale privato è l’azienda<br />
americana Space Adventures<br />
che finora ha organizzato<br />
viaggi nello spazio per sette<br />
clienti. Informazioni e<br />
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www.spaceadventures.com<br />
Potrete trovare on-line<br />
ulteriori informazioni e<br />
immagini relative al nostro<br />
pianeta su:<br />
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4/11<br />
27
Online<br />
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tenete in mano in questo momento. Il<br />
Place 2.5 è anche una piattaforma<br />
d'informazione sul Web, che può fornirvi<br />
ispirazione e stimolo per dare nuovi<br />
impulsi alla cultura del vostro ufficio e<br />
del vostro lavoro.<br />
A coloro che, in linea con il tema di questo<br />
numero, sono interessati ai colori più efficaci<br />
nei loghi aziendali consigliamo di dare<br />
un’occhiata all’articolo “Rosso vs blu” dove<br />
troverete spunti e punti di vista affascinanti e<br />
anche divertenti.<br />
Vi troverete uno special interessante sulla<br />
storia della penna stilografica e all'interno<br />
della sezione “Città che cambiano” abbiamo<br />
redatto per voi un ritratto della nuova<br />
Manchester. Una città che si è strutturata per<br />
accogliere viaggi d'affari. Due articoli estremamente<br />
attuali ci raccontano come nei Paesi<br />
Bassi siano stati realizzati due esempi moderni<br />
d'impiego di illuminazione dai toni blu e ci<br />
spiegano gli effetti di questo tipo di luce.<br />
28<br />
4/11
Forum<br />
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4/11 29
La Germania<br />
si dà malata<br />
e l’Europa cosa fa?<br />
Il 15% delle malattie è una finzione<br />
In Germania si dice “Morgen mach ich<br />
blau…” (domani faccio blu) quando si<br />
simula una malattia per non andare a<br />
lavorare. Anche negli altri paesi europei<br />
succede la stessa cosa, solo che si chiama<br />
in altri modi.<br />
“Blaumachen” in Germania significa stare a<br />
casa dal lavoro senza permesso ed è un<br />
fenomeno piuttosto diffuso in Europa. Gli<br />
spagnoli lo chiamano “hacer novillos” (fare i<br />
buoi), in Gran Bretagna semplicemente si<br />
chiama “skip work” (marinare), i francesi usano<br />
“se faire porter<br />
pâle” (dichiararsi<br />
malaticci), in Italia lo<br />
chiamiamo assenteismo<br />
e nei Paesi Bassi<br />
ci si prende un<br />
“Baaldag”.<br />
In particolare<br />
succede il lunedì o il<br />
giorno successivo ad<br />
una pausa festiva.<br />
Spesso si tratta degli<br />
stessi recidivi e non<br />
raramente si presentano addirittura con il<br />
foglietto del medico.<br />
La Aon è la più importante società al mondo<br />
che si occupa di consulenza in merito al<br />
management dei rischi aziendali e Human<br />
Capital Consulting. Nell’anno 2010 ha<br />
condotto alcuni studi che hanno rilevato che<br />
in dieci paesi europei di una certa importanza<br />
“1,7 milioni di tedeschi<br />
tendono a mettersi in<br />
malattia in autunno”<br />
bild.de<br />
economica i giorni di assenteismo sono stati<br />
120 milioni all’anno; le verifiche hanno<br />
stabilito che si trattava di false malattie.<br />
La Aon ha condotto delle ricerche per lo<br />
“European Sick Leave Index“ (ESLI) con i<br />
dati di più di 7.500 lavoratori di Belgio,<br />
Danimarca, Germania, Francia, Gran Bretagna,<br />
Paesi Bassi, Norvegia, Svizzera e Spagna.<br />
Se si considera una media di otto ore per<br />
ogni giornata<br />
lavorativa alla fine<br />
dei conti è risultato<br />
che le ore perse dai<br />
lavoratori di questi<br />
paesi sono circa un<br />
miliardo. I costi<br />
relativi ammontano<br />
a circa 40 miliardi di<br />
Euro. La società Aon<br />
inoltre aggiunge che<br />
questi dati sono<br />
largamente approssimativi<br />
poiché di sicuro molti dei lavoratori<br />
intervistati non hanno osato ammettere<br />
apertamente che hanno finto la malattia per<br />
avere giorni liberi. Inoltre il danno economico<br />
calcolato è relativo esclusivamente ai costi<br />
diretti legati agli stipendi. Praticamente la<br />
cifra esprime la perdita economica di<br />
produzione generata dall’assenteismo per<br />
30 4/11
finta malattia.<br />
Perché per darsi malati si utilizza il termine<br />
“blaumachen”?<br />
Non si conosce di preciso la vera origine di<br />
questo modo di dire. Ci sono diverse ipotesi<br />
che vanno dal lunedì blu degli artigiani tintori<br />
dei tempi del Medio Evo ai dettami religiosi<br />
relativi al digiuno. Comunque sia la società<br />
Aon pensa che ci siano delle cause precise<br />
per cui ogni tanto si sente il bisogno di<br />
fingersi malati per avere uno stacco dal<br />
lavoro. Tra le altre cose ai lavoratori intervistati<br />
è stato chiesto il vero motivo per il quale<br />
sono stati a casa l’ultima volta che si sono<br />
dati malati. In media solo per il 57% si<br />
trattava di autentica malattia. I più diligenti<br />
sono i danesi (78%), mentre fra gli spagnoli<br />
solo il 37% si è assentato perché veramente<br />
malato. Fra i lavoratori intervistati dei diversi<br />
paesi europei in causa, la media totale di<br />
quelli che hanno ammesso di essersi assentati<br />
per motivi non legati alla malattia è del 37%.<br />
Le vere cause erano diverse: morte di un<br />
membro della famiglia, la separazione dal<br />
partner o un appuntamento a casa con<br />
l’idraulico o il muratore. Anche la necessità di<br />
dovere accudire un familiare è risultato un<br />
motivo di assenteismo ricorrente. Il 10% ha<br />
dichiarato che la causa del darsi malato è in<br />
genere una combinazione di fattori personali,<br />
di salute e di rapporto con il proprio ambiente<br />
lavorativo. Stranamente solo il 2% degli<br />
intervistati ha indicato che il motivo di<br />
assenteismo per loro è stato semplicemente<br />
la mancanza di voglia di lavorare, generata da<br />
situazioni di stress o da conflitti con i colleghi.<br />
L’assenteismo si può pianificare<br />
Da alcuni dati emerge che i francesi sono una<br />
nazione di lavoratori esemplare: il 52% non<br />
prende assolutamente giorni di malattia<br />
durante l’anno. La media europea è del 28%.<br />
Capolista in senso opposto è la Norvegia: il<br />
10% prende più di due settimane l’anno di<br />
permessi per malattia. In media il 30% degli<br />
europei fanno da due a tre giorni di assenze<br />
per malattia. Non si sa se dietro questi dati si<br />
cela una sorta di pianificazione o se si tratta<br />
Con o senza certificazione<br />
del medico: molti<br />
tendono a stare a casa i<br />
lunedì e i giorni successivi<br />
alle festività.<br />
4/11<br />
31
Paesi nei quali i lavoratori ammettono di essersi dati malati:<br />
Gran Bretagna<br />
Paesi Bassi<br />
20 21 21<br />
20<br />
10<br />
Spagna<br />
Irlanda<br />
Norvegia<br />
I veri motivi per i quali si sono dati malati:<br />
Danimarca<br />
4<br />
20%<br />
10%<br />
0%<br />
60%<br />
50%<br />
40%<br />
semplicemente di memoria soggettiva.<br />
L’anno scorso, la società di ricerca di mercato<br />
TNS Emnid ha svolto uno studio per l’Istituto<br />
di Systhema di Amburgo per le dinamiche di<br />
gruppo e per i processi di sistema insieme al<br />
portale internet webmail.de. I risultati<br />
parlano di un 5% della forza lavoro impiegata<br />
in Germania – si tratta di 1,7 milioni di<br />
persone – che durante l’autunno e l’inverno si<br />
sono dati malati in modo pianificato. Si tratta<br />
di situazioni legate a effettivi problemi di<br />
salute ma anche a problemi e conflitti<br />
presenti sul posto di lavoro. La durata della<br />
malattia andava dai tre giorni alle tre settimane.<br />
Sembra che la spiegazione sia legata al<br />
periodo dell’anno, che è il più buio e cupo,<br />
durante il quale pare sia più difficile affrontare<br />
le difficoltà e i conflitti in azienda. Altri<br />
fattori connessi sono la possibile e diffusa<br />
recidività degli stati depressivi e lo spirito di<br />
rivalsa nei confronti dei datori di lavoro.<br />
L’insoddisfazione professionale e la sensazione<br />
di trattamento ingiusto da parte dei<br />
superiori o dei colleghi sono ulteriori cause di<br />
malcontento e conseguente assenteismo,<br />
secondo l’analisi condotta. Un alto numero di<br />
persone pensano di tamponare questo tipo di<br />
conflitti stando a casa saltuariamente.<br />
57<br />
30%<br />
20%<br />
Su internet si trovano dei consigli per<br />
darsi malati<br />
15<br />
10<br />
10<br />
2<br />
57%: un’effettiva malattia fisica o una patologia psicologica<br />
15%: un motivo personale (p.es. morte di un familiare, una<br />
separazione in corso o lavori da fare a casa)<br />
10%: dovere accudire un familiare<br />
2%: una particolare situazione sul posto di lavoro che ha portato<br />
alla decisione di bigiare (stress o conflitto con i colleghi)<br />
10%: una combinazione di motivazioni relative alla salute<br />
abbinate a disagi relativi al lavoro<br />
Fonte: Aon Consulting, Rotterdam,<br />
The Netherlands: The European Sick<br />
Leave Index, 2010<br />
10%<br />
0%<br />
Sui portali tedeschi richtig-krankmachen.de o<br />
wannaskipwork.com il perfetto assenteista<br />
può trovare consigli e istruzioni su come darsi<br />
malato per finta. Anche Amazon vende scritti<br />
come “Ferie in malattia. I trucchi segreti<br />
dell’assenteista”. Inoltre su androidcommunity.com<br />
ci sono ulteriori utili suggerimenti.<br />
Non c’è quindi da stupirsi se alcune assicurazioni<br />
si stanno specializzando nello scovare in<br />
azione su facebook vispi utenti sedicenti<br />
malati e depressi.<br />
La domanda a questo punto è: cosa si può<br />
fare per contrastare i finti malati e in generale<br />
l’assenteismo? Stando allo studio condotto<br />
dalla società Aon la causa di questo fenomeno<br />
non è tanto la mancanza di voglia di<br />
lavorare, quanto la necessità personale di<br />
orari più flessibili. Il 31% degli intervistati ha<br />
ammesso che eviterebbe di prendere giorni di<br />
malattia se ci fosse la possibilità di avere un<br />
determinato numero di giornate libere da<br />
dedicare ai vari impegni personali. Per il 27%<br />
sarebbe sufficiente anche solo l’adozione di<br />
orari flessibili e addirittura il 15% dichiara<br />
32 4/11
Condizioni e situazioni che potrebbero fare desistere i lavoratori dal<br />
prendere giorni di “finta” malattia:<br />
che basterebbe potere svolgere un lavoro<br />
più interessante.<br />
30%<br />
Assenteismo vs. presenzialismo<br />
Come in tutte le cose della vita, anche in<br />
merito a questo argomento ci sono le due<br />
facce della medaglia e le contropartite:<br />
mentre da una parte ci sono quelli che si<br />
danno malati per non andare al lavoro,<br />
dall’altra ci sono quelli che vanno in ditta<br />
anche se sono malati. Si chiama presenzialismo.<br />
Recenti valutazioni hanno fatto emergere<br />
che anche il presenzialismo può essere causa<br />
di perdite di produzione per l’azienda, in<br />
alcuni casi addirittura di entità superiore<br />
rispetto ai danni dell’assenteismo.<br />
La società di assicurazioni svizzera Groupe<br />
Mutuel, la terza in ordine di importanza del<br />
paese, definisce il presenzialismo come<br />
“presenza fisica sul posto di lavoro, che per<br />
motivi di non piena efficienza e di ridotta<br />
salute può non assolvere appieno la propria<br />
mansione produttiva”. Questa capacità di<br />
prestazione limitata insorge anche quando<br />
esistono problemi privati e professionali<br />
irrisolti, o in presenza di forte stress, di<br />
giornate lavorative troppo lunghe o di intima<br />
demotivazione. Le malattie e le debilitazioni<br />
come mal di testa, mal di schiena, raffreddori,<br />
ipertensione o stati depressivi influenzano<br />
naturalmente la prestazione dell’individuo sul<br />
posto di lavoro. Come conseguenza si ha una<br />
ridotta qualità dell’operato e un’appannata<br />
capacità di giudizio e decisionale, con<br />
conseguente rischio di infortunio e incidenti.<br />
Secondo una ricerca condotta dalla Fondazione<br />
Bertelsmann il 71% dei tedeschi, minimo<br />
una volta all’ anno, è andato al lavoro<br />
nonostante non si sentisse affatto in salute.<br />
Il 46% riferisce di averlo fatto almeno due o<br />
più volte nell’arco di un anno. Il 30% è<br />
andato a lavorare malato almeno una volta<br />
l’anno, nonostante il medico lo sconsigliasse.<br />
I motivi principali di questo atteggiamento<br />
sono il senso del dovere e il rispetto<br />
per i colleghi.<br />
Qual è il male peggiore?<br />
31<br />
27 27<br />
19<br />
15<br />
31%: giornate per motivi personali, non di salute<br />
27%: in caso di orari flessibili<br />
27%: in caso di incoraggiamento economico<br />
19%: se ci fosse la possibilità di avere consulenza medica sul posto di lavoro<br />
15%: se il lavoro fosse interessante<br />
Numero di giorni di malattia all’anno:<br />
28<br />
30<br />
13<br />
16<br />
8<br />
5<br />
Nessuno 1 giorno<br />
da 2 a 3<br />
1 settimana da 1,5 a 2<br />
giorni<br />
più di<br />
settimane<br />
2 settimane<br />
Fonte: Aon Consulting, Rotterdam,<br />
The Netherlands: The European Sick<br />
Leave Index, 2010<br />
20%<br />
10%<br />
0%<br />
30%<br />
20%<br />
10%<br />
0%<br />
La società Groupe Mutuel indica che,<br />
“anche se è difficile dare cifre<br />
precise, diversi studi mostrano che il<br />
presenzialismo può avere ripercussioni<br />
più gravose in merito alla perdita<br />
di produzione, rispetto all’assenteismo”.<br />
4/11<br />
33
Sapere<br />
Potete trovare più informazioni<br />
, proposte di<br />
lettura e links relativi a<br />
questo argomento su:<br />
www.place2point5.com<br />
Webcode: SAPERE5008<br />
Alcuni si danno malati<br />
per non andare al lavoro,<br />
altri ci vanno nonostante<br />
sappiano benissimo di<br />
essere malati.<br />
Se il fenomeno del presenzialismo è forte in<br />
un'azienda, la pressione e il disagio aumentano<br />
pericolosamente. Uno studio condotto nei<br />
Paesi Bassi ha mostrato che in presenza di<br />
forti pressioni all’interno dell’azienda il<br />
personale va a lavorare nonostante sia<br />
malato, fino ad arrivare ad una percentuale<br />
del 90%. Il Groupe Mutuel ne ha tratto la<br />
seguente conclusione: un calo delle ore di<br />
assenza non può in alcun caso venire<br />
giudicato come un fatto positivo, se questo<br />
sta a significare un innalzamento del presenzialismo.<br />
Ma allora dov’è la chiave per<br />
risolvere il dilemma?<br />
La soluzione: briglie o controlli?<br />
I metodi e le strategie da adottare nei<br />
confronti dei lavoratori che si fingono malati<br />
sono diversi, stratificati in fasi e da attuare in<br />
svariati modi. In alcuni casi già la tipologia<br />
del contratto pone dei limiti precisi, inoltre<br />
l’azienda si può avvalere della possibilità di<br />
segnalare un presunto abuso alla società di<br />
assistenza sanitaria, in alcune situazioni si<br />
assiste anche all’ingaggio di investigatori.<br />
Bisogna dire che nessuna azienda moderna<br />
vorrebbe arrivare a tanto. D’altra parte non è<br />
neppure giusto ignorare il fenomeno e<br />
guardare dall’altra<br />
parte, è sbagliato<br />
sia nei confronti<br />
dell’assenteista<br />
recidivo che<br />
nei confronti dei suoi colleghi. Probabilmente<br />
è ancora più difficile affrontare la situazione<br />
e trovare soluzioni quando si tratta di<br />
presenzialismo. Qui il motore è il senso del<br />
dovere e non la fuga dalle responsabilità o<br />
una necessità di rivalsa e vendetta.<br />
La societa Aon evidenzia che la chiave per<br />
affrontare l’argomento è la tutela dell’<br />
“Employee Wellness“, soprattutto per ridurre<br />
le ore di assenza. L’”Employee Wellness“ può<br />
essere anche la soluzione per curare il<br />
presenzialismo, se si riesce a combinare in<br />
modo adeguato le esigenze di salute,<br />
personali e relative al posto di lavoro.<br />
Lo si può chiamare anche “benessere sul<br />
posto di lavoro”. I fattori che concorrono per<br />
il raggiungimento di questo benessere sono<br />
molteplici e anche le aziende devono dare il<br />
loro contributo. Sono molte le aziende, in<br />
genere le più grandi, che hanno ideato delle<br />
task force che hanno l’obiettivo di creare e<br />
sostenere il benessere dei propri impiegati.<br />
Lo scopo è quello di imperniare la politica<br />
aziendale su fattori strategici, dove la salute<br />
delle persone è al primo posto e dove la<br />
cultura aziendale, le strutture e i processi di<br />
produzione pongono un occhio di riguardo al<br />
benessere del lavoratore. In linea con questa<br />
nuova filosofia si è sviluppata una particolare<br />
attenzione per esempio per la consulenza<br />
medica all’interno dell’azienda, la prevenzione,<br />
la fisioterapia, la cura dei prodotti delle<br />
mense per arrivare all’allestimento di asili<br />
interni. Sono nati nuovi stili e culture<br />
aziendali che privilegiano la tutela della salute<br />
e del benessere dei lavoratori. Viene data<br />
anche maggiore importanza alla qualità<br />
della postazione di lavoro. Questa<br />
nuova filosofia si identifica pienamente<br />
nel concetto del Place 2.5.<br />
Per dare al lavoro più spunti,<br />
partecipazione, successo e<br />
soddisfazione.<br />
Michael Mayer
L’isola creativa<br />
Il nuovo quartier generale della Diesel<br />
Nella costruzione della nuova sede<br />
dell'azienda Renzo Rosso ha realizzato la<br />
sua idea di paradiso: immersa nel verde e<br />
concepita secondo i più moderni criteri di<br />
compatibilità ambientale. Il marchio<br />
Diesel, rinomato in tutto il mondo per il<br />
settore moda, negli ultimi anni ha avuto<br />
uno sviluppo incredibile e si era reso<br />
necessario raggruppare le diverse realtà<br />
del gruppo sparse nell’intera provincia di<br />
Vicenza in un unico quartier generale, il<br />
cosiddetto Diesel Village. Presto vi<br />
opereranno circa mille addetti.<br />
Il Diesel Village è sinonimo di architettura su<br />
misura, nel rispetto delle esigenze di chi vi<br />
lavora, casa ideale per i dipendenti dell’azienda.<br />
L’ubicazione della struttura, a est del lago<br />
di Garda nei dintorni di Bassano del Grappa,<br />
paesaggisticamente è incantevole. Progettato<br />
dall’architetto Pierpaolo Ricatti su l'idea<br />
portante di spazio che si fonde con gli edifici,<br />
l’esterno che convive con gli interni, le strutture<br />
che diventano un tutt’uno con il verde;<br />
materiali e persone possono coesistere in<br />
armonia. Un luogo che permette di vedere e<br />
assorbire i colori rilassanti della natura nel<br />
loro cambiamento durante il giorno e nel<br />
corso delle stagioni.<br />
Il principio della compatibilità ambientale<br />
riguarda la compatibilità ambientale dei<br />
materiali impiegati.<br />
Per l’Italia, dove il settore edile sta solo ora<br />
cominciando ad approcciare i concetti di<br />
eco-compatibilità e risparmio energetico,<br />
questo nuovo complesso rappresenta un fiore<br />
all’occhiello, tanto che ha ricevuto il riconoscimento<br />
dall’ente di certificazione internazionale<br />
per la sostenibilità ambientale LEED. Il<br />
Diesel Village sorge sull’ex area produttiva<br />
delle moto Laverda, scelta per non intaccare<br />
aree naturali incontaminate, secondo un<br />
principio ormai ampiamente seguito a livello<br />
europeo di riutilizzo delle zone antropizzate.<br />
Per il nuovo villaggio sono stati impiegati<br />
impianti fotovoltaici, adottati tetti verdi, si è<br />
Tanto verde: le immagini<br />
della campagna<br />
pubblicitaria ricoprono le<br />
pareti divisorie in vetro<br />
(sx) e la hall centrale è<br />
dotata di una parete<br />
verde di grandi<br />
dimensioni che provvede<br />
a creare un clima fresco<br />
(sotto).<br />
Il complesso ha iniziato la sua attività nel<br />
settembre 2010 e dava lavoro a circa 500<br />
dipendenti. Per il 2012 sono previsti in totale<br />
più di mille posti di lavoro. Questa nuova<br />
struttura, che si sviluppa su una superficie di<br />
circa 50.000 metri quadri, è stata costruita in<br />
30 mesi ed è all’avanguardia per quanto<br />
4/11<br />
37
Ritratto<br />
Ritratto dell’imprenditore<br />
Renzo Rosso<br />
Renzo Rosso, nato nel 1955,<br />
è presidente e fondatore<br />
dell’azienda di moda Diesel,<br />
che dà lavoro a circa 5000<br />
dipendenti. Il marchio fu<br />
creato nel 1978 e oggi conta<br />
Renzo Rosso, fondatore<br />
18 filiali internazionali, circa<br />
dell'azienda e capitano d'industria.<br />
500 Diesel stores e circa<br />
5000 negozi affiliati. Al gruppo appartengono i marchi Victor & Rolf e<br />
Vivienne Westwood.<br />
Più di 30 anni fa ha confezionato i suoi primi jeans con la macchina da<br />
cucire della madre, da lì è iniziato il suo percorso di instancabile creativo ora<br />
denominato “Casual Man” e ha costruito il suo impero passo dopo passo,<br />
inseguendo i suoi sogni. Nel 1994 l’imprenditore Renzo Rosso, figlio di<br />
contadini sempre legato alla natura, acquista 100 ettari di terreno dove<br />
erige la sua Diesel Farm e risiede con la moglie e i figli. Nel podere, oltre ad<br />
allevamenti di animali di tutti i tipi, si tiene la produzione soprattutto di vino<br />
ma anche di olio d’oliva e grappa.<br />
Dal 2009 Rosso è diventato anche ristoratore. Ha aperto il “Circle Lounge &<br />
Restaurant“ a Milano in zona Tortona, vicino agli uffici Diesel. Nel 2010 è<br />
stato inaugurato il nuovo quartiere generale Diesel a Breganze. Il motto<br />
dell’imprenditore Rosso è: “Mai tenersi frenati e mai circondarsi di persone<br />
che ti frenano”.<br />
www.diesel.com<br />
www.diesel.com/Island www.dieselfarm.it<br />
sfruttata la geotermia, è stato installato un<br />
sistema di cisterne per acqua piovana con una<br />
capacità di 430 m³ che serve per l’irrigazione<br />
dei giardini e per la rete degli impianti sanitari,<br />
sono stati previsti impianti centralizzati di<br />
climatizzazione e alimentazione energetica,<br />
illuminazione e pannelli per creare ombra;<br />
inoltre tutti i materiali impiegati rispondono ai<br />
moderni requisiti di eco-sostenibilità.<br />
Un allestimento teatrale<br />
Alessandro Giannavola, project manager del<br />
Diesel Creative Team, spiega come l’approccio<br />
emotivo pensato per il visitatore alla sua<br />
prima entrata nel villaggio sia stato ispirato<br />
dalla “Divina Commedia” e al pellegrinaggio<br />
di Dante Alighieri dalla discesa agli Inferi,alla<br />
risalita in Purgatorio e infine al tripudio del<br />
Paradiso, seguendo la luce divina.<br />
Anche il visitatore del Diesel Village sperimenta<br />
diverse emozioni ed esperienze: appena ci<br />
si avvicina il complesso di edifici ci appare<br />
buio e inospitale, quasi come “l’Inferno”.<br />
Oltrepassato il solido portone d'ingresso, si<br />
staglia in tutta la sua magnificenza un edificio<br />
abbellito con lamierini di rame. Un vialetto di<br />
“purificazione” e “depurazione” lungo 80<br />
metri che attraversa un giardino punteggiato<br />
di fontane, con torreggianti cipressi e<br />
piacevoli gruppi di cespugli e alberelli introduce<br />
al Paradiso. L'entrata del Paradiso è<br />
rappresentata da una grande reception in<br />
vetro, nell’atrio illuminato dalla luce naturale<br />
del giorno appare la scritta di benvenuto “<br />
Welcome to the Diesel World“. Chiunque<br />
entri in questo edificio deve potere dire<br />
“WOW!”, l’impatto desiderato dal Diesel<br />
Creative Team è questo.
L’edificio d’ingresso è rappresentato come una<br />
grande sorgente d’acqua aperta e profonda.<br />
La luce scende dall’alto dello zenit e solo dalla<br />
posizione di un uccello in volo sarebbe<br />
possibile vedere con chiarezza l’enorme logo<br />
del gruppo aziendale creato a mosaico che<br />
decora il pavimento in legno della struttura.<br />
La hall ha le dimensioni di una cattedrale ed è<br />
alta 23,5 metri. Sulla sua lunghezza ci sono<br />
corsie che portano ai diversi piani delle<br />
costruzionii confinanti e collegati. Due<br />
passerelle in metallo nero rendono possibile<br />
passare da una parte all’altra dell’edificio.<br />
Sotto, come un’astronave madre brulicante di<br />
personale, la reception indirizza i visitatori<br />
verso gli spazi adiacenti. La copertura<br />
superiore è stata realizzata con lamiere di<br />
zinco ondulate e rivettate, che donano un<br />
effetto satinato alla penetrazione della luce<br />
dall’alto.<br />
lavoreranno. L’impressione è che Diesel abbia<br />
applicato in pieno il concetto estetico di<br />
origine giapponese del Wabi Sabi.<br />
Per l’area dedicata agli uffici si è tenuto conto<br />
in primo piano dell’aspetto della luce e del<br />
comfort: rovere naturale spazzolato a terra e<br />
vetrate che permettono di avere la vista sul<br />
verde, sia sul parco esterno che sulle oasi<br />
interne. Travi fredde controllano la temperatura.<br />
L’illuminazione interna è fornita dalla luce<br />
naturale e da lampade appositamente<br />
studiate per questo progetto che adeguano la<br />
propria intensità a seconda della condizione di<br />
luce esterna, inoltre gli impiegati possono<br />
utilizzare le luci sulla propria postazione di<br />
lavoro a mezzo di un sistema di spot a led<br />
regolabili individualmente.<br />
Nell’open space esistono<br />
quasi esclusivamente<br />
postazioni di lavoro<br />
aperte, sia nell’area<br />
amministrazione che nel<br />
laboratorio degli stilisti.<br />
La stanza colorata nella<br />
zona del kindergarten<br />
aziendale.<br />
Tanta luce e materiali naturali<br />
Il giardino Europa, progettato secondo le<br />
direttive Diesel, si sviluppa in verticale su una<br />
superficie di 250 metri quadri ed è parallelo ai<br />
muri in acciaio e cemento della parte longitudinale<br />
della hall; ha un aspetto semplice.<br />
Questo polmone verde è costituito da 9000<br />
piante in 30 diverse varietà. Nella parte<br />
opposta si trova una scala nera in ferro, molto<br />
stile “understatement”, sviluppata su due<br />
fronti intrecciati; porta verso la hall donandole<br />
uno scorcio suggestivo: significativo è<br />
l’impiego di pochi elementi essenziali,<br />
naturali, che invecchieranno con il tempo. Materiali<br />
che si prevede siano in condizione di<br />
durare a lungo e di accompagnare nella vita le<br />
persone che lavorano in questi edifici e che vi<br />
4/11<br />
39
40 4/11
Massima flessibilità per un lavoro creativo<br />
Gli uffici individuali sono ben pochi, ci sono<br />
molti spazi per conferenze e gli allestimenti<br />
offrono flessibilità per ogni occasione. Le<br />
ampie postazioni multiple che possono<br />
accogliere sei o quattro persone sono<br />
configurate in modo da modificare e adattare<br />
le superfici di lavoro a qualsiasi esigenza.<br />
Negli ambienti degli stilisti dove stoffe e<br />
materiali si dispongo e s'impilano intorno ai<br />
modelli provati, modificati e testati, l’arredamento<br />
è stato progettato per agevolare il<br />
dinamismo della creatività: ci sono tavoli da<br />
lavoro facilmente regolabili in altezza, per<br />
operare sia stando in piedi che seduti su uno<br />
sgabello. É una soluzione ergonomica pratica<br />
se si considera che in questo laboratorio<br />
vengono presi e maneggiati capi di vestiario<br />
in continuazione, appesi e tolti dagli stand<br />
mobili e passati sui tavoli da lavoro. Ogni<br />
spazio destinato a soste di personale più<br />
lunghe è posto sulla facciata esterna e viene<br />
illuminato dalla luce naturale. Le postazioni<br />
presenti nella zona degli uffici e dei laboratori<br />
degli stilisti sono disponibili sempre e attrezzate;<br />
in qualsiasi momento può prendere<br />
posto un gruppo di lavoro estemporaneo.<br />
per i dipendenti e il bar sono due validi<br />
esempi della semplicità: un'architettura quasi<br />
teutonica, con muri in cemento a vista,<br />
pavimenti in trachite, scale metalliche. Nel<br />
ristorante i tavoli da taverna e le panche in<br />
solida quercia naturale sono stati realizzati su<br />
disegno originale del Diesel Creative Team.<br />
Dal soffitto una cascata di luci provvede<br />
all’illuminazione della zona dei tavoli.<br />
Un’attenzione particolare è stata riservata per<br />
l’acustica dell’ambiente, impiegando dei<br />
materiali che assorbono il suono e offrono<br />
un’atmosfera piacevole. La maggior parte<br />
delle pareti è dotata d'imbottitura fonoassorbente<br />
intonata col colore dei muri in cemento.<br />
Per l’attività fisica sia durante il giorno che alla<br />
sera dopo il lavoro sono a disposizione spazi<br />
fitness e campi sportivi anche al coperto.<br />
Lo sforzo dell'azienda è quello di agevolare<br />
tutti dipendenti nel bilanciamento tra vita<br />
professionale e familiare: si è provveduto,<br />
inoltre, alla creazione di una scuola materna<br />
aziendale che dispone anche di un vivace<br />
laboratorio creativo per i bambini. Gli avanzi<br />
di tessuti che la produzione scarta trovano qui<br />
ancora un utilizzo.<br />
La mensa aziendale<br />
progettata dal Diesel<br />
Creative Team offre un<br />
ambiente familiare da<br />
osteria. E’ il luogo ideale<br />
per trovarsi a scambiare<br />
due chiacchere davanti<br />
ad un espresso.<br />
Razionale, pragmatico, moderno<br />
Renzo Rosso desiderava che il progetto<br />
potesse coniugare diversi elementi come la<br />
semplicità, la flessibilità, la perfetta integrazione<br />
delle diverse funzioni dell’azienda; allo<br />
stesso tempo doveva essere un forte simbolo<br />
del marchio Diesel e dell’azienda e disporre<br />
sia della casetta del custode come dell’auditorium<br />
per le rappresentazioni. L’area ristorante<br />
Il Diesel Village è un concetto base, un primo<br />
passo verso il più ambizioso progetto Diesel<br />
Island, un piccolo mondo migliore.<br />
Dorothea Scheidl-Nennemann<br />
Potete trovare ulteriori<br />
immagini relative<br />
all’Headquarter Diesel su:<br />
www.place2point5.com<br />
Webcode: FATTI5010<br />
4/11 41
Blu<br />
il cielo sopra l’arte<br />
Scultura<br />
ricoperta<br />
in mosaico:<br />
“Queen Califia“<br />
(dettaglio) di<br />
Niki de Saint<br />
Phalle.<br />
Sarà un caso?<br />
Dei dieci<br />
dipinti più<br />
costosi mai<br />
venduti<br />
quattro sono<br />
blu e due verdi:<br />
nessuno di un<br />
deciso giallo o<br />
di un forte rosso!<br />
Sembra che il blu non<br />
sia solo il colore preferito<br />
dagli artisti, ma anche dagli<br />
acquirenti di arte. Come mai? Da<br />
dove viene questo fascino scatenato<br />
dal colore blu? Razionalmente il blu non<br />
è altro che un colore, come il rosso, il<br />
giallo o il verde.<br />
Un colore, però, non è solo<br />
un risultato di combinazioni<br />
chimiche, è molto di più: il<br />
significato che attribuiamo<br />
ad un colore viene determinato<br />
in base all’effetto che<br />
ha sull’individuo e in base ai<br />
campioni di studio di<br />
psicologia e di cromatologia.<br />
Così sappiamo che il rosso,<br />
indiscusso opposto del blu,<br />
sta a indicare il caldo. Il<br />
rosso è il colore dell’amore,<br />
del cuore, della carne, della<br />
passione. Molti – tra cui<br />
diversi designer di moda –<br />
considerano il rosso come<br />
sinonimo di femminilità, altri<br />
lo associano all’operatività.<br />
Il blu, invece, è collegato al concetto di<br />
freddo, di spirituale e passivo. Soprattutto,<br />
però, il blu è impiegato per rappresentare il<br />
cielo e l’acqua della nostra terra.<br />
L’immagine di natura comune a tutti, la più<br />
classica, quella tipica da vacanza o da libro<br />
fotografico, è quella di un immenso mare blu,<br />
increspato all’orizzonte, con i toni che si<br />
fondono con il blu azzurro del cielo in fondo,<br />
fin dove arriva il nostro sguardo, e dietro c’è<br />
la terraferma con i suoi colori, dove noi<br />
viviamo, più o meno felici.<br />
L’immagine paesaggistica ideale in blu da<br />
sempre ha stimolato gli artisti. Il mare<br />
risveglia il loro struggimento. Il cielo sollecita<br />
la loro fantasia e pone diversi interrogativi.<br />
Uno di questi è: perché il firmamento è blu?<br />
Leonardo da Vinci (1452-1519), il genio<br />
universale del Rinascimento italiano, aveva<br />
una sua teoria già nel 1500, che ad oggi non<br />
ha avuto decise smentite: lui spiega che “Il<br />
blu dell’aria è generato dalla densità della<br />
massa dell’aria che sta tra le tenebre più alte<br />
e la terra. L’aria diventa tanto più di un bel<br />
blu, tanto profonde sono le tenebre al di<br />
sopra di essa”.<br />
Ma non si tratta di arida teoria. Egli aveva<br />
sviluppato e formulato una ricetta pratica per<br />
la rappresentazione dello spazio e delle<br />
distanze. Ai suoi colleghi pittori soleva<br />
suggerire “di colorare gli oggetti un po’<br />
lontani facendo i profili meno delineati e più<br />
bluastri. Per disegnare soggetti ancora più<br />
distanti bisogna dare ancora più blu e per<br />
quelli cinque volte più lontani è necessario<br />
utilizzare un blu cinque volte più intenso”.<br />
Da allora, praticamente, quasi nulla cambiò
Il primo cielo blu trovato in un affresco<br />
“COMPIANTO SU CRISTO MORTO” di<br />
Giotto di Bondone a Padova.<br />
Uno dei ritratti più preziosi al<br />
mondo: “Dr. Gachet“, Vincent<br />
van Gogh, 1890.<br />
Irreale affascinante: Sandy<br />
Skoglund (nata nel 1946, USA) mix di<br />
elementi fotografici e pittorici.<br />
fino a quando Vincent van Gogh (1853-1890)<br />
mise sottosopra il mondo dei colori e diede<br />
inizio ad una rivoluzione artistica. Van Gogh<br />
e il suo collega che lui tanto ammirava, Paul<br />
Gauguin (1848-1903) furono proprio i primi<br />
che iniziarono a dipingere i loro soggetti nelle<br />
forme e nei colori, non come essi realmente<br />
fossero, ma come loro li recepivano emotivamente.<br />
Dipingevano i sentimenti e per i loro<br />
soggetti utilizzavano i colori a seconda delle<br />
sensazioni che provavano.<br />
Era l’inizio dell’arte individualista.<br />
Il ritratto del dottor Gachet, che è uno dei<br />
dieci dipinti più preziosi al mondo, mostra<br />
questo concetto in modo particolarmente<br />
evidente. Gli occhi del dottore, personaggio<br />
che Van Gogh definiva pazzo quanto lui<br />
stesso, sono di un verde velenoso, il suo viso<br />
è giallo-verde ma i monti e il cielo sullo<br />
sfondo rispondono pienamente alle teorie di<br />
Leonardo e sono blu. Già un anno prima. Van<br />
Gogh aveva avuto una morbosa discussione<br />
con alcuni colleghi pittori circa l’utilizzo dei<br />
colori e aveva pronunciato con fervore la<br />
frase: “accidenti, se le montagne erano blu,<br />
dipingile blu senza tante storie, no? Falle blu<br />
e falla finita!”.<br />
La diffusione vera e propria del blu fu però<br />
possibile solo intorno al 1825, quando fu<br />
scoperto l’oltremare sintetico. Nelle epoche<br />
precedenti il blu derivava dal lapislazzulo che<br />
Marco Polo per primo aveva importato a<br />
Venezia dall’Afghanistan. La pietra era<br />
estremamente costosa, tanto che il colore blu<br />
veniva mischiato all’oro per potere dipingere<br />
il cielo o il manto di Maria, la madre di Gesù.<br />
Fatti come questo ci fanno porre la domanda<br />
se l’arte odierna è davvero un prodotto della<br />
fantasia degli artisti o se è influenzata<br />
fortemente dallo sviluppo delle tecniche e dei<br />
materiali.<br />
Quando nel 1961 Yuri Gagarin fece il primo<br />
viaggio nello spazio, non si trattava di un<br />
volo nel blu del cielo – bensì di un viaggio in<br />
una nera oscurità incolore che nascondeva<br />
una sorpresa. Da quella parte della stratosfera<br />
la terra improvvisamente apparve completamente<br />
blu: nacque così il pianeta blu. Quelli<br />
che fino ad allora non lo credevano potevano<br />
averne la conferma: il blu è immateriale, in<br />
contrapposizione con il rosso che è legato<br />
alla materia. Il colore rosso tipico delle albe o<br />
dei tramonti ne sono un’ulteriore testimonianza<br />
poiché sono il risultato di interazione<br />
di luce e particelle - cioè materia - sul suolo<br />
terrestre.<br />
Simbolo delle aspirazioni dell'umanità<br />
Forse il blu descrive le aspirazioni e i desideri<br />
dell’umanità, forse è il colore di un immaginario<br />
ponte tra la terra e il cielo.<br />
Si pensa sia accidentale la scelta del nome “Il<br />
cavaliere blu” che gli artisti Wassily Kandinsky<br />
(1866-1944) e Franz Marc (1880-1916)<br />
diedero al gruppo artistico da loro fondato<br />
nel 1911. “L’idea del nome ci venne in<br />
giardino, seduti ad un tavolino; entrambi<br />
amavamo il blu, a Marc piacevano i cavalli,<br />
a me l’idea del cavaliere. Il nome è venuto<br />
da sé”.<br />
Nella gerarchia dei colori di Kandinsky, il blu<br />
era in posizione primeggiante. Più il blu era<br />
intenso, più questo richiamava l’uomo verso<br />
l’infinito e verso la ricerca eterna della<br />
purezza e del soprannaturale. “É il colore del<br />
Il colore blu del cielo<br />
intriga non solo i classici<br />
(sopra) ma anche molti<br />
artisti contemporanei,<br />
come abbiamo potuto<br />
constatare in occasione<br />
della fiera italiana<br />
dell’arte Artefiera di<br />
Bologna.<br />
Vi erano esposte opere<br />
che illustravano<br />
automobili vintage sotto<br />
un cielo di farfalle “The<br />
Butterfly Man“<br />
(2010) di Peter Blake<br />
di Los Angeles.<br />
La versione integrale di<br />
questo articolo, insieme<br />
a immagini affascinanti<br />
è sul forum<br />
www.place2point5.com<br />
Webcode: VIVERE5007<br />
43
Mostre<br />
Il blu e l’arte sono inscindibili. Lo si può notare nelle mostre e anche sui<br />
libri. Una carrellata dall' “Anno Blu” fino All' “Ora Blu”.<br />
GIAPPONE. “I capolavori del cavaliere blu”<br />
percorrono diverse tappe presso i vari musei<br />
giapponesi. Fino al 26 Giugno saranno<br />
al Hyogo Prefectural Museum of Art a<br />
Kobe, mentre dal 5 Luglio al 4 Settembre<br />
potranno essere ammirati presso il Prefectural<br />
Art Museum a Yamaguchi.<br />
BAVIERA. “L’anno Blu”. Diversi musei bavaresi<br />
festeggiano insieme due anniversari:<br />
100 anni fa fu fondata l’associazione di artisti<br />
chiamata “Il cavaliere blu” e 125 anni fa morì<br />
il leggendario reale Ludovico II. Il suo colore<br />
"Cavallo blu I" Franz Marc, 1911. preferito era il blu.<br />
www.blauesjahr.de<br />
VIENNA. “Gli anni dell’ora blu”. Il Museo<br />
di storia dell’arte dal 4 Maggio al 28 Agosto<br />
espone esclusivamente quadri eseguiti<br />
con penne biro BIC blu. Le 40 opere hanno<br />
come tema comune quello della metamorfosi<br />
e della rinascita.<br />
WOLFSBURG. “Time and Line“ è il titolo<br />
della mostra presso la Galleria cittadina che<br />
durerà fino al 18 Settembre, dove sono<br />
esposte le opere dell’artista Angela Bulloch<br />
che ha ottenuto il premio artistico della<br />
città di Wolfsburg di quest’anno. Oltre a<br />
Macchina per dipingere "Blue disegni e stampe, vi si possono ammirare i<br />
horizon", 1990 di Angela Bulloch. tre macchinari che l’hanno resa famosa.<br />
cielo ed è quello che ci viene in mente<br />
quando sentiamo il suono della parola cielo”.<br />
Per Kandinsky il cielo era il luogo del trascendente,<br />
nella sua arte il blu quindi stava a<br />
significare la spiritualità.<br />
Nelle sue composizioni astratte ed enigmatiche<br />
non è difficile individuare l’importanza<br />
attribuita al colore blu.<br />
Il "blu del sud" e l'arte<br />
del vivere mediterranea<br />
Per i surrealisti come René Magritte, il blu<br />
costituiva il mondo dei sogni, che loro<br />
volevano illustrare. Il blu diventò così stato<br />
d’animo. Il cielo notturno veniva raffigurato<br />
spesso scuro e minaccioso, decorato con<br />
pesanti nuvole nere bordate di bianco, con<br />
luci spettrali e inquietanti.<br />
Anche il periodo blu di Picasso non ci ha<br />
lasciato immagini serene. Questa epoca<br />
artistica leggendaria fu caratterizzata dai<br />
suoi forti impulsi emozionali e ben poco<br />
dalle sue convinzioni teoriche. Questa fase<br />
che iniziò nel 1901, e si protrasse fino al<br />
1905 per mutare nel più luminoso periodo<br />
rosa, fu denominata quella del “Picasso<br />
inconfondibile”, quella per cui tutti lo<br />
conosciamo. Era un contemporaneo tenebroso.<br />
I suoi dipinti tristi mostrano quanto<br />
l’artista, oggi più che mai celebrato, soffrisse<br />
nel suo ruolo di outsider, quanto si sentisse<br />
emarginato, quanto cominciasse a interessarsi<br />
alle problematiche sociali e quanto abbia<br />
sofferto impotente per il suicidio del suo<br />
grande amico Carlos Casagema. Il suo blu<br />
freddo, triste e verdastro non ricordava<br />
www.khm.at
affatto il caldo blu rossastro del sud dei suoi<br />
colleghi artisti “Fauves” dell’epoca, piuttosto<br />
richiamava il blu della solitudine, della<br />
freddezza e della morte.<br />
D’altra parte ci sono diversi artisti per i quali<br />
il blu è semplicemente un bel colore. Il belga<br />
Jan Fabre (nato nel 1958) si è dedicato a<br />
lungo all’”ora blu”, quel momento della<br />
giornata che si ha tra il tramonto e la notte,<br />
quando la luce è particolarmente delicata e<br />
bluastra. Con milioni di tratti di penna a<br />
sfera l’artista ha ritratto il castello di Tivoli a<br />
Mechelen vicino a Bruxelles, e l’impressione<br />
è che la luce del crepuscolo possa durare per<br />
delle intere settimane. Con l’utilizzo di<br />
finestre blu, Marc Chagall (1887-1985) ha<br />
immerso il sacrario in una luce blu intensa,<br />
che da l’impressione di sentire il giubilo degli<br />
angeli raffigurati all’interno del dipinto. Niki<br />
de Saint Phalle (1930-2002), per le sue<br />
sgargianti sculture da giardino italiano<br />
denominate “nana”, sperimentava giocose<br />
combinazioni di colori a mosaico con diverse<br />
sfumature di blu, come si può vedere anche<br />
nella sua ultima realizzazione, unica extra<br />
europea, “Queen Califia” in California.<br />
Per questo motivo non ci si deve<br />
stupire per la predilezione del<br />
colore blu da parte degli artisti. La<br />
nostra ambizione per la verità senza<br />
confini e per la libertà assoluta, che<br />
da sempre ci accompagna, sembra<br />
potere trovare realizzazione solo guardando<br />
verso l’alto. Uno sguardo verso il blu.<br />
Joachim Goetz<br />
Per la realizzazione dei<br />
suoi draghi e dei<br />
meravigliosi medaglioni<br />
che donano al parc Güell<br />
di Barcellona la sua<br />
particolare atmosfera<br />
fiabesca, il catalano<br />
Antoni Gaudí ha fatto<br />
letteralmente a pezzi<br />
tonnellate di piastrelle di<br />
colore blu.<br />
Molti artisti sono anche<br />
collateralmente<br />
pensatori e filosofi<br />
con tela e<br />
pennello. Vivono<br />
in un mondo<br />
ricco di spumeggiante<br />
fantasia e<br />
attribuiscono ben<br />
poca importanza<br />
alla vile realtà.
Appuntamenti,<br />
Tips & Trends<br />
Mostra “Watercolour” a Londra,<br />
dal 16 Febbraio al 21 Agosto <strong>2011</strong><br />
La mostra “Watercolour” nel museo londinese “Tate Britain”<br />
è l’esposizione di acquerelli più completa mai presentata in<br />
Gran Bretagna. Le opere esposte riguardano un arco di tempo<br />
di 800 anni e rappresentano tutte le diverse tecniche possibili<br />
nell’arte dell’acquerello, dai manoscritti alle miniature, alle cartine<br />
fino alle immagini di paesaggi. “Watercolour” presenta<br />
sia diverse opere di pittori famosi come per<br />
esempio JMW Turner, Thomas Girtin, Anish<br />
Kapoor e Tracey Emin, sia dipinti di artisti<br />
meno conosciuti che hanno comunque regalato<br />
il loro contributo all’arte dell’acquarello.<br />
www.tate.org.uk<br />
Anselm Kiefer e “La ronda di notte”, Amsterdam,<br />
dal 7 Maggio al 30 Giugno <strong>2011</strong><br />
Il Museo Rijks di Amsterdam ha invitato l’artista nativo di Donaueschingen<br />
Ansel Kiefer, rinomato in tutto il mondo, a realizzare una<br />
mostra ispirata alla “Ronda di notte” di Rembrandt. Dal 7 Maggio<br />
potrete ammirare le opere di Rembrandt e di Kiefer<br />
a confronto presso il Museo Rijks di Amsterdam.<br />
www.rijksmuseum.nl<br />
Weezer – The Blue Album<br />
La band alternativa statunitense chiamata “Weezer” ha pubblicato<br />
nel 1994 il suo primo album dall’omonimo titolo. Siccome la copertina<br />
era semplicemente blu il suo nome è diventato “The blue album”.<br />
É uno degli album rock più significativi e di stile unico degli<br />
anni ’90. Nel 2002, i lettori del magazine Rolling Stone hanno conferito<br />
al “The blue album” il 21° posto nella classifica degli album<br />
più belli di tutti i tempi. Contiene tra gli altri, i singoli "Undone -<br />
The Sweater Song”, “Buddy Holly” e “Say it Ain't So”, che hanno<br />
reso famosi i “Weezer” praticamente nell’arco di una notte, da un<br />
giorno all’altro. “The blue album”<br />
è stato venduto negli<br />
USA in tre milioni di copie. Il<br />
pezzo “Buddy Holly“ divenne<br />
particolarmente famoso anche<br />
grazie al suo videoclip che<br />
fu girato da Spike Jonze e rappresentava<br />
un omaggio alla<br />
serie cult “Happy Days“. Il video<br />
è diventato un classico<br />
nella storia dei videoclip.<br />
La band e gli altri album sul sito ufficiale<br />
www.weezer.com<br />
Miles Davis – Kind of Blue<br />
Più di 50 anni fa, Miles Davis ingaggiò un cast di jazzisti<br />
e in soli due giorni incise quello che diventò l’album<br />
più venduto al mondo, considerato dai conoscitori del<br />
jazz il più significativo del genere. Ad oggi ne sono<br />
state vendute più di sei milioni di copie. Di questo<br />
album esistono diverse versioni e la nota curiosa è che<br />
fino alla metà degli anni ’90, per i fans, era possibile<br />
trovare una versione dove i primi tre pezzi erano stati<br />
erroneamente registrati con una velocità rallentata<br />
che risultava più alta di un quarto di tono rispetto<br />
all’esecuzione originale. Solo nel 1997 i pezzi vennero<br />
rimasterizzati nella giusta velocità e nella nuova edizione<br />
dell’album fu aggiunta anche la registrazione del<br />
brano “Flamenco Sketches”. La Deluxe Edition, pubblicata<br />
in occasione dell’anniversario dei cinquant’anni<br />
dell’album, contiene, oltre all’LP, anche due CD con i<br />
pezzi di entrambe le sessioni di registrazione e in più<br />
anche alcuni brani aggiuntivi del sestetto.<br />
www.milesdavis.com
Festival musicale della Foresta Nera <strong>2011</strong>,<br />
dal 2 al 13 Giugno<br />
e dal 23 Settembre al 3 Ottobre <strong>2011</strong><br />
www.schwarzwald-musikfestival.de<br />
Rubriche<br />
Una dritta particolare: è il primo festival a intervalli del mondo. Il concetto è questo: un intervallo<br />
è l’insieme che si crea quando due suoni intonati si uniscono. Ne scaturisce un tipo di musica che<br />
varia quando le due voci riescono a esprimersi indipendentemente l’una dall’altra ma<br />
sempre in coerenza di tonalità. L’intervallo è un’espressione musicale singolare che<br />
regala memorabili esperienze in concerto. Il tema per l’anno <strong>2011</strong> è “Wilhelm Furtwängler<br />
(1886-1954) & la musica del mondo”. Furtwängler è uno dei maggiori artisti<br />
tedeschi impegnati con la world music. Direttore e responsabile: Mark Mast.<br />
Festival International de Piano,<br />
La Roque d'Anthéron,<br />
dal 22 Luglio al 20 Agosto <strong>2011</strong><br />
Il festival di pianoforte presso La Roque<br />
d'Anthéron fu ideato nel 1981 da René<br />
Martin. Da tre decenni la cittadina della<br />
Provenza ospita ogni estate numerosi pianisti<br />
e amanti della musica classica provenienti<br />
da tutto il mondo.<br />
www.festival-piano.com<br />
Mostra esclusiva “Ötzi 20 “ a Bolzano,<br />
dal 1 Marzo <strong>2011</strong> al 15 Gennaio 2012<br />
www.oetzi20.it<br />
Sono passati vent'anni dalla scoperta della Mummia dei Ghiacci nella<br />
calda estate del 1991, l'uomo dei ghiacci ha aspettato ben 5300 anni<br />
prima di essere ritrovato ed ora ci offre interessantissime informazioni di<br />
carattere scientifico. Deve il suo nomignolo Ötzi al luogo del suo<br />
ritrovamento, nell'omonima valle altoatesina. La mostra espone alcuni<br />
brandelli di stoffa del suo vestiario insieme agli utensili ritrovati vicino al<br />
corpo che hanno fornito uno spaccato<br />
dello stile di vita di Ötzi. La mostra che<br />
celebra il ventesimo anniversario del<br />
ritrovamento della mummia viene ospitata<br />
dal Südtiroler Archäologiemuseum.<br />
Musica<br />
Le grand bleu,<br />
Luc Besson<br />
Cinema<br />
Il mare come luogo mistico: un film d’avventura<br />
di Luc Besson con delle riprese<br />
sensazionali. Besson, che in passato ha<br />
lavorato per cinque anni come istruttore<br />
sub, nel suo film romanzato racconta la<br />
storia di Jacques Mayol, detentore del<br />
record mondiale di apnea, che tra l’altro<br />
gli ha prestato consulenza per il film;<br />
gli interpreti principali sono Jean Reno<br />
e Jean Marc Barr che, prima di questa<br />
esperienza, non avevano mai provato<br />
ad immergersi. Per la realizzazione del<br />
film hanno seguito un training della<br />
durata di un mese e pare che la cosa<br />
sia loro piaciuta, infatti per le riprese<br />
non hanno voluto la controfigura.<br />
Appuntamenti, tips & trends<br />
sempre aggiornati su:<br />
www.place2point5.com<br />
Webcode: NEWS5005
Persone<br />
Joni Mitchell<br />
Amore giovane: Joni<br />
Mitchell e Graham Nash<br />
hanno vissuto insieme<br />
nella casa comune a<br />
Laurel Canyon.<br />
Il blu è un colore che suscita diverse<br />
associazioni. Nel periodo romantico stava<br />
a significare infinito e trascendenza.<br />
L’album di Joni Mitchell “Blue” (1971)<br />
manifesta i sentimenti di malinconica<br />
coscienza di sè e di ricerca di esperienze<br />
della personalità dell’artista, che si<br />
esprime con testi altamente poetici e allo<br />
stesso tempo decisamente autobiografici.<br />
Accompagnata da soli quattro musicisti (tra<br />
cui compaiono anche Stephen Stills e James<br />
Taylor) la Mitchell ha creato un ciclo lirico di<br />
brani che esprime una particolare intimità con<br />
una perfetta combinazione di pop e poesia.<br />
Il nome del titolo è da attribuire al periodo di<br />
crisi personale che<br />
l’artista, “la first lady<br />
del folk”, ha vissuto<br />
all’inizio degli anni<br />
’70. Questa fase ha<br />
recato profondi<br />
cambiamenti nella<br />
sua musica che nel<br />
tempo hanno<br />
allontanato l’artista<br />
dall’ideologia del folk, indirizzandola verso un<br />
tipo di sound diverso, il “blue notes” più<br />
vicino al genere jazz.<br />
Icone come Joni Mitchell si prestano a<br />
interpretazioni molteplici , al punto che non<br />
è possibile catalogare questi personaggi in<br />
semplici cliché. La stessa Mitchell trova<br />
difficile definire la propria identità. Nel 1970<br />
decide di lasciare il suo compagno di vita, il<br />
musicista Graham Nash, la loro casa (resa<br />
immortale dal brano di Nash “Our house”) e<br />
la comune di artisti presso Laurel Canyon,<br />
Los Angeles, per avventurarsi in un viaggio<br />
“Un genio non si<br />
lascia terapizzare”<br />
verso l’incognito.<br />
In Canada iniziò la sua carriera facendo dei<br />
tour in diversi club del paese, prima con il<br />
suo primo marito Chuck Mitchell e poi per<br />
conto proprio; successivamente ha frequentato<br />
la scena folk newyorkese insieme a<br />
Leonard Cohen, ha lavorato a due album e<br />
alla fine è approdata a Laurel Canyon, ma<br />
neppure in questo luogo la sua indole<br />
vagabonda che la caratterizzava sin da<br />
piccola, veniva sopita. E’ proprio questa<br />
irrequietezza che ha prodotto brani come<br />
“Urge for going” e “River”. Essi narrano di<br />
come i paesaggi naturali della sua fanciullezza<br />
abbiano influenzato il suo processo<br />
creativo e di quanto importanti fossero le<br />
emozioni e le<br />
impressioni legate ai<br />
suoi primi anni di<br />
vita, creando una<br />
sorta di album di<br />
immagini che si<br />
riflettono sulle sue<br />
creazioni nel corso<br />
della sua vita<br />
artistica. Il risultato<br />
lo si può notare nella produzione sia musicale<br />
che pittorica della Mitchell, dove ricorrono<br />
ripetuti richiami alle pianure del Canada e ai<br />
loro orizzonti infiniti.<br />
“Blue” è un album che si esprime in un percorso<br />
d’ascolto, in senso concreto e allo stesso tempo<br />
metaforico. Descrive le tappe di un processo di<br />
ricerca di sé, che però non termina con la fine<br />
dell’album, ma è destinato a continuare. Oltre ad<br />
esprimere tematiche relative ad amore e passione<br />
“Blue” sta a rappresentare una sorta di canto del<br />
cigno degli anni ’60, la fine dell’innocenza, delle<br />
utopie e degli ideali che quest’epoca ha significa-<br />
48<br />
4/11
BLUE
Joni Mitchell: „BLUE“<br />
Blu, le canzoni sono come tatuaggi<br />
Tu sai che sono stata al mare<br />
Incoronami e àncorami<br />
O lasciami salpare<br />
Hey, Blu, qui c'è una canzone per te<br />
L'inchiostro sull'ago<br />
Sotto la pelle,<br />
Uno spazio vuoto da riempire<br />
Oh che mal di stomaco<br />
Devi continuare a pensare,<br />
Puoi farcela attraverso queste onde<br />
Acidi, baldoria e culi,<br />
Aghi, pistole e erba<br />
Un sacco di risate, un sacco di risate<br />
Tutti dicono che l'inferno<br />
è il miglior posto in cui andare<br />
Beh, non la penso così<br />
Ma ci darò comunque un'occhiata<br />
Blu, ti amo<br />
Blu, c'è una conchiglia per te<br />
Ci sentirai un sospiro<br />
Una ninna-nanna confusa<br />
E' la mia canzone per te<br />
to. I sogni della controcultura cominciavano ad<br />
andare in frantumi. Le grandi fantasie cominciavano<br />
a mostrare i loro punti deboli e il mondo<br />
della musica continuava ad essere un<br />
dominio dei maschi. La stessa Joni Mitchell si<br />
sentiva più come una mascotte al fianco dei<br />
suoi compagni di vita – oltre a Cohen e Nash<br />
anche James Taylor, Jackson Browne e Neil<br />
Young furono suoi amanti- e aveva la sensazione<br />
di non essere presa sul serio come<br />
musicista e compositrice.<br />
La Mitchell non negò mai che il suo incontro<br />
con Leonard Cohen fu molto importante per lo<br />
sviluppo delle sue qualità poetiche, poiché egli<br />
le insegnò a scavare nelle proprie esperienze e<br />
a trarne gli spunti creativi. Le contraddizioni e il<br />
caos della vita ebbero così modo di tramutarsi<br />
in arte, creando nuovi sogni e prospettive.<br />
Anche Bob Dylan contribuì alla crescita artistica<br />
della Mitchell, quando ruppe le convenzioni<br />
relative alla musica e dette il suo importante<br />
contributo al mondo del folk, segnando un<br />
percorso che la Mitchell seguì e costituendo un<br />
esempio artistico per l’autrice, che in seguito<br />
trovò il proprio stile personale.<br />
Joni Mitchell non intendeva essere etichettata<br />
come “cantautrice intimista”, la sua idea non<br />
era di rimanere nella nicchia di quelli che<br />
scrivevano semplicemente dei propri drammi<br />
personali, il suo intento era di dare alla musica<br />
pop americana una certa struttura e profondità,<br />
creare il concetto di brano artistico.<br />
Le emozioni suscitate dal suo lavoro hanno<br />
sempre, in ogni caso, un costrutto artistico. Lei<br />
stessa si definisce una drammaturga, che svolge<br />
una ricerca sui personaggi e ritrae delle scene,<br />
creando un forte legame tra lirica intensa e<br />
rigorosa estetica. Nei suoi testi la metafora<br />
viene sottolineata con arrangiamenti musicali
innovativi e “accordi sperimentali”, come lei<br />
stessa definisce la sua tecnica chitarristica non<br />
convenzionale – il risultato è la creazione di<br />
effetti in sinergia.<br />
Al pari di Hemingway, anche la Mitchell è<br />
dell’idea che si deve scrivere solo di ciò che si<br />
conosce. Per questo motivo l’artista era alla<br />
continua ricerca di qualcosa di nuovo in sé.<br />
“Era diventato indispensabile” dice la Mitchell<br />
“entrare in stretto contatto con il mio essere<br />
più intimo”. Dopo che un terapeuta aveva<br />
constatato che “un genio non si lascia<br />
terapizzare” l’artista incontrò un carismatico<br />
Lama tibetano e cominciò ad imparare che era<br />
importante avere un approccio meno cerebrale<br />
e più intuitivo con il proprio Ego; in questo<br />
modo è anche più facile accettare le proprie<br />
contraddizioni. Quest’esperienza liberatoria<br />
per la Mitchell è stata un’autentica “illuminazione”,<br />
anche se nella sua veste di artista ha<br />
sempre comunque mantenuto la sua visione<br />
critica e analitica.<br />
Dopo un lungo viaggio che l’ha portata<br />
attraverso tutta l’Europa, fino a Creta e alle<br />
grotte della comune hippy di Matala, la<br />
Mitchell che si autodefiniva “un’anima<br />
eremita”, tornò a casa. Nella sua casetta sulle<br />
spiagge della Columbia Britannica sperimentò<br />
la sua attitudine alla solitudine con un<br />
percorso artistico. In questo contesto di rifugio<br />
spirituale ha scritto diversi brani che esprimono<br />
il suo rapporto personale con la natura. E’<br />
riuscita così a difendersi dalle pressioni e dal<br />
giogo dell’industria discografica e del pubblico.<br />
Questo atteggiamento senza compromessi<br />
le ha procurato una nomea di personaggio<br />
scontroso ma l’artista ha continuato a<br />
riscuotere approvazione e comprensione<br />
anche da grandi colleghi come Herbie<br />
Hancock, Annie Lennox e<br />
Madonna. Per il Rolling Stone la<br />
Mitchell rimane “l’artista che<br />
esercita la maggiore influenza di<br />
spunti musicali del 20° secolo”, la cui<br />
variegata produzione ha fatto da<br />
colonna sonora a più di una generazione<br />
di ascoltatori affezionati.<br />
Di Yamin von Rauch<br />
Informazioni<br />
Michelle Mercer: Blue –<br />
La fase autobiografica di Joni Mitchell<br />
(disponibile in inglese e in tedesco)<br />
La giornalista musicale Michelle Mercer si è<br />
dedicata a scrivere sul “periodo blu” di Joni<br />
Mitchell, quello caratterizzato dalla pubblicazione<br />
di album come “Blue” (1971),<br />
“Court and Spark” (1974) e “Heijra”<br />
(1976). In un insieme di biografia, reportage<br />
e saggistica di storia della cultura la giornalista descrive come Roberta<br />
Joan Anderson, una semplice ragazza della provincia canadese che con la sua<br />
volontà ferrea ha combattuto la poliomelite, diventa l’artista Joni Mitchell.<br />
Ad integrazione del quadro del contesto di crescita la giornalista inserisce<br />
incontri personali e influenze culturali della lingua, che hanno segnato il corso<br />
della carriera della Mitchell. Inoltre la Mercer include diverse interviste che lei<br />
stessa ha condotto in occasione di suoi incontri con l’artista. Il risultato è un<br />
ritratto personale e disincantato della complessità del personaggio Mitchell.<br />
www.jonimitchell.com<br />
www.musicline.de/de/artist_bio/Mitchell%2CJoni<br />
www.laut.de/Joni-Mitchell<br />
www.rockhall.com/inductees/joni-mitchell
52 4/11<br />
Il blu è il colore del business<br />
Profondo. Distinto. Monotono.
Le aziende che utilizzano il colore blu<br />
hanno più successo delle loro concorrenti<br />
che adottano altri colori? Possibile.<br />
Fattori diversi - biologici, psicologici e<br />
culturali - entrano in gioco e si combinano<br />
uno con l’altro creando il risultato<br />
finale. Gli studi sulla comunicazione<br />
attraverso l’impiego dei colori sono a<br />
favore del blu, non a caso è il colore<br />
adottato per indicare lo sviluppo delle<br />
azioni in borsa.<br />
Diciannove delle trenta società tedesche<br />
attualmente quotate, oltre alla posizione<br />
economica hanno in comune qualcos'altro. Il<br />
filo comune che lega Adidas, Allianz, BASF,<br />
Beiersdorf, BMW, Daimler, Deutsche Bank, la<br />
Borsa tedesca, Fresenius e Fresenius Medical<br />
Care, K+S, Linde, Münchner Rückversicherung,<br />
ThyssenKrupp<br />
e Volkswagen è la<br />
scelta cromatica per<br />
il loro marchio: il blu<br />
e bianco. Per altre<br />
come Lufthansa,<br />
Infineon e Merck il<br />
blu nel logo è<br />
abbinato con altri<br />
colori. Insomma il<br />
blu è decisamente<br />
un colore vincente.<br />
Più della metà delle società presenti nell’indice<br />
Dow Jones adottano per i loro marchi il<br />
colore blu accompagnato dal bianco. Negli<br />
Usa è diffusa soprattutto la combinazione di<br />
blu, rosso e bianco. Uno sguardo al mondo<br />
asiatico, in questo senso, ci conferma che le<br />
influenze culturali plasmano in maniera<br />
determinante le preferenze cromatiche. Delle<br />
50 aziende presenti nell’indice Nikkei, 15<br />
hanno marchi di colore rosso. Il blu comunque<br />
domina anche nella borsa di Tokyo: 19<br />
imprese lo hanno adottato con fiducia.<br />
Di successo. Affidabile. Autoritario.<br />
I marchi di successo necessitano di un posizionamento<br />
chiaro e differenziato. La componente<br />
visiva è determinante. Il logo di un gruppo<br />
industriale significa molto di più di un colore,<br />
di una scritta o di uno stemma: è la rappresentazione<br />
della personalità, delle caratteristiche e<br />
dell’affidabilità di prestazione di un’azienda,<br />
che devono perdurare invariate nel tempo<br />
attraverso il marchio stesso. Il logo trasmette<br />
trasparenza e fiducia e garantisce la qualità<br />
dell’azienda. I dati a disposizione indicano che,<br />
“Nel blu c'è qualcosa<br />
di contraddittorio che<br />
dà carica e anche calma“<br />
Johann Wolfgang v. Goethe<br />
nel registro tedesco dei marchi aziendali,<br />
attualmente ne sono iscritti circa 780.000 tra<br />
imprese nazionali ed internazionali.<br />
Le preferenze istintuali per un determinato<br />
colore rendono vita facile ai marchi. I colori<br />
rappresentano uno strumento comunicativo<br />
ancora più immediato dei segni e della lingua<br />
parlata. Essi attirano l’attenzione, generano<br />
segnali e suggerimenti, organizzano, ammoniscono<br />
e rappresentano fattori di immagine e<br />
marketing. Il colore è quello che dà la prima<br />
impressione, l’impatto. Solo successivamente<br />
vengono individuate e riconosciute le forme e<br />
dopo ancora le scritte.<br />
I colori possono scatenare reazioni diverse<br />
nell’individuo, attraverso le loro insite<br />
codificazioni psicologiche e simboliche.<br />
I colori sono principalmente percezioni dei<br />
sensi, che vengono poi razionalizzate con la<br />
fisica e i segnali su<br />
determinate<br />
lunghezze di spettro.<br />
Per la scelta dell’immagine<br />
aziendale è<br />
fondamentale<br />
conoscere l’effetto<br />
dei colori e le<br />
associazioni che essi<br />
posso generare.<br />
Il blu è fisiologico:<br />
il nostro è il pianeta blu. Il blu genera calma<br />
e rilassamento. Le pulsazioni si riducono<br />
automaticamente quando ci troviamo in un<br />
ambiente caratterizzato dal colore blu e<br />
questa certezza ci rende creativi. Per valutare<br />
come il nostro corpo reagisca a determinate<br />
stimolazioni di luci e colori, una ricerca<br />
dell’università British Columbia di Vancouver<br />
ha chiesto ad alcune persone di progettare<br />
nuovi giocattoli per bambini. I risultati<br />
migliori sono stati ottenuti dal gruppo che<br />
aveva in dotazione un computer a schermo<br />
blu. I gruppi che avevano lavorato su schermi<br />
di diverso colore, o neutri, hanno elaborato<br />
progetti meno soddisfacenti.<br />
Quando si è trattato invece di svolgere<br />
compiti dettagliatamente orientati, come<br />
per esempio la correzione di testi entro un<br />
determinato lasso di tempo, il gruppo che<br />
lavorava su computer con schermo a sfondo<br />
rosso ha ottenuto ottimi risultati.<br />
I ricercatori hanno quindi dedotto che il<br />
rosso è il colore dell’attenzione e che il blu<br />
stimola la creatività e l’innovazione, indipendentemente<br />
dalle preferenze estetiche dei<br />
partecipanti al test.<br />
Chi si affida al blu vuole<br />
andare in alto e<br />
rimanerci. L’azzurro<br />
carico (Aral e BMW) è<br />
attivo e agile, mentre le<br />
varianti blu scuro sono<br />
più profonde e passive.<br />
53
Gradevole. Innovativo. Riservato.<br />
Il blu come archetipo. Il concetto di archetipo,<br />
inteso come rappresentazione olistica fermamente<br />
ancorata nella memoria degli individui<br />
facenti parte di una certa cerchia culturale,<br />
deve la sua definizione ad un allievo di Freud,<br />
Carl Gustav Jung. L’archetipo influenza<br />
l’individuo senza che egli ne sia consapevole.<br />
Secondo l'esperto dei colori Frans Gerritsen, il<br />
blu è il colore della forza dell’infinito, del cielo,<br />
del pensiero e della meditazione. Simboleggia<br />
lo spazio e l’eternità. Per lo psicologo Heinrich<br />
Frieling il blu è razionale e ricettivo per la sfera<br />
spirituale. Crea associazioni e genera simbologie:<br />
la maggior parte di noi lo associa al cielo,<br />
all’acqua e al mare. Nella nostra cultura il blu è<br />
simbolo di lealtà, coraggio e autorità.<br />
Il blu è anche associato ad un atteggiamento<br />
passivo, introverso, rassicurante, tranquillizzante<br />
e pacifico. Inoltre, esso trasmette sensazioni di<br />
freddo, metallico, bagnato e lucido, grande e<br />
pesante, forte e largo, silenzioso e inodore. Ad<br />
esso vengono abbinate anche caratteristiche<br />
metaforiche come la simpatia, la piacevolezza,<br />
l’armonia, la bramosia e l’infinito. I conoscitori<br />
dell’arte sapranno di sicuro che, nel tardo il<br />
Medio Evo e successivamente anche durante il<br />
Rinascimento, il blu era considerato un colore<br />
caldo. Il blu era femminile, simbolo della madre<br />
del Signore, Maria. Le associazioni legate ai<br />
colori variano a seconda delle epoche storiche,<br />
della cultura e delle convenzioni sociali. In<br />
Danimarca il blu è simbolo di qualità, in Svezia<br />
significa creduloneria, in Francia e Italia indica<br />
timore, in Portogallo implica invidia e difficoltà<br />
nel risolvere i problemi. In Brasile il blu è segno<br />
di indifferenza, in Cina di cautela e prudenza, nei<br />
paesi arabi significa verità, fiducia e rettitudine.<br />
Il blu è emozione. La bellezza dei colori ha<br />
connotazioni prettamente legate alla sfera dei<br />
sensi. Cool ma anche ordinario - questa era l’idea<br />
che Goethe aveva del blu - semplice, fuori moda,<br />
discreto: le mode e le preferenze individuali o di<br />
gruppo creano e stratificano incessantemente i<br />
diversi significati legati ai colori.<br />
Simpatico. Razionale. Passivo.<br />
I significati dei colori vengono costantemente<br />
studiati e ricodificati attraverso ricerche,<br />
affermazioni esoteriche e più semplicemente<br />
dai trend legati alla moda. Su una cosa siamo<br />
sicuri: il blu ha caratteristiche fidate e riconosciute,<br />
è rassicurante, gradevole e distinto. Ha
però anche le sue debolezze: nessuna azienda<br />
vorrebbe apparire monotona o indifferente,<br />
autoritaria o terrificante. Allora cosa bisogna<br />
fare? Quando una azienda studia quali i valori<br />
cromatici adottare crea un focus al quale verrà<br />
sottoposto il cosiddetto differenziale semantico:<br />
il progetto grafico allo studio verrà giudicato dal<br />
campione assegnando due concetti opposti<br />
abbinati, per esempio “fantastico-realistico”<br />
oppure “invasivo-riservato”. I valutatori<br />
possono precisare i loro giudizi inserendo<br />
parole come “molto”, “abbastanza”, “un po’” o<br />
“parzialmente”. Una volta elaborate le risposte,<br />
viene formulato il profilo globale degli opposti,<br />
che sarà in grado di indicare se un marchio<br />
aziendale avrà il successo auspicato.<br />
Non esistono ricette universali per la scelta del<br />
colore di un marchio. Le statistiche indicano che<br />
il colore più adatto è il blu: in architettura e in<br />
particolar modo del mondo dei media. Icolori e<br />
le loro diverse combinazioni sono in grado di<br />
generare una complessa serie di effetti e<br />
emozioni, attraverso l’impiego del linguaggio<br />
delle sfumature, di simboli e segnali.<br />
Quale tono di blu risulta il più efficace? É<br />
meglio adottare il blu come colore di fondo o<br />
come risalto? Va scelto per l'immagine corporate<br />
o solo per il marchio di un prodotto? Quali<br />
combinazioni di colore sono più adatte al blu?<br />
Quali forme vi si abbinano più efficacemente?<br />
In quali contesti il colore è più influente? Esiste<br />
una tecnologia che assicuri che il tono del<br />
colore possa rimanere invariato negli anni? Qual<br />
è l’impatto delle scritte del marchio?<br />
Il blu può trasmettere affidabilità, forza di<br />
innovazione e successo di una realtà aziendale.<br />
Una buona immagine d’impresa deve, per<br />
essere vincente, evitare il grosso pericolo insito<br />
nel colore blu: il suo qualunquismo acritico.<br />
Prof. Ulrich Schendzielorz<br />
4/11<br />
55
Intervista con Tim Alexander,<br />
tutore del marchio O 2<br />
Già all’ingresso della<br />
O2 i visitatori vengono<br />
subito accolti da un<br />
luminoso blu che assicura<br />
il primo approccio<br />
con il marchio. Non è un<br />
incontro passivo ma<br />
vivace, pulsante ed<br />
energicamente familiare<br />
(vedi Pag. 55).<br />
Ha mai fantasticato sul colore blu, Sig.<br />
Alexander?<br />
Si, certo. Quando da piccolo andavo in vacanza<br />
con mia madre e nuotavamo ho spesso<br />
fantasticato sul colore BLU dell’acqua. Oddio!<br />
Era un misto di “wow- esco subito” e “sentirsi<br />
al sicuro nell’acqua”. Veramente era una<br />
sensazione quasi contraddittoria. Non proprio<br />
un incubo ma sentivo una sorta di inquietudine,<br />
poteva diventarlo. (ride)<br />
Sente che deve ringraziare questo colore<br />
per qualcosa?<br />
Personalmente? Il BLU in effetti per me<br />
significa il mio lavoro quotidiano- per O 2. O 2 è<br />
il marchio in cui ripongo da molti anni la mia<br />
fiducia. In passato tramite un’agenzia esterna,<br />
oggi come collaboratore interno – per questo il<br />
BLU per me significa anche il vero colore del<br />
successo. Al contrario della sensazione da<br />
incubo che avevo sperimentato nell’infanzia,<br />
ora il BLU è proprio il colore del successo della<br />
mia vita. (ride)<br />
“Creatore del marchio”, “tutore del<br />
marchio”, “responsabile del corporate<br />
identity”- lei come preferisce descriversi?<br />
Fondamentalmente mi ritrovo a gestire il colore<br />
BLU ma di fatto il mio lavoro diventa proprio interessante,<br />
quando si tratta di plasmare in maniere<br />
diverse questo BLU. E’ proprio come il marchio<br />
O 2: rinfrescante e sempre nuovo. Il BLU non è<br />
solo un colore. Il BLU ha migliaia di sfumature<br />
diverse- può essere amichevole e chiaro, ma<br />
anche molto scuro e misterioso. Il mio lavoro non<br />
è solo gestire il colore BLU ma anche svilupparlo<br />
e rappresentarlo attraverso il marchio.<br />
La scelta del colore è fondamentale per la<br />
scelta dell’immagine aziendale nella nostra<br />
era moderna. Cosa conferisce il colore BLU<br />
alla O 2?<br />
Per noi il colore BLU è di importanza fondamentale<br />
perché conosciamo le sue implicazioni<br />
psicologiche. Trasmette senso di sicurezza e allo<br />
stesso tempo viene associato all’armonia. Sui<br />
nostri clienti ha un effetto comune : la gente<br />
dice “Mi sento come a casa, mi sento sollevato,<br />
questi non sono come gli altri, sono tranquilli e<br />
quindi sto volentieri con O 2”. E’ evidente che il<br />
fattore di simpatia che il colore BLU implica è<br />
incredibilmente efficace , rende il nostro<br />
marchio attrattivo e i nostri clienti sicuri di avere<br />
fatto la scelta giusta.<br />
Il marchio O 2 oggigiorno rappresenta il<br />
simbolo di una sapiente gestione del<br />
marchio. E’ da attribuire solo al colore BLU o<br />
c’è dell’altro? Quali sono secondo lei i<br />
fattori determinanti?<br />
56<br />
4/11
I fattori determinanti per il marchio O 2 sono il<br />
forte Corporate Design – quindi il BLU, le<br />
bollicine e il loro O 2 - insieme ad una immagine<br />
del marchio gestita in maniera eccellente. Nel<br />
nostro mercato è importante presentare un<br />
prodotto che esprima “clever simplicity”.<br />
Significa essere sempre in grado di proporre ai<br />
nostri clienti idee intelligenti che semplifichino la<br />
loro vita. Tutti i nostri prodotti, servizi e sistemi di<br />
comunicazione si imperniano su questo concetto<br />
base del marchio. Il nostro intento è riuscire a<br />
rendere le nostre proposte sempre più allettanti.<br />
Accanto all’ideazione di un logo di ottimo design<br />
è necessario anche condurre un’adeguata<br />
gestione del marchio all’interno di un mercato<br />
come il nostro. La personalità del marchio deve<br />
essere rappresentativa.<br />
Un logo oggigiorno deve essere rappresentato<br />
a 360°: su internet, sui media<br />
convenzionali e in occasione di eventi,<br />
oltre che nei social network. Questo rende<br />
più difficile la gestione del marchio?<br />
Si, la gestione del marchio è diventata molto<br />
più difficile. Non è più possibile ideare a<br />
tavolino dei marchi che risultino assolutamente<br />
convincenti. Per questo è importante avere dei<br />
fans che credono nel marchio e lo promuovano<br />
all’interno del loro ambiente. Il social media<br />
serve proprio a questo: noi mettiamo a<br />
disposizione dei nostri utenti i mezzi per<br />
comunicare tra loro, per fare dei post, per<br />
commentare i nostri servizi, per suggerire dei<br />
miglioramenti…e dall’altra parte noi ci impegniamo<br />
a reagire con un giusto atteggiamento<br />
coraggioso e cooperativo. Abbiamo comunque<br />
rilevato che quando il marchio è nelle mani di<br />
una buona utenza, e oggigiorno lo è, non può<br />
che trarne dei benefici e migliorarsi. Ovviamente<br />
questo comporta che la gestione del marchio<br />
aziendale , che un tempo richiedeva meno<br />
tempo perché si trattava di investire in spot<br />
televisivi di 30 secondi o in un tot di cartelloni<br />
pubblicitari all’anno, oggi include anche il<br />
management di tutto quanto è relativo alle<br />
Comminity , ai fans e alla proposta di iniziative<br />
interessanti. Non è più dispendioso, si tratta<br />
solo di disporre di più personale e questo è un<br />
argomento cruciale: abbiamo bisogno di più<br />
gente per amministrare il marchio – spiegatelo<br />
voi agli ufficiali finanziari CFO.<br />
Dall’insediamento sul mercato del<br />
marchio O 2 nel 2002 si sono susseguiti<br />
diversi cambiamenti all’interno dell’azienda:<br />
nuovi settori commerciali, nuovi paesi,<br />
cambi nel management e nelle agenzie<br />
esterne, l’acquisizione della società<br />
spagnola Telefonica, programmi di ristrutturazione<br />
– come siete riusciti a mantenere<br />
la rotta della società con tutti questi<br />
cambiamenti?<br />
Per potere tenere in carreggiata il marchio è<br />
indispensabile che esso abbia una sua identità<br />
ben definita. Ci sono delle linee guida da<br />
seguire. Abbiamo un preciso Guardianship<br />
Process: qualsiasi idea di comunicazione deve<br />
superare un percorso di approvazione. Se per<br />
esempio il reparto HR ha ideato un volantino<br />
per la giornata dei bambini, questo deve essere<br />
controllato e approvato mediante il processo di<br />
approvazione, perché per noi il marchio è<br />
molto importante. Il secondo fattore importante<br />
per il benessere del marchio è fare sentire i<br />
propri collaboratori a loro agio. Che sentimenti<br />
hanno in merito al marchio? Cosa trasmette<br />
loro? Il marchio non è solo il colore BLU ma un<br />
insieme di valori che noi vogliamo trasmettere<br />
ai nostri collaboratori attraverso dei work-shop.<br />
In terzo luogo il marchio è supportato e<br />
tutelato dai nostri responsabili di direzione che<br />
sono costantemente impegnati a promuoverlo,<br />
proteggerlo e svilupparlo nel migliore dei<br />
modi. Il tutto si può riassumere così: definire<br />
bene le cose, motivare i collaboratori e potere<br />
contare su un corpo dirigenziale che supporti e<br />
stimoli il marchio. Solo così il risultato sarà un<br />
prodotto vincente.<br />
Il successo del vostro prodotto ha degli<br />
effetti positivi anche all’interno dell’azienda<br />
– per esempio per quanto riguarda la<br />
soddisfazione e la motivazione tra gli<br />
impiegati?<br />
Assolutamente. Il marchio O 2 porta un grande<br />
senso di appagamento presso i nostri collaboratori.<br />
Infatti nel 2010 siamo stati definiti “best<br />
place to work”. La gente si dice contenta di<br />
lavorare da noi, nonostante i continui cambiamenti<br />
che sono una prerogativa del nostro<br />
settore. Credo che questo sia possibile grazie<br />
ai valori che il marchio O 2 rappresenta. I nostri<br />
impiegati sono orgogliosi di essere qui e di<br />
lavorare per quest’azienda. Una gestione del<br />
marchio non può essere suddivisa in “dentro”<br />
e “fuori”. E’ un tutt’uno. In fondo per noi è<br />
questa il vero impegno quotidiano.<br />
Quale sarà secondo lei la più grossa<br />
sfida che vedrà impegnata la società O 2 nei<br />
prossimi anni?<br />
La più grande sfida sarà sicuramente quella di<br />
diventare veramente digitali. Il marchio O 2 si<br />
presta molto a questo aspetto: punta molto sul<br />
visivo, ha un set di valori ben definito e ha un<br />
chiaro Corporate Design. Indubbiamente<br />
potersi trasformare in una versione completamente<br />
digitale ai livelli di Google, Facebook e<br />
Apple, e averne la stessa visibilità, significa<br />
potere disporre di enorme flessibilità e<br />
velocità. Ciò non è assolutamente facile per<br />
un’azienda che ha raggiunto grandi dimensioni<br />
come la nostra.<br />
Intervista condotta da Andreas Harazim<br />
Ritratto<br />
Tim Alexander, vice presidente<br />
per la gestione<br />
del marchio O 2 presso<br />
Telefonica Germany.<br />
Tim Alexander iniziò la<br />
sua carriera nel 1999<br />
come apprendista nel<br />
Brand Management<br />
presso la E-Plus Mobilfunk<br />
di Duesseldorf.<br />
Dopo diverse esperienze<br />
presso varie aziende, tra<br />
le quali anche la Daimler<br />
AG di Stoccarda e<br />
collaborazioni con<br />
agenzie come Management<br />
Supervisor presso<br />
Saatche & Saatchi a<br />
Francoforte e Londra, è<br />
approdato alla compagnia<br />
telefonica O 2.<br />
Oggi Tim Alexander è<br />
responsabile, con il suo<br />
team, di diversi settori di<br />
comunicazione e eventi<br />
media della società O 2.<br />
Leggete l’intervista in<br />
versione integrale su:<br />
www.place2point5.com<br />
Webcode: SAPERE5009<br />
4/11<br />
57
Fumo Blu<br />
Oasi per gli amanti del sigaro
Lo scrittore e aristocratico spagnolo José<br />
Luis de Vilallonga, parlando dei sigari<br />
cubani ha scritto che si dovrebbe fumare di<br />
meno e attribuire più importanza al sigaro.<br />
Ogni sigaro che viene fumato rappresenta<br />
una piccola celebrazione. É un rito che oggi<br />
si consuma più che altro nelle case private<br />
e sempre meno in luoghi pubblici. Negli<br />
ultimi anni, infatti, al fine di tutelare i<br />
fumatori passivi, l’Europa ha varato leggi<br />
restrittive sul fumare in pubblico.<br />
Piccolo excursus storico<br />
In fondo non c’è niente di nuovo. Ancora<br />
prima che la scienza mettesse in evidenza gli<br />
effetti negativi del tabacco sulla nostra salute,<br />
la foglia di tabacco era già vista con scetticismo<br />
e con un atteggiamento di amore-odio<br />
che ha avuto inizio con l’introduzione del<br />
tabacco in Europa e che tuttora perdura.<br />
Quando i conquistatori spagnoli portarono nel<br />
continente le foglie e<br />
i semi delle piante da<br />
tabacco, questo<br />
nuovo vizio venne<br />
subito considerato<br />
come qualcosa di<br />
satanico, di sacrilego,<br />
che in Spagna fu<br />
addirittura perseguitato<br />
dall’inquisizione.<br />
Nel corso del 17°<br />
secolo il fumo venne proibito in paesi che<br />
erano distanti l’un l’altro e diversi tra loro<br />
come Turchia, Russia, Giappone e Persia.<br />
Nonostante questi divieti, il fumo è rimasto<br />
un’abitudine diffusa anche al giorno d’oggi.<br />
Il gusto di un buon sigaro<br />
Fumare una sigaretta non ha niente da spartire<br />
con l’arte e il gusto che un buon sigaro vi può<br />
regalare. Nelle nostre città ultimamente capita<br />
di frequente di vedere gruppetti di persone<br />
che fumano frettolosamente una sigaretta<br />
accanto all’ingresso dei bar o fuori dagli edifici<br />
dove ci sono uffici. Questo modo sbrigativo di<br />
fumare non ha nulla a che vedere con il rito<br />
del sigaro. Lo scrittore cubano Guillermo<br />
Cabrera Infante, forse il più accanito sostenitore<br />
del sigaro cubano in assoluto, ha scritto: „<br />
le sigarette vengono fumate una dietro l’altra,<br />
il sigaro invece bisogna gustarlo solo occasionalmente,<br />
quando c’è un vero motivo. Le<br />
sigarette appartengono al momento, i sigari<br />
all’eternità”.<br />
L’arte del fumo<br />
“Le sigarette<br />
appartengono al momento,<br />
i sigari all’eternità”<br />
Guillermo Cabrera Infante<br />
Fumare un sigaro richiede prima di tutto del<br />
tempo. Per questo motivo il sigaro svolge anche<br />
una funzione che si potrebbe definire sociale:<br />
basta pensare a quanti affari sono stati conclusi<br />
in atmosfere fumose bluastre, per esempio. E’<br />
un classico che ad un matrimonio si fumi un<br />
buon sigaro. Non per niente, in Spagna dopo i<br />
pasti viene proposto il tradizionale servizio<br />
“caffè, drink e sigaro”. Negli ultimi tempi<br />
questa combinazione armoniosa è sempre più<br />
apprezzata. L’accostamento di vari gusti e<br />
aromi, che portano ad un esperienza gustativa<br />
unica, è diventato il nuovo trend. Sono stati<br />
scritti vari articoli sul tema e sulla ricerca degli<br />
ideali abbinamenti di gusti che si armonizzino al<br />
meglio. Fondamentalmente è necessario<br />
rispettare dei principi base per gustare un<br />
sigaro con un drink: la chiave per un perfetto<br />
accostamento è la giusta armonia del tipo di<br />
gusto: i drink forti si abbinano bene a sigari<br />
decisi, i sigari più<br />
leggeri e delicati<br />
vanno combinati con<br />
dei liquori con un<br />
limitato contenuto<br />
alcolico.<br />
É risaputo che oggi,<br />
nella maggior parte<br />
dei paesi europei,<br />
esiste il divieto di<br />
fumare sul posto di<br />
lavoro. Sicuramente questo ha portato ad una<br />
maggiore qualità dell’aria negli ambienti<br />
lavorativi… A casa niente e nessuno ci vieta di<br />
fumare, però lo facciamo in solitudine. Ci sono<br />
posti dove, al di fuori degli ambienti privati, ci si<br />
può gustare un buon sigaro in pubblico in<br />
compagnia degli amici o del proprio partner,<br />
senza arrecare disturbo?<br />
Londra: il paradiso dei terrazzi<br />
Londra, la metropoli finanziaria europea. Se<br />
pensiamo alla capitale del Regno Unito ci<br />
vengono in mente la nebbia, la pioggia,<br />
l’umidità e le fredde acque del Tamigi.<br />
Come è l’impatto delle leggi antifumo in un<br />
ambiente così sfavorevole dal punto di vista<br />
climatico? Al di là dei tipici tradizionali club<br />
inglesi, radicati nella loro tradizione britannica,<br />
che si sono adeguati alle normative e hanno<br />
creato degli appositi spazi per i fumatori, dove<br />
si può andare a fumare? La città sul Tamigi ha<br />
dei luoghi segreti dove si può fumare: sono i<br />
terrazzi degli edifici, spesso adibiti a veri e
Nel salone per fumatori Hajenius di Amsterdam regna una sobria eleganza e<br />
viene offerta una vasta scelta di prodotti pregiati (foto grande pag. precedente).<br />
La sala climatizzata permette di conservare nel modo più adeguato il tabacco da<br />
fumo.<br />
propri giardini cittadini. Molti bar e ristoranti<br />
hanno deciso di tenere attivi i loro terrazzi per<br />
tutto l’anno, estate e inverno, ad uso esclusivo<br />
dei clienti fumatori.<br />
Anche il ristorante Boisdale nel quartiere<br />
Belgravia nel cuore di Londra, ha deciso in<br />
questo senso, per soddisfare un certo tipo di<br />
clientela. Possiede una cantina molto ben<br />
fornita e ha una terrazza che può ospitare 40<br />
persone. Il ristorante in stile scozzese offre<br />
serate di concerti Jazz dal vivo che si sposano<br />
alla perfezione con il sigaro. É una gioia per i<br />
sensi: la perfetta occasione per combinare<br />
un buon sigaro cubano con un eccellente<br />
whisky scozzese.<br />
La marca Cohiba racchiude tutte le qualità più<br />
apprezzate del cubano. Nata negli anni ’60 in<br />
una fabbrica che confezionava sigari che<br />
venivano utilizzati come regali ufficiali del<br />
regime cubano e per uso personale di Fidel<br />
Castro. Solo nel 1982 ebbe inizio la commercializzazione<br />
dei Cohiba in tutto il mondo. Sono<br />
gli unici cubani, le cui foglie subiscono un terzo<br />
livello di fermentazione. É proprio questo il<br />
motivo per cui questi sigari hanno un gusto e<br />
un aroma meravigliosamente unici che li<br />
distinguono e li rendono esclusivi. Nel 2007 fu<br />
lanciata sul mercato la serie Maduro 5, un<br />
sigaro confezionato con la foglia esterna in<br />
tabacco scuro e stagionato per cinque anni. Il<br />
Cohiba Genios, il formato più grande della<br />
serie, ha un gusto di legno e di terra, che si<br />
abbina alla perfezione con un whisky di<br />
carattere, come per esempio il Lagavulin<br />
invecchiato 16 anni. Questo whisky proveniente<br />
dall’Isola Islay, la “Regina delle Ebridi”, è<br />
considerato uno dei migliori whisky scozzesi<br />
grazie al suo particolare gusto dolce e all’aroma<br />
che ricorda l’ affumicato. Una vera festa<br />
per il palato.<br />
Parigi: self-service!<br />
Un’immagine dell’Habanos Smokers Lounge presso l’hotel Andel si Berlino.<br />
Consigli per gli appassionati<br />
Ci si può registrare gratuitamente nel Club Pasión Habanos su<br />
www.clubpasionhabanos.com e approfittare dei suoi vantaggi e<br />
degli sconti esclusivi riservati ai soci.<br />
Anche in Francia nei locali pubblici è permesso<br />
fumare solo nelle aree appositamente adibite.<br />
L’offerta è ampia e varia: club per fumatori, bar<br />
con zona fumatori, ristoranti di tutti i tipi dove<br />
alcuni ambienti sono riservati e vi si può<br />
gustare il cibo e alla fine concludere il pasto<br />
con un buon liquore abbinato ad un gustoso<br />
sigaro. In alcuni ristoranti e bar di un certo<br />
livello c’è il self-service.<br />
andel’s Hotel a Berlino: www.andelsberlin.com<br />
Dolceamaro a Roma: www.dolce-amaro.info<br />
Guida per fumatori a Parigi: www.smok-in.fr<br />
Boisdale Belgravia: www.boisdale.co.uk<br />
P.G.C. Hajenius Amsterdam: www.hajenius.com
Vivere<br />
E’ il caso dell’Atelier Berger, un ristorante di<br />
cucina tradizionale francese nel centro storico<br />
di Parigi. Dopo avere piacevolmente pranzato o<br />
cenato si può andare nella sala da fumo.<br />
Questo salone arredato con un gusto eccellente<br />
offre comodi divani in pelle e da la possibilità<br />
di fumarsi un buon sigaro da soli o in<br />
compagnia. Ci si serve da soli, per esempio con<br />
un buon cognac Courvoisier XO Imperial, che<br />
nel 1994 è stato premiato come „migliore<br />
cognac del mondo” abbinato ad un sigaro<br />
Romeo y Julieta Churchill, il formato più<br />
famoso della marca cubana. Questo sigaro fu<br />
chiamato così in onore del Primo Ministro<br />
britannico Churchill, grande estimatore di<br />
questa etichetta.<br />
Madrid: luoghi segreti per adepti<br />
Per fortuna in Spagna il clima è clemente e le<br />
terrazze dei bar e dei ristoranti possono essere<br />
frequentate dai fumatori durante gran parte<br />
dell’anno. Alcuni appassionati del sigaro, però,<br />
non vogliono privarsi del gusto di fumare<br />
all’interno dei locali, dove l’aroma impregna e<br />
viene poi rilasciato dal legno delle pareti e dei<br />
pavimenti e dal cuoio delle poltrone. Per<br />
questo si sono organizzati e hanno creato dei<br />
veri e proprio club privati di fumatori, come per<br />
esempio il Club Pasión Habanos. Questo club<br />
ha due sedi nella capitale, dove i soci possono<br />
godere dell’ ambiente piacevolmente accogliente<br />
e della vasta e selezionata scelta di<br />
sigari perfettamente conservati: la Casa de<br />
América e l‘ Hotel Meliá Castilla. Il club,<br />
riservato ai soli soci, organizza tra l’altro anche<br />
speciali eventi di degustazione di nuovi sigari<br />
appena immessi sul mercato, incontri e<br />
conferenze con specialisti del ramo e viaggi<br />
annuali a Cuba, presso le aziende di confezionamento<br />
di sigari, per potere vivere direttamente<br />
l’esperienza del processo di fabbricazione<br />
dei cubani, dalla semina al prodotto finale.<br />
A proposito di Cuba: provate ad abbinare un<br />
buon cubano con un rum invecchiato. Il rum è<br />
probabilmente il drink che si armonizza al<br />
meglio con il sigaro. Per esempio combinate un<br />
Montecristo Nr.4, il famoso Petit Corona che è<br />
l’esemplare più venduto e più conosciuto, con<br />
un Havana Club invecchiato 15 anni: il gusto<br />
del legno del sigaro e del rum si misceleranno<br />
perfettamente all’interno del vostro palato.<br />
Roma: la città delle piazze<br />
La situazione in Italia è simile a quella della<br />
Francia, con la differenza che come in Spagna il<br />
clima italiano è piacevolmente mite. In estate si<br />
può fumare con gusto nelle innumerevoli<br />
piazze e terrazze della città eterna. Inoltre ci<br />
sono locali con aree fumatori esterne dotate di<br />
tetto. Uno di questi posti è il Caffè Dolceamaro,<br />
sul colle del Quirinale. É un bar specializzato<br />
che offre tutte le qualità di caffè possibili e<br />
dispone di un’accogliente saletta per fumatori<br />
che si può utilizzare per riunioni, brunch o feste<br />
private, con un ottimo servizio. Qui potete<br />
combinare un espresso a media tostatura con<br />
un Montecristo Open Eagle. L’aroma di legno<br />
pervade magnificamente il palato attraverso il<br />
gusto speciale di questa tostatura.<br />
Berlino: vista sull’Alexanderplatz<br />
La situazione in Germania è abbastanza<br />
particolare poiché i diversi Land sono sottoposti<br />
a leggi differenti l’uno dall’altro; in ogni caso<br />
tutti, in tempi diversi, si sono dovuti adeguare<br />
alla normativa europea relativa al fumo passivo.<br />
Se doveste trovarvi a visitare la capitale potete<br />
andare alla Lounge ufficiale di fumatori di<br />
cubani al sesto piano dell’Andel’s Hotel. Questo<br />
moderno salone offre una vista superlativa sulla<br />
torre della televisione in Alexanderplatz e<br />
dispone di una teca perfettamente umidificata<br />
contenente una eccellente selezione di cubani.<br />
La Lounge si differenzia dal resto dei saloni per<br />
fumatori per il suo stile estremamente moderno<br />
e per l’ambiente al limite dello stravagante.<br />
Un suggerimento: abbiate il coraggio di provare<br />
a combinare un Partagás Serie D nr 4 con un<br />
Jack Daniel’s Bourbon Old No. 7.<br />
Da degustazioni effettuate<br />
dagli addetti della Habanos<br />
S.A., dagli specialisti<br />
dell’Instituto del<br />
Tabaco di Cuba e<br />
dagli esperti<br />
selezionati della<br />
gastronomia è risultato<br />
che questa è la combinazione<br />
più rinomata e apprezzata,<br />
grazie all’armonia dei suoi<br />
abbinamenti e alla<br />
coerenza del suo gusto.<br />
Álvaro Ruiz del Real<br />
Dove si trova la vostra oasi<br />
segreta per i vostri sigari<br />
preferiti?<br />
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La rollatura dei sigari<br />
appartiene ad un’arte<br />
artigianale ricca di passione.
La soglia del dolore<br />
al rallentatore<br />
L’arte cinematografica d’avanguardia di James Benning<br />
La si può trovare nei numerosi film festival<br />
internazionali, nelle sale cinematografiche<br />
più sofisticate e, con un po’ di fortuna,<br />
qualche volta anche in televisione: è l’arte<br />
cinematografica di James Benning. Le sue<br />
opere sono caratterizzate da lunghe<br />
riprese di paesaggi, fabbriche e luoghi; le<br />
sequenze si estendono in tempi esattamente<br />
identici, le immagini forti sono<br />
accompagnate esclusivamente dal naturale<br />
sottofondo sonoro.<br />
Il pubblico tossicchiante dell’inverno che ha<br />
presenziato alla prima del documentario “13<br />
lakes” (i 13 laghi) negli Stati Uniti, in una sala<br />
cinematografica di Manhattan, si è chiesto: ma<br />
perché ogni sequenza dura esattamente dieci<br />
minuti, e non otto per<br />
esempio? Perché i<br />
laghi sono tredici e<br />
non dieci? Il film non<br />
da risposta a queste<br />
domande. Non tutti i<br />
presenti rimangono<br />
fino alla fine della<br />
proiezione. Alcuni se<br />
ne vanno prima,<br />
alcuni si addormentano.<br />
Alcuni ritengono<br />
che il film sia provocatorio,<br />
altri trascinano la visione fino alla soglia del<br />
dolore. Quelli che si abbandonano completamente<br />
alla proiezione sperimentano un’intensa<br />
sensazione di piacere nel vivere al rallentatore,<br />
che può portare addirittura alla dipendenza.<br />
James Benning è una persona solitaria che<br />
lavora esclusivamente da solo. La sua attrezzatura<br />
cinematografica è costituita da un’antiquata<br />
camera da 16 mm di marca Bolex e da un<br />
pesantissimo registratore a nastro Nagra. Non<br />
“L’uomo, anche nella sua<br />
reale esistenza, si augura<br />
di potere vedere così il<br />
mondo apparente”<br />
Diedrich Diederichsen<br />
riuscirebbe a portare con sé altra strumentazione.<br />
Sa benissimo che le nuove tecnologie come<br />
l’IMAX potrebbero attribuire alle sue immagini<br />
più espressività ma le sue risorse economiche<br />
non gli permettono di modernizzare la sua<br />
attrezzatura. Reinhard Wulf ha avuto la<br />
possibilità di accompagnare per una settimana<br />
James Benning durante le sue riprese in<br />
California, Arizona e Utah. Per James<br />
Benning è stata una situazione decisamente<br />
anomala, per Reinhard Wulf un incontro<br />
memorabile: ha potuto conoscere un artista<br />
estremamente introverso, allo stesso tempo<br />
simpatico, che lavora con un’incredibile<br />
meticolosità e che riflette così sul proprio<br />
operato: “La cosa che più mi spaventa è<br />
l’assoluta solitudine<br />
che si sperimenta con<br />
questo tipo di lavoro.<br />
Io sto sempre più solo<br />
con me stesso e vivo<br />
le mie esperienze<br />
in solitudine. Forse<br />
il motivo per cui<br />
faccio i film è perché<br />
ritengo che sia giusto<br />
condividere le<br />
esperienze con<br />
qualcun altro. Allo<br />
stesso tempo non sarei in grado di girare le mie<br />
riprese insieme ad altri. Devo vivere in solitudine<br />
per potere avere la giusta prospettiva delle cose,<br />
per vederle in modo vero. Poi sento la necessità<br />
di avere qualcuno accanto a me a cui dire:<br />
guarda questo. Non solo per avere conferma<br />
che qualcosa esista ma soprattutto per poterlo<br />
comunicare agli altri”.<br />
Il documentario girato negli USA “Paesaggi<br />
americani – a spasso con James Benning”<br />
62<br />
4/11
Persone<br />
Spesso si impiegano giorni per<br />
girare solo 10 minuti di film.<br />
James Benning ha percorso<br />
570 miglia per trovare il<br />
contesto perfetto sul<br />
Lake Powell nello Utah.
Persone<br />
Sul forum potete trovare<br />
un’intervista con<br />
James Benning condotta<br />
da Danni Zuvela per<br />
“Senses of Cinema“:<br />
www.place2point5.com<br />
Webcode: PERSONE5007<br />
(titolo originale James Benning - Circling the<br />
Image) dona allo spettatore la netta percezione<br />
dei tempi lunghi, dei viaggi dilatati, della<br />
ricerca continua di luoghi e soggetti ideali, del<br />
rapporto di Benning con il paesaggio e con la<br />
solitudine che caratterizza il suo lavoro. James<br />
Benning definisce così la sua condizione di<br />
artista e cinematografo: “Non mi riesce difficile<br />
parlare di cose personali. Più arduo è produrre<br />
delle opere personali, che trattano della<br />
propria afflizione. Gli spettatori devono potere<br />
interpretare i miei film in rapporto agli<br />
avvenimenti della loro vita. Nella mia completa<br />
apertura è necessario che anche loro si<br />
approccino con un atteggiamento aperto. Un<br />
film personale è questo. Deve mostrare fiducia.<br />
E avere un suo significato attraverso la storia<br />
raccontata. Deve crescere man mano”.<br />
James Benning nasce il 28 Dicembre del 1942 a<br />
Milwaukee nel Wisconsin e, sin dagli anni ’70, è<br />
un eminente esponente della cinematografia<br />
d’avanguardia statunitense. Nelle sue lunghe<br />
sequenze di notevole impatto fotografico, regala<br />
una visione meditativa sulla natura arcaica e sulle<br />
innovazioni tecnologiche effettuate dall’uomo.<br />
Ha studiato matematica all’universita del<br />
Wisconsin e si è fatto presto notare come artista<br />
con i suoi documentari che ritraevano con occhio<br />
assolutamente originale e critico la società<br />
americana, il destino degli indiani nativi d’america,<br />
lo sviluppo industriale e come la natura veniva<br />
modificata dal progresso. Secondo il suo parere la<br />
capacità narrativa della cinematografia corrente<br />
era troppo veloce, spedita e sequenziale. “Agli<br />
albori del film per creare si usava semplicemente<br />
una macchina da presa con un enorme rotolo di<br />
pellicola e si riprendeva un fatto mentre accadeva,<br />
come per esempio l’evento emblematico del<br />
treno che entra in stazione o un lungo bacio; il<br />
momento è qualcosa di estremamente sottile e<br />
speciale. Trovo che la cinematografia negli anni si<br />
è sviluppata troppo in velocità. L’argomento del<br />
racconto e l’essenza delle immagini vengono<br />
svelati troppo presto, quindi gran parte della<br />
percezione si perde per strada. Per questo motivo<br />
io preferisco lavorare come si faceva agli inizi di<br />
quest’arte”.<br />
Dal 1987 vive a Val Verde, una piccola comunità<br />
non lontana da Los Angeles e insegna al<br />
California Institute of Arts. Uno dei classici<br />
delle sue lezioni è la materia “Udire e vedere”.<br />
Benning porta i suoi studenti a visitare la<br />
solitudine di alcuni paesaggi industriali<br />
desolati e chiede loro di concentrarsi<br />
attentamente e di osservare e udire;<br />
questo approccio con l’ambiente<br />
circostante corrisponde pienamente al suo modo<br />
di lavorare. Dalla metà del 1990 i suoi film trovano<br />
ambientazione nei paesaggi del sud ovest degli<br />
Stati Uniti. I suoi film più noti sono relativi alla<br />
trilogia della California, del 2000/2001, in<br />
particolare i titoli sono “El Valley Centro”, “Sogobi<br />
e “Los”. Nel 20<strong>04</strong> sono seguiti gli eccellenti<br />
documentari “13 Lakes” e “10 Skies”; nel 2007 è<br />
uscito “RR”, una serie di 43 riprese, che nei loro<br />
tempi lunghi ricordano l’originale arrivo del treno<br />
degli albori del cinema.<br />
James Benning ha una schiera di fan sempre più<br />
nutrita anche in Europa. I suoi fan accolgono<br />
benevolmente la sua arte in quanto si contrappone<br />
all’odierno flusso smodato di informazioni.<br />
L’anno scorso i cinefili hanno potuto gioire: James<br />
Benning, dopo 40 anni, ha cambiato la sua Bolex<br />
da 16 mm per una camera HD digitale. Per la<br />
prima volta si è cimentato a filmare al di fuori<br />
degli USA e si è dedicato a ritrarre con il suo<br />
personalissimo occhio la “Ruhr”, la regione<br />
deindustrializzata che negli ultimi tempi pare<br />
deputata a divenire la capitale culturale europea<br />
degli anni 2010. In questo documentario il rapporto<br />
realistico, caratteristico dei suoi film, è ancora<br />
più intenso. Le immagini non ritraggono quasi mai<br />
le persone ma tunnel, padiglioni di fabbriche e<br />
strade; grazie ad una luce particolarmente<br />
suggestiva, alle tonalità dei colori e ai tempi delle<br />
sequenze il risultato è di un incredibile intensità.<br />
Memorabile, quasi al limite della sopportazione,<br />
l’inquadratura di una ciminiera fumante nella luce<br />
crepuscolare che si dilata nel tempo. L’immagine<br />
inevitabilmente ci porta a ricordare le Twin Towers<br />
di New York e nei 16 minuti di durata di questa<br />
sequenza si ha tutto il tempo, non solo di udire e<br />
vedere, ma anche di meditare.<br />
Joachim Sparenberg<br />
64<br />
4/11
“La pazienza fa prendere il treno”<br />
A colloquio con James Benning, che per il<br />
suo grandioso film “RR” ha ripreso per<br />
167 volte un treno che si avvicina alla<br />
camera e passa oltre.<br />
Mr Benning, nei suoi ultimi documentari<br />
come “13 Lakes” e “10 Skies” i luoghi di<br />
osservazione erano di un numero ben<br />
preciso, con 13 sequenze ha ritratto un<br />
lago e con 10 il cielo. In “RR” non si è dato<br />
una quantità definita: come si è svolta la<br />
ricerca dei punti di osservazione?<br />
James Benning: la scelta è stato il risultato di<br />
una selezione tra una moltitudine di idee e<br />
esigenze artistiche. Conoscevo già alcuni scorci<br />
spettacolari dai miei viaggi precedenti e avevo<br />
letto molto sulla storia della strada ferrata. Mi<br />
sono stati d’aiuto anche i siti web dei fan della<br />
ferrovia. Digitando un luogo o una città potevo<br />
vedere centinaia di foto che mi potevano dare<br />
delle idee e delle indicazioni. Per esempio, ho<br />
voluto a tutti i costi inserire nel mio documentario<br />
un treno “Street Running”, di quelli che<br />
passano proprio nel centro della città, sulla<br />
strada, che per ovvie ragioni sono sempre più<br />
rari. In totale ho fatto 167 sequenze.<br />
“RR” è un documentario paesaggistico?<br />
I treni possono essere considerati un<br />
contrasto se si parla di paesaggi.<br />
A me interessava il rapporto tra ferrovia e<br />
paesaggio; considerando che i treni non possono<br />
affrontare pendii superiori al due per cento<br />
la strada ferrata deve in qualche modo<br />
adagiarsi e adeguarsi al paesaggio, a differenza<br />
per esempio delle autostrade.<br />
Come è stata la scelta relativa a dove<br />
piazzare la telecamera per le diverse<br />
riprese, così diverse tra loro?<br />
Il mio intento in generale era quello di riprendere<br />
tutte la gamma di situazioni possibili.<br />
Nello specifico, per ogni sequenza mi sono<br />
lasciato ispirare da quello che il luogo offriva.<br />
Per esempio ho pensato: qui sarebbe bello<br />
filmare il treno frontalmente. In altri posti mi<br />
ispiravano magari di più le riprese dall’alto o<br />
dal basso.<br />
La prerogativa del suoi lavoro è quello<br />
di gestirsi da solo e fare tutto per conto<br />
proprio, controllando più parametri<br />
possibili, come luoghi, tempi di ripresa,<br />
immagini e suoni. Qui per la prima volta<br />
non era lei a stabilire gli orari e la lunghezza<br />
delle riprese. Infatti esse erano<br />
strettamente legate alla lunghezza dei<br />
treni e alla velocità con la quale il soggetto<br />
si muoveva rispetto alla telecamera. E’<br />
stato difficile per lei sperimentare questa<br />
nuova sfida che ha limitato in parte il suo<br />
controllo sugli strumenti e sui tempi?<br />
Siccome i treni viaggiano su rotaie per me era<br />
una certezza sapere che potevo sempre<br />
trovarli. E’ vero che ho avuto meno controllo di<br />
quanto avevo pensato inizialmente. Mi ero<br />
attrezzato con i prospetti degli orari dove<br />
James Benning si<br />
concede solo<br />
piccolissime pause<br />
durante le lavorazioni.<br />
L’inquadratura della<br />
durata di svariati minuti<br />
di un ponte sull’interstatale<br />
che porta a Los<br />
Angeles, tratta dal film<br />
”Los“, che fa parte della<br />
trilogia californiana.
Persone<br />
Immagine a sx: James<br />
Benning si prende tutto<br />
il tempo necessario per<br />
un’accurata ricerca dei<br />
luoghi ideali che<br />
esprimano i propri<br />
cambiamenti con il<br />
passare del tempo.<br />
Immagine a dx: James<br />
Benning nel suo posto<br />
preferito: dietro la sua<br />
cinepresa.<br />
Immagine a sx e dx sotto:<br />
James Benning al<br />
Filmfestival<br />
Punto de Vista.<br />
avevo segnato la frequenza dei passaggi sui<br />
singoli tratti, però mi è anche capitato di<br />
dovere aspettare un giorno e mezzo per fare<br />
una ripresa. É stato un po’ come andare a<br />
pesca. Si prepara l’attrezzatura e ci si arma di<br />
pazienza finché non passa il treno giusto.<br />
Nel catalogo di Berlino i treni sono citati<br />
come co-autori del suo documentario.<br />
Si, questa idea mi sembrava giusta. Dovevo in<br />
fondo riconoscere che era necessario rendere il<br />
merito del loro comportamento nelle mie<br />
immagini. Per esempio, verso la metà del film,<br />
c’è un treno che arriva, si ferma per un breve<br />
istante e poi riparte. Era un comportamento<br />
che non si poteva prevedere e per me è stata<br />
un caso fortunato. Pensate solo al rumore che<br />
fa un treno quando riparte, al peso che deve<br />
trascinare, allo sforzo immane dei motori; è<br />
decisamente affascinante. Non mi aspettavo e<br />
non potevo prevedere che il treno si comportasse<br />
in questo modo.<br />
Il titolo e i crediti del suo film sono<br />
inusuali. Sono semplicemente “RR” e “JB”.<br />
Si, diventerà un record (ridendo). Inizialmente<br />
era mia intenzione inserire nei crediti le<br />
indicazioni dei luoghi. Poi però ho pensato che<br />
poteva essere giusto fare capire che il documentario<br />
non seguiva alcuna logica geografica.<br />
Per gli Stati Uniti è una cosa assolutamente<br />
fuori dal normale. Alla fine mi sono fatto<br />
affascinare dalla simmetria delle parole.<br />
Solitamente i suoi film sono caratterizzati<br />
da una colonna sonora creata dai<br />
rumori e dai suoni naturali legati al<br />
paesaggio illustrato, la cui natura e<br />
origine spesso non è chiara. E’ sua abitudine<br />
quindi utilizzare una colonna sonora<br />
originale. Questa volta invece il documentario<br />
ha una colonna sonora composta da<br />
sequenze naturali arrangiate. Inoltre ha<br />
inserito una citazione dalla bibbia, una<br />
canzone di Woody Guthrie e un estratto<br />
del discorso di Eisenhower. Perché?<br />
Cercavo un riferimento diretto con la storia,<br />
anche perché la ferrovia ha un passato a tratti<br />
brutale. I treni sono stati involontari complici di<br />
frodi, inganni e sfruttamenti. Ho deciso di<br />
inserire la canzone di Woody Guthrie “This<br />
Land Is Your Land“ perché in una strofa c’è<br />
un’aspra critica nei confronti della proprietà<br />
privata. Nella più diffusa versione non originale,<br />
questa strofa è stata intenzionalmente<br />
omessa. Il discorso d’addio di Eisenhower mi<br />
ha sempre affascinato: l’ultimo comizio di un<br />
presidente americano repubblicano dove lui<br />
ammonisce il proprio popolo nei confronti dei<br />
pericoli industriali e militari. Ciò che lui ha<br />
predetto nel 1959 si è puntualmente avverato<br />
e oggi la società consumistica impera. E<br />
siccome la ferrovia, tra tante altre cose, rende<br />
possibile il trasporto delle merci attraverso i<br />
paesi, mi sono preso la libertà di fare sentire il<br />
rumore dei treni carichi sulle rotaie in tutta la<br />
sua musicalità.<br />
Intervista di Ekkehard Knörer
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Joachim Sparenberg (<strong>Sedus</strong> Stoll AG) v. i. S. d. P.<br />
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Art Direction:<br />
Tanja Sellner (Agenzia Gerhard Baumann)<br />
Autori di questo numero:<br />
Dirk Brandes, Wolfgang Exler-Bachinger, Hans Fuchs, Joachim Goetz, Klaus Habann, Andreas<br />
Harazim, Ekkehard Knörer, Michael Mayer, Álvaro Ruiz del Real, Dorothea Scheidl-Nennemann,<br />
Prof. Ulrich Schendzielorz, Joachim Sparenberg, Reinhard Stöhr, Yamin von Rauch<br />
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