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Giampiero Ferrante - RnS Lombardia

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Vita del ministero come<br />

crescita spirituale e pratica.<br />

Discernimento dei carismi<br />

della musica e del canto.<br />

Come scegliere i fratelli per il servizio ministeriale.<br />

Il mandato del pastorale di servizio<br />

1


Ringrazio il Signore per avermi concesso l’opportunità dopo tanti anni di servirlo in<br />

quello per cui mi sono sempre sentito chiamato, cioè il “cantare le sue lodi”.<br />

Ed è questo il punto da cui voglio far partire questa mia riflessione con voi.<br />

Diciamolo subito: chi riceve una chiamata ad essere CANTORE DI DIO lo sarà sempre.<br />

Io non ho aderito al il R.n.S. per curiosità o perché impressionato dalle folle a Rimini<br />

invitato da qualcuno. La prima volta che entrai nella chiesa dove si riuniva il gruppo <strong>RnS</strong><br />

a Palermo non lo feci con i miei piedi, ma in braccio a mia madre. Era il 1976 avevo 3<br />

anni, il gruppo era quello della “Noce”; il responsabile di quel gruppo era P. Matteo La<br />

Grua, recentemente ritornato nella Casa del Padre.<br />

Apro una piccola parentesi che mi dà occasione per cogliere alcuni elementi importanti<br />

per ciò che vi dirò dopo. P. Matteo è stato un modello di carismaticità autentica; un<br />

riferimento anche per chi animava con la musica e il canto, perché lui cantava, danzava,<br />

animava, giubilava, intercedeva, profetizzava… anche se materialmente non faceva<br />

parte di un servizio di musica e canto, esprimeva attraverso questi canali comunicativi la<br />

piena adesione alla chiamata di Dio e al farsi strumento dello Spirito Santo. Ringrazio<br />

Dio per avermi dato per tanti anni l’opportunità non solo di far parte del servizio<br />

diocesano a Palermo che animava gli incontri di preghiera, ma anche per le tante<br />

settimane di formazione a cui ho partecipato come animatore della musica e del canto e<br />

che mi hanno dato l’opportunità di seguire lui, Salvatore Martinez, Don Dino Foglio, P.<br />

Mario Pancera e tanti altri fratelli anziani nel cammino che con le loro relazioni<br />

accompagnavano la crescita spirituale dei partecipanti.<br />

Da quando il Signore mi mise davanti la tastiera nel mio gruppo, cominciai a sentire<br />

anche una profonda spinta verso la composizione musicale e in più di 20 anni sono state<br />

tante le esperienze di lode con la musica che si sono trasformate in canto in uso<br />

all’interno del <strong>RnS</strong> e non solo. Ci sono anche canti che ho provinato con delle<br />

registrazioni che non ho mai “edito”… ce ne sono altri di cui ho memorizzato le melodie<br />

dentro di me che sono una sorta di tesoro intimo che conservo nel cuore in attesa che un<br />

giorno lo Spirito non mi suggerisca di metterle a Suo servizio.<br />

Questo perché? perché Dio mi ha fatto fare l’esperienza di ciò che significa essere<br />

“docili” allo Spirito.<br />

2


Senza una predisposizione a farsi usare dallo Spirito, non vi può essere docilità; e lo<br />

Spirito non è che parli in modo confusionale…, parla con ispirazioni, con testimonianze e<br />

ci parla nella nostra preghiera.<br />

Abbiamo più volte affermato la necessità di essere docili allo Spirito Santo, tanto che<br />

l’espressione del Papa: “Lasciatevi veramente guidare dallo Spirito” è rimasta impressa a<br />

tutto il <strong>RnS</strong> italiano. Ma la docilità è l’attitudine ad imparare, a lasciarsi istruire dallo<br />

Spirito, dalla Parola di Dio, dagli eventi quotidiani, dai fratelli.<br />

La docilità richiede l’umiltà. E’ docile chi è umile, chi si mette alla scuola di Gesù, chi<br />

assume la responsabilità pastorale, ministeriale come chi è alla ricerca di Dio ed è<br />

consapevole di essere conquistato da Dio e di dover continuamente conquistare Dio:<br />

“Non però che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione;<br />

solo mi sforzo di correre per conquistarlo, perché anchi’io sono stato conquistato da<br />

Gesù Cristo” ( Fil 3,12). Non ci deve sfuggire che per gli apostoli la conseguenza<br />

immediata dell’esperienza di Pentecoste fu una nuova e radicale disponibilità a fare la<br />

volontà di Dio , ad obbedire a Dio sino alla morte. Infatti davanti all’opposizione del<br />

Sinedrio gli apostoli ribadiscono il primato dell’obbedienza a Dio ( cfr Atti 4,18), tanto da<br />

affermare che lo “Spirito Santo viene dato da Dio a coloro che si<br />

sottomettono(obbediscono) a lui” ( Atti 4,32).<br />

Fin qui ho cercato di condividere quella che è stata la mia esperienza di “ordinaria<br />

vocazione alla musica per il Signore” e a servizio della Chiesa. Dico “ordinaria” perché<br />

quando senti questa chiamata e hai detto “si” è tutto molto semplice, non c’è nulla di<br />

fenomenale o straordinario. Da queste mie parole cerco quindi di estrarre i primi<br />

elementi di riflessione per arrivare al nucleo principale dell’argomento che stiamo<br />

trattando, cioè il Discernimento dei carismi del canto e della musica.<br />

Secondo me bisogna anzitutto stabilire un fondamento essenziale che ho l’impressione<br />

(spero di non dare scandalo con quello che sto per dire) si stia perdendo di vista.<br />

Quando a cavallo fra gli anni 80 e 90 si cominciò a parlare per la prima volta di<br />

ministerialità in seno al <strong>RnS</strong>, nel senso dell’istituzione di una struttura che rendesse<br />

dinamica la vita e l’esercizio dei carismi all’interno di ogni gruppo, e quindi in larga<br />

scala di tutto il Movimento, ricordo che uno degli elementi imprescindibili era<br />

l’indiscutibile riconoscimento di un dono (di un “Carisma”) da parte dei fratelli anziani<br />

3


del cammino, e quindi del Pastorale, per cui una persona poteva esercitare questo suo<br />

dono all’interno del gruppo, a beneficio di tutti i fratelli partecipanti.<br />

Mi ricordo – sorridendo – che una volta ci fu un dibattito circa l’istituzione del “ministero<br />

dei giovani” e qualcuno commentò giustamente dicendo: “ma esser giovani non è mica<br />

un carisma…!”, dipendendo questo dalla carta d’identità più che da un “dono”. Da qui<br />

poi la differenziazione fra ministeri e servizi; ma non è questa la sede per parlarne…<br />

Quindi se c’è un Carisma, c’è un Ministero se ci sono Ministeri, c’è una vita ministeriale<br />

che ha un suo percorso di cura e attenzione nella crescita della comunità, ma anche (e<br />

consentitemi di dire) e soprattutto del “ricambio” all’interno dell’organico stesso che<br />

assolve ai servizi. Chi ha un Carisma ha il dovere di impiegarlo perché Dio se ne serva<br />

per chiamare altri fratelli, attraverso un processo di maturazione di un “talento grezzo”<br />

che può maturare in un vero e proprio dono carismatico.<br />

Non ci dimentichiamo, a tal proposito, ciò che è l’insegnamento di Gesù in merito<br />

all’uso corretto del carisma che ci è stato donato (Matteo 25,14-30). Una delle cose che<br />

mi hanno fatto sempre vivere il timore del giudizio di Dio è proprio quello di sentirmi<br />

dire un giorno “Servo malvagio e fannullone”! Certo, potete chiedermi ora: “si,<br />

<strong>Giampiero</strong>, ma come possiamo capire se c’è un dono o più semplicemente una<br />

predisposizione all’animazione col canto?”…<br />

Io credo molto nel fatto che il Signore ci abbia prima di tutto dato dono<br />

dell’intelligenza. Quindi penso (e lo sostengono persone senz’altro più autorevoli di me)<br />

che un primo discernimento debba esser fatto essenzialmente sul profilo umano della<br />

persona che ci troviamo davanti.<br />

In tanti anni ho visto situazioni di persone che tutto sembravano tranne che persone<br />

predisposti alla “carismaticità” del ministero del canto. Diciamo che ci si accorge subito<br />

se una persona ha l’umiltà di farsi docile allo Spirito. E’ necessario che i Pastorali siano<br />

molto attenti a non confondere il discernimento con l’intuizione, poiché tanti sono stati<br />

i casi in cui a causa di mancanza di chiarezza si sono fatti errori circa l’inserimento di<br />

una persona in un percorso ministeriale.<br />

Questo è un fenomeno purtroppo molto frequente in quest’ultimo decennio. E a parer<br />

mio è successo uno strano processo che provo a descrivere.<br />

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Negli anni il <strong>RnS</strong> ha sviluppato una serie di strutture che imponevano una sempre<br />

maggiore richiesta di “forza-lavoro” in grado di dover sopperire ad un ricambio<br />

generazionale inevitabile. Questi cambiamenti sono capitati in coincidenza con un’età<br />

anagrafica degli animatori che li hanno portati ovviamente ad impiegare il loro tempo<br />

verso il completamento degli studi, dell’inserimento nel mondo del lavoro, della<br />

costituzione di una famiglia; oppure semplicemente perché chi era prima animatore<br />

della corale è stato chiamato a svolgere incarichi più impegnativi all’interno del gruppo<br />

o in ambiti diocesani, regionali o nazionali.<br />

Quindi molti ministeri e servizi si sono letteralmente decimati. Conseguenza di ciò è<br />

stato il reclutamento di molte persone che sono state inserite perché “servivano” ad una<br />

funzione che in quel momento era scoperta o necessitava di risorse per essere svolta nel<br />

modo migliore. Pertanto anche nei ministeri del canto si sono trovate coinvolte persone<br />

che solo per il fatto che sapessero suonare uno strumento hanno subito ricoperto un<br />

ruolo, senza però un dovuto periodo di verifica e formazione ministeriale. Per alcuni di<br />

questi, nel giro di pochi mesi, ed entro uno o due anni, addirittura è arrivata una<br />

convocazione a livello regionale o nazionale.<br />

I risultati di tutto questo sono evidenti: ci si impegna molto nello studio e nel rispetto<br />

dell’aspetto tecnico musicale del repertorio, trascurando o addirittura tralasciando<br />

quello che invece dovrebbe essere prioritario, cioè la formazione ministeriale. Teniamo<br />

a mente che la ministerialità concorre a comunicare l’esperienza carismatica.<br />

Quindi si fanno due errori in uno: il primo errore è quello di non esercitare il proprio<br />

carisma per farlo maturare in chi ha cominciato da poco il cammino; il secondo è quello<br />

di contare su un servizio di animazione sempre più “tecnico” e meno “spirituale”.<br />

Ho visto musicisti preparatissimi all’interno del <strong>RnS</strong>, alcuni di questi addirittura con<br />

curricula di tutto rispetto dal punto di vista della formazione didattica e dell’esperienza<br />

professionale. Molti di questi, però, non erano stati seguiti a livello spirituale e col<br />

tempo sono andati via via scomparendo.<br />

Mi perdonerete se in questo momento non ho alcun problema a dire che è meglio una<br />

corale di 2 elementi, di cui uno suona la chitarra (o la tastiera) e l’altro canta,<br />

esercitando autenticamente il proprio carisma facendo pregare 30/50/100 persone, che<br />

12 persone che stanno lì ad eseguire perfettamente le polifonie articolate del caro<br />

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Luciano Salvemini (arrangiatore dei canti del <strong>RnS</strong>, professionista di indubbio valore<br />

artistico), nel rispetto di una struttura ben precisa del brano, di tutte le variazioni<br />

tonali, ti tutte le introduzioni e le chiusure ….ma che alla fine non sa cosa sta cantando,<br />

per chi e perché…<br />

La carismaticità di P. Matteo l’ho definita prima un “modello” da seguire per ogni<br />

animatore. Dalle sue espressioni, e chi ha avuto la fortuna di vederlo può realmente<br />

testimoniarlo, si può tracciare una sorta di “griglia” di valutazione per un corretto<br />

discernimento sulle persone. Ripeto ciò che ho detto in un ordine volutamente ben<br />

preciso in precedenza: P. Matteo cantava, danzava, animava, giubilava, profetizzava,<br />

intercedeva. Non la voglio mettere su un mero schema tecnico di assoluto riferimento,<br />

ma per me un buon discernimento può partire da questi livelli di osservazione, da cui<br />

possono scaturire i successivi. Vediamo nel dettaglio...<br />

1. CANTARE (suonare). E’ la prima cosa che si osserva in una persona che si avvicina<br />

o che viene invitata a partecipare per la prima volta ad un servizio del canto.<br />

Ovviamente, in quanto primo approccio, è esclusivamente una valutazione di<br />

natura tecnica, ed è giusto che sia così. Non si può affidare un servizio del canto<br />

a chi non sia in grado di avere un fondamento di “senso musicale”. Il che non<br />

significa affatto avere una preparazione da Conservatorio o aver fatto degli studi<br />

musicali di base, ma significa che è necessario che la persona sia in grado di<br />

seguire correttamente il ritmo e la velocità (se suona) e/o mantiene<br />

un’intonazione se canta. E’ anche vero che ci sono stati casi in cui nessuno di<br />

questi elementi era presente, ma pur di animare col canto, si faceva affidamento<br />

su una dimensione “corale” in cui tutta l’assemblea cantava... Quindi andava<br />

comunque bene! Però, potendo, sarebbe opportuno che chi si avvicina a questo<br />

servizio abbia una buona attitudine alla musica.<br />

Analizzato questo primo elemento, il discernimento lo si può indirizzare verso il<br />

livello successivo della gestualità.<br />

2. DANZARE (gestualità). Ciò che sto per dire secondo me è un elemento che spesso<br />

è trascurato, ma che ha un grande valore per il discernimento. Infatti,<br />

accompagnare il canto con la gestualità o la danza è il completamento della<br />

partecipazione col proprio corpo di ciò che stiamo facendo. Non si esprime la lode<br />

e il ringraziamento soltanto con la voce, ma anche con il corpo. La Scrittura è<br />

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piena di esempi e ve ne cito alcuni...: Esodo 15, 20 (Miriam che fa festa con la<br />

danza e coi tamburi per la liberazione di Israele dopo il passaggio del Mar Rosso),<br />

2 Sam 6, 14 (Davide che davanti all’Arca “danzava con tutte le forze”), Salmi 149<br />

e 150 (“lodatelo... con danze”); oppure che dire della danza di San Francesco che<br />

esalta la “Perfetta Letizia” e tutto il creato. Ora bisogna anche stare attenti a<br />

non rendere la “danza della lode” in esibizione pura! In passato mi è capitato di<br />

vedere fenomenali acrobazie e piroette da 10 per abiltà, ma da 0 per spiritualità.<br />

Non parlo della danza come strumento di animazione a sè che introduce o segue<br />

un momento di preghiera o di evangelizzazione, ma parlo proprio del modo con<br />

cui un canto può essere accompagnato con gesti che aiutano ad rendere più<br />

“alto” il momento di animazione. Proprio come faceva P. Matteo che specie<br />

durante i momenti di animazione, ma anche durante la Liturgia, non esitava a<br />

“dirigere” l’assemblea in danze o gesti che rendevano quel momento unico per il<br />

tipo di coinvolgimento.<br />

Se ho parlato di “spettacolarismi” da evitare, d’altro canto, c’è anche da dire che<br />

sarebbe utile – dopo le opportune valutazioni sul carattere della persona –<br />

valorizzare la gestualità. Capita spesso infatti che a causa della timidezza una<br />

persona non riesca neanche ad alzare semplicemente le mani, o batterle...<br />

soprattutto agli inizi del suo cammino. Quindi una “sana gestualità” va valorizzata<br />

perché se ben espressa diventa lode completa.<br />

Cantare e Danzare sono l’espressione “esteriore” della<br />

3. ANIMAZIONE. Questa non è soltanto il prodotto “formale” del canto e della danza<br />

precedentemente descritti, ma è qualcosa in più. Non si può animare soltanto<br />

“eseguendo” un repertorio, ma bisogna anche viverlo per essere credibili di ciò<br />

che si sta cantando o danzando. L’Animazione è tale se è “animata” dallo Spirito<br />

che ci usa come “corde” di uno strumento. Ecco che da questo elemento si<br />

comincia ad entrare nel merito di una valutazione del carisma della persona e<br />

quindi si comincia ad entrare sempre più nel merito di un discernimento<br />

completo. Animare per me significa esprimersi avendo cuore e mente in perfetta<br />

sintonia con lo Spirito Santo e coi fratelli. Il riferimento simbolico è la “Croce” in<br />

quanto bisogna vivere disponibili alla sintonia “verticale” che parte da Dio e<br />

arriva al cuore della persona, e alla sintonia “orizzontale” che parte dal cuore<br />

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della persona e si estende ai fratelli che condividono il servizio di “animazione” e<br />

che si estende a tutta la comunità. Pertanto per svolgere un buon discernimento<br />

su una persona, ciò che a parer mio deve essere valutato è il rapporto fra le<br />

capacità tecniche e le capacità di coinvolgimento e testimonianza di sintonia<br />

spirituale. Per intenderci: aiutiamoci con una formula matematica che uso solo<br />

per aiutarmi ad esprimere, ma che non vuole rendere razionale qualcosa di<br />

puramente spirtuale. A numeratore consideriamo l’espressione canto-suono e a<br />

denominatore consideriamo il grado di sintonia spirituale. Se il rapporto è uguale<br />

a “1” vi è un buon equilibrio. Se è maggiore a 1 vuol dire che prevale l’aspetto<br />

tecnico-musicale. Viceversa sarà per quello spirituale. In entrambi i casi non è<br />

una cosa “negativa”. E’ semplicemente un modo per fare delle valutazioni per un<br />

corretto discernimento e capire se e fin dove una persona può inserirsi in un<br />

ministero del canto o magari può essere destinato a svolgere altri servizi.<br />

Pertanto, se questa espressione è equilibrata, l’Animaione matura divenendo Giubilo.<br />

Prima però di andare avanti apro una parentesi.<br />

Io non credo nel discernimento “mordi e fuggi”. Sostengo pienamente che esso è un<br />

percorso di osservazione nel tempo e non bisogna essere precipitosi.<br />

Bisogna vedere poi (ecco perché ci vuole tempo!) se queste persone, nonostante<br />

abbiano il carisma, sono delle persone instabili: non hanno un equilibrio circa<br />

l’appartenenza al Rinnovamento, vengono quando possono e quando vogliono quindi<br />

bisogna verificare che siano:<br />

• persone che vivono uno spiccato senso di appartenenza alla vita comunitaria<br />

• persone che hanno l’identità carismatica del Rinnovamento<br />

• persone che abbiano delle doti morali secondo i criteri evangelici (va considerato<br />

anche questo perché si tratta di una scelta molto importante! Ne va di tutta la<br />

Comunità soprattutto all’esterno!<br />

Facciamo un tempo di prova, di verifica, di accompagnamento della persona e poi,<br />

quando vediamo, nell’esercizio, che questo carisma esce ….<br />

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Ci può essere una buona “intuizione” nell’osservazione di una persona, ma il<br />

discernimento richiede un’analisi molto più complessa. Inoltre credo che all’interno<br />

del ministero del canto, c’è un primo tipo di discernimento che può essere<br />

concentrato su questi primi elementi di cui ho parlato; ce n’è poi un altro se<br />

vogliamo di “verifica e conferma” che consente di valutare il grado di maturazione<br />

della persona per far si che possa essere valorizzato il suo talento ed essere investito<br />

per la crescita del gruppo attraverso un livello di responsabilità maggiore.<br />

Pertanto, i punti successivi che analizzeremo, sono da inserirsi in questo secondo<br />

livello di discernimento, quello cioé che serve per valutare la crescita della persona,<br />

sia umana che, soprattutto, spirituale.<br />

Chiudendo parentesi, riprendo dal Giubilo.<br />

4. GIUBILARE. L’animatore che giubila è quello che attraverso l’esercizio del proprio<br />

ministero ha cambiato la propria vita, è diventato un animatore che si unisce al<br />

coro degli angeli e dei Santi. E’ una particolare condizione che chi la vede vissuta<br />

in una persona può testimoniare come la persona stessa si trasforma e vive<br />

pienamente la sua identità di animatore del canto. E’ questa una condizione che<br />

raramente vedo più esercitare e non è manifestata solo per chi esercita il<br />

ministero della musica e del canto, ma la vive chiunque si è lasciato pienamente<br />

plasmare dallo Spirito. Giubilare è quella condizione cui si arriva allorquando il<br />

canto è vissuto come preghiera, la preghiera stimola l’azione dello Spirito Santo e<br />

questa a Sua volta se trova un’anima disponibile manifesta la piena esperienza del<br />

“RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO”; è – in sostanza – quando non riusciamo più a<br />

contenere il battito del cuore, un cuore che arde d’amore per Dio e per i fratelli<br />

e che vive la Parola di Dio che leggiamo in Apocalisse 21, 5 e che dice "Ecco, io<br />

faccio nuove tutte le cose". Dio è venuto nei nostri cuori e ci fa creature nuove. E<br />

poiché lo abbiamo accolto, abbiamo il potere di essere figli suoi (Gv. 1, 12).<br />

Conseguenza diretta di questo “rinnovamento” è il ringraziamento, la cui forma<br />

più umile è quella di elevare il canto dell’Hallel, piena manifestazione dell’uscita<br />

dall’Egitto e come massima gratitudine. Nel culto ebraico il canto dell’Hallel,<br />

peraltro, prescrive il “dovere di ringraziare” e di dire “il canto nuovo”; proprio<br />

come fece Miriam che, come abbiamo detto prima, ha suonato e ha danzato.<br />

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Il Giubilo è, come detto prima, l’unione al coro degli angeli e dei Santi nel giorno<br />

della Resurrezione, che non è soltanto il giorno di Pasqua, ma è ogni qual volta ci<br />

sottomettiamo a Dio e ci nascondiamo nel Suo Amore.<br />

Una persona che non ringrazia attraverso il giubilo e non testimonia il proprio<br />

“rinnovamento” potrebbe ancora non essere sufficentemente maturo per ricevere<br />

un incarico di responsabilità o di formazione per gli altri.<br />

Il Giubilo predispone le persone a ricevere le grazie del Signore. Ma bisogna<br />

chiedergliele proprio nel clima della lode e adorazione più autentica, cioé il Giubilo.<br />

Ecco che la richiesta diventa<br />

5. INTERCESSIONE. E’ una dimensione di grazia particolare che può esprimere<br />

l’animatore attraverso l’esercizio della lode e dell’adorazione. Essa non è solo il<br />

modo per richiedere a Dio una grazia, ma è anche e soprattutto nel ruolo<br />

dell’animatore del canto, arma di difesa contro gli attacchi del maligno. E’ questa<br />

la connotazione di questo dono che esercitiamo nel ministero della musica e del<br />

canto, fermo restando che possiamo anche essere usati dallo Spirito Santo per<br />

intercedere per la guarigione nel corpo e nello spirito. Ma analizziamo l’aspetto<br />

dell’intercessione come difesa e attacco.<br />

Voglio ricordare in tal senso ciò che è narrato in Es 17,8-13. Israele si trova<br />

inaspettatamente a ricevere un attacco da parte di Amalek. E’ così infatti che<br />

agisce il nemico: non quando sei pronto e te l’aspetti, ma quando credi che sia<br />

tutto sotto controllo... Quante volte abbiamo avvertito un senso di “pesantezza”<br />

e “oppressione” nella preghiera comunitaria. Cosa facciamo? Proviamo a fare<br />

nostra l’esperienza di Mosè, sia nella preghiera, ma anche coinvolgendo il nostro<br />

corpo (mettendo anche in pratica l’elemento trattato in precedenza).<br />

Dopo aver dato istruzioni a Giosuè, Mosè gli dice che osserverà la battaglia dalla<br />

cima del colle, “ritto” e “con in mano il bastone di Dio”. Come si può traslare<br />

questa scena nel nostro gruppo? Semplice: se in quel momento di “attacco” siamo<br />

seduti, ci dobbiamo alzare in piedi e dobbiamo anche noi usare il nostro bastone,<br />

che altro non è che la preghiera di lode. Il “bastone”, se ricordate, è stato<br />

consegnato a Mosè da Dio come segno tangibile dalla Sua fedeltà. Quel bastone<br />

immaginiamo che sia servito a Mosè anche per aiutarsi nella salita sul colle. Il<br />

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nostro bastone è rappresentato dai nostri strumenti (siano musicali che vocali) e<br />

dalla preghiera che dal loro uso riusciamo a suscitare.<br />

Mosè a questo punto fa esperienza della fedeltà di Dio. Quando lui “alzava le<br />

mani e prega, Israele era più forte, ma quando le lasciava cadere, era più forte<br />

Amalek”. Anche la nostra preghiera può avere questo effetto. Se siamo forti nella<br />

lode, alzando le nostre mani nel giubilo e nell’intercessione, il maligno è<br />

sconfitto. Ma se subentra la stanchezza, il maligno prevale. E questo non è che<br />

accada semplicemente in un momento di un incontro di preghiera; ciò potrebbe<br />

succedere in tutta una fase del nostro cammino spirituale nel ministero del canto.<br />

Molti di noi abbiamo sentito il senso di sconfitta in molti casi. E cosa succede a<br />

questo punto? Ci vengono incontro Aronne e Cur, cioé i fratelli che ci sostengono<br />

nei momenti più difficili e ci aiutano a ricordarci di esercitare la lode, anche<br />

quando siamo provati e stanchi. Ciò che definiamo “sacrificio di lode gradito a<br />

Dio” è proprio questo: dare fino alla fine...<br />

Ecco che Dio, essendo fedele al Suo patto, ci risolleva e ci permette di vincere gli<br />

attacchi e di crescere nello spirito per essere sempre più belli davanti a Lui.<br />

Il discernimento, quindi, prevede anche questo tipo di osservazione. In sostanza<br />

chi fa discernimento su una persona, deve comprendere come questa vive i<br />

momenti di prova nell’esercizio del suo carisma. Passare la prova di “Mosé”<br />

significa farsi “intercessione” per i fratelli, che è una grazia per il bene comune e<br />

la crescita di tutti.<br />

Intercedere diventa così un’espressione di testimonianza che, vissuta nel Giubilo,<br />

stimola un cambiamento nella vita della persona che la vive pienamente.<br />

Quando il “rinnovamento” è vissuto nella persona, si genera un cambiamento anche per<br />

tutta la comunità. E la grazia viene comunicata ai fratelli tramite il dono della<br />

6. PROFEZIA. Altro dono che sempre più raramente ho visto esercitare all’interno del<br />

ministero del canto. Non è che la profezia è solo un’esclusiva di un fratello<br />

anziano che anima dall’assemblea o dall’equipe di animazione della preghiera. Io<br />

ho avuto la fortuna di fare esperienza degli inizi del Ministero Nazionale della<br />

Musica e del Canto. Con questa connotazione ministeriale, esso è nato nel 1987<br />

per una “visione” (profetica!) di Matteo Calisi. C’è qui presente chi ha vissuto<br />

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proprio quegli anni. Io sono arrivato poco dopo ma l’eco di questa visione era già<br />

presente in Sicilia con Salvatore Martinez che era il responsabile regionale del<br />

Ministero del Canto. Successivamente dal ’92 ho avuto modo di vivere a pieno<br />

questa “visione”. Ricordo che in occasione delle prove nazionali, c’era<br />

sicuramente un’attenzione alla parte tecnica, ma era molto vivo e pulsante il<br />

senso dell’UNZIONE e della chiamata a svolgere quel ministero. Non a caso molte<br />

persone che erano lì all’inizio, negli anni a venire sono diventati chi coordinatori<br />

regionali, chi membri di comitato nazionale, chi coordinatore nazionale o...<br />

presidente, come nel caso di Mario Landi e dello stesso Salvatore.<br />

Evidentemente era presente una forte propensione verso quella che mi piace<br />

definire la “cultura della lode e dell’adorazione”. Eravamo lì perché ci sentivamo<br />

cantori e adoratori; Matteo nei suoi indirizzamenti ci invitava a prendere come<br />

riferimento i Leviti che erano quelli che cantavano incessantemente nel Tempio.<br />

Questa visione era “rivoluzionaria” all’epoca perché la “corale” non veniva più<br />

vista come uno strumento accessorio all’animazione, ma veniva visto come un<br />

“ministero”, cioé come ufficio per l’esercizio del carisma del canto.<br />

Diveniva quindi qualcosa in più di un “servizio” perché era ritenuto pienamente<br />

inserito nella funzione dell’animazione della preghiera carismatica.<br />

Come detto più volte da Salvatore Martinez, è l’Unzione che, attraverso<br />

l’esercizio del proprio carisma, fa scaturire la Funzione. E non il contrario come<br />

ahimé spesso è accaduto.<br />

Il Giubilo fa scaturire la Profezia perché è lo stesso Spirito Santo che si muove in<br />

noi e parla a noi per i fratelli. La Profezia è una grazia che dovremmo chiedere e<br />

possiamo chiedere tutti noi. Lo dice anche il catechismo della Chiesa Cattolica al<br />

num. 2004 inserendola fra le “Grazie speciali”, commentando San Paolo ai Romani<br />

(Rm 16, 6-8). Ma se leggete il punto precedente, il 2003, troverete scritto<br />

testualmente che queste grazie sono “chiamate anche carismi con il termine<br />

greco usato da san Paolo, che significa favore, dono gratuito, beneficio.<br />

Qualunque sia la loro natura (...) i carismi sono ordinati alla grazia santificante e<br />

hanno come fine il bene comune della Chiesa. Sono al servizio della carità che<br />

edifica la Chiesa”. La Profezia, nello specifico del nostro ministero il “Canto<br />

Profetico” o la “Profezia generata dal canto di lode e adorazione”, è la grazia<br />

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mediante la quale il nostro canto si fa richiesta di grazia per i fratelli; quindi è<br />

strettamente connessa all’Intercessione. Infatti se è grazia per noi, è grazia anche<br />

per loro e lo è in virtù del fatto che tale grazia la richiediamo esercitando il<br />

carisma che è in noi, ma non a beneficio nostro, bensì per il “bene comune”. Ed è<br />

questo il cuore del discernimento, a mio avviso, perché è nella Profezia come<br />

dono agli altri per la loro edificazione che avviene il pieno adempimento della<br />

parabola dei talenti. La Profezia è la grazia che matura nell’investimento del<br />

talento della musica e del canto, ma più in generale ed in senso ecclesiale, della<br />

lode e dell’adorazione.<br />

Nella mia esperienza vi dico che non sono stato mai un “profeta” o un “interprete<br />

delle lingue”, ma ho avuto modo di esprimere questa grazia attraverso la<br />

composizione, dono che Dio mi ha dato e di cui mi impegno nel cercarlo di fare<br />

fruttare. Ma voi mi direte: è facile dire che componi un canto e fai profezia...<br />

tutti i compositori lo sono... Giusta osservazione! Ogni compositore è un<br />

“potenziale profeta” e vi spiego il perchè.<br />

Anzi ce lo spiega il CCC. La Profezia è un carisma solo se è sottomesso allo Spirito<br />

Santo e serve all’edificazione della Chiesa e del suo popolo. In altre parole:<br />

dall’albero si riconoscono i frutti... Io ringrazio Dio perché nonostante i miei limiti<br />

è riuscito ad usarmi per far pregare la gente e predisporla a ricevere le grazie che<br />

chideva. E di testimonianze ne ho personalmente raccolte tante negli anni.<br />

Voglio concludere sperando di avervi dato, attraverso il riporto di una esperienza<br />

personale, degli spunti di riflessioni che credo possano “far bene” sia a chi ha più anni di<br />

cammino, sia per chi sta muovendo i primi passi.<br />

Il Signore che fa nuove tutte le cose, rinnovi i vostri cuori e ravvivi la fiamma del Suo<br />

Spirito nei vostri cuori e nelle vostre menti. Amen.<br />

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