Milano il volto della città perduta - UBI Banca
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UN’ATLANTIDE MILANESE<br />
DI FERRUCCIO DE BORTOLI<br />
Devo un’avvertenza personale al lettore<br />
che si appresta a vivere questo meraviglioso<br />
viaggio nel passato prossimo di <strong>M<strong>il</strong>ano</strong>,<br />
nei sotterranei fantastici e negli angoli <strong>della</strong><br />
memoria di una città <strong>perduta</strong>. Non leggerà<br />
una normale e, diciamolo pure, scontata<br />
prefazione a un’opera straordinaria che<br />
arricchisce uno dei più originali percorsi<br />
editoriali meneghini. No, per niente.<br />
Sfogliando <strong>il</strong> volume curato da Roberta<br />
Cordani, sono rimasto certamente catturato<br />
da quel particolare nostos di cui parla<br />
Gianfranco Ravasi. Un sentimento del tutto<br />
particolare, intriso di vecchi odori infant<strong>il</strong>i,<br />
squarci di vite quotidiane, anche povere<br />
ma serene. Echi di voci fam<strong>il</strong>iari, così dolci<br />
e struggenti, che sembrano essersi appena<br />
spenti. Ma c’è un altro sentimento che<br />
personalmente mi ha assalito e tra<strong>volto</strong>.<br />
Ed è una forma di ira (contenuta, per carità,<br />
siamo M<strong>il</strong>anesi!) per i disastri e gli scempi<br />
dei nostri antenati. Perché ci avete privato<br />
di tante bellezze? Perché ci avete tolto <strong>il</strong><br />
fascino rinascimentale dei navigli, i lussureggianti<br />
giardini dei palazzi Perego, Melzi,<br />
le strutture originarie di Palazzo Reale,<br />
le visioni scomparse di Santa Maria del<br />
Giardino o di San Giovanni Decollato?<br />
E ancora: perché dobbiamo accontentarci<br />
di un’anonima piazza Missori quando<br />
avremmo potuto conservare quello straordinario<br />
gioiello rappresentato da San Giovanni<br />
in Conca? Scrigno romanico e gotico ridotto<br />
malinconicamente a magazzino delle<br />
Ferriere Rubini e poi sacrificato dal piano<br />
regolatore <strong>della</strong> fine degli anni Venti che<br />
si preoccupò più di conservare <strong>il</strong> Covo<br />
mussoliniano di via Paolo da Cannobio<br />
che di preservare <strong>il</strong> già ridotto prof<strong>il</strong>o storico<br />
e artistico <strong>della</strong> città. Non tutti gli interventi<br />
sul tessuto cittadino nel secolo dell’industria<br />
e del progresso scientifico, nello straordinario<br />
e fecondo periodo dell’affermazione<br />
di <strong>M<strong>il</strong>ano</strong> come capitale produttiva e morale<br />
del Paese sono stati negativi, beninteso.<br />
A cominciare dalla galleria Vittorio Emanuele<br />
II e dall’opera dell’architetto Mengoni che<br />
vi lasciò anche la vita, ma restano forti <strong>il</strong><br />
rammarico e la nostalgia, leggendo questo<br />
volume ricco di contributi di altissimo livello<br />
e di fotografie splendide e inedite, per quella<br />
città “d’acqua e di giardini” ormai scomparsa.<br />
Un’ Altantide m<strong>il</strong>anese, nella quale possiamo<br />
ancora, per fortuna, imboccare percorsi<br />
poco conosciuti e ammirare tracce rimaste<br />
semisepolte.<br />
Questo libro equivale all’ opera di un buon<br />
restauratore che riconosce <strong>il</strong> dipinto originale<br />
sotto qualche strato di intonaco e lo riporta<br />
alla luce. L’intero affresco non riapparirà<br />
più nell’incanto dei suoi colori originari<br />
ma molto <strong>della</strong> sua suggestione, <strong>della</strong> magia<br />
delle sue linee ci viene restituito dalla<br />
nitidezza di fotografie che resistono al tempo.<br />
E sono le immagini che muovono altri scatti<br />
d’ira. Per i navigli perduti, per i giochi<br />
d’acqua delle naumachie all’arena, per gli<br />
incantevoli squarci <strong>della</strong> <strong>M<strong>il</strong>ano</strong> che non c’è<br />
più e che viveva aggrappata ai suoi canali,<br />
ai suoi ponti, alle sue darsene. Una fonte<br />
di vita. Una linfa vitale che scorreva dalla<br />
Martesana al Ticino. Con al centro un cuore:<br />
<strong>M<strong>il</strong>ano</strong>. Teatro di tante ricchezze, rara<br />
concentrazione polifonica di eccellenze,<br />
laboriosità e ingegno. I navigli portavano<br />
materiale e lavoro, ma erano anche <strong>il</strong> palcoscenico<br />
di tanti sogni. Grandi e piccoli.<br />
Grandi come quello dei principi Torlonia,<br />
che pensarono di abbellire la loro v<strong>il</strong>la sulla<br />
Nomentana con due grandi obelischi rosa<br />
costruiti con <strong>il</strong> marmo del lago Maggiore.<br />
A fianco:<br />
Carlo Cannella,<br />
Palazzo Trivulzio;<br />
sotto:<br />
via Montenapoleone<br />
nel dopoguerra;<br />
in basso a destra:<br />
la Fiera Campionaria<br />
negli anni cinquanta<br />
del novecento<br />
Angelo Inganni (1859:<br />
naviglio di via Senato<br />
76 • RASSEGNA N. 18 INVERNO 2004/2005