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VOCABOLARIO ECCLESIALE<br />
Vocabolario ecclesiale a cura di Franco Monti<br />
CULTURA – “Con il termine generico di «cultura»<br />
si vogliono indicare tutti quei mezzi con i quali<br />
l’uomo affina e sviluppa le molteplici capac<strong>it</strong>à della<br />
sua anima e del suo corpo; procura di ridurre in<br />
suo potere il cosmo stesso con la conoscenza e il<br />
lavoro; rende più umana la v<strong>it</strong>a sociale, sia nella<br />
famiglia che in tutta la società civile, mediante il<br />
progresso del costume e delle ist<strong>it</strong>uzioni; infine,<br />
con l’andar del tempo, esprime, comunica e conserva<br />
nelle sue opere le grandi esperienze e aspirazioni<br />
spir<strong>it</strong>uali, affinché possano servire al progresso<br />
di molti, anzi di tutto il genere umano”. Così il<br />
Concilio nella cost<strong>it</strong>uzione pastorale Gaudium et<br />
spes al n° 53.<br />
Parole ben soppesate. Questa sorta di definizione<br />
aiuta a sgomberare anche nel cuore dell’uomo semplice<br />
l’idea di trovarsi di fronte, in fatto di cultura,<br />
… al dottorone, intelligenza sopra la media, un sudato<br />
t<strong>it</strong>olo di studio alle spalle e una carriera invidiabile,<br />
che rende. Per lui “dottore” si spreca, “signore”<br />
non basta.<br />
Peraltro l’uomo semplice ha spesso a che fare col<br />
lavoro della terra che, guarda caso, proprio con la<br />
coltura ha a che fare. Coltura e cultura sono parole<br />
cugine, anzi, forse sorelle: discendono dal verbo<br />
latino còlere, coltivare. Anche la più tenera mammina,<br />
insieme col suo uomo, fa coltivazione; forse<br />
anche di peperoni nel suo fazzoletto di terra, ma<br />
soprattutto di bimbi, se il Signore gliene regala. E<br />
sono una benedizione, per la famiglia umana: il<br />
tasso di uman<strong>it</strong>à, di cultura nel mondo ne beneficia.<br />
Anche al bifolco analfabeta è dato di coltivare<br />
la sapienza del cuore. Dietro atavici analfabetismi<br />
non di rado si celano talenti, spunta saggezza,<br />
esplodono risorse.<br />
Torniamo alla definizione di cui sopra. Cultura ha<br />
a che fare con l’uomo e col suo impegno ad essere<br />
pienamente se stesso e, trovandosi immerso nella<br />
società, per contribuire a che ogni suo simile concerti<br />
con lui e si venga gradatamente a capo di tutta<br />
la creazione, come da “manuale” (leggi: libro della<br />
Genesi): Dio disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi,<br />
riemp<strong>it</strong>e la terra e soggiogatela … (sul ‘soggiogare’<br />
siamo andati a nozze, fin troppo, fino a intossicarci<br />
nella frenesia di sfruttarla).<br />
Perché, mi domando, il buon Dio, creatore e Signore<br />
di tutte le cose, onnisciente da penetrare i segreti<br />
dei cuori, di tutti e di ciascuno, – e sa quanto<br />
di sconveniente vi si possa annidare! – si è fidato<br />
dei suoi piccoli al punto di affidar loro la creazione<br />
senza storcere il naso? Li ha dotati – ciliegina sulla<br />
torta – di libertà e si guarda bene dallo smontare il<br />
suo giocattolino anche se questi dovesse imperversare<br />
sul prossimo. La resa dei conti, semmai, nella<br />
valle di Giosafat.<br />
Continua il documento del Vaticano II a suffragare<br />
quanto detto: È proprio della persona umana il non<br />
poter raggiungere un livello di v<strong>it</strong>a veramente e pienamente<br />
umano se non mediante la cultura, coltivando<br />
cioè i beni e i valori della natura. Non male<br />
e in qualche modo sorprendente questa definizione<br />
di cultura. Ci si sarebbe aspettati un «se non mediante<br />
la cultura, promuovendo cioè le cattedre<br />
univers<strong>it</strong>arie …» o chesso io. Si consoli – mi vien<br />
da dire – l’uomo qualunque, l’uomo che governa la<br />
sua mandria, la mamma assediata da una tribù di figli<br />
che le rubano e tempo e cuore, il travet, l’impiegatuccio<br />
condannato a un lavoro ripet<strong>it</strong>ivo finché<br />
morte – pardon – finché pensione non lo sollevi …<br />
Se lavorano per l’uomo, anche negli impieghi più<br />
umili, laurea-esenti, fanno cultura, ci mettono del<br />
loro in un concerto di valori umani.<br />
E l’uman<strong>it</strong>à cresce, non solo in cifre; anche in<br />
saggezza. Se il figlio talentuoso si sta facendo strada<br />
nella società, a dargli man forte c’è alle spalle un<br />
papà esperto in rassicuranti strizzatine d’occhio e<br />
pacche sulle spalle, una madre che se lo mangia<br />
con gli occhi come quando gli uscì dal grembo,<br />
una tifoseria di fratelli e sorelle degna di un oro<br />
olimpico. Se il mondo va avanti nonostante le brutture<br />
che i mezzi di comunicazione sociale denunciano<br />
con re<strong>it</strong>erata assordante pignoleria che rasenta<br />
un sotterraneo non voluto favoreggiamento, è<br />
perché … il bene non fa notizia (o il giornalista non<br />
ci sa fare).<br />
«Perciò, ogniqualvolta si tratta della v<strong>it</strong>a umana,<br />
natura e cultura sono quanto mai strettamente<br />
connesse». Che non si debba leggere, in filigrana,<br />
e con linguaggio sotto sotto ecclesiale, qualcosa<br />
che assomigli a “comunione”? Non si arriva a trovar<br />
la chiave del big bang (ier l’altro è bastata<br />
un’innocua briciola di pane per spegnere il mostro<br />
ingegneristico di Ginevra), ma qui si ha a che fare<br />
con qualcosa che del creato ne è il tessuto spir<strong>it</strong>uale<br />
sul quale è stata adagiata la materia dei primordi<br />
e che dà senso a quel pullulare di creature<br />
fatte a immagine e somiglianza dell’Increato, fatte<br />
per amare.<br />
4<br />
Eco dei Barnab<strong>it</strong>i 4/2009