Mio-figlio-non-è-un-terrorista
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Copia di e06893e7c3ad44328ad32c0a07b4c886<br />
Foto: F. Anselmi / Contrasto, G. Chiantera<br />
quei quattro. Un po’ troppo anche per la<br />
Suprema corte, che ha rinviato gli atti al<br />
trib<strong>un</strong>ale, chiedendo di riformulare il reato.<br />
Quegli scontri nella notte fra il 13 e il 14<br />
maggio 2013 a Chiomonte, sotto il bosco<br />
dove la mega-talpa meccanica si mangia<br />
ogni giorno dieci metri di roccia per scavare<br />
il t<strong>un</strong>nel, <strong>non</strong> sono d<strong>un</strong>que le azioni di<br />
terroristi. Quella notte fu messo a segno <strong>un</strong><br />
sabotaggio, questo sì. Ma nel mirino c’era<br />
<strong>un</strong> compressore, <strong>un</strong> motore di ferro, <strong>non</strong><br />
certo <strong>un</strong> essere umano: «In più, la partecipazione<br />
di loro quattro <strong>è</strong> solo pres<strong>un</strong>ta.<br />
Non so nemmeno se c’erano a Chiomonte.<br />
Quella notte, come altre volte, alc<strong>un</strong>i militanti<br />
No Tav hanno lanciato in direzione<br />
del cantiere petardi, si parla anche di molotov,<br />
per danneggiare il compressore. Fra<br />
l’altro <strong>è</strong> stato già riparato e rivenduto,<br />
quindi il danno <strong>non</strong> era poi così grave»,<br />
racconta la madre.<br />
Non <strong>è</strong> così per la polizia, né per i giornali.<br />
Si parla di guerriglia, di commandos, di<br />
attacco militare pianificato, di vedette e<br />
autisti, di segnali convenzionali, di 48 telefonate<br />
e 44 sms per mettere a segno <strong>un</strong> assalto<br />
terroristico. E a pagare il conto sono<br />
loro quattro. Loro che per lo Stato sono il<br />
simbolo del salto di qualità nelle inchieste<br />
«l’hanno arrestato<br />
come bin laden.<br />
incappucciato<br />
e in piena notte.<br />
cercavano armi<br />
che <strong>non</strong> esistono»<br />
contro i No Tav, che hanno già messo in<br />
fila mille indagati. E che per il popolo della<br />
Valsusa sono invece il totem dell’oppressione<br />
del potere. Sigillo di <strong>un</strong>a guerra senza<br />
quartiere fra chi <strong>non</strong> vuole l’Alta velocità e<br />
le istituzioni, Stato, polizia, commissario<br />
del cantiere fino alla talpa meccanica che<br />
ingoia la roccia. Una battaglia cominciata<br />
vent’anni fa, quando Mattia era solo <strong>un</strong><br />
bambino biondo di 9 anni che correva sui<br />
prati di margherite. Una battaglia, <strong>un</strong> popolo<br />
che Cristina <strong>non</strong> conosceva prima di<br />
quell’arresto. «Quando abbiamo letto<br />
l’ordinanza e questa accusa enorme, macroscopica,<br />
incredibile di terrorismo, ci<br />
siamo detti: “Non <strong>è</strong> possibile, <strong>non</strong> ci convinceranno<br />
mai che Mattia <strong>è</strong> quello che c’<strong>è</strong><br />
scritto qui”. Questo <strong>è</strong> stato il sentimento di<br />
tutti i genitori», racconta. Genitori che lei<br />
<strong>non</strong> aveva mai visto prima. Come <strong>non</strong><br />
aveva mai visto Niccolò, Claudio e Chiara.<br />
Finché da cascina Mariannina, prende la<br />
macchina e sale in Val di Susa: «Abbiamo<br />
ricevuto la solidarietà dei No Tav e ci siamo<br />
chiesti chi fossero, perché facessero tutto<br />
questo per noi. Il papà di Mattia, quando<br />
per la prima volta andò in Procura a chiedere<br />
i permessi per vedere nostro <strong>figlio</strong>, incontrò<br />
Alberto Perino, <strong>un</strong>o dei leader del<br />
movimento. Lui lo abbracciò e gli disse: “I<br />
vostri figli sono anche i nostri figli, <strong>non</strong> li<br />
lasceremo mai!”. Ci colpì molto, <strong>non</strong> ci<br />
aspettavamo <strong>un</strong>a dichiarazione così forte.<br />
E poi quelle parole si sono confermate nei<br />
fatti. Senza protagonismi».<br />
Quassù anarchia, libertà, democrazia<br />
resistente si sono fuse insieme. Dai tempi<br />
delle manifestazioni pacifiste degli operai<br />
della Moncenisio negli anni Settanta. Qui<br />
dove <strong>è</strong> nato il movimento operaio. Qui<br />
dove per la prima volta <strong>un</strong>a fabbrica ha<br />
scioperato contro i padroni perché producevano<br />
armi: «Quando siamo arrivati in<br />
Valsusa, <strong>non</strong> siamo stati accolti né da ideologie,<br />
né da manifesti o volantini. I No Tav<br />
stavano cucinando: c’erano tante donne ai<br />
fornelli, che preparavano cose buonissi-<br />
29 maggio 2014 | | 31