ar - Fingerpicking Net
Larrivée
test LV 03E
e OM 02
FESTIVAL
Musica a Fiorano
Acoustic Franciacorta
Festival di Rieti
Un Paese a Sei Corde
Menaggio
ALBERT LEE
a Liri Blues
TECNICA
Eric Lugosch
Massimo Varini
Marcio Rangel
Paolo Bonfanti
MAURIZIO
COLONNA
I segreti della
nuova anima
classica
IN PROVA: Larrivée LV 03E e OM 02, D-Tar Solstice, Peerless PD55 CE
sommario
sr
Sostieni la Musica
Domenica scorsa, prima di andare
a dormire, ho navigato per
i canali del mio televisore. Fare
zapping può essere veramente
un’avventura affascinante, o
deludente: vieni proiettato in un
mondo parallelo che stimola riflessioni,
e spesso genera preoccupazioni.
L’aggressione mediatica è impressionante,
ascoltare certi temi
è aberrante. Un qualsiasi essere
pensante potrebbe distinguere
senza problema il bene ed il male,
ma ecco che il circo tramuta tutto
in incerto, ognuno con le sue ragioni
e ognuno con i suoi torti. E,
come durante lo spettacolo dell’illusionista,
non percepisci più la
realtà, ma ogni cosa sembra giusta
e sbagliata allo stesso tempo,
a seconda di chi è l’interlocutore
e di quale tesi difende. Tutto ciò
inframmezzato dall’esposizione
inutile di corpi prorompenti, pubblicità,
passerelle di donne deluse
che hanno dato ma non hanno
avuto, talenti e portenti chiusi in
stanze di anonime case, che mostrano
ogni parte della loro intimità,
fisica e psicologica.
Frastornato dall’inconcepibile,
ma coerente caos, sono inciampato
su Rai 3 giusto in tempo per
beccare la sigla d’inizio di un programma
intitolato Sostieni Bollani.
«A quest’ora!» ho pensato. Era
quasi mezzanotte… E Stefano
Bollani si presentava in una veste
sorprendente, quella di conduttore
di un programma fatto di
parole e musica, ironia e simpatia,
bravura, talento e passione.
Sono rimasto rapito dalla trasmissione,
e con difficoltà sono
riuscito a staccarmi dallo schermo,
nonostante l’ora tarda e il
sonno incombente.
Ma che c’entra Bollani in tutta
questa confusione? Non sembra
normale che un programma del
genere possa essere trasmesso
senza nessun accenno all’attuale
‘fangopolitica’ e senza alcuna
scandalosa graziosa signorina.
La presenza di Caterina Guzzanti,
graziosa certamente, non è
mai fuori tema, anzi si integra col
‘faccendiere’ Bollani trasformando
i dialoghi spesso in umoristiche
rappresentazioni, mai lontane
dal pentagramma del buon
senso.
Allora mi chiedo se per caso lassù
qualcuno è impazzito, se vogliono
farsi del male da soli ricordando
al popolo della notte che
– sotto la patina sempre più densa
di artefatte verità – c’è ancora
un briciolo di buon gusto, c’è un
modo di comunicare in maniera
diversa, garbatamente colta, mai
arrogante o violenta.
Ho registrato il programma per
mostrarlo il giorno dopo a mio
figlio di sedici anni, curioso della
sua reazione. Non mi va di dirvi
qual è stato il suo giudizio. Provate
voi stessi con i vostri figli. Sarà
una strana scoperta. Sosteniamo
la musica, che può dare un po’ di
pace alla nostra ormai ingarbugliata
coscienza.
Reno Brandoni
Editoriale
Bert Jansch 1943-2011 di Andrea Carpi pag. 5
Notizie
Jon Gomm e la Domestic Science Singles Series pag. 6
Blog
Musica a Fiorano di Comitato M.A.F. pag. 8
Il programma del nostro corso di registrazione di Paolo Costola pag. 10
Recensioni pag. 12
Pat Metheny ”What’s it All About” di Reno Brandoni
Rolando Biscuola “Sciam” di Alfonso Giardino
Paolo Capizzi “nonSolo” di Alfonso Giardino
Artisti
Acoustic Franciacorta di Andrea Carpi pag. 14
Un Paese a Sei Corde di Patrizia e Mauro Gattoni pag. 22
Rieti Guitar Festival di Francesca Ricci pag. 28
3
chitarra acustica 7 duemilaundici
sr
Sergio Fabian Lavia di Stefania Benigni pag. 32
Intervista a Maurizio Colonna di Andrea Carpi pag. 36
Albert Lee al Liri Blues di Daniele Bazzani pag. 40
Strumenti
Chitarra acustica Larrivée LV 03 E di Mario Giovannini pag. 44
Chitarra acustica Larrivée OM 02 di Daniele Bazzani pag. 48
Preamplificatore per chitarra acustica D-Tar Solstice di Daniele Bazzani pag. 50
Chitarra acustica Peerless PD 55 CE di Mario Giovannini pag. 52
Gas Addiction pag. 54
Tecnica
Interlude for In My Life di Eric Lugosch pag. 56
Walkin’ Man di Massimo Varini pag. 58
Un’introduzione alla chitarra mancina ‘capovolta’ di Marçio Rangel pag. 66
Ridin’ down the Road di Paolo Bonfanti pag. 69
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Andrea Carpi
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Editore
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Chitarra Acustica è una pubblicazione mensile
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n. 8151 del 07.12.2010
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4
chitarra acustica 7 duemilaundici
editoriale
ed
Bert Jansch 1943-2011
Mi stavo preparando a scrivere l’editoriale per
raccontare i contenuti principali di questo numero,
l’importanza data ai festival di chitarra acustica e le
prove di chitarre Larrivée, quando è giunta la notizia
della morte di Bert Jansch, avvenuta la mattina del
5 ottobre «in una casa di cura di Hampstead all’età
di sessantasette anni, dopo una lunga battaglia
contro il cancro che lo affliggeva». La notizia era
stata diffusa dalla Geomusic di Gigi Bresciani, «fiera
di averlo rappresentato fino all’ultimo in Italia».
Sono andato subito sul sito di Jansch per saperne
di più, e l’ho trovato drammaticamente fermo su
questo comunicato: «È stato tristemente necessario
annullare il concerto di Bert a Edimburgo di sabato
20 agosto perché Bert non sta bene. Sia lui che i
suoi dottori avevano sperato che si sarebbe sentito
meglio in tempo per il concerto, ma sfortunatamente
non è stato questo il caso e Bert resterà in ospedale
almeno fino alla prossima settimana. Bert è terribilmente
dispiaciuto di mancare il concerto, e si scusa
profondamente con tutti i fan e coloro che speravano
di vederlo. Nella speranza di vedervi la prossima
volta!» E andando indietro fino alle ultime notizie, si
legge della recentissima riunione di quest’anno dei
Pentangle: «Oltre a questi concerti come solisti, e in
seguito al loro trionfante ‘40th Anniversary Reunion
Tour’, i membri originali dei Pentangle: Bert Jansch,
John Renbourn, Jacqui McShee, Danny Thompson
e Terry Cox – ciascuno una leggenda per proprio
conto – si sono riuniti nuovamente per tre speciali
concerti quest’estate. Appena rientrati dal primo
spettacolo del 25 giugno al Festival di Glastonbury,
i Pentangle sono anche in programma sabato 30
luglio come special guest al Folk Festival di Cambridge
e, per una serata intera, lunedì 1° agosto alla
Royal Festival Hall di Londra. Inoltre, tutti e cinque
i membri originali dei Pentangle stanno attualmente
lavorando insieme su del nuovo materiale, per la
prima volta da quando si sono sciolti nel 1973. Il
gruppo sta anche progettando di pubblicare prossimamente
delle registrazioni dal vivo del tour del
2008».
E finisco a rileggere con maggiore attenzione e da
una prospettiva più stringente alcune frasi pronunciate
da suoi colleghi sul suo conto, che assumono
oggi un senso definitivo. Innanzitutto Neil Young:
«Tanto Jimi [Hendrix] era un grande chitarrista,
quanto lo è Bert Jansch per la chitarra acustica…
il mio preferito». E Jimmy Page, che notoriamente
incise su Led Zeppelin I una “Black Mountain Side”
simile in tutto e per tutto alla “Black Water Side” di
Jansch: «Ad un certo punto ero assolutamente ossessionato
da Bert Jansch. Quando ascoltai quel
33 giri [Bert Jansch, Transatlantic,1965
], non potevo
crederci. Era talmente avanti rispetto a quello
che chiunque altro stesse facendo! Nessuno in
America poteva arrivarci». E infine Johnny Marr:
«Ha completamente re-inventato il modo di suonare
la chitarra e fissato degli standard che sono ancora
oggi ineguagliati […] senza Bert Jansch, la musica
rock così come si è sviluppata negli anni sessanta
e settanta sarebbe stata molto diversa. Potete sentirlo
in Nick Drake, Pete Townshend, Donovan, The
Beatles, Jimmy Page e Neil Young. Ci sono chitarristi
che nemmeno si rendono conto di essere stati
indirettamente influenzati da lui».
Il mio pensiero corre indietro al mio primo viaggio
in Inghilterra, a Cambridge, nel 1966. Mentre i
miei amici andavano a ballare nei locali, il mercoledì
sera io andavo al folk club. Una sera ascoltai
due musicisti che cantavano e suonavano come
piaceva a me, e alla fine chiesi loro dei consigli su
qualcosa da ascoltare; mi risposero rispettivamente:
Doc Watson e Bert Jansch. Così il giorno dopo
andai in un negozio e comprai Doc Watson & Son
(Fontana, 1965) e It Don’t Bother Me di Bert Jansch
(Transatlantic, 1965). E il gioco era fatto! Dopo
qualche anno formai un gruppo con Diana al canto
e alla chitarra, Stefano al mandolino, bouzouki
e chitarra, Fabrizio al contrabbasso e Massimo alle
percussioni: una formazione molto simile a quella
dei Pentangle, che cercava di ispirarsi al loro tipo di
lavoro sulla musica tradizionale britannica, adattandolo
al folklore musicale italiano.
Goodbye, Bert!
Bert Jansch, 1967
Bert Jansch, 2006
Andrea Carpi
5
chitarra acustica 7 duemilaundici
nt
notizie
Jon Gomm e la Domestic Science Singles Series
Le persone dicono che internet ha ucciso l’album
discografico. Bene, Jon Gomm ci ha pensato su parecchio,
ed ecco l’idea: con internet, si può tornare
ai vecchi tempi quando le persone ascoltavano (e
amavano) una canzone alla volta, molto intensamente.
E si può addirittura tornare a tempi ancora
più antichi, quando le persone compravano gli spartiti
e imparavano un brano per il proprio piacere di
suonarlo.
Così Jon ha realizzato una serie di singoli che a
partire dall’inizio dell’autunno (il 28 settembre è la
data della prima uscita), saranno disponibili solo in
download, e su base di pagamento a offerta (Pay
What You Want): dopo il primo ascolto gratuito, ciascuno
potrà decidere quanto vale il download del
brano, da zero in su.
Tutti i singoli saranno accompagnati dalla relativa
tablatura, sia nella versione ‘quasi impossibile
dell’esecuzione originale di Jon, sia nella versione
più agevolata (‘strum-along version’), per permettere
a tutti di imparare a suonare la canzone.
Un’altra possibilità di acquisto del brano è decisamente
più artistica: le persone potranno comprare
una cartolina disegnata da Jon (tempera e inchiostro
su tela) e intestata a mano, che gli verrà recapitata
per posta con il codice per scaricare il singolo.
Tutti i brani della “Domestic Science Singles Series”
sono stati registrati nello studio casalingo di
Jon (‘scienza domestica’, appunto) e tutti saranno
accompagnati dall’uscita di un video prodotto dai
fan di Jon, sempre appassionatamente disponibili
ad essere coinvolti e aiutare la causa.
Una parte del ricavato dalla vendita dei singoli
sarà devoluto in beneficenza all’istituto ‘The Happy
House’ in Kenia, che ospita bambini rimasti orfani
per Aids o malaria, e che è diretta proprio dalla
mamma di Jon.
Il primo singolo, “Passionflower”, è un bellissimo
brano dove la voce di Jon, seguendo le strade del
blues e del folk, si libera e vola sui suoni effettati
e distorti delle corde in acciaio, accompagnata da
percussioni sulla cassa della chitarra: il risultato
è un paesaggio etereo, affascinante, che Jon descrive
come una crescita personale ispirata da una
pianta tropicale che invade il piccolo giardino nella
sua casa di Leeds.
I prossimi singoli del progetto includono un arrangiamento
strumentale di un classico della disco,
6
chitarra acustica 7 duemilaundiciLIVE
una chiamata alle armi politica, una meditazione
prog-acustica sull’ossessione, e una cover di una
delle canzoni preferite da Jon nella sua infanzia.
Info: www.jongomm.com
Crosby & Nash
– 29 ottobre, Padova, Grande Teatro;
– 30 ottobre, Milano, Teatro Ventaglio
Smeraldo;
– 1 novembre, Firenze, Teatro Verdi;
– 2 novembre, Roma, Teatro Sistina.
Info: http://www.seatwave.it/biglietticrosby--nash/stagione?AffID=0001&utm_
source=google&utm_medium=ppc&utm_
campaign=Crosby+Nash+Tour
James Taylor and Band
in Italia
Saranno in tour in Italia durante il mese di
marzo 2012. Queste le date:
– 6 marzo, Napoli, Teatro Augusteo;
– 8 marzo, Catania, Teatro Metropolitan;
– 10 marzo, Lucca, Teatro del Giglio;
– 12 marzo, Cagliari, Teatro Lirico;
– 14 marzo, Brescia, Teatro Grande;
– 16 marzo, Milano, Teatro Degli Arcimboldi;
– 19 marzo, Torino, Teatro Colosseo;
– 20 marzo, Bologna, Auditorium Manzoni;
– 22 marzo, Ancona, Teatro Delle Muse;
– 24 marzo, Padova, Gran Teatro Geox;
– 25 marzo, Como, Teatro Sociale;
– 29 marzo, Genova, Teatro Carlo Felice;
– 30 marzo, Roma, Auditorium Conciliazione.
Info: i biglietti di tutte le sedici date sono in
prevendita sul sito http://www.jamestaylor.com.
Nel 1964 era semplicemente un modo per condividere la nostra passione.
Oggi lo è ancora.
Nel 1964, al soli 14 anni, Tom Bedell creava la sua linea di
chitarre acustiche per permettere alle nuove generazioni
di esplorare le loro passioni musicali. Dopo quattro decadi
e l’introduzione nell’IOWA Rock’n Roll Hall of Fame, Tom è
di nuovo pronto a stupire con le sue nuove Bedell Guitars.
I tempi cambiano. Le passioni rimangono.
Negli anni 60 il rock’n roll si apprestava a cambiare il mondo per sempre,
dimostrando che si poteva esprimere sè stessi e le proprie passioni attraverso
la musica. Da teenager Tom Bedell non mancò di capire il cambiamento
che stava avvenendo e colse al volo l’opportunità di parteciparvi
attivamente, presentando la sua linea di chitarre acustiche.
Oggi, dopo 40 anni, la passione di Tom per la musica è rimasta intatta e
una nuova linea di chitarre acustiche che porta il suo nome vede la luce:
Bedell Guitars. Chitarre costruite interamente coi migliori legni massello,
lavorate a mano e finemente rifinite in ogni dettaglio, create per
condividere una passione senza tempo: la musica.
www.bedell-guitars.com
Distribuzione esclusiva
www.frenexport.it
l
blog
Musica a Fiorano
Dal 9 all’11 settembre lo splendido Castello di
Spezzano (Fiorano Modenese) ha accolto nella sua
corte, i suoi saloni e i suoi fossati, come ormai da
sette anni, il Festival di Chitarra M.A.F. – Musica a
Fiorano. Arrivati alla settima edizione, spinti dall’entusiasmo
degli anni precedenti, abbiamo deciso di
proporre alcune novità, prima e durante il festival.
A partire dal mese di maggio, per terminare con
la finalissima durante la serata inaugurale, si è svolto
il primo Concorso di chitarra acustica ‘Obiettivo
M.A.F.’, in cui chitarristi, più o meno giovani, hanno
avuto la possibilità di esibirsi, confrontarsi e, perché
no, anche sfidarsi a suon di accordi. Una giuria composta
da giornalisti e musicisti (con Massimo Varini
presidente) ha seguito i partecipanti in più fasi del
concorso, per arrivare a scegliere i due finalisti che
hanno avuto la possibilità di sfidarsi al M.A.F., in
apertura del concerto dei Bermuda Acoustic Trio.
Altra grande novità è stato il corso di liuteria, in
cui sotto la supervisione e la guida di due grandi
maestri liutai come Roberto Fontanot e Carlos Michelutti,
i partecipanti hanno preso parte a una full
immersion di due giorni nel mondo teorico e pratico
della liuteria, affrontando la lavorazione della chitarra
nei suoi diversi aspetti.
Naturalmente queste due importanti novità sono
state parte integrante di un festival che ogni anno
cerchiamo di rinnovare nel segno della continuità,
la qualità e la partecipazione.
Sabato e domenica, da mattina a sera, nelle sale
del Castello si è infatti svolta la tradizionale esposizione
e fiera mercato, naturalmente di chitarre e di
tutto quanto ruota attorno allo strumento chitarra,
ma anche di splendidi dipinti, libri e dischi, a completare
un quadro che parte dalla chitarra per spaziare
in tutto ciò che è musica.
Un susseguirsi senza respiro di seminari e clinic,
nei fossati del Castello e in alcune sale interne, ha
Tony Remy
Stanley Jordan
permesso agli appassionati di chitarra di trovare
nuovi spunti, stimoli e forse anche la chitarra, l’amplificatore,
la pedalina che cercavano da tempo!
Quindi continuità, ma crediamo anche qualità. Ci
teniamo, con un pizzico di orgoglio, a elencare tutti
gli artisti che hanno partecipato al M.A.F., partendo
dai tre straordinari, ma altrettanto simpatici, protagonisti
del concerto del sabato sera, che ha saputo
regalarci brividi a ripetizione: Stanley Jordan, Muriel
Anderson e Alex De Grassi.
Ricordiamo poi Tony Remy, che si è esibito nel
concerto di domenica sera e i Bermuda Acoustic
Trio, che hanno ufficialmente lanciato la settima
edizione del M.A.F.
Tra gli artisti che hanno reso possibili seminari
e clinic, oltre ai protagonisti dei concerti, Massimo
Varini, Massimo Moriconi, Veronica Sbergia & Max
De Bernardi Duo, Dr. Viossy, Manuel Randi e Max
Prandi. Grazie a tutti voi, perché senza le vostre
note il M.A.F. non esisterebbe!
Ma grazie soprattutto alle migliaia di persone, tra
cui tantissimi giovani, che hanno sfilato tra le antiche
mura del Castello di Spezzano, spesso dopo
molte ore di macchina, per vivere e respirare le vibrazioni
e sensazioni che il M.A.F. pare ogni anno
sappia regalare.
Naturalmente un grazie speciale al Comune di
Fiorano, che continua a credere nella manifestazione,
e a tutti gli sponsor, agli enti pubblici e privati,
senza i quali il M.A.F. non sarebbe possibile.
Le ultime righe le riserviamo a noi, i volontari che
ogni anno rendono possibile il festival, e al nostro
direttore artistico, Antonio Verrascina, senza il cui
entusiasmo e passione non avremmo mai raggiunto
questi risultati.
Il Comitato M.A.F.
8
chitarra acustica 7 duemilaundici
l
blog
Il programma del nostro
corso di registrazione
Ciao a tutti, dopo una prima presentazione (il mio
post “Benvenuti”) e una lunga pausa di riflessione,
eccoci finalmente al nostro primo vero appuntamento.
Oggi vorrei fare un riassunto di ciò che tratteremo
nei prossimi mesi, per provare ad organizzare
il tutto in modo sintetico e avere così una visione
d’insieme del programma.
Se avvertirete qualche inevitabile lacuna, tenete
presente che la mia priorità sarà quella di permettervi
di arrivare a risultati soddisfacenti in tempi ragionevoli.
Penso oltretutto di rivolgermi essenzialmente
a musicisti più che ad aspiranti tecnici del
suono, quindi vorrei evitare di annoiarvi con eccessivi
tecnicismi. Chi avvertirà l’esigenza di approfondimenti
specifici potrà eventualmente contattarmi
al mio indirizzo di posta elettronica: proverò in quel
caso a segnalare dei link che possano soddisfare la
vostra sete di sapere Vi fornirò comunque dei link
per scaricare esempi di vario tipo: disegni, grafici e
file audio, in modo da rendere i concetti più fruibili.
Procedendo con questo approccio pragmatico consiglierò
senza pudore apparecchiature specifiche
citando modello e marca. Terrò in alta considerazione
il budget oltre che la qualità: non avete bisogno
del mio illuminante supporto per sapere che un
Neumann vintage in eccellenti condizioni potrebbe
darvi risultati interessanti (al costo di un’autovettura
di medio livello…).
Chiarite le premesse eccovi i punti che andremo
ad analizzare:
1. Affronteremo il problema del monitoraggio: è
impossibile effettuare ascolti critici (specialmente
nelle riprese acustiche) senza una riproduzione
adeguata. Le casse del vostre computer, o nella
migliore delle ipotesi il vostro rispettabilissimo o
esoterico (e quindi nella maggior parte dei casi ingiustificatamente
costoso) impianto hi-fi, non saranno
probabilmente in grado di darvi una corretta rappresentazione
sonora del vostro strumento. Sarebbe
come obbligare uno studente darte a studiare i
colori indossando degli occhiali con lenti colorate
Perdonate la puerile metafora, ma semplicemente
è meglio affidarsi a delle buone cuffie: queste, sebbene
faticose nel lungo periodo, vi garantiranno se
non altro un affidabile aiuto con un modesto investimento.
L’utilizzo di una coppia di monitor richiederà
invece qualche accorgimento nel loro posizionamento
e un minimo di trattamento acustico
dell’«angolo» a loro dedicato.
2. Analizzeremo poi le principali tipologie di microfono
: dinamico, condenser e ribbon. Valuteremo
le differenze nel suono anche in base alla polarità
scelta. Ignorerò i sistemi di amplificazione dedicati
al live, che utilissimi in quei casi danno però risultati
poco realistici in registrazione.
3. Una volta scelto il microfono bisognerà magari
posizionarlo. Questa geniale deduzione viene però
spesso quasi ignorata: cambiamenti di posizione
anche minimi portano però a volte a delle variazioni
drammatiche. Sarà utile avere anche qualche nozione
di psicoacustica, che se non altro ci aiuterà a
capire perché il nostro strumento suoni in un certo
modo e la registrazione possa essere invece molto
diversa… A chi non è successo?
4. Giungeremo poi al preamplificatore microfonico.
Tanto per cambiare, anche in questo caso
le diverse tipologie influenzano il risultato finale: a
valvole, in classe A, gli eventuali ibridi dichiarati o
meno, ecc.
5. A seguire i rudimenti nell’utilizzo di outboard
esterno: compressione, EQ, linee di ritardo varie
(ad esempio chorus, delay, riverberi).
6. Infine, budget e scheda audio permettendo, ci
addentreremo nelle tecniche di multimicrofonaggio.
Esistono diverse tecniche di ripresa, sia mono che
stereo, e sarà molto interessante e divertente valutare
insieme le loro applicazioni. Ci renderemo così
conto di quanto possa incidere l’ambiente nel quale
si effettuano le riprese, e di come tenere i microfoni
in fase sarà uno degli elementi essenziali delle nostre
‘fatiche sonore’.
Durante tutto l’iter vi inviterò sempre ad ascoltare
i risultati in modo critico. Lo stesso identico setup
può infatti condurre a risultati ben diversi solo cambiando
l’esecutore o lo strumento.
Finora ho elegantemente evitato di sottolineare
l’importanza di due elementi essenziali: la qualità
dell’esecuzione e la corretta regolazione dello strumento.
Per quanto riguarda il primo aspetto non
resta che evitare lautocompiacimento ed esercitarsi;
per il secondo, mi risulta davvero difficile pensare
di acquistare uno strumento di qualsiasi livello
senza portarlo da un liutaio davvero capace: la differenza
è spesso sostanziale. Sembrerebbe uno
spot su commissione, ma vi assicuro che parlo per
esperienza diretta.
Tenendo conto di tutti questi elementi diffidate
quindi delle soluzioni ‘pronto uso’, che hanno la pretesa
di essere sempre efficaci: ogni tecnica va adattata
allo specifico ascoltando e valutando i risultati.
Sempre. Con questa perla di rara saggezza mi congedo
e vi saluto in attesa del prossimo articolo...
Paolo Costola
macwavestudios@gmail.com
10
chitarra acustica 7 duemilaundici
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c
recensioni
Pat Metheny
What’s It All About
Nonesuch
Ho sentito parlare della chitarra
baritona qualche tempo fa in
occasione dell’uscita del primo
CD dedicato a questo strumento
da parte di Pat Metheny. Parlo di
One Quiet Night. Devo dire che
il lavoro mi lasciò del tutto indifferente:
non ero catturato dal
suono, e l’uso di uno strumento
‘diverso’ non dava nessun valore
aggiunto al lavoro del chitarrista.
Recentemente mi sono riavvicinato
con curiosità a questo suono
anche perché, avendo avuto
modo di provare più chitarre
baritone, ne ho compreso infine
la ‘diversità’. È una chitarra sulla
quale non puoi suonare tante
note, ma devi dosare il tocco e
scegliere quelle poche e giuste
che siano in grado di completare
la tua idea musicale. Guarda
caso, proprio in corrispondenza
delle mie ricerche e dei miei
studi, ecco uscire What’s It All
About, secondo capitolo di Metheny
dedicato alla chitarra baritona.
In questo CD l’approccio è
fulminante: non credo sia dovuto
al mio interesse attuale per questa
musica, ma il suono e l’atmosfera
sono completamente diversi
dal precedente. Si rimane rapiti
da tocco, suono e melodia in un
crescendo di emozioni che accompagna
l’ascoltatore fino alla
fine del disco.
L’apertura è di grande livello
con una cover di “The Sound of
Silence” di Paul Simon, anche se
questo è l’unico brano suonato
con più strumenti e devia un po’
da quello che sarà il cammino
di tutta l’opera. Interpreto questa
scelta come una soluzione
‘commerciale’, per permettere
all’album di esordire con un brano
più ‘facile’ e ascoltabile. Con
il secondo brano entriamo nel
vivo del lavoro: “Cherish” ci regala
subito quello che cerchiamo e
quello che ci aspettiamo, ma sopratutto
ci prepara ad “Alfie”, un
arrangiamento di un brano di Burt
Bacharach di ben 7:46. Si parte
con poche note e inizia il viaggio.
Il brano cresce misura dopo misura
e ci lascia immersi in una
doccia di note, da cui con difficoltà
riusciamo a sfuggire. Ecco,
confesso che prima di andare
avanti ho ascoltato per tre volte
di seguito questa traccia.
Il resto prosegue sulla stessa
linea, con due segnalazioni particolari:
una “Garota de Ipanema”
così lenta da rendere difficile l’identificazione
della melodia (forse
questo potrebbe essere un
pregio) e una “And I Love Her”
divertente ma poco convincente,
che chiude tutto il lavoro. Forse
per il finale avrei fatto una scelta
diversa!
Una nota: il CD si conclude
con dieci brani, ma su iTunes
sono presenti due bonus track:
“’Round Midnight” e “This Nearly
Was Mine” (forse il mio consiglio
di chiudere in maniera diversa
non era così sbagliato…).
Certo, se non si è proprio appassionati
e curiosi, il disco potrebbe
risultare noioso, anche se
in macchina è un buon compagno
di viaggio e diventa un’ottima
colonna sonora. Ma, ad onor del
vero, questo tipo di ascolto penalizza
il grande suono che invece
si percepisce in un buon impianto
domestico.
La chitarra utilizzata è sempre
quella della leggendaria Linda
Manzer. Non provate ad andare
sul suo sito con il desiderio di
possederne una, perché la sua
lista di attesa è ormai chiusa da
tempo, tant’è che lei stessa suggerisce
di rivolgersi al suo amico
liutaio Tony Duggan, che fa a suo
dire buone chitarre ed immediatamente
disponibili. Ho parlato
dell’argomento e delle Manzer
con Alex De Grassi, che invece
mi suggeriva di provare (e trovare)
le baritone di Lance McCollum.
Il liutaio purtroppo non è più
tra noi, ma le sue chitarre continuano
ad essere leggenda.
Tornando alla baritona di Pat
Methney, è accordata una quinta
sotto l’accordatura standard della
normale chitarra, ovvero (partendo
dalla sesta corda): La (A) - Re
(D) - Sol (G) - Do (C) - Mi (E) -
La (A), con le due corde centrali
accordate un’ottava sopra rispetto
alle altre. Non si tratta quindi
di una ‘Nashville Tuning’, che
prevederebbe anche la quinta e
sesta corda accordate un’ottava
sopra (in questo caso rispetto
all’accordatura standard baritona),
ma una ‘variante’ Metheny.
Le corde usate sono delle D’Addario
con la seguente scalatura
(dalla prima corda): .017, .026w,
.016, .022, .056, .065.
E se ora volete cimentarvi, il
mondo della baritona è vostro e
questo disco potrà essere sicura
fonte d’inspirazione.
Reno Brandoni
Rolando Biscuola
Sciam
Fingerpicking.net
Sono passati ormai cinque
anni da quando, nel 2006, Rolando
Biscuola si è affermato
nel concorso New Sounds of
Acoustic Guitar, Premio Wilder-
Davoli, all’Acoustic Guitar Meeting
di Sarzana.
Il chitarrista meranese impressionò
subito giuria e pubblico
per la sua tecnica, la grande
sicurezza nel proporsi e la ricercatezza
delle sue composizioni.
Classe 1964, Rolando è sempre
stato musicalmente molto
attivo, fin dagli anni ottanta a
Bologna (dove conosce un altrettanto
giovane Sergio Altamura,
con cui collabora), per
poi tornare nella propria regione
dove, sia in veste da solista che
in versione jazz trio (il Rolando
Biscuola Acoustic Trio, con
Christine Plaickner al flauto e
Roby Mazzei al basso), calcherà
le scene delle principali manifestazioni
musicali.
È a Sarzana, comunque, che
Biscuola si afferma a livello nazionale,
conquistandosi con
merito gli inviti a partecipare ai
principali festival chitarristici in
giro per la penisola.
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chitarra acustica 7 duemilaundici
c
Sciam è il suo ultimo lavoro
dopo Inner Secrets, pubblicato
nel 2004. Realizzata con il sostegno
dell’Assessorato alla Cultura
in Lingua Italiano della Provincia
Autonoma di Bolzano, quest’opera
si distingue per la varietà dei
generi proposti dal chitarrista, per
non dimenticare le tante influenze
cha hanno caratterizzato la
sua formazione artistica.
Si va dai ritmi manouche di
“Latin rhymer” (con Manuel
Randi alla chitarra gipsy, Matteo
Facchin all’accordeon e Silvio
Gabardi al contrabbasso)
al ragtime dissonante di “Ritter
Rag”, dagli intrecci melodici tra
chitarra e arpa (in duo con l’arpista
Nartan Savona) all’argentino
“Tarango” (con Matteo Facchin
all’accordeon e Silvio Gabardi
al contrabbasso), dall’atmosfera
fascinosa e un po’ rétro di “Red
Rbanna” (con il flauto di Christine
Plaickner) alle altre composizioni
originali, queste per chitarra sola,
come “Per Christine”, la stessa
“Sciam” o “Storie irrealmente accadute”
che apre il CD.
Una menzione particolare per
i due brani estratti dal recital
Presenze: Ezra Pound a Merano
realizzato dal Piccolo Teatro
Città di Merano per celebrare il
legame che unisce la città altoatesina
al grande poeta statunitense:
“Medley: canzone + fase
REM” (anche qui accompagnato
dalla Plaickner) e “L’albero” (con
Thomas Stadler, strings, e Silvio
Gabardi) sono entrambe costruite
su testi tratti da traduzioni di
Giuseppe Ungaretti, la prima, e di
Margherita Guidacci, la seconda,
e vedono lo stesso Biscuola alla
voce.
Rolando, per quanto spazi da
un genere all’altro, è sempre
all’altezza, sempre pronto a sorreggere
con solida e invidiabile
tecnica le diverse strutture armoniche
proposte, elegante e allo
stesso tempo deciso, mai sopra
le righe.
Un CD, questo, pensato e realizzato
con un evidente desiderio
di voler intraprendere un discorso
culturale ampio, con contaminazioni
artistiche (come si usa
dire…) non solo musicali. Ma
quello che traspare è l’evidente,
incontenibile passione per la musica
e la chitarra acustica in particolare,
che accompagna fedelmente
Rolando Biscuola lungo
tutto il suo percorso artistico.
Alfonso Giardino
Paolo Capizzi
nonSolo
Fingerpicking.net
Paolo Capizzi pubblica il suo
primo CD, per l’etichetta Fingerpicking.net,
proponendo una sequenza
di brani molto varia, per
generi e tecnica utilizzata, un
sunto delle sue molteplici esperienze
musicali fin qui maturate.
Fin da ‘semplice’ appassionato
della chitarra, il musicista catanese
ha sempre seguito e partecipato
ai tanti festival chitarristici,
alle tante manifestazioni che negli
ultimi anni si sono moltiplicate nel
nostro paese, non facendosi mai
scoraggiare dai tanti chilometri
che separano la sua Catania dal
‘continente’. Proprio questa sua
caparbia passione gli ha consentito
di mettersi in mostra nel
mondo della chitarra acustica
italiana, facendolo giungere terzo
a Sarzana nel 2006 al concorso
“New Sounds of Acoustic Music
– Premio Wilder-Davoli”, fino
alla partecipazione quest’anno
all’Acoustic Guitar Festival a
San Benedetto Po e alla sua collaborazione
in qualità di didatta
con il CentroStudiFingerstyle del
maestro Davide Mastrangelo.
Ora, con questo suo lavoro, tra
brani originali (tra i quali la bella
e malinconica “Poeti”) e cover
(la sua versione di “Blackbird” ha
partecipato al concorso “Acoustic
Franciacorta: una canzone dei
Beatles per la chitarra acustica”),
tra blues, musica celtica e composizioni
di chiara ispirazione
popolare (nel brano “Tre Volte 3”
si respira aria di Sicilia), Paolo ci
fa ascoltare i suoi diversi mondi
musicali, le sue diverse anime
chitarristiche e… non solo.
In questo variegato percorso si
è fatto accompagnare da altri
strumentisti, con i quali condivide
il suo quotidiano di musicista,
dando anche vita, insieme a loro,
ad alcune formazioni: Antonio
Curiale (violino, viola, bodhrán),
Giulia D’Anca (voce), Fulvio Farkas
(percussioni), Maurizio La
Ferla (pianoforte), Fabrizio Licciardello
(chitarra elettrica), Marcello
Mammoliti (flauto), Silvio
Mammoliti (violoncello), Edoardo
Musumeci (chitarra acustica e
slide), Rosaria Torcetto (organetto)
e Valerio Virgillito (batteria, vibrafono).
Lui stesso si alterna tra
sei e dodici corde, classica e tin
whistle.
In definitiva, in questa sua opera
prima, Paolo Capizzi ha deciso
di dare spazio alla musicalità, al
gusto per gli arrangiamenti, alla
cura dei suoni, del ‘tocco’, preferendo
un utilizzo ‘misurato’ delle
tecniche chitarristiche, evitando
qualsiasi arida ostentazione fine
a se stessa.
Alfonso Giardino
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chitarra acustica 7 duemilaundici
ar
artisti
Acoustic Franciacorta
Giorgio Cordini e Beppe Gambetta
Partecipare alle diverse attività di
Acoustic Franciacorta ha significato,
anche in questa ottava edizione, incontrare
nello stesso tempo la bellezza
e l’arte degli spazi che hanno ospitato
la manifestazione, scoprendo da
una giornata all’altra nuove chiese
storiche, conventi, palazzi, castelli e
piazze, disseminati in otto comuni di
questa terra collinare ricca di vitigni,
flora e fauna, che si stende ad ovest
di Brescia fino al Lago d’Iseo. Sono
state nove dense giornate dall’anteprima
del 25 agosto ai fine settimana
del 27-28 agosto, 2-4 settembre
e 9-11 settembre, in un connubio tra
la musica acustica e lo sconfinato
potenziale naturale e artistico del nostro
paese, che l’organizzazione del
festival ha pensato bene di valorizzare
promuovendo anche due giornate
gratuite di visita guidata, per scoprire
i tesori locali da Iseo al Castello di
Rovato, dal Palazzo Torri di Nigoline
di Cortefranca al Santuario della Madonna
del Corno e al Monastero di
San Pietro in Lamosa.
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chitarra acustica 7 duemilaundici
Acoustic
Franciacorta
ar
I solisti della chitarra acustica
Lo ‘zoccolo duro’ di Acoustic Franciacorta è rappresentato
fin dalle prime edizioni dai solisti e dai
virtuosi della chitarra acustica. E anche quest’anno
non sono mancate le stelle internazionali di prima
grandezza. Alex De Grassi, maestro indiscusso
del chitarrismo legato all’esperienza Windham Hill
Records, ha tenuto prima del concerto serale un
seminario sulle “Tecniche per la chitarra acustica”,
nel quale ha anticipato parte dei contenuti di un suo
metodo per chitarra fingerstyle che verrà pubblicato,
probabilmente nel gennaio prossimo, da String
Letter Publishing e distribuito da Hal Leonard. La
sua esibizione è stata poi come di consueto impeccabile,
confermando la sua grande cura della melodia
e il suo gusto spiccato per armonie sofisticate, il
tutto con un suono splendido aperto a effetti timbrici
molto personali.
Ha accolto sul palco un altro protagonista storico
della Windham Hill, il bassista Michael Manring,
con il quale ha duettato in un brano tratto dalla recente
comune esperienza del deMania Trio condivisa
col percussionista Chris Garcia, dando vita a
evoluzioni improvvisate di altissimo livello. Il fuoriclasse
Manring, grazie anche alle sue esperienze
al fianco di Michael Hedges, è in un certo senso
l’unico bassista ad essere storicamente accolto a
pieno titolo nel circuito dei festival di chitarra acustica.
Nel suo successivo set a solo ha inevitabilmente
incantato il pubblico con il suo Hyperbass della Zon,
le sue accordature particolari e i suoi repentini cambi
di accordatura, le sue invenzioni percussive, le
sue tecniche contrappuntistiche e l’uso sapiente di
armonici naturali e artificiali, che contribuiscono alla
costruzione di un suono di rara bellezza.
Dalla sua prima apparizione in Italia al Meeting di
Sarzana nel 2004, Eric Lugosch mette sempre più
radici nel nostro paese. Dice: «In questo momento
potrebbe esserci un rinascimento per la chitarra
acustica, e magari inizia proprio in Italia: sarebbe
una gran cosa!» Il pubblico italiano da parte sua comincia
a comprendere meglio la sua musica, che di
primo acchito appare molto caratterizzata all’interno
della tradizione nordamericana. Ma in realtà il modo
in cui Eric affronta il materiale tradizionale è di una
raffinatezza e profondità uniche, ricche di idee armoniche
e contrappuntistiche. Del suo album più
recente Revision (On Wry Records, 2008), dedicato
a una rivisitazione della musica di Reverend Gary
Davis, racconta: «Al college ho studiato composizione
e jazz, il mio orecchio è diventato più sofisticato.
Quello che volevo fare con Davis era presentarlo
come il mio insegnante di jazz, il mio mentore.
Non volevo essere un purista, volevo dirgli: “Grazie,
mi hai dato le ali, mi hai dato le tue idee armoniche
ed ora voglio espanderle”. Nel disco il primo giro lo
suono come l’avrebbe suonato lui, poi inserisco le
mie idee».
L’ultimo disco di Jacques Stotzem, Catch the Spirit
(Acoustic Music Records, 2008), dedicato a una
rilettura fingerstyle di icone della scena rock come
Hendrix, U2, Sting, Neil Young e altri, ha contribuito
non poco alla definitiva affermazione di questo profeta
della chitarra acustica in Belgio, caratterizzato
da uno stile netto e solare, ben in equilibrio tra dinamica
ritmica e melodicità. Nel suo concerto ha dato
Alex De Grassi
Michael Manring
Eric Lugosch
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chitarra acustica 7 duemilaundici
ar
ar
Acoustic
Franciacorta
Jacques Stotzem
Muriel Anderson (Foto di Giancarlo Chiari)
Reno Brandoni (Foto di Giancarlo Chiari)
Giovanni Pelosi
anche qualche anticipazione di un suo nuovo album
di prossima uscita, di cui torneremo a parlare con
grande interesse.
Muriel Anderson ha dato vita, insieme a Reno
Brandoni che ha aperto la serata, a un memorabile
concerto finale nella chiesa del Monastero di San
Pietro in Lamosa, che dopo un set di più di un’ora
l’ha vista rientrare in scena tra due ali di folla che
non smettevano di applaudirla. La chiesa del resto
non è nuova a exploit del genere: ricordiamo ancora
gli altrettanto memorabili concerti di Vincenzo
Zitello nel 2006 e Peter Finger nel 2007, con i suoi
interminabili bis. Evidentemente la bellezza, il prestigio
e probabilmente anche la magia del luogo attirano
sempre un pubblico numeroso e voglioso di
benessere spirituale e arte. La bravissima Muriel,
in ossequio alla sacralità del posto e al suo aspetto
angelico, ha anche suonato la chitarra-arpa, non la
propria però, che per un disguido di spedizione si
era attardata in qualche aeroporto: «Maxmonte mi
ha gentilmente prestato una chitarra-arpa a corde
metalliche di sua costruzione, visto che la mia era
persa in mezzo ai sacchi postali tra la Germania e
l’Italia. Questa sua chitarra ha un bellissimo suono,
con un buon bilanciamento tra i bassi supplementari
e gli acuti. Ci ho suonato buona parte del mio
programma». E noi torneremo presto a parlare degli
strumenti di Maxmonte.
Anche Reno Brandoni ha ricevuto un’accoglienza
emozionante. Presentato dal direttore artistico
Giorgio Cordini come il fondatore di Fingerpicking.
net, mettendo bene in rilievo il ruolo importante che
la nostra comunità ha avuto fin dall’inizio per la costruzione
di Acoustic Franciacorta, Reno è riuscito
a guadagnarsi ulteriormente le simpatie dei presenti
con il suo modo accattivante e fantasioso di porsi e
di presentare i propri brani semplici e diretti. Fatto
sta che si è ritrovato con gli occhi velati di commozione,
dopo l’ovazione seguita in particolare alla
sua prima performance pubblica con la nuova Taylor
baritona 6 corde, in una rivisitazione de “Il mare
tra Ponza e Tavolara” con il sorprendente Strymon
blueSky Reverberator a evocare effetti di sirene
marine.
Un altro ‘rappresentante’ di Fingerpicking.net,
Giovanni Pelosi, ha ricevuto a sua volta un’accoglienza
calorosa, frutto di una delle sue migliori
esibizioni che mi sia capitato di ascoltare, di un’ottima
presa del suono e del fatto che evidentemente
– dopo anni di presenza al festival – sia riuscito a
guadagnarsi l’affetto del pubblico con i suoi brillanti
arrangiamenti, a dispetto della sua naturale modestia
e riservatezza.
Ha chiamato sul palco Riccardo Zappa per una
divertita e divertente rievocazione di “Apache” degli
Shadows, comune passione giovanile. Nel pomeriggio
Riccardo aveva presentato il suo nuovo audiolibro
Zapateria, ed è stato emozionante sentirlo
suonare – in conclusione del suo preambolo – alcuni
suoi classici come “Fondali” sulla Martin 12 corde
priva di qualsiasi amplificazione ed effetto, con
il solo riverbero naturale della suggestiva Chiesa di
San Michele a Ome.
Presenti anche due dei chitarristi italiani maggiormente
riconosciuti all’estero. Beppe Gambetta, reduce
dalla titanica fatica del suo Trattato di chitarra
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chitarra acustica 7 duemilaundici
Acoustic
Franciacorta
ar
flatpicking edito da Carisch, ha suonato in una location
inconsueta per Acoustic Franciacorta, la Terrazza
del Centro Commerciale ‘Le Torbiere’, proponendo
un ampio panorama del suo lungo viaggio
nel mondo della chitarra acustica a plettro. Franco
Morone ha presentato in modo particolare il suo recente
bel disco Miles of Blues, sorprendendo per
l’incredibile varietà con cui è riuscito a declinare il
blues per chitarra acustica sola, dal blues modale
di “Miles and Miles” al city blues di “Chicago”, dallo
swing di “Crazy Basses” al blues jazzistico di “Rainy
Night in New York”, dalla classicità di “Summertime”
di Gershwin al blues nashvilliano di “Back to
Nashville” e a “Mercy, Mercy, Mercy” di Joe Zawinul.
Un discorso a parte merita Francesco Buzzurro.
Con una solida formazione classica, nel cui ambito
ha vinto tre concorsi nazionali (il ‘Città di Alassio’, il
‘Benedetto Albanese’ di Caccamo in Sicilia e il ‘Savona
in Musica’), ha in seguito conseguito una laurea
in Musica Jazz, viene annualmente invitato dalla
University of Southern California di Los Angeles
come docente in seminari unificati per i dipartimenti
di chitarra classica e jazz, ed entra a far parte di tre
orchestre siciliane: la Sicilia Jazz Big Band, l’Orchestra
Jazz Siciliana come prima chitarra, e l’Orchestra
di Musica Contemporanea ‘Città di Palermo’.
Come solista ha inciso gli album Freely (Teatro del
Sole, 2002), che contiene arrangiamenti di standard
della musica mondiale come “Summertime”, “Granada”
e “Rapsodia in blu”, e L’esploratore (Lo Faro/
Irma Records-Edel, 2009) con arrangiamenti di brani
popolari delle culture tradizionali internazionali.
Con il Francesco Buzzurro Quartet, che comprende
al suo fianco Mauro Schiavone (piano e tastiere),
Riccardo Lo Bue (basso) e Sebastiano Alioto
(batteria), ha registrato Latinus (Teatro del Sole,
1998), che contiene una presentazione di Franco
Cerri e di Maurizio Colonna e brani per la maggior
parte originali, e Naxos (Mare Nostrum, 2006) con
numerosi brani originali. Malgrado questi importanti
riconoscimenti e pubblicazioni, il suo nome non
sembra tuttavia emergere come ci si aspetterebbe
fuori dagli ambiti che abbiamo descritto. Quest’anno
è stato finalmente ‘scoperto’ dalla comunità di
Fingerpicking.net al Meeting di Sarzana, invitato
da Giovanni Pelosi a Ferentino Acustica e ora da
Giorgio Cordini ad Acoustic Franciacorta. La sua
tecnica è assolutamente straordinaria e suscita entusiamo.
Non è ancora chiaro però l’impatto che le
sue scelte musicali potrebbero avere alla fine con il
mondo della chitarra fingerstyle: forse si potrebbe
desiderare da lui un repertorio meno convenzionalmente
orientato verso il grande pubblico; forse gli
si potrebbe richiedere un suono più duttile di quello
ottenuto con la Godin Multiac Gran Concert, che ha
utilizzato in queste ultime occasioni, e non dispiacerebbe
sentirlo suonare più spesso con la classica
Scandurra del 1983 o magari una Godin 5th Avenue.
Staremo a vedere.
La ‘truppa’ dei chitarristi italiani si completa poi con
Massimo Varini, sempre attivissimo e che si sintonizza
subito con il clima di festeggiamenti per l’anniversario
dei centocinquant’anni dell’Unità d’Italia,
proponendo accanto al suo repertorio acustico ‘ufficiale’
anche un personale arrangiamento dell’«Inno
Riccardo Zappa
Franco Morone
Francesco Buzzurro
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chitarra acustica 7 duemilaundici
ar
Acoustic
Franciacorta
Massimo Varini
Davide Mastrangelo
Dario Fornara
di Mameli». Davide Mastrangelo si conferma come
eccellente didatta nel seminario pomeridiano sulle
“Tecniche fingerstyle” e presenta nel suo set serale
alcune composizioni originali, raccolte nel suo recentissimo
album di spartiti Miniatures for Fingerstyle
Guitar edito da Carisch. Il giovane Andrea Valeri,
mostrando sempre maggiore sicurezza, suona
brani tratti dall’ultimo album Maybe (Vinile Records,
2010) e diverse novità che faranno parte del nuovo
disco DayDream in uscita a novembre. Ne è passata
di acqua sotto i ponti, infine, da quando Dario
Fornara è stato selezionato nel 2004 e 2005 per il
concorso New Sounds of Acoustic Guitar al Meeting
di Sarzana e Rolando Biscuola ha vinto la stessa
competizione nel 2006. Sono entrambi dei chitarristi
formati con diversi dischi alle spalle: Dario ha inciso
Amore e Psiche nel 2009 e Rolando il recentissimo
Sciam, entrambi per Fingerpicking.net.
La chitarra classica
Oggi come oggi la chitarra fingerstyle è considerata
in un certo senso come una forma di ‘chitarra
classica contemporanea’. E per allargarne gli orizzonti,
Giorgio Cordini ha pensato fin dall’inizio di avvicinare
il mondo della chitarra acustica a quello della
chitarra classica propriamente detta. Quest’anno
Acoustic Franciacorta ha invitato ad esempio un
astro nascente della chitarra classica greca, Yiannis
Andronoglou. Direttore artistico presso il Conservatorio
di Giannitza dal 2007, nel 2010 ha vinto
il concorso ‘Giovani Solisti’ indetto dall’Orchestra di
Stato di Atene e inizia a collaborare come solista
con questa orchestra. Nello stesso anno vede pubblicato
dalla Legend Classics il suo album d’esordio
Travelling, che contiene sue composizioni originali.
A giugno di quest’anno è stato invitato come solista
e come docente di masterclass al GFA (Guitar
Foundation of America), il più prestigioso festival
chitarristico del mondo. Nella sua esibizione a Iseo
ha suonato brani di Francisco Tárrega, Joaquín Rodrigo,
Carlo Domeniconi e alcune proprie composizioni.
Suona con le chitarre del liutaio italiano Stefano
Robol, con il quale ha tenuto prima del concerto
un incontro dimostrativo.
La pattuglia della chitarra classica comprende poi
un duo di promettenti musicisti bresciani, il chitarrista
Gabriele Zanetti e il violoncellista Eugenio
Reboldi: chitarra classica e violoncello costituiscono
una formazione apparentemente inusuale,
ma il repertorio che abbiamo ascoltato ci dimostra
quanto spesso i grandi compositori abbiano scritto
appositamente per questa coppia di strumenti fin
dall’Ottocento. Siamo passati così da rari pezzi del
compositore tedesco Friedrich Burgmüller a brani
di Astor Piazzolla che raccontano la storia del tango,
da una suite di Raffaele Bellafronte sconosciuta
al pubblico italiano alla celeberrima “Cavatina” di
Stanley Myers e alle musiche di Heitor Villa-Lobos
che mescolano le sonorità di Bach con i canti delle
tribù amazzoniche.
Infine abbiamo scoperto il giovane chitarrista
svizzero di origini napoletane Antonio Malinconico,
con all’attivo il recentissimo album Por siempre
Sur per la Malin Music, composto da brani di
grandi compositori sudamericani. Oltre al repertorio
di questo disco, ha suonato dal vivo anche proprie
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chitarra acustica 7 duemilaundici
Acoustic
Franciacorta
ar
composizioni di carattere intimo e – appunto – ‘malinconico’,
con una tecnica raffinata e convincente.
Canzoni d’autore e non solo
Un’altra strada che Acoustic Franciacorta ha battuto
già da anni per inserire la ‘nicchia’ della chitarra
acustica in un contesto più ampio, è sicuramente
quella della canzone d’autore con la chitarra, e più
in generale della canzone tout-court. Una strada del
resto ben nota al patron Giorgio Cordini, tenendo
conto delle sue passate collaborazioni con Fabrizio
De André e della sua passione musicale per James
Taylor (e i Beatles). E lo stesso Cordini, in occasione
del concerto inaugurale dedicato all’anniversario
dei centocinquant’anni dell’Unità d’Italia, ha dato
vita al Trio Giorgio Cordini, Enrico Mantovani,
Alessandro Adami, con Mantovani alla chitarra
acustica, Adami al canto e l’ausilio dell’attore Luciano
Bertoli. I tre musicisti hanno ripercorso centocinquant’anni
di storia d’Italia interpretando una
carrellata di canzoni note e popolari con arrangiamenti
inediti per chitarre acustiche, dalle versioni
strumentali per riattualizzare temi come l’«Inno di
Mameli» mescolato alle note di “Va pensiero”, “Camicia
Rossa”, “Addio mia bella addio” e “Bella ciao”,
alle esecuzioni fedeli di pezzi come “Bella Gigogin”,
“Il crack delle banche” o “Viva l’Italia”, fino ai due
brani inediti di Cordini e Luisa Moleri “Cevo 3 luglio
1944” e “La notte dei Fondi”, che raccontano momenti
terribili del nostro passato. Il tutto inframmezzato
da brani di Gaber, De Gregori, Quasimodo e
Ungaretti recitati da Bertoli.
Altro terzetto interessante è stato il Trio Joe Damiani,
Daniela Savoldi, Matteo Mantovani, con
Damiani al canto e alle percussioni, Savoldi al violoncello
e Mantovani alla chitarra, in un tributo a
Domenico Modugno tratto dal repertorio dell’album
Joe Damiani Trio canta Modugno Vol.1
(J.D. Music,
2010). L’emozionante e toccante riproposta ha
toccato pezzi indimenticabili come “La lontananza”,
“Nel blu dipinto di blu, “Ciao ciao bambina”, “Meraviglioso”
e, sopra a tutto, “Vecchio frack”.
L’invitata d’onore è stata Nada, accompagnata da
Fausto Mesolella. La collaborazione dal vivo tra
la cantante e il chitarrista degli Avion Travel nasce
Trio Joe Damiani, Daniela Savoldi, Matteo Mantovani
nel 1994 con il progetto Nada Trio insieme al contrabbassista
degli Avion Travel, Ferruccio Spinetti.
La loro attività viene documentata nell’album Nada
Trio (Olis Music, 1998). Nel 2001 Nada e Fausto
tornano in studio per produrre l’album di Nada,
L’Amore è fortissimo e il corpo no (Storie di Note,
2001). Il loro spettacolo comprende brani come la
stralunata “Come faceva freddo” di Piero Ciampi, i
grandi successi come “Ma che freddo fa”, “Il cuore
è uno zingaro”, “Amore disperato”, “Ti stringerò” e
classici della tradizione popolare come “Maremma”,
fino alle canzoni recenti scritte in prima persona
da Nada come “Guardami negli occhi” (dall’album
Dove sei sei, Polygram/Universal, 1999) e “Luna
in Piena” (dall’album omonimo, Radiofandango,
2007). È grande ‘musica pop da camera’, come è
stata propriamente definita.
«Prendi una donna, dille che l’ami, scrivile canzoni
d’amore»: difficile trovare qualcuno in età per
averla ascoltata, che non abbia ancora in testa l’inizio
di “Teorema”. Marco Ferradini l’ha scritta nel
1981 insieme al compianto Herbert Pagani, con cui
ha intrattenuto un intenso rapporto di collaborazione,
e questa canzone è rimasta a lungo nelle classifiche
e ancor oggi nel cuore del grande pubblico.
Di Marco è rimasto un ricordo in parte ambivalente,
come uno dei primi cantautori del ripiegamento su
se stessi, se non del nascente riflusso. Ma questa
immagine è sempre stata nobilitata dalla sua ricerca
di collaborazioni significative: ancora nel 1981
partecipa all’operazione Q Concert, un giro di concerti
attraverso l’Italia assieme ad altri due cantautori,
Mario Castelnuovo e Goran Kuzminac; nel
1983 incide l’album Una catastrofe bionda con testi
di Mogol, Renzo Zenobi e di nuovo Herbert Pagani.
Oggi riconosciamo in lui la qualità della voce,
che testimonia degli anni passati in sala d’incisione
come vocalist. E notiamo la sua efficacia di chitarrista
ritmico e il sincero amore per la chitarra come
strumento di comunicazione: nel 2007 per esempio
ha coinvolto Simon Luca e Ricky Belloni nel progetto
Sessantitaly, una serie di concerti totalmente
acustici, chitarre e voci, su un repertorio rivisitato
di brani della West Coast. In generale apprezziamo
poi la sua attenzione verso il mondo giovanile:
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chitarra acustica 7 duemilaundici
ar
Acoustic
Franciacorta
Nada e Fausto Mesolella
Marco Ferradini
da diversi anni insegna musica presso l’Istituto Superiore
‘Martin Luther King’ di Muggiò. Attualmente
sta lavorando a un doppio album tributo dedicato a
Herbert Pagani, che attendiamo con vivo interesse.
Una buona collocazione per la chitarra acustica
è anche, naturalmente, all’interno di progetti ispirati
al folklore e alle tradizioni musicali. Da questo punto
di vista il concerto di Riccardo Tesi & Maurizio
Geri, rispettivamente all’organetto e alla chitarra, è
stato veramente emblematico: a partire dalle prime
operazioni di recupero del folklore musicale della
natìa montagna pistoiese, passando per la lunga
collaborazione iniziata nel 1978 con la cantantericercatrice
di folk revival Caterina Bueno, i due
non hanno smesso di essere complici da oltre un
decennio nel progetto Banditaliana, uno dei gruppi
guida della cosiddetta world music italiana. E Geri,
in particolare, che è conosciuto nel circuito dei festival
di chitarra acustica principalmente come chitarrista
di ispirazione manouche e per i dischi con il
suo Swingtet, si è proposto nel 2008 anche in veste
di cantautore-chansonnier con il bellissimo disco
Ancora un ballo, esprimendo una forma di canzone
d’autore che porta chiari i segni dei ricchi percorsi
musicali attraversati: da quelli appena citati all’incontro
con il chitarrista sardo Alberto Balìa e alla
formazione del gruppo NUrAGES, in un progetto a
cavallo fra manouche e tradizione italiana, fino alla
partecipazione alla Acoustic Night 2005 di Beppe
Gambetta in vista del progetto Chitarre Zimarre,
una sorta di viaggio nel repertorio musicale delle
grandi migrazioni e della chitarra a plettro italiana
all’alba del XX secolo. Molta carne al fuoco, quindi,
e una musica di grande spessore.
Figlio dell’artista di culto Roy Harper, Nick Harper
ha respirato fin da bambino l’atmosfera di un
cantautorato britannico attento alle esperienze delle
avanguardie musicali. E si è visto. Il suo set pomeridiano
all’aperto, nella giornata conclusiva, si è rivelato
come un’esperienza estremamente intensa e
coinvolgente, che non può essere dimenticata. Lui
si è impegnato fino allo spasimo in una musica di
difficile classificazione, che spazia dalla personale
introspezione alla pungente satira politica, con un
fascino caustico di cui Groucho Marx sarebbe orgoglioso,
passando dalle composizioni originali alle
riproposte in cui riveste alla propria maniera brani di
Elvis Presley, Frank Zappa, Jeff Buckley, Led Zeppelin,
Monty Python e Public Enemy. Il tutto con una
voce di grande impatto e potenza, e un chitarrismo
di tutto rispetto, caratterizzato da un rock acustico di
grande energia e groove. Ha concluso la sua esibizione
sdraiato in mezzo al pubblico in delirio, stremato
dopo più di diciassette minuti del suo ultimo
esaltante folk-blues.
Più ‘regolamentare’ e di stampo nashvilliano il
songwriting di Cathryn Craig & Brian Willoughby.
Cathryn Craigh, americana, è una session singer
di Nashville e ha collaborato e registrato con artisti
come Jorma Kaukonen ed Emmylou Harris. Brian
Willoughby, inglese, è stato chitarrista della nota
cantante pop britannica Mary Hopkin e poi, per ventisei
anni, ha suonato con i mitici Strawbs. L’esperienza
quindi non manca e il piacevole risultato del
loro connubio artistico è stato definito, con evidente
fantasia, ‘Anglicised Americana’.
Grande musica d’intrattenimento condita con una
professionalità di altissimo livello, è questa infine la
cifra sia del Bermuda Acoustic Trio che di Max De
Bernardi & Veronica Sbergia. Con una maggiore
propensione all’eclettismo e alla varietà dei generi
i primi, e una specializzazione rivolta al blues degli
anni venti-trenta nelle sue varie forme i secondi. In
entambi i casi, comunque, il piacere dell’ascolto, il
divertimento e il benessere del pubblico sono più
che garantiti.
Una canzone di Fabrizio De André per la chitarra
acustica
Sempre nello spirito di un’apertura verso la canzone
d’autore si è svolta la fase finale del concorso
20
chitarra acustica 7 duemilaundici
Acoustic
Franciacorta
ar
Roberto Zisa (Foto di Angelo Rinaldi)
“Una canzone di Fabrizio De André per la chitarra
acustica”. Nei mesi che hanno preceduto Acoustic
Franciacorta, i partecipanti dovevano inviare al sito
di Fingerpicking.net la registrazione di un arrangiamento
strumentale inedito di un brano di De André,
realizzato con una sola chitarra. Uno dei tre brani
destinati alla finale doveva essere scelto dal pubblico
che frequenta il sito, altri due da una giuria
composta da Reno Brandoni, Alberto Caltanella,
Giorgio Cordini, Franco Morone, Giovanni Pelosi e
il sottoscritto.
Era stata attivata la possibilità di votare
per uno o più brani, ma naturalmente non era
consentito votare una seconda volta, in modo da
rispecchiare appieno nella scelta il giudizio del pubblico.
Il pubblico ha così preferito “Sidún” nell’esecuzione
di Michele Cogorno. Mentre i primi cinque
classificati nel giudizio della giuria sono invece risultati:
1) Roberto Zisa, “Un giudice”
; 2) Luciano Pizzolante,
“Sally”
; 3) Orlando Volpe, “La canzone di
Marinella”
; 4) Beppe Cordaro, “Ave Maria”
; 5) Federico
Buccarelli, “Crêuza de mä”. A suonare i propri
arrangiamenti sul palco di Acoustic Franciacorta
sono stati quindi ammessi Michele Cogorno,
Roberto
Zisa e
Luciano Pizzolante. Come già nella
fase eliminatoria, la giuria ha avuto un gran daffare
per individuare un vincitore, dato il grande equilibro
delle tre proposte, tutte di buon livello sia dal punto
di vista dell’arrangiamento che dell’esecuzione.
Alla fine si è deciso di premiare Roberto Zisa, per
la particolare articolazione del suo arrangiamento
di “Un giudice”, che ha saputo eseguire con buona
sicurezza. Il premio è consistito in un amplificatore
JAM 100 offerto dalla SR Technology.
Resta infine lo spazio soltanto per segnalare brevemente
le altre attività collaterali, che hanno contribuito
a riempire le due ultime giornate del festival:
l’esposizione di liuteria, con il parallelo “Pomeriggio
dei liutai”, nel quale numerosi chitarristi presenti al
festival hanno suonato su strumenti messi a disposizione
dai costruttori, con una presa del suono uniforme
garantita dal microfono a condensatore DPA
4099 GTR messo a disposizione da Casale Bauer;
una mostra di strumenti per illustrare la strumentazione
dei Rolling Stones, a cura di Rolling Caster
Guitar Collection; la presentazione di impianti
hi-fi artigianali curata dall’associazione ‘Guarda la
Luna’; le tre mostre fotografiche di Elio Berardelli,
Marzia Bonera e Rolando Giambelli dedicate alla
chitarra. Chi scrive ha poi avuto la fortuna di ‘moderare’
un dibattito sulla “Attualità della chitarra acustica”,
che si è trasformato in una accesa discussione
su ciò che è stato un po’ il filo conduttore di questo
articolo: è possibile cioè preservare il ‘fortino’ della
chitarra acustica, vale a dire una alta qualità dell’approccio
al mondo della chitarra acustica, e al tempo
stesso cercare di inserirlo in un contesto più ampio,
aperto anche a un pubblico non specialistico? A
questa discussione, cui hanno partecipato Alessio
Ambrosi, Reno Brandoni, Maurizio Brunod, Giorgio
Cordini, Paolo Coriani, Franco Morone e Giovanni
Pelosi, deicheremo presto un approfondimento.
Andrea Carpi
Foto di Elio Berardelli
(salvo dove diversamente indicato)
Ringraziamo Sara Gaudiosi dell’Ufficio Stampa
Acoustic Franciacorta per la preziosa raccolta di informazioni
curata lungo tutto l’arco del festival
Per saperne di più
Libera Accademia in Franciacorta,
www.franciacortalaif.it
Canale YouTube di Libera Accademia,
www.youtube.com/user/LiberaAccademia
Nick Harper
21
chitarra acustica 7 duemilaundici
ar
artisti
Un Paese a Sei Corde Tre mesi di chitarre sul Lago d’Orta
Un Paese a Sei Corde ha compiuto
sei anni! Stiamo parlando di un
festival chitarristico forse unico nel
suo genere, organizzato in forma
itinerante, non solo nello spazio ma
anche nel tempo. Partito sei anni
fa con poche date intorno al Lago
d’Orta è arrivato quest’anno a coprire
tre mesi e toccare diciotto luoghi
diversi in sedici Comuni su due Provincie,
andando da Crevoladossola
fino a Galliate, toccando Stresa e
passando per Cressa. La sua formula
particolare ha consentito ad ogni
singolo chitarrista esibitosi di essere
gratificato da una notevole presenza
di pubblico, fatto di fedeli estimatori
certi di trovare nei musicisti presentati
da Lidia e Domenico de La
Finestra sul Lago (inesauribili organizzatori
della manifestazione) delle
proposte di qualità, anche quando si
tratta di nomi sconosciuti, ma anche
di spettatori occasionali che hanno
Guitar Republic
scoperto questo mondo solo quando
gli è stato portato sotto le finestre di
casa. Ogni serata una festa. I nomi
più importanti hanno attirato poi pure
numerosi fan venuti anche da molto
lontano per seguire i loro beniamini,
scoprendo così piccoli centri dal
fascino sconosciuto e lontano dalle
grandi metropoli. Questa manifestazione,
con i suoi concerti gratuiti in
un orario serale fruibile da tutti ha
dato la possibilità anche alle famiglie,
magari con bambini, o ai non
più giovanissimi, di godere di tanta
bella musica altrimenti inaccessibile
in una zona ormai colonizzata dalle
cover bands che in tarda serata diffondono
le loro fotocopie musicali al
massimo dei decibel. Un motivo in
più per ringraziare Un Paese a Sei
Corde. Noi che non abbiamo perso
nemmeno una serata vogliamo raccontarvi
cosa è successo in questi
tre mesi. Andiamo con ordine.
22
chitarra acustica 7 duemilaundici
Un Paese
a Sei Corde
ar
Il primo concerto, il 18 giugno al Teatro degli Scalpellini
a S. Maurizio d’Opaglio, già la diceva lunga
sul contenuto dell’intero festival: due chitarristi diversissimi
tra loro, bravissimi, uno votato alle corde
di nylon e l’altro all’acciaio, che hanno proposto
i loro classici e suonato insieme fondendo generi
differenti in una serata di pioggia. Già, la pioggia,
che ha accompagnato quasi ogni fine settimana di
quest’estate pazza, ma che non è riuscita a rovinare
una manifestazione così ben organizzata. Ma
stavamo parlando di Francesco Biraghi e Dario
Fornara, i due direttori artistici del festival, uno per
la classica, l’altro per l’acustica, che, partendo da
una “Imagine”, di Lennon, suonata per caso e per
gioco una sera di tre anni fa e documentata in un
video che ha spopolato su YouTube, hanno proseguito
come se non ci fosse stato tempo in mezzo e
costruendo un concerto divertentissimo che ha costretto
anche i più classici ad apprezzare il suono
dell’acciaio e viceversa, riunendo un pubblico eterogeneo
sotto lo stesso tetto. Peccato mancasse la
luna a completare il quadro.
Il 24 giugno ci siamo spostati a Orta S. Giulio, in
una location un po’ particolare, per ascoltare Gabor
Lesko. La serata è stata inserita dal Comune nel
contesto di una mostra tenuta a metà della pittoresca
Salita della Motta, nel centro storico. Scorcio
bellissimo, ma il palco consisteva in poco più di un
gradino, mentre il pubblico era seduto su sedie poste
un po’ in discesa, come sul ponte di un ipotetico
Titanic. Ma Gabor è stato bravissimo a coinvolgere
comunque la gente con la sua musica e il suo entusiasmo
fanciullesco, e mescolando pezzi suoi –
molti tratti dal suo ultimo disco Share the World – a
grandi classici del blues, in una scaletta giocosa e
un po’ arruffata.
Il giorno dopo tutti a Crevoladossola per un altro
Gabor Lesko
Clive Carroll
concerto incredibile, questa volta nel tardo pomeriggio.
È stato l’avvenimento clou di una giornata di
festa dedicata alla riapertura di una mirabile centrale
idroelettrica degli anni venti, in stile ‘déco’ perfettamente
restaurata. Quale luogo migliore di questo
vero e proprio ‘salotto industriale’ per i Guitar Republic,
al secolo Sergio Altamura, Stefano Barone
e Pino Forastiere, per presentare il loro lavoro,
GR? Il pubblico presente si è divertito e stupito con
i loro suoni arditi e le loro tecniche sperimentali che
però hanno dato vita a brani incredibilmente melodici
e piacevoli in cui ognuno dei musicisti infondeva
il meglio delle proprie peculiarità di chitarrista.
Un vero spettacolo per gli occhi, oltre che per le
orecchie! Ma forse, soprattutto, uno spettacolo per
il cuore.
La domenica ci porta a Pella, una delle tappe storiche
de Un Paese a Sei Corde. Qui nella bella Piazza
Motta affacciata sul Lago d’Orta con la sua Isola
di S. Giulio, c’era un simpaticissimo Clive Carroll
ad accoglierci. Alternando brani suoi a classici della
musica di ogni genere e tempo, alcuni molto intensi,
altri divertenti e velocissimi, ci ha fatto passare una
bellissima sera d’estate stupendoci per la grande
maestria con cui affrontava gli stili più svariati. Peccato
non riuscire anche a capire tutte quante le sue
battute in Inglese!
Una settimana di pausa e il 2 luglio ci ritroviamo
a Briga Novarese per ascoltare Pietro Nobile. La
bellissima giornata e la data scritta sul calendario
hanno suggerito di sistemare palco e sedie per il
numeroso pubblico all’esterno della meravigliosa
chiesetta del Mille dedicata a S. Tommaso. Ma
quando il sole è calato, anche la temperatura l’ha
seguito. Il freddo inaspettato, però, è stato riscaldato
dalla bella musica di Nobile che ha saputo cattu-
23
chitarra acustica 7 duemilaundici
ar
Un Paese
a Sei Corde
Pietro Nobile
rare i presenti e nessuno si è mosso fino alla fine,
chiedendo anche più di un bis.
Ben diversa la temperatura a cui si è esibito Rolando
Biscuola il sabato successivo a Gozzano,
ma identica professionalità. Un temporale incombente
ha costretto gli organizzatori a ripiegare su di
una saletta del Centro Sportivo dove luci, pubblico
e finestre blindate hanno portato la temperatura a
livelli tali da far terminare la performance di Rolando
in un bagno di sudore. Ma lui imperturbabile e spiritoso
ci ha fatto ascoltare i suoi brani, alcuni anche
cantati con la sua bellissima voce, trasportandoci in
un mondo vastissimo pieno di musiche e ispirazioni
diversissime tra loro.
La tappa del 16 luglio è quella che ci ha coinvolto
di più. Eravamo a Cressa, il nostro paesino, e
dovevamo accogliere Peppino D’Agostino. Il suo
concerto, preceduto dalla breve ma molto intensa
e piacevole esibizione del fiorentino Luciano Pizzolante,
è stato un grande successo. In una serata
finalmente estiva (zanzare comprese), il pubblico
è arrivato da tutto il Nord Italia per assistere a
quest’eccezionale evento nell’elegante cortile del
Municipio. E Peppino ci ha regalato un’esibizione
fantastica e variegata fatta di pezzi suoi e di arrangiamenti
di brani di musica proveniente da tutto
il mondo. Al termine della serata erano tutti felici,
soddisfatti, impressionati dalla bravura, semplicità e
disponibilità di questo mito della chitarra acustica
mondiale. E noi molto, molto gratificati!
Ma l’estate è bizzosa ed è ancora il maltempo ad
accogliere Paolo Giordano a Gravellona Toce. In
questa cittadina all’imbocco della Val d’Ossola il
nostro chitarrista ha suonato all’interno del vecchio
cinema dell’oratorio che il parroco sta cercando di
restituire agli antichi fasti. La pioggia fuori e le pareti
ancora da imbiancare dentro, hanno dato una nota
malinconica alla serata, ma Paolo è stato bravo a
dosare i suoi brani giocati tra blues, percussioni,
bottleneck, steel guitar e una spettacolare chitarpa.
Ancora grande blues, ma soprattutto tanto bluegrass
per Paolo Bonfanti e Martino Coppo il successivo
30 luglio a Casale Corte Cerro. Il cielo è
sereno, solo qualche nuvola rosa, e da quassù il
panorama è straordinario. In un attimo i due simpaticissimi
musicisti sul palco sono riusciti a trasformare
un compassato pubblico piemontese in una vera
platea country. Una vera festa di allegria con questi
due virtuosi interpreti della chitarra e del mandolino
americano.
Il sabato successivo Un Paese a sei Corde si sposta
sul Lago Maggiore, a Stresa. Purtroppo piove a
dirotto e quindi niente magnifico giardino affacciato
sul golfo Borromeo per Peter Finger. Il Comune ha
messo a disposizione la deliziosa Palazzina Liberty,
troppo piccola per contenere tutto il pubblico accorso
per ascoltare il grande chitarrista tedesco che
con la sua immensa bravura unita alla sua affabilità
e simpatia ha ripagato i presenti di ogni scomodità.
Prima di lui si è esibito Val Bonetti, un esordiente
di tutto rispetto la cui musica, che va dal blues al
jazz, ha molto colpito i presenti. Straordinario il bis,
“Blue Monk”, con cui i due chitarristi hanno concluso
insieme la serata, quasi come un allievo col suo
maestro.
La notte di S. Lorenzo (10 agosto) Un Paese a sei
Corde si trasferisce in una location incredibile per
stupire ancora di più il suo pubblico. Così possiamo
raccontare di quella volta in cui un chitarrista scoz-
Peppino D’Agostino
24
chitarra acustica 7 duemilaundici
Un Paese
a Sei Corde
ar
zese ha cantato in genovese insieme a uno italiano
che ha cantato in inglese in una concessionaria
di auto tedesche! Ovviamente stiamo parlando di
Tony McManus che con Beppe Gambetta ci ha
deliziato con “A Çimma”, di De Andrè, oltre che con
altri fantastici brani del repertorio di entrambi, eseguiti
insieme o da soli. A chi poteva ancora interessare
vedere le stelle cadenti dal tetto in cristallo della
struttura dopo una serata con due stelle ben fisse
nel firmamento della chitarra acustica mondiale?
Ma l’estate, per quanto bizzarra, continua e prosegue
il nostro viaggio per seguire questo festival.
Sabato 20 agosto ci porta a Centonara, frazione
di Madonna del Sasso, che dalla sua posizione da
nido d’aquila domina il Lago d’Orta. La serata tiepida
e serena ci ha aiutato ad accogliere con grande
calore tre giovani chitarristi, tre esordienti dalle
personalità musicali molto diverse e davvero interessanti.
Alberto Ziliotto, l’aria da “bravo ragazzo
dell’oratorio”, composto sulla sua sedia, ha stupito
ed emozionato con i suoi brani in fingerpicking ricchi
di groove e di dolcezza tratti dal suo CD “Suono
come Sono” e ha conquistato con la sua timida
simpatia. Più dirompente la personalità di Lorenzo
Favero che ha dominato il palco con i suoi pezzi
tratti dal suo lavoro “The Grinch” tutto votato al fingerstyle
con bei brani originali e divertenti arrangiamenti.
Nick Mantoan, ha colpito per l’eleganza della
sua esibizione e stupito per il suo giovane amore
per il jazz. Cresciuto sotto l’ala di Beppe Gambetta,
Peter Finger
ha imparato a non suonare col suo stile per crearsene
uno proprio. I tre hanno suonato insieme per
ben due bis in cui i diversi stili di ognuno si sono
amalgamati perfettamente dando prova di grande
professionalità. Perfetto dunque il titolo dato alla serata:
Volare alto!
Il 27 di agosto il vento forte ci porta nella chiesa di
S. Marta a Soriso per assistere alla prima delle due
serate dedicate alla Chitarra Femminile Singolare,
Paolo Bonfanti e Martino Coppo
25
chitarra acustica 7 duemilaundici
ar
Un Paese
a Sei Corde
curata da Francesco Biraghi, per l’occasione provetto
presentatore. Dopo l’apertura affidata all’esordiente
– si è trattato proprio del suo primo concerto
– Teresa Tringali, brava e per nulla intimidita, Sara
Collodel è stata la protagonista della serata. Dopo
alcuni brani più consueti del repertorio classico, ha
stupito il pubblico con un lungo e intenso pezzo di
Alberto Ginastera in cui compaiono molti elementi
tipici della moderna chitarra acustica fingerstyle,
percussioni comprese. Tra il pubblico affezionato
serpeggiava una domanda: è davvero così invalicabile
il confine tra chitarra classica ed acustica?
Forse la scelta del programma non è stata del tutto
casuale.
La sera successiva siamo andati alla scoperta di
una quasi sconosciuta frazione di Orta S. Giulio,
Corconio, da cui il lago ci ha offerto lo spettacolo di
un magnifico tramonto prima dell’inizio del concerto
di Luca Pedroni, un chitarrista acustico amante
dell’elettronica. In breve, però, la serata ha raggiunto
temperature polari, che Pedroni non è stato
sufficiente a riscaldare. Il pubblico che segue questo
festival non si fa intimidire dall’uso di pedali ed
effetti, ma quando i brani cominciano a presentare
differenze troppo sottili per essere apprezzate nello
spazio di un unico concerto, allora si sente meno
coinvolto, soprattutto se al gelo.
La data successiva ci fa fare un balzo enorme. La
collaborazione tra Un Paese a sei Corde e Galliate
Master Guitar ci ha portato il 2 di settembre nel cortile
del Castello Visconteo Sforzesco di Galliate. La
serata è mite e sul palco c’è Antonio Forcione. L’istrionico
chitarrista non ha impiegato molto tempo a
conquistare i presenti in un crescendo fatto di grande
musica, molta ispirata all’Africa, gag esilaranti e
simpatia, riuscendo a riempire da solo con la sua
presenza scenica l’enorme palcoscenico messogli
a disposizione. Grande successo e tanta disponibilità
verso il pubblico per questo grande artista che,
come altri, ha dovuto lasciare l’Italia per far musica.
Dopo la parentesi galliatese, per la tappa successiva
dobbiamo attendere fino al 10 di settembre e
salire fino alla chiesa di S. Antonio Abate di Brolo,
frazione del comune di Nonio da cui si gode un’impareggiabile
vista sul Lago d’Orta. Dentro ci attende
il Maurizio Geri Trio pronto ad offrirci uno spettacolo
raffinato e popolare allo stesso tempo, fatto di
brani strumentali e canzoni ispirate alla tradizione
toscana, il tutto in perfetto stile Manouche. Ovviamente
alla loro maniera. Due chitarre e un contrabbasso
che hanno saputo dare nuovi impulsi alla
musica inventata da Django Reinhardt, regalandoci
uno spettacolo fresco ed elegante.
Ma la sera successiva non è certo da meno in
quanto ad atmosfere raffinate. L’esibizione a cui abbiamo
assistito a Pogno, nella chiesa di S. Caterina
è stata senz’altro unica ed irripetibile, visto che
era fatta di… improvvisazioni! Edoardo Bignozzi e
Sàndor Szabó si sono votati a questa tecnica che,
partendo da un tema di base, crea di volta in volta
Beppe Gambetta e Tony McManus
26
chitarra acustica 7 duemilaundici
Un Paese
a Sei Corde
ar
nuove musiche, magnifiche e diverse. Uno sguardo,
un sorriso e parte un nuovo gioco di note in cui la
melodiosità è la regola sempre rispettata. Uno spettacolo
che dà un significato nuovo e accessibile alla
chitarra acustica contemporanea, definizione che
mette sempre un po’ di soggezione. Imperdibile!
Ma siamo giunti all’ultimo fine settimana di questo
incredibile festival che ci ha tenuto compagnia
in quest’estate dal clima bizzarro. Sotto una pioggia
battente, siamo saliti fino alla chiesa di S. Giacomo
di Soriso per assistere al secondo e ultimo concerto
della sezione Chitarra Femminile Singolare della
rassegna. Dopo una brava e delicata Silvia Faggion
che ha aperto la serata, è stata una delle più
acclamate signore della chitarra classica a salire
sulla scena. Anabel Montesinos con il suo ardore
spagnolo ci ha regalato uno spettacolo fatto di
grande bravura, sublime interpretazione, ma anche
tanta simpatia. Tra le sue dita, un classico come
“Asturias” ha acquistato un vigore e una personalità
sconosciuti alle nostre latitudini. Ma, per sorprenderci
ancor di più, ecco, per noi inaspettato, anche
suo marito, il bravissimo Marco Tamayo, con cui
ha duettato su brani dei Beatles (!!!) e Paganini prima
di proporci il loro ormai irrinunciabile “Rondò alla
Turca” di Mozart, suonato a quattro mani su di una
sola chitarra. Assolutamente spettacolare. Quale
modo migliore per attirare l’attenzione anche dei più
distratti verso il mondo della chitarra classica?
Ci siamo. È arrivato l’ultimo appuntamento. Lidia
Robba e Domenico Brioschi, gli instancabili ideatori
e organizzatori hanno voluto salutarci lasciandoci
con un’ultima, grande emozione. L’ultimo concerto
è quello di Pierre Bensusan. I suoi brani hanno rappresentato
momenti di un’intensità unica, ma quello
che ci ha colpito particolarmente è stata la capacità
di trasfigurarsi durante la loro esecuzione. Non
suonava la chitarra, diventava chitarra. Diventava
musica. Questo forse il segreto della sua unicità.
Un ultimo, lunghissimo bis per questo grandissimo
artista e siamo davvero alla fine, di questa serata
e di tutta la manifestazione. Saluti e ringraziamenti
sono affidati ad un cartellone per non lasciar spazio
alla commozione. Ormai gli spettatori più assidui
sono diventati amici e ci si dà appuntamento per il
prossimo anno, pronti a scoprire altri incredibili musicisti.
In quest’edizione abbiamo ascoltato chitarristi
meravigliosi scoprendo nuove sonorità e luoghi a
volte sconosciuti. «Certo che ne abbiamo percorsa
di strada: più o meno 1150 Km!» «No! Sono solo
1149!» tuona una voce possente dall’alto… Ma è
solo Domenico, da sopra una scala, che sta smontando
le luci.
Patrizia & Mauro Gattoni
Foto di Patrizia Mattioli
Roberto Aquari
Mario Giovannini
Volare in alto: Alberto Ziliotto, Lorenzo favero e Nick Mantoan
27
chitarra acustica 7 duemilaundici
ar
artisti
Rieti Guitar Festival nelle corde dei giovani
Un videomessaggio augurale del
maestro Roman Vlad ha aperto giovedì
1° settembre 2011 il Convegno
su “La formazione musicale e la riforma
dei Conservatori” presso l’Auditorium
di Santa Scolastica, dando
il via al primo Festival Internazionale
della Chitarra ‘Città di Rieti’, organizzato
dalla Fondazione di Demodossalogia
‘Perini-Bembo’ sotto la direzione
artistica del chitarrista romano
Roberto Fabbri.
Il convegno, voluto dalla presidentessa
della Fondazione, la dottoressa
Giuliana Cipriani, che ha dato
vita all’iniziativa del festival dal titolo
“I giovani incontrano la chitarra:
nelle corde dei giovani”, s’inserisce
nel quadro del progetto ideato e promosso
dalla stessa Fondazione sulla
formazione musicale, sulla riforma di
legge dei Conservatori e delle Scuole
di musica e sulle prospettive di
giovani musicisti e studiosi, muovendo
da un lavoro preliminare di studi
e sondaggi in questo ambito. Fra gli
interventi quelli dei direttori Bruno
Carioti e Gabriele Catalucci, rispettivamente
dei Conservatori dell’Aquila
e di Terni. A seguire quello del professor
Leonardo V. Distaso dal titolo
“La nostalgia di un vecchio amico,
ovvero l’assenza del critico. Il convitato
di pietra alla tavola della vita musicale”.
Le conclusioni sono state poi
affidate al maestro Carlo Carfagna,
già docente di chitarra al Conservatorio
‘Santa Cecilia’ di Roma.
Andrea Damiani
28
chitarra acustica 7 duemilaundici
Rieti Guitar
Festival
ar
Questa prima edizione del festival ha vantato la
presenza di importanti artisti nazionali e internazionali,
che hanno tenuto concerti e masterclass,
animate dalla presenza di numerosi corsisti. Si è
poi svolta anche la prima edizione del Concorso Internazionale
di Chitarra, che porterà il vincitore ad
aprire la successiva edizione del festival nel 2012.
La realizzazione poi di una mostra di liuteria e di
editoria chitarristica hanno completato questo evento,
dove la chitarra classica è stata il perno su cui è
ruotata l’intera manifestazione, che però si è aperta
anche ad altri generi musicali, più ‘popolari’ ma non
per questo meno importanti, quali il jazz e il flamenco.
La sera del 1° settembre, presso l’Auditorium di
Santa Scolastica, hanno ufficialmente dato il via alla
manifestazione le esibizioni del liutista Andrea Damiani
e del chitarrista francese Roland Dyens, in
una sorta di ideale parabola che univa il passato,
rappresentato appunto dal liuto, al presente identi-
Roland Dyens
Ralph Towner
Giovanni Palombo
29
chitarra acustica 7 duemilaundici
ar
Rieti Guitar
Festival
Roberto Fabbri
ficato in Roland Dyens, riconosciuto unanimemente
– fra i chitarristi classici contemporanei – come
quello che più di tutti ha saputo ‘contestualizzare’ la
musica dello strumento.
Il percorso artistico del festival, per volontà del
suo direttore Roberto Fabbri, è proseguito all’insegna
dell’ecletticità, proponendo artisti di diversa
‘estrazione’ musicale. Venerdì 2 settembre, sempre
presso l’Auditorium di Santa Scolastica, è stata
quindi la volta di Francesco Taranto, chitarrista
specializzato nella musica dell’Ottocento, poi quella
di Giovanni Grano, dello spagnolo Carles Pons e
del chitarrista jazz Nicola Puglielli.
Nel pomeriggio di sabato 3 settembre, ancora
presso l’Auditorium, si è poi esibito Giandomenico
Anellino in un programma di sue trascrizioni, che
spaziavano dalla musica dei Beatles a quella di Lucio
Battisti.
La sera, al Teatro Flavio Vespasiano, Roberto
Fabbri con il suo Guitar Quartet ha presentato il
suo ultimo lavoro No Words; stata poi la volta del
chitarrista acustico Giovanni Palombo, mentre la
conclusione della serata è stata affidata al chitarrista
statunitense Ralph Towner. Un concerto dove
la chitarra si è mostrata senza confini, passando
dai raffinati suoni classici contemporanei di Fabbri a
quelli acustici coinvolgenti di Palombo per finire con
la perfetta sintesi di Towner, che con la sua chitarra
classica ha gettato un ponte ideale e assolutamente
originale fra i due diversi stili che lo hanno preceduto.
La mattina di domenica 4 settembre si è tornati
all’Auditorium di Santa Scolastica per la prima edizione
del Concorso chitarristico ‘Città di Rieti’, che
ha visto vincitore della categoria concertisti Alberto
Melchiorre, mentre la vincitrice assoluta fra tutte le
categorie è stata Francesca Cocciolone, che ha ricevuto
una chitarra di liuteria offerta dalla Carisch.
Nel pomeriggio, dopo le premiazioni e l’esibizione
dell’Orchestra di chitarre dei corsisti del festival
diretta da Francesco Taranto, si è svolto il concerto
conclusivo nel quale si sono esibiti i chitarristi clas-
30
chitarra acustica 7 duemilaundici
Rieti Guitar
Festival
ar
Riccardo Rocchi
Massimo Delle Cese
sici Riccardo Rocchi e Massimo Delle Cese, il
chitarrista acustico Michele Piperno e il flamenchista
Juan Lorenzo.
Durante la manifestazione si sono tenute anche
conferenze come quella dei maestri liutai Franco
Di Filippo e Leonardo Petrucci, che hanno parlato
della Fusion School e della loro esperienza diretta
d’insegnamento sulla costruzione di chitarre classiche,
acustiche ed elettriche.
Sempre presso l’Auditorium si è tenuta la Rieti
Guitar Expo, esposizione di liuteria, importazione,
editoria musicale, accessori, management, festival.
Molto interessante è stata infine l’esposizione di
chitarre antiche della collezione del maestro Francesco
Russo dal titolo “La chitarra romantica”, che
ha arricchito ulteriormente una manifestazione capace
di dare del nostro strumento un’immagine a
tutto tondo.
Francesca Ricci
foto di Angelo Contu
Michele Piperno
31
chitarra acustica 7 duemilaundici
ar
artisti
Sergio Fabian Lavia e il Festival di Menaggio
Uno degli aspetti positivi di fare il
tour manager è quello di poter sentire
tanti bei concerti e incontrare tante
belle persone. Al Festival Internazionale
della Chitarra di Menaggio,
su suggerimento del ‘direttorissimo’
Andrea Carpi («già che vai…»), ho
fatto un’interessante chiacchierata
con Sergio Fabian Lavia, musicista
e direttore artistico della rassegna.
Concertista, chitarrista compositore,
didatta, con la sua compagna di vita
e di musica, la cantante e strumentista
Dilene Ferraz, Sergio dirige il
festival da cinque anni. Nell’edizione
2011 si sono avvicendate in cartellone
le proposte più eterogenee, per
un bel giro del mondo a sei corde:
tra le varie proposte, il jazz elegantissimo
di Martin Taylor, il repertorio
classico di Bruno Giuffredi, il Brasile
di Guinga con Roberto Taufic, il duo
di chitarra e mandolino di Luciano
Damiani e Michele Libraro, il rock
elettroacustico di Guitar Republic, e
un nuovo progetto di tango di Sergio
e Dilene con il violoncellista Daniele
Bogni che ha entusiasmato il pubblico.
Oltre a tutto questo, la tre giorni
di Menaggio offre omaggi e concerti
dal vivo in vari punti della cittadina
sul lago di Como, incluso un saggio
degli allievi, alcuni veramente giovanissimi,
della classe di chitarra classica
del Conservatorio della Svizzera
Italiana.
Sergio Fabian Lavia
Cominciamo proprio dai vostri progetti musicali:
tu sei argentino e Dilene è brasiliana, ma tutto
ciò che suonate sul palco evoca molto altro a
chi ascolta. Vuoi parlacene?
Quando ci siamo incontrati, tutti e due eravamo
concentrati sui nostri progetti individuali: Dilene proveniva
da un ambito prettamente brasiliano e jazz,
mentre io, argentino, lavoravo fondamentalmente
nel mondo della musica contemporanea sperimentale.
Ci siamo trovati e abbiamo iniziato a collaborare,
lei nei miei progetti e io nei suoi; poi abbiamo deciso
di realizzare un progetto comune di sintesi di questi
mondi musicali così diversi, e all’inizio non è stato
facilissimo perché la nostra esperienza era di leader
dei nostri progetti (sia io che Dilene siamo entrambi
compositori) per cui nel duo abbiamo dovuto imparare
a essere generosi, a lasciare spazio all’altro
per permettergli di esprimersi al meglio. Dalla confluenza
culturale del duo ‘De Argentina ao Brasil’
sono nati altri progetti aperti ad altri musicisti e ad
altri generi, per esempio tra due giorni facciamo un
32
chitarra acustica 7 duemilaundici
Sergio Fabian Lavia
e il Festival di Menaggio
ar
concerto che si chiama ‘Dal naturale all’artificiale’,
che affronta in particolare il nostro lavoro sull’acustico
ed elettroacustico che va ben al di là delle nostre
radici. Direi che gli ingredienti della nostra musica
sono la cultura popolare argentina e brasiliana, elementi
di improvvisazione che appartengono sia al
mondo della musica contemporanea sia al jazz, e la
sperimentazione elettronica.
Da dove proviene questa curiosità di spaziare in
mondi musicali così diversi?
Io personalmente non mi sono mai trovato soddisfatto
negli ambiti in cui mi sono formato. Quando
ho iniziato come musicista classico, quel mondo
non era sufficiente, non mi bastava; lo stesso è accaduto
quando poi mi sono addentrato nella musica
contemporanea, sia come esecutore sia come
compositore-esecutore; amavo molto, già prima di
incontrare Dilene, la musica brasiliana, e allora è
arrivato un momento in cui mi sono chiesto: mi piacciono
tante cose, cosa faccio, continuo a tenerle separate?
Trovavo questa alternanza qualcosa di non
molto maturo artisticamente, e allora ho preso la direzione
di sintetizzare tutto ciò che mi interessava:
è un lavoro abbastanza difficile, e tra l’altro penso
di non esserci ancora riuscito pienamente… è come
sentire che c’è un’utopia da raggiungere.
Tu e Dilene vivete a Menaggio, sul lago di Como:
come vi trovate, cos’è e com’è l’Italia per te?
Io vivo in Italia da vent’anni, non ho scelto di venire
in Italia ma ho scelto di rimanerci, e l’Italia mi ha
dato tante cose. So che potrebbe sembrare strano
sentire che qualcuno che arriva da tanto lontano
decida di fermarsi qua, perché è noto che ci sono
grandi difficoltà per i musicisti in Italia, però io devo
dire che sono riuscito a realizzare molte cose. Ho
fatto molte esperienze, ho suonato tanto, ho fatto
tanti dischi, ho avuto l’occasione di suonare anche
con personaggi molto importanti… l’Italia mi ha dato
tanto, musicalmente e come esperienza lavorativa.
Detto questo, che ci siano difficoltà è anche vero,
soprattutto negli ultimi anni e in certi ambiti di lavoro.
Oltre a fare concerti e scrivere musica ho sempre
insegnato qui in Italia, ma da tre anni a questa
parte ho rinunciato e insegno in Svizzera, a Lugano.
La realtà è cambiata molto, dall’essere bellissima
quando sono arrivato a oggi, e dopo diciassette
anni in cui cercavo di costruire qualcosa ho sentito
che le cose peggioravano invece che migliorare,
perché c’è meno sostegno, perché sono cambiate
tante cose, per esempio la possibilità per i piccoli
comuni o anche le grandi istituzioni di generare
cose nuove. Io insegnavo in una scuola civica della
provincia di Sondrio che però non ha più fondi; in
venti anni in Italia non ho mai potuto partecipare a
un concorso perché l’ultima graduatoria era stata
fatta proprio nel ’91, e stanno ancora utilizzando
quella per prelevare corpo docente per i corsi di chitarra
in conservatorio. Sono andato in Svizzera e in
Ferraz, Lavia e Bogni
33
chitarra acustica 7 duemilaundici
ar
Sergio Fabian Lavia
e il Festival di Menaggio
Martin Taylor
un modo che non mi aspettavo: ho avuto la fortuna
di partecipare a un concorso, l’ho vinto e adesso
ho la cattedra in conservatorio, e poi c’è anche una
piccola scuola privata che dopo tre anni a Lugano
forse ha riconosciuto il lavoro che stavo facendo e
mi ha conferito la direzione artistica, il tutto senza
avere contatti particolari. Devo dire che questa per
me è stata quasi una novità, perché sappiamo che
in Italia, esattamente come in Argentina, i contatti
personali sono quasi determinanti, ed è vero che
per certe cose tu puoi avere tutto il merito che vuoi
ma poi le porte importanti non si aprono mai così
facilmente.
Vogliamo fare un primo bilancio, dopo cinque
anni, del festival di Menaggio? C’è un pubblico
abbastanza numeroso che risponde, e nonostante
quest’anno sia stato introdotto il biglietto
di ingresso, la gente è venuta lo stesso; inoltre,
mi sembra di poter dire che non si tratti di un
pubblico esclusivamente ‘chitarrista’…
Mi piace che esistano gli spazi specialistici, sono
fondamentali, però questo festival è nato proprio
con l’idea di essere aperto ai generi, e soprattutto
aperto agli artisti ‘aperti’, anzi, sono loro a dare questa
apertura alla rassegna. Cerco la loro creatività,
e sono scelti con questa ottica, la maggior parte dei
musicisti sono chitarristi compositori oppure chitarristi
che fanno una scelta di repertorio di un certo
tipo. E il pubblico è consono con questa scelta, è
un pubblico molto variegato, dal ragazzo che vuole
scoprire cosa è una chitarra alla persona più matura
che è abituata ad andare a teatro, al cinema, culturalmente
competente. Ma anche se la musica del
festival può interessare ed attrarre molte persone
diverse, allo stesso tempo non scendiamo a compromessi,
non c’è populismo in nulla di quello che
facciamo e proponiamo. Non ho strategie di calcolo
nella scelta, non posso portare qualcosa che non
abbia il suo valore estetico. Alcuni concerti sono anche
‘difficili’, tutti gli artisti che sono venuti a suonare
sono molto onesti nei loro linguaggi; ma questo
anzi crea sorpresa e aspettativa nel pubblico, che
torna tutti gli anni per vedere cosa propone il festival,
sapendo già che ci sono cose di qualità. Certo,
io qui non ho il problema della biglietteria, perché
abbiamo il sostegno economico della pro loco e di
alcuni privati come l’Associazione degli albergatori,
quindi posso contare su un piccolo margine di
perdita, anche se l’idea migliore sarebbe quella di
andare in pareggio; ecco perché quest’anno è stato
introdotto per la prima volta il biglietto di ingresso
al concerto serale. Ma non posso, come direttore
artistico, arrendermi al commerciale, se no crollerebbe
tutta l’idea, bisognerebbe dire: questo festival
è finito, inventiamoci un’altra cosa.
C’è qualcosa che vuoi aggiungere? Cosa pensi
che sia necessario nel mondo della chitarra,
anche se mi pare una domanda retorica perché
quello che pensi poi lo metti in pratica…
Io sono un chitarrista, e per alcuni forse quello
che sto per dire può essere banale, ma la cosa fondamentale
è che la chitarra è uno strumento bellissimo,
però uno strumento per qualcos’altro. Allora,
la musica fatta dalla chitarra viene prima della
chitarra, io metto le cose in questo ordine, e cerco
sempre l’ampiezza di linguaggio, perché la chitarra
è talmente piccola che se uno inizia a chiudere tutto
nei mondi musicali specifici l’atmosfera per me diventa
asfissiante, e penso che sia così anche per il
pubblico. Penso per esempio che una rivista come
la vostra già lo faccia, perché non vi chiudete solamente
al fingerpicking o altri generi specifici. Tu
hai notato che c’è pubblico qui, perché la proposta
non è monotona nel linguaggio. Noi adesso stiamo
parlando no? Se io mi dilungo a dirti sempre le stesse
cose, arriva un momento che tu chiudi e te ne
vai, mi lasci il registratore e io continuo a parlare
da solo. È importante quello, che le cose si aprano,
perché così diventano più interessanti, più ricche, e
danno sorpresa anche a chi fa la musica, oltre che
a chi la riceve.
Stefania Benigni
34
chitarra acustica 7 duemilaundici
ar
artisti
I segreti della nuova anima classica
Intervista a Maurizio Colonna
Da sempre Maurizio Colonna ha
alternato lavori direttamente ispirati
alla sua formazione classica con
episodi aperti a diversi ambiti musicali,
primo fra tutti il lungo connubio
con Frank Gambale, per non parlare
delle collaborazioni con Alberto Radius,
Tullio De Piscopo, Ares Tavolazzi,
Abraham Laboriel, Alex Acuña,
Paulinho Da Costa. Così, dopo il suo
precedente Rock Waves – Electric
Dreams of a Classical Guitar Player
– Live (NCM-PKP Music, 2008),
nel quale ha definito per così dire un
nuovo stato dell’arte nell’incontro tra
la chitarra classica e la musica poprock,
Maurizio ritorna ora alla sua
dimensione ufficiale di chitarristacompositore
classico o – come direbbe
lui stesso – di ‘nuova musica
classica’, con il nuovo The Secrets of
the Soul sempre per la NCM (appunto
‘New Classic Music’). Il sottotitolo
recita For Guitar and Ensemble e, infatti,
Colonna è coadiuvato in queste
registrazioni da Luciana Bigazzi, pianista
classica qui alle tastiere perlopiù
elettroniche, Mauro Durante alle
percussioni e Moreno Papi al didjeridoo
e al cosiddetto canto armonico
o ‘difonico’, i quali assicurano intorno
alla chitarra un tappeto sonoro essenzialmente
discreto, ma sempre
ispirato e caratterizzante. Ne risulta
un disco molto maturo, riflessivo,
romantico e talvolta estremamente
tenero, dove la solidità ed eleganza
tecnica del protagonista è sufficiente
a catturare piacevolmente l’attenzione
dell’ascoltatore, pur mostrando
solo a tratti l’enorme potenziale virtuosistico
di cui potrebbe disporre.
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chitarra acustica 7 duemilaundici
Intervista a
Maurizio Colonna
ar
Maurizio, nei tuoi dischi precedenti si trovava
perlopiù un’alternanza molto equilibrata tra
brani lenti e meditativi e brani più vivaci e virtuosistici.
Qui invece mi sembra che la bilancia
penda maggiormente verso atmosfere pacate e
riflessive, molto liriche e romantiche. È cambiato
qualcosa?
The Secrets of the Soul è un progetto musicale
frutto di tre anni di lavoro, in cui ho voluto raccontare
delle mie riflessioni sulla vita, alcune ‘rimembranze’
e sogni latenti che mi hanno accompagnato
fino a oggi. Anche se la chitarra è la protagonista,
nel lavoro ho cercato il senso compositivo, l’insieme
strumentale, l’atmosfera timbrica, più che l’enfatizzazione
a tutti i costi del mio chitarrismo.
L’atmosfera prevalente nell’album è giocata soprattutto
sull’efficace contrasto tra un tuo chitarrismo
molto ‘classico’, che contrappone a
sua volta linee arpeggiate a melodie realizzate
su tremoli e note ribattute, e leggeri tappeti sonori
in cui emerge Luciana Bigazzi alle tastiere
elettroniche. Come nasce questa dimensione di
Luciana?
Questo CD non sarebbe mai esistito senza la
presenza tastieristica di Luciana, che ne è anche il
produttore. Le scelte timbriche dei suoni tastieristici
sono il risultato del suo gusto musicale straordinario,
che ha contribuito a valorizzare, e non prevaricare
mai, la tessitura chitarristica.
In questi tappeti sonori Luciana è coadiuvata da
musicisti già presenti nel suo ultimo album Magical
Places. Sembrerebbe che i vostri due mondi
musicali si siano particolarmente accostati in
The Secrets of the Soul.
Sono io che mi sono avvicinato in modo spontaneo
al mondo artistico di Luciana, visto che alcune
scelte timbriche, alcuni coinvolgimenti strumentali
sono stati ipotizzati già da lei in suoi progetti discografici
precedenti e in particolare nel suo recente
Magical Places, che è uscito prima del mio album.
Nel mio modo di scrivere ho ipotizzato, per la prima
volta, la presenza di strumenti che non ho mai coinvolto
prima, forse per pigrizia o per poca convinzione,
e che invece hanno caratterizzato il significato
compositivo di questi miei nuovi brani.
Nella cartella stampa del tuo disco si legge per
esempio: «L’opera si colloca nell’area della cosiddetta
‘classica contemporanea’, entrando in
una dimensione stilistica attualmente caratterizzata
soprattutto dalla presenza del suono pianistico».
Cosa si intende?
Oggi il pianoforte è un grande protagonista della
composizione strumentale contemporanea. La mia
visione della chitarra è intesa non in modo monodico
(quindi non come una voce o un violino), ma
capace di sviluppare una polifonia articolata (anche
quando è accompagnata da altri strumenti). La collocazione
della mia musica nell’area della cosiddetta
‘classica contemporanea’ è stata sostenuta dalla
critica, anche se per me le rigide classificazioni risultano
obsolete.
Nel CD non mancano però due tuoi distintivi
pezzi di bravura, votati alla velocità e al virtuosismo.
In particolare, in “The Power of the Mind”,
si stenta a credere che sia una chitarra sola, tra
linee di basso e arpeggi velocissimi. Puoi parlarci
della tecnica che usi in brani di questa natura?
Ho pensato uno stranissimo arpeggio che mi
consente di realizzare, in modo costante, un moto
perpetuo accompagnato da un basso ostinato, che
presuppone una diteggiatura della mano destra inconsueta
ma necessaria. Questa è la logica conseguenza
di alcune spericolatezze tecniche presenti
in brani che ho scritto anni fa e che continuo a suonare
con gioia. Molti mi hanno chiesto, a proposito
di questo, se in “The Power of the Mind” e in “The
Secrets of the Soul” compaiono due chitarre ma non
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chitarra acustica 7 duemilaundici
ar
Intervista a
Maurizio Colonna
chitarra principale. Nell’album di spartiti il brano è
scritto proprio per due chitarre, permettendo così la
riproducibilità dell’incisione discografica da parte di
qualsiasi duo chitarristico. Nello stesso album tutte
le parti che ho scritto per chitarra sola possono essere
lette e interpretate senza l’ausilio delle sonorità
di altri strumenti presenti nel CD.
è così: la scrittura dei due brani è per chitarra sola,
come è leggibile nell’omonimo album di spartiti pubblicato
da Carisch-Machiavelli, in cui è scritto ciò
che ho registrato, senza facilitazioni o adattamenti.
Nell’altro di questi brani, la title track “The Secrets
of the Soul”, parte nella sezione centrale
un ritmo di tarantella affiancato a un tremolo flamenco
tipicamente ‘irregolare’: una soluzione
molto originale.
È un disegno inconsueto, quello usato nell’arpeggio
di “The Secrets of the Soul” che, accompagnato
dai tamburi a cornice, suonati dal virtuoso Mauro
Durante, evoca da una parte il fuoco della taranta
salentina e dall’altra il ricordo di architetture armoniche
mozartiane. Tecnicamente poi è presente, nella
diteggiatura della mano destra, un ribattuto di un
dito all’interno della quartina di semicrome che può
sconcertare chi legge lo spartito e voglia suonarlo
alla velocità indicata: in realtà la soluzione proposta
semplifica, secondo me, l’esecuzione.
In due pezzi sovraincidi due parti di chitarra.
Soprattutto in “The Miracle of the Sunrise” vi si
esplicita in tutta evidenza la tua peculiare contrapposizione
e intreccio tra linee arpeggiate e
linee melodiche: come hai reso questa separazione
nello spartito per chitarra sola? E nel complesso
come hai concepito l’album di spartiti
dedicato a questo disco?
“The Miracle of the Sunrise” è strutturato interamente
su due accordi che riempiono l’intero supporto
ritmico armonico. Su questo tappeto essenziale
ho costruito la linea tematica suonata dalla
Nel tuo modo di intrecciare arpeggi e melodie,
emerge sempre un modo di armonizzare molto
personale, tra ‘aperto’ e ‘moderno’: tu come lo
valuti?
Il mio modo di scrivere è semplicemente il mezzo
più diretto con cui riesco a raccontarmi. Non amo
valutare tecnicamente ciò che ‘metto in ordine’, perché
l’ordine che scaturisce è spontaneo. Mi emoziono
quando inseguo un’idea compositiva: quando
suono, quello che a me preme è non mentire a me
stesso e a chi mi ascolta.
“Serenity” si caratterizza secondo me con uno
stile diverso, un modo più compatto e ‘verticale’
di sovrapporre bassi, note di armonia e melodia,
che mi viene di associare a una delle modalità
tipiche del fingerstyle acustico contemporaneo.
Cosa pensi di questo fingerstyle, che tra l’altro
si pone un po’ come una forma moderna di ‘chitarrismo
classico’?
Oggi gli stili, i generi, le aree creative e la maggior
parte degli artisti più sensibili vivono una naturale
esigenza di ‘scambiarsi informazioni’. Le cose più
stimolanti sono il frutto di ‘fusion’ che si nutrono di
dati molto diversi e producono delle sintesi compositive
incredibili. Il fingerstyle, come altri generi musicali,
può entrare nella vita creativa di un musicista
classico, di un jazzista, di un rocker, contribuendo
a favorire la genesi di nuova musica. E questo non
deve scandalizzare nessuno.
Quali sono i tuoi movimenti attuali, i tuoi progetti
e le cose che vorresti dire per concludere
questa intervista?
Vorrei ribadire un concetto che considero fondamentale:
si deve suonare sempre solo ciò che si
ama suonare. Non fa bene alla propria anima fingere
la ‘gioia di suonare’, come purtroppo a volte
accade: è ingiusto nei confronti della nostra vita e
nei confronti di chi ci ascolta.
Andrea Carpi
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chitarra acustica 7 duemilaundici
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Stefano Mirandola
Val Bonetti
ar
artisti
Albert Lee al Liri Blues
Difficile immaginare che uno stile
fortemente radicato come il country
americano possa avere fra i suoi
massimi esponenti, nel chitarrismo
elettrico, non un musicista americano
ma uno inglese; questo capita se
si ha a che fare con un personaggio
ormai leggendario come Albert Lee.
Nato nel 1943, il musicista britannico
è stato, come molti suoi contemporanei,
influenzato dagli stili allora
in voga, quelli che arrivavano da oltreoceano
e si potevano ascoltare
alla radio e sui dischi d’importazione,
dal blues al rock’n’roll al country,
con qualche spruzzatina di jazz.
Questo è ciò che si può ascoltare nel
suo stile così caratteristico, il fraseggio
velocissimo ricorda a tratti quello
dei boppers degli anni ’50, altre volte
quello dei chitarristi slide che utilizzano
la pedal-steel, altre ancora è
semplicemente intriso di quel gusto
country che oggi siamo abituati ad
ascoltare e che lui ha contribuito a
rendere celebre.
Pochi chitarristi sanno essere immediatamente
riconoscibili all’ascoltatore,
è una caratteristica dei più
grandi, ed Albert Lee non sfugge
a questa considerazione: per questo
ha di diritto conquistato un posto
nell’Olimpo dei musicisti. I bending
singoli o multipli, l’utilizzo dello
string-bender, le velocissime frasi
sulla pentatonica maggiore o blues,
i cromatismi e i double-stops, i rolls
mutuati dalla tecnica del banjo, tutto
si unisce perfettamente in un’unica
miscela, suonata con gusto, groove
e grande feeling.
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chitarra acustica 7 duemilaundici
Albert Lee
al Liri Blues
ar
Ascoltare Lee che si lancia nei veloci break strumentali
al termine della sua “Country Boy” fa pensare
ad un acrobata, qualcuno che sia sempre lì,
a mezz’aria, sul punto di cadere, ma in equilibrio
costante grazie a una tecnica che ha pochi rivali al
mondo.
Dopo aver accompagnato giganti del calibro di
Eric Clapton ed Emmylou Harris, ha intrapreso una
carriera solista che lo ha consacrato a livello mondiale
fin dagli anni ’80; ancora oggi suona in tutto il
mondo con gli Hogan’s Heroes del mitico chitarrista
steel Gerry Hogan, è proprio con questa formazione
che lo ammiriamo al Festival Blues di Isola del Liri
e lo incontriamo per una veloce chiacchierata prima
dello show, di cui scriveremo brevemente al termine
dell’intervista. Alla fine della cena sua e della band,
albert si avvicina e ci concede qualche minuto prima
di salire sul palco.
L’intervista
Ciao Albert, grazie del tempo che ci dedichi!
È un piacere.
Difficile farti qualche domanda che non ti sia già
stata fatta, iniziamo quindi dalle cose basilari:
vuoi dirci qualcosa riguardo ai tuoi inizi? Cosa
ascoltavi e chi erano i tuoi idoli, quelli che ti
hanno spinto verso la chitarra?
All’inizio, negli anni ’50 in Inghilterra, non è che ci
fosse poi molta scelta per un ragazzino per quanto
riguarda la musica da ascoltare: c’era il rock’n’roll,
il blues, il country, tutta musica americana nella
quale, in quegli anni, la chitarra iniziava a ritagliarsi
uno spazio importante. Fra quelli che inizialmente
mi hanno colpito di più ci furono Don Rich, James
Burton, Buddy Emmons e Jimmy Briant, tutti giganti
della sei corde che hanno oggi un posto nella storia.
Senza dimenticare Chet Atkins, lo ascoltavo sui
suoi dischi o come turnista su quelli di altri artisti,
una vera leggenda.
In effetti il tuo stile si è sviluppato in modo particolare,
la tecnica ibrida plettro-dita oggi tanto
usata non doveva essere così nota a quel tempo,
come hai fatto?
Più che altro non la usava nessuno! Tutto ciò che
ho suonato, oltre alle varie ispirazioni di cui sopra,
è venuto spontaneo, in modo naturale, non avevo
grandi esempi o insegnanti da seguire; quindi se
ascoltavo un passaggio fingerpicking e volevo riprodurlo
mentre avevo in mano il plettro, cercavo di utilizzare
le dita che restavano libere, medio, anulare,
e a volte il mignolo, per suonare fraseggi arpeggiati.
Sono un autodidatta nel vero senso della parola.
Hai avuto modo di ascoltare anche Jerry Reed?
Lui utilizzava quella tecnica.
Sì, ma a quel punto ero già un musicista formato,
il mio stile era completo più o meno come lo si
ascolta oggi.
Quindi eri già un professionista negli anni ’60?
Sì, la mia prima band, gli Head Hands & Feet furono
abbastanza popolari in Inghilterra, con loro il
mio fraseggio era già sviluppato… la band si sciolse
presto, ma sono sempre sorpreso di scoprire quanti
chitarristi dell’ambito country di oggi abbiano i nostri
dischi e mi dicano di averli ascoltati spesso!
Essendo tu uno dei più noti chitarristi country di
sempre viene da pensare che quando ti sei spostato
negli USA tu sia andato a vivere a Nashville.
No, in effetti la mia scelta fu Los Angeles, c’era
molto lavoro allora come turnista e se avevano bisogno
di me a Nashville mi spostavo da lì. Ho avuto
la fortuna di incontrare grandi musicisti come Emmylou
Harris, lei mi chiese di entrare nella band
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chitarra acustica 7 duemilaundici
ar
Albert Lee
al Liri Blues
proprio per rimpiazzare uno dei miei idoli, James
Burton, che nel frattempo era tornato a suonare con
Elvis. In seguito ho lavorato con Eric Clapton, inglese
come me, per cinque anni. Di recente sono stato
in tour con i Rhythm Kings di Bill Wyman ed è stato
molto divertente… mi hanno anche richiamato ma
avevo già degli impegni con la mia band, ho dovuto
declinare l’invito.
Sei anche sul leggendario doppio album live di
Clapton, Just One Night del 1980.
Esatto, che grande esperienza, Eric è un amico e
fu straordinario lavorare con lui così a lungo.
Oggi sei celebre come solista: ti piacerebbe lavorare
ancora in studio come facevi un tempo,
per altri?
Magari mi chiamassero più spesso! Sono di frequente
in tour e mi capita di dover rinunciare a proposte
allettanti per seguire la mia carriera solista.
Quello del turnista è un lavoro che devi seguire giorno
dopo giorno, se esci dal giro è finita.
Che ci dici delle tue prime chitarre?
Negli anni ’50 i miei genitori mi comprarono una
Hofner President che utilizzai per qualche tempo;
appena fu possibile passai alla Fender, più Telecaster
che Stratocaster, la Tele mi ha accompagnato
per un tempo lunghissimo.
E la Gretsch? Quel ‘twang’ quasi unico tanto
caro ai musicisti country non ti ha mai incuriosito?
La verità? Era troppo cara, a quei tempi non me
la potevo permettere! La ascoltavo in mano ai miei
idoli come Atkins, e rimaneva un sogno.
Viva la sincerità! Con cosa hai amplificato le tue
Fender negli anni?
All’inizio la scelta cadde ovviamente sugli amplificatori
dello stesso marchio, chi non ha mai usato
un Fender valvolare alzi la mano! Li ho avuti per
molto tempo ma quello con cui sono stato forse più
identificato, negli anni della notorietà come solista,
è stato un grosso amplificatore Peavey: mi piaceva
il suono che ottenevo, del resto la mia necessità
principale è un suono pulito ad alto volume per
competere con il resto della band. Mi piace molto
anche il Fender Tone Master, fra i modelli più recenti.
Quando viaggio e sono in tour senza poter disporre
della mia strumentazione chiedo un Fender
Twin Reverb, è un modello affidabile e che conosco
bene, una garanzia.
Si direbbe che il tuo suono sia basato solo su
chitarra, cavo ed amplificatore.
In realtà uso un vecchio processore Korg A3, è
acceso tutto il tempo ed è gran parte del mio suono.
Veramente? Non avrei mai pensato a un rack simile
per un suono come il tuo!
Sì, uso sempre una leggera compressione per
mantenere il livello del suono costante, a volte mi
serve il Phaser, altre il Delay. Ho diversi preset che
42
chitarra acustica 7 duemilaundici
Albert Lee
al Liri Blues
ar
alterno sul palco.
Per quanto riguarda le corde? All’inizio della tua
carriera si usavano scalature molto grosse, gli
elettrici come te che usavano il bending avevano
non pochi problemi.
Infatti, le prime scalature erano simili a quelle da
chitarra acustica, il cantino era una .013 e il Sol era
ricoperto; allora si usava un trucco, credo fu James
Burton il primo a utilizzarlo: si toglieva il basso, la
sesta corda, che veniva rimpiazzata dalla quinta, e
si proseguiva così a scalare, quindi il Sol ricoperto
diventava il Re e arrivati in cima mancava la prima
corda. A quel punto si prendeva una corda da
banjo, più sottile, e la si usava come cantino, e il
bending non era più impossibile!
Oggi utilizzi una scalatura tua, vero?
Sì, ho un set fatto apposta per me, le prime tre
corde sono .010, .013 e .015, il Sol un po’ più leggero
del tradizionale .017 aiuta il bending anche delle
due corde sottostanti.
E della Music Man che porta il tuo nome cosa ci
dici? Non avremmo mai creduto di vederti senza
la fida Telecaster, invece qualche anno fa hai
cambiato strumento. Hai chiesto specifiche particolari
sullo strumento che porta il tuo nome?
No, in effetti all’epoca avevano un paio di strumenti
di prova che stavano testando e facendo provare
a diversi musicisti: una di queste mi piacque
molto e la collaborazione nacque in modo spontaneo…
la chitarra così come era andava benissimo
per come suono io, quindi la misero in produzione
senza particolari accorgimenti, sono molto orgoglioso
che sia andata così.
Ci fai il nome di un musicista che ti piace e che
non ci aspetteremmo di sentire da te?
Come forse sai ho iniziato con il pianoforte, lo
suono ancora anche dal vivo, mi piace molto Bruce
Hornsby ed il suo modo di accompagnare ad accordi:
usa l’armonia in una maniera davvero interessante.
Il tempo stringe e credo ti stiano aspettando per
lo show… grazie del tempo concesso a noi di
Fingerpicking.net, buon concerto!
Un saluto a tutti voi e grazie!
Il concerto
‘Intensamente leggero’, così potremmo definire
lo show di questo grande musicista e dei suoi fidi
compagni di viaggio. Leggero perché il country fortemente
venato di rock’n’roll che è la trave portante
del suo spettacolo è talmente divertente da farci dimenticare
che siamo di fronte a musicisti di livello
straordinario: il già citato Gerry Hogan è una vera
leggenda della pedal-steel, il batterista Peter Baron
canta alla grande, oltre a essere un signor batterista,
come un ottimo vocalist risulta essere il pianista
Gavin Povey, mentre il bassista Brian Hodgson non
si schioda di un millimetro dalla sua posizione. I cinque,
insieme da anni, suonano come se fossero un
solo uomo, viene voglia di ballare dall’inizio alla fine,
la struttura ritmica dei brani è perfetta per mettere
in luce il virtuosismo mai fine a se stesso dei solisti,
Lee su tutti. È una vera leggenda e nonostante un
leggero infortunio a un braccio lo abbia tenuto a riposo
nella primavera di quest’anno, prima del tour
a cui assistiamo, è in gran forma e non tradisce le
nostre aspettative.
Oltre ad essere una persona davvero gentile e disponibile,
oltre che piuttosto umile, è un chitarrista
che ha cambiato per sempre il modo di fraseggiare
nel country elettrico: chiunque oggi si cimenti con
questo stile deve qualcosa a lui e al suo modo di
intendere la musica che suona. È anche un buon
cantante e un valente pianista, nonostante nella
leggenda sia entrato grazie alla sua Telecaster del
1950 e alle scorribande musicali effettuate su di
essa.
Se voleste ascoltare qualcosa consigliamo un CD
che oggi racchiude due suoi vecchi album (Speechless/Gagged
But Not Bound), o un live come il bel
Live At Montreux o un DVD sempre dal vivo, ce ne
sono diversi. Buona scoperta.
Daniele Bazzani
43
chitarra acustica 7 duemilaundici
st
Chitarra acustica
LARRIVéE LV 03 E
COVER
STORY
Jean Larrivée costruisce chitarre
dal 1967. Ha iniziato a suonare, giovanissimo,
consumandosi le dita sui
lick di Duane Eddy, per poi affrontare
seri studi di chitarra classica attorno
ai vent’anni. Proprio questo percorso
didattico lo ha portato a contatto
con Edgar Mönch, liutaio tedesco
residente a Toronto, presso cui ha
compiuto in seguito quattro anni di
apprendistato. La sua prima chitarra
con le corde in acciaio è datata 1971,
strumento su cui ha sviluppato un
design originale sia per lo shape del
corpo che per bracing e incatenature.
Lo stesso Jean non ha esitato in
più occasioni a definirlo un “success
through ignorance”, vista l’eccellente
resa sia per proiezione che dinamica
e volume. Quello stesso progetto, sia
pure con infinite piccole modifiche e
aggiustamenti è, a tutt’oggi, alla base
della serie LV, uno dei cavalli di battaglia
della ditta canadese.
Per Larrivée, come per molti builder del settore,
le serie in produzione vengono identificate con numerazione
progressiva a salire, in rapporto con le
finiture offerte. La LV 03 E arrivata in prova, quindi,
si colloca sulla carta a un livello intermedio di
realizzazione e per fascia di prezzo. Anche se di
primo acchito proprio non si direbbe. Certo, lo strumento
è abbastanza sobrio, del resto il buon Jean
è sempre stato considerto molto ‘europeo’ in questo
e per sua stessa ammissione ha dovuto fare diversi
compromessi con il proprio gusto personale per
adattarsi al mercato americano. Ma la qualità dei
materiali è notevole. In particolare l’abete canadese
figurato della tavola è davvero molto bello, si
merita in pieno la tripla A di riconoscimento. Fibre
compatte e parallele, marezzature quasi a ‘graffio
d’orso’, colore intenso e vivo. Naturalmente stiamo
parlano esclusivamente di legni masselli, per tutto
lo strumento. Fasce e fondo sono in mogano molto
chiaro e figurato – di nuovo non si può fare a meno
di apprezzarne l’ottimo effetto estetico – e tutte le
strumenti
giunzioni sono ornate da un binding in acero. Sulla
tavola è presente anche un filetto BWB che richiama
l’ornamento alla buca, estremamente sobrio ed
essenziale. Il manico è realizzato con un pezzo unico
di mogano e monta una tastiera in ebano con
segnatasti in abalone a punto, molto piccoli. Il binding
viene ripreso su tutta la lunghezza del manico
fino alla paletta, realizzata con il consueto stile della
casa: ricoperta in ebano e con il logo dorato sulla
cuspide stondata. Le meccaniche sono marchiate
Larrivée e montano palettina in ebano. Stesso materiale
anche per il ponte, dalla forma molto classica.
Un bel gioco di rimandi e contrasti nell’insieme,
con un impatto visivo molto gradevole, in cui anche
il battipenna tartarugato ha il suo perché. La realizzazione
dello strumento è assolutamente ineccepibile:
nessuna imperfezione dentro la buca, tanto
meno sui dettagli della cassa.
Lo shape del corpo della LV, come accennato prima,
è di concezione originale. A prima vista potrebbe
sembrare un ibrido tra una OM e una mini jum-
44
chitarra acustica 7 duemilaundici
st
Chitarra acustica
LARRIVéE LV 03 E
bo, ma con lo spessore delle fasce di una 000. Nel
complesso, comunque, la chitarra è perfettamente
bilanciata, cade bene addosso e, complici anche la
dimensione del nut, del profilo del manico a C tonda
e della scala leggermente ridotta, si suona da subito
con piacere. Nonostante sia arrivata con un set up
da ‘veri uomini duri’ è molto più docile di quello che
ci si sarebbe potuti aspettare.
Le sonorità della chitarra sono molto interessanti:
sembrerebbe essere una chitarra per fingerstyler
‘duri e puri’ e, in effetti, suonta con le dita rende
molto bene. Tutta la gamma è ben definita, arricchita
da overtone mai troppo invadenti. Fondamentale
bene in evidenza, ma senza risultare troppo davanti.
Una punta di riverbero naturale, che emerge soprattutto
dopo qualche minuto che si suona, quando
lo strumento comincia a ‘scaldarsi’, completa una
resa complessiva eccellente. Ma è impugnando un
plettro che si rimane abbastanza stupiti: di solito
strumenti adatti al fingerstyle vanno poco oltre un
leggero strumming di accompagnamento. La LV 30,
in questo, ha decisamente una marcia in più, che
la rende estremamente versatile e adatta a molte
situazioni. Se poi ci aggiunge la spalla mancante e il
sistema di amplificazione on board di serie, davvero
non manca nulla. L’LR Baggs Element montato
il controllo sulla fascia superiore (con accordatore
cromatico integrato) è un sistema di rilevazione tutto
sommatto abbastanza economico, ma con una
resa non trascurabile. L’accoppiata del sistema con
la chitarra su cui va montato è un fattore molto importante
– e che spesso viene un po’ dimenticato –
e in questo caso si rivela estremamente azzeccata.
E se la base è buona, l’amplificazione fa poca fatica
a rendere bene, come in questo caso.
Nel complesso, strumento di livello eccellente,
per finiture e pasta sonora. Un vero e proprio ‘coltellino
svizzero’, con tutto quello che serve per affrontare
e risolvere qualsiasi situazione. Con una
spiccata vocazione per il palco, senza dubbio, ma
guai a lasciarla a casa in caso di un turno in sala di
registrazione. Chitarra azzeccata, per rapporto qualità
prezzo, realizzazione e versatilità.
Mario Giovannini
Scheda tecnica
Tipo: Chitarra acustica
Costruzione: Canada
Importatore: Aramini Strumenti Musicali
s.r.l. Via XXV aprile, 36 Cadriano di Granarolo
(BO)
info@aramini.net
Prezzo: € 1.998
Top e catene: Abete Canadese figurato
AAA
Fasce e fondo: Mogano
Manico: Mogano
Tastiera: Ebano
Ponte: Ebano
Binding: Acero
Meccaniche: Larrivée
Amplificazione: LR Baggs Element
Larghezza al capotasto: 46 mm
Distanza Mi-mi al ponte: 58 mm
Scala: 647 mm
Tasti: 21
46
chitarra acustica 7 duemilaundici
st
Chitarra acustica
LARRIVéE OM 02
COVER
STORY
Eccoci a scrivere di uno strumento
che ci ha sorpresi in positivo, il che
non è così frequente per chitarre in
questa fascia di prezzo: siamo in
quel limbo di cui tante volte abbiamo
trattato, non si parla certo di strumenti
‘economici’, ma neanche di quelle
sei corde che fanno sognare gli appassionati
di tutto il mondo.
Fra l’altro con questa Larrivée OM
02 parliamo della ‘piccoletta’ di casa
Larrivée, la entry level, lo strumento
più economico che il marchio canadese
produce, quindi secondo la
nostra esperienza potremmo anche
non aspettarci grandi cose.
E invece la tiriamo fuori dalla bella
custodia rigida nel silenzio della stanza
e iniziamo a suonarla, così come
è arrivata, praticamente accordata e
regolata in maniera eccellente.
Ma prima uno sguardo alle
strumenti
Caratteristiche
La sigla OM non trae in inganno, la forma è quella
prediletta dai fingerstylers di tutto il mondo, quella
Orchestra Model definita comunemente OM che
viene spesso scelta per la forma comoda e il suono
bilanciato. I legni sono il sapele per le fasce e il
fondo, abete sitka del Canada per top e catene, la
bordatura è in acero e il manico in mogano; tastiera
e ponte sono in ebano e la rosetta intarsiata con il
battipenna tartarugato completano il tutto.
Della forma abbiamo detto, è molto comoda da
suonare, il manico è disegnato benissimo e ogni
nota risulta accessibile, le meccaniche fanno il loro
dovere e la chitarra, nel suo essere così priva di
fronzoli e satinata, ha però, grazie al battipenna
tartarugato, un look davvero accattivante. Non c’è
molto altro da dire, resta la cosa più importante.
48
chitarra acustica 7 duemilaundici
Chitarra acustica
LARRIVéE OM 02
st
Il test
Siamo subito colpiti dalla ricchezza timbrica della
OM 02, per uno strumento che nella linea di produzione
è il meno pregiato suona davvero bene! La
proviamo con le dita e con il plettro, giriamo sulla
tastiera in cerca di punti morti senza trovarli, proviamo
a suonare cose che conosciamo e che di solito
sono eseguite su strumenti molto più costosi,
e restiamo sorpresi da quanto regga il confronto.
Non stiamo dicendo che suona come una chitarra
da 4.000 euro, ma se domani ci chiedessero di andarci
su un qualunque palco per un concerto, non
avremmo alcuna difficoltà.
Proviamo anche a cambiare accordatura, scendiamo
fino a quelle più impegnative, il Mi basso
regge bene fino al Do e al Si una quarta sotto; la
chitarra ha un timbro caldo e rotondo, un suono definito
ma mai troppo brillante, c’è da divertirsi e per
qualche giorno, appoggiata sul poggia-chitarra, ci
fa compagnia senza invadere lo spazio, in maniera
discreta ma presente, come solo gli strumenti di
buona categoria possono fare.
Non male anche suonata con il plettro, non si pensi
che la forma influisca troppo sul rendimento complessivo
della chitarra: se suona bene, suona bene.
Scheda tecnica
Tipo: Chitarra acustica
Costruzione: Canada
Importatore: Aramini Strumenti Musicali
s.r.l. Via XXV aprile, 36 Cadriano di Granarolo
(BO)
info@aramini.net
Prezzo: € 1.116 (IVA inclusa)
Top e catene: Abete Canadese sitka
Fasce e fondo: Sapele
Manico: Mogano
Tastiera: Ebano
Ponte: Ebano
Binding: Acero
Meccaniche: Larrivée 18:1
Amplificazione: no
Conclusioni
È quasi un dispiacere separarsene, ma volevamo
condividere con voi la soddisfazione di aver scoperto
che con meno soldi del previsto si possono avere
grandi soddisfazioni. Speriamo con questa di aver
inaugurato una serie di recensioni di strumenti con
caratteristiche e prezzi simili, perché sono quelle
più richieste da chi studia sul serio e non si può permettere
di spendere cifre esagerate, quindi ci metteremo
al lavoro per darvi più informazioni possibili.
Chiudiamo dicendo che della stessa serie (02) ci
sono le forme L e D, e questi tre modelli sono replicati
a loro volta nelle serie 03, 05, 09 e 10, anche
elettrificate e con spalla mancante. Custodia rigida
di serie già dal modello base.
Daniele Bazzani
49
chitarra acustica 7 duemilaundici
st
strumenti
Preamplificatore stereo per chitarra acustica
D-Tar Solstice
Nel grande mondo dell’amplificazione
per chitarra acustica, mondo
sempre in espansione visto il rinnovato
interesse per il nostro strumento,
si sta facendo largo, da qualche
anno, un marchio dietro il quale si
celano due ‘mostri sacri’ della tecnologia
musicale: D-Tar sta infatti per
Duncan-Turner, dove Duncan è quel
Seymour Duncan che costruisce pickup
per chitarra elettrica utilizzati
dai più importanti chitarristi al mondo,
e Turner è Rick Turner, co-fondatore
del marchio Alembic e già collaboratore
della Gibson, oltre a molte altre
cose fatte in carriera.
Questi due giganti hanno creato il
marchio e messo in produzione alcune
macchine davvero interessanti,
due delle quali saranno oggetto dei
nostri test; leggete con attenzione
perché molte vostre domande su
come gestire l’amplificazione di una
chitarra acustica potrebbero trovare
una risposta.
Oggetto interessantissimo e già in commercio da
qualche anno, il D-Tar Solstice è un preamplificatore
stereo per chitarra acustica che permette di gestire
due diversi segnali provenienti dal nostro strumento:
tecnica comune oggigiorno è infatti quella
di amplificare una chitarra con due pickup (tipo piezo
e microfono, per capirci, anche se oggi questa
soluzione è meno frequente che in passato), che
dovranno poi essere da noi gestiti tramite qualche
dispositivo esterno, come quello che abbiamo fra le
mani. Di solito si esce dallo strumento con un jack
stereo che termina con un altro jack stereo o con il
cosiddetto cavo a ‘Y’, cioè due jack mono che andranno
su due canali separati; il Solstice permette
di gestire entrambe le soluzioni, i due canali hanno
un ingresso a testa, ma quello superiore è stereo
e divide i segnali internamente, quindi nessun problema.
Caratteristiche
Il Solstice è un preamplificatore a due canali con
equalizzazione completamente separata, il che risulta
fondamentale nella gestione sonora.
Sul pannello frontale troviamo, da sinistra, due file
sovrapposte e identiche di controlli formate da: Ingresso
jack con relativo Volume, switch Phantom,
switch -20Db collegato al successivo Ingresso XLR
e al suo Volume; Bassi, Medi, Alti, Led che indica
l’eccesso di segnale, Switch per invertire la fase. I
controlli sulla linea superiore hanno il trattino di posizione
giallo, quelli del canale 2 lo hanno bianco.
Troviamo inoltre il piccolo switch con relativo Led
che mette in Mute l’apparecchio, il Led di accensione
(non c’è On/Off, la macchina si accende al
collegamento alla presa elettrica) e due potenzio-
50
chitarra acustica 7 duemilaundici
Preamplificatore stereo per chitarra acustica
D-Tar Solstice
st
metri, uno per dosare la quantità di effetto del Send/
Return ed il Master generale del Pre.
Sul retro abbiamo l’ingresso per collegare l’alimentatore
dedicato, le prese jack di Output, Tuner
Out, pedale per il Mute, Send e Return, due Insert
con uscita jack e due uscite post equalizzazione bilanciate
(XLR) per i due canali. Chiude il tutto l’uscita
bilanciata mono con jack XLR che se lo vogliamo
ci permette di saltare la D.I. box e un piccolo switch
Ground Lift per attenuare eventuali ronzii di fondo
dovuti al sistema elettrico.
Cosa fa e come lo fa
L’arma vincente del sistema, ammesso che il
nostro strumento abbia due pickup che escono
separati (in effetti funziona alla grande anche con
strumenti mono), è la possibilità di equalizzare in
maniera differente i due segnali, di modo che, ad
esempio, un microfono interno alla cassa possa
essere privato delle basse frequenze che spesso
portano feedback, senza per questo dover togliere
quelle frequenze all’altro pickup. Diciamo questo
perché una soluzione piuttosto comune è quella di
avere due pickup nella chitarra, ma una sola uscita
mono, spesso gestita da controlli sulla fascia
superiore, e questo si traduce in un solo, grande
problema: se una nota va in feedback, dobbiamo
‘tagliare’ le basse frequenze ad entrambi i pickup,
mentre spesso il problema si risolve riducendole a
uno solo dei due, con conseguente salvaguardia
dell’intero segnale dell’altro. Scusate se ripetiamo
quanto appena scritto, ma è un punto fondamentale
del discorso.
Abbiamo affrontato il problema in un altro articolo
su questo sito (“Amplificare la chitarra acustica”, 7
gennaio 2010): se avrete la pazienza di rileggerlo,
troverete molti punti in comune con ciò che scriviamo
qui, e capirete ancora meglio perché il D-Tar
possa davvero fare la differenza.
Detto questo ci si rende conto di come questo piccolo
attrezzo sia in grado di risolvere una quantità
enorme di problemi: gli ingressi sia jack da ¼ che
XLR sono importanti per accettare varie tipologie di
pickup o microfoni, possiamo equalizzare il segnale
proveniente dall’interno della chitarra (come quello
di un piezo o di un magnetico) e sommarlo a quello
di un microfono a condensatore esterno, per prendere
ad esempio due sistemi opposti. Restando nel
campo delle ipotesi più probabili, le combinazioni
che spesso troviamo sono appunto quelle piezo +
mic interno, trasduttore microfonico + pickup magnetico,
e via dicendo, il succo non cambia.
Ciò che importa è che avremo modo di intervenire
in maniera ‘pesante’ sul nostro suono modificando
questa o quella frequenza, prima ascoltando i suoni
separatamente, poi unendoli e miscelandoli a nostro
piacimento. Vi garantiamo che c’è da divertirsi
e che le soluzioni sono molteplici.
Passiamo al test vero e proprio
Il Solstice suona bene, davvero bene. È molto trasparente
e offre un’ottima possibilità di intervento,
i controlli di tono lavorano in modo eccellente ma
la cosa migliore è che in posizione ‘flat’, senza toccare
nulla, il suono è già splendido. Ogni diverso
tipo di pickup è reso bene e le differenze sono evidenti:
colleghiamo il D-Tar prima ad un amplificatore
dedicato alla chitarra acustica, poi ad un piccolo
impianto e ci accorgiamo che su entrambi lavoriamo
in maniera ottimale grazie alle molte uscite a
disposizione, bilanciate e non. Il volume di uscita è
piuttosto alto e permette di utilizzare pickup attivi e
passivi (con questi ultimi dobbiamo tenere i volumi
molto alti), il Send/Return è un punto di forza, soprattutto
se utilizzato in coppia con l’equalizzatore
Equinox (sempre prodotto dalla D-Tar, di cui scriveremo
a breve scadenza), ma un qualsiasi effetto
tipo riverbero può essere accoppiato a questo ottimo
preamplificatore. Utile il Mute che ci permette
di accordare in silenzio – l’uscita per l’accordatore
resta infatti attiva –, operazione che sul palco possiamo
effettuare tramite switch a pedale: non male
se vogliamo fare in fretta senza togliere le mani dallo
strumento o se abbiamo il Solstice a una distanza
non comoda.
Conclusioni
Se ci seguite regolarmente sapete quanta attenzione
e spazio dedichiamo all’argomento, quindi
speriamo che il test di quella che risulta essere,
a nostro avviso, una delle migliori e più complete
macchine sul mercato, sia cosa a voi gradita. Il Solstice
ci permette di risolvere la maggior parte dei
problemi relativi all’amplificarsi sul palco e alla gestione
di sistemi multipli di amplificazione, è comodo,
leggero, facile da usare e ha un prezzo consono
alla qualità che propone. Di solito consigliamo di
provare – prima di comprare – le cose che testiamo,
ma su questa potremmo quasi sbilanciarci e consigliarne
l’acquisto a scatola chiusa se non aveste
modo di provarlo prima. Non va dimenticato che se
abbiamo due chitarre con un’uscita mono, questo
pre può gestirle entrambe, una per canale, in modo
da mandare al banco di regia un solo segnale già
‘finito’ e avere il controllo sul palco dei nostri volumi.
Buona miscelazione a tutti.
Daniele Bazzani
Importatore: Casale Bauer, Via IV Novembre 6/8,
Candriano, www.casalebauer.it
Prezzo: Euro 638 (IVA inclusa)
51
chitarra acustica 7 duemilaundici
st
strumenti
Chitarra acustica
PEERLEsS PD 55 CE
Peerless Guitar è un marchio relativamente
giovane sul mercato. Magari
a molti non sarà granché familiare.
Gretsch, Epiphone, Fender, Gibson
e Alvarez – solo per citarne alcuni –
invece suonano meglio, vero? Dal
1970 la Peerless ha realizzato, nei
suoi stabilimenti in estremo oriente,
strumenti per ordine e conto di questi
colossi del mercato globale. Facendosi
le ossa su una produzione, con
standard qualitativi comunque elevati,
che è arrivata anche a 30.000 pezzi
al mese. Nel 2007, con la realizzazione
del nuovo sito di fabbricazione
in Corea, su una linea di produzione
assolutamente all’avanguardia, hanno
coraggiosamente invertito questa
tendenza scendendo a 1.000 pezzi
al mese, focalizzandosi esclusivamente
su modelli originali. Prima con
le archtop, ora con le acustiche puntano
decisamente a strumenti di qualità
proposti a un prezzo accessibile.
La gamma delle acustiche prodotte
dalla casa coreana, al momento, non
è vastissima, ma l’impressione di primo
acchito è che si tratti di strumenti
ben costruiti, affidabili e versatili. Andiamo
a toccar con mano.
La PD 55 CE a disposizione per la prova è una
classica dreadnought a spalla mancante, dall’aspetto
molto tradizionale e monta di serie un sistema
di amplificazione Fishman Prefix Plus T. La
tavola è in abete massello, di provenienza ignota
ma dalla bella colorazione leggermente virata all’arancio,
con una trama delle fibre fitta e compatta.
Fasce e fondo sono in palissandro che la scheda
tecnica dello strumento dichiara in laminato. Senza
saperlo, sarebbe facile cadere in errore, vista la coerenza
delle venature tra esterno e interno. Evidentemente
un lavoro ben fatto. Su strumenti di questa
fascia di prezzo – stiamo parlano di circa 1.000
Euro – la scelta del multistrato potrebbe far storcere
il naso. Ma è una soluzione che si trova sempre più
52
chitarra acustica 7 duemilaundici
Chitarra acustica
PEERLESS PD 55 CE
st
Scheda tecnica
frequentemente utilizzata su chitarre amplificate,
come sistema di riduzione del feedback. Le giunzioni
della cassa sono ornate con un binding crema in
materiale plastico, arricchito sulla tavola da un triplo
filetto BWB. La bordatura è presente anche sul manico,
realizzato in mogano con tastiera in palissandro.
I segnatasti sono classici, a punto, in perloid.
La paletta è ricoperta in palissandro, in match con
tastiera e ponte, e ha laratteristica forma “lady lips”
che è un po’ il marchio di fabbrica della Peerlees,
che la utilizza sostanzialmente identica anche sulla
linea delle archtop. Le meccaniche sono cromate e
prive di brand, ma svolgono il loro compito in maniera
impeccabile. Il semplice ornamento alla buca
e il battipenna tartarugato completano un design
essenziale ma molto curato, elegante e allo stesso
tempo ‘assicurante’. La realizzazione dello strumento
è assolutamente impeccabile: dentro e fuori
dalla cassa gli incastri sono netti e precisi, niente
colla in eccesso o imprecisioni di sorta.
Il bilanciamento dei pesi è buono, anzi ottimo se
si considara la spalla mancante. La chitarra comunque
monta di serie il secondo end pin, per chi vuole
o deve suonare in piedi. La sezione del manico a C
leggermente squadrata risulta subito comoda e si
apprezza in particolare la spaziatura ottimale delle
corde su un nut non eccessivamente largo. Comunque:
laminato o non laminato per fasce e fondo, la
chitarra suona alla grande, esattamente come te la
aspetteresti. Una dread, anzi una gran dread a tutti
gli effetti. Bella la botta sui bassi, medi leggermente
compressi e un po’ sfacciati, cantini rotondi e ben
definiti. Una gioia per i flatpickers, ma anche per
chi suona con le dita non è affatto male. Certo non
è fatta per sussurrare delicate melodie celtiche, ma
per uno stile più moderno – alla Paolo Giordano per
intenderci – non è assolutamente da sottovalutare.
Il sistema di amplificazione montato on board non è
l’ultima novità del settore ma, forse anche per questo,
estremamente rodato e affidabile, in grado di
restituire le sonorità della chitarra in maniera fedele
e trasparente.
Nel complesso uno strumento di buon livello, con
ottime finiture e una spiccata vocazione per il palco,
molto ‘plug&play’ come si usa dire ultimamente. Il
rapporto qualità prezzo è notevole (c’è inclusa anche
una custodia rigida di ottima qualità), il consiglio
sempre il solito: al momento di sciegliere uno
strumento aprire bene le orecchie e non guardare
troppo il marchio sulla paletta.
Tipo: Chitarra acustica
Costruzione: Corea
Importatore: Sisme Via Adriatica, 11 -
Osimo Stazione (AN) - www.sisme.com
Prezzo: Euro 1.060
Top e catene: abete
Fasce e fondo: palissandro laminato
Manico: mogano
Tastiera: palissandro
Ponte: palissandro
Binding: BWB
Meccaniche: cromate
Amplificazione: Fishman Prefix Plut T
Larghezza al capotasto: 44 mm
Distanza Mi-mi al ponte: 56 mm
Scala: 650 mm
Tasti: 21
Mario Giovannini
53
chitarra acustica 7 duemilaundici
st
strumenti
Notizie di mercato
dalle aziende
Greg Bennett TMJ5 CE
Nuova aggiunta al catalogo Greg Bennett. Questa chitarra viene proposta nella
tradizionale colorazione natural che mostra tutta la bellezza del top in abete massello,
e black, per gli amanti di un look più aggressivo. La TMJ5 CE risulta molto
comoda da suonare grazie al design ThinLine – le fasce sono di una misura leggermente
ridotta – e all’accordatore incorporato. Altre caratteristiche interessanti
sono: il fondo in mogano, la spalla mancante e l’equalizzatore a quattro bande. Il
tutto ad un prezzo più che aggressivo.
È distribuita in Italia da Sisme
Bold Picks
Dal connubio di due innovazioni,
M-Picks (www.m-picks.com) e gli ormai
noti Essetipicks (www.essetipicks.
com) è stato realizzato un nuovo progetto
per chi non si accontenta di suonare
con i soliti thumb: il Bold Picks!
Si tratta di un plettro Bold, amato sin
dagli esordi in particolare dai jazzisti
ma che sta conquistando gli utilizzatori
di tutti i generi, dotato del nuovo
Elastik Picks, ideato da M-Picks, per
consentire l’utilizzo di tutte le dita della
mano destra svincolate dall’impegno
di dover sostenere il plettro e che consente
di averlo sempre pronto all’uso a
portata di pollice!
Questo nuovo prodotto verrà presentato
ufficialmente da Ignazio Di
Salvo (direttore della: Modern Music
Institute) all’ SHG (Second Hand
Guitar 2011) il 20 novembre al Quark
Hotel di Milano.
LIVE
Sta per partire il grande
demo-tour di Massimo Varini!
Dal 17 Ottobre al 28 Gennaio 2012, Massimo attraverserà
la penisola con la sua chitarra Eko Mia Fastlok!
Dal 17 Ottobre al 28 Gennaio 2012, Massimo attraverserà
la penisola per far conoscere ai suoi tanti estimatori
la nuova gamma di chitarre Mia FastLok, da lui
stesso progettate in collaborazione con la EKO.
La nuova tecnologia FastLok è stata messa a punto
dai progettisti EKO per permettere al musicista di settare
l’action della sua chitarra secondo le sue esigenze.
Il tutto in modo rapido ed afficace.
Sarà un’occasione straordinaria per seguire ‘live’ la
performance di un grande professionista, che non solo
è produttore, arrangiatore, autore, didatta e solista, ma
anche un attento osservatore del mondo musicale e dei
suoi progressi, anche tecnici. Cosa che gli ha permesso
di sviluppare una chitarra di grande qualità in vendita a
prezzi veramente competitivi.
I partecipanti alle demo (che saranno gratuite), tenute
presso i migliori negozi di strumenti musicali, potranno
inoltre scegliere una Mia nella vasta gamma tra quelle
disponibili sul punto vendita.
In più, Massimo sarà felice di fare un suo omaggio a
tutti gli ospiti e sarà a disposizione dei partecipanti per
rispondere a domande, curiosità e a quesiti tecnici ed
artistici.
Alla pagina www.eko.it/varinitour ulteriori notizie, calendario
delle date, link e aggiornamenti.
www.ekomusicgroup.com
54
chitarra acustica 7 duemilaundici
Gas Addiction
st
Fender Acoustic Limited Edition
Nuova serie di prodotti acustici in edizione limitata per il 2011
per la casa americana. Con ben nove modelli tra cui scegliere, i
nuovi arrivati nella famiglia degli strumenti acustici rappresentano
una ventata di novità, ricchezza estetica, qualità costruttiva
e suono spettacolare, ad un prezzo sorprendente! Con i modelli
della serie USA Select 1, Fender presenta le prime chitarre acustiche
prodotte negli Stati Uniti dagli anni ‘90 ad oggi. Verranno
realizzati solo 30 pezzi per tutto il mondo, e gli strumenti avranno
in comune la tavola armonica in abete massello, fondo e
fasce in acero fiammato, catenature a X, hardware dorato e
sistema di amplificazione Fishman Sonitone.
Il nuovo T-BucketTM Bass è il primo basso acustico introdotto
nella serie Hot Rod Design. Questo basso dal body in stile gran
concerto ha una splendida tavola armonica in acero fiammato,
catenature a X scolpite, finitura Fender Three-color Sunburst,
manico, fondo e fasce in mogano, binding avorio su corpo e
manico, e sistema di amplificazione Fishman IsysTM III con accordatore
incorporato.
Alla famiglia di ukulele Fender si aggiungono i modelli concert
e soprano, gli Ukulele Mino’Aka e Ukulele U’Uku. Questi strumenti,
dal design squisito, evocano il suono più autentico delle
isole Hawaii. L’Ukulele Mino’Aka ha corpo in mogano formato
concert e barre tonali per un suono morbido e dolce, manico in
tre pezzi di mogano con tastiera in palissandro e 19 tasti, finitura
antichizzata, con binding alla tastiera e paletta tipo Telecaster
con logo Fender gold screen.
L’Ukulele U’Uku soprano è il membro più piccolo della famiglia.
Ha corpo in mogano con barre tonali per un suono squillante
e compatto, manico in tre pezzi di mogano con tastiera in
palissandro e 12 tasti, binding nero su corpo e tastiera, forma
esclusiva Fender per la paletta e logo dorato.
Nei nuovi modelli è inoltre compresa la CN-240SCE Thinline,
lo strumento ideale per chitarristi elettrici e principianti che vogliono
avvicinarsi alla sonorità della chitarra classica. Lo strumento
ha una spalla mancante dal profilo morbido per un miglior
accesso agli ultimi tasti, manico dal profilo sottile, tavola
armonica in cedro massello con catenature tradizionali, fondo e
fasce in palissandro, manico in mogano con finitura lucida e tastiera
con 18 tasti e sistema di amplificazione Fishman IsysTM
III con accordatore incorporato.
Fender è distribuita da Casale Bauer
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55
chitarra acustica 7 duemilaundici
tc
tecnica
Interlude for In My Life
Ciao a tutti!
Nel mio ultimo intervento accennavo
che avrei presentato
un altro pezzo, che avrebbe rappresentato
una sfida per il vostro
modo di suonare e pensare.
Credo che alla maggior parte
delle persone della mia età – cinquantadue
il prossimo 14 marzo
– bastino una o due battute per
riconoscere questo brano musicale.
È il famoso interludio pianistico
scritto e suonato da George
Martin nella famosa canzone di
John Lennon.
È anche una delle prime cose
che io abbia arrangiato sulla chitarra,
e può darsi che tuttora sia
uno dei miei lavori migliori. È diventato
uno dei preferiti nella mia
scuola nel corso degli anni, ed è
in realtà uno studio sulla ‘economia’
dei movimenti della mano
destra e della mano sinistra. Vi
aiuterà a suonare la chitarra senza
guardare, e potrebbe anche
aiutarvi a cominciare a pensare
alla dinamica del vostro suonare.
Quello che la maggior parte
degli studenti ha imparato fino a
questo punto è la cadenza del
basso alternato, realizzato col
movimento del pollice. Ora, abbiamo
constatato che non è necessario
un gran movimento di
bassi alternati in “Eighth of January”,
dove la linea dei bassi si
alterna sul primo e terzo quarto.
Questo dà alla melodia un maggior
respiro, e in un certo senso
lascia lavorare la chitarra al posto
del vostro pollice.
In queste otto brevi battute
noterete che la linea dei bassi è
ancora più minimale. Si suonano
i bassi come ‘bordoni’. Un bordone
– o ‘pedale’ – è una nota
bassa che dura l’intera battuta
e supporta la melodia. Noterete
quindi delle lunghe note basse,
che risuonano per tutta la battuta.
Di norma, suonate le note basse
con il pollice della mano destra,
e tutte le altre note con l’indice
e il medio. Una volta capita la
linea dei bassi e la sua diteggiatura,
osservate la linea melodica.
La melodia è relativamente facile,
tranne che per il passaggio dal
Fa# sul quarto tasto della quarta
corda al Sol# sul primo tasto della
terza corda, nella terza battuta
della primo rigo.
Uno dei miei passaggi preferiti
è sulla prima e seconda battuta
del secondo rigo. Mettete la vostra
mano sinistra nella posizione
di Re settima maggiore (accordo
di Re con il triangolino, Re∆).
Mantenete quella posizione fino
all’ultima nota di quella battuta.
Poi retrocedete il dito medio (2)
di mezzo tono al sesto tasto, per
poi risalire scivolando di nuovo
al settimo tasto. A questo punto
prendere la posizione di Re minore
come nel diagramma. Fatelo
un centinaio di volte…
Quindi diteggiate come nella intavolatura
il Re minore sulla quinta,
terza e seconda corda. Trascinate
(‘spazzolate’) il vostro indice
destro sulla prima, seconda e
terza corda al tempo di una terzina.
Quello che segue è chiamato
un legato discendente ritardato.
Suonata la terzina, eseguite un
‘pull off’ (legato discendente) con
l’indice della mano sinistra sulla
corda a vuoto per poi suonare,
sempre con l’indice sinistro, la
quarta corda al sesto tasto per
terminare il fraseggio. Quando
insegno faccio ripetere questa
prima e seconda battuta come un
loop fino alla perfezione.
Notate il barré parziale al secondo
tasto per l’accordo di LA
sul primo rigo, alla prima e terza
battuta.
Dopo aver appreso queste otto
battute, chiudendo gli occhi, fate
pilotare le vostre dita dalla melodia.
Si tratta di un brano molto
‘regale’, che andrebbe suonato
con sapore barocco.
Spero apprezziate questo mio
iniziale contributo a Fingerpicking.net
e vi invito a scrivermi
per qualsiasi dubbio.
Keep picking!
Eric Lugosch
56
chitarra acustica 7 duemilaundici
Interlude for In My Life
tc
A
2
Interlude for In My Life
Lennon & McCartney
Arranged by Eric Lugosch
E
A
2
=160
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1
2
4
2
0
57
chitarra acustica 7 duemilaundici
tc
tecnica
Walkin’ Man
Massimo Varini
“Walkin’ Man” è stato uno dei primi brani che ho scritto
avvicinandomi al mondo della chitarra acustica e fa
parte del CD (con allegato DVD) My Sides. È in accordatura
di Drop D (quindi come un’accordatura standard
ma con il Mi basso abbassato a Re).
Provenendo dalla chitarra elettrica non ho mai mollato
il plettro e per l’esecuzione di questo brano è importantissimo
mantenere un ‘punch’ costante proprio sui
bassi… deve dare il senso dell’incedere di un uomo
che cammina!
All’interno del DVD allegato al CD c’è anche un bellissimo
videoclip:
http://www.youtube.com/watch?v=5HlntgCcWQ0.
Su YouTube ho anche pubblicato un video ‘how to
play’ e ci sono parecchi utenti che si sono cimentati in
cover del brano! Ecco il link:
http://www.youtube.com/watch?v=csJKnexNmu0.
(la trascrizione è tratta da Massimo Varini, Percussioni,
tapping e altre tecniche per chitarra acustica, Carisch)
WALKIN' MAN
Massimo Varini
Chitarra
Chitarra
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chitarra acustica 7 duemilaundici
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Kymotto Music srl
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chitarra acustica 7 duemilaundici
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chitarra acustica 7 duemilaundici
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chitarra acustica 7 duemilaundici
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chitarra 4 acustica 3 7 duemilaundici 3
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4
4
0
0
64
chitarra acustica 7 duemilaundici
Edizioni
Distribuiti da
Disponibili su
http://shop.fingerpicking.net/
tc
tecnica
Un’introduzione alla chitarra mancina ‘capovolta’
Ciao a tutti!
In questo articolo introduttivo
entreremo nel mondo della chitarra
mancina ‘capovolta’ (left
handed upside down guitar).
Quando ho iniziato a studiare
al Conservatorio, volevano insegnarmi
a usare la chitarra da
destro. Mi sono rifiutato perché
pensavo di dover seguire la mia
predisposizione naturale, e cioè
suonare senza capovolgere l’ordine
delle corde, ma semplicemente
‘girando’ la chitarra. Molti
chitarristi nel mondo utilizzano e
approfondiscono questa tecnica.
Per saperne di più, visitate il sito
www.lefthandedguitarists.com.
Iniziamo: vi mostrerò degli
esempi musicali, per conoscere
e approfondire questa tecnica
poco diffusa ma molto interessante.
Nell’esempio 1 vi mostro come
utilizzare le dita della mano sinistra
per realizzare gli arpeggi.
Attenzione: le dita descritte negli
esempi sono già impostate
per chi vuole provare a suonare
come un chitarrista mancino.
Nella tecnica mancina le dita della
mano sinistra sono:
– l’anulare, che avrà la funzione
del pollice destro;
– il medio, che avrà la funzione
dell’indice destro;
– l’indice, che avrà la funzione
del medio destro;
– il pollice, che avrà la funzione
dell’anulare destro;
Nell’esempio 2 vi illustro i diagrammi
di alcuni accordi mancini
per comprendere meglio la diteggiatura
utilizzata dalla mano
destra. Nell’accordo di LA il barré
del primo dito sembra strano, ma
riesce veramente bene e in modo
naturale: la prima falange del dito
indice poggia come se fosse un
piccolo barré, prendendo la seconda,
terza e quarta corda e
lasciando la quinta corda libera.
Negli accordi SI/11, DO4/7/9 e
FA7M vediamo un barré che lascia
libero il Mi cantino. Negli accordi
DO6/7M e RE6/9 si nota un
barré del primo dito che lascia liberi
i due cantini. In alcuni accordi
si possono notare due barré: vedi
l’accordo DO4/6, che presenta
due barré eseguiti rispettivamente
con il primo e quarto dito. Negli
accordi SI/11 e RE6/9 mantengo
un barré anche se potrei limitarmi
a premere una nota con il primo
dito, perché la posizione mi sembra
più naturale e mi serve come
appoggio della mano.
Nell’esempio 3 proviamo a
eseguire una piccola parte di una
mia composizione, “Tres Bocas”,
utilizzando tutti gli elementi
descritti finora. Noterete come
l’uso della mano destra nella chitarra
mancina offra la possibilità
di una diteggiatura alternativa.
I bassi risulteranno più forti e la
melodia più vellutata.
Marcio Rangel
Marçio Rangel, chitarrista e
compositore brasiliano, vive in
Italia da diversi anni. Nel 1998
si è diplomato in musica al Conservatorio
‘D’Alva Stella’ nel suo
paese d’origine, ma ha voluto imparare
la chitarra da autodidatta,
per seguire la sua natura di mancino:
«Ognuno deve seguire l’istinto.
Se sei mancino, devi mangiare
con la sinistra, devi scrivere
con la sinistra, non puoi imparare
da destro». Nel 2002 ha inciso il
suo primo CD Palavras do Som
per la Azzurra Music.
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chitarra acustica 7 duemilaundici
Un’introduzione alla chitarra
mancina ‘capovolta’
tc
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chitarra acustica 7 duemilaundici
tc
Un’introduzione alla chitarra
mancina ‘capovolta’
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chitarra acustica 7 duemilaundici
tecnica
tc
Ridin’ down the Road
Paolo Bonfanti
Accordatura SOL aperto, nello stile di John Hammond; stiamo parlando
di uno dei grandi del bottleneck acustico; difficilissimo rendere
bene la tecnica usata dalla mano destra: il pollice fa suonare i bassi,
indice e medio le parti solistiche ma tutta la mano colpisce quasi
sempre le corde per dare un ulteriore effetto percussivo; questo tipo
di tecnica è derivata da Charley Patton e Son House ma Hammond
l’ha perfezionata rendendola personalissima e pressoché inimitabile.
Anche in questo caso comunque,
attenzione al groove e alla tensione
che non deve mai calare.
Paolo Bonfanti
nello stile di (in the style of) John Hammond
D
B
G
D
G
D
H Po
0 3 0
1
0
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Sl
Sl
Sl
Sl
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13
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T
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chitarra acustica H Po7 duemilaundici H
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14 Sl
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10 9 7 10 9 7 10 9 7 10
9
9
Po
7
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Sl
8 7
8 7
H
5 8
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Po
7 5
7 5
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chitarra acustica 7 duemilaundici
Ridin’ down the Road
Ridin' Down The Road - Paolo Bonfanti
nello stile di (in the style of) John Hammond
T
A
B
16
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Sl
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3
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2
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0
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X
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T
A
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20
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Sl
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Sl
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Sl
4
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X
0
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15
15
Sl
15
15
15
15
15
15
15
15
15
15
22
10
12
10
12
Sl
12
Sl
12
12
12
0
0
0
23
3
Sl
Sl
5
X
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Sl
5
X
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T
A
B
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5
5
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3
Sl
Sl
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0
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0
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Sl
Sl
4
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Sl
Sl
Sl
Sl
Sl
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T
A
B
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Sl
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7
H
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7
10
10
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Po
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Sl
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H
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tc
24
27
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T
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A
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Ridin' B Down 0 The Road - Paolo Bonfanti
5
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nello stile di (in the style of) John Hammond
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B
35
39
T
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Sl
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chitarra acustica 7 duemilaundici
0
0
37
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Sl
3 0
0
0
0
0
Ridin’ down 26 the Road
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X
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Sl
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Sl
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Sl
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30
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Sl
Sl
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Sl
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Ridin’ down the SlRoad
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5
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Sl
5
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T
A
5 5 5
5 5 5
Ridin' B Down The Road - Paolo Bonfanti
nello stile di (in the style of) John Hammond
0
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Sl
Sl Sl
3 2 0
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Sl
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A
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chitarra acustica 7 duemilaundici