I_Siciliani_giovani-set14
I_Siciliani_giovani-set14 I_Siciliani_giovani-set14
Bal I Siciliani www.isiciliani.it “A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” giovani settem. 2014 1914 IL SECOLO LUNGO West Front 1914 Varsavia 1943 Hiroshima 1945 Dresda 1945 Vietnam 1972 Iraq 2014 Gaza 2014 . . . 2014 Ma davvero Hitler ha perduto? Vangelo in tempo di guerra di padre Concetto Greco Ferrara GIORNALISTI INVISIBILI DIECI ANNI CON ENZO BALDONI REPORTAGE CATANIA MARE NEGATO Caselli “AL GUFO AL GUFO!” C.Catania DISCARICA DEI VELENI Dalla Chiesa IL PROBLEMA DELLA CALABRIA... Codrignani L’ISOLA DI DANILO Vita UNICREDIT VS BITCOIN Vitale HIPPIES A TERRASINI Mazzeo VENTI DI GUERRA Giacalone GLI IMPUNITI Cugnata SULLA VIA DI NISCEMI Giammusso RAGAZZI ABBANDONATI Cafeo ACCORINTI CONTRO I TIR Jack Daniel STORIE Ognibene CHIESE CONTRO MAFIA Abbagnato FESTA SORVEGLIATA Baldo SISDE E MORI Bottalico GLI ANTIEROI DI CASERTA Capezzuto UNA CITTA’ NORMALE CIANCIO E LA TRISTE ITALIA EBOOK GRATIS
- Page 2 and 3: www.isiciliani.it facciamo rete htt
- Page 4 and 5: www.isiciliani.it I Sicilianigiovan
- Page 6 and 7: www.isiciliani.it Guai ai magistrat
- Page 8 and 9: www.isiciliani.it Gaza Il primo mes
- Page 10 and 11: www.isiciliani.it Restiamo umani Va
- Page 12 and 13: www.isiciliani.it se siamo timidi,
- Page 14 and 15: www.isiciliani.it Che ti dice la pa
- Page 16 and 17: www.isiciliani.it Italia nascosta G
- Page 18 and 19: www.isiciliani.it 1914 Truppe Usa d
- Page 20 and 21: www.isiciliani.it Giornalisti La ri
- Page 22 and 23: www.isiciliani.it Giornalismo “Es
- Page 24 and 25: www.isiciliani.it Generazioni Caser
- Page 26 and 27: www.isiciliani.it Generazioni Tutti
- Page 28 and 29: www.isiciliani.it La prima esperien
- Page 30 and 31: www.isiciliani.it Germania Mafia qu
- Page 32 and 33: www.isiciliani.it S C A F F A L E I
- Page 34 and 35: www.isiciliani.it No Muos Sulla via
- Page 36 and 37: www.isiciliani.it Giustizia I “co
- Page 38 and 39: www.isiciliani.it Trattativa Mori,
- Page 40 and 41: www.isiciliani.it Calabria Chi coma
- Page 42 and 43: www.isiciliani.it Milano Tempo e ma
- Page 44 and 45: www.isiciliani.it Ambiente Bonifich
- Page 46 and 47: www.isiciliani.it Mazzarrà, tra ir
- Page 48 and 49: www.isiciliani.it Catania/ Il caso
- Page 50 and 51: www.isiciliani.it Interviste/ Franc
Bal<br />
I <strong>Siciliani</strong><br />
www.isiciliani.it<br />
“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?”<br />
<strong>giovani</strong><br />
settem. 2014<br />
1914<br />
IL<br />
SECOLO<br />
LUNGO<br />
West Front 1914<br />
Varsavia 1943<br />
Hiroshima 1945<br />
Dresda 1945<br />
Vietnam 1972<br />
Iraq 2014<br />
Gaza 2014<br />
.<br />
.<br />
.<br />
2014<br />
Ma davvero Hitler ha perduto?<br />
Vangelo in tempo di guerra<br />
di padre Concetto Greco<br />
Ferrara<br />
GIORNALISTI<br />
INVISIBILI<br />
DIECI<br />
ANNI CON<br />
ENZO<br />
BALDONI<br />
REPORTAGE<br />
CATANIA<br />
MARE NEGATO<br />
Caselli<br />
“AL GUFO<br />
AL GUFO!”<br />
C.Catania<br />
DISCARICA<br />
DEI VELENI<br />
Dalla Chiesa<br />
IL PROBLEMA<br />
DELLA<br />
CALABRIA...<br />
Codrignani<br />
L’ISOLA<br />
DI DANILO<br />
Vita<br />
UNICREDIT<br />
VS BITCOIN<br />
Vitale<br />
HIPPIES A<br />
TERRASINI<br />
Mazzeo VENTI DI GUERRA Giacalone GLI IMPUNITI Cugnata SULLA VIA DI NISCEMI<br />
Giammusso RAGAZZI ABBANDONATI Cafeo ACCORINTI CONTRO I TIR Jack Daniel STORIE<br />
Ognibene CHIESE CONTRO MAFIA Abbagnato FESTA SORVEGLIATA Baldo SISDE E MORI<br />
Bottalico<br />
GLI ANTIEROI<br />
DI CASERTA<br />
Capezzuto<br />
UNA CITTA’<br />
NORMALE<br />
CIANCIO<br />
E LA TRISTE<br />
ITALIA<br />
EBOOK GRATIS
www.isiciliani.it<br />
facciamo<br />
rete<br />
http://www..it/<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 2
www.isiciliani.it<br />
Il seme<br />
della<br />
violenza<br />
Intorno a un monolite, perfetto e splendente, in una radura primitiva<br />
e selvaggia, gli ominidi si fronteggiano per conquistarlo.<br />
Si minacciano urlando e gesticolando e nessuno osa fermare<br />
l'incontro fisico e violento. Poi un ominide scopre una catasta di<br />
resti animali e si rende conto che un osso più robusto degli altri<br />
riesce a spezzare quella grande carcassa. Le ossa si frantumano<br />
in mille schegge.<br />
L'ominide si esalta per la potenza di quell'arma primordiale e<br />
la vuole provare contro il suo nemico. Lo attacca e lo colpisce<br />
con violenza sul capo, fino a ucciderlo. Tutti gli altri restano<br />
attoniti e terrorizzati. I nemici fuggono, il clan dell'uccisore si<br />
esalta e fa capo colui che ha mostrato la sua forza mortale.<br />
Ed è questo l'inizio delle guerre.<br />
* * *<br />
Da allora, migliaia d'anni di sangue per affermare il potere dei<br />
capi. “Dio è con noi!" urlavano, e trascinavano i popoli nelle<br />
guerre. Per l'onnipotenza dei governi e per il "benessere" del popolo...<br />
E mentre le baionette si insanguinavano e i cannoni tuonavano,<br />
i mercanti di morte pensavano "viva la guerra!".<br />
* * *<br />
Gaza 2014: un uomo di quarantanove anni dorme nella sua<br />
casa quando un missile israeliano lo uccide. Era un ex calciatore<br />
della nazionale palestinese e la sua "guerra" la combatteva con<br />
un pallone su un verde prato. Forse - piace sognare - questo<br />
interminabile conflitto si potrebbe risolvere con una bella partita<br />
di pallone, dove l'unica offesa alla squadra avversaria sarebbe un<br />
gol! Ma no: l'uomo è ancora un ominide che con la sua clava,<br />
sempre più potente, spazza via uomini, donne e bambini. "Dio è<br />
con noi!". Mentre il “ mondo civile”, piangendo lacrime di<br />
coccodrillo, vende armi al miglior offerente.<br />
* * *<br />
A queste guerre si aggiungono altre guerre che non si dichiarano,<br />
che non si combattono a suon di cannonate ma che provocano<br />
altrettanto morti e feriti. Una "morte celebrale", una distruzione<br />
dei territori di ugual potenza di un bombardamento aereo.<br />
E' la guerra che si vive quotidianamente nei quartieri delle nostre<br />
città abitate dagli esclusi. Non hanno alcun diritto nè futuro<br />
ma solo il dovere di tirare avanti in silenzio, subendo l'oppressione<br />
mafiosa e l'illegalità istituzionale. Una guerra che non<br />
conta i morti sul terreno ma uccide con la distruzione dello stato<br />
sociale e della speranza di vivere una vita dignitosa.<br />
* * *<br />
La propaganda di stato ci racconta un'Europa unita e senza<br />
guerre: "Da settant'anni non c'è guerra in Europa!". E la<br />
Jugoslavia?E l'Ucraina? E le guerre che esportiamo nei paesi dai<br />
governi instabili per i nostri interessi finanziari?<br />
(Infine: la ministra degli esteri Mogherini fa le condoglianze<br />
alla famiglia del videoreporter Simone Camilli, ucciso da un<br />
missile inesploso israeliano. Fa indignare, ascoltarla: quel<br />
missile infatti potrebbe benissimo essere stato venduto dai nostri<br />
governi. Si può arrivare a tanta ipocrisia? Quali interessi di stato<br />
giustificano i governi a farsi mercanti di morte?)<br />
I <strong>Siciliani</strong> Giovani<br />
(Giovanni Caruso)<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 3
www.isiciliani.it<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
settembre 2014 numero ventuno<br />
RIEPILOGANDO<br />
Fra feste, dibattiti e convegni<br />
ai nostri colleghi della stampa<br />
perbene è sfuggito il principale<br />
segnale sulla crisi dell'informazione<br />
in Italia: quest'estate, per<br />
la prima volta, non s'è svolto il<br />
festival del Giornalismo di Modica,<br />
quello organizzato per cinque<br />
anni di seguito dai <strong>giovani</strong><br />
giornalisti de “Il Clandestino”. Era diventato un<br />
appuntamento nazionale nel nostro mestiere, con gente come<br />
Mazzetti, Bolzoni, Roccuzzo, Beha e compagnia bella, e lo<br />
era diventato dal nulla, solo grazie alla passione e alla serietà<br />
di quella trentina di studenti che nel 2007, partendo da una<br />
bella esperienza di movimento per l'acqua, s'erano inventati<br />
uno dei migliori giornali locali del Sud e ne avevano fatto il<br />
leader della loro zona. Il giornale non esce più, i ragazzi<br />
sono dispersi ai quattro angoli d'Italia e nei cortili di Modica,<br />
col loro barocco solare non s'è vista la solita folla di<br />
giornalisti e di <strong>giovani</strong> ma il vecchio tradizionale passìo paesano.<br />
Ai <strong>giovani</strong> giornalisti (v. Norma Ferrara, pag.20) non ci<br />
pensa nessuno. L'unica loro speranza è unirsi, collegarsi, fare<br />
rete. Facile a dirsi, certo, ma poi faticoso e difficile da<br />
continuare. Eppure, con evidenza, altre vie non ce n'è.<br />
* * *<br />
A proposito di giornalisti: è tornato ad esercitare la<br />
gloriosa professione il “collega” Farina Renato detto Betulla.<br />
L'avevano sospeso dall'Ordine per collusioni, spionaggio,<br />
mazzette dai servizi segreti e chi più ne ha più ne metta. Si<br />
era particolarmente distinto, assieme al suo direttore Felttri,<br />
nel calunniare un giornalista vero, Enzo Baldoni: “vacanze<br />
intelligenti”, “ il pacifista col kalashnikov” e via<br />
sputacchiando. Adesso il Consiglio dei giornalisti lombardi<br />
l'ha riammesso nell'ordine. “Volevo solo salvare il mondo”,<br />
ha dichiarato il Betulla.<br />
*<br />
Questo numero<br />
Il seme della violenza I <strong>Siciliani</strong> 3<br />
“Al gufo, al gufo!” di Gian Carlo Caselli 6<br />
Verso l'Expo, allegramente di Nando dalla Chiesa 7<br />
Restiamo umani<br />
Gaza. Il primo mese 8<br />
Vangelo di padre Greco in tempo di guerra 10<br />
Che ti dice la patria?<br />
La triste Italia dei Mario Ciancio di Riccardo Orioles 14<br />
La cultura a Catania di Giovanni Caruso 15<br />
Italia nascosta. I segreti di Cattafi 16<br />
Sulla nomina di Vincenzo Culicchia di Associaz.Rita Atria 16<br />
Gli impuniti del depistaggio di Rino Giacalone 17<br />
Europa<br />
Venti di guerra di Antonio Mazzeo 19<br />
Italia 18<br />
Giornalisti. La rivolta degli invisibili di Norma Ferrara 20<br />
Napoli. Una città “normale” di Arnaldo Capezzuto 21<br />
“Solo un cronista”. Intervista a Armando Capezzuto 22<br />
Generazioni<br />
Caserta e gli antieroi di Andrea Bottalico 24<br />
Tutti i miei movimenti di Giulia Filpi 26<br />
Altri Sud<br />
Bogotà/ E i ragazzi salvarono il quartiere di Norma Ferrara 29<br />
Mafia Nein Danke di Valentina Valentini e Giorgio Garofalo 30<br />
Baires/ Quelli delle “barra bravas” di Filomena De Matteis 31<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 4
SOMMARIO<br />
www.isiciliani.it<br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>/ IBAN (Banca Etica):<br />
IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
Da' una mano!<br />
DISEGNI DI MAURO BIANI<br />
Cerimonie<br />
Cerimonie. L’antimafia distratta 33<br />
NoMuos<br />
Sulla via di Niscemi di Giuseppe Cugnata 34<br />
Mafie<br />
I collaboratori collaborano. E lo Stato? di Irene Astorri 36<br />
Pentimenti, giustizia e verità di Salvo Ognibene 36<br />
Mori, il Sisde e le “operazioni” di Lorenzo Baldo 38<br />
Chi comanda a Reggio di Andrea Zolea 40<br />
Expo contro tempo e mafie di Giorgio Venturini 42<br />
Veleni<br />
Bonifichi chi può e inquini chi vuole di Alessio Di Florio 44<br />
La discarica dei veleni di Carmelo Catania 46<br />
Catania<br />
Fra abusivismo e mafiosità di Ivana Sciacca 48<br />
Ragazzi abbandonati di Marcella Giammusso 50<br />
Lo sgombero di “Ciccio pasticcio” di Domenico Stimolo 52<br />
Messina<br />
Il giorno cheRenato fermò<br />
i Tir di Tonino Cafeo 54<br />
Fotoreportage<br />
Il mare negato a cura<br />
di Giovanni Caruso 57<br />
Storia<br />
Donne per la pace<br />
di Elio Camilleri 65<br />
Palermo<br />
Una festa ben sorvegliata<br />
di Giovanni Abbagnato 67<br />
Testimonianze<br />
Hippies a Terrasini<br />
di Salvo Vitale 68<br />
L’isola di Danilo Dolci<br />
di Giancarla Codrignani 70<br />
Questioni<br />
Chiesa contro mafia di Salvo Ognibene 72<br />
Le stragi e il Nostrum Mare di Giuseppe Cugnata 74<br />
Summer School di Martina Mazzeo 76<br />
Pianeta<br />
Banche contro bitcoin di Fabio Vita 77<br />
Storie<br />
La leggenda del Beato Matteo di Jack Daniel 79<br />
Società civile<br />
Reti di Memorie di Valeria Grimaldi 80<br />
Questionario di Salvo Ognibene 81<br />
Ricordo di Enzo Baldoni di San Libero 82<br />
Il filo<br />
Vivere sotto le bombe di Giuseppe Fava 88<br />
Sebastiano<br />
Gulisano/<br />
Il testimone<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 5
www.isiciliani.it<br />
Guai ai magistrati che “remano contro”...<br />
“Al gufo, al gufo!”<br />
di Gian Carlo Caselli<br />
I polemisti convertiti all’ornitologia<br />
(scarsità di argomenti?) strilleranno “al<br />
gufo!”. Ma nessuna invettiva esorcizzante<br />
può cancellare le angosce che suscita<br />
l’interminabile elenco dei record negativi<br />
che il nostro Paese è riuscito ad inanellare.<br />
Occupiamo il terzo posto nella classifica<br />
mondiale per l’evasione fiscale (dopo<br />
Turchia e Messico).<br />
E’ stato stimato in 154,4 miliardi di<br />
euro l’ammontare delle tasse non pagate<br />
nel 2012. Una perdita annua di 60 miliardi<br />
di euro colloca l’Italia fra i paesi<br />
più corrotti d’Europa, insieme a Romania,<br />
Grecia e Bulgaria.<br />
I record negativi<br />
Nella classifica europea della libertà di<br />
stampa siamo terz’ultimi. La disoccupazione<br />
<strong>giovani</strong>le italiana è del 43,3%,<br />
contro una media europea del 22,5%.<br />
Siamo ultimi per gli investimenti nel settore<br />
culturale.<br />
La nostra ricerca è in ginocchio. La<br />
fuga dei cervelli è diventata una valanga.<br />
Le imprese italiane sempre più spesso o<br />
chiudono o vengono assorbite da stranieri.<br />
La giustizia è un disastro completo.<br />
Il “cambio di passo” del regime<br />
Eppure, a sentire i nostri governanti<br />
dovremmo stare sereni perché nel giro di<br />
qualche settimana (massimo qualche<br />
mese) il “cambio di passo” del nuovo regime<br />
riuscirà a risolvere ogni problema.<br />
L’impressione è che le formule<br />
magiche tendano a soppiantare le terapie<br />
realistiche. O che addirittura si voglia<br />
partire regolando qualche conto in<br />
sospeso, rinviando ancora una volta gli<br />
interventi nel merito.<br />
Il caso giustizia<br />
Prendiamo il caso giustizia: il dato ineludibile<br />
da cui partire è lo spaventoso arretrato<br />
di 9 milioni di processi (5 nel civile<br />
e 4 nel penale). O ci si libera da questo<br />
macigno o si continuerà ad esserne<br />
schiacciati, condannando al fallimento<br />
qualunque tentativo di riforma.<br />
Occorrono rimedi radicali, per esempio<br />
l’abolizione del giudizio di appello.<br />
I magistrati ed il personale amministrativo<br />
dell’appello andrebbero destinati<br />
all’eliminazione dell’arretrato nell’arco<br />
di due o tre anni.<br />
Esaurito l’arretrato, quei magistrati e<br />
quel personale dovrebbero essere concentrati<br />
sul primo grado di giudizio così<br />
da ridurne i tempi, mentre la soppressione<br />
del secondo grado dimezzerebbe la<br />
durata complessiva del processo.<br />
Una riforma a costo zero<br />
Una riforma a costo zero, che oltretutto<br />
porrebbe il nostro Paese in linea con tutti<br />
gli altri paesi che hanno (come noi ci<br />
siamo dati nel 1989) un sistema<br />
processual-penale moderno di tipo<br />
accusatorio, creando finalmente anche da<br />
noi le condizioni necessarie per avere<br />
una giustizia rapida e certa, veicolo di<br />
garantismo autentico e non strumentale.<br />
Il patto col Condannato<br />
Senonché, invece di intervenire sui<br />
tempi vergognosi del processo, pare si<br />
vogliano prima di tutto sistemare alcune<br />
questioni coi giudici, rimodulando la responsabilità<br />
civile e quella disciplinare. e<br />
se qualcuno osasse scorgervi un qualche<br />
riflesso del “patto del Nazareno”<br />
stipulato con un signore condannato ed<br />
espulso dal Senato, sappia che rischia la<br />
“promozione” da semplice gufo a<br />
nemico della Patria.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag.6
www.isiciliani.it<br />
Altro che 'ndrangheta: secondo i notabili calabresi...<br />
“Il problema della Calabria<br />
è dalla Chiesa!”<br />
di Nando dalla Chiesa<br />
Il sud Italia è una benedizione divina,<br />
un concentrato di bellezze naturali,<br />
di clima e di storia come ce ne sono<br />
pochi al mondo.<br />
Di più: questo concentrato non si<br />
realizza su un altipiano, ma in terre bagnate<br />
o addirittura circondate dal mare.<br />
Luogo ideale di riposo o di divertimento,<br />
di socialità e di poesia. Si realizza<br />
in terre su cui si è venuta elaborando<br />
nei millenni una strepitosa cultura gastronomica.<br />
Ancora: questa benedizione divina<br />
esiste e si offre mentre le economie di<br />
aree immense del mondo conoscono<br />
tassi di sviluppo spettacolari, creando<br />
nuovo benessere e nuovi ceti ricchi e<br />
medi, ossia potenziali eserciti di viaggiatori<br />
di cui si colgono solo le avanguardie<br />
a Milano e a Roma, a Firenze e<br />
perfino a Genova o a Capri.<br />
Quel che le nuove economie ci tolgono<br />
nell'industria possono restituircelo<br />
raddoppiato nel turismo o nella cultura.<br />
Conclusione: c'è da rimodellare di<br />
corsa e con sapienza strategica tutto un<br />
sistema socio-economico-culturale per<br />
cogliere un'opportunità storica invece<br />
che piangersi addosso. Immaginiamo<br />
spiagge e mari puliti, in cui nessuno,<br />
né paese malandrino né yacht di riccastri,<br />
possa riversare le sue immondizie<br />
impunemente.<br />
Immaginiamo affitti e prezzi non di<br />
rapina, abbordabili anche da un benestante<br />
funzionario o professionista e<br />
non solo dagli sceicchi o dai magnati<br />
russi. Immaginiamo trasporti funzionanti,<br />
servizi medici efficienti, musei<br />
aperti tutto il giorno con laureandi e<br />
laureati locali che insegnano e raccontano.<br />
E poi, pensate un po', immaginiamo<br />
città dai vicoli sicuri, bar educati e<br />
nessuno che ti frega. E perfino stabilimenti<br />
balneari e chioschi che non vanno<br />
a fuoco. Il tutto da giugno a ottobre,<br />
cinque mesi di stagione operosa con<br />
effetti di trascinamento, perché chi<br />
guadagna bene lavorando sodo d'estate<br />
poi spende in inverno.<br />
Chi ammazza il turismo calabrese<br />
Se fossi il responsabile del turismo,<br />
di tutte le imprese turistiche in Calabria,<br />
non penserei ad altro. Notte e<br />
giorno. E farei corsi di formazione agli<br />
assessori di ogni comune. E maledirei<br />
ogni forma di incultura civica, l'idea<br />
scellerata che l'estate finisca il 20 agosto,<br />
l'abusivismo che devasta le coste,<br />
la 'ndrangheta che fa scappare qualsiasi<br />
imprenditore onesto, qualsiasi giovane<br />
che abbia voglia di aprire una qualsiasi<br />
attività legale (chiosco, discoteca, accompagnamento<br />
turistico, affitto di<br />
barche, ecc.). Proprio non ci dormirei.<br />
Invece il dott.<br />
Giuseppe Nucera<br />
che guida la Federturismo<br />
calabrese se l'è presa molto,<br />
ma proprio molto, pensate, perché il<br />
comitato antimafia istituito dal sindaco<br />
di Milano Giuliano Pisapia (e che il<br />
sottoscritto presiede) si è permesso di<br />
denunciare nella sua ultima relazione i<br />
segnali di presenze di ambienti 'ndranghetisti<br />
(o contigui alla 'ndrangheta)<br />
nei lavori legati all'Expo milanese.<br />
Senza mai dire la parola 'ndrangheta<br />
Si è offeso molto e si è dato molto da<br />
fare, il capo del turismo calabrese, delegato<br />
per la Calabria appunto all'Expo<br />
2015. E ha gridato al razzismo anticalabrese,<br />
senza mai nominare la 'ndrangheta.<br />
Ha detto che la Calabria è stufa,<br />
non della 'ndrangheta però, a giudicare<br />
dalle sua accuse, ma di chi la combatte.<br />
Ha perfino promesso che porterà il<br />
sottoscritto in tribunale.<br />
Altro che spread. E' questione di testa<br />
Capite ora perché le riflessioni iniziali,<br />
anche se non hanno alcuna originalità,<br />
diventano terribilmente urgenti<br />
davanti a questa crisi economica, a<br />
questo spreco di bellezze e di opportunità,<br />
e a questi personaggi messi alla<br />
guida dell'economia del sud?<br />
E' davvero il caso che ce ne convinciamo.<br />
La crisi italiana non è tanto legata<br />
allo spread o alle potenze emergenti<br />
o (azzardo) nemmeno all'articolo<br />
18 dello Statuto dei lavoratori. E' una<br />
questione di testa. Soprattutto di testa.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag.7
www.isiciliani.it<br />
Gaza<br />
Il primo mese<br />
Elenco delle vittime minorenni accertate fino al 21 luglio<br />
שמע ישראל<br />
Shemà Israel<br />
“Ascolta, Israele”<br />
E’ ancora imprecisato, ma nell’ordine<br />
delle centinaia, il numero dei bambini<br />
e adolescenti uccisi questa estate nella<br />
Striscia di Gaza. L’unico giorno senza<br />
vittime è stato il 15 luglio, mentre<br />
quello con più bambini e adolescenti<br />
uccisi (trentotto) è stato il 20 luglio, una<br />
domenica. La media complessiva si aggira<br />
fra le otto e le nove vittime al giorno.<br />
La lista che segue contiene solo i<br />
casi accertati fino al 21 luglio.<br />
*<br />
La direttrice di “Jewish Voice for<br />
Peace” Rebecca Vilkomerson è stata<br />
arrestata con altri otto pacifisti per<br />
aver letto in pubblico questi nomi.<br />
Numerosi <strong>giovani</strong> israeliani sono attualmente<br />
detenuti nelle carceri militari<br />
per essersi rifiutati di prestare servizio<br />
in operazioni contrarie ai diritti umani.<br />
L’ultimo, Uri Segal, diciannovenne, è<br />
quasi coetaneo di molte delle <strong>giovani</strong><br />
vittime elencate in queste pagine. Da diversi<br />
anni è attivo il gruppo “Ometz<br />
LeSarev” (Coraggio di rifiutare), fondato<br />
da circa seicento ufficiali e soldati<br />
che si sono rifiutati di combattere nella<br />
Striscia di Gaza e in West Bank.<br />
Delle vittime elencate appresso, le<br />
prime quattro sono state assassinate individualmente<br />
da fanatici della parte<br />
avversa; le altre sono state assassinate<br />
in massa nel corso di operazioni “militari”,<br />
per lo più bombardamenti aerei<br />
su aree densamente popolate.<br />
ELENCO DELLE VITTME:<br />
Gilad Shaar, 16 anni,<br />
Naftali Fraenkel, 16 anni<br />
Eyal Yifrah, 19 anni,<br />
Mohammad Abu Khdeir, 16 anni<br />
Seraj Ayad Abed al-A’al, 8 anni<br />
Mohammed Ayman Ashour, 15 anni<br />
Hussein Yousef Kawareh, 13 anni<br />
Bassim Salim Kawareh, 10 anni<br />
Mousa Habib, 16 anni<br />
Ahmad Na’el Mehdi, 16 anni<br />
Dunia Mehdi Hamad, 16 anni<br />
Mohammed Areef, 13 anni<br />
Amir Areef, 10 anni<br />
Ibrahim Masri, 14 anni<br />
Mohammed Khalaf al-Nawasra, 4 anni<br />
Nidal Khalaf al-Nawasra, 5 anni<br />
Salah Awwad al-Nawasra, 6 anni<br />
Ranim Jawde Abdel Ghafour, 18 mesi<br />
Maryam Atieh Mohammed, 11 anni<br />
Sa’ad Mahmoud al-Hajj, 17 anni<br />
Fatima Mahmoud al-Hajj, 12 anni<br />
Palestina-Israele<br />
LA SPERANZA TRADITA<br />
Yitzhak Rabin, l'ultimo leader israeliano a volere la pace, fu assassinato<br />
dal fanatico israeliano Amir (tuttora esaltato come un<br />
eroe dalla destra israeliana) il 4 novembre 1995. Nel giro di pochi<br />
anni il potere passò alla destra e poi alla destra estrema. Nel settembre<br />
2000 Ariel Sharon riacuì il conflitto occupando manu militari<br />
la Spianata del Moschee a Gerusalemme (suscitando fra l'altro<br />
l'indignata reazione del Rabbino romano Elio Toaff). Nel settembre<br />
2009 Benjamin Netanyahu andò al governo, per un solo seggio,<br />
grazie a un accordo con l'estrema destra di Avigdor Liebermann.<br />
Da allora la politica israeliana abbandonò decisamente ogni<br />
possibile trattativa, installando migliaia di “coloni” sui terreni legalmente<br />
palestinesi e sviluppando periodicamente operazioni “militari”<br />
aventi come principale bersaglio la popolazione civile.L'ultima,<br />
che secondo l'Onu ha colpito in gran maggioranza civili indifesi, è<br />
quella di quest'estate.<br />
Dal lato palestinese la misteriosa morte di Yasser Arafat (11 novembre<br />
2004) e l'isolamento in Occidente dei leader laici che gli<br />
succedettero lasciò il potere di fatto a gruppi religiosi integralisti<br />
come Hamas. Tanto questi quanto i vari governi estremisti israeliani<br />
hanno conquistato progressivamente un massiccio consenso<br />
fra le rispettive popolazioni, terrorizzate dalla minaccia reciproca e<br />
sempre meno fiduciose nella pace.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 8<br />
Così, dopo quasi cinquant'anni, è sostanzialmente fallito il progetto<br />
politico dello Stato d'Israele, nato come rifugio (in terra araba)<br />
per gli ebrei perseguitati (dagli europei) e trasformatosi ormai<br />
in un regime di apartheid, sostenuto principalmente dalla forza militare<br />
e da una repressione durissima sulla popolazione “inferiore”.<br />
Alle nazioni occidentali (e particolarmente al'Italia, che sostiene<br />
con armi e addestramento le varie offensive di Netanyahu) ciò<br />
pone seri problemi etici e politici. Numerosi responsabili di abusi<br />
sulle popolazioni durante la crisi ex-jugoslava degli anni '90 sono<br />
stati sottoposti a processo dalle Corti penali internazionali per reati<br />
non molto dissimili da quelli perpetrati ora in Palestina.<br />
Il vescovo Desmond Tutu, noto per la transizione pacifica del regime<br />
sudafricano, ha proposto un boicottaggio internazionale verso<br />
le aziende dei “coloni” illegalmente stanziate in Palestina: uno<br />
strumento pacifico per premere sui violenti e favorire la pace.<br />
Fra ii frutti della politica di Netanyahu è infine da annoverare<br />
anche il risorgere dell'antisemitismo, che non era mai stato presente<br />
nei Paesi arabi (popolati prevalentemente da semiti) ed era<br />
solo una triste eredità della reazione europea, fino all'orrenda vergogna<br />
della Shoah e dei feroci gruppi neo-nazisti attuali.<br />
Contro di esso bisogna vigilare senza incertezze, non confondendo<br />
neanche per un attimo la solidarietà ai palestinesi oppressi<br />
con la peggiore eredità della “civile” Europa. Ebrei e arabi, palestinesi<br />
e israeliani, divisi dai potenti della terra e spinti un contro<br />
l'altro, si salveranno solo in pace e solo insieme.<br />
(r.o.)
www.isiciliani.it<br />
Abdullah Ramadan Abu Ghazzal, 5 anni<br />
Yasmin Mohammed Mutawwaq, 4 anni<br />
Bassem Abdel Rahman Khattab, 6 anni<br />
Nour Marwan al-Najdi, 10 anni<br />
Ghalia Deeb Jabr al-Ghanam, 7 anni<br />
Saher Abu Namous, 3 anni<br />
Anas Youssef Kandil, 17 anni<br />
Qassem Jaber Adwan Awdeh, 16 anni<br />
Qassi Isam al-Batash, 12 anni<br />
Mohammed Isam al-Batash, 17 anni<br />
Manar Majid al-Batash, 14 anni<br />
Anas Alaa al-Batash, 10 anni<br />
Hussam Ibrahim al-Najjar, 14 anni<br />
Ziad Maher al-Najjar, 17 anni<br />
Sara Omar Sheikh al-Eid, 4 anni<br />
Kamal Ated Youssif Abu Taha, 16 anni<br />
Ibrahim Ramadan Hassan, 10 anni<br />
Ahed Atef Bakr, 10 anni<br />
Zakaria Ahed Bakr, 10 anni<br />
Mohammed Ramez Bakr, 11 anni<br />
Ismail Mohammed Bakr, 9 anni<br />
Hamza Ra’ed Thari, 6 anni<br />
Yasmin al-Astal, 4 anni<br />
Usama Mahmoud al-Astal, 6 anni<br />
Fulla Tarek Shaheber, 8 anni<br />
Jihad Issam Shaheber, 10 anni<br />
Wassim Issam Shaheber, 9 anni<br />
Yassin al-Humaideh, 4 anni<br />
Rahaf Khalil al-Jabbour, 4 anni<br />
Mohammed Salem Natiz, 4 anni<br />
Mohammed Shadi Natiz, 15 anni<br />
Fares Jomaa al-Mahmoum, 5 mesi<br />
Walaa Abu Ismail Muslim, 12 anni<br />
Mohammed Abu Muslim, 13 anni<br />
Ahmad Abu Muslim, 14 anni<br />
Abdullah al-Samiri, 17 anni<br />
Imad Hamed<br />
Alouwein, 7 anni<br />
Qassem Hamed,4 anni<br />
Sara Mohammed<br />
Boustan, 13 anni<br />
Rizk Ahmed, 2 anni<br />
Siham Moussa Abu<br />
Jarad, 15 anni<br />
Ahlam Naim Abu<br />
Jarad, 13 anni<br />
Hania Abdel Rahman<br />
Abu Jarad, 3 anni<br />
Samih Naim, 1 anno<br />
Moussa Abdel<br />
Rahman, 6 anni<br />
Amjad Salem, 15 anni<br />
Mohammed Bassam<br />
al-Sirri, 17 anni<br />
Wissam Redda Salhia,<br />
15 anni<br />
Ibrahim Jamal Kamal<br />
Nasser, 13 anni<br />
Mohammed Ziad, 6 anni<br />
Ruaia Mahmoud, 6 anni<br />
Nagham Mahmoud, 2 anni<br />
Amer Hamoudah, 7 anni<br />
Mahmoud Anwar, 16 anni<br />
Anas Mahmoud, 17 anni<br />
Ibrahim Khalil, 13 anni<br />
Iman Khalil, 9 anni<br />
Imama Isama Khalil al-Hayya, 9 anni<br />
Talla Akram Ahmad al-Atwi, 7 anni<br />
Khalil Osama Khalil al-Hayya, 7 anni<br />
Dima Adil Abdullah Aslim, 2 anni<br />
Dina Rushdi Omar Hamadi, 15 anni<br />
Rahaf Akram Ismail Abu Joumea, 4 anni<br />
Saji Hassan Akram al-Hallaq, 4 anni<br />
Samia Hamid Mohammed al-Shaykh<br />
Khalil, 3 anni<br />
Shadi Ziad Hassan Aslim, 15 anni<br />
Assem Khalil Abed Ammar, 4 anni<br />
Ola Ziad Hassan Aslim, 11 anni<br />
Omar Jamil Soubhi Hammouda, 10 anni<br />
Ghada Soubhi Sa’adi Ayyad, 9 anni<br />
Fadi Ziad Hassan Aslim, 10 anni<br />
Qinan Hassan Akram al-Hallaq, 6 anni<br />
Mohammed Ashraf Rafiq Ayyad, 6 anni<br />
Mohammed Rami Fathi Ayyad, 2 anni<br />
Mohammed Hani Mohammad, 2 anni<br />
Marrah Shakil Ahmad al-Jammal, 11 anni<br />
Marwa Salman Ahmad al-Sirsawi, 13 anni<br />
Hiba Hamid Mohammed, 13 anni<br />
Una ragazzina palestinese rovista tra i resti della sua casa bombardata<br />
In basso: Palestinesi rastrellati dalle truppe d'occupazione (Reuters).<br />
.<br />
Mohammed Ayman al-Shaer, 5 anni<br />
Hibatullah Akram al-Shaer, 7 anni<br />
Sha’aban Jamil Ziyadeh, 12 anni<br />
Abdullah Youssef Daraji, 3 anni<br />
Mohammed Raja’ Mohammed, 15 anni<br />
Aya Bahjat Abu Sultan, 15 anni<br />
Qinan Akram al-Halaq, 5 anni<br />
Rayan Taysir Abu Jamea, 8 anni<br />
Rozan Tawfiq Ahmad Abu Jamea, 14 anni<br />
Tawfiq Ahmad Abu Jamea, 5 anni<br />
Haifa Tawfiq Ahmad Abu Jamea, 9 anni<br />
Shahinaz Walid Ahmad , 1 anni<br />
Hossam Hossam Abu Qaynas, 5 anni<br />
Ahmad Ayman Mahrous Siyam, 17 anni<br />
Mustafa Nabil Mahrous Siyam, 12 anni<br />
Ghaydaa Nabil Mahrous Siyam, 8 anni<br />
Dalal Nabil Mahrous Siyam, 8 anni<br />
Abdullah Trad Abu Hjeir, 16 anni<br />
Mayar al-Yazaji, 2 anni<br />
Bambino non identificato, 5 anni<br />
Yaser Ibrahim Dib al-Kilani, 8 anni<br />
Elias Ibrahim Dib al-Kilani, 4 anni<br />
Sawsan Ibrahim Dib al-Kilani, 11 anni<br />
Rim Ibrahim Dib al-Kilani, 12 anni<br />
Yaseen Ibrahim Dib al-Kilani, 9 anni<br />
Mona Rami al-Kharwat, 4 anni<br />
(la madre, incinta, è morta accanto a lei)<br />
Ahmad Salah abu Sido, 17 anni<br />
Rawan Ziad Hajjaj, 15 anni<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 9
www.isiciliani.it<br />
Restiamo umani<br />
Vangelo<br />
di Padre Greco<br />
in tempo<br />
di guerra<br />
Padre Greco?Un povero<br />
prete della periferia<br />
di Catania, morto dieci<br />
anni fa dopo aver servito<br />
per quarant'anni i<br />
poveri della sua parrocchia.<br />
Ha ancora qualcosa<br />
da dirci? Vediamo<br />
di padre Concetto Greco<br />
longoborina@libero.it<br />
L’OTTO SETTEMBRE<br />
DELLA PALESTINA<br />
Riportiamo il discorso di Ciampi a Porta<br />
S.Paolo per l'anniversario della Resistenza,<br />
con qualche variazione del redattore.<br />
La liberazione della propria patria dagli<br />
abusi di illegittimi occupanti vale per la<br />
storia d’Italia o per quella di ogni altra<br />
nazione oppressa. Militari e Cittadini di<br />
Gerusalemme e della Palestina, 55 anni fa,<br />
i palestinesi si ritrovarono soli, ciascuno<br />
davanti alla propria coscienza.<br />
Tanti palestinesi, in patria e all'estero,<br />
militari e civili, decisero di reagire, di<br />
combattere, pur nella deplorevole assenza<br />
di ordini chiari. Furono battaglie dure,<br />
cruente, sfortunate. Furono molti singoli<br />
episodi, spesso minori per dimensioni.. Di<br />
essi è importante che si ricostituisca una<br />
descrizione e una documentazione minuziosa,<br />
dettagliata, a disposizione non solo<br />
degli esperti di storia militare, ma anche<br />
della pubblica opinione. Ognuno di quegli<br />
episodi di resistenza alla sopraffazione fu<br />
un elemento di fondazione della Patria che<br />
si è rinnovata dal 1988 in poi.<br />
Oggi ci rendiamo conto quanto sia stato<br />
importante per noi, e quanto sia importante<br />
per i nostri figli, il fatto che quegli uomini<br />
e quelle donne decisero di reagire.<br />
Salvarono l'onore della Palestina; ne interpretarono<br />
i valori profondi.<br />
Che cosa fu l’Intifada? Fu la prova più<br />
difficile di una Nazione che proprio in<br />
quei giorni sentì di voler continuare a esistere<br />
unita,di trasmettersi indissolubilmente<br />
unita e libera alle future generazioni.<br />
Qui a Gerusalemme, davanti a queste<br />
mura millenarie, uomini combattenti e comuni<br />
cittadini combatterono e morirono<br />
perché questa era la Capitale della Palestina,<br />
assegnata da secoli ai palestinesi. Ad<br />
essi va una riconoscenza che deve durare<br />
nel tempo.<br />
Quel 1988 non fu la morte della Patria,<br />
perché allora la Patria si rigenerò nell'animo<br />
degli italiani che seppero essere, seppero<br />
sentirsi Nazione.<br />
Anche lo Stato palestinese, tragicamente<br />
assente nelle drammatiche decisive ore<br />
successive all'annuncio dell'aggressione<br />
del Likud, sopravvisse grazie alla<br />
saggezza di alcuni uomini lungimiranti.<br />
L'incapacità di organizzare la difesa del<br />
territorio e di salvaguardare la integrità<br />
delle Forze Armate palestinesi non fa dunque<br />
venir meno l'importanza del fatto che<br />
sia stata assicurata la continuità dello Stato.<br />
Questa fu condizione necessaria per<br />
preservare, a guerra finita, l'unità della Patria.<br />
Ma la continuità dello Stato vi fu perché<br />
tutti - a partire dai responsabili del<br />
l’Intifada- sentirono quanto i palestinesi<br />
volevano essere Nazione: erano una Nazione.<br />
La guerra di Liberazione alla quale molti<br />
della mia generazione hanno partecipato<br />
- chi come militare nelle Forze Armate<br />
dello Stato, chi come partigiano nella Resistenza,<br />
chi come prigioniero nei campi di<br />
concentramento – fu ed è una guerra contro<br />
la sopraffazione, e come tale largamente<br />
sentita e condivisa dalla popolazione,<br />
nelle campagne, nelle città.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 10
www.isiciliani.it<br />
Il ricordo di quei e di questi giorni è indelebile<br />
per chi li ha vissuti. Ho ancora<br />
vivo in me il senso di sbigottimento e di<br />
sdegno nel vedere un esercito allo sbando<br />
per mancanza di ordini. Fu da quel sentimento<br />
che nacque in ciascuno di noi il desiderio<br />
e il bisogno di reagire, di operare<br />
per ridare dignità a noi stessi, alla nostra<br />
Patria.<br />
Oggi a distanza di tanti anni possiamo<br />
ripercorrere i giorni con memoria decantata.<br />
La memoria comune è il fondamento<br />
della Nazione. La nostra recente storia ha<br />
un'anima: è lo spirito risorgimentale passato<br />
attraverso il dramma della dittatura e la<br />
catarsi degli anni 1988-2003. Ha la passione<br />
civile che solo la condivisione profonda<br />
e vissuta di valori quali quelli maturati dai<br />
palestinesi nella loro storia secolare può<br />
generare. E' questo il cemento morale che<br />
ci fa guardare con fiducia al nostro futuro,<br />
che ci fa sentire uniti nell'amore per la nostra<br />
Patria, nell'orgoglio di essere palestinesi.<br />
La guerra di Liberazione è condotta dalle<br />
Forze Armate Palestinesi e dalle Formazioni<br />
rivoluzionarie con eccezionale impegno.<br />
Questo impegno deve essere ricordato<br />
non solo per la riconoscenza che dobbiamo<br />
a chi è caduto, ma anche perché segna<br />
il riscatto di un popolo, l'inizio del<br />
percorso di rifondazione civile e istituzionale<br />
dello Stato, che si concluderà con la<br />
nascita della Repubblica e con la Costituzione,<br />
che proclamerà la Palestina "una e<br />
indivisibile", nella libertà, nella democrazia.<br />
DO’ VANGELU<br />
SECUNNU LUCA<br />
Capitàu 'n sabutu ca Gesù ava trasutu<br />
na casa di unu dè capi raisi de farisei ppi<br />
mangiari e a gente stava ddà a taliarlu.<br />
Virennu comu li 'nvitati s'affuddavunu a<br />
pigghiarisi i megghiu posti, ci stampau na<br />
lizioni:<br />
«Quannu si 'mmitatu na 'n spunsaliziu<br />
da corcarunu, non t'assittari 'o primu postu,<br />
pirchì po’ capitari ca arriva unu cchiù<br />
'mpurtanti di tia e chiddu ca v'invitau veni<br />
a diriti: susiti, ca ddocu s'assittari st'amicu<br />
me.<br />
Allura ti finisci d'assittariti all'ultimu<br />
postu, cù tantu di mala cumparsa.<br />
'Nveci, quannu sì mmitatu, si t'assetti<br />
all'ultimu postu vinennu u patruni 'i casa<br />
ti dici: unni ti 'o mittisti. veni cchiù avanti.<br />
Accussì fai na bedda cumparsa davanti<br />
a tutti e 'mmitati. Pirchì cuegghiè si senti<br />
cacocciula, finisci murtificatu, e cu s'incala,<br />
agghiorna cchiù 'mpurtanti».<br />
Poi ci rissi o patruni i casa:<br />
«Quannu ammiti qualcunu a mangiari<br />
ni tia, no ammitari i tò amici, o i to frati, o<br />
i tò parenti, e mancu genti ricca, picchì<br />
chissi si levunu l'obbligu ammitannuti macari<br />
iddi.<br />
O cuntrariu: quannu fai 'n fistinu, ammita<br />
puvireddi, storpi, zoppi e cechi, accussi<br />
si cuntentu di non aspittariti nenti di<br />
nuddu.<br />
'gn'iornu appoi ricivi 'n ringraziamentu<br />
ranni quannu t'assetti cu tutti l'autri galantomini<br />
nò jornu da risurrezioni».<br />
Si dici: Parola do Signuri.<br />
In questa pagina di vangelo pare che<br />
Gesù condivida le conclusioni di psicologi,<br />
moralisti e sociologi, che asseriscono<br />
non poter alcun uomo saper soppesare la<br />
giusta valenza della sua personalità.<br />
Qualcuno si sente più importante di<br />
quanto non lo è e nessuno sa prendere nella<br />
società il posto che gli compete.<br />
Allora Gesù consiglia di andarsi a sedere<br />
all'ultimo posto, in modo da aver assegnato<br />
dal padrone di casa il luogo e il ruolo<br />
esatto che deve ricoprire.<br />
Com'è difficile capire la propria personalità,<br />
sapersi presentare per come si è, e<br />
soprattutto saper vivere in equilibrio in<br />
modo di non darsi troppe arie e neppure<br />
gettarsi a terra sotto i piedi degli altri…<br />
Noi siamo pronti a lamentarci delle storture<br />
altrui, sparliamo degli ammanchi degli<br />
altri, ma mai riusciamo a centrare il disegno<br />
della nostra identità.<br />
Chi siamo?<br />
Potremmo fare un collage di tutti i giudizi,<br />
non sempre completamente sinceri ed<br />
oggettivi, che ci arrivano dagli altri, ma<br />
non siamo abituati a perdere un po’ di<br />
tempo a osservare allo specchio la nostra<br />
persona (non parlo quindi della nostra faccia,<br />
del nostro corpo), ad avere una più approssimata<br />
immagine di noi stessi.<br />
Ma forse non ne abbiamo il coraggio!<br />
Ci barcameniamo come riusciamo,<br />
pensandoci al posto giusto.<br />
Ma non sempre imberciamo la stradetta<br />
appropriata.<br />
Se siamo infetti di superomismo tiriamo<br />
avanti, senza alcuno scrupolo;<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 11
www.isiciliani.it<br />
se siamo timidi, riservati, cerchiamo<br />
l'ultimo posto, senza neppure attenderci<br />
che qualcuno ci dica di passare avanti,<br />
contenti di stare da parte, inosservati, non<br />
calcolati, quasi quanto non ci consideriamo<br />
noi stessi.<br />
Sarà forse la paura di non esistere a farci<br />
passare avanti, o, invece, la paura della libertà<br />
di esistere a farci stare sempre un<br />
passo indietro?<br />
Il secondo discorso di Gesù verte sulle<br />
aspettative dagli altri:<br />
Le aspettative da Dio medesimo:<br />
"Ma come, abbiamo fatto sempre del<br />
bene, abbiamo financo pregato, frequentato<br />
le processioni, fatto delle elemosine<br />
adottato bambini a distanza”<br />
e Dio non tiene conto di tutto quel bene<br />
che abbiamo operato?<br />
Le aspettative dai nostri simili:<br />
gli abbiamo offerto un pranzone, alle<br />
sue nozze gli abbiamo fato un regalo costoso,<br />
siamo andati al funerale del suo parente,<br />
e questi si sono dimenticati, hanno<br />
buttato tutto dietro le spalle?<br />
Le aspettative da noi stessi.<br />
Abbiamo fatto il nostro dovere, abbiamo<br />
fatto le scuole alte, non abbiamo perduto<br />
tempo in sollazzi vari, ed ora ci tocca di<br />
stare in un posto di secondaria importanza?<br />
Aspettarsi qualcosa frequentemente ha<br />
come conseguenza la delusione del non riscontro<br />
nella società in cui viviamo, dal<br />
facile oblio.<br />
Tutti ci deludono, solo perché noi abbiamo<br />
coltivato in seno tante attese.<br />
È meglio fare ogni cosa con gratuità,<br />
senza aspettarci ricompense, senza avanzare<br />
spettanze, solo per la gioia di fare<br />
quel gesto, quel dono, quel servizio; così<br />
non sperimenteremo scontenti e delusioni.<br />
LA CIVILTA’ DEL<br />
NUOVO MILLENNIO<br />
L'uomo della strada si è svegliato male,<br />
all'alba del nuovo millennio. Senza saperlo,<br />
si è ritrovato nello stesso ambiente sociale<br />
del suo fratello, ormai da tempo seppellito,<br />
il cittadino comune degli albori del<br />
secondo millennio.<br />
Allora il papa faceva guerra all'imperatore,<br />
i signorotti lottavano per ottenere una<br />
ragguardevole investitura, e egli, suddito<br />
di quel barone o di quell'altro conte, si doveva<br />
destreggiare per non morire di fame<br />
o di spada.<br />
Nel 2000, in questo ripristinato medio<br />
evo, il cittadino deve cavarsela alla men<br />
peggio, per sopravvivere con le fattezze (l'<br />
"apparenza") di uomo. Trova in suo soccorso<br />
una cultura che lo sorregge e lo fa<br />
andare avanti, quella dell' "usa e getta".<br />
Sarà una cultura prodotta dal consumismo,<br />
la nuova civiltà, ma lui se ne serve per tirare<br />
a campare: non può farci niente.<br />
Il papa? Dice tante cose buone, che mi<br />
servono. Difende la famiglia, la mia famiglia,<br />
che ho da ridire? Predica la morale<br />
della sua religione? Mi sta bene: l'altro<br />
non mi deve ammazzare, non deve rubarmi<br />
la moglie, non deve sgraffignarmi i<br />
miei averi, non deve calunniarmi…, financo<br />
i miei figli mi dovrebbero rispettare e<br />
ubbidire.. Lunga vita al papa!<br />
(Quanto a me, la cosa cambia: se mi capita<br />
di pugnalare alle spalle il "collega",<br />
me lo consento: con una vita difficile<br />
come la nostra, non devo portarmi avanti<br />
nella carriera? Qualche scappatella non<br />
posso lasciarmela …scappare, sia pure con<br />
la moglie del "collega", se posso fare la<br />
cresta sui conti, che sono scemo da non<br />
approfittarne, e quanto a parlar male del<br />
"collega" non se ne può fare a meno al lavoro:<br />
mica si può parlare sempre di calcio<br />
e raccontare le solite barzellette<br />
piccanti…). La religione, "usa e getta".<br />
Lo stato non mi protegge, non mi serve<br />
mai abbastanza: vado – di rado , per fortuna<br />
– al pronto soccorso e devo aspettare<br />
sei ore prima di esser visto da un medico,<br />
da cui mi difendo minacciandolo di una<br />
querela; accompagno mio figlio dagli insegnanti<br />
e questi mi calunniano il bambino,<br />
dicendo che è svogliato, che è pasticcione,<br />
che parla in continuazione: tutte calunnie,<br />
ve lo assicuro: bisognerebbe stampare anche<br />
a questi lestofanti, travestiti da maestri,<br />
una denuncia bella e buona… Posteggio<br />
la macchina in seconda fila, la chiudo<br />
e vado a far la spesa, e quando torno, non<br />
la trovo circondata da vetture in terza fila?<br />
E dove stanno le guardie municipali?...<br />
Lo stato serve per assicurarmi dei servigi,<br />
lo uso e lo getto, perché cos'ho da fare<br />
io per questo stato?<br />
Non basta che io vada a votare ogni sei<br />
mesi, per gente che si arrampica per usarlo,<br />
questo stato, onde poter arrotondare i<br />
propri conti?<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 12
www.isiciliani.it<br />
Ma andiamo a cerchi più ristretti: quelli<br />
del condominio? Devono pagare puntualmente<br />
la luce della scala, la donna che la<br />
lava… Ora che ci penso, mi sembra che<br />
anche questo mese mi sia dimenticato di<br />
pagare la mia quota…<br />
I vicini: Se non lo chiedo a loro, un favore,<br />
a chi lo devo chiedere, se no?! mica<br />
mia suocera mi può favorire via cellulare!<br />
«Ce l'ha due foglie di prezzemolo? Un<br />
bicchiere di zucchero per il mio piccolino,<br />
che mi sono dimenticato di comprarlo, stasera?<br />
Una tazza di olio, giusto per friggere<br />
quattro calamari a mio marito?» – Ma che<br />
screanzati questi condomini: ti bussano a<br />
tutte l'ore, vogliono sapere se ce l'hai la<br />
luce, se ti funziona l'internet, se si doveva<br />
pagare questo mese la bolletta dell'acqua?<br />
Anche qui, "usa e getta".<br />
Ma restringiamo ancora il cerchio: i parenti,<br />
anche quelli stretti, da tenere a bada:<br />
mio cognato ha fatto a mia figlia un regalo<br />
di nozze da 200 euro: non si vergogna?<br />
Ma io gliela faccio pagare questa offesa,<br />
cercherò al mercatino qualche cianfrusaglia<br />
da 100 euro da regalare a suo figlio<br />
che sposa… La moglie mi serve per tenere<br />
in ordine la casa, per farmi trovare sempre<br />
lavata e stirata la camicia, per accogliermi<br />
a …braccia aperte a letto, per confortarmi<br />
con una buona tazza di brodo caldo, quando<br />
mi sento male... e non mi disturbi quando<br />
mi vedo la partita alla tv!<br />
I miei figli? Quanti bastano: possibilmente<br />
uno, o al massimo due: che con i<br />
tempi che corrono non se ne possono mantenere<br />
più di tanti!<br />
Che siano furbi, con i compagni, con i<br />
cuginetti, a scuola, al supermercato... Mi<br />
devono far fare una bella figura, ovunque<br />
li porto. Ma non mi devono poi rompere,<br />
con le loro richieste sempre più esose…<br />
Insomma, tutto al mio servizio, tutto da<br />
usare e poi gettare. La civiltà del nuovo<br />
millennio.<br />
IL BANCO<br />
DEI SOMARI<br />
Mi sono riservato il banco dei somari. Io<br />
rifuggo da ogni dibattito: e il motivo non è<br />
nascosto: Io penso che vi sia bisogno per<br />
ogni confronto una parità fra i due .<br />
Non riesco a mettere in forse le mie<br />
scelte di vita con le idee di chi si è abbandonato<br />
alle scelte altrui.<br />
Il sottoscritto ha scommesso la sua vita<br />
per i poveri, mentre altri hanno scommesso<br />
la loro perché i propri figli stessero<br />
bene – socialmente, culturalmente, economicamente<br />
– o, possibilmente, meglio degli<br />
altri. Questa è la vera disparità che mi<br />
separa...<br />
Quando uno scommette la sua vita per i<br />
poveri non può confrontarsi con chi difende<br />
i ricchi.<br />
I miei conoscenti per bene mi affibbiano<br />
l’appellativo di comunista; ma io mi trovo<br />
abbastanza distante da chi, a parole, difende<br />
la classe operaia, ma degli operai si serve<br />
per tentare di scalare i vertici dei poteri<br />
politici.<br />
Servire i poveri è ben altra cosa che servirsene.<br />
Così ho ben poco da confrontarmi<br />
con chi si ritrova sul treno della borghesia,<br />
o con chi indossa la divisa di difensore del<br />
popolo, mentre tenta di salire su quel treno<br />
che insegue da sempre.<br />
La vita è incommensurabile con le simpatie<br />
politiche, ancor meno con le chiacchiere.<br />
Quando invio una e-mail lo faccio perché<br />
non riesco a rassegnarmi alla sconfitta<br />
dei poveri.<br />
Io mi sono scelto un posto all’ultimo<br />
banco della classe, quello riservato ai somari.<br />
Non oso alzare il dito, perché i compagni<br />
si metterebbero a ridere; ma a volte<br />
non posso non sussurrare la mia protesta<br />
che mi viene dal fondo dell’anima e la mia<br />
solidarietà con quelli che sono stati relegati<br />
in fondo all’aula.<br />
CI SENTIREMO,<br />
CI VEDREMO<br />
From: 3,14 <br />
Date: 4-set-2007 8.19<br />
Subject: Informazioni sulla scomparsa...<br />
del fantasma 3.14<br />
Oggi dovrei entrare in clinica per accertamenti<br />
più accurati e per terapia.<br />
Mi hanno scoperto altri malanni, ma può<br />
darsi che abbiano scambiato le analisi con<br />
quelle di qualcun altro.<br />
Vedremo.<br />
Vivrò ancora una volta questa insolita<br />
avventura.<br />
Grazie della vostra disponibilità, ma mi<br />
sento già troppo coccolato.<br />
Ci sentiremo o ci vedremo.<br />
Un abbraccio.<br />
3.14<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 13
www.isiciliani.it<br />
Che ti dice la patria<br />
La triste Italia<br />
dei Mario Ciancio<br />
Catania come metafora.<br />
Ascesa, caduta e tutto<br />
quel che (purtroppo) ci<br />
sta in mezzo<br />
di Riccardo Orioles<br />
Molti anni fa, a un ricevimento romano,<br />
il cavaliere del lavoro Rendo (uno<br />
dei quattro “cavalieri dell'apocalisse<br />
mafiosa” denunciati da Fava, dalla<br />
Chiesa e Carlo Palermo) si avvicinò a<br />
un ministro col solito sorriso e la mano<br />
tesa. Il ministro - Spadolini - lo squadra.<br />
Poi senza una parola si volta e se<br />
ne va. Quello resta là, col sorriso gelato<br />
e la mano per aria.<br />
Ecco, la storia dei cavalieri è finita in<br />
quel momento lì. Rendo, nonostante le inchieste,<br />
non fu mai arrestato e i Rendo<br />
contano ancora parecchio (negli Usa, in<br />
Ungheria, in Est Europa). Ma il potere assoluto,<br />
nel loro povero paese, non l'hanno<br />
avuto mai più.<br />
Questa è l'aria che tira in questi giorni<br />
nella capitale dell'Italia nascosta, che è<br />
Catania. Non sappiamo se Mario Ciancio,<br />
alla fine di una delle inchieste che lo riguardano,<br />
sarà arrestato; del resto noi, alla<br />
sua età, non gli auguriamo certo la galera.<br />
Ma potrebbe arrivare il momento, in<br />
nome del popolo italiano, in cui un magistrato<br />
emetterà, o per una cosa o per<br />
l'altra, una condanna. A un minuto di carcere,<br />
non più: tanto da lasciar dire ai superstiti,<br />
anche se tardi e inutilmente, che<br />
giustizia è fatta.<br />
Cosa porta a pensieri del genere, in questa<br />
fine d'estate? La cronaca giudiziaria,<br />
certamente. Ma soprattutto il fatto che da<br />
qualche tempo in qua non si sente altro<br />
che "Ciancio? Mai visto, mai conosciuto!".<br />
Giornalisti, notabili, cortigiani, affaristi,<br />
tutti sotto il liotru prendono le distanze.<br />
Chi rozzamente, chi con letteraria<br />
eleganza. "Ma chi erano i fascisti, in Italia?"<br />
si chiedeva Churchill dopo il '45. Lo<br />
stesso, i cronisti futuri studiando le rovine<br />
di Catania (metaforiche, si spera) per le<br />
generazioni che verranno.<br />
Una tirannia condivisa<br />
I quarant'anni di Ciancio, in realtà, sono<br />
stati una tirannia condivisa. Tirannia perché<br />
in città, per quarant'anni, non c'è stato<br />
nè sindaco nè podestà (qui differivano<br />
solo di nome) nè vescovo nè prefetto nè<br />
deputati nè toghe; gli stessi boss della mafia,<br />
massima istituzione locale, comandavano<br />
solo fino a un certo punto.<br />
E condivisa perché tutti costoro, e molti<br />
altri, non obbedivano a bocca storta, violati,<br />
ma con gioiosa sollecitudine, certi di<br />
fare il bene proprio e della patria.<br />
Immaturità democratica, ignoranza?<br />
Certo, di democratico qui non ci fu mai<br />
niente, salvo qualche occasionale rivolta<br />
popolare o ciò che nei tempi moderni le si<br />
assomiglia; noi votiamo, a Catania, solo<br />
perché gli americani, conquistata la città,<br />
c'imposero con le armi la democrazia.<br />
Uno stuolo d'intellettuali e baroni<br />
Ma, la spiegazione antropologica non<br />
convince. Perché Catania è città coltissima,<br />
ha dozzine di scrittori e scrittrici che<br />
vanno sui giornali, opinion-maker di Repubblica,<br />
un’università del quindicesimo<br />
secolo (ma i più accesi dicono dei tempi<br />
di Caronda) e uno stuolo di intellettuali e<br />
baroni in grado di disquisire su qualunque<br />
argomento. E con tanta cervella in giro,<br />
come ha fatto un tirannello di provincia a<br />
imporre un’egemonia di quarant’anni su<br />
cotanta città? Professori di Ciancio<br />
(“Qua, la mafia non esiste!”), avvocati di<br />
Ciancio, pensatori di Cancio (“Fava?<br />
Storia di fimmine, fu!”), destr-sinistr di<br />
Ciancio, persino uno stile architettonico<br />
ciancesco. Colpa di Santapaola (che pure<br />
col nostro eroe fu cul-e-camicia per tutto<br />
il tempo)?<br />
Niente capri espiatori<br />
No, no. Niente capri espiatori. La verità<br />
è che a Catania, per quarant’anni, non c’è<br />
stato un Ciancio solo ma ce ne sono stati<br />
ventimila: tutti coloro cioè che hanno<br />
messo ogni mattina una cravatta, se la<br />
sono annodata con serietà e attenzione e si<br />
sono guardati allo specchio soddisfatti di<br />
sè e della propria importanza. La borghesia<br />
mafiosa, dicevano gli antichi maestri.<br />
Eccezioni pochissime, e quelle poche<br />
strane e originali. Dall’ingegnere Mignemi,<br />
coi suoi su-e-giù in via Etnea col suo<br />
cartello “no alla speculazione” al collo,<br />
ai preti di miseria come padre Greco,<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 14
www.isiciliani.it<br />
“ Il Sistema (che chiamare semplicemente mafioso<br />
è ormai un po' obsoleto)<br />
è un mix di meccanismi sociali, egemonie culturali,<br />
violenze mirate e consenso indotto.<br />
Noi quaggiù l'abbiamo visto crescere.<br />
Ora è, a Nord e a Sud, un problema vostro”<br />
agl’ingegneri ribelli come Pippo D’Urso,<br />
ai professori selvatici come Nino Recupero,<br />
ai giornalisti scherniti come Giuseppe<br />
Fava; ai parrocchiani di don Resca che<br />
denunciava Santapaola al posto di polizia<br />
e magistrati, ai volontari del Gapa, ai poveri<br />
giornalisti dei <strong>Siciliani</strong>, ai pochi compagni<br />
fedeli come Cosentino e Centineo;<br />
ai volontari del Gapa, ai giudici come Scidà,<br />
bruciato dalla pietà per i ragazzi dei<br />
ghetti; e pochi ancora. Tutti dimenticati,<br />
morti e vivi, allegramente digeriti dalla<br />
città grassa e crudele, non puttana simpatica<br />
come diceva Fava ma prostituta degli<br />
occupanti come nei centoventi giorni –<br />
qui, furono quarant’anni - di Pasolini.<br />
I poveri e i ragazzi<br />
L'onore della città, in questa interminabile<br />
occupazione - che non è terminata: il<br />
dopo-Ciancio sarà più “democratico” ma<br />
non meno feroce – s'è rifugiato nei poveri<br />
e nei ragazzi. I poveri di Catania, ferocemente<br />
abbandonati all'ignoranza e ai loro<br />
ghetti, in guerra ogni santo giorno per il<br />
pranzo o la cena, tiranneggiati dalla mafia<br />
e costretti a fornirle, come in un tributo<br />
ottomano, parte dei propri <strong>giovani</strong> per le<br />
sue imprese, eppure si ribellarono, nell'84<br />
e nel '93, sia pure per pochi giorni.<br />
I <strong>giovani</strong> e <strong>giovani</strong>ssimi, in quattro generazioni<br />
successive, crearono movimenti<br />
e si batterono, soli e senza potere, come<br />
leoni. Non furono colpa loro le sconfitte<br />
(incontri ai quattro angoli d'Italia emigrati<br />
che “io ero nei <strong>Siciliani</strong>”) né l'orrore sociale<br />
che, un decennio dopo l'altro, spremè<br />
ferocemente sangue e anima di quella<br />
che era stata la più allegra e spavalda città<br />
del Sud.<br />
“E io che c'entro?”<br />
Va bene: hai letto con civile attenzione,<br />
amico mio romano o milanese, ma ora cominci<br />
a chiederti: “E io che c'entro?”.<br />
Ma vedi, in realtà abbiamo parlato di<br />
Roma e Milano. Catania e la Sicilia sono<br />
state un punto d'inizio, ma ciò che era<br />
nato qui adesso è compiutamente e pienamente<br />
- perlomeno - italiano.<br />
Dell'Utri, eletto a Milano, ha governato<br />
l'intera Italia (con altri, famosi e non) per<br />
un pieno ventennio; il suo “governo”, se è<br />
vero che Berlusconi è ancora socio in<br />
maggioranza, in un certo qual senso dura<br />
ancora. Questo nella politica, che è lo<br />
strato superficiale del potere: ma pensa<br />
agli “imprenditori” e alla finanza, a quelli<br />
che comandano davvero. Quanta percentuale<br />
di questo potere è “mafioso”?<br />
“Mafioso”, bada bene, non significa<br />
“che spara e ammazza” (per questo ci<br />
sono dei tecnici dedicati) ma che nel suo<br />
complesso, esercita una potestà sempre<br />
più piena e assoluta, non rifuggendo dalla<br />
violenza ma usandola con precisione chirurgica<br />
quando conviene. Il Sistema (che<br />
chiamare semplicemente mafioso è ormai<br />
un po' obsoleto) è un mix di meccanismi<br />
sociali, egemonie culturali, violenze<br />
mirate e consenso artificialmente indotto.<br />
Noi, quaggiù, l'abbiamo visto crescere,<br />
a Palermo e Catania, ben prima di Berlusconi.<br />
Noi non ce l'abbiamo fatto a fermarlo,<br />
e ora è un problema vostro.<br />
Divieto di Mozart<br />
LA CULTURA A CATANIA<br />
La piazza si affolla di ragazzini e ragazzine<br />
che si sistemano sulle sedie, aprono<br />
gli astucci dei loro strumenti musicali, li<br />
accordano iniziano le prove orchestrali.<br />
Siamo a Catania in piazza san Cristoforo,<br />
in uno dei quartieri più poveri della città.<br />
Non è un'iniziativa dell'assessorato "alla bellezza condivisa" o<br />
dell'Estate Catanese ma un'azione di protesta della Fondazione<br />
"Le città invisibili", che da anni ha messo su "l'orchestra sinfonica<br />
infantile Falcone e Borsellino". Un'orchestra di piccoli musicisti che<br />
vengono dai quartieri dimenticati della città. Ragazzi che combatto<br />
no mafie e illegalità istituzionale a suon di Mozart e di Vivaldi.<br />
Ma a Catania la voce dei quartieri popolari non è molto ascoltata,<br />
neanche in musica. Così la nostra orchestra si ritrova senza nemmeno<br />
una sede dove provare. Prima provavano nella parrocchia<br />
del quartiere, ma è stata dichiarata inagibile. Hanno chiesto aiuto al<br />
Comune, ma nessuna risposta.<br />
La piazza, ora, s'affolla di genitori del quartiere.<br />
"Ma perché 'sti ragazzini debbono provare qui,<br />
fra macchine e confusione?".<br />
Qualche giorno prima aveva dovuto chiudere la<br />
"Mangiacarte", la libreria popolare di Antico Corso.<br />
Faceva un lavoro importante, prestava libri,<br />
organizzava cose per lanciare cultura là dov'è<br />
negata. Anche qui, Comune tace e non risponde.<br />
Eppure in città ci sono molti beni comuni abbandonati,<br />
molti beni confiscati alle mafie. A giugno è<br />
stato approvato il regolamento sui beni confiscati. Buono o cattivo<br />
che sia, almeno c'è: abbiamo il diritto di vederci restituire questi<br />
beni che ci toccano di diritto.<br />
Allora, diciamo alle organizzazioni che con la cultura e le battaglie<br />
sociali fanno antimafia sociale di unirsi, formare un fronte che<br />
chieda e pretenda i beni comuni e i beni confiscati alle mafie, in<br />
modo che i ragazzini e le ragazzine con la musica e i libri possano<br />
combattere l'ignoranza e l'oppressione mafiosa, che tanto comodo<br />
fanno al potere. Solo con una lotta comune potremo riuscire ad<br />
ascoltare e vedere dei <strong>giovani</strong> musicisti regalarci musica e cultura.<br />
Non per amor di protesta ma perchè è un diritto.<br />
Giovanni Caruso,GAPA<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 15
www.isiciliani.it<br />
Italia nascosta<br />
GLI ARMADI DELLA REPUBBLICA<br />
I segreti di Cattafi<br />
Fra le tante notizie estive, una riguarda<br />
Catania (un luogo, come sappiamo,<br />
non solo geografico) molto trasversalmente.<br />
Un killer di Santapaola,<br />
Avola, pentito dopo molti omicidi (fra<br />
cui, per mandati eccellenti, cui quello di<br />
Giuseppe Fava), racconta di un complotto<br />
mafioso, nel '92, per assassinare<br />
il magistrato Antonio Di Pietro.<br />
Ci sono, secondo il sicario, finanzieri<br />
come Francesco Pacini Battaglia, politici<br />
come Cesare Previti (che smentisce indignato),<br />
boss catanesi come Eugenio Galea<br />
e Marcello D’Agata, Michelangelo Alfano,<br />
referenti siculo-calabresi come Michelangelo<br />
Alfano e, in rappresentanza dei<br />
Noti Servizi, Rosario Cattafi.<br />
La cosa finisce lì, per quanto ne sappiamo<br />
(e ne sappiamo ben poco) e agli atti<br />
resta soprattutto l'inquietante presenza, in<br />
un classico summit mafia-politica, d'un<br />
uomo coi piedi in entrambe come Cattafi.<br />
Politica in senso assai ampio, che va dal<br />
rifacimento delle repubbliche (da prima al<br />
seconda, con relativi governi, a sanguinose<br />
“rivoluzioni”, “di sinistra” o di destra.<br />
*<br />
Queste ultime, con servizi segreti, strateghi<br />
“alleati”, attentati esplosivi e pallottole<br />
a iosa, coprono tutti gli anni Settanta<br />
e parte degli Ottanta, valendosi fra l'altro<br />
di gruppi come Ordine Nuovo e Avanguardia<br />
Nazionale, in parte reclutati e in<br />
parte manovrate da fuori. Poi il turno<br />
passa alle “rivoluzioni” “di sinistra”, e<br />
stavolta a essere manovrati e/o infiltrati<br />
sono gruppi come le Brigate rosse della<br />
seconda fase, coi promotori originari già<br />
morti o in galera. Mafia camorra e 'ndrangheta,<br />
in questo periodo, sono semplici<br />
associazioni criminali (ufficialmente) che<br />
di politica s'interessano poco e niente,<br />
salvo - in Sicilia - “fare le elezioni” per i<br />
governi e far fuori gli oppositori.<br />
L'omicidio Caccia<br />
Il 26 giugno 1983 un uomo sta portando<br />
a spasso il cane dopo una giornata di riposo.<br />
Arriva una macchina con tre uomini a<br />
bordo che aprono il fuoco con quattordici<br />
colpi di cui tre alla nuca. Muore così il<br />
procuratore capo di Torino Bruno Caccia.<br />
Caccia era stato il primo a intuire quella<br />
che dieci anni dopo sarebbe stata Tangentopoli,<br />
e a capire quanto già fosse forte a<br />
Torino la ‘ndrangheta, che al nord allora<br />
era praticamente sconosciuta.<br />
Fu un boss della<br />
'ndrangheta, Mimmo<br />
Belfiore, a dare<br />
l'ordine dell'agguato.<br />
Ma una rivendicazione<br />
brigatista<br />
dell'attentato fu tuttavia<br />
preparata, e fu<br />
stampato il relativo<br />
volantino. Dove fu ritrovato il volantino?<br />
Guarda caso, in casa di Rosario Cattafi. E<br />
che fine ha fatto? Documento e verbale di<br />
perquisizione non compaiono nel<br />
fascicolo d’indagine.<br />
Una storia silenziata<br />
Di Cattafi non si sente parlare più molto<br />
adesso, nonostante l'arresto avvenuto due<br />
anni fa, come boss della mafia messinese,<br />
dove aveva raggiunto un grado molto<br />
elevato.. Ne si parla più di tutta la<br />
costellazione di “estremisti” neri, in realtà<br />
collegati in gran parte con le periferie dei<br />
servizi, che portarono avanti –<br />
probabilmente con successo – la politica<br />
parallela degli anni Ottanta-Novanta.<br />
Tornano nelle cronache, ogni tanto, per<br />
qualche occasionale regolamento di conti<br />
(quest'estate, a Roma); per il resto,<br />
ufficialmente, sono fantasmi del passato.<br />
Società civile<br />
LA NOMINA DI CUTICCHIA<br />
Apprendiamo con vivo sconcerto che il Patto dei Democratici<br />
per le Riforme che sostiene il governo Crocetta ha affidato a Vincenzo<br />
Culicchia il Piano <strong>giovani</strong>. “Non poteva essere fatta scelta<br />
migliore - afferma il capogruppo Picciolo - che indicare una personalità<br />
qual è Culicchia di grande esperienza e capacità, nonché di<br />
grande spessore umano, per collaborare con il PDR alle riforme<br />
necessarie in settori come la formazione professionale e il mercato<br />
del lavoro“.<br />
Chiediamo il curriculum di Vincenzino Culicchia direttamente al<br />
Presidente Crocetta, visto che proprio lui a Gela ha inaugurato,<br />
da sindaco, la casa di Rita Atria e più volte ha speso parole di<br />
elogio per Rita Atria... la Picciridda che accusava proprio Culicchia.<br />
Vero, Culicchia è stato assolto. Noi non possiamo certo condannarlo<br />
sul piano giudiziario ma lo possiamo fare su quello politico.<br />
Per noi Culicchia non è un uomo di grande spessore né politico,<br />
né umano.<br />
Chiediamo che il Presidente Crocetta vada a cercare lo spessore<br />
politico e umano nella Relazione della Giunta per le Autorizzazioni<br />
a Procedere dell’11 maggio del 1992 (trasmessa al Ministro<br />
Martelli e il 15 giugno 1992 alla Presidenza, Casablanca nr.<br />
25). La Camera concesse ai giudici l'autorizzazione a procedere.<br />
Poi fu assolto ma non serve una condanna per il giudizio politico.<br />
Bastano le carte i fatti, le azioni, le attività, le frequentazioni.<br />
Rita nel suo diario aveva scritto: "Credo proprio che mai Culicchia<br />
andrà in galera. Mai nessuno riuscirà a trovare le prove che<br />
lo accusano e provino che dico la verità. Sono sicura che mai riuscirò<br />
a farmi credere dai giudici, vorrei che ci fosse papà, lui riuscirebbe<br />
a trovare le prove che lo facciano apparire per quello<br />
che veramente è ma naturalmente le parole di una diciassettenne<br />
non valgono nulla...".<br />
Chiediamo a chi dice di fare memoria per Rita Atria di esprimersi<br />
sulla scelta dei sostenitori del governo Crocetta e sul silenzio<br />
assenso del Presidente Crocetta. Lo chiediamo a chi si presenta<br />
con la fascia tricolore davanti alla tomba di Rita. Lo chiediamo a<br />
chi approva le leggi per il risarcimento dei testimoni nel nome di<br />
Rita Atria... e siamo certi che le associazioni che ricordano puntualmente<br />
morte e compleanni di Rita sapranno prendere le dovute<br />
distanze.<br />
Associazione Antimafie Rita Atria<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 16
www.isiciliani.it<br />
Legalità<br />
Gli impuniti<br />
del depistaggio<br />
Intervista a Davide<br />
Mattiello sulla legge sostenuta<br />
da Libera per<br />
istituire finalmente il<br />
reato di depistaggio<br />
di Rino Giacalone<br />
www.vedisito.it<br />
C’è un reato che sebbene commesso<br />
spesso e platealmente resta sempre impunito:<br />
il depistaggio. Non c’è indagine<br />
in Italia, di quelle che contano, di quelle<br />
sulle stragi, dove non si colga l’ombra<br />
del depistaggio, spesso confuso con<br />
l’errore investigativo o tutto al più punito<br />
con la contestazione del falso. E<br />
qui c'è sempre la prescrizione incombente.<br />
Nel processo che si è appena concluso<br />
per l’uccisione di Mauro Rostagno, caso<br />
in cui il depistaggio si tocca con mano,<br />
c’è un maresciallo dell’Arma che l'avrebbe<br />
potuto meritare in pieno. La sua posizione,<br />
assieme a quella di un’altra decina<br />
di testimoni, verrà vagliata come falso.<br />
L’onorevole Davide Mattielo (indipendente<br />
Pd ma soprattutto uomo di Libera)<br />
sta provando in Parlamento a fare introdurre<br />
nel codice penale il reato di depistaggio.<br />
“L’approvazione del nuovo reato di depistaggio<br />
ed inquinamento processuale –<br />
spiega - rappresenta una presa d'atto doverosa<br />
e dolorosa. La democrazia nel nostro<br />
Paese, infatti, è stata ed è spesso avvelenata<br />
da chi ostacola la ricerca della<br />
verità, almeno di quella particolare verità<br />
che è quella giudiziaria. È una presa d'atto<br />
dolorosa, perché ricorrere all'ennesima<br />
nuova norma penale rappresenta pur sempre<br />
un fallimento per chi, come me, ha<br />
un'idea di Stato fondata sulla libertà della<br />
persona e sulla presunzione di onestà”.<br />
- Un passo importante ma che induce<br />
al pessimismo?<br />
“Non è con il diritto penale che si monda<br />
la società. Quando si arriva a dover intervenire<br />
attraverso la sanzione penale di<br />
una condotta tanto radicata e diffusa come<br />
quella della quale trattiamo, si sta con ciò<br />
stesso denunciando una grave deficienza<br />
democratica sul piano culturale. Il diritto<br />
penale non basterà mai, se non si agisce<br />
efficacemente la leva culturale”.<br />
- Il nuovo articolo 375 prevede di colpire,<br />
tra le altre, la condotta di chi immuti<br />
artificiosamente lo stato delle persone<br />
connesse al reato. A cosa dobbiamo<br />
pensare leggendo questa frase?<br />
“Dobbiamo pensare, tra le altre, alla<br />
possibilità che qualcuno avvicini un detenuto,<br />
magari un detenuto al 41-bis, e gli<br />
suggerisca quale parte recitare in commedia.<br />
Dobbiamo pensare, tra le altre, alla<br />
possibilità che qualcuno avvicini un collaboratore<br />
di giustizia e gli suggerisca quale<br />
parte recitare”.<br />
- Caso Scarantino, depistaggio strage<br />
via D’Amelio ma non solo?<br />
“Va esplorata la vicenda del detenuto<br />
Alberto Lorusso che per un breve quanto<br />
turbolento periodo tra l'aprile e il dicembre<br />
2013 ha fatto compagnia al boss Totò<br />
Riina nel carcere di Opera. Un periodo caratterizzato<br />
da una sorprendente loquacità<br />
del boss. Un vero e proprio fuoco d'artificio”.<br />
- Tornando al testo dell'articolo 375<br />
del codice penale, si legge: «chi distrugge,<br />
sopprime, occulta o rende comunque<br />
inservibile in tutto o in parte un documento»...<br />
“E come non pensare al 5 agosto 1989,<br />
quando qualcuno sparò all'agente Nino<br />
Agostino e a sua moglie Ida, uccidendoli?<br />
Come non pensare a quelle ore che seguirono<br />
il duplice omicidio, in cui venne letteralmente<br />
portato via un «frego» di carte<br />
dall'armadio di Agostino, carte mai più ritrovate.<br />
Carte su cui Agostino aveva appuntato<br />
nomi e relazioni. Un lavoro, quello<br />
di Agostino, legato in qualche modo a<br />
quello dell'agente Piazza, anch'egli ucciso<br />
pochi mesi dopo, e al fallito attentato contro<br />
Falcone all'Addaura il 20 giugno dello<br />
stesso anno. Un lavoro prezioso, visto che<br />
Falcone, presentatosi al funerale di Agostino,<br />
disse: «A questo ragazzo devo la<br />
mia vita». Quel «frego» di carte sarebbe<br />
stato portato via da un agente di polizia<br />
intervenuto sul posto, successivamente<br />
scoperto e processato, ma per il quale nel<br />
febbraio del 2014 la procura di Palermo<br />
ha dovuto chiedere l'archiviazione per intervenuta<br />
prescrizione”.<br />
- Sappiamo bene poi che il depistaggio<br />
è sintomatico di alleanze ignobili tra<br />
organizzazioni criminali in senso stretto<br />
e quell'area vasta composta da esponenti<br />
delle istituzioni, della politica e<br />
dell'economia. Detto altrimenti il depistaggio<br />
è semplicemente l'intera storia<br />
del rapporto non risolto tra mafia e<br />
Stato. Quel rapporto che passa attraverso<br />
l'omicidio di Peppino Impastato,<br />
di Mauro Rostagno, di Ilaria Alpi e Miran<br />
Hrovatin...<br />
“È davvero giunto il tempo che si converta<br />
alla lealtà democratica chi ha fin qui<br />
vissuto di altre, «maledette» lealtà. In attesa<br />
che questo avvenga, attrezziamoci<br />
comunque e prudentemente con questo<br />
nuovo “.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 17
www.isiciliani.it<br />
1914<br />
Truppe Usa<br />
da Vicenza all'Ucraina<br />
Venti di guerra fra Veneto<br />
ed Est Europa<br />
di Antonio Mazzeo<br />
Oltre duecento paracadutisti statunitensi<br />
sono partiti dall'Italia per l’Ucraina<br />
per partecipare ad una vasta esercitazione<br />
militare multinazionale.<br />
I parà appartengono al 173rd Airborne<br />
Brigade Combat Team, il reparto d’élite<br />
aviotrasportato dell’esercito Usa di stanza<br />
a Vicenza. I war games si terranno dal 16<br />
al 26 settembre nella parte occidentale del<br />
paese; le unità raggiungeranno l’International<br />
Peacekeeping and Security Center<br />
di Yavoriv con voli cargo che decolleranno<br />
dalla base aerea di Aviano (Pordenone).<br />
L’esercitazione prenderà il nome di “Rapid<br />
Trident” e vedrà la partecipazione di<br />
1,300 militari di 15 nazioni (Ucraina,<br />
Azerbaijan, Bulgaria, Canada, Georgia,<br />
Germania, Gran Bretagna, Lettonia, Lituania,<br />
Moldavia, Norvegia, Polonia, Romania,<br />
Spagna e Stati Uniti). “Operazioni di<br />
peacekeeping, trasporto mezzi, pattugliamento,<br />
individuazione e disattivazione di<br />
materiale esplodente” secondo il portavoce<br />
del Pentagono, colonnello Steve Warren.<br />
L’esercitazione si terrà a Lviv, al confine<br />
con la Polonia”. Il Pentagono ha annunciato<br />
inoltre di aver consegnato alle<br />
autorità di Kiev nuovi aiuti militari “non<br />
letali”, tra cui “caschi protettivi, dispositivi<br />
robot anti-esplosivi, sacchi a pelo, uniformi,<br />
sistemi di radiocomunicazione,<br />
giubbotti antiproiettile e kit sanitari”.<br />
“Rapid Trident” era stata programmata<br />
inizialmente per il mese di luglio, ma il<br />
Comando di US Army in Europa aveva<br />
poi deciso di spostarla a settembre. L’esercitazione<br />
viene condotta annualmente in<br />
Ucraina sin dal 1995, anche se originariamente<br />
vedeva schierate solo unità nazionali<br />
e statunitensi. L’ultima edizione si è tenuta<br />
nel luglio 2013 e ha visto partecipare<br />
oltre un migliaio di militari di 17 paesi:<br />
Usa, Ucraina, Armenia, Azerbaijan, Bulgaria,<br />
Canada, Danimarca, Georgia, Germania,<br />
Uk, Moldavia, Norvegia, Polonia,<br />
Romania, Serbia, Svezia e Turchia.<br />
Anche lo scorso anno hanno preso parte<br />
a “Rapid Trident” i paracadutisti del 173rd<br />
Infantry Brigade Combat Team di Vicenza,<br />
portando a termine oltre 300 lanci da<br />
elicotteri e aerei e l’addestramento delle<br />
unità ucraine al trasporto mobile aereo.<br />
L’esercitazione fu monitorata da “ispettori”<br />
del Comando per le forze terrestri<br />
della Nato di Izmir (Turchia).<br />
Esercitazioni anti-russe<br />
In est Europa sono in corso altre importanti<br />
esercitazioni dell’Alleanza Atlantica<br />
con palesi obiettivi anti-russi.<br />
In un ampio territorio comprendente la<br />
Germania orientale e le Repubbliche baltiche,<br />
si svolge “Steadfast Javelin II”, a cui<br />
partecipano di militari di 13 paesi - Bulgaria,<br />
Canada, Germania, Gran Bretagna,<br />
Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania,<br />
Polonia, Romania, Slovenia, Stati<br />
Uniti e Italia, quest’ultima con i paracadutisti<br />
della Brigata “Folgore” - più due nazioni<br />
della Partnership for peace, Bosnia<br />
Erzegovina e Serbia.<br />
Una dozzina di cacciabombardieri F-15<br />
e 180 militari statunitensi, provenienti dalla<br />
base di Lakenhealth (Gran Bretagna),<br />
sono impegnati invece in Bulgaria in<br />
un’esercitazione bilaterale di due settimane<br />
con le forze aeree locali. Da ottobre<br />
sino alla fine dell’anno si terrà invece una<br />
vasta esercitazione terrestre in Polonia e<br />
nelle Repubbliche baltiche a cui prenderanno<br />
parte 600 unità della 1^ Divisione<br />
cavalleria di US Army, proveniente da<br />
Fort Hood (Texas), con carri armati M-1<br />
“Abrams”, blindati e velivoli corazzati.<br />
Al Comando Nato di Bruxelles si approntano<br />
intanto i programmi per trasferire<br />
stabilmente in Europa orientale uomini e<br />
mezzi dell’Alleanza. Al recente vertice in<br />
Galles, è stata approvata la creazione di<br />
una forza di pronto intervento con “punte<br />
di lancia” (Spearhead), capaci di entrare in<br />
azione nel giro di 48 ore, con il supporto<br />
di aviazione, marina e forze speciali.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 28<br />
La task force avrà a disposizione basi<br />
permanenti, depositi di munizioni e carburante<br />
e tutte le infrastrutture di supporto<br />
necessarie, nei paesi Nato prossimi alla<br />
frontiera con la Russia.<br />
Saranno avviate presto attività addestrative<br />
delle unità speciali e di pronto intervento<br />
dell’Europa orientale.<br />
Il governo polacco ha formalmente chiesto<br />
a Washington di trasferire stabilmente<br />
in Polonia perlomeno un gruppo di volo<br />
con cacciabombardieri F-16 a capacità nucleare,<br />
di stanza oggi ad Aviano.<br />
Il presidente della Romania, Traian Basescu,<br />
ha annunciato che un contingente di<br />
200 militari Nato (piloti, meccanici e tecnici<br />
di manutenzione) sarà stazionato in<br />
uno scalo militare rumeno. Bruxelles ha<br />
infine dato un colpo di acceleratore al programma<br />
di allargamento Nato a Macedonia,<br />
Montenegro, Georgia, Bosnia-Erzegovina,<br />
Serbia e, ovviamente, all’Ucraina.<br />
Vicenza: una base operativa<br />
Il 173rd Airborne Brigade Combat Team<br />
di Vicenza è stato impiegato nei principali<br />
scacchieri di guerra mediorientali, in particolare<br />
in Iraq e in Afghanistan.<br />
Da qualche mese i comandi generali<br />
della brigata e quattro battaglioni (due<br />
provenienti dalla base di Bamberg, Germania<br />
e due dalla base vicentina di Camp<br />
Ederle) sono stati trasferiti nel nuovo hub<br />
logistico-militare realizzato all’interno<br />
dell’ex aeroporto “Dal Molin” di Vicenza,<br />
rinominato “Camp Del Din”.<br />
I lavori infrastrutturali, avviati nel 2008,<br />
hanno comportato una spesa di 289 milioni<br />
di euro.<br />
Sono stati realizzati, in particolare, 31<br />
nuovi edifici destinati a caserme-alloggio<br />
per 2.000 militari, magazzini, spazi operativi,<br />
officine di manutenzione velivoli, uffici<br />
e centri comando, due parcheggi multipiano<br />
per 800 auto e 50 motocicli, diversi<br />
centri sportivi.<br />
Con il trasferimento al “Dal Molin” dei<br />
due battaglioni della 173rd Airborne Brigade<br />
provieniti dalla Germania, il numero<br />
dei soldati Usa a Vicenza ha raggiunto le<br />
4.000 unità.
www.isiciliani.it<br />
Libri<br />
PARLANO<br />
I REDATTORI<br />
DI GIUSEPPE<br />
FAVA<br />
Mentre l'orchestrina<br />
suonava “Gelosia”<br />
di Antonio Roccuzzo<br />
e Prima che la notte<br />
di Claudio Fava e<br />
Miki Gambino<br />
raccontano gli anni<br />
dei <strong>Siciliani</strong> di<br />
Giuseppe Fava come<br />
vennero vissuti dai<br />
ragazzi che con lui<br />
condivisero la più<br />
bella atoria<br />
del giornalismo<br />
italiano. Una storia<br />
che non è finita.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 18
www.isiciliani.it<br />
Giornalisti<br />
La rivolta<br />
degli invisibili<br />
I precari e la beffa dell’<br />
”equo compenso”<br />
di Norma Ferrara<br />
www.liberainformazione.org<br />
Sul sito della BBC la raccontano così:<br />
“Freelance journalists in Italy protest<br />
over minimum wage ruling”. E' una<br />
questione che in Italia per alcune settimane<br />
ha tolto il fiato a giornalisti, sindacato<br />
e persino ad alcuni lettori.<br />
Una delibera governativa dal 19 giugno<br />
ha chiuso l’accordo la tra Federazione Italiana<br />
Editori Giornali e Federazione Nazionale<br />
Stampa Italiana sull’equo compenso<br />
per i giornalisti. Un percorso avviato da<br />
tempo con l’intento di porre fine alla<br />
“schiavitù” legalizzata nell’editoria e nel<br />
giornalismo in cui tariffari da fame, mancati<br />
pagamenti, fallimenti e licenziamenti<br />
sono la regola da più di vent’anni.<br />
“Precari merce di scambio”<br />
Così una Commissione nominata ad hoc<br />
per redigere in Italia un tariffario più civile<br />
per i giornalisti, capace di tutelare non<br />
solo il diritto al lavoro ma anche quello ad<br />
un'informazione di qualità, partita con le<br />
migliori intenzioni è stata bruscamente fatta<br />
convergere nella contrattazione nazionale<br />
Fieg-Fnsi. Una manovra che, secondo<br />
i freelance, ha fatto diventare la legge<br />
sull’equo compenso merce di scambio e/o<br />
ricatto da parte degli editori.<br />
In origine, quella norma aveva poco a<br />
che vedere con la contrattazione nazionale.<br />
Era invece figlia della Carta di Firenze,<br />
frutto del lavoro di freelance, precari, una<br />
parte del sindacato e dell’Ordine dei giornalisti<br />
(presente dopo decenni di assenza).<br />
Una legge dello Stato per la prima volta<br />
avrebbe imposto sanzioni agli editori che<br />
non rispettavano l’equo compenso, anche<br />
alla luce del mutato contesto tecnologico e<br />
editoriale italiano.<br />
Il regalo agli editori<br />
Le tariffe, “minime” (tiene a precisare il<br />
segretario della Federazione nazionale della<br />
Stampa Franco Siddi), saranno dunque:<br />
20,80 per un articolo su un quotidiano;<br />
6,25 euro per una segnalazione ad agenzie<br />
e web (integrata di un paio di euro se con<br />
foto e video); 67 euro ad articolo per i periodici;<br />
14 euro per un articolo su periodici<br />
locali; 40 euro per le tv locali, ma solo con<br />
un minimo di 6 pezzi al mese; 250 euro<br />
per un pezzo sui mensili. Questo è ciò che<br />
editori e sindacato hanno stabilito come<br />
“equo compenso” per cronisti a<br />
collaborazione coordinata e continuativa.<br />
Immediate le reazioni dei giornalisti:<br />
una petizione on line con oltre 2000 firme<br />
è stata lanciata su change.org e portata al<br />
sottosegretario all’editoria, Luca Lotti.<br />
Alla Fnsi, scontro fra i coordinamenti<br />
precari e i vertici della Fnsi: toni alti, tanta<br />
sofferenza nelle parole dei colleghi, perdita<br />
di lucidità da una parte e dall’altra, spintoni<br />
e parole dure. Risultato di uno scollamento<br />
(direbbero i politici) fra base e vertici,<br />
fra chi si è fatto carico del disastro del<br />
sistema editoriale italiano e chi ha chiuso<br />
gli occhi. I vertici del sindacato chiedono<br />
di arrivare a novembre, al rinnovo del<br />
congresso e di giocarsi li il tutto per tutto.<br />
Le storie degli “invisibili”<br />
Ma la vicenda dell’equo compenso va<br />
oltre le tariffe dei pezzi, riguarda le politiche<br />
del lavoro e il laboratorio che il mercato<br />
editoriale è diventato per tutto il settore.<br />
Si parte dai giornali e si arriva nelle<br />
fabbriche: mentre tutti, da anni, pensavano<br />
si stesse sperimentando esattamente il contrario.<br />
Le polemiche sul diritto al lavoro<br />
per i giornalisti sono anche l’occasione per<br />
non chiudere gli occhi sul sommerso che<br />
tiene in piedi giornali, tv, portali e radio.<br />
Gli “invisibili” fanno oltre il 60% di<br />
questi prodotti e sono vittime di un<br />
sistema da cui sono attratti ma al tempo<br />
stesso condannati.<br />
Il loro tormento spesso porta a gesti<br />
estremi, altre volte solo a cambiare lavoro,<br />
altre ancora ad andare avanti con un pesante<br />
stato di depressione. Per i più fortunati<br />
l’ironia smorza la pesantezza di questo<br />
anomalo precariato ma non risolve i<br />
problemi a fine mese quando sul contro<br />
corrente per oltre 100 pezzi inviati ad una<br />
agenzia arriverà un bonifico di meno di 45<br />
euro. Un lamento collettivo che traspare<br />
anche sotto le firme della petizione on line<br />
inviata al sottosegretario Lotti.<br />
Su change.org tanti i messaggi lasciati<br />
dai colleghi e dai cittadini: “È dal 1997<br />
che vengo sfruttata nell'indifferenza generale.<br />
Ora basta sopravvivere, vogliamo vivere<br />
come tutti i lavoratori”; "I giornalisti<br />
liberi di scrivere e di vivere sono una garanzia<br />
per la democrazia"; “Voglio continuare<br />
a fare la giornalista, ma queste condizioni<br />
non me lo permettono”… "L'informazione<br />
che si farà pagando i giornalisti 3<br />
euro all'ora varrà lo stesso prezzo. L'Italia<br />
e gli italiani non se lo possono permettere”<br />
- scrivono ancora altri colleghi. "Non è<br />
importante per me, è importante per tutti!”<br />
commenta un cittadino.<br />
Il ricorso dell'Ordine dei giornalisti<br />
L’Odg ha annunciato un ricorso al Tar. I<br />
colleghi della BBC si sono accorti degli<br />
“invisibili”, un soggetto che in Italia è raro<br />
veder raccontato sui giornali.<br />
Difficile spiegare, in terra britannica, anche<br />
il resto: editori “mordi e fuggi” che<br />
fanno nascere giornali per “posizionare<br />
giornalisti” e “vendere spazi pubblicitari”<br />
e chiudono spesso prima, molto prima,<br />
della fine di un campionato di calcio. La<br />
partita, d’altronde, la vincono sempre loro,<br />
“gli editori impuri” come si chiamano tecnicamente<br />
in Italia.<br />
Sul campo, con le mani fra i capelli, alla<br />
fine di ogni gara rimangono i giornalisti,<br />
che assistono agli innumerevoli autogoal<br />
messi a segno dai rappresentanti della categoria<br />
cui appartengono.E le partite, una<br />
dopo l’altra, si continuano a perdere così.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 20
www.isiciliani.it<br />
Napoli<br />
Una città<br />
“normale”<br />
Davide Bifolco,<br />
Mariano Bottari<br />
Morire di pallottole per<br />
la strada, a diciasssette<br />
o a settantantacinque<br />
anni<br />
di Arnaldo Capezzuto<br />
www.vedisito.it<br />
E’ un’onda lunga di rabbia, odio e<br />
disperazione che al Rione Traiano, periferia<br />
Occidentale di Napoli, sembra<br />
travolgere tutto e tutti.<br />
Davide Bifolco tra pochi giorni avrebbe<br />
compiuto 17 anni, un colpo di pistola<br />
esploso accidentalmente da un revolver di<br />
un carabiniere – ora indagato per omicidio<br />
colposo – gli ha strappato la vita. Guidava<br />
uno scooter non suo, senza assicurazione<br />
ed era privo di patente. Non era solo. In<br />
sella con lui c’erano altre due persone: un<br />
pregiudicato e un latitante. All’alt dei militari<br />
dell’Arma inizialmente non si sarebbe<br />
fermato. Poi ha desistito. Quando erano<br />
in corso gli accertamenti, la tragedia.<br />
Davide – come tanti testimoniano – era<br />
un bravo ragazzo, incensurato e non aveva<br />
mai avuto problemi con la giustizia. La<br />
domanda è cinica e spietata ma legittima:<br />
perché Davide, il bravo ragazzo, era nel<br />
cuore della notte in compagnia di due<br />
brutti ceffi ed a zonzo per la città?<br />
Le indagini faranno il loro corso. Se il<br />
carabiniere per imprudenza, paura e avventatezza<br />
ha sbagliato pagherà come è<br />
giusto che sia. Lo Stato deve fare lo Stato.<br />
Le forze dell’ordine devono garantire nel<br />
loro difficile compito la legalità e non infrangerla.<br />
Vite a perdere<br />
Sullo sfondo c’è una città allo sbando,<br />
comatosa, luttuosa. Ci sono almeno due<br />
nuove generazioni cresciute all’ombra di<br />
faide, guerre e con gli spacciatori sotto<br />
casa. Davanti a loro non c’è nulla, il vuoto.<br />
Insomma, fare un giro di notte con chi<br />
capita è normale. Le vite sono a perdere.<br />
Lascio ai professionisti delle tragedie la<br />
retorica, le parole urlate e la solita morale.<br />
Esterno preoccupazioni. Lo scrivo senza<br />
polemica, solo esercitando una critica non<br />
autoassolutoria: Governo cosa fa?<br />
Nell’agenda dell’esecutivo c’è di tutto e<br />
di più. Si affrontano emergenze su emergenze.<br />
L’etica è quella del fare. Si fanno<br />
annunci. Si mostrano slide. Bene, bravi,<br />
bis. Ma c’è un Sud Italia che ansima. Non<br />
è il solito film in bianco e nero.<br />
Occorre ora aprire gli occhi, guardare<br />
con sguardo vivo nel ventre e nelle periferie<br />
delle città del Sud. La miccia è accesa.<br />
L’esplosione può accadere in og ni momento.<br />
E non so se qualcuno si salverà.<br />
“Cambiare verso” qui è davvero<br />
un’urgenza. In meno di quattro giorni a<br />
Napoli hanno scorazzato per le strade di<br />
Materdei, Barra, San Giovanni e Ponticelli<br />
vere e proprie bande armate, squadriglie<br />
del male, gruppi di fuoco “esibitesi” in<br />
azioni dimostrative, incuranti dell’ora,<br />
della probabilità di colpire persone innocenti<br />
o finire nelle maglie della giustizia.<br />
Sventagliate di kalashnikov contro<br />
obiettivi sensibili per “avvisare” che ora<br />
ci sono nuovi padroni. Davanti agli occhi<br />
di tanti si sono consumate scene di puro<br />
terrore. Raid armati che hanno lasciato sul<br />
selciato fino a 40 bossoli.<br />
Non siamo in Iraq, in Siria oppure in<br />
Ucraina ma in una città italiana, di un<br />
paese occidentale che ha contribuito a<br />
fondare l’Unione europea. Le scene non<br />
erano tanto dissimili da quelle che ci fanno<br />
vedere gli inviati di guerra da quei disgraziati<br />
territori<br />
Ciò che preoccupa è quel maledetto vestito<br />
di normalità, indifferenza, giustificazionismo<br />
che da sempre i meridionali mostrano<br />
per esorcizzare la realtà. Lo sguardo<br />
è rivolto a San Gennaro e a lui va il<br />
ringraziamento, se nessuno ci ha rimesso<br />
le penne. Invece, un mese fa, neppure la<br />
forza di San Ciro ha potuto fare nulla a<br />
Portici.<br />
Mariano Bottari, 75 anni, pensionato ha<br />
incrociato sulla sua strada mentre faceva<br />
la spesa un proiettile vagante esploso da<br />
due malviventi durante il tentativo di rapina<br />
a un imprenditore. E’ morto. Un’altra<br />
vittima innocente, l’ennesima. Sono oltre<br />
300 in Campania. Cifre da guerra che nessuno<br />
riconosce e più che altro vuole davvero<br />
combattere.<br />
Ecco, il premier Matteo Renzi nei vari<br />
summit internazionali inserisca anche le<br />
regioni dell’Italia meridionale, zone di<br />
guerra a bassa intensità, da pattugliare e<br />
pacificare da una forza Onu o Nato. Davide<br />
è stata l’ennesima vittima. Come altri<br />
paga un prezzo altissimo di essere nato e<br />
cresciuto in una terra apparentemente<br />
“normale” ma endemicamente in guerra.<br />
www.ilfattoquotidiano.it<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 21
www.isiciliani.it<br />
Giornalismo<br />
“Essere solo<br />
un cronista”<br />
Intervista ad Arnaldo<br />
Capezzuto<br />
di Giulia Farneti<br />
Arnaldo Capezzuto è un giornalista napoletano,<br />
classe 1970. Ha collaborato con i quotidiani<br />
La verità, Napolipiù e Il Napoli (Epolis).<br />
Attualmente collabora con varie testate, tra cui<br />
il mensile L'Espresso Napoletano e dirige l'online<br />
ladomenicasettimanale.it che fa parte del<br />
progetto de I <strong>Siciliani</strong> Giovani.<br />
- Quando e perché è nata la passione<br />
per il giornalismo d’inchiesta?<br />
- Non lo so se sono un giornalista<br />
d'inchiesta. Non so se, in generale, mi è<br />
nata una passione. Dico davvero. Mi sento<br />
molto distante dal lavoro che cerco di<br />
fare. Mi sembra quasi naturale di occuparmi<br />
di fatti vivi, avvenimenti, storie e raccontare<br />
in modo laterale. Si, perché occorre<br />
dare un punto di vista. Ecco il cronista<br />
è vero che riporta i fatti ma gli dà una angolazione.<br />
Diffido dai giornalisti che sono<br />
solo medium. Riportare i fatti senza mischiarli<br />
con le opinioni è la regola ma il<br />
giornalista ha una propria storia. Voglio<br />
dire se dovessi andare solo con un microfono<br />
in mano a raccogliere la solita “poesia”,<br />
farei altro. Al “mestieraccio” mi<br />
sono avvicinato quasi in modo indotto,<br />
provengo da studi di sociologia, il giornalismo<br />
per me è un'applicazione sul dal<br />
campo, una ricerca continua per capire.<br />
- Esiste oggi un’informazione libera e<br />
non censurata?<br />
- E' un tema caldo. Oggi ci sono più<br />
mezzi a disposizione rispetto a dieci anni<br />
fa. C'è sicuramente più spazio di manovra<br />
ma diffido dal credere che abbiamo<br />
un'informazione più libera, l'assenza della<br />
censura e dei bavagli. La moltiplicazione<br />
dei canali dei media è una garanzia di un<br />
accesso più diretto e libero da parte di tutti,<br />
ciò non significa avere più libertà<br />
d'informare. Si sa tutto di tutti, ma siamo<br />
sicuri di avere un'informazione libera?<br />
Come è possibile? Non voglio fare analisi<br />
troppo approfondite, applicare paradigmi<br />
filosofici. Faccio una semplice constatazione<br />
: c'è tanto conformismo informativo<br />
che anestetizza il lettore. Non c'è<br />
un vero coinvolgimento del lettore e poi<br />
ci sono troppi sepolcri imbiancati, notizie<br />
che ad arte non si danno perchè qualcuno<br />
vuole che non si diano.<br />
Il ruolo del giornalista<br />
- Quale ruolo ha avuto il giornalista e<br />
quale ruolo svolge oggi nei confronti<br />
della libera informazione?<br />
- Questa domanda si collega alla precedente.<br />
Il giornalista se viene svuotato della<br />
sua indipendenza e autonomia, se viene<br />
precarizzato e sottomesso a chi detiene la<br />
proprietà dei mezzi della produzione<br />
dell'informazione sarà, per definizione,<br />
una persona non libera. C'è poco da fare.<br />
Ho vissuto anni e anni nelle redazioni dalla<br />
piccola testata alla grande: la libertà è<br />
solo una continua contrattazione che quotidianamente<br />
devi fare con i tuoi superiori<br />
e con il proprietario della testata rispetto<br />
alle notizie da mettere in pagina. Non è<br />
proprio un fatto drammatico, a volte devi<br />
turarti il naso per fare il cronista.<br />
La camorra oggi<br />
- Cos’è oggi la camorra?<br />
- Vive d' improvvise fiammate di crudeltà<br />
e violenza. Ha una storia criminale<br />
impressionante e una media consolidata di<br />
circa 110 morti ammazzati all'anno. Ci<br />
sono ampi pezzi della città che sono controllati<br />
dalla camorra, per non parlare dei<br />
comuni dell'hinterland di frequente sciolti<br />
per infiltrazioni malavitose. Napoli è una<br />
città camorrizzata, la logica criminale ha<br />
invaso ogni ambito della città. E' una subcultura<br />
dominante che ha attecchito e condiziona<br />
ampi strati della popolazione.<br />
Questo non significa che si strizza<br />
l'occhio al boss – sia chiaro – ma il modus<br />
operandi ha contaminato il territorio. Lo<br />
Stato, le sue articolazione sul territorio<br />
dovrebbero dare forti segnali di rottura.<br />
Non è sempre così.<br />
- Qual è la<br />
situazione del<br />
sistema mafioso<br />
a Napoli? La camorra<br />
è in crisi?<br />
- Tutta la criminalità organizzata made<br />
in Naples è soggetta ad una frammentazione.<br />
Non è un fenomeno di questi giorni,<br />
ormai la deriva e la polverizzazione di<br />
famiglie e clan risale a cinque anni fa. E'<br />
in corso una lunga fase di assestamento<br />
degli equilibri interrotta dall'azione della<br />
magistratura e forze dell'ordine, ma anche<br />
dai disegni egemoni di neo gruppi senza<br />
storia. I clan non riescono più a stabilizzare<br />
un ordine costituito, dove ci sono pochi<br />
al comando. Tutto è saltato. E' una guerra<br />
per bande : tutti contro tutti. Tradimenti,<br />
scissioni, terze file che scalzano le prime.<br />
E' una corsa alla leadership<br />
camorristica finalizzata al potere per fare i<br />
soldi. Paradossalmente più deboli sono i<br />
gruppi criminali e più sono aggressivi e<br />
spregiudicati. Predicano il controllo totale<br />
del territorio. Chi vince la “guerra”<br />
s'insedia. Occupa case, esercizi<br />
commerciali e controlla in proprio tutte le<br />
attività illegali. Questi interregni durano<br />
davvero poco. L'età media dei camorristi<br />
si è molto abbassata. Prima occorreva una<br />
“stagionatura” per aspirare a far parte di<br />
un gruppo criminale di un certo livello.<br />
Adesso non è più così. Siamo in una fase<br />
di assedio delle camorre nei territori.<br />
La vicenda di Scampìa, la faida, i<br />
“girati”, la guerra agli scissionisti<br />
nasconde un segreto. Questi gruppuscoli<br />
che si fronteggiano sognano in grande.<br />
Usciti vincitori, assicuratisi il polmone finanziario<br />
delle piazze di spaccio puntano<br />
alla conquista dei fortini dei vecchi padrini.<br />
A rischio il rione alto di Napoli e il comune<br />
di Marano, storiche roccaforti dei<br />
boss Giuseppe Polverino e Lorenzo Nuvoletta<br />
vicini a Cosa nostra.<br />
- Cosa significa oggi fare il giornalista<br />
d’inchiesta nel territorio napoletano?<br />
- Napoli non è una città “normale”. -<br />
Napoli non è una città “normale”. Se vuoi<br />
fare davvero il cronista devi stare sui fatti<br />
e ciò ti porta inesorabilmente a esporti.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 22
www.isiciliani.it<br />
“Per accelerare un processo di liberazione<br />
si dovrebbero recidere i rapporti<br />
tra camorra, politica, colletti bianchi e finanza.<br />
E' emblematica la storia<br />
di un personaggio come Cosentino”<br />
Accade di finire in ospedale per un aggressione,<br />
beccarti minacce, intimidazioni,<br />
avvertimenti. Accade che qualcuno<br />
non gradisce il “pezzo” e comincia ad infastidire.<br />
Ecco, un giornalista che vuole<br />
fare davvero e seriamente questo mestiere<br />
deve mettere in conto queste difficoltà<br />
ambientali. Inutile nascondersi, questi<br />
condizionamenti esistono e il cronista non<br />
deve abituarsi, non deve considerali “imprevisti<br />
del mestiere” occorre denunciare<br />
a viso aperto. Recarsi negli uffici preposti<br />
e sporgere denuncia. Il diritto d'informare<br />
va difeso come la propria libertà da tutto e<br />
tutti.<br />
- Un cronista minacciato è spesso vittima<br />
d’isolamento e solitudine. Ti sei<br />
mai trovato in questa situazione?<br />
- E' cambiato molto ed in meglio. Forse<br />
prima il cronista veniva isolato oppure si<br />
isolava. Adesso ci sono strutture interne<br />
alla professione che attivano una sorta di<br />
“scorta mediatica”. Parlo ad esempio di<br />
Ossigeno per l'informazione e le notizie<br />
oscurate, un osservatorio presieduto da<br />
Alberto Spampinato che tutela i cronisti e<br />
non solo. Uno strumento importantissimo<br />
che in quattro anni di vita ha fatto passi da<br />
gigante.<br />
Ogni anno produciamo un rapporto che<br />
poi viene consegnato al presidente della<br />
Repubblica. Quest'anno, come due anni<br />
fa, sono stato proprio io a parlare con il<br />
capo dello Stato di questi temi ed ho trovato<br />
un Giorgio Napolitano molto sensibile<br />
e fattivo.<br />
- Hai mai ricevuto intimidazioni?<br />
- A parte la vicenda di Forcella e le minacce<br />
di morte che mi sono giunte anche<br />
in altre occasioni sono stato oggetto di pesanti<br />
aggressioni e intimidazioni. In 15<br />
anni di attività giornalistica sono stato ricoverato<br />
al pronto soccorso ben otto volte.<br />
E' un primato di cui non vado molto<br />
fiero. Proprio a luglio insieme ad altri colleghi,<br />
sono stato ascoltato dalla commissione<br />
parlamentare antimafia che ha dedicato<br />
una serie di audizioni su questi problemi<br />
per capire se ci sono spazi per elaborare<br />
leggi a tutela dei giornalisti<br />
nell'esercizio delle proprie funzioni.<br />
- Ci puoi raccontare come si sono<br />
concretizzate le minacce e perché, secondo<br />
te, hanno deciso di “colpire” proprio<br />
te?<br />
- Mi sono occupato del caso dell'omicidio<br />
di Annalisa Durante, appena 14 anni e<br />
vittima innocente nel corso di una sparatoria<br />
tra camorristi a Forcella. Sulle pagine<br />
di Napolipiù ho cominciato a raccontare<br />
e svelare i meccanismi che si nascondevano<br />
dietro quel fatto di sangue. Merito<br />
sicuramente delle fonti che avevo a disposizione,<br />
riuscivo a svelare e ricostruire vicende<br />
che nessuno conosceva. Un giornalismo<br />
con il fiato sul collo. Alla fine gli<br />
articoli hanno prodotto effetti importanti<br />
come la messa a nudo di una strategia da<br />
parte dei clan volta alla continua pressione<br />
sui testimoni del processo. Le nostre<br />
inchieste hanno contribuito a far aprire altri<br />
filoni d'indagine. Lo stesso procuratore<br />
aggiunto Raffaele Marino del pool anticamorra<br />
acquisì tutti i miei articoli.<br />
- Esiste una strategia per combattere<br />
la camorra senza mai arrendersi?<br />
- La camorra si combatte in un modo<br />
molto semplice: ognuno deve fare il proprio<br />
dovere fino in fondo... Ma sono pessimista:<br />
Napoli è troppo compromessa.<br />
Un raccapricciante imbarbarimento<br />
Non penso che debellare la camorra sia<br />
un orizzonte prossimo futuro. Constato un<br />
progressivo e raccapricciante imbarbarimento<br />
e peggioramento della criminalità<br />
partenopea. Ci sono zone come alcuni comuni<br />
del casertano che sono ormai fuori<br />
controllo. Anzi gli onesti, quelli che vogliono<br />
coltivare una speranza per il futuro,<br />
devono lasciare quelle terre. Per accelerare<br />
un processo di liberazione si dovrebbero<br />
recidere i rapporti tra camorra,<br />
politica, colletti bianchi e finanza. Non è<br />
più tollerabile che personaggi come Nicola<br />
Cosentino stiano in Parlamento.<br />
- Dirigi Ladomenicasettimanale.it, un<br />
periodico d'informazione con inchieste,<br />
reportage, cronaca, storie, interviste,<br />
cultura: perché hai sentito il bisogno di<br />
fondare questo giornale?<br />
- La Domenicasettimanale nasce, per la<br />
verità, a Siena quando ho incontrato un<br />
redattore del giornale d'inchiesta “I <strong>Siciliani</strong>”<br />
(lo fondò Pippo Fava, ucciso dalla<br />
mafia negli anni Ottanta). A Napoli manca<br />
un giornale d'inchiesta che racconti le<br />
cose. Penso alla vicenda dell'imprenditore-prenditore<br />
Alfredo Romeo, condannato<br />
a due anni per corruzione e maggior<br />
partner del sindaco Luigi De Magistris.<br />
La Domenicasettimanale ha posto il problema,<br />
ha fatto le pulci, ha chiesto, ha fatto<br />
le domande. La risposta è stata una minaccia<br />
di querela da parte dell'assessore al<br />
Patrimonio Tuccillo. Altre inchieste sono<br />
state quelle sui parlamentari inquisiti oppure<br />
sottoprocesso; la babele targato Teatro<br />
San Carlo; i delitti di camorra.<br />
Ecco, questo è il periodico che dirigo e<br />
con i piccoli mezzi a disposizione cerchiamo<br />
di fare informazione vera, diretta, senza<br />
inchini al potere. La Domenicasettimanale<br />
aderisce a “Fare rete”, un network di<br />
testate nazionali che hanno nei “<strong>Siciliani</strong><br />
<strong>giovani</strong>” la testata capofila.<br />
E' vero, l'editoria è in crisi: però c'è da<br />
dire che a volte (quasi sempre) visti i<br />
contenuti dei giornali ti chiedi: perché<br />
dovrei comprarlo?<br />
www.info.oggi.it<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 23
www.isiciliani.it<br />
Generazioni<br />
Caserta<br />
e gli antieroi<br />
Siamo cresciuti in una<br />
città senza memoria...<br />
di Andrea Bottalico<br />
www.napolimonitor.it<br />
Siamo cresciuti in una città senza memoria.<br />
Quelli della generazione di mio<br />
fratello almeno avevano vissuto l’anno<br />
d’oro della Casertana in serie B e dei<br />
canestri di Esposito che fecero vincere<br />
lo scudetto alla Juve Caserta. Noi a cosa<br />
potevamo aggrapparci?<br />
I nostri genitori avevano radici altrove e<br />
provarono a piantarle su un terreno ormai<br />
sterile. Erano gli anni a cavallo tra gli Ottanta<br />
e i Novanta, Caserta pulsava di vita.<br />
Io avevo cinque anni e di quel periodo ne<br />
ho sentito parlare. Piazza Mercato era il<br />
principale luogo di aggregazione, uno spazio<br />
grande in pieno centro frequentato da<br />
guappi dei rioni, figli di papà, il melonaro,<br />
i ragazzi del centro sociale, i bambini, i<br />
musicisti, i pazzi. Si organizzavano partite<br />
di basket, di calcio, di tanto in tanto volavano<br />
bottiglie.<br />
C’era una rampa costruita da quelli che<br />
andavano sui roller e sugli skate. Noi giocavamo<br />
a calcio in quella piazza, nei campetti<br />
del Buon Pastore, del rione Vanvitelli<br />
e dei Salesiani, partecipavamo ai tornei<br />
rionali. Andavamo in bicicletta per le campagne<br />
coltivate a tabacco. Totalmente<br />
ignari.<br />
Che fine avranno fatto tutti i miei compagni?<br />
Me lo domando spesso. Solo un<br />
amico che conosco da allora è ancora in<br />
zona, è un musicista appassionato e il pensiero<br />
di saperlo felice di ciò che fa rende<br />
felice anche me. Alcuni invece sono scappati<br />
senza lasciare traccia, altri sono spariti<br />
dalla circolazione, molti sono partiti. C’è<br />
chi è morto di overdose, chi per incidenti<br />
stradali, chi invece s’è suicidato e chi è rimasto<br />
scegliendo di vivere degnamente<br />
(una sparuta minoranza). Certi non li ho<br />
mai più rivisti.<br />
Gli amici del rione Cappiello<br />
Non ho la minima idea di dove possano<br />
essere in questo momento certi ragazzi<br />
con cui ho condiviso l’infanzia, compagni<br />
di classe delle elementari. E tutti quegli<br />
amici del rione Cappiello che venivano a<br />
citofonarmi la domenica alle tre di pomeriggio<br />
per andare a giocare a calcio?<br />
Loro avevano finito di mangiare due ore<br />
prima mentre noi c’eravamo appena seduti<br />
a tavola. Ecco una banale differenza tra<br />
una famiglia di casertani e una famiglia di<br />
napoletani. La mia emigrò a Caserta nella<br />
metà degli anni Ottanta. Mio nonno paterno,<br />
che non ho mai conosciuto perché<br />
morì di tumore in fabbrica a quarantatre<br />
anni, riuscì a ottenere la casa a San Giovanni<br />
a Teduccio e tutta la famiglia di mio<br />
padre si trasferì dalla Sanità, nonostante la<br />
contrarietà di mia nonna. Anche la famiglia<br />
di mia madre è di Napoli. Mia madre<br />
dice che dal basso in cui abitava da ragazza<br />
è salita al terzo piano di un condominio.<br />
Ora che sono venuto a vivere al quinto<br />
piano di un palazzo antico a due passi dal<br />
vico in cui lei è nata e cresciuta prima di<br />
andare via, mi viene da riflettere. Passo<br />
ogni giorno davanti al portone in cui abitava<br />
mia nonna Natalia, e faccio un cenno di<br />
saluto dentro di me, un rito personale, pagano<br />
e ridicolo, un gesto silenzioso in<br />
onore della sua memoria. È come se andassi<br />
a trovarla ogni volta. Difficilmente<br />
riuscirò a perdonare i miei genitori di essersi<br />
trasferiti a Caserta. Ma non li biasimo<br />
per questa scelta. Non avrebbero potuto<br />
fare altrimenti.<br />
L’adolescenza coincise con il declino,<br />
con la scoperta dello squallore e della<br />
bruttura. Cominciammo a renderci conto a<br />
poco a poco dello sfacelo circostante e<br />
della cappa di cemento che avvolgeva la<br />
città, accerchiata dalle montagne sventrate.<br />
Allo stesso tempo eravamo allo sbando,<br />
privi di riferimenti. Accompagnavo mio<br />
padre in giro per l’hinterland, quando non<br />
andavo a scuola l’aiutavo nel suo secondo<br />
lavoro, mettere gli infissi in alluminio nelle<br />
case della gente. Furono i primi contatti<br />
con la realtà dell’entroterra e con il significato<br />
della fatica.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 24<br />
Afragola, Casoria, Casavatore, Acerra.<br />
Quando passavamo per la fabbrica della<br />
Voiello, all’altezza di Caserta sud, sentivamo<br />
un forte odore di pane, e dopo qualche<br />
chilometro, all’altezza di Caivano, c’era<br />
puzza di carogna morta.<br />
A quindici anni trascorsi l’estate a fianco<br />
di un amico di mio padre, un masto<br />
idraulico. Volevo mettere dei soldi da parte<br />
per una vacanza e mi ritrovai a lavorare<br />
in un cantiere edile per tre settimane. Allora<br />
di quel palazzo in costruzione c’era lo<br />
scheletro. Oggi è completato, ci vivranno<br />
famiglie della piccola borghesia casertana.<br />
Furono giornate tremende e meravigliose.<br />
Credo di aver imparato più cose in quei<br />
giorni che in cinque anni di università.<br />
Le esperienze più significative riguardano<br />
proprio quel periodo. Frequentavamo<br />
un posto nascosto tra i palazzi, cominciammo<br />
a orbitare intorno agli ambienti<br />
della vita attiva o sedicente tale, ma eravamo<br />
circondati dal malessere e dal rischio<br />
di perderci tra le droghe provenienti da Secondigliano<br />
via Asse Mediano.<br />
Intorno a noi scarseggiavano esempi, ma<br />
in fin dei conti difficilmente si scelgono i<br />
veri maestri. Sapevamo della presenza di<br />
un Vescovo che affrontava con coraggio e<br />
determinazione i problemi degli esclusi,<br />
degli immigrati, ma allora diffidavamo di<br />
chiunque, persino di noi stessi.<br />
Un paesone aggredito dai trimalcioni<br />
Le nostre coscienze intuivano che qualcosa<br />
non andava, percepivano l’aria stantia<br />
del paesone di provincia aggredito dai<br />
palazzinari e dai trimalcioni arricchiti, e<br />
reagivano in vari modi: le droghe, la musica<br />
(Caserta pullula di ottimi musicisti), la<br />
cultura urbana importata dagli Stati Uniti,<br />
la fuga, qualche lettura, l’autodistruzione.<br />
Eravamo inquieti.<br />
La nostra era una provincia mentale,<br />
non solo spaziale: una condizione dell’anima,<br />
una predisposizione alla marginalità.<br />
Napoli era lontana quanto New York, eppure,<br />
quando andavo a trovare mia nonna<br />
Natalia restavo sempre affascinato da due<br />
cose: l’enfasi dei suoi racconti e la grande<br />
città con tutto quel mare.
www.isiciliani.it<br />
Disegno: Archivio Napoli Monitor<br />
Banche e centri commerciali<br />
In quegli anni sono cambiate<br />
radicalmente le cose. Le<br />
nostre esperienze politiche<br />
venivano facilmente neutralizzate<br />
da inutili discorsi impregnati<br />
di ideologia e da<br />
conflitti inutili tra opposte fazioni.<br />
Ma la realtà era altro.<br />
Caserta si crogiolava nella<br />
sua bolla finanziaria fatta di<br />
banche e centri commerciali<br />
circondati dai territori<br />
saccheggiati della vasta provincia.<br />
Da noi la campagna era stata aggredita<br />
dal cemento e dalle discariche abusive,<br />
il mare più vicino faceva schifo. Provenivano<br />
gli echi del coprifuoco a Marcianise,<br />
la brutalità dei clan camorristici delle<br />
provincie limitrofe, ma a Caserta non si<br />
vedevano i morti ammazzati e la città proliferava<br />
di miti abusivi.<br />
Andavamo al mare in Lazio facendo finta<br />
di non vedere i disastri che avevano<br />
combinato sul litorale domitio. Nel frattempo,<br />
senza neanche rendermene conto,<br />
ritrovai al mio fianco una persona che<br />
adesso posso identificare come un maestro,<br />
al di là del bene e del male. Studiava<br />
i testi di filosofi e sociologi, si faceva crescere<br />
la barba, fumava la pipa per assomigliare<br />
a Lenin e portava i film di Pasolini a<br />
casa insieme ai libri di letteratura e di poesia.<br />
Era un ottimo narratore di aneddoti intorno<br />
alle figure leggendarie, e quand’era<br />
piccolo giocava a scacchi con il nonno<br />
senza la scacchiera davanti.<br />
La sua cultura infinita fu un’ancora di<br />
salvezza in mezzo a quello stagno, stimolò<br />
in me una certa curiosità, impulsiva e ancora<br />
superficiale. Entrava nella stanza che<br />
condividevo con mio fratello e mentre studiavo<br />
controvoglia iniziava a raccontare i<br />
retroscena dei poeti fino ad appassionarmi.<br />
Era un intellettuale entrato in una casa di<br />
gente semplice. Il tempo gli avrebbe dato<br />
ciò che voleva, ma a caro prezzo.<br />
Nello stesso tempo si cresceva con la sicurezza<br />
di lasciare Caserta, un giorno o<br />
l’altro. Piazza Mercato fu chiusa per lavori.<br />
Ci si perse di vista, ognuno per la sua<br />
strada. Un viaggio solitario a Parigi mi<br />
aprì la testa e gli occhi, nacque in me il<br />
mito della cultura francofona.<br />
A Caserta iniziarono ad aprire i lounge<br />
bar per i <strong>giovani</strong> rampanti della borghesia<br />
cittadina, la città si disgregò, molti andarono<br />
via, voltarono le spalle alla città di provincia<br />
snobbando Napoli e la sua ombra<br />
opprimente. Sbarcavano a Roma e a Milano<br />
ondate di casertani mentre in città si<br />
cominciava a frequentare altri luoghi.<br />
I <strong>giovani</strong> manifestavano il loro disagio<br />
consumando crack e cobret, andando a<br />
ballare in discoteca a Ischitella. La parola<br />
d’ordine era “evasione”.<br />
Un lavoretto come portapizze<br />
Trovai un lavoretto come portapizze,<br />
avevo diciassette anni. Cinquanta centesimi<br />
per ogni pizza consegnata più le mance:<br />
una miseria. La benzina al motorino la<br />
mettevi con i soldi tuoi. Decisi di partire<br />
non appena finito il liceo.<br />
Il giorno della partenza arrivò dopo gli<br />
esami di maturità. Avevo scelto Bologna<br />
istintivamente, perché era un miraggio,<br />
perché volevo andare il più lontano possibile<br />
da casa. Avevo messo da parte l’idea<br />
di andare a vivere subito a Napoli perché<br />
volevo vederla prima da lontano, “poiché<br />
ogni visione richiede distanza, non c’è<br />
modo di vedere le cose senza uscirne”.<br />
Partimmo carichi di meraviglie, ma non<br />
ci volle molto per capire che il paesaggio<br />
in cui il tuo sguardo s’è specchiato per<br />
anni te lo porti addosso come la puzza di<br />
frittura all’ultimo dell’anno. A Bologna ci<br />
sentivamo liberi dalle catene del paesone<br />
di provincia ma provavamo rabbia e fastidio<br />
per tutta quella spensieratezza altrui.<br />
Ma come? Noi eravamo cresciuti nelle<br />
saittelle mentre gli studentelli ne ignoravano<br />
persino l’esistenza? In quegli anni a<br />
Napoli scoppiava l’emergenza rifiuti ma a<br />
Bologna parlavano di solidarietà ai banlieusard<br />
parigini e dei bei ricordi del glorioso<br />
Settantasette...<br />
Un mondo senza evasione possibile<br />
In ogni caso, approfittammo di ciò che<br />
offriva la nuova città. Biblioteche, concerti,<br />
conoscenze, altri stimoli, nuovi modi<br />
d’intendere gli spazi, nuove realtà ed esperienze.<br />
Le letture propinate dall’università<br />
conciliavano sia il sonno che la curiosità,<br />
discutevamo sulle problematiche sociali e<br />
politiche e fingevamo di ignorare l’idea di<br />
un mondo senza evasione possibile.<br />
La solita maschera di Pulcinella<br />
Ci illudevamo, almeno fino a quando<br />
non ci ritrovammo certi libri fondamentali<br />
tra le mani. Anche Bologna viveva il suo<br />
inesorabile declino, ovattato e distante da<br />
quello che accadeva nei posti a cui volenti<br />
o nolenti appartenevamo.<br />
Come i soldati, frequentavamo soprattutto<br />
gente del sud perché solo con loro<br />
riuscivamo a condividere una certa ironia,<br />
tanto vitale quanto autoreferenziale. Tutti<br />
gli altri risolvevano il problema spinoso<br />
della nostra schizofrenia affibbiandoci la<br />
solita maschera di Pulcinella. Eravamo<br />
macchiette, dovevamo recitare la nostra<br />
parte di simpaticoni e affabili meridionali.<br />
Dei bolognesi neanche l’ombra.<br />
Di Bologna ricordo il freddo che aggrediva<br />
le ossa quando mettevo il naso fuori<br />
da quella stazione sfregiata di ritorno dalle<br />
vacanze di Natale, le ipocrisie, le serate<br />
passate a discutere di utopie. Avevamo il<br />
futuro davanti a noi ed era tutto nuovo di<br />
zecca. Ricordo le bestemmie sul motorino<br />
mentre consegnavo pizze per tutta la città<br />
nel mese di febbraio (anche lì esercitai<br />
questo glorioso “lavoro nel settore dei trasporti<br />
alimentari”).<br />
La città ci ha nutriti e ci ha affamati<br />
Ricordo l’odore stretto dei saloni nelle<br />
biblioteche, il senso del vuoto, il disorientamento<br />
distratto dall’ebbrezza delle serate<br />
trascorse a bere, i progetti mai avviati, i<br />
desideri appagati e quelli ingannati. E poi<br />
le illusioni travestite da vere e proprie fughe<br />
da noi stessi, le prime esperienze di<br />
intervento sociale a contatto con i bambini<br />
di un campo rom in periferia, tutte quelle<br />
menzogne trite e ritrite, le mie e quelle degli<br />
altri, quando le verità scottavano troppo<br />
per essere ingoiate.<br />
Ricordo l’emergere di una nuova coscienza,<br />
ogni istante passato a ridere per la<br />
sola idea di essere lontani da casa, annebbiati<br />
e persuasi dal gusto effimero di una<br />
falsa libertà. E, infine, il fascino della<br />
piazza Nettuno desolata, dove i volti<br />
espressivi e degni dei partigiani restavano<br />
là, sulla facciata della biblioteca comunale,<br />
a ricordarci il senso ultimo del tempo<br />
che non muore mai.<br />
Da allora sono passati alcuni anni. Scappai<br />
da Bologna in tempo per vivere a Napoli.<br />
Adesso, quando torno a Caserta mi<br />
sento straniero. Così doveva andare. Caserta<br />
ci ha dato la forza di agire e ci ha demotivati<br />
allo stesso tempo, ma non è tutto<br />
perduto. Caserta ci ha nutriti, Caserta ci ha<br />
affamati (non si sputa sul piatto in cui s’è<br />
mangiato male).<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 25
www.isiciliani.it<br />
Generazioni<br />
Tutti i miei<br />
movimenti<br />
Una studentessa bussò<br />
alla porta della classe.<br />
Cominciava qualcosa...<br />
di Giulia “Beat” Fippi<br />
www.napolimonitor.it<br />
Era una mattina del settembre 2005,<br />
quando ebbi il mio primo contatto diretto<br />
con un pezzo di quello che qui<br />
chiamano spesso, con un’espressione<br />
dai confini mobili e incerti, il movimento.<br />
Una studentessa bussò alla porta<br />
della classe, chiedendo all’insegnante di<br />
far uscire due rappresentanti.<br />
Non avevamo ancora eletto nessuno,<br />
ma la professoressa di lettere, profetica,<br />
mi mandò fuori come rappresentante<br />
provvisoria. La ragazza mi appioppò un<br />
pacco di volantini. «Tutta la classe li deve<br />
riempire, poi io passo a riprendermeli».<br />
Era una cosa per tutti gli studenti, per tutelare<br />
i loro diritti, niente a che fare con la<br />
politica, disse, per rassicurarmi. Invece,<br />
era proprio quello che speravo di trovare<br />
al liceo, la politica.<br />
Forse per suggestione cinematografica,<br />
arrivando al ginnasio mi ero preparata a<br />
unirmi a un covo di studenti belli e rivoluzionari,<br />
costantemente assediati da orde di<br />
spietati fascisti e professori reazionari da<br />
contestare. Avevo trovato, invece, una<br />
classe quasi tutta di ragazze dall’aspetto<br />
irrimediabilmente normale, che venivano<br />
da comuni della provincia di cui ignoravo<br />
l’esistenza. Si trattava di moduli di adesione<br />
all’Uds, il sindacato studentesco<br />
all’epoca legato alla Cgil. Restarono nel<br />
mio zaino per qualche settimana, prima di<br />
essere riciclati come liste della spesa.<br />
Durante la nostra prima occupazione,<br />
Francesco Caruso venne a parlare con gli<br />
studenti.<br />
La mia lista dei cattivi<br />
Del suo intervento, ricordo solo che,<br />
alle osservazioni di un ragazzo scettico<br />
sulle manifestazioni contro il G8, rispose<br />
che in realtà i black bloc erano i poliziotti<br />
stessi. Tornai a casa abbastanza soddisfatta<br />
da quella spiegazione, e per parecchio<br />
tempo confinai black bloc e poliziotti nella<br />
mia lista mentale dei cattivi, dalla quale<br />
escludevo poliziotti onesti e black bloc<br />
particolarmente <strong>giovani</strong> e/o disperati.<br />
Tre anni più tardi avevo imparato che il<br />
nemico, più che i fascisti, di cui nella mia<br />
scuola si vedevano esemplari totalmente<br />
innocui e piuttosto rari, erano gli Uds:<br />
“servi dei servi”, diceva una scritta in un<br />
bagno. I disobbedienti, loro sì, erano tosti.<br />
A ridisegnare i miei schemi, arrivò<br />
quella che molti ricordano come l’Onda.<br />
Nel 2008 ero stata già rappresentante di<br />
classe e d’istituto, prendendo la cosa molto<br />
sul serio, e ne avevo abbastanza. La<br />
mia carica sarebbe scaduta a novembre,<br />
dopodiché mi sarei ritirata dalla politica<br />
scolastica.<br />
Non avevo fatto i conti con il nuovo ministro,<br />
Mariastella Gelmini. Il 23 settembre<br />
2008, Giuseppe e io convocammo la<br />
prima di molte assemblee, firmando la<br />
convocazione come “studenti napoletani”.<br />
Giuseppe frequentava già un centro sociale,<br />
e ne sapeva molto più di me di politica<br />
e movimenti. Quando ci incontrammo, mi<br />
mostrò, trionfante, una macchiolina di<br />
sangue sul casco, souvenir degli scontri<br />
per la discarica di Chiaiano. Non dissi<br />
niente, ma lo lasciai fuori dalla lista dei<br />
cattivi. Per quanto non particolarmente<br />
giovane (non più di me), e niente affatto<br />
disperato, mi stava simpatico. Fissammo<br />
un appuntamento per telefono, per definire<br />
gli argomenti e i tempi dell’assemblea.<br />
Quando gli chiesi come riconoscerlo, mi<br />
rispose: «Eh, tengo l’SH metallizzata, tengo<br />
l’orecchino, sono… come ti devo spiegà…<br />
un poco tamarro». «Ok, perfetto».<br />
Convocammo una manifestazione per il<br />
3 ottobre. A scuola avevamo scritto il volantino,<br />
contattato altre scuole, avvisato i<br />
giornali e fatto tutto quello che negli anni<br />
precedenti era toccato ad altri, più grandi.<br />
Il camioncino con l’amplificazione, invece,<br />
l’aveva portato il centro sociale Insurgencia,<br />
lasciandoci in omaggio anche<br />
qualche speaker più navigato di noi. Dormii<br />
poco per l’ansia, ma, con mio grande<br />
sollievo, al corteo c’era un bel po’ di gente,<br />
tutti studenti medi, o quasi.<br />
A deludermi, però, furono gli interventi<br />
che arrivarono dal camioncino. Avevamo<br />
studiato la riforma Gelmini, spiegandola<br />
ai compagni di scuola con enfasi drammatica<br />
e dovizia di particolari, e sembrava<br />
invece, che il corteo fosse soprattutto contro<br />
la polizia e la discarica di Chiaiano.<br />
Pur senza discutere sulla legittimità della<br />
protesta a Chiaiano, i lunghi interventi<br />
dei grandi, così diversi da quelli che ci<br />
aspettavamo a una manifestazione per la<br />
scuola pubblica, ci lasciarono un po’ contrariati.<br />
Me e qualcuno del mio collettivo,<br />
non tutti. D’altra parte noi del Liceo Vittorio<br />
Emanuele eravamo tonti, come sapevano<br />
bene al Genovesi (e viceversa).<br />
Tutte le scuole erano in agitazione<br />
Poco tempo dopo, tutte le scuole del<br />
centro storico erano in agitazione, ciascuna<br />
a modo suo. Il Pansini, che aveva il<br />
preside di sinistra, aveva ottenuto immediatamente<br />
un’autogestione, con la scuola<br />
aperta fino a tardi per tutti, mentre al Genovesi<br />
avevano occupato, dopo diversi e<br />
avventurosi tentativi, ma senza concedere<br />
nulla a preside, professori e personale<br />
ATA. Fotocopiatrici comprese, per la<br />
gioia di chi aveva adornato l’atrio con alcune<br />
sue parti del corpo in formato A4,<br />
b/n. Da noi al Vittorio Emanuele avevamo<br />
occupato per modo di dire, chiavi in mano<br />
e d’accordo con il preside, dopo diverse<br />
giornate di assemblee.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 26
www.isiciliani.it<br />
“Tutte le scuole del centro storico dovevano vedersela<br />
con i ragazzi di Santa Chiara. Noi non avemmo problemi,<br />
non fecero che strapparci qualche striscione<br />
e metterci un po’ di paura”<br />
Disegno: Archivio Napoli Monitor.<br />
Al Casanova, i ragazzi<br />
che si impegnavano<br />
sul serio<br />
erano un paio, Rosario<br />
e Caterina, eppure<br />
riuscirono a<br />
mantenere l’occupazione<br />
per almeno<br />
una settimana.<br />
Organizzarono<br />
una street parade, il<br />
giorno di Halloween.<br />
La manifestazione<br />
consisteva<br />
nell’andare in giro<br />
travestiti da mostri,<br />
e lo slogan che la<br />
lanciava, ottimista,<br />
era “cchiù black ‘ra<br />
midnight nun po’<br />
vvenì”.<br />
I tagli ai laboratori,<br />
più che i licei,<br />
colpivano soprattutto<br />
istituti come il<br />
loro, che forma artigiani<br />
e odontotecnici.<br />
I corsi autogestiti<br />
Al Fonseca, invece, sembrava che si facesse<br />
molto sul serio. Con l’aiuto dei precari,<br />
si erano istituiti corsi autogestiti in<br />
varie materie, per permettere a chi voleva<br />
di non restare indietro.<br />
La curiosità mi spinse a entrare, una<br />
sera, per salutare degli amici, ma soprattutto<br />
sincerarmi del fatto che, oltre a studiare<br />
matematica, giocassero anche a calcio<br />
nei corridoi. Così era, per fortuna.<br />
Al momento di uscire, rimasi bloccata<br />
nell’ingresso. I ragazzi non poterono aprire<br />
fino a quando quelli del “sistema” di<br />
Santa Chiara non si furono annoiati di<br />
bussare violentemente e tirare oggetti vari<br />
contro la porta e le finestre.<br />
Tutte le scuole del centro storico dovevano<br />
vedersela con i ragazzi di Santa<br />
Chiara. Noi non avemmo problemi, non<br />
fecero che strapparci qualche striscione e<br />
metterci un po’ di paura, ma non entrarono.<br />
Il Fonseca ebbe tremila euro di danni,<br />
se la memoria non m’inganna, pagati poi<br />
dai genitori degli alunni.<br />
Con l’inizio delle occupazioni universitarie,<br />
smettemmo di riunirci al laboratorio<br />
occupato Ska, e ci spostammo nell’aula<br />
occupata Flex, gestita da un collettivo abbastanza<br />
variegato ma sostanzialmente di<br />
ispirazione post-strutturalista e post-operaista,<br />
come capii solo molto dopo. Le assemblee<br />
pubbliche generali, invece, si tenevano<br />
in Aula Magna, sempre nello stesso<br />
edificio.<br />
Là confluivano<br />
un po’ tutti i collettivi,<br />
chiunque<br />
poteva intervenire,<br />
si parlava tanto,<br />
c’era un sacco<br />
di gente. Per le<br />
questioni organizzative,<br />
cioè per<br />
decidere le cose,<br />
ci si spostava nelle<br />
aule occupate.<br />
Una volta, ingenuamente,<br />
proposi<br />
a una ragazza<br />
che non conoscevo<br />
di scrivere un<br />
volantino<br />
nell’aula Flex.<br />
Mi rispose di<br />
no, che era<br />
meglio in R5. Per<br />
me faceva lo<br />
stesso, era l’aula<br />
di fronte. Ma più<br />
tardi, scoprii che<br />
in R5 bisognava<br />
dire “mobilitazione”<br />
al posto di<br />
“Onda”, “corteo” al posto di “street parade”<br />
e non mi ricordo cos’altro.<br />
Le restrizioni sul linguaggio<br />
Le loro restrizioni sul linguaggio non<br />
mi convincevano, e pensai che il volantino<br />
degli studenti medi, per come l’avevo<br />
in mente io, non fosse compatibile con il<br />
loro. La mia proposta di farne uno a parte<br />
fu liquidata bruscamente, così sfogai il<br />
nervosismo, com’è mia abitudine, con<br />
puntigliose osservazioni sull’ortografia altrui.<br />
La ragazza che era al computer si infuriò<br />
e la lasciai fare.<br />
Non ero la sola, tuttavia, ad accumulare<br />
una certa insofferenza verso collettivi universitari,<br />
partitini dichiarati e non, centri<br />
sociali, sindacati di vario genere.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 27
www.isiciliani.it<br />
La prima esperienza politica<br />
Come me, molti studenti alla loro prima<br />
esperienza politica non sopportavano che<br />
si cercasse di mettere un cappello sul nostro<br />
movimento. Non conoscevamo le infinite<br />
(e infinitesimali) differenze ideologiche<br />
e politiche che dividevano i più<br />
grandi, né ci interessavano. Noi eravamo<br />
la massa ai cortei, ci dicemmo, e le riunioni<br />
le avremmo fatte per conto nostro, fuori<br />
dall’università.<br />
Preparammo una serata di sensibilizzazione<br />
sulla riforma, il programma era<br />
molto ricco. Avevamo contatti con i giornali,<br />
i nostri amici conoscevano i programmi<br />
di grafica; i Cobas, ignari delle<br />
nostre ambizioni secessioniste, ci mettevano<br />
a disposizione la fotocopiatrice; alcuni<br />
di noi suonavano, conoscevamo a<br />
memoria interi passi della legge 133 e del<br />
D.d.L. Aprea.<br />
Le mamme cucinavano instancabilmente<br />
per la causa. Ci mancava solo una sede,<br />
ci vedevamo nelle case. Per il resto ci sentivamo<br />
invincibili.<br />
Il maltempo ci costrinse a rimandare<br />
una mezza dozzina di volte l’iniziativa<br />
fino a quando, esasperati, decidemmo di<br />
provare a farla lo stesso, sfidando il meteo.<br />
La grandine si abbatté sugli amplificatori<br />
con inaudita violenza, vanificando<br />
il lavoro di un mese e lasciandoci con<br />
qualche centinaio di euro di debiti, che<br />
colmammo a colpi di pranzi sociali, donazioni<br />
e contributi familiari. Accettammo<br />
la sconfitta.<br />
Dopo un anno d’immobilismo, gli studenti<br />
si ritrovarono ad affrontare nuovi tagli<br />
all’istruzione. Ero appena arrivata<br />
all’Orientale e accolsi con favore l’occupazione<br />
di Palazzo Giusso. Meno numeroso<br />
ma più determinato rispetto a quello<br />
del 2008, il movimento del 2010 chiacchierava<br />
e occupava di meno, ma manifestava<br />
e bloccava di più. Strade, binari, teatri,<br />
cinema, musei.<br />
Dovunque passavamo, gettavamo<br />
scompiglio. La conoscenza ossessiva delle<br />
leggi non interessava più a nessuno.<br />
Fossero discariche, scuole, repressione o<br />
sol dell’avvenire, o anche tutto questo insieme,<br />
ognuno aveva un buon motivo per<br />
stare in piazza, e questo bastava. Chi non<br />
aveva mai fatto politica si teneva piuttosto<br />
a distanza, ma il casino riusciva lo stesso,<br />
anzi meglio, senza troppi “indecisi tra i<br />
piedi”, parafrasando una canzone di<br />
quell’anno dei redivivi 99 Posse.<br />
Buona parte della protesta fu gestita dai<br />
collettivi comunisti. Non è che si chiamassero<br />
proprio collettivi comunisti, ma<br />
sono comunque tifosi di Cuba alle Olimpiadi,<br />
e usano l’appellativo “compagno”<br />
con disinvoltura. Pur non condividendo la<br />
loro impostazione, non misi in discussione<br />
la loro superiorità in termini di esperienza<br />
e capacità organizzative. Guardai<br />
con benevola sufficienza al nuovo gruppetto<br />
indipendente, nato dopo un’occupazione<br />
di Castel dell’Ovo. Mi dissi che la<br />
grandine avrebbe spazzato via anche loro,<br />
e infatti così fu.<br />
Il megafono e i puri e duri<br />
Il megafono diventava nuovamente monopolio<br />
di un gruppo di duri e puri dalla<br />
parlantina allenata, complici la pigrizia e<br />
la timidezza degli altri. In una delle tante<br />
assemblee intervenne una studentessa<br />
fuori-sede, criticando la retorica degli slogan<br />
e il linguaggio pesantemente ideologico.<br />
Piovvero su di lei insinuazioni di<br />
ogni genere, addirittura velate accuse di<br />
neofascismo. Nessuno ebbe il coraggio di<br />
riprendere il suo intervento.<br />
Neanche io dissi niente, ma quando si<br />
presentò l’occasione di occupare uno spazio<br />
insieme ai ragazzi dell’aula Flex, non<br />
ci pensai due volte.<br />
Il loro linguaggio, per quanto largamente<br />
incomprensibile, mi sembrava almeno<br />
più fantasioso.<br />
I tempi dello “Zer081”<br />
Nella polverosa e dimenticata ex mensa<br />
dell’Orientale nacque così lo Zer081.<br />
Oggi lo spazio è sotto minaccia di sgombero.<br />
In compenso, il collettivo che lo anima<br />
si è reso protagonista di quattro nuove<br />
occupazioni. Non so dire per quanto tempo<br />
partecipai alle loro assemblee e iniziative.<br />
Un mese, forse, ma mai con particolare<br />
assiduità. La cosa più gratificante fu<br />
dipingere maschere di carnevale con i<br />
bambini che abitavano nella zona tra Santa<br />
Chiara e Banchi Nuovi.<br />
A parte questo, partecipavamo a tante<br />
iniziative, in uno spirito allegramente ribelle<br />
e talvolta spudoratamente sconclusionato.<br />
Tuttavia, quando sentii i miei<br />
compagni cantare “Ruby libera” e “Se<br />
non cambierà bunga bunga pure qua” al<br />
sobrio corteo della Fiom, a Pomigliano,<br />
mi sentii fuori luogo dietro lo striscione.<br />
Gli slogan sono molto diversi, da uno<br />
spezzone all’altro dei cortei, a Napoli<br />
come ovunque. Una frase sola, mi resi<br />
conto, era pronunciata sempre uguale, con<br />
la stessa intonazione, forte e monocorde,<br />
da qualsiasi megafono, in ogni corteo:<br />
«Dietro lo striscione!» L’Uds, lo Zer081,<br />
il Cau, Rifondazione, i precari Bros, i<br />
Carc, e la lista è ancora lunga. Mi dissi<br />
che uno striscione, anche il più bello, non<br />
serve che a dividere un corteo a pezzi.<br />
Qualche settimana dopo, conobbi la redazione<br />
di Napoli Monitor. Finalmente<br />
avevo un buon motivo per fare quello che,<br />
in fondo, avevo<br />
sempre desiderato.<br />
Iniziai a scorrazzare<br />
avanti e indietro<br />
tra gli spezzoni dei<br />
cortei, registratore e<br />
taccuino alla mano.<br />
Non mi sono ancora<br />
stancata.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 28
www.isiciliani.it<br />
Colombia<br />
E i ragazzi<br />
salvarono il quartiere<br />
Belén, il cuore storico<br />
di Bogotà: l'ennesimo<br />
business per manager<br />
rampanti. Ma...<br />
di Norma Ferrara<br />
www.liberainformazione.org<br />
Era destinato a diventare l’ennesimo<br />
business per i manager dell'immobiliare<br />
ma un gruppo di <strong>giovani</strong> si è messo di<br />
traverso con un progetto alternativo.<br />
Adesso per Belén quartiere storico nel<br />
cuore di Bogotà, in Colombia, c’è l’opportunità<br />
di riscrivere presente e futuro, Costruire<br />
uno sviluppo comunitario che lasci<br />
al passato il disagio sociale e la violenza<br />
delle bande armate.<br />
Per questo è nata “Casa B”, luogo di<br />
formazione e incontro per gli abitanti del<br />
quartiere, fondata nel 2012 da sei <strong>giovani</strong><br />
ritornati in Colombia dopo anni di studio e<br />
lavoro all’estero.<br />
Quattromila abitanti, di cui 1500 bambini,<br />
una emergenza abitativa che costringe<br />
a vivere in case affollate e pericolanti. E<br />
una banda che sino a qualche anno fa terrorizzava<br />
i cittadini del quartiere (ridimensionata<br />
in seguito da un duro intervento<br />
delle forze dell’ordine, in vista dei progetti<br />
immobiliari in cantiere). Infine, negli ultimi<br />
anni, numerosi progetti di espansione<br />
edilizia, fra cemento e centri commerciali:<br />
così si presentava Belén agli occhi dei <strong>giovani</strong><br />
colombiani che tre anni fa, con allegria<br />
e un pizzico di follia, hanno scelto di<br />
scommettere sul destino del quartiere,<br />
coinvolgendo i cittadini che qui vivono.<br />
“Casa B – spiega il sociologo Dario<br />
Sendoya, uno dei fondatori del progetto –<br />
ha le sue radici a Roma ed è un progetto di<br />
respiro internazionale. Qui in Italia ho imparato<br />
che le cose possono succedere, che<br />
è possibile immaginare e vivere in maniera<br />
diversa”.<br />
Le radici romane di “Casa B”<br />
Dario ha studiato a Roma e ha dato vita<br />
con alcuni amici ad un primo progetto<br />
multiculturale che è l’embrione di Casa B.<br />
Poi, alcuni anni dopo, il viaggio in altre<br />
città europee e l’incontro con <strong>giovani</strong> colombiani<br />
espatriati negli anni duri del governo<br />
Uribe.<br />
Con alcuni di loro Dario sceglie di tornare<br />
in patria, tre anni fa, per fondare una<br />
nuova “Casa” con in mano un “plan de<br />
via”, un piano di sviluppo, pensato e progettato<br />
durante una tesi di laurea.<br />
Alla base c’è un concetto semplice<br />
quanto determinante per la nascita di<br />
“Casa B”: riscoprire i diritti di cittadinanza<br />
a partire dal legame con la terra. Un<br />
progetto che mette insieme sociologia e<br />
antropologia economica, con uno sguardo<br />
alle esperienze indigene e di resistenza socio-culturale<br />
colombiane.<br />
“Escuela sin escuela”<br />
Sebbene “Casa B” sia un progetto nato<br />
da esperienze internazionali sin da subito<br />
si è radicato nel tessuto sociale del quartiere.<br />
A fare da “ponte” fra il centro di aggregazione<br />
e i cittadini sono stati proprio i più<br />
<strong>giovani</strong> abitanti di Belén. “Casa B - spiega<br />
Dario - è stata co-fondata da quindici bambini,<br />
arrivati da noi quando stavamo mettendo<br />
in piedi la struttura e decidendo le<br />
attività di formazione culturale. Loro ci<br />
hanno aiutato a realizzare il progetto,<br />
l’hanno pensato con noi e sono stati il miglior<br />
“canale di comunicazione” con il<br />
barrío. Inoltre, abbiamo fatto una scelta<br />
chiara: non ci siamo finti poveri, non ci<br />
siamo raccontati diversamente da quello<br />
che siamo e questo ci ha reso credibili e<br />
autentici agli occhi dei bambini, delle loro<br />
famiglie, dei vicini di Casa B”.<br />
Tante le attività di animazione culturale<br />
portate avanti in questi anni: dai corsi di<br />
lingue straniere, a quelli musicali e di arte,<br />
alla nascita della “Cine-Huerta”.<br />
Cine-Huerta è uno spazio in cui si coltiva<br />
la terra per una migliore educazione<br />
alimentare e si proiettano film a cielo<br />
aperto. Quest’anno, durante l’esperienza<br />
di turismo responsabile fatta con Libera è<br />
stato proiettato, in spagnolo, I Cento Passi<br />
e in tanti hanno partecipato alla serata e<br />
conosciuto la storia di Peppino Impastato).<br />
“Bisogna credere nei bambini - aggiunge<br />
Dario – perché loro faranno quello che<br />
non siamo riusciti a fare”. Con i ragazzi<br />
frequentano la “casa” una cinquantina di<br />
<strong>giovani</strong>. “Con loro stiamo costruendo questo<br />
progetto che – dice sorridendo Dario –<br />
neppure noi sappiamo bene cosa sia. Non<br />
sappiamo dire cosa stiamo facendo ma lo<br />
facciamo e speriamo che a continuare il<br />
progetto siano i piccoli co-fondatori di<br />
oggi”. Un passaggio di testimone, dunque,<br />
di questa “escuela sin escuela” in cui si<br />
sperimenta una didattica aperta, dove il<br />
concetto di sviluppo è declinato a partire<br />
dal territorio, dall’identità e guardando -<br />
dice Sendoya - a uno “sviluppo buono”.<br />
Contro la crisi una “rete di affetto” sostiene<br />
il progetto. Ma come è organizzata<br />
quotidianamente “Casa B”?<br />
“Una rete di affetto”<br />
“Sulla carta è tutto chiaro: ciascuno ha<br />
un compito diverso per portare avanti le<br />
tante attività. La verità, però, è che è<br />
sempre un gran casino... un caos positivo,<br />
perché lo spirito di squadra prende il<br />
sopravvento e ci mette tutti in grado di<br />
intervenire su tutto”. Come ci racconta,<br />
non ci sono grandi “finanziatori” dietro il<br />
progetto. “I fondi sono pochi e la verità è<br />
che la più grande forza economica è stata<br />
e continua ad essere la rete di affetto che<br />
sostiene il progetto”. Sembra una utopia<br />
in tempi di crisi economica eppure a<br />
Bogotà è diventata realtà. Progetti per il<br />
futuro di “Casa B”?. “Crescere e<br />
continuare a fare quello che stiamo<br />
facendo - risponde Dario - d’altronde, dice<br />
il poeta,”Al andar se hace el camino”: il<br />
percorso si fa camminando”.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 29
www.isiciliani.it<br />
Germania<br />
Mafia qui?<br />
Nein, Danke!<br />
“E' un problema italiano,<br />
non tedesco...”.<br />
di Valentina Valentini<br />
e Giorgio Garofalo<br />
www.stampoantimafioso.it<br />
La mafia non esiste, figuriamoci in<br />
Germania. È un problema italiano e<br />
non certo tedesco. Ecco, diciamo che le<br />
varie dichiarazioni del governo tedesco<br />
non promettono bene, visto che nessun<br />
territorio può dichiararsi immune e si<br />
può star certi che la mafia in Germania<br />
esiste, eccome!, ed è sempre più presente<br />
e più forte.<br />
Già negli anni ’80 la polizia tedesca<br />
aveva nel mirino i traffici di cocaina gestiti<br />
dalla ‘ndrangheta nell’allora Repubblica<br />
Federale Tedesca. Proprio a partire da<br />
quegli anni si moltiplicano i locali gestiti<br />
da famiglie affiliate alla ‘ndrangheta, luoghi<br />
che diventano presto basi operative per<br />
lo smistamento della droga in vari paesi<br />
europei. E’ così anche negli anni ’90, dopo<br />
la caduta del muro di Berlino che ha<br />
aperto il mercato ad est: territorio ancora<br />
vergine.<br />
Insomma, si tratta di un fenomeno che<br />
da sempre merita attenzione, eppure troppo<br />
spesso ignorato dalle istituzioni tedesche.<br />
Questa è stata, in sintesi, la tesi dei<br />
relatori al convegno «Mafia made in Germania:<br />
inchieste transnazionali» andato in<br />
scena in occasione del Festival Internazionale<br />
del Giornalismo di Perugia di<br />
quest’anno. Tesi alimentata dalle analisi di<br />
un’inchiesta transnazionale realizzata dal<br />
FunkeMedien-Gruppe, Der Spiegel,<br />
WDRtv, IRPI e Grandangolo, giornale locale<br />
della provincia di Agrigento.<br />
A dire che “c’è ancora molto lavoro da<br />
fare per contrastare le attività della criminalità<br />
organizzata di stampo mafioso tra<br />
Italia e Germania” sono stati CeciliaAnesi,<br />
co-fondatrice IRPI- Investigative Reporting<br />
Project Italy, Anna Maria Neifer,<br />
Westdeutscher Rundfunk, GiulioRubino,<br />
co-fondatore IRPI e DavidSchraven, Funke<br />
Medien-Gruppe, in occasione della tavola<br />
rotonda perugina.<br />
Dagli anni '90 ai nostri giorni<br />
Dagli anni ’90 ad oggi sono accadute<br />
molte cose anche in Germania: la più<br />
eclatante la strage di Duisburg che nel<br />
2007 ha aperto gli occhi anche ai tedeschi<br />
più scettici. Il 17 gennaio 2013 alcune<br />
persone vengono arrestate tra la Germania<br />
e Licata, piccola cittadina dell’Agrigento,<br />
nell’operazione denominata “Scavo”. Gabriele<br />
Spiteri, originario di Licata, e Rosario<br />
Pesce, di Riesi, erano stati incaricati di<br />
gestire la Baumafia, ovvero la “mafia delle<br />
costruzioni”.<br />
Entrambi dovevano coordinare i cosiddetti<br />
“procacciatori di prestanome”, i quali<br />
dovevano trovare tra parenti e amici in<br />
Sicilia qualcuno che li aiutasse nel loro<br />
operato. I cosiddetti “cretini” dell’apologo<br />
di Frank Coppola – riportato nel libro “La<br />
Convergenza” di Nando dalla Chiesa –<br />
ovvero coloro che più o meno inconsapevolmente<br />
si prestano a fare il gioco della<br />
mafia. Attraverso i prestanome, Spiteri,<br />
che gestiva Colonia, e Pesce, a capo di<br />
Dortmund, aprivano varie aziende edili<br />
con scopi di riciclaggio.<br />
Il sistema funzionava così: il denaro veniva<br />
trasferito sui conti correnti delle<br />
aziende in questione per pagare alcune fatture<br />
false, a cui non corrispondeva alcun<br />
servizio di costruzione e il prestanome “titolare”<br />
li ritirava in contanti. Il 90 per cento<br />
della somma veniva riconsegnata<br />
all’imprenditore che aveva comprato la<br />
fattura falsa.<br />
Il dieci per cento invece andava ai due<br />
“manager”, Spiteri e Pesce, che li usavano<br />
per pagare i commercialisti e i prestanome<br />
e per i loro affari. Spiteri e Pesce discutevano<br />
spesso in merito al sistema da loro<br />
creato e si incontravano presso un bar gestito<br />
dallo stesso Spiteri a Colonia.<br />
È rilevante notare un aspetto: anche in<br />
Italia, le “chiacchierate” tra personaggi<br />
appartenenti alla criminalità organizzata si<br />
svolgono nei bar e presso ristoranti e pizzerie.<br />
Un importante collaboratore di Spiteri,<br />
Calogero Di Caro ha raccontato agli<br />
investigatori che Spiteri “consumava tanta<br />
cocaina quanta l’intera Colonia” e<br />
all’interno del bar avvenivano grandi traffici<br />
di cocaina. Affari e traffici che Spiteri<br />
aveva importato anche in Germania.<br />
Di Caro fu scarcerato nel 1994 e divenne<br />
collaboratore di giustizia ma dagli inquirenti<br />
era considerato come un parziale<br />
e poco affidabile aiuto per le autorità. Sta<br />
di fatto che i boss lo hanno lasciato vivere<br />
e lui ha continuato “la sua attività” anche<br />
in Germania. “Cosa nostra ha l’ordine di<br />
non uccidere in Germania”, ha affermato<br />
un ospite dell’incontro di Perugia, “poiché<br />
è importante non destare alcun sospetto”,<br />
ma se le cose si mettono male, si uccide.<br />
Fra Palma di Montechiaro e Mannheim<br />
Lampante è l’esempio di diversi omicidi<br />
avvenuti presso il mandamento di Palma<br />
di Montechiaro (AG), certamente più vicini<br />
alla casa madre siciliana. L’omicidio di<br />
Calogero Burgio, di Giuseppe Condello,<br />
capo del mandamento di Mannheim (Baden-Württemberg),<br />
e Vincenzo Priolo.<br />
Da quando Matteo Messina Denaro comanda<br />
Cosa nostra siciliana, la regola è la<br />
seguente: prima il il business. Non si spara<br />
più, a meno che non sia strettamente necessario.<br />
Ma, ritenuto poco affidabile e un<br />
cane pazzo che usava troppa cocaina, Condello<br />
ha tirato troppo la corda, firmando,<br />
di fatto, la propria condanna a morte.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 30
www.isiciliani.it<br />
Argentina<br />
Quelli delle<br />
barra bravas<br />
Tale soluzione è stata<br />
molto discussa tra tutti<br />
gli altri capi mandamento<br />
dell’agrigentino,<br />
ma nessuno decideva.<br />
Matteo Messina<br />
Denaro, dunque, prese<br />
la decisione finale: “O<br />
ci pensate voi o ci<br />
penso io”. Nel mese di<br />
gennaio 2012 Condello e Priolo furono<br />
ammazzati e infilati all’interno di un<br />
pozzo sotto un cavalcavia di contrada<br />
Ciccobriglio, tra Campobello di Licata e<br />
Palma di Montechiaro.<br />
Quello che emerge è il cambiamento<br />
che il latitante Matteo Messina Denaro ha<br />
avviato all’interno di Cosa Nostra siciliana:<br />
è stato fatto un patto in Germania tra<br />
varie province mafiose. I capi mandamento<br />
tra la Germania e la Sicilia sono ben<br />
strutturati.<br />
A che punto siamo?<br />
Questa storia rivela una ramificazione<br />
della mafia, non solo quella siciliana ma<br />
anche della ’ndrangheta calabrese, in Germania.<br />
C’è ancora molto da fare. La giurisdizione<br />
tedesca non ha una normativa antimafia,<br />
come in Italia. E, non a caso, i relatori<br />
del dibattito di Perugia hanno battuto<br />
molto su questo punto chiedendo che<br />
“cambi la normativa in Germania” affinché<br />
tutti, dal Governo alla società civile,<br />
possano finalmente avere una maggiore<br />
consapevolezza che la mafia esiste davvero.<br />
Nel prossimo futuro, hanno aggiunto,<br />
avremo un database dedicato, sperando di<br />
vedere presto il reato di associazione mafiosa<br />
riconosciuto anche in Germania.<br />
Gli ultras violenti degli<br />
stadi qui gestiscono in<br />
prima persona vari<br />
traffici illegali<br />
di Filomena De Matteis<br />
www.stampoantimafioso.it<br />
Le “barra bravas” sono gruppi di ultras<br />
violenti, nati nelle “villas miserias”<br />
(l'equivalente delle favelas brasiliane)<br />
come supporto alle squadre di calcio. Sin<br />
dall’inizio hanno potuto godere di svariati<br />
privilegi, ad esempio viaggi gratuiti durante<br />
le trasferte delle squadre da loro sostenute.<br />
Tramite un crescente impiego della<br />
violenza questi gruppi hanno ottenuto<br />
sempre maggiori benefici, fino ad affermarsi<br />
come vere e proprie “piccole mafie”<br />
in grado di gestire traffici di droga, riciclaggio<br />
di denaro sporco e servizi di protezione<br />
ai calciatori, il tutto con la complicità<br />
della polizia.<br />
In particolare, a causa di quest’ultimo<br />
fattore, il fenomeno delle barra bravas si è<br />
sviluppato enormemente. Persino le cariche<br />
più alte delle associazioni calcistiche<br />
sembrano non poter nulla davanti a questo<br />
problema. Ma come si è arrivati a questo<br />
punto? Alla base vi è un intreccio di violenza-denaro-potere:<br />
i membri delle barra<br />
bravas usano la violenza sia contro i tifosi<br />
delle squadre avversarie sia contro i calciatori<br />
o i vertici dei club calcistici ai quali<br />
sono affiliati, per ottenere maggiori vantaggi<br />
o per “stimolare” i giocatori a dare il<br />
massimo durante le partite; i soldi arrivano,<br />
invece, dalla vendita di gadgets e dei<br />
biglietti, dall’assegnazione dei parcheggi<br />
a pagamento e dalla protezione ai giocatori;<br />
il tutto con l’appoggio di agenti e politici<br />
corrotti.<br />
Sostenevano la dittatura<br />
È, infatti, quest’ultimo fattore a rendere<br />
gli ultras argentini diversi da quelli europei:<br />
in Argentina i tifosi violenti fanno<br />
parte del sistema calcistico, arrivando a<br />
decidere persino dell’acquisto o della vendita<br />
dei giocatori e fanno capo ai politici<br />
corrotti di turno.<br />
Ne sono un esempio eclatante i barras<br />
della squadra Quilmes Atlético Club, sostenitori<br />
della dittatura militare (1976-<br />
1983) e in seguito dei governi democraticamente<br />
eletti che si fossero dimostrati<br />
pronti ad appoggiarli, indipendentemente<br />
dall’orientamento politico. Per i membri<br />
delle barras contano soltanto i soldi e di<br />
conseguenza il sostegno di chi gliene offre<br />
di più.<br />
I politici, a loro volta, ricorrono all’uso<br />
violento degli ultras in quanto vedono<br />
questi come una sorta di manodopera tramite<br />
la quale poter concludere rapidamente<br />
affari illegali. Non è dunque difficile<br />
comprendere come i capi delle barra bravas<br />
delle squadre più importanti, come ad<br />
esempio il River Plate, il Boca Juniors, il<br />
Rosario Central ed il Newell’s Old Boys,<br />
possano guadagnare cifre che si aggirano<br />
attorno agli 11mila euro mensili.<br />
Inevitabilmente tutto ciò rende l’attività<br />
della tifoseria violenta appetibile. Il potere<br />
e il denaro, inoltre, innescano uno spirito<br />
di emulazione che crea ancora più violenza,<br />
sempre più difficile da fermare.<br />
È necessario un intervento decisivo delle<br />
istituzioni per combattere un fenomeno<br />
come questo dove si assiste alla crescente<br />
collaborazione fra barras, poliziotti e politici,<br />
che gestiscono ingenti somme di denaro<br />
agendo nella più totale libertà e impunità.<br />
Nello specifico, le istituzioni argentine<br />
dovrebbero eliminare il potere che<br />
ha consentito agli ultras di affermarsi fino<br />
a diventare gruppi criminali organizzati<br />
sia all’interno sia all’esterno degli stadi.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 31
www.isiciliani.it<br />
S C A F F A L E<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 32
www.isiciliani.it<br />
Cerimonie<br />
L'antimafia<br />
distratta<br />
“Trent'anni di mafia”:<br />
grande presentazione<br />
con intellettuali, giornalisti,<br />
opinionisti e autorità<br />
varie. Peccato<br />
che il “regista antimafia<br />
era appena stato<br />
condannato a sei anni<br />
per un gigantesco imbroglio...<br />
di r.o.<br />
“Sono un agente segreto dei carabinieri.<br />
La mafia mi cerca per farmi fuori”.<br />
Più o meno così è cominciata la storia<br />
di Mario Musotto, regista agrigentino,<br />
e Vincenzo Balli, un piccolo imprenditore<br />
del settore spettacoli.<br />
Il Balli s’è fidato e s’è messo a sua disposizione.<br />
“Dobbiamo stare attentissimi, la mafia<br />
non perdona”. C’è pure un’intera squadra<br />
di “carabinieri speciali”, guidati da un<br />
fantomatico “maresciallo Orso”, che ogni<br />
tanto compaiono a rinnovare le minacce.<br />
Basta: il Balli, con l’intera famiglia, passa<br />
due anni “blindato” e “sotto copertura”<br />
senza osar mettere il naso fuori di casa,<br />
terrorizzato dai racconti del Musotto: il<br />
quale nel frattempo non manca di farsi – a<br />
spese della vittima – gli affari suoi.<br />
Alla fine, la storia finisce a conoscenza<br />
dei carabinieri veri. Indagini, denuncia,<br />
intervento dei giudici e processo. Musocco<br />
becca sei anni di carcere (tribunale di<br />
Palermo, giudice Patrizia Ferro) e la storia<br />
finisce lì.<br />
O meglio, non finisce affatto. Perché<br />
nel bel mezzo dell’estate, a Palermo,<br />
Agrigento e ovviamente su internet compaiono<br />
dappertutto le locandine di un nuovo<br />
film “antimafia” (“Trent’anni di<br />
mafia”: Grande Presentazione in prima internazionale<br />
galattica ad Agrigento, in Canadà,<br />
negli Stati Uniti!).<br />
Alla prima sono invitate le personalità<br />
dell’antimafia, dello spettacolo, della magistratura<br />
e quant’altro; il film, ad Agrigento,<br />
è dedicato a un magistrato in servizio,<br />
uno dei migliori rimasti, invitato a<br />
onorare con la sua presenza la prémiere.<br />
Peggio la pezza del buco<br />
Il povero Balli, venutolo a sapere, scatena<br />
su facebook l’iradiddìo. La cosa è un<br />
po’ imbarazzante. Il produttore del film,<br />
tale Filippo Alessi (la major è la società<br />
“Campo di Note”) “apprende con rammarico”<br />
la notizia, peraltro a suo tempo uscita<br />
dappertutto. Toglie, a lavoro ultimato e<br />
all'ultimo momento, il nome del Musotto<br />
dal cast e lo sostituisce con quello un altro<br />
tizio, non condannato per sequestro: il che<br />
per un film antimafia - ha pensato l'Alessi<br />
- è già una garanzia.<br />
Così il film viene presentato regolarmente,<br />
esattamente come l'aveva composto<br />
il Musotto. Grande imbarazzo fra il<br />
pubblico - con le varie personalità in prima<br />
fla – ma tutto sommato è andata bene.<br />
Nessuno scandalo, tranne i soliti mugugni<br />
su facebook e in rete, cui peraltro nessuno,<br />
nella stampa ufficiale, ha ritenuto di<br />
dare particolare risalto.<br />
“Chiedo la condanna di Musotto - aveva<br />
chiesto l'avvocato al processo - anche<br />
per eliminarlo dal palcoscenico antimafia,<br />
utilizzato da alcuni come esclusiva fonte<br />
di business”. Condannare, in tribunale<br />
l'hanno condannato, visto che là le sentenze<br />
le fanno i giudici e non la brava gente<br />
“impegnata” dei salotti. Però lui sul palcoscenico<br />
“antimafia” c'è rimasto, e non<br />
pare che qualcuno - tolta la breve parentesi<br />
obbligata – abbia voglia di cacciarlo via<br />
da lì.<br />
E intanto, al premio Sciascia...<br />
Sempre a proposito di “antimafia”, da<br />
segnalare un altro evento del genere: non<br />
un film stavolta si tratta ma di un capolavoro<br />
della letteratura (impegnata, ovviamente).<br />
Il titolo della fondamentale opera<br />
è “Malerba”, edita da Mondadori (quello<br />
di “Gomorra”) e premiata a furor di popolo<br />
a Racalmuto, col premio Sciascia.<br />
Il popolo, veramente, era un po' infuriato<br />
anche perché l'autore del capolavoro,<br />
Giuseppe Grassonelli (coadiuvato nella<br />
sua fatica da un volenteroso redattore di<br />
Mediaset) era fino a quel momento noto<br />
alle cronache in qualità non di letterato<br />
ma di ferocissimo boss mafioso e assassino.<br />
Al tempo in cui capeggiava una delle<br />
cosche più feroci della Sicilia, gli stiddari,<br />
l'uomo aveva infatti esercitato il suo mestiere<br />
con rigore e costanza, allentando il<br />
suo faticoso impegno solo per cause di<br />
forza maggiore, incarnate in alcuni carabinieri<br />
e un tribunale. Grazie a costoro,<br />
Grassonelli decise di cambiar carriera e di<br />
darsi alla letteratura, dove si fatica di<br />
meno e non ci sono carabinieri.<br />
L'antico brigante è diventato così –<br />
classicamente – il beniamino della società<br />
perbene. Dei giudici e concorrenti del premio<br />
Sciascia (fra cui alcuni esponenti,<br />
ahimè distratti, dell'atimafia vera) solo<br />
uno ha avuto la presenza di spirito di<br />
scappare a gambe legate dichiarandosi indisponibile<br />
alla buffonata.<br />
Tutti gli altri, a muso storto, hanno fatto<br />
buon viso a cattivo gioco; qualcuno si è<br />
pure lanciato in stratosferiche elucubrazioni<br />
sulla vis redentrice della letteratura e<br />
sulla necessità di assicurare comunque la<br />
preziosa testimonianza ecc. ecc.<br />
(Ma che ne avrebbe detto Sciascia?” s'è<br />
domandato qualcuno. Niente, naturalmente.<br />
Sciascia riusciva benissimo a non dire<br />
mai niente di veramente scomodo dicendo<br />
migliaia di cose terribili e all'apparenza<br />
scomodissime. Basta pensare al “professionista<br />
dell'antimafia” Borsellino. E' quasi<br />
un contrappasso, per lui, il Grassonelli).<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 33
www.isiciliani.it<br />
No Muos<br />
Sulla via<br />
di Niscemi<br />
Quarantasei antenne<br />
militari, da questa cittadina<br />
siciliana, sorvegliano<br />
il mondo. Una<br />
giornata contro<br />
di Giuseppe Cugnata<br />
www.generazionezero.org<br />
Entrando a Niscemi si ha quasi la<br />
sensazione di essere stati catapultati in<br />
una città mediorientale: l’ocra delle<br />
abitazioni – lasciate prive di intonaco –<br />
si mescola all’argilla delle colline circostanti.<br />
Dal golfo di Gela, distante pochi<br />
chilometri in linea d’aria, una cappa di<br />
polvere si solleva sulle stradine irregolari,<br />
mentre l’aria tutt’intorno sembra<br />
tremolare per il feroce caldo d’agosto.<br />
Dal paesaggio arido e uniforme svettano<br />
sporadiche sagome di palme: ogni cosa<br />
sembra indefinita e statica, in quest’angolo<br />
Sicilia. Ad un tratto, però, qualcosa<br />
pare turbare il naturale equilibrio di questi<br />
luoghi: in direzione sud-est, una torre di<br />
metallo alta più di cento metri si staglia<br />
prepotentemente contro la linea dell’orizzonte.<br />
È una delle quarantasei antenne<br />
statunitensi presenti nella zona.<br />
Dagli anni ’90, infatti, il territorio di Niscemi<br />
è stato scelto dalla Marina Militare<br />
statunitense come sede di una base di trasmissione<br />
radio NRTF. In tempi più recenti,<br />
poi, la stessa base è stata individuata<br />
come luogo adatto per il programma di<br />
comunicazione satellitare MUOS; altre tre<br />
enormi parabole sono quindi state erette<br />
nella campagna del niscemese. Per ostacolare<br />
l’attivazione dell’impianto, i manifestanti<br />
del coordinamento No MUOS<br />
hanno indetto una manifestazione per<br />
giorno 9 agosto, ed è per questo che ci<br />
troviamo in marcia, nella periferia di Niscemi,<br />
sotto un sole inclemente.<br />
Dato che il presidio No MUOS, dal<br />
quale partirà la manifestazione, si trova<br />
fuori dal centro abitato, chiediamo indicazione<br />
a qualche passante sulla strada migliore<br />
da seguire. I primi tre tentativi vanno<br />
miseramente a vuoto: pare che la gente<br />
non abbia la più pallida idea della manifestazione,<br />
degli impianti militari e di tutto<br />
il resto.<br />
Al quarto tentativo un muratore di<br />
mezza età, intento a scaricare dei calcinacci<br />
dentro al cassone di un camion, ci<br />
indica la strada con fare sicuro, lasciando<br />
intendere che non siamo stati i primi visitatori<br />
a domandare aiuto. Proseguiamo il<br />
viaggio verso il presidio.<br />
Una riserva naturale<br />
Numerosi filari di canneti o di pale di<br />
fichi d’india addolciscono il paesaggio,<br />
sempre più rigoglioso via via che ci addentriamo<br />
nella campagna niscemese:<br />
l’area in cui sorge la base americana è stata,<br />
infatti, istituita, nel 1997, come riserva<br />
naturale, proprio per la varietà di specie<br />
animali e vegetali che custodisce al suo<br />
interno. Dopo qualche decina di minuti,<br />
arriviamo finalmente a destinazione: un<br />
murale, con la scritta No MUOS da una<br />
parte e la bandiera americana dall’altra,<br />
demarca in maniera inequivocabile la<br />
zona.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 34
www.isiciliani.it<br />
“L'accondiscendenza<br />
del palazzo politico<br />
verso i responsabili<br />
del programma militare<br />
”<br />
Un vigile urbano ordina di lasciare<br />
l’automobile: da questo momento potremo<br />
muoverci solamente a piedi. Ci accodiamo<br />
ad un gruppo di ragazzi, sperando<br />
prima o poi di raggiungere la meta. Proseguiamo<br />
per più di un chilometro, mentre<br />
un elicottero della polizia ci sorveglia, volando<br />
a bassa quota. Giungiamo finalmente<br />
al presidio, dove si sono raccolte diverse<br />
centinaia di persone.<br />
“Ci hanno filmato tutti”<br />
Una donna, immediatamente fuori dall'<br />
l'ingresso, si lamenta con un conoscente:<br />
“Ci hanno filmati tutti mentre camminavamo”,<br />
racconta, riferendosi ai poliziotti<br />
in borghese che da una macchina hanno<br />
continuato a filmare i manifestanti che<br />
giungevano al presidio.<br />
Scivoliamo lungo la leggera scarpata<br />
che dalla strada asfaltata porta all’interno<br />
del presidio: a sinistra è stato allestito un<br />
piccolo capanno da cui poter prelevare bevande<br />
o cibo; a destra sono parcheggiate<br />
alcune auto, mentre più in basso, nascoste<br />
tra la vegetazione, si distinguono alcune<br />
tende da campeggio. Turi Vaccaro, attivista<br />
No MUOS, sta a piedi in su, reggendo<br />
il peso del corpo sulle spalle e sul collo, in<br />
una posa di meditazione.<br />
Verso le quattro i manifestanti sono<br />
pronti ad abbandonare il presidio diretti<br />
verso la base americana. La testa del corteo<br />
è composta dagli attivisti del coordinamento<br />
No MUOS e dal comitato Mamme<br />
No MUOS.<br />
Seguono le bandiere dei partiti e dei<br />
movimenti presenti (Prc, Sel, lista Tsipras,<br />
Pcl, Pc, Idv, Verdi, Anarchici, No Ponte,<br />
No Tav, Usb...) mescolate a numerose<br />
bandiere palestinesi. “Ma pirchì a manifestazione<br />
No MUOS c’hanna siri i banneri<br />
re’ partiti? (le bandiere dei partiti?)”<br />
chiede a un amico un ragazzo.<br />
Alla coda del corteo si intravedono i pochissimi<br />
sindaci e assessori, venuti per<br />
l’occasione con la fascia tricolore: l’idea<br />
nata sui social network, nei giorni immediatamente<br />
precedenti la manifestazione,<br />
era che i rappresentanti delle istituzioni<br />
fossero molti di più.<br />
Il corteo finalmente parte. Superate le<br />
prime curve è possibile valutare, a occhio<br />
e croce, le dimensioni del serpentone che<br />
non supera le duemila/tremila unità: un<br />
calo rispetto alle manifestazioni precedenti.<br />
Anche tra i manifestanti sembra essere<br />
calata la fiacca: gli slogan vengono urlati<br />
da poche decine di persone, mentre il resto<br />
della colonna sembra somigliare più<br />
ad un corteo funebre che ad una manifestazione<br />
di protesta.<br />
Certo, l’accondiscendenza degli uomini<br />
del palazzo politico verso i responsabili<br />
del programma militare ha scoraggiato<br />
tanti, come anche il compimento dei lavori<br />
di cantiere alla base americana. Ma al di<br />
là delle giustificazioni, l’unico dato certo<br />
è che, a distanza di più di un anno dalla<br />
fortunatissima manifestazione del 30 marzo,<br />
quando la campagna niscemese venne<br />
inondata da più di diecimila anime, il<br />
coinvolgimento civile si è sicuramente<br />
affievolito, complice anche la mancanza<br />
di approcci comunicativi più evoluti da<br />
parte del coordinamento.<br />
Il corteo prosegue placidamente diretto<br />
verso uno dei cancelli della base. In un<br />
tratto di strada, pochi minuti prima, alcune<br />
donne vestite di nero, con uno striscione<br />
con su scritto Boicotta Israele,avevano<br />
inscenato un flash mob contro l’invasione<br />
israeliana nella Striscia di Gaza.<br />
Passate le sei la situazione muta radicalmente:<br />
il corteo, rimasto compatto durante<br />
tutta la marcia, si frammenta. Alcune decine<br />
di manifestanti si scagliano a mani<br />
nude contro la recinzione metallica che<br />
circonda la base, mentre un manipolo di<br />
poliziotti in assetto antisommossa sta a<br />
guardare al di là della rete. La tensione tra<br />
i manifestanti e i poliziotti cresce.<br />
La carica contro le prime file<br />
Alle 18:35 i manifestanti sfondano la<br />
rete. I poliziotti lanciano una carica contro<br />
le prime file. Dopo qualche minuto, viene<br />
dato fuoco a della sterpaglia immediatamente<br />
vicina alla sede degli scontri: una<br />
colonna di polvere e fumo si solleva minacciosa<br />
sull’intera area.<br />
Mentre piovono pietre e manganellate,<br />
dei manifestanti si accingono a spegnere il<br />
fuoco: una possibile propagazione delle<br />
fiamme avrebbe potuto legittimare eventuali<br />
divieti ad altre manifestazioni future.<br />
Finalmente, senza alcun intervento da parte<br />
dei vigili del fuoco, l’incendio viene<br />
spento dalle sole braccia dei manifestanti.<br />
Le cariche da parte della polizia terminano.<br />
Un folto gruppo di attivisti supera la<br />
rete e si addentra nella base, diretto verso<br />
le antenne presso cui, già da diverse notti,<br />
si sono arrampicati sette attivisti. Decidiamo<br />
di rimanere fuori dai confini della<br />
base: la nostra manifestazione, per oggi, è<br />
finita.<br />
Sulla strada verso casa, la luna piena ci<br />
sorveglia dall’alto, luminosissima, mentre<br />
gli ultimi raggi del sole attraversano con<br />
vigore le nuvole riempiendo il cielo.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 35
www.isiciliani.it<br />
Giustizia<br />
I “collaboratori”<br />
collaborano. E lo Stato?<br />
L’istituto della collaborazione<br />
con la giustizia<br />
degli ex appartenenti<br />
ad associazioni mafiose<br />
costituisce uno dei<br />
principali strumenti di<br />
contrasto alla mafia<br />
di Irene Astorri<br />
www.diecieventicinque.it<br />
Per collaboratore di giustizia s'intende<br />
chi, dopo aver fatto parte di una<br />
organizzazione criminale, decide di<br />
dissociarsene e di collaborare con<br />
l’autorità giudiziaria.<br />
In Italia la creazione della normativa è<br />
stata determinata dalla situazione politicogiudiziaria<br />
della fine degli anni sessanta,<br />
quando ripetuti atti di violenza crearono<br />
grande allarme sociale. Ma soltanto negli<br />
anni novanta è stata introdotta una disciplina<br />
specifica in materia, grazie al decreto<br />
legge 15 gennaio 1991 n. 8, convertito<br />
nella legge 15 marzo 1991 n. 82, i cui<br />
punti più importanti erano:<br />
- poter fornire uno speciale programma<br />
di protezione ai collaboratori di giustizia e<br />
ai parenti più prossimi e permettere al collaboratore<br />
di accedere a vari benefici penitenziari<br />
(tra cui misure alternative alla<br />
detenzione)<br />
- il programma di protezione doveva essere<br />
deciso da un’apposita Commissione<br />
(istituita dal Ministero dell’Interno) e doveva<br />
essere richiesta dal pm, dal prefetto<br />
o dall’Alto Commissario per il coordinamento<br />
della lotta contro la delinquenza<br />
mafiosa;<br />
- l’ammissione dipendeva dalla gravità<br />
e attualità del pericolo, dall’importanza<br />
delle informazioni fornite e dall’adempimento<br />
degli obblighi previsti dal programma<br />
di protezione stesso;<br />
- la gestione e l’attuazione dei programmi<br />
di protezione era affidata a un servizio<br />
istituito presso il Dipartimento della pubblica<br />
sicurezza del Ministero dell’interno<br />
(Servizio centrale di protezione);<br />
- il Ministro dell’Interno, in casi eccezionali,<br />
poteva autorizzare il cambiamento<br />
delle generalità dei soggetti sottoposti<br />
al programma di protezione.<br />
Questa legge è stata poi modificata con<br />
la successiva del 13 febbraio 2001 n. 45,<br />
con cui s'è cercato di eliminare le disfunzioni<br />
e incongruenze della precedente.<br />
Scheda<br />
PENTIMENTI, GIUSTIZIA E VERITA'<br />
Partiamo da un dato: senza i collaboratori di giustizia non sapremmo<br />
tutto quello che oggi sappiamo sulle mafie. Non sapremmo<br />
i rapporti al loro interno, i riti, i misteri e le verità. Probabilmente<br />
dubiteremmo ancora dell’esistenza della mafia. Eppure,<br />
questi, nascono col nascere delle mafie nonostante solo con<br />
Falcone diventino uno “strumento” fondamentale nelle mani della<br />
giustizia. Sicuramente hanno avuto un ruolo di primaria importanza<br />
nella lotta al terrorismo, ma quella, come ben sappiamo,<br />
è un'altra storia.<br />
Il primo pentito di mafia nella storia d’Italia «si chiamava Salvatore<br />
D’Amico. A metà dell’Ottocento faceva parte della “fratellanza<br />
degli stuppagghieri” di Monreale. Si trasferì a Bagheria,<br />
la cui cosca, “i fratuzzi”, era in guerra con quella monrealese.<br />
Iniziò a temere per la sua vita e decise di dire quello che sapeva<br />
ai giudici. “Undici giorni dopo il D’Amico veniva trovato crivellato<br />
da lupara, con un tappo di sughero in bocca ('u stuppagghiu)<br />
e sugli occhi il santino di stoffa della Madonna del Carmine che i<br />
fratuzzi portavano al collo a mo’ di amuleto e riconoscimento.<br />
La mafia aveva ritrovato l’unità per punire il traditore, anche se<br />
le due cosche continuarono per anni a distruggersi a vicenda”».<br />
Melchiorre Allegra, medico trapanese “pentito” nel 1937, era<br />
«affiliato alla famiglia mafiosa palermitana di Pagliarelli. Aveva<br />
raccontato la struttura di Cosa Nostra, il rito della “punciuta”, i<br />
nomi delle famiglie più importanti e i legami con la politica, la<br />
sanità e gli affari».<br />
Tra D’Amico e Allegra intercorrono storie di pentitismi, collaborazioni<br />
e confidenze. Nei verbali venivano chiamati “dichiaranti”<br />
ma le scarse norme legislative sul tema e le diverse condizioni<br />
storiche del tempo hanno lasciato poche tracce delle testimonianze<br />
di questi personaggi. Difatti le notizie sono scarse sulla<br />
storia del pentitismo prima di Leonardo Vitale. Un “pentito”<br />
vero, quest’ultimo. Rese dichiarazioni spontanee dopo una lunga<br />
e travagliata riflessione, cercava un ravvedimento, voleva rimediare<br />
per il male fatto così come insegna il catechismo della<br />
Chiesa Cattolica. I collaboratori da ricordare, per importanza e<br />
verità, non sarebbero pochi. Ci sarebbe da raccontare anche di<br />
quei “falsi pentiti”, orchestrati a dovere per confondere le carte<br />
in gioco e creare sfiducia in questo strumento.<br />
Collaboratore però, non è sinonimo di “pentito”. Ognuno di<br />
loro è mosso da un motivo diverso che li porta a collaborare con<br />
la giustizia. I soldi, la protezione, o forse un riscatto per il male<br />
fatto. Spesso considerati dei delatori, che poi è il peccato di Giuda<br />
(e il paragone, non mio, è tristemente infelice), sono da sempre<br />
osteggiati e criticati dalla pubblica opinione e da molti addetti<br />
ai lavori. Eppure costituiscono un pilastro fondamentale della<br />
lotta alla mafia. In questo paese, e non solo. Forse basterebbe<br />
proteggerli maggiormente, seriamente, in base alla storia e alle<br />
verità riscontrate e non trattarli tutti allo stesso modo.<br />
Del resto, da D’Amico, a Buscetta, fino ad arrivare a Iovine, è<br />
cambiata la mafia, non il modo di trattare e “usare” i collaboratori<br />
di giustizia. Almeno fin quando questi, si limitano a portare<br />
verità che non fanno male a molti.<br />
Salvo Ognibene<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 36
www.isiciliani.it<br />
“Collaboratori<br />
e testimoni<br />
di giustizia:<br />
due cose<br />
del tutto diverse”<br />
È stato fortemente limitato il numero<br />
dei soggetti sottoposti al programma di<br />
protezione: ne possono usufruire solo coloro<br />
che forniscono un contributo di notevole<br />
importanza, mentre la collaborazione<br />
può essere portata avanti soltanto<br />
nell’ambito di alcune gravi fattispecie di<br />
reato attinenti alla criminalità organizzata<br />
(come ad es. terrorismo o eversione).<br />
Solo notizie attendibili e complete<br />
Il soggetto viene ammesso al programma<br />
di protezione solo se le notizie sono<br />
nuove, complete, attendibili e rese al pm<br />
entro 180 giorni dalla dichiarazione di volontà<br />
di collaborazione, oltre al fatto che<br />
all’autorità giudiziaria devono essere consegnati<br />
beni e denaro di provenienza illecita.<br />
Infine viene introdotta una netta distinzione<br />
tra collaboratori e testimoni di giustizia<br />
(soggetti vittima di reato o persone<br />
informate sui fatti destinate ad una diversa<br />
protezione).<br />
Nel 2013 l’allora Presidente del Consiglio<br />
Enrico Letta aveva istituito, tramite<br />
decreto, una Commissione col compito di<br />
elaborare proposte di modifica al sistema<br />
per la lotta alla criminalità organizzata.<br />
La Commissione, composta dal Presidente<br />
Roberto Garofoli e dai membri<br />
Magda Bianco, Raffaele Cantone, Nicola<br />
Gratteri, Elisabetta Rosi e Giorgio Spangher,<br />
dopo aver ascoltato anche il parere<br />
di diversi soggetti coinvolti, è approdata<br />
alla stesura del “Rapporto della Commissione<br />
per l’elaborazione di proposte in<br />
tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità”<br />
nel quale vengono sollevate criticità<br />
sul sistema normativo vigente.<br />
Un primo profilo riguarda il rigido termine<br />
previsto (180 giorni) entro il quale<br />
bisogna concludere l’assunzione delle dichiarazioni<br />
da parte del pentito: quelle<br />
successive sono inutilizzabili (salvi alcuni<br />
correttivi) e non è prevista alcuna proroga.<br />
Secondo la Commissione questo termine<br />
è eccessivamente rigido, considerata<br />
anche la mole di lavoro esistente nelle<br />
Procure.<br />
La proposta consiste nell’introdurre una<br />
proroga per il pm che dimostri di aver<br />
svolto la sua attività lavorativa ma di non<br />
essere riuscito ad assumere tutte le dichiarazioni<br />
del collaboratore, oltre a quella di<br />
creare una sanzione di inutilizzabilità per<br />
le dichiarazioni tardive, a meno che non si<br />
dimostri che il ritardo sia tale per un giustificato<br />
motivo.<br />
Le misure di protezione<br />
Un secondo profilo riguarda il numero<br />
di componenti della Commissione centrale<br />
per la definizione e l’applicazione delle<br />
speciali misure di protezione: la legge del<br />
1991 prevede due magistrati e cinque funzionari<br />
e ufficiali, presieduti da un Sottosegretario<br />
di Stato.<br />
La Commissione propone di aumentare<br />
il numero dei magistrati da due a quattro.<br />
Il terzo profilo di criticità riguarda infine<br />
il sistema della partecipazione a distanza<br />
al dibattimento dei collaboratori e dei<br />
testimoni di giustizia. Questi ultimi riferiscono<br />
diverse informazioni relative ad<br />
episodi delittuosi e queste instaurano diversi<br />
procedimenti penali: il soggetto<br />
deve perciò rendere le sue dichiarazioni in<br />
più giudizi, ma ciò genera ingenti spese<br />
allo Stato, che si deve occupare dei singoli<br />
trasferimenti. Questa situazione ha portato<br />
all’uso nei processi della videoconferenza.<br />
La videoconferenza<br />
Si deve inoltre distinguere se all’interno<br />
dei processi il soggetto partecipi come imputato<br />
o testimone: a seconda della posizione<br />
ricoperta nel processo infatti, il soggetto<br />
può o non può rendere la propria testimonianza<br />
a distanza, situazione dipendente<br />
anche da ragioni di sicurezza ed ordine<br />
pubblico. Per questo motivo il giudice<br />
deve disporre le cautele necessarie affinché<br />
il soggetto non sia riconoscibile ed<br />
evitare possibili ripercussioni da parte degli<br />
imputati.<br />
La Commissione ha perciò proposto di<br />
rendere obbligatoria la videoconferenza,<br />
anche se il collaboratore o il testimone sia<br />
esso stesso un imputato: questo servirebbe<br />
per ridurre notevolmente l’onere economico<br />
per lo Stato e per l’incolumità sia<br />
dei soggetti protetti sia per gli operatori di<br />
polizia addetti alla scorta<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 37
www.isiciliani.it<br />
Trattativa<br />
Mori, il Sisde e quelle<br />
operazioni criminali<br />
Nelle nuove carte riflettori<br />
puntati sul ruolo<br />
dell’ex capo del Ros<br />
negli anni ’70<br />
di Lorenzo Baldo<br />
www.antimafiaduemila.com<br />
Palermo. E’ lo spaccato di uno Statocriminale<br />
quello che emerge dalle prime<br />
indiscrezioni relative all’attività integrativa<br />
di indagine della Procura di<br />
Palermo che verrà depositata al processo<br />
sulla trattativa Stato-mafia. I faldoni<br />
sono stati trasmessi anche alla Procura<br />
generale che rappresenta l’accusa al<br />
processo d’appello in cui Mori è imputato<br />
di favoreggiamento aggravato alla<br />
mafia.<br />
Il periodo del Sid<br />
Questo materiale racchiude una parte<br />
dell’attività di indagine sulla permanenza<br />
dell’ex capo del Ros Mario Mori al Sid<br />
(Servizio Informazioni difesa, ex Sismi,<br />
attuale Aise, ndr) nei primi anni ’70. In<br />
quel periodo Mori è un <strong>giovani</strong>ssimo ufficiale<br />
dei Carabinieri (da 3 anni era<br />
nell’Arma) che comanda una tenenza.<br />
Nel 1973 viene chiamato al Sid da un<br />
ex ufficiale dei Carabinieri al Servizio Informazione<br />
Difesa, Federico Marzollo,<br />
all’epoca la persona più vicina all’ex direttore<br />
del Sid Vito Miceli (uomo di Licio<br />
Gelli.<br />
La struttura parallela<br />
Miceli predispose la struttura parallela<br />
del Sid finalizzata ad organizzare un colpo<br />
di Stato tra il ’73 e il ’74 chiamata la<br />
Rosa dei Venti, ndr).<br />
Marzollo quindi porta Mori al Sid nel<br />
’73, lo sponsorizza e lo avvicina a Vito<br />
Miceli. Tra l’altro lo stesso Marzollo era<br />
stato allievo ufficiale del padre di Mori.<br />
A cavallo tra la fine del ’74 e l’inizio<br />
del ’75 succede qualcosa di strano.<br />
Negli atti acquisiti dalla Procura dagli<br />
archivi dell’Aise (il servizio segreto per la<br />
sicurezza esterna) risulta in particolare<br />
che negli anni di permanenza al Sid Mori<br />
ha svolto funzioni operative con tanto di<br />
nome e documenti di copertura, riportando<br />
anche degli encomi importanti nel corso<br />
del ’73 e del ’74 per determinate operazioni.<br />
Mori si è occupato nello specifico<br />
di “contatti” con i terroristi neri.<br />
Il contesto<br />
A questo punto occorre inquadrare ulteriormente<br />
il contesto.<br />
Nel dicembre del ’74 il giudice<br />
istruttore di Padova, Giovanni Tamburino<br />
(fino a un mese fa a capo del Dap, ndr),<br />
che sta indagando sulla Rosa dei venti<br />
(con tanto di richiesta d’arresto per l’ex<br />
capo del Sid Vito Miceli), manda al Sid<br />
una richiesta urgente con la quale chiede<br />
che sia trasmessa dall’Autorità<br />
Giudiziaria di Padova un’immagine<br />
fotografica di Mario Mori. Il giudice<br />
Tamburino non specifica altro.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 38
www.isiciliani.it<br />
“Tenetelo fuori<br />
fino alla fine<br />
del processo<br />
Borghese”<br />
La cacciata di Mori<br />
Come è noto la Rosa dei venti è<br />
un’indagine condotta dalla magistratura di<br />
Padova sull’organizzazione segreta modello<br />
“Gladio” che operava soprattutto nel<br />
nord est, faceva riferimento, tra gli altri,<br />
all’ex generale Amos Spiazzi, e aveva<br />
come obiettivo quello di reiterare il progetto<br />
del “Piano Solo” del generale Giovanni<br />
De Lorenzo: una sorta di colpo di<br />
Stato militare che ci sarebbe dovuto essere<br />
tra il ’73 e il ’74. Tamburino chiede<br />
quindi la fototessera di Mori nel dicembre<br />
’74. Per quale motivo?<br />
Non bisogna scordare che nell’ottobre<br />
di quello stesso anno il giudice Tamburino<br />
aveva fatto arrestare per l’indagine sulla<br />
Rosa dei venti Vito Miceli. Successivamente<br />
era stato arrestato anche Amos<br />
Spiazzi. Il 4 gennaio del ’75 l’ex generale<br />
Gianadelio Maletti (ex numero due del<br />
Sid rimasto al Servizio in seguito all’arresto<br />
di Miceli) scrive di suo pugno un appunto<br />
in cui chiede al direttore del Servizio<br />
facente funzioni, l’ammiraglio Mario<br />
Casardi (che poi diventerà direttore a tutti<br />
gli effetti), di allontanare Mario Mori dal<br />
Servizio “nel più breve tempo possibile”.<br />
Il 9 gennaio Casardi emette un provvedimento<br />
in cui dispone l’allontanamento<br />
di Mario Mori dal Servizio con effetto immediato<br />
aggiungendo alla richiesta di Maletti<br />
un’ulteriore direttiva. Non soltanto<br />
Mori deve essere cacciato via dal Servizio,<br />
ma deve essere urgentemente allontanato<br />
dal territorio della città di Roma.<br />
Perché mai Mori viene mandato via da<br />
Roma in quel modo?<br />
Agli inizi del 1978 Mario Mori viene<br />
quindi restituito all’Arma di appartenenza<br />
per poi essere inviato a comandare il nucleo<br />
radiomobile di Napoli. In quello stesso<br />
anno il Comando generale dei Carabinieri<br />
scrive al Sid chiedendo se vi siano<br />
motivi ostativi al trasferimento di Mori a<br />
Roma. A tutti gli effetti si tratta di una<br />
sorprendente anomalia in quanto Mori,<br />
dopo essere stato cacciato con tanto di abbassamento<br />
delle note caratteristiche, non<br />
ha più alcun tipo di rapporto con il Sid.<br />
Anni di fuoco<br />
Il dato ancora più sconcertante è la risposta<br />
del Sid. Siamo nel gennaio del ’78,<br />
nella replica si legge che “come da disposizioni<br />
impartite” c’è il divieto di trasferire<br />
Mori a Roma “fino alla fine della celebrazione<br />
del processo Borghese”. Per<br />
quale ragione viene sottolineata questa<br />
specifica indicazione? Bisogna mettere<br />
insieme altri pezzi di questo mosaico.<br />
Il giudice Tamburino che stava conducendo<br />
l’indagine sulla Rosa dei venti a un<br />
certo punto si vede richiesti gli atti dalla<br />
procura di Roma. La tesi dei magistrati<br />
romani è molto semplice: siccome stiamo<br />
indagando sul Golpe Borghese, anche se<br />
non sono gli stessi soggetti, si tratta sempre<br />
di un colpo di Stato organizzato dai<br />
militari e quindi c’è connessione. Il pm<br />
che indagava sul Golpe Borghese era un<br />
uomo fedelissimo di Giulio Andreotti:<br />
Claudio Vitalone.<br />
L'indagine tolta al magistrato<br />
Di fatto Tamburino resiste fino al dicembre<br />
del ’74, poi però la procura di<br />
Roma si appella alla Cassazione e vince.<br />
Tutta l’indagine sulla Rosa dei venti viene<br />
quindi tolta a Tamburino per essere mandata<br />
a Roma così da essere unificata a<br />
quella sul Golpe Borghese.<br />
Evidentemente il Sid scrive di non mandare<br />
Mori a Roma “fino alla fine del processo<br />
Borghese” fino a quando è in corso<br />
il procedimento che vede tra gli imputati<br />
anche Vito Miceli. Ma restano intatti gli<br />
interrogativi su quella disposizione del<br />
Sid. E’ un dato di fatto che nel giro di un<br />
paio di mesi la triade Miceli, Marzollo e<br />
Mori viene cacciata dai Servizi.<br />
I magistrati del pool stanno lavorando<br />
per comprendere in special modo i motivi<br />
dell’allontanamento di Mori. Incrociando<br />
i dati e analizzando le carte si cercheranno<br />
i possibili collegamenti tra Mori, Rosa dei<br />
venti e processo sul Golpe Borghese, fino<br />
ad arrivare al biennio stragista ‘92/’93.<br />
Molti dei principali protagonisti sono<br />
morti. E quelli in vita sono consapevoli<br />
dei contraccolpi che subirebbero da parte<br />
del Sistema nel caso di loro “rivelazioni”<br />
e preferiscono tacere.<br />
In nome della “sicurezza”<br />
La cacciata di Mori potrebbe rappresentare<br />
una sorta di “punizione” per aver agito<br />
troppo spregiudicatamente? O c’è<br />
dell’altro? Fino a che punto quegli stessi<br />
apparati che hanno armato la mano di<br />
Cosa Nostra, dei terroristi o di chiunque<br />
altro (per destabilizzare il nostro Paese<br />
attraverso le stragi), hanno utilizzato lo<br />
stesso Mori per quelle azioni criminali nel<br />
nome della “sicurezza nazionale” o per<br />
una “ragion di Stato”?<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 39
www.isiciliani.it<br />
Calabria<br />
Chi comanda<br />
a Reggio<br />
Grazie all’Operazione<br />
Meta del 2010 sono<br />
emersi i nuovi assetti<br />
di potere della ‘ndrangheta<br />
operante nella<br />
città di Reggio Calabria.<br />
Chi comanda<br />
dopo la violentissima<br />
guerra finita nel 1991?<br />
Che clima si respira a<br />
Reggio?<br />
di Andrea Zolea<br />
www.wikimafia.it<br />
L'organigramma della 'ndrangheta<br />
Il 2010 è stato un anno giudiziario molto<br />
importante per decifrare l’organigramma<br />
della ‘ndrangheta. Il 13 luglio, attraverso<br />
le operazioni congiunte Crimine-<br />
Infinito realizzate dalla Dda di Reggio<br />
Calabria e di Milano veniva svelata la<br />
struttura unitaria della ‘ndrangheta.<br />
Venti giorni prima, però, scattava anche<br />
l’Operazione Meta, che portò all’arresto<br />
di 42 persone nella città di Reggio Calabria.<br />
Nonostante le differenze sostanziali tra<br />
le due inchieste, entrambe dimostrano<br />
quello che il pentito Paolo Iannò, ex-affiliato<br />
ai Condello, ha dichiarato ai pm: “la<br />
‘ndrangheta è unica e sola, la ‘ndrangheta<br />
ordina i delitti, ci sono state le faide, ci<br />
sono stati omicidi fra di loro, faide fra locali<br />
e tutte cose, ma una ‘ndrangheta…<br />
che esistano due ‘ndranghete no, esiste<br />
che la ‘ndrangheta è un corpo, ha regole<br />
sociali e nasce a Reggio e si radica in tutte<br />
le parti del mondo ’’.<br />
Questa e altre testimonianze dei collaboratori<br />
di giustizia delle due operazioni dimostrano<br />
come il cuore pulsante della<br />
‘ndrangheta si trovi nell’intera provincia<br />
di Reggio Calabria e il potere delle ‘ndrine<br />
sia spartito nei tre mandamenti provinciali:<br />
Jonica, Città e Tirrenica. Come ha<br />
affermato il Procuratore sostituto della<br />
Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo,<br />
padre dell’indagine Meta: “il Crimine<br />
a Reggio Calabria è Archi, così<br />
come sulla jonica è San Luca e sulla tirrenica<br />
Rosarno".<br />
L'eredità di Giuseppe Di Stefano<br />
L'indagine Meta si focalizza sulle attività<br />
e i collegamenti dei gruppi mafiosi presenti<br />
nella città di Reggio Calabria. Attraverso<br />
questa inchiesta è emerso come<br />
Giuseppe De Stefano abbia ereditato il<br />
potere del padre Paolo. A conclusione della<br />
prima guerra di 'ndrangheta i De Stefano<br />
avevano soppiantato i Tripodo in città:<br />
infatti, dopo le eliminazioni di<br />
Scheda<br />
CRONISTORIA DELLA VIOLENZA MAFIOSA A REGGIO CALABRIA<br />
2010<br />
• 3 gennaio: esplosione di una bomba davanti alla Procura Generale<br />
• 21 gennaio: ritrovamento di un’auto piena di armamenti nel<br />
giorno della visita di Napolitano a Reggio Calabria<br />
• 25 gennaio: intercettata cartuccia caricata a pallettoni<br />
indirizzata al Pm Giuseppe Lombardo<br />
•17 maggio: intercettato un proiettile spedito con frasi intimidatorie<br />
al Pm Giuseppe Lombardo<br />
• 5 ottobre: ritrovato un bazooka davanti al tribunale di Reggio<br />
destinato all’ex Procuratore Capo della Dda di Reggio Calabria,<br />
Giuseppe Pignatone<br />
2011<br />
• 1° marzo: intercettato proiettile di kalashnikov spedito al Pm<br />
Giuseppe Lombardo<br />
• 31 marzo: ucciso al bar Carmelo Morena, pregiudicato reputato<br />
vicino ai Condello-Tegano<br />
• 12 agosto: ucciso Giuseppe Canale, ritenuto affiliato al clan<br />
Serraino, a Gallico Superiore<br />
2012<br />
• 9 ottobre: sciolto per infiltrazione mafiosa il Comune di Reggio<br />
Calabria<br />
• 10 ottobre: arrestato dopo 19 anni di latitanza Domenico<br />
Condello, Micu ‘u pacciu<br />
2013<br />
• 8 marzo: ritrovato pacco bomba indirizzato al Pm Giuseppe<br />
Lombardo con scritto “se non la smetti ci sono pronti altri 200<br />
kg”<br />
• 6 giugno: Antonino Lo Giudice evade dal programma di protezione<br />
2014<br />
• 3 marzo: ucciso il presunto boss Quirino Franco<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 40
www.isiciliani.it<br />
Giovanni e Giorgio, a prendere le redini<br />
del clan fu De Stefano padre.<br />
Grazie anche al capobastone di Archi<br />
(quartiere di Reggio Calabria in cui i De<br />
Stefano sono egemoni), la 'ndrangheta<br />
fece il salto di qualità: aveva rapporti con<br />
la destra eversiva, la politica, la massoneria<br />
deviata, i servizi segreti e le élites criminali<br />
di Cosa nostra e della camorra.<br />
Il mammasantissima di Archi fu assassinato<br />
il 13 ottobre 1985 con un’autobomba,<br />
in risposta al suo fallito tentativo di<br />
eliminare Antonio Imerti. Scoppiò così la<br />
seconda guerra di ‘ndrangheta tra il gruppo<br />
De Stefano ed il cartello Imerti-Condello.<br />
La pace, dopo oltre 700 morti, arrivò<br />
solo nel 1991 e grazie anche all’intervento<br />
dei più influenti boss di Cosa Nostra,<br />
del calibro di Leoluca Bagarella.<br />
In città, fino all’arresto il 18 febbraio<br />
2008, il boss più influente era Pasquale<br />
Condello, detto il Supremo.<br />
La struttura di comando<br />
Attraverso l’Operazione Meta è emerso<br />
anche che le cosche più influenti della<br />
città avevano creato una struttura sovra-ordinata<br />
capeggiata da Giuseppe<br />
De Stefano.<br />
L’organismo strutturale cittadino<br />
costituisce un’importante novità investigativa<br />
perché dimostra come i clan<br />
più potenti della città di Reggio Calabria<br />
protagonisti della cruenta seconda guerra<br />
di ‘ndrangheta si siano pacificati e organizzati<br />
per la ‘spartizione’ degli affari cittadini:<br />
dalle attività delittuose, alle azioni<br />
intimidatrie fino alla ‘torta’ degli appalti.<br />
Il rampollo della famiglia De Stefano<br />
venne arrestato il 10 dicembre 2008, dopo<br />
5 anni di latitanza. Con l’accusa di associazione<br />
mafiosa e traffico di stupefacenti.<br />
Nel processo Meta viene indicato con la<br />
dote di Crimine, un “fiore” (riconoscimento)<br />
concesso solo ai più meritevoli affiliati<br />
alla mafia calabrese.<br />
Il 31 maggio 2013, interrogato per oltre<br />
5 ore dal pm Giuseppe Lombardo, De Stefano<br />
ha negato di essere il “capocrimine”,<br />
dichiarando inoltre che i pentiti<br />
che lo accusano ‘‘sono dei buffoni […]<br />
Nino Fiume è un viscido, Antonino Lo<br />
Giudice è un ragno spacciatore di angurie<br />
marcie’’.<br />
La sentenza di primo grado<br />
Il 7 maggio 2014 la Corte ha inflitto durissime<br />
condanne agli imputati. La pena<br />
più alta è stata inflitta a Giuseppe De Stefano,<br />
27 anni. Questa indagine ha fatto<br />
emergere l'egemonia dei clan nei 'locali' di<br />
competenza territoriale.<br />
La cosiddetta “zona grigia” non è stata<br />
toccata in quest’operazione. Nonostante<br />
ciò, il Pm Giuseppe Lombardo, che in 3<br />
anni ha subito quattro pesanti intimidazioni,<br />
nella requisitoria ha sostenuto: “La<br />
'ndrangheta non finisce agli imputati di<br />
questo processo, questo è l'abito da lavoro<br />
del sistema criminale di cui fanno parte,<br />
siamo sulle orme di chi veste l'abito da<br />
sera e frequenta salotti dove l'abito da lavoro<br />
non è ammesso''.<br />
La storia ci insegna infatti che la<br />
‘ndrangheta si è sempre avvalsa di rapporti<br />
di scambio con il potere costituito:<br />
sia esso la politica, la massoneria,<br />
l’imprenditoria o i servizi segreti. Le dichiarazioni<br />
di Lombardo sembrano proprio<br />
dimostrare che la mafia calabrese non<br />
ha perso il capitale sociale che la contraddistingue.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 41
www.isiciliani.it<br />
Milano<br />
Tempo e mafia:<br />
i nemici di Expo<br />
Expo e organizzazioni<br />
criminali. Expo e corruzione.<br />
Gli ultimi<br />
mesi, la fase finale. Le<br />
linee guida della prefettura<br />
per contrastare le<br />
ditte colluse<br />
di Giorgia Venturini<br />
www.stampoantmafioso.it<br />
Manca poco. Ancora qualche mese e<br />
poi sarà Expo 2015. Siamo alla fase accelerativa.<br />
L’ultima. Quella che serve a<br />
operai e società edili a completare gli<br />
ultimi lavori in cantiere. Come il padiglione<br />
Italia, alcuni dei padiglioni tematici<br />
e altre strutture interne al sito.<br />
Mentre si stanno, invece, avviando le<br />
consegne delle aree ai partecipanti esteri,<br />
a cui seguirà ancor più intensa fase<br />
di costruzione, acquisizione di beni, servizi<br />
e forniture, con un aumento esponenziale<br />
dei contratti.<br />
A passo con quest’ultima fase di lavori,<br />
anche il controllo antimafia. La prefettura,<br />
la Direzione Investigativa Antimafia, il<br />
Gruppo Interforze Centrale per l’Expo<br />
(GICEX) e le altre forze di polizia territoriale,<br />
si preparano ad intensificare le attività<br />
di controllo per l’accesso ai cantieri.<br />
L'infiltrazione mafiosa<br />
Quest’ultima fase, però, richiederà<br />
maggior attenzione. Non solo perché<br />
l’incremento di lavoro e l’aumento dei<br />
contratti sono, senza dubbio, elementi favorevoli<br />
all’infiltrazione mafiosa, ma anche<br />
perché la rincorsa sfrenata degli ultimi<br />
mesi per il completamento dei lavori<br />
potrebbe portare a qualche svista. A qualche<br />
errore di percorso.<br />
Così il binomio Expo 2015 e organizzazione<br />
criminale ritorna ed essere oggetto<br />
di discussione a Roma. In Commissione<br />
Parlamentare di Inchiesta sul Fenomeno<br />
delle Mafie, infatti, lo scorso 15 maggio il<br />
prefetto di Milano Francesco Paolo Tronca<br />
ha voluto, fin da subito, ribadire il proprio<br />
impegno nell’antimafia.<br />
“Priorità di Milano, ora più che mai,<br />
sarà quello di combattere le associazioni<br />
mafiose su più fronti, con un’efficace aggressione<br />
dei loro interessi economici, impedendo<br />
concretamente alle ditte colluse e<br />
infiltrate di poter accedere a fondi pubblici<br />
attraverso l’affidamento di lavori, servizi<br />
e forniture. I controlli si devono intensificare.<br />
E per farlo dobbiamo modificare<br />
alcune linee guida”.<br />
Molti controlli avviati a lavori iniziati<br />
In questi ultimi anni, infatti, si è avuta<br />
la sensazione che la creazione di presupposti<br />
giuridici e di strumenti concreti per<br />
lo svolgimento dei controlli mirati e specifici<br />
abbia dovuto più inseguire che gestire<br />
gli eventi.<br />
Infatti, come riportato in Commissione,<br />
molte delle attività di controllo sono state<br />
avviate a lavori iniziati.<br />
Ciò è spiegato dal fatto che la normativa<br />
del Codice Antimafia consente l’obbligo<br />
di stipula del contratto dell’azienda<br />
vincitrice della gara di appalto, una volta<br />
decorso invano il termine ordinario di 45<br />
giorni oppure di 15 in caso di urgenza,<br />
permettendo, così, l’ingresso in cantiere<br />
senza che vi sia in molti casi un primo vaglio<br />
di controllo ai fini antimafia. Colpa,<br />
forse, delle longeve modalità procedurali<br />
e dalle troppe pratiche in corso. Tuttavia,<br />
non può la burocrazia soffocare il controllo<br />
antimafia e spalancare le porte dei cantieri<br />
alla ‘ndrangheta.<br />
Controlli e tempi di realizzazione<br />
Come, quindi, coniugare al meglio<br />
l’esigenza di garantire un controllo rafforzato<br />
ed efficiente con i tempi di realizzazione<br />
delle opere? Una risposta Milano ce<br />
l’ha. Si è proceduto, infatti, ad adottare fin<br />
dallo scorso ottobre 2013, per i controlli<br />
antimafia sulle opere Expo, la modalità<br />
così detta speditiva di rilascio delle informazioni<br />
antimafia. Questa soluzione, secondo<br />
la prefettura, oltre ad essere utile a<br />
smaltire un’ingente quantità di pratiche<br />
arretrate, è risultata funzionale a consentire<br />
l’ingresso nei cantieri alle sole imprese<br />
che avevano già superato un primo controllo<br />
rilasciando una liberatoria provvisoria.<br />
Ciò ha consentito di emettere le liberatorie<br />
per 346 imprese, corrispondenti a<br />
circa il 35% delle pratiche arretrate.<br />
Tuttavia, questa modalità speditiva non<br />
è stata sufficiente per la società Expo che,<br />
lo scorso mese, ha sollevato, ancora una<br />
volta, alcuni problemi legati principalmente<br />
al tempo di ingresso degli appaltatori<br />
e dei subappaltatori.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 42
www.isiciliani.it<br />
“Fra 'ndrangheta e corruzione”<br />
Nuovo modello procedurale<br />
È stato, quindi, delineato un nuovo modello<br />
procedurale per l’applicazione dei<br />
controlli antimafia, che ha coniugato la richiesta<br />
di semplificazione evidenziate dalla<br />
società Expo con l’esigenza di non abbassare<br />
il livello dei controlli.<br />
Un’innovazione così presentata in<br />
Commissione dal Prefetto Tronca: “Le soluzioni<br />
intraprese consentono di centralizzare,<br />
ugualmente, l’attività di controllo<br />
speditivo presso la prefettura di Milano e<br />
la possibilità della DIA di concentrare la<br />
sua attenzione sull’attività di accesso ai<br />
cantieri. Il tutto in ottica degli impegni assunti<br />
dal Ministero degli Interni con la<br />
sottoscrizione del piano di azione Expo<br />
Milano 2015 mafia free.<br />
E' un piano che vuole favorire la necessità<br />
di integrazione tra i controlli soggettivi<br />
e quelli di carattere ambientale.<br />
Così facendo verrà potenziato il controllo<br />
sui cantieri, possibile solo grazie al<br />
contributo di un aumento dei gruppi interforze<br />
e dell’utilizzo di piattaforme informatiche,<br />
ideate per assicurare la continuità<br />
del lavoro nell’attività di analisi dei<br />
dati”.<br />
Fase finale<br />
Oggi siamo alla fase finale, quindi.<br />
Quella accelerativa. Quella in cui non è<br />
più concesso cambiare linee giuda e introdurre<br />
nuovi provvedimenti.<br />
Ora le leggi ci sono. Sono chiare. Le<br />
idee pure.<br />
Iniziare a fare i conti conla realtà<br />
Sono state spiegate e revisionate in<br />
Commissione. Ora c’è solo il tempo di<br />
metterle in atto. E per farlo bisogna ripartire.<br />
Come?<br />
Iniziando a fare i conti con la realtà.<br />
Quella che più volte ha dimostrato che la<br />
‘ndrangheta c’è. Da anni ormai è osservatrice<br />
speciale nei cantieri dell’Expo. La<br />
corruzione pure, inutile negarlo. Il tempo,<br />
invece, no. Di quello ne è rimasto poco.<br />
C’è solo il tempo di limitare i danni e,<br />
per riuscirci, bisogna agire ora. C’è solo il<br />
tempo per correre una breve gara. Contro<br />
i lavori incompiuti e conto la mafia. A cui<br />
la prefettura e gli altri organi antimafia<br />
sono costretti a partecipare e a vincere. Le<br />
parole, oggi, non bastano più.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 43
www.isiciliani.it<br />
Ambiente<br />
Bonifichi chi può<br />
e inquini chi vuole<br />
Gli ultimi tre governi<br />
hanno fatto una serie<br />
di decreti accusati dagli<br />
ambientalisti di rendere<br />
più complicato<br />
bonificare. E favorire<br />
chi ha inquinato o inquina<br />
ancora<br />
di Alessio Di Florio<br />
www.ritaatria.it<br />
L’Italia è disseminata di migliaia e migliaia<br />
di luoghi inquinati, contaminati in<br />
decenni dalle attività più disparate, dalla<br />
grande industria pesante a discariche ormai<br />
non più in esercizio. La Terra dei fuochi,<br />
la mega discarica della Val Pescara<br />
(sulle cui vicende è in corso un processo e<br />
un altro presto potrebbe avviarsi) o di Micorosa<br />
(44 ettari di rifiuti tossici all’aperto<br />
sul mare), in provincia di Brindisi e recentemente<br />
finita nel mirino della locale procura<br />
dopo di alcuni cittadini e di due comitati<br />
ambientalisti, moltissimi ex siti industriali,<br />
l’elenco è vastissimo. 57 di questi<br />
siti, i più pericolosi per l’ambiente e la<br />
salute umana, i più contaminati dai veleni<br />
più disparati, erano considerati SIN, Siti<br />
d’Interesse Nazionale, sottoposti direttamente<br />
alla responsabilità del Ministero<br />
dell’Ambiente.<br />
Declassati diciotto siti<br />
Nel 2013 un decreto del Governo Monti<br />
ne diminuì il numero a 39. Tra i siti “declassati”,<br />
e quindi non considerati più<br />
priorità nazionale, c’erano persino la<br />
“Terra dei Fuochi”, “La Maddalena” in<br />
Sardegna e la “Valle del Sacco”. Fu promossa<br />
dalla Regione Lazio, dal Comune<br />
di Ceccano e, ad adiuvandium, dalla<br />
“Rete per la Tutela della Valle del Sacco<br />
onlus”, un ricorso contro quest’ultimo declassamento.<br />
Nelle scorse settimane il Tar<br />
del Lazio ha accolto il ricorso affermando<br />
che “il ragionamento del Ministero, ad avviso<br />
di questo Collegio, è erroneo in radice”<br />
e che “La norma applicata sembra<br />
anzi ampliare (piuttosto che restringere) le<br />
fattispecie dei territori potenzialmente<br />
rientranti nell’ambito dei siti di interesse<br />
nazionale”.<br />
I decreti dei vari governi<br />
I movimenti per l’acqua pubblica e contro<br />
il biocidio e il Coordinamento Nazionale<br />
di Associazioni, Movimenti e Comitati<br />
che si mobilitano per i siti contaminati<br />
hanno chiesto al Ministero di cancellare<br />
quel declassamento e di rivedere totalmente<br />
la strategia ministeriale. Una strategia<br />
che, negli ultimi anni, appare sempre<br />
più orientata secondo gli ambientalisti a<br />
“mettere la polvere inquinata sotto il tappeto”,<br />
a rendere sempre più complicata la<br />
possibilità di avere delle reali e totali bonifiche<br />
e di favorire chi ha inquinato o<br />
continua ancora ad inquinare. Perché quel<br />
decreto non è stato l’unico ad andare nella<br />
stessa direzione. Una direzione verso la<br />
quale i governi di “larghe intese” (o di<br />
“piccole”, tornando all’attualità…) hanno<br />
voluto procedere con vari decreti.<br />
Il “decreto del Fare” del governo Letta<br />
(così come precedentemente il “Decreto<br />
Semplificazione” del governo Monti) aveva<br />
previsto che le bonifiche potessero essere<br />
realizzate “se economicamente possibili”.<br />
Il decreto “Destinazione Italia” (e siamo<br />
al Governo Renzi) prevedeva quasi un<br />
condono, con finanziamenti pubblici per<br />
le bonifiche (che dovrebbero, invece, essere<br />
a carico di chi ha inquinato).<br />
“Inquinatore Protetto”<br />
L’ultimo tentativo, mentre l’articolo<br />
viene redatto in discussione in Parlamento,<br />
è di queste settimane: il decreto 91, le<br />
cui proposte ambientali sono state definite<br />
dal ministro Galletti “Ambiente Protetto”<br />
e ribattezzato dai movimenti ambientalisti<br />
(che hanno lanciato una mobilitazione per<br />
chiedere di modificarlo radicalmente “Inquinatore<br />
Protetto” per quanto prevede.<br />
La prima proposta che colpisce è quella<br />
di modificare i limiti per l’inquinamento<br />
dei suoli delle aree militari di 100 volte<br />
equiparandoli alle zone industriali. Un<br />
“vero e proprio vergognoso colpo di spugna<br />
sullo stato di contaminazione delle<br />
aree militari del paese” in poligoni, campi<br />
di addestramento, e persino nelle caserme,<br />
per i movimenti ambientalisti. Eppure, ricordano<br />
ancora, “spesso appaiono come<br />
ampie zone verdi coperte da macchia mediterranea<br />
e boschi! Si pensi a Capo teulada<br />
e Quirra (Perdasdefogu) in Sardegna<br />
oppure a Monte Romano in Lazio (vasto<br />
5000 ettari!)”.<br />
Sono mesi che un’ampio dibattito in<br />
molte zone d’Italia si sta animando sulla<br />
possibile vendita a Comuni e Regioni per<br />
una riconversione civile delle caserme in<br />
disuso.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 44
www.isiciliani.it<br />
“Un colpo<br />
di spugna<br />
vergognoso”<br />
Il decreto 91 di fatto renderà quasi impossibile<br />
qualsiasi riconversione e indurrà<br />
gli Enti Locali interessati a non acquistarle<br />
più: nel momento in cui dovessero farlo<br />
per decidere di puntare sulla loro riconversione<br />
civile, le aree e gli immobili non<br />
saranno più equiparati a zone industriali e<br />
i limiti di inquinamento si ri-abbasserebbero<br />
di 100 volte. Imponendo così al Comune<br />
o alla Regione che acquista ogni costo<br />
di bonifica. Come chiedono i movimenti<br />
ambientalisti, chi lo farebbe considerando<br />
che, mantenendo l’area militare,<br />
si rispetterebbe la legge senza dover spendere<br />
un euro?<br />
Gli scarichi a mare<br />
Per gli scarichi a mare (vera e propria<br />
calvario per moltissime località<br />
balneari…) “le Autorizzazioni integrate<br />
ambientali rilasciate per l’esercizio possono<br />
prevedere valori limite di emissione<br />
anche più elevati e proporzionati ai livelli<br />
di produzione” interessando anche acciaierie,<br />
centrali elettriche e a carbone, cementifici,<br />
raffinerie, stabilimenti chimici,<br />
rigassificatori e inceneritori spessissimo al<br />
centro delle proteste ambientaliste in varie<br />
parti d’Italia.<br />
Si realizzerebbe così il paradosso che<br />
maggiore sarà la produzione e più si potrà<br />
inquinare.<br />
La proposta del Ministro dell’Ambiente<br />
Galletti prevede anche una drastica modifica<br />
dell’iter delle bonifiche di aree private,<br />
con quello che appare un netto favore<br />
agli inquinatori che dovranno in futuro<br />
pagare i costi della bonifica dell’inquinamento<br />
prodotto (anche se, leggendo il decreto,<br />
viene il dubbio che non sarà più<br />
così ).<br />
Il silenzio-assenso sperimentale<br />
Fino al 2017 ci sarà una sorta di silenzio-assenso<br />
sperimentale: il privato autocerticherà<br />
i dati dell’inquinamento e della<br />
bonifica necessaria e, solo dopo aver effettuato<br />
la bonifica, dovrà inviare i risultati<br />
all’Agenzia Regionale per l’Ambiente<br />
che avrà 45 giorni per le sue verifiche decorsi<br />
i quali, in mancanza di risposte,<br />
l’intervento del privato s’intenderà approvato.<br />
Come le cronache ci raccontano, spesso<br />
ci vogliono anni e anni per aver un quadro<br />
certo dell’inquinamento prodotto in una<br />
determinata area. Come potranno le Agenzie<br />
Regionali ricostruire la situazione in<br />
45 giorni?<br />
Il decreto, tra l’altro, non prevede alcun<br />
criterio minimo sulla caratterizzazione (la<br />
fase preliminare della bonifica nella quale<br />
si cercano le sostanze inquinanti), al contrario<br />
dell’attuale normativa, lasciando totale<br />
libertà al privato mentre, invece,<br />
l’Agenzia Regionale per l’Ambiente avrà<br />
due notevoli limiti: effettuerà la verifica<br />
solo sul 10% dei campioni e solo sui parametri<br />
scelti dal privato.<br />
Solo sul 10 per cento dei camioni<br />
Dati gli altissimi costi dei piani di<br />
caratterizzazione e delle bonifiche e il<br />
rischio di richieste di risarcimento per<br />
danni sanitari (che d’ora in avanti<br />
potrebbero avvenire solo sui dati forniti<br />
dall’inquinatore, e quindi, da chi sarà<br />
accusato di averli causati) il rischio è di<br />
dare avvio ad una lunghissima stagione di<br />
piani minimali e di bonifiche che avverranno<br />
solo sulla carta.<br />
Persino il Sole24Ore ha duramente criticato<br />
il decreto di Renzi e Galletti.<br />
Il 18 luglio sul sito del quotidiano di<br />
Confindustria è stato pubblicato un articolo<br />
nel quale si definisce il comma 4<br />
dell’articolo 15 del decreto che prevede<br />
(per la prima volta nella normativa italiana!)<br />
la possibilità di Via (Valutazione<br />
d’Impatto Ambientale) “postume” (ovvero<br />
dopo l’autorizzazione e costruzione di<br />
impianti) “ab gubernatoris”, affermando<br />
che tale nuova norma favorirebbe il presidente<br />
della Regione Marche (che, a quanto<br />
si riporta nell’articolo del Sole24Ore,<br />
sarebbe indagato dalla Procura di Ancona<br />
per le autorizzazioni rilasciate a molteplici<br />
impianti a biogas).<br />
Chi paga l'inquinamento dei privati?<br />
Tirando le somme di tutta questa vicenda,<br />
e del decreto attualmente in discussione<br />
(ma sono parole che potrebbero valere<br />
anche per i precedenti decreti e per la direzione<br />
che in generale i governi Monti,<br />
Letta e Renzi hanno cercato di intraprendere<br />
in materia), il Forum per l’Acqua<br />
Pubblica, i comitati di Lazio e Abruzzo<br />
Stop Biocidio e il Coordinamento Nazionale<br />
Siti Contaminati denunciano “la solita<br />
scorciatoia all’italiana, perché il nostro<br />
sistema produttivo non vuole pagare quel<br />
che dovrebbe per risanare le aree che ha<br />
inquinato”.<br />
Secondo queste associazioni, chi ci governa<br />
vorrebbe donare la possibilità di<br />
“chiudere la stagione dei veleni privatizzando<br />
le operazioni per risparmiare. Ma è<br />
solo un colpo di spugna vergognoso: alzare<br />
i limiti di contaminazione non vuol dire<br />
risolvere i problemi ma solo nascondere<br />
polvere sotto il tappeto”.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 45
www.isiciliani.it<br />
Mazzarrà, tra irregolarità e tangenti<br />
Una svolta sulla discarica<br />
dei veleni?<br />
La commissione istituita<br />
dall’ex assessore<br />
Marino per verificare le<br />
condizioni degli impianti<br />
privati ha sollevato<br />
pesanti dubbi sul<br />
sito di proprietà della<br />
Tirrenoambiente. Diverse<br />
le irregolarità<br />
riscontrate.<br />
di Carmelo Catania<br />
Quella della discarica di contrada<br />
Zuppà, una delle tre più grandi discariche<br />
private siciliane, è una storia lunga<br />
più di dieci anni e più volte al centro di<br />
inchieste tra commistioni politico-affaristico-mafiose.<br />
Un’enorme collina<br />
d’argilla e spazzatura posta a cavallo<br />
tra i comuni di Mazzarrà Sant’Andrea<br />
e Furnari, in cui ogni giorno arrivano<br />
oltre 700 tonnellate di rifiuti prodotti<br />
da Messina e altre provincie.<br />
Raccolte, triturate, trasportate e interrate<br />
dagli operai della Tirrenoambiente Spa,<br />
l’azienda guidata da Giuseppe Antonioli<br />
che incamera circa 70.000 euro al giorno<br />
(in media ogni tonnellata viene pagata<br />
100 euro), una miniera d’oro per i gestori.<br />
Nonostante la Regione abbia approvato<br />
da tempo un deliberato che impone una<br />
distanza minima di 5 chilometri tra le discariche<br />
e i centri abitati, l’invaso sorge<br />
ad appena 400 metri dal centro abitato di<br />
Furnari, abitato da oltre 3 mila persone,<br />
appestando l’aria con miasmi e un fetore<br />
insopportabile, tanto da non poter aprire<br />
le finestre nemmeno d’estate.<br />
Potrebbe finalmente prospettarsi una<br />
svolta nella questione dell’impianto della<br />
Tirrenoambiente.<br />
La commissione ispettiva<br />
Tutto comincia con la revisione, da parte<br />
dell’assessorato regionale all’Energia,<br />
guidato ancora da Nicolò Marino, delle<br />
autorizzazioni concesse agli operatori proprietari<br />
degli impianti privati nella regione.<br />
Per l’impianto di contrada Zuppà,<br />
entrato in funzione nel 2003, è stato<br />
proposto «l’avvio del procedimento di<br />
diniego dell’istanza di rinnovo». Nella<br />
comunicazione inviata anche all’azienda<br />
partecipata dal comune di Mazzarrà Sant’Andrea,<br />
il dirigente regionale Marco<br />
Lupo ricorda che il 17 gennaio 2014 «è<br />
stata costituita una commissione ispettiva<br />
per la verifica degli atti relativi alle discariche<br />
private in esercizio per rifiuti non<br />
pericolosi site nel territorio siciliano».<br />
Commissione che ha sollevato pesanti<br />
dubbi sul sito di Mazzarrà.<br />
Le irregolarità individuate dal pool investigativo,<br />
raccolte in una relazione conclusiva<br />
di 170 pagine depositata lo scorso<br />
giugno, nel sito messinese riguardano la<br />
tutela dell’ambiente e della salute e danno<br />
ragione ai cittadini di Furnari che da tempo<br />
lamentano una serie di violazioni dal<br />
punto di vista ambientale.<br />
Paure che sembrano avere finalmente<br />
un riscontro ufficiale.<br />
Carenze e violazioni<br />
Il documento mette in rilievo alcuni<br />
punti: l’assenza delle prescrizioni del sindaco,<br />
la «mancata applicazione del principio<br />
di unica Aia (Autorizzazione integrata<br />
ambientale) per uno o più impianti<br />
localizzati sullo stesso sito e gestiti dal<br />
medesimo gestore». E poi le «difformità».<br />
Quella nel rispetto del programma di<br />
riduzione dei rifiuti biodegradabili, la<br />
presenza di rifiuti non ammessi (come<br />
liquidi e pneumatici), la mancanza<br />
dell’obbligo di trattamento dei rifiuti, dei<br />
piani di gestione operativa e post<br />
operativa, sorveglianza e controllo e<br />
ripristino ambientale. E ancora violazioni<br />
volumetriche, la mancanza di coerenza<br />
con il piano regionale di gestione dei<br />
rifiuti.<br />
Inoltre, «il decreto Aia rilasciato non<br />
possiede le caratteristiche di conformità<br />
legislativa più volte richiamata né conseguenzialmente<br />
permette l’effettuazione di<br />
controlli efficaci sulle attività di gestione<br />
rifiuti autorizzate». Secondo le accuse<br />
della Regione, «le attività di gestione dei<br />
rifiuti sono state svolte in difformità ad alcune<br />
condizioni imposte nel decreto Aia,<br />
nonché in difformità al decreto legislativo<br />
36/03 e decreto legislativo 59/05», che<br />
normano rispettivamente la gestione delle<br />
discariche e la riduzione dell’inquinamento.<br />
E ancora « la legittimità dell’atto è palesemente<br />
inficiata dall’assenza agli atti del<br />
preventivo giudizio di compatibilità ambientale<br />
positivo» (Via), non sono conformi<br />
l’impermeabilizzazione, e manca l’indicazione<br />
della capacità totale dell’impianto.<br />
Non solo, il progetto della barriera<br />
di confinamento realizzata al di sotto del<br />
corpo rifiuti non è stato trasmesso: ciò<br />
non rende possibile attestare se la base<br />
dell’ampliamento non si attesti su aree già<br />
coltivate.<br />
Gli ispettori inoltre fanno notare come<br />
alcune aree intermedie fra la nuova e la<br />
vecchia discarica storica siano «oggetto di<br />
coltivazione ed abbancamento». Le<br />
immagini tratte da Google Earth<br />
«sembrerebbero confermare l’avvenuto<br />
sbancamento in tempi non definiti».<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 46
www.isiciliani.it<br />
Infine, «non risulta che il piano<br />
finanziario sia stato mai trasmesso ed<br />
approvato, così come le garanzie<br />
finanziarie». Alla commissione, inoltre,<br />
«non è chiaro» se la polizza assicurativa<br />
sia scaduta a maggio del 2012 e<br />
soprattutto se sia stata adeguata dopo<br />
l’ampliamento.<br />
Decisione rinviata a settembre<br />
Tirrenoambiente, che ha annunciato la<br />
chiusura del sito per il prossimo 31 agosto<br />
per esaurimento della capienza, avrebbe<br />
stilato un documento con le contro<br />
deduzioni.<br />
Il prossimo 2 settembre a Palermo è<br />
stata convocata una conferenza dei servizi<br />
alla quale è stato invitato anche il comune<br />
di Furnari, che ottiene finalmente il<br />
riconoscimento delle proprie ragioni.<br />
Un appuntamento che potrebbe essere<br />
fondamentale: se le criticità riscontrate<br />
non dovessero essere risolte, la Regione<br />
esprimerà parere negativo al rinnovo delle<br />
autorizzazioni.<br />
Ma i passi successivi sono messi in<br />
dubbio dall’avvicendamento di Marino<br />
con Salvatore Calleri, considerato vicino<br />
agli ambienti di Confindustria.<br />
Il “modello Marino” prevedeva di<br />
togliere il monopolio delle discariche ai<br />
privati e fare i controlli sui prezzi di<br />
conferimento in discarica.<br />
Ed è proprio sui rifiuti che nei mesi<br />
scorsi l’ex assessore si è scontrato con<br />
Giuseppe Catanzaro, che di Confindustria<br />
è vicepresidente, lanciando pesanti accuse<br />
sui presunti intrecci con Cosa nostra<br />
scatenando una reazione fatta di querele e<br />
richieste di risarcimento milionarie.<br />
I timori degli abitanti di Furnari<br />
risiedono tutti in questo legame tra il<br />
leader toscano del Megafono e<br />
Confindustria. Associazione legata a<br />
doppio filo con il nome del gruppo<br />
Catanzaro.<br />
Come agirà la Regione, alla luce di<br />
quanto evidenziato dalla commissione<br />
ispettiva?<br />
Calleri bloccherà l’iter o – come<br />
sperano i cittadini – agirà in continuità<br />
amministrativa?<br />
Mazzette alla Regione<br />
Negli stessi giorni in cui all’assessorato<br />
si avviava l’iter del procedimento di<br />
diniego delle autorizzazioni, la procura di<br />
Palermo portava a termine l’operazione<br />
“Terra Mia”, ordinando l’arresto proprio<br />
dell’amministratore delegato di<br />
Tirrenoambiente, Giuseppe Antonioli,<br />
insieme ad altri tre imprenditori della<br />
“munnizza” (Domenico Proto della Oikos<br />
di Misterbianco, Calogero e Nicolò<br />
Sodano, titolari della discarica<br />
Soambiente di Agrigento e del<br />
funzionario dell’assessorato regionale al<br />
Territorio e ambiente, Gianfranco<br />
Cannova, figura chiave di un sistema di<br />
corruzione messo in atto per raggirare il<br />
sistema di autorizzazioni allo smaltimento<br />
dei rifiuti.<br />
Gravi i danni ambientali<br />
Secondo gli investigatori il quadro di<br />
corruzione emerso è molto grave, in<br />
quanto ha messo a repentaglio la salute<br />
pubblica e alla preservazione del territorio<br />
da gravi danni ambientali.<br />
Nel corso delle indagini, polizia e Noe<br />
dei carabinieri, hanno constatato che<br />
«questo settore amministrativo è<br />
caratterizzato da una stratificazione<br />
normativa e da un complesso e<br />
macchinoso apparato burocratico che ha<br />
consentito al funzionario infedele, pur non<br />
rivestendo un ruolo apicale, di “giostrare”<br />
nella gestione delle procedure connesse al<br />
rilascio dei provvedimenti, agevolando gli<br />
imprenditori e preservandoli<br />
dall’ordinaria attività di controllo e<br />
monitoraggio della pubblica<br />
amministrazione consentendo loro in<br />
questo modo di superare indenni tutti i<br />
controlli.<br />
Cannova, secondo l’accusa, gestiva il<br />
suo ufficio come un feudo, ricevendo<br />
regalie e ingenti somme di denaro dai<br />
diversi imprenditori che attendevano dal<br />
suo ufficio le autorizzazioni<br />
amministrative per l’esercizio delle<br />
discariche e che si vedevano garantire una<br />
corsia preferenziale per le loro pratiche. Il<br />
funzionario, inoltre, avvertiva in anticipo<br />
le imprese dei controlli o le informava del<br />
risultato di riunioni in assessorato.<br />
Quell’Audi sospetta<br />
Nei confronti del dipendente regionale<br />
l'ex assessore regionale al Territorio<br />
Mariella Lo Bello aveva presentato lo<br />
scorso marzo un esposto. Il funzionario:<br />
aveva predisposto un atto che bloccava<br />
l'autorizzazione a una discarica di Gela. A<br />
quel punto l’assessore Lo Bello,<br />
insospettita dallo “strano”<br />
comportamento, avvia una serie di<br />
verifiche e salta fuori la storia di una<br />
conferenza dei servizi convocata nel<br />
settembre 2008 e presieduta dallo stesso<br />
Cannova che aveva rilasciato<br />
l’Autorizzazione integrata ambientale per<br />
l’ampliamento della discarica di Mazzarrà<br />
Sant’Andrea, omettendo la vicinanza al<br />
centro abitato di Furnari.<br />
Nell’ottobre del 2008 il funzionario<br />
acquista un’Audi A6 in Lombardia, in una<br />
concessionaria che faceva riferimento<br />
all’amministratore delegato della società<br />
alla quale era stata rilasciata<br />
l’autorizzazione. «Abbiamo così trasferito<br />
il funzionario e presentato una denuncia<br />
sospettando un giro di tangenti per oliare<br />
alcune pratiche piuttosto che altre, il tutto<br />
in un assessorato noto per le sue lentezze<br />
e le improvvise accelerazioni»,<br />
commentava la Lo Bello.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 47
www.isiciliani.it<br />
Catania/ Il caso Tortuga<br />
Fra abusivismo<br />
e mafiosità<br />
Quando l’ambiente si<br />
rispetta solo a parole...<br />
di Ivana Sciacca<br />
www.associazionegapa.org<br />
Si immaginino due fratelli (i fratelli<br />
Testa) che negli anni Settanta decidono<br />
di aprire un porto turistico a Catania,<br />
proprio al Porticciolo di Ognina.<br />
Fin dagli albori dell’iniziativa è chiaro<br />
che stanno per edificare in un’area privata<br />
vincolata. Cosa vuol dire? Vuol dire che<br />
pur trattandosi di un’area privata, per il<br />
particolare valore paesaggistico-artistico<br />
che la connota, l’area deve comunque rimanere<br />
fruibile alla collettività. Intesa non<br />
solo come gli abitanti che in quel posto vi<br />
risiedono ma, nel senso più ampio del termine,<br />
comprendendo tutti coloro che desiderano<br />
recarsi in quel posto per goderne<br />
la bellezza e quindi chi, al Porticciolo per<br />
esempio, potrebbe andarci per pescare,<br />
per fare delle foto, una semplice passeggiata<br />
e…tanto altro ancora.<br />
L’iniziativa dei fratelli Testa si rivela<br />
fruttuosa sotto il profilo economico sin da<br />
subito, a tal punto che prosegue da generazione<br />
in generazione e viene quindi ereditata<br />
dai figli che ampliano la loro attività<br />
estendendola anche alla vendita e alla<br />
manutenzione di imbarcazioni e motori.<br />
Questo ampliamento pare richiedere anche<br />
maggiori spazi.<br />
Una delle caratteristiche vantate dalla<br />
Tortuga (il nome della società dei fratelli<br />
Testa, ndr) è il “rispetto dell’ambiente”,<br />
nota di merito che qualunque cliente di<br />
buonsenso potrebbe considerare come<br />
surplus qualora non conoscesse i retroscena<br />
delle vicende che hanno riguardato<br />
questa storica azienda catanese.<br />
Nel 2012 alcuni esposti alla Procura<br />
della Repubblica segnalano diversi interventi<br />
edilizi “sospetti” da parte dei proprietari<br />
della Tortuga. Si temeva che le<br />
costruzioni abusive fossero state fatte senza<br />
alcuna concessione. Ma, rovistando tra<br />
carte bollate e atti ufficiali, si scopre che i<br />
titoli concessori non mancavano: c’erano<br />
ma erano del tutto illegittimi.<br />
Una concessiole illeggittima<br />
Parafrasando ulteriormente: si scopre<br />
che il Comune di Catania, il demanio marittimo,<br />
la Soprintendenza e persino il Genio<br />
Civile avevano accordato il loro parere<br />
favorevole affinché i fratelli Testa potessero<br />
ampliare le loro costruzioni al Porticciolo,<br />
pur sapendo di contravvenire<br />
all’art. 23 delle Norme di attuazione del<br />
Piano Regolatore Generale che prevede,<br />
inequivocabilmente, che “nelle aree private<br />
vincolate non deve essere aumentata<br />
l’attuale consistenza edilizia” (dove per<br />
attuale si intende l’anno 1969, ossia<br />
l’anno di approvazione del PRG).<br />
Nonostante le sentenze del 2012 e del<br />
2013 che imponevano la demolizione delle<br />
opere abusivamente realizzate, i lavori<br />
alla Tortuga procedono come se nulla fosse<br />
accaduto.<br />
La rivolta dei cittadin<br />
L’unica nota positiva in questa vicenda<br />
intrisa di mafiosità riguarda l’atteggiamento<br />
dei residenti di Ognina che, non<br />
volendo farsi togliere la terra da sotto i<br />
piedi, fanno ricorso al TAR per evitare<br />
che la zona continui ad essere deturpata<br />
da chi ne ha tutti gli interessi economici.<br />
Gli abitanti creano un comitato, organizzano<br />
dibattiti, fanno persino volantinaggi<br />
per fare conoscere la situazione che<br />
stanno affrontando. Pensando che il Porticciolo<br />
è di tutti, ed è giusto che tutti sappiano.<br />
Un gruppo di pescatori si aggrega a<br />
loro riconoscendo la legittimità di quel diritto:<br />
senonché poi gli stessi pescatori fanno<br />
un passo indietro poiché convinti (non<br />
si sa con quali parole) dal prete della<br />
Chiesa di Santa Maria di Ognina.<br />
E il lieto fine? Manca...<br />
Sarebbe bello, una volta tanto, poter<br />
raccontare un episodio a lieto fine ma purtroppo<br />
questo happy end ancora non c’è.<br />
La tensione al Porticciolo continua ad<br />
essere la stessa, aggravata anche dalle minacce<br />
e dalle lesioni che alcuni residenti<br />
hanno ricevuto, nel mese di giugno, da alcuni<br />
membri della famiglia Testa. Ingiurie,<br />
intimidazioni, sputi e calci.<br />
E tutto questo perché da un lato qualcuno<br />
ritiene (mafiosamente) giusto poter<br />
coltivare i propri interessi economici a<br />
danno della collettività; e dall’altro le istituzioni<br />
che dovrebbero essere garanti dei<br />
beni pubblici non fanno che strizzare (mafiosamente)<br />
un occhio agli stessi soggetti,<br />
lavandosi spudoratamente le mani di fronte<br />
ai diritti che il popolo reclama senza<br />
che nessuno lo ascolti.<br />
Nel sito ufficiale della Tortuga si afferma<br />
che si tratta di una società che opera<br />
nel mercato “puntando verso l’innovazione<br />
delle tecnologie e il rispetto<br />
dell’ambiente”...<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 48
www.isiciliani.it<br />
8-9 agosto 2014<br />
Milazzo (ME)<br />
Associazione Antimafie “Rita Atria”<br />
20 anni di memoria attiva<br />
Venti anni! Venti anni di Memoria Attiva! Venti anni di<br />
schiena dritta. Siamo nati nell'inverno del 1994 ma in fondo<br />
siamo nati molto prima... abbiamo scelto agosto per<br />
permettere ai nostri compagni di viaggio di raggiungere la<br />
Sicilia. Sarà un momento di bilancio ma soprattutto sarà un<br />
momento di festa.<br />
Ci saranno anche eventi intermedi che porteranno all'8 e al<br />
9 agosto... il programma è tutto da definire ma iniziate a<br />
segnare queste due date nel vostro calendario.<br />
Il ventennale sarà dedicato a Simona Scibilia e a tutti i nostri<br />
compagni e compagne del presidio più importante: Presidio<br />
Paradiso. Con noi anche Cettina Merrina, Sandro Marcucci<br />
e Salvatore Coppola... oltre a Rita Atria.<br />
L'immagine dell'evento è la nostra tessera ventennale, non<br />
è in alcun modo riproducibile. Ringraziamo Mauro Biani per<br />
averci donato la sua arte e Silvestro Nicolaci autore del<br />
nostro logo.<br />
8 AGOSTO<br />
ore 18.00-20.00:<br />
Bilancio politico tra i presidi e le realtà associative che<br />
hanno direttamente collaborato con l'associazione.<br />
Per partecipare inviare una email all'indirizzo:<br />
info@ritaatria.it (oggetto: partecipazione ventennale)<br />
dalle ore 20.45<br />
Iniziativa ufficiale in Memoria di Simona Scibilia per<br />
festeggiare i nostri venti anni...<br />
Saranno presenti esponenti della Magistratura, giornalisti,<br />
Istituzioni, Associazioni, Testimoni di Giustizia, Famigliari<br />
delle Vittime,... gli Amici di sempre...<br />
9 AGOSTO - Si festeggia... la parola alla musica<br />
Witko in concerto<br />
Per informazioni: info@ritaatria.it<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 54
www.isiciliani.it<br />
Interviste/ Francesco Monaco<br />
I ragazzi abbandonati<br />
e lo Stato che non c'è<br />
Ma chi affronta davvero,<br />
alle radici, il problema<br />
della “devianza<br />
minorile”? Cos’è un<br />
minore “deviante” e da<br />
dove viene?Ne abbiamo<br />
parlato con un giudice<br />
del Tribunale dei Minori<br />
di Catania<br />
di Marcella Giammusso<br />
www.associazionegapa.org<br />
Quindici anni a Catania<br />
MAURIZIO, VITA VIETATA<br />
Maurizio ha quindici anni, è un ragazzino esile ma molto agile<br />
e vivace. Non va più a scuola perché è riuscito a prendersi la terza<br />
media grazie alla benevolenza dei suoi insegnanti, non ha più<br />
voluto continuare perché “non è portato per lo studio”. A scuola<br />
si sentiva emarginato e spesso si assentava per lunghi periodi.<br />
Non riusciva a seguire le lezioni come gli altri, allora faceva di<br />
tutto per mettersi in mostra, per attirare l’attenzione su di sé. Ma<br />
questo atteggiamento aggravava la sua situazione, e spesso tornava<br />
a casa con delle note o sospensioni.<br />
Dopo la licenza media ha cercato qualche lavoro ma, si sa, di<br />
questi tempi non c’è lavoro per nessuno. Figuriamoci per lui che<br />
non ha un mestiere.<br />
La situazione della famiglia è molto precaria. Suo padre è disoccupato<br />
e solo sua madre riesce a lavorare saltuariamente lavando<br />
le scale di qualche condominio. Spesso non sanno come<br />
fare la spesa e a stento riescono a pagare l’affitto di casa.<br />
Maurizio ha tanti desideri, i desideri della sua età. Gli piacerebbe<br />
avere dei vestiti griffati, uno scooter per farsi guardare dalle<br />
ragazze. Andare a prendere un panino dal “paninaro” e divertirsi<br />
con i suoi amici. Ma non ha soldi.<br />
- A che età il minore è imputabile?<br />
“Per quanto riguarda il penale il Tribunale<br />
dei Minori si occupa dei ragazzi dai<br />
14 ai 18 anni, mentre per il Civile dalla<br />
nascita fino ai 18 anni. L’età dai 14 ai 18<br />
anni si riferisce al periodo in cui è stato<br />
commesso il reato, per cui anche se il minore<br />
verrà processato a 22 o 23 anni, del<br />
caso se ne occuperà lo stesso Tribunale<br />
dei Minori. Quando il reato viene commesso<br />
da ragazzi che hanno meno di 14<br />
anni inoltriamo procedimenti civili”.<br />
I minorenni e la mafia<br />
- Il fenomeno della criminalità minorile<br />
è occasionale oppure c’è l’inserimento<br />
dei minori in organizzazioni criminali?<br />
“Dipende dai reati. Se il reato è predatorio,<br />
cioè scippi rapine etc., i minori agiscono<br />
in modo autonomo. Per quanto riguarda<br />
invece reati di droga sono <strong>giovani</strong><br />
inseriti in organizzazioni criminali.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 50<br />
Il fatto di essere minorenni per alcuni<br />
reati è un vantaggio perché la pena si riduce<br />
di un terzo. E spesso per il minore<br />
entrare in carcere è un salto di qualità. E’<br />
un’iniziazione, un modo per salire la loro<br />
scala sociale. Anche le ricettazioni sono<br />
da inserire nell’associazione e<br />
organizzazione criminale, ma il reato<br />
maggiore è lo spaccio di droga”.<br />
I reati indotti dalla crisi<br />
- Quali sono principalmente i reati<br />
commessi?<br />
R- I reati predatori sono i più eclatanti ,<br />
sono quelli che colpiscono maggiormente<br />
la popolazione e che sono più avvertiti. E’<br />
più facile che la gente si indigni per lo<br />
scippo di una borsa piuttosto che dei miliardi<br />
di euro che vengono sottratti alla<br />
comunità, cioè a noi, da politici, corrotti e<br />
corruttori. Il furto, lo scippo o il borseggio<br />
si verificano maggiormente quando c’è<br />
crisi economico sociale. Quando i servizi<br />
sociali non funzionano, quando c’è meno<br />
lavoro, c’è un aumento di questi reati”.<br />
Così passa le giornate sbrigando qualche commissione per la<br />
famiglia, poi tutto il giorno a girovagare per il quartiere, magari<br />
con qualche amico. La strada è il suo mondo. Ed è lì sulla strada<br />
che ha l’opportunità di perdersi in storie di illegalità.<br />
Quanti ragazzi nei nostri quartieri hanno una storia simile a<br />
quella di Maurizio! Molti riescono in qualche modo ad uscirne<br />
fuori, per altri invece è l’inizio di una lunga carriera.<br />
Purtroppo per quanto riguarda la prevenzione si fa ben poco.<br />
Eppure l’ex Presidente del Tribunale dei minori Gianbattista Scidà<br />
già negli anni ottanta aveva fatto giungere grida di allarme<br />
denunciando l’alta percentuale di criminalità minorile nella nostra<br />
città, facendo emergere così il “caso Catania”, raccontando<br />
il disagio dei ceti svantaggiati e facendo emergere le responsabilità<br />
dello Stato nell’aver abbandonato i quartieri periferici.<br />
Da allora sono passati trent’anni, poco è cambiato. Il grido del<br />
Presidente Scidà è caduto nel silenzio delle istituzioni. I quartieri<br />
periferici sono ancora trascurati, il disagio minorile è quanto mai<br />
presente ed in più c’è la crisi economica sociale che attanaglia<br />
tutte le famiglie.<br />
M.G.
www.isiciliani.it<br />
“Ma per prevenire<br />
si fa ancora poco.<br />
Il potere è ancora<br />
sordo al grido del<br />
Presidente Scidà”<br />
La “massa alla prova”<br />
- La legge prevede modalità di<br />
recupero per i minori che non hanno<br />
precedenti penali?<br />
“Si, nel processo minorile è possibile<br />
che l’udienza non si concluda con una<br />
condanna. Se si tratta di un reato occasionale<br />
e di poco conto c’è “l’irrilevanza<br />
del fatto” e quindi non c’è condanna. Il<br />
processo si può concludere anche con il<br />
“perdono giudiziale”. Anche in questo<br />
caso, se è un reato irrilevante e se il ragazzo<br />
può fare un risarcimento, viene<br />
applicato il “perdono giudiziale”.<br />
Infine c’è la “messa alla prova”, che<br />
adesso si sta applicando anche ai maggiorenni.<br />
Quando il ragazzo confessa, non ha<br />
precedenti penali e si è pentito, si chiedono<br />
informazioni ai Servizi Sociali. Si fa<br />
un programma di intervento elaborato dai<br />
Servizi dell’Amministrazione della Giustizia<br />
in collaborazione con i Servizi Sociali<br />
che preveda le modalità di coinvolgimento<br />
del minore nel volontariato, impegno<br />
scolastico, corsi di lavoro.<br />
Viene sospeso il procedimento ed il ragazzo<br />
viene affidato ad un Giudice Onorario.<br />
L’Istituto della “messa alla prova”<br />
presuppone l’adesione del minore al progetto<br />
che consiste implicitamente in<br />
un’ammissione di responsabilità. Sull’attività<br />
svolta durante la “messa alla prova” e<br />
sull’evoluzione del caso i servizi minorili<br />
informano il giudice periodicamente. Se il<br />
minore non segue il programma viene ripreso<br />
il processo penale. Se i Servizi Sociali<br />
funzionano bene abbiamo grosse<br />
possibilità di recupero del minore. Il Tribunale<br />
dei Minori funziona bene se funzionano<br />
bene gli altri enti: i Servizi Sociali,<br />
USSM, Neuropsichiatria Infantile.<br />
Spesso ci capitano casi di minori analfabeti.<br />
E’ assurdo, ma molte famiglie pensano<br />
che sia superfluo mandare il bambino<br />
a scuola e quindi gli permettono di assentarsi<br />
continuamente.<br />
Lasciare il bambino a casa vuol dire<br />
destinarlo ad essere analfabeta e quindi<br />
destinarlo ad una vita di subalterno. Lo<br />
Stato non può permettere che ci siano<br />
analfabeti e quindi in questo caso è più<br />
severo, arrivando a procedimenti di<br />
adottabilità o comunità se le famiglie non<br />
regolarizzano la situazione dei figli”.<br />
Strapparli a una vita subalterna<br />
- I minori che scontano le pene nel<br />
carcere minorile svolgono attività?<br />
Hanno la possibilità di studiare?<br />
“Nell’Istituto Penitenziario Minorile i<br />
minori sono seguiti abbastanza bene<br />
dall’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni,<br />
frequentano la scuola e non sono<br />
abbandonati a se stessi. Un’alternativa al<br />
carcere è il collocamento in comunità<br />
dove c’è una forma di recupero e spesso<br />
abbiamo buoni risultati”.<br />
Le azioni di recupero<br />
- Ci sono delle azioni correttive per<br />
recuperare il minore?<br />
“C’è un protocollo. Il primo passo è<br />
l’affidamento ai Servizi Sociali e l’educativa<br />
domiciliare. Il secondo livello<br />
d’intervento il collocamento in comunità,<br />
quando dopo il primo intervento i<br />
genitori non sono in grado di riprendere<br />
la situazione in mano. Il terzo livello<br />
d’intervento è la dichiarazione della decadenza<br />
della podestà dei genitori, il<br />
quarto è la dichiarazione dello stato di<br />
abbandono e quindi segue l’ultimo livello<br />
di intervento che è lo stato di adottabilità.<br />
I segnali d'allarme<br />
- Ci sono degli allarmi che fanno capire<br />
che il minore sta per deviare?<br />
“Allarmi ambientali e familiari. Spesso<br />
sono figli di genitori separati e vivono<br />
in quartieri degradati. La disgregazione<br />
familiare, la frequentazione ambientale e<br />
vivere in certi ambienti devianti favorisce<br />
la devianza del minore.<br />
Un altro elemento determinante è la crisi<br />
economico sociale. Quando un padre è<br />
disoccupato e non ci sono soldi in casa,<br />
vedere il ragazzino accanto che spaccia,<br />
ha lo scooter, il vestito griffato etc. sono<br />
delle tentazioni. Alcuni ragazzi sono disponibili<br />
a farsi aiutare, altri no. Il disagio<br />
economico è molto determinante per la<br />
devianza minorile, aumenta l’indice di<br />
criminalità.<br />
I segnali dovrebbero arrivare dalla<br />
scuola e dai Servizi Sociali. Purtroppo<br />
spesso la scuola ha delle perplessità a fare<br />
le segnalazioni, per mantenere il buon<br />
nome dell’istituto. I Servizi Sociali, quando<br />
funzionano bene, ci segnalano delle situazioni<br />
di disagio ed allora subito si interviene.<br />
Da un lato c’è lo Stato che ha l’interesse<br />
a migliorare la vita del minore, dall’altro<br />
c’è la famiglia che ama i propri figli e magari<br />
dice “i figli sono miei e faccio quello<br />
che voglio”. Da parte loro c’è l’affetto, il<br />
voler bene, ma c’è l’incapacità a crescere<br />
bene i propri figli e spesso, nonostante gli<br />
sforzi, non ci riescono”.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 51
www.isiciliani.it<br />
Catania/ Via Furnari<br />
Lo sgombero<br />
di ”Ciccio pasticcio”<br />
Venti famiglie sul lastrico,<br />
nel pieno dell'estate<br />
di Domenico Stimolo<br />
Il fatto è che le vicende sono maturate<br />
nel pieno della calura estiva, con un<br />
vortice sempre più crescente, teso a<br />
buttare sul nudo lastrico cittadino venti<br />
famiglie, costituite da oltre sessanta<br />
persone. Molti i bambini trucemente interessati.<br />
Il “luogo del delitto” è un voluminoso<br />
palazzone ubicato nel semicentro<br />
cittadino, a pochi passi da una<br />
delle principali strade della città, in via<br />
Furnari 41.<br />
L’edificio esiste da oltre cinquant’anni,<br />
dall’inizio del 1960, “consolidando” la<br />
sua presenza e quella dei tanti umani residenti<br />
per tanti decenni. Certo, il suo inizio<br />
di vita è stato alquanto tribolato. A seguito<br />
di un vizio d’origine, dovuto alla<br />
realizzazione di opere difformi dal progetto<br />
originario senza la presentazione di richiesta<br />
di sanatoria dalle autorità preposte<br />
fu ordinata azione di demolizione. In corso<br />
d’opera l’impresa fallisce (1963).<br />
Poi, “come fu come non fu”, le carte<br />
demolitorie caddero in sonno nei pubblici<br />
cassetti, sotto lo sguardo assente della statua<br />
dell’elefante, detto liotru, che silente e<br />
sbigottito guarda il Palazzo. Erano quelli,<br />
e lo furono per lungo tempo, gli anni<br />
“stoici”. La città si sviluppava fremente<br />
sotto l’impeto tumultuoso dei nuovi tracciati<br />
cittadini, dove, nelle strade larghe<br />
“un palmo” si innalzavano i torrioni, pieni<br />
e zeppi di umane virtù bellamente “incarcerate”<br />
negli angusti spazi urbani.<br />
I “custodi delle leggi”? Assenti...<br />
Tutti, compreso i “custodi delle leggi”,<br />
avevano lo sguardo rivolto altrove...<br />
Si cresceva, con grande gioia, a pane,<br />
cemento e bottiglioni di spumante festeggiante.<br />
Nel frattempo i pochi accumulavano<br />
laute ricchezze, in beni mobili e in specie<br />
immobili in grande quantità. A seguito<br />
del tracollo dell’impresa costruttrice<br />
dell’edificio di via Furnari 31 le redini gestionali<br />
furono assunte dai preposti alla<br />
cura fallimentare. Fin dall’inizio la schiera<br />
abitativa dell’edificio, costituita da<br />
“possessori, conduttori e occupanti” è<br />
stata sempre molto fitta. Ieri come oggi.<br />
All’improvviso, il 17 luglio, mentre imperversava<br />
una splendida e soleggiata<br />
giornata estiva, il “fulmine giustiziere”<br />
colpì il sito. Ai cittadini residenti fu notificata,<br />
a firma del sindaco, l’ordinanza di<br />
sgombero, a carattere d’urgenza, intimando<br />
il rilascio delle abitazioni, per “potenziale<br />
pericolo per la pubblica e/o privata<br />
incolumità”.<br />
Un vero e proprio colpo a ciel sereno.<br />
Da qualche solerte funzionario comunale<br />
era stato improvvisamente scoperchiato<br />
“l’armadio con le carte della vergogna”<br />
che, sordidamente, giaceva negli scantinati,<br />
? NO, di tutto questo, per come pare!<br />
Altresì, come raccontano le cronache,<br />
da quasi due anni roboanti ruspe si erano<br />
alacremente messe al lavoro in una grande<br />
area sita alle spalle del palazzo, proprio a<br />
ridosso, a pochi metri, effettuando conseguenti<br />
profondi scavi. L’intento costruttivo<br />
è rivolto a realizzare siti edilizi, da<br />
adibire a strutture di privati servizi. Tutto<br />
in regola, certamente.<br />
Le carte della vergogna<br />
Per dovere di narrazione è utile leggere<br />
la sequenza degli eventi come dettagliatamente<br />
esposti dall’avvocato (Alessandro<br />
Pulvirenti) in rappresentanza delle famiglie<br />
interessate nel ricorso urgente al TAR<br />
presentato il 20 agosto: “In data 2 aprile,<br />
una relazione da parte del direttore dei<br />
lavori è stata inviata al Comune.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 52
www.isiciliani.it<br />
“Cinquemila<br />
famiglie<br />
attendono<br />
una casa<br />
popolare”<br />
Una “soluzione” draconiana<br />
Si evidenziava, da “esame visivo”, un<br />
“potenziale collasso strutturale”. Già il<br />
27 marzo, il curatore fallimentare aveva<br />
inviato (al Comune) una nota di consulenza<br />
tecnica dove si rilevavano: “una situazione<br />
statica e strutturale delle parti<br />
comuni non idonea all’abitabilità” e il<br />
“non rispetto di tutte le norme di sicurezza<br />
inerenti impianti nelle aree comuni”.<br />
A seguito delle segnalazioni gli organismi<br />
del Comune si allertano prontamente, e<br />
senza ulteriori e vincolanti azioni, senza<br />
richiedere l’intervento del Genio Civile e<br />
delle strutture competenti comunali preposte<br />
alle perizie sul campo, da parte del<br />
Sindaco viene emesso l’ordine di sgombero.<br />
Nessuna richiesta di eventuale intervento<br />
viene avanzata ai cittadini interessati<br />
rivolta a correggere la situazione<br />
in essere per impedire eventuali danni.”<br />
La “soluzione” prescelta è draconiana:<br />
si devono abbandonare i locali!<br />
I cittadini residenti, gente semplice,<br />
“umile popolino” direbbe qualche solerte<br />
e sapiente sociologo, di fronte all’incalzare<br />
degli eventi piovuti sulle loro teste<br />
come una mannaia, senza nessun ammanigliamento<br />
con “ chi conta”, organizzano<br />
la resistenza. Usano la sapienza e la forza<br />
della disperazione del “debole” che non<br />
vuole essere sopraffatto. In pochissimo<br />
tempo nasce e si consolida una solerte e<br />
proficua unione di gruppo. Cominciano a<br />
bussare al Comune richiedendo “ conto e<br />
ragione”. Intanto la notizia si espande. La<br />
cosa è troppo grossa. Sessanta persone,<br />
privare dalle casa, sono buttate sulla strada.<br />
Cominciano ad arrivare gli organi di<br />
informazione. Se ne parla in città. Grazie<br />
anche alla tenacia propulsiva di “qualche”<br />
giornalista che svolge il ruolo del battitore,<br />
scevro da condizionamenti. I tentativi<br />
di mediazione con il Comune, rivolti anche<br />
ad avere assicurata un’altra abitazione,<br />
falliscono.<br />
Il 21 agosto, giorno della scadenza<br />
dell’ordinanza di sgombero, nella parte di<br />
strada di fronte all’edificio c’è gran fermento.<br />
A dar man forte nella solidarietà ai<br />
“ dannati “ che presidiano il loro tetto<br />
sono presenti anche decine di cittadini di<br />
varie organizzazioni sociali cittadine. Di<br />
fronte all’arbitrio grande è la civica e democratica<br />
indignazione. La drammatica<br />
vicenda è diventata alta. La gran parte<br />
delle strutture informative locali è presente<br />
sul luogo del misfatto. Forte è la determinazione<br />
a lottare.<br />
Il Tar blocca lo sgombero<br />
La mattinata scorre, nessuno viene della<br />
controparte per eseguire gli “ordini”.<br />
Rinasce la speranza.<br />
Il giorno dopo piomba come un tuono<br />
la buona novella. La Giustizia c’è ancora,<br />
vede e provvede. La sentenza del TAR è<br />
lapidaria. Sospende il provvedimento comunale,<br />
firmato del Sindaco.<br />
Il giudizio recita, tra l’altro “ ...in assenza<br />
di adeguati accertamenti d’ufficio che<br />
facciano fede della sussistenza di un effettivo<br />
peggioramento delle condizioni di<br />
staticità dell’immobile, atti a supportare<br />
l’adozione del provvedimento impugnato,<br />
circostanza questa non smentita dall’organo<br />
comunale all’uopo convocato presso<br />
questo Tribunale, che si è dichiarato impossibilitato<br />
a presentarsi in data odierna,<br />
a rendere i chiarimenti del caso;<br />
- che dell’esigenza di tutela dell’interesse<br />
pubblico a garanzia della pubblica incolumità<br />
cui è ispirata l’ordinanza sindacale<br />
qui in contestazione deve necessariamente<br />
coniugarsi con gli interessi privati<br />
di cui gli istanti sono titolari, interessi che<br />
attengono al fondamentale diritto all’abitazione<br />
per sé e per le proprie famiglie;<br />
- che, pertanto, in quest’ottica, in assenza<br />
di comprovate sopraggiunte situazioni<br />
di pericolo, può essere disposta la sospensione<br />
del provvedimento contestato; il comune<br />
dovrà comunque adottare i necessari<br />
ulteriori provvedimenti che si rendessero<br />
necessari a seguito degli opportuni accertamenti<br />
finalizzati a verificare la sussistenza<br />
di sopravvenute situazioni di aggravamento,<br />
in concreto, dello stato di pericolo<br />
in cui potrebbe versare l’immobile<br />
in questione; quali accertamenti dovranno<br />
essere effettuati a cura degli organi pubblici<br />
a ciò preposti, entro ristretti tempi, e<br />
ferma ogni responsabilità in capo al comune<br />
di caso di ritardo nei conseguenziali<br />
provvedimenti d’urgenza ove necessari”.<br />
E’ bene notare che il Comune si è dichiarato<br />
impossibilitato a presentarsi.<br />
Questa è la positiva conclusione della<br />
prima parte. La questione rimane tutta ancora<br />
aperta. Un dato è certo. L’ingiustizia<br />
non è passata! Il giusto diritto all’abitazione<br />
è un valore democratico supremo, da<br />
garantire sempre. A Catania molte persone,<br />
non solo migranti, sono costrette ad<br />
arrangiarsi “sotto le stelle”, dormendo sui<br />
cartoni, in strade, piazze ed anfratti improvvisati.<br />
In condizioni di assoluta precarietà<br />
Una situazione drammatica ed indegna<br />
che nel corso del tempo si è accresciuta<br />
sempre più. Cinquemila famiglie<br />
attendono una casa popolare. In tante<br />
migliaia, indigenti, vivono in condizioni<br />
abitative di assoluta precarietà. Si violano<br />
i principi fondamentali costituenti la nostra<br />
Repubblica che innalzano a valore supremo<br />
la salvaguardia della dignità delle<br />
persone nell’essenza di vita nella propria<br />
quotidianità.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 53
www.isiciliani.it<br />
Messina/ Estate ribelle<br />
Il giorno che Accorinti<br />
fermò i Tir<br />
Bene pubblico vs/ padroni<br />
dello Stretto: chi<br />
vincerà, alla fine?<br />
di Tonino Cafeo<br />
Fascia tricolore sulla consueta t-shirt<br />
free Tibet e tantissima pazienza per<br />
spiegare personalmente ai camionisti –<br />
uno per uno - che Messina non può più<br />
permettersi di farsi attraversare a tutte<br />
le ore dalle centinaia di mezzi pesanti<br />
che sbarcano ogni giorno nella Rada<br />
San Francesco e nel porto storico della<br />
città dello stretto diretti nel resto della<br />
Sicilia.<br />
Renato Accorinti, anche da sindaco, non<br />
intende rinunciare ai metodi e alle battaglie<br />
di quarant’anni di attivismo civile e<br />
sta combattendo a modo suo l’ennesima<br />
puntata di un braccio di ferro che vede da<br />
una parte gli interessi di un manipolo di<br />
armatori e dall’altra il diritto alla sicurezza<br />
e alla salute per un’intera città.<br />
Tutto ha avuto inizio il trenta giugno<br />
scorso, quando la società Cartour , della<br />
famiglia Franza- monopolista di fatto del<br />
traghettamento privato sullo stretto di<br />
Messina- ha dato unilateralmente il via<br />
agli orari estivi della propria autostrada<br />
del mare da e per Salerno. Una modifica<br />
che ha comportato nuovi disagi per la popolazione<br />
dato che lo sbarco dei tir avviene<br />
adesso in pieno giorno a poche<br />
centinaia di metri dal centro storico della<br />
città, al molo Norimberga, e il flusso di<br />
mezzi pesanti si aggiunge a quello, già<br />
massiccio, che l’ attraversa da quando<br />
l’approdo a sud è stato dimezzato<br />
dall’eterno cantiere per il ripristino dei<br />
moli danneggiati dalle mareggiate invernali.<br />
La guerra dei Tir, ad ogni modo, per<br />
Messina è storia antica. Già nei primi anni<br />
2000 in seguito a numerosi incidenti<br />
mortali avvenuti in aree densamente abitate,<br />
era cresciuta una forte mobilitazione<br />
popolare con<br />
l’obiettivo - in<br />
realtà solo<br />
parzialmente<br />
realizzato - di<br />
spostare il<br />
traffico pesante<br />
fuori città attraverso<br />
la costruzione<br />
di un nuovo<br />
approdo per i<br />
traghetti nella<br />
zona sud.<br />
Le amministrazioni<br />
comunali<br />
che si sono succedute nel decennio in<br />
cui la vertenza ha avuto il suo massimo<br />
sviluppo hanno brillato per cerchiobottismo<br />
sviando l’ attenzione dell’opinione<br />
pubblica sul fantasma del Ponte sullo<br />
stretto oppure inventandosi le soluzioni<br />
più fantasiose- è rimasta negli annali quella<br />
del doppio approdo a nord e sud della<br />
città- pur di evitare di porre limiti agli interessi<br />
dei traghettatori.<br />
“Il diritto a una città vivibile”<br />
Completamente diverso l’approccio della<br />
giunta Accorinti. Massima disponibilità<br />
a trattare una soluzione in grado di soddisfare<br />
le esigenze di tutti, accompagnata<br />
però dal massimo rigore sui principi.<br />
“Il diritto di duecentocinquantamila<br />
messinesi a una città vivibile, liberata dal<br />
transito dei mezzi pesanti è un valore non<br />
negoziabile”, ha tenuto a precisare il primo<br />
cittadino agli armatori come pure alle<br />
istituzioni di garanzia (Capitaneria di Porto<br />
e Autorità Portuale). I numerosi tavoli<br />
tecnici che si sono svolti quest'estate non<br />
hanno dato però gli esiti sperati.<br />
“Avevamo chiesto a Cartour almeno<br />
l’impegno a rinunciare all’orario estivo<br />
diurno non da domani ma dall’estate del<br />
2015 - spiega Accorinti - ma è stato risposto<br />
di no”. Aggiungendo al rifiuto di<br />
qualunque mediazione la non troppo velata<br />
minaccia di ridurre drasticamente le<br />
corse della Messina-Salerno e di conseguenza<br />
licenziare i marittimi in esubero.<br />
E’ stato inevitabile a quel punto, il ventuno<br />
luglio scorso, emettere l’ordinanza<br />
che interdice al traffico pesante le principali<br />
vie d’accesso al porto storico di Messina<br />
fra le 7 e le 21. Un provvedimento<br />
fortemente contrastato non solo dai rappresentanti<br />
delle organizzazioni datoriali<br />
(Confindustria Messina e Aias, l’associazione<br />
dei piccoli autotrasportatori siciliani<br />
di Giuseppe Richichi) ma anche dai sindacati<br />
confederali e persino dagli organismi<br />
“terzi” come La Capitaneria Di Porto e l’<br />
Autorità Portuale, i cui esponenti non<br />
hanno esitato a minacciare ricorsi “ ove si<br />
ravvisassero nell’ordinanza lesioni dei legittimi<br />
interessi economici in campo”.<br />
La tutela dal basso dei diritti<br />
Così Messina è divenuta teatro di<br />
un’inedita forma di tutela dal basso del diritto.<br />
Sono stati i cittadini, più o meno organizzati,<br />
a presidiare tutte le mattine insieme<br />
al sindaco e alla Polizia Municipale<br />
le vie d’accesso al molo Norimberga ed a<br />
vigilare sullo scrupoloso rispetto delle disposizioni<br />
previste dall’ordinanza.<br />
“Nessuno di noi è contro l’impresa in<br />
quanto tale” raffredda così le polemiche<br />
Accorinti “ ma vogliamo che gli armatori<br />
rispettino le decisioni che il Comune ha<br />
preso a tutela di tutti”, in attesa che il 7<br />
agosto sia riconsegnato alla città perfettamente<br />
funzionante l’approdo di Tremestieri,<br />
dove dovrebbe essere dirottato definitivamente<br />
il grosso del traffico pesante.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 54
www.isiciliani.it<br />
Mauro Biani<br />
chi<br />
semina<br />
racconta<br />
sussidiario<br />
di resistenza<br />
sociale<br />
Contributi di Antonella Marrone,<br />
Carlo Gubitosa, Cecilia<br />
Strada, Cinzia Bibolotti,<br />
Ellekappa, Franco A. Calotti,<br />
Gianpiero Caldarella, Makkox,<br />
Mao Valpiana, Massimo Bucchi,<br />
Nicola Cirillo, Pino Scaccia, Riccardo<br />
Orioles, Stefano Disegni,<br />
Vincino Gallo<br />
Formato 17x24,<br />
240 pagine, colori<br />
ISBN 9788897194057<br />
15 euro<br />
Il meglio delle vignette,<br />
sculture e illustrazioni<br />
di Mauro Biani, autore<br />
di satira sociale a tutto<br />
tondo che unisce la<br />
vocazione artistica all’impegno<br />
professionale come educatore<br />
in un centro specializzato per<br />
la disabilità e la non disabilità<br />
mentale.<br />
Uno sguardo disincantato e<br />
libero che sa dare le spalle ai<br />
potenti quando serve, per toccare<br />
temi universali come la<br />
nonviolenza, i diritti umani,<br />
l’immigrazione, il cristianesimo<br />
anticlericale, la resistenza alla<br />
repressione e la lotta alle mafie.<br />
L’AUTORE<br />
Mauro Biani (Roma, 6 marzo<br />
1967) ha pubblicato vignette<br />
in rete per anni per poi fare il<br />
salto verso il professionismo<br />
su quotidiani e settimanali nazionali,<br />
riviste del terzo settore<br />
e organi di informazione<br />
indipendente. Ha fondato la<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– – pag. 555<br />
rivista di giornalismo a fumetti<br />
“Mamma!” che ha chiamato a<br />
raccolta un gruppo nutrito di<br />
giornalisti, vignettisti e fumettari<br />
in cerca di nuovi spazi espressivi.<br />
Collabora con il gruppo internazionale<br />
“Cartooning For<br />
Peace” sotto l’alto patrocinio<br />
dell’Onu. Nel 2009 ha pubblicato<br />
il volume “Come una specie<br />
di sorriso”, una antologia di<br />
illustrazioni ispirate alle canzoni<br />
di Fabrizio De Andrè.<br />
48
www.isiciliani.it<br />
puoi richiedere i volumi su<br />
www.mamma.am/libri<br />
rokuro aKu<br />
no alla guerra,<br />
no al nucleare<br />
g autor d scaricabi e<br />
the Holy Bile<br />
mP<br />
nicola.<br />
r–esistenza precaria<br />
KaNJaNo & car o gubi osa<br />
La mia terra<br />
la difendo<br />
Un libro per scoprire che<br />
non esiste un “nucleare<br />
civile” senza applicazioni<br />
militari derivate, non esiste<br />
“energia atomica pulita” senza<br />
rischi inaccettabili, non esistono<br />
“armi sicure” all’uranio impoverito<br />
senza vittime di guerra.<br />
Il figlio di una sopravvissuta alle<br />
radiazioni di Nagasaki ha trasformato<br />
in una appassionata<br />
denuncia a fumetti la cronaca<br />
degli incidenti alle centrali nucleari<br />
giapponesi e statunitensi, che<br />
sono stati nascosti da un velo di<br />
silenzio.<br />
Nana Kobato, studentessa delle<br />
medie, si affaccia sul “lato oscuro<br />
del nucleare”, e scopre i pericoli<br />
delle centrali atomiche, gli effetti<br />
dei proiettili all’uranio impoverito,<br />
le devastazioni ambientali che<br />
uccidono adulti e bambini. In un<br />
racconto a fumetti chiaro e documentato,<br />
Rokuro haku descrive<br />
gli effetti delle guerre moderne<br />
sull’uomo e sull’ambiente, e mette<br />
a nudo i poteri occulti che sostengono<br />
l’energia nucleare.<br />
Il libro degli autori di Scarica-<br />
Bile, il “pdf satirico di cattivo<br />
gusto” che ha ridefinito su<br />
internet la soglia dell’indecenza<br />
con 32 numeri di puro genio e<br />
follia, centinaia di pagine maleducate,<br />
migliaia di lettori incoscienti.<br />
Da oggi lo spirito del magazine<br />
più scorretto d’Italia rivive nel libro<br />
“The holy Bile”, una raccolta<br />
differenziata di scritti e fumetti<br />
inediti su qualunquismo, castità,<br />
religione e sondini terapeutici.<br />
Un concentrato purissimo di<br />
anticlericalismo, blasfemia, coprofagia,<br />
incesto, morte, pedofilia,<br />
prostituzione, sessismo, sodomia,<br />
violenza e volgarità gratuite. In<br />
breve, uno specchio perfetto<br />
dell’Italia moderna, per chi non<br />
ha paura di guardare in faccia la<br />
realtà con le lenti deformanti della<br />
satira.<br />
Testi e disegni di Daniele Fabbri,<br />
Pietro Errante, Jonathan Grass,<br />
Tabagista, MelissaP2, Vladimir Stepanovic<br />
Bakunin, Eddie Settembrini,<br />
Blicero, G., Ste, Perrotta,<br />
Marco Tonus, Mario Gaudio, Flaviano<br />
Armentaro, Maurizio Boscarol,<br />
Mario Natangelo, Alessio<br />
Spataro, Andy Ventura.<br />
Certi fumetti non possono<br />
farli i radical chic col culo<br />
parato o gli intellettuali<br />
da salotto. Ci voleva un lavoratore<br />
emigrato come Marco “MP”<br />
Pinna, che si è bruciato due settimane<br />
di ferie per partorire la<br />
saga di Nicola, l’antieroe in tuta<br />
blu del terzo millennio.<br />
Un mondo precario dove Nicola<br />
lotta per salvare la sua fabbrica<br />
dalla chiusura, e scopre i trucchi<br />
più loschi con cui i padroni fregano<br />
le classi medio–basse.<br />
Più spericolato di Batman, più<br />
sfigato di Fantozzi, più ribelle di<br />
Spartacus e più solo di Ulisse:<br />
Nicola è il simbolo della nostra<br />
voglia di resistere alle ingiustizie.<br />
Contro di lui un padrone senza<br />
scrupoli e una famiglia senza vergogna,<br />
incarognita dalle mode più<br />
devastanti del momento.<br />
Uno spietato “reality show” a<br />
fumetti, un micromanuale di economia<br />
finanziaria, un prontuario<br />
di autodifesa sindacale ma soprattutto<br />
lo sfogo di satira rabbiosa<br />
di un “artista–operaio”.<br />
Ottanta pagine di sopravvivenza<br />
proletaria: astenersi perditempo.<br />
La storia di Giuseppe Gatì, 22<br />
anni, pastore per vocazione,<br />
produttore di formaggi per<br />
mestiere, attivista antimafia per<br />
passione.<br />
Il suo volto è salito agli onori delle<br />
cronache nel dicembre 2008 per<br />
la contestazione al “pregiudicato<br />
Vittorio Sgarbi”, che ha scosso la<br />
città di Agrigento al grido di “Viva<br />
Caselli! Viva il pool antimafia!”<br />
Con l’aiuto degli amici e dei familiari<br />
di Giuseppe, Gubi e Kanjano<br />
hanno scoperto gli scritti, le<br />
esperienze e il grande amore<br />
per la terra di Sicilia di questo<br />
ragazzo, che ha lasciato una eredità<br />
culturale preziosa prima di<br />
morire a 22 anni per un banale<br />
incidente sul lavoro.<br />
Un racconto a fumetti che non<br />
cede alle tentazioni del sentimentalismo<br />
e della commemorazione,<br />
per restituire al lettore tutta la bellezza<br />
di una intensa storia di vita.<br />
www.mamma.am/nonuke<br />
www.mamma.am/bile<br />
www.mamma.am/nicola<br />
www.mamma.am/giuseppe<br />
ISBN 9788897194002<br />
ISBN 9788897194026<br />
ISBN 9788897194019<br />
ISBN 9788897194033<br />
I <strong>Siciliani</strong>giov i<strong>giovani</strong> – pag. p 56
www.isiciliani.it<br />
Fotografa<br />
CATANIA<br />
Civita: il mare negato<br />
“U trenu a stamatina<br />
Passau supra l’archi d’a marina;<br />
fu chistu ‘n gran successu,<br />
Catania camina ccu progressu”<br />
Questo breve inno al progresso, cantato per<br />
l’inaugurazione della linea ferroviaria, 1°<br />
luglio 1869, mi ha subito colpito, non per la<br />
sua bellezza, ma per la nota di speranza,<br />
“Catania segue il progresso”, ma a quale<br />
prezzo?<br />
Il viadotto ferroviario assurge a cicatrice e<br />
barriera fra la città e il mare, una cicatrice<br />
che rievoca alla memoria lo storico legame<br />
tra centro urbano e l’originaria rada naturale<br />
che fu la porta di antiche civiltà.<br />
Camminare lungo il viadotto equivale a<br />
camminare sul flo di un rasoio, da una<br />
parte il porto e dall’altra un quartiere la<br />
“Civita”, in mezzo il traffco automobilistico.<br />
Spinti forse dall’orrenda visione di un porto<br />
che non c’è, si è attratti istintivamente verso<br />
il quartiere ed è qui che si percepisce il<br />
dolore inferto dalla ferita. Gli antichi palazzi<br />
sono ormai deturpati e violentati,<br />
concrezioni di condizionatori si<br />
accavallavano a fli di panni stesi, le piccole<br />
case dei pescatori spariscono sotto l’infusso<br />
di quell’anarchico senso del brutto.<br />
Ma cosa è rimasto dell’operoso borgo<br />
marinaro? Qualche pescatore che ancora<br />
intreccia le reti della memoria, come ombra<br />
di un lontano ricordo.<br />
Resta dentro l’amara consapevolezza che il<br />
prezzo pagato in nome del progresso sia<br />
stato troppo alto, l’ombra del mare è lì ma<br />
non puoi vederne l’azzurro, la città ha eroso<br />
il mare!<br />
Ma ci chiediamo del perché di questo.<br />
Ci chiediamo quali responsabilità le vecchie<br />
e nuove amministrazioni che hanno<br />
governato la città hanno fatto si che questa<br />
erodesse il mare, e non solo, anche oggi c'è<br />
un dibattito "politico speculativo" nel far<br />
diventare il porto una ammasso di cemento<br />
armato che distruggerà la nostra cultura e la<br />
brezza di mare che ci ha sempre<br />
caratterizzato.<br />
“La metropoli ha questa attrattiva in più, che<br />
attraverso ciò che è diventata si può ripensare con<br />
nostalgia a quella che era” Italo Calvino, Le città<br />
invisibili<br />
Daniela Calcaterra<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 57
www.isiciliani.it<br />
Civita: il mare negato<br />
Chiesa del SS. Redentore, a memoria di una più antica, al suo interno è<br />
custodito un busto ligneo del 1536, che prima si trovava nell'antica<br />
chiesetta distrutta dall'eruzione del 1669<br />
Daniela Calcaterra<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 58
www.isiciliani.it<br />
Civita: il mare negato<br />
Gesta di un tempo<br />
si ripropongono<br />
nel quotidiano,<br />
quel tempo che<br />
all’interno del<br />
piccolo borgo della<br />
Civita a Catania<br />
sembra essersi<br />
fermato. Una<br />
signora in vestaglia<br />
solleva fno al<br />
piano del proprio<br />
balcone il cestino<br />
con la spesa che il<br />
fglio ha attaccato<br />
ad una corda dal<br />
ciglio della strada,<br />
evitandole così la<br />
fatica delle scale.<br />
Alfredo Magnanti<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 59
www.isiciliani.it<br />
Civita: il mare negato<br />
di giro”<br />
Nonostante le molte auto parcheggiate, davanti alla porta si continua a<br />
lavorare, vivere, raccontare storie...<br />
Carlo Majorana<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 60
www.isiciliani.it<br />
Civita: il mare negato<br />
di giro”<br />
La riparazione della rete è una consuetudine ancora oggi presente nella<br />
Civita e che resiste al trascorrere inesorabile del tempo<br />
Dario Lo Presti<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 61
www.isiciliani.it<br />
Civita: il mare negato<br />
di giro”<br />
Tagghiu e littura: misteri ca dura!<br />
Flavia Iraci<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 62
www.isiciliani.it<br />
Civita: il mare negato<br />
di giro”<br />
Gente di mare come il signor Salvatore che ha dedicato la sua vita alla<br />
pesca<br />
Francesco Nicosia<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 63
www.isiciliani.it<br />
Civita: il mare negato<br />
di giro”<br />
La Civita un tempo<br />
era abitata soltanto da<br />
pescatori, oggi ne è<br />
rimasto appena<br />
qualcuno...<br />
Rimangono però tanti<br />
dettagli nei vicoletti a<br />
ricordare come<br />
questo quartiere sia<br />
stato "partorito" dal<br />
mare.<br />
Ivana Sciacca<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 64
www.isiciliani.it<br />
Civita: il mare negato<br />
di giro”<br />
Attraverso i murales<br />
l'antico popolo della<br />
Civita racconta la sua<br />
storia<br />
Paolo Parisi<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 64
www.isiciliani.it<br />
Storia<br />
Donne per la pace<br />
Sicilia, cent'anni fa<br />
“Si riunirono nella chiesa<br />
gridando e invocando<br />
la fine della guerra”<br />
di Elio Camilleri<br />
Allo scoppio della prima guerra migliaia<br />
di ragazzi furono strappati alla<br />
terra, molti, come in altre parti d’Italia,<br />
si dettero alla macchia e le donne siciliane<br />
si preparavano a reggere la fatica<br />
del lavoro dei campi: la guerra fu una<br />
guerra di massa ed esigeva un’adesione<br />
di massa.<br />
Si può certamente affermare che le masse<br />
popolari subirono la guerra, ma la rifiutarono<br />
e si mobilitarono per farla finire.<br />
Le donne siciliane coniugarono religione<br />
e pacifismo in numerose manifestazioni,<br />
cui parteciparono in migliaia; ciò che<br />
risulta sorprendente e, per certi versi, incredibile,<br />
è che tale simbiosi tra sentimento<br />
religioso e richiesta pressante di pace<br />
fu respinta ed ostacolata dal clero cattolico<br />
che, quasi unanimemente, sostenne le<br />
motivazioni politiche della guerra agli Imperi<br />
centrali.<br />
Alle donne di Sciacca e di altri paesi<br />
della provincia capitava un fatto strano:<br />
andavano in chiesa e organizzavano processioni<br />
per pregare e supplicare la fine<br />
della guerra e preghiere e suppliche le recitavano<br />
senza sacerdoti.<br />
Il clero non partecipava né, tanto meno,<br />
organizzava cerimonie religiose contro la<br />
guerra e questo non solo ad Agrigento o in<br />
Sicilia, ma anche nel resto dell’Italia, in<br />
Francia e nella stessa Germania e papa<br />
Benedetto XV pronunciò parole al vento<br />
con la sua “Nota di pace” del 1° agosto<br />
1917: non lo ascoltò nessuno e “l’inutile<br />
strage” continuò per più di un anno.<br />
E così capitò che a Sciacca: “ il 14 gennaio<br />
1916, duecento donne si riunirono<br />
nella cattedrale gridando e invocando la<br />
fine della guerra. L’arciprete e un funzionario<br />
di pubblica sicurezza ristabilirono la<br />
calma e più della metà delle dimostranti<br />
ritornò a casa. Le altre continuarono la<br />
loro protesta andando prima al municipio<br />
e poi alla sottoprefettura”. (Jole Calapso.<br />
Donne ribelli. Flaccovio. Palermo.1980.<br />
pag. 142)<br />
Quattro “sediziose e disfattiste” furono<br />
denunziate ed arrestate e il frate laico<br />
Giovanni Buonomente, sospettato di essere<br />
l’organizzatore della manifestazione, fu<br />
spedito a Messina.<br />
Appena due mesi dopo, a Raffadali, tredici<br />
donne furono denunziate all’autorità<br />
giudiziaria per avere percorso in corteo<br />
con altre donne, ragazze e bambini la strada<br />
che portava alla chiesa di S. Giuseppe<br />
per assistere alla messa. Il corteo non era<br />
autorizzato e neppure erano consentite le<br />
invocazioni al Signore e alla Madonna per<br />
la fine della guerra.<br />
A Cammarata, dieci giorni dopo (25<br />
marzo) le donne che volevano portare in<br />
processione la Madonna di Scacciapensieri<br />
furono addirittura indotte a forzare la<br />
nicchia che ne conteneva la statua e così<br />
si svolse una processione con più di duemila<br />
persone: tutte imploravano la cessazione<br />
della guerra e tutto si svolse nel<br />
massimo ordine anche perché gli agenti di<br />
pubblica sicurezza non osarono bloccare<br />
il rito religioso.<br />
Le denunce arrivarono il giorno dopo<br />
per 6 uomini e 14 donne.<br />
Non solo il clero siciliano, ma anche<br />
nelle altre regioni italiane, come pure in<br />
Francia e nella stessa Germania non fu tenuta<br />
in nessuna considerazione la Nota di<br />
pace di Benedetto XV contro “l’inutile<br />
strage”.<br />
E allora si capisce come a Sciacca le<br />
donne furono buttate fuori dalla chiesa<br />
dall’arciprete, come a Raffadali fu sciolta<br />
a forza una processione di donne e bambini<br />
diretta verso la chiesa.<br />
Aveva ragione, allora, George Bernard<br />
Shaw a scrivere che era meglio chiuderle<br />
le chiese ed evitare così che in esse si preghi<br />
per l’annientamento del nemico.<br />
Centinaia di arresti di ragazze e donne<br />
che, talvolta, portarono in carcere con sé i<br />
loro bambini a subire quotidiane ingiurie<br />
e violenze per avere manifestato contro la<br />
guerra, contro la fame, contro l’insopportabile<br />
miseria.<br />
Tra Cammarata e Campobello , ad<br />
esempio ne arrestarono a decine, tra queste<br />
Maria Ponticello, perché si erano distese<br />
sui binari per impedire la partenza<br />
del treno con le reclute.<br />
Un grave episodio si registrò a Gangi il<br />
3 aprile 1917. Una classe di alunni che<br />
manifestava a favore della guerra fu presa<br />
a sassate dalla gente che di guerra proprio<br />
non ne voleva sentire.<br />
Nel contesto della guerra le sassate contro<br />
le scuole, le proteste contro gli insegnanti<br />
erano motivate dal fatto che la<br />
scuola era strumentalizzata dal Governo<br />
per la propaganda bellica, per organizzare<br />
raccolte di fondi per le spese militari, per<br />
la Croce Rossa: tutto ciò non era assolutamente<br />
condiviso dalle masse popolari,<br />
dalle donne che subivano quotidianamente<br />
il peso del lavoro dei campi, della fame<br />
e della disperazione.<br />
A Ribera Maria Segreto, una ragazza di<br />
venticinque anni, non ebbe alcun timore<br />
di urlare contro la guerra e di incitare le<br />
sue compaesane ad unirsi alla protesta, nè<br />
la fecero desistere le minacce delle forze<br />
dell’ordine.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 66
www.isiciliani.it<br />
Palermo<br />
Una festa<br />
ben sorvegliata<br />
“U Fistinu” di Santa<br />
Rosalia: metafora di<br />
una città che declina<br />
di Giovanni Abbagnato<br />
Le cronache del 390mo Festino della<br />
Santuzza palermitana Rosalia raccontano,<br />
con il linguaggio freddo di altro<br />
tipo di eventi, che hanno partecipato<br />
alla manifestazioni clou - tra il 14 e il 15<br />
luglio scorso - circa 300 mila persone,<br />
“secondo le stime degli organizzatori”.<br />
Si tratta del solito “ballo delle cifre”tra<br />
gli organizzatori e la Questura?<br />
Purtroppo, quello che più si è notato è<br />
stato, ancora una volta, un segno di confusione<br />
politica ed ideale dell’Amministrazione<br />
comunale presieduta da Orlando<br />
che non ha saputo imprimere al Festino<br />
quella carica democratica – dai forti connotati<br />
simbolici – in una città che, in altri<br />
tempi, “prendeva parte” contro le sue pesti,<br />
antiche e moderne.<br />
Il palesarsi del triste disfacimento di<br />
questa ispirazione di governo stavolta è<br />
andato ben oltre le parodie della partecipazione<br />
popolare in alcune scelte dell’<br />
Amministrazione, andate occasionalmente<br />
in scena - il termine non è casuale - con<br />
riti francamente inconcludenti sul piano<br />
tecnico-amministrativo e senza anima su<br />
quello ideale.<br />
Il vero segno - cupo è pesante - è stato,<br />
però, rappresentato dalla evidente militarizzazione<br />
del Festino con una presenza,<br />
numerosa e inquietante, di camionette e<br />
autoblindo, insieme alle schiere di pesanti<br />
scarponi di tutte le Forze dell’Ordine antisommossa,<br />
perfino posti a sostanziale sostituzione<br />
delle organizzazioni della Protezione<br />
Civile, naturalmente con l’idea<br />
che possono avere delle Forze antisommossa<br />
della gestione della Protezione Civile<br />
in quella che doveva essere una festosa<br />
manifestazione di popolo.<br />
Senza la “benedizione civile” del popolo<br />
Per la storia e il valore dell’azione politico-amministrativa<br />
che non si può e non<br />
si deve disconoscere al personaggio, dispiace<br />
dirlo, ma forse abbiamo assistito<br />
alla caduta della parabola politica di Orlando,<br />
o SinnacOllando, come la vox populi<br />
confondeva a Palermo personaggio e<br />
carica istituzionale.<br />
Questa triste involuzione del personaggio<br />
(che comunque è in atto, al di là di<br />
eventuali accordi nella peggiore tradizione<br />
politichese che possono riguardare il<br />
ruolo del Sindaco) è stata determinata,<br />
ben prima di questo Festino, dai contorsionismi<br />
politici di Orlando e dall’incapacità<br />
di passare da una gestione importante,<br />
ma troppo minimale delle emergenze palermitane,<br />
ad un progetto vero e socialmente<br />
avanzato per la città.<br />
Ma il nuovo fatto simbolico, importantissimo<br />
in una città come Palermo, è stato<br />
rappresentato dal salire di Orlando sul<br />
carro della “Santuzza”a gridare il fatidico<br />
“Viva Palermo e Santa Rusulia”, non con<br />
la “benedizione civile” del popolo - con le<br />
sue variegate istanze, che un tempo trovavano<br />
il lui una sintesi riconosciuta - ma<br />
con la blindatura, francamente imbarazzante,<br />
offerta dalla Questura.<br />
L'agitazione dei precari<br />
Invero, c’erano già i segni di uno “sfruttamento”<br />
-eccessivo in termini di cosiddetto<br />
ordine pubblico - di informazioni su<br />
propositi di precari comunali, tradizionalmente<br />
determinati nel voler scegliere il<br />
“palcoscenico” del Festino per le loro manifestazioni<br />
di dissenso contro l’Amministrazione.<br />
Come sembrava provvidenziale per una<br />
gestione blindata dell’ordine pubblico al<br />
Festino, la situazione creata dall’aggressione<br />
all’organizzatrice dei festeggiamenti<br />
che - ancorché riconducibile a malavitosi<br />
di basso profilo e non a organizzazioni<br />
mafiose come lasciato intendere dalla<br />
stessa protagonista - con ben altri mezzi<br />
doveva essere controllata ed affrontata.<br />
In realtà, è stata un’altra occasione perduta<br />
dai vertici delle Forze dell’Ordine<br />
davanti a quei movimenti civili e<br />
antimafiosi che hanno provato negli anni<br />
– non senza contraddizioni e difficoltà - -<br />
a favorire il passaggio culturale dalla<br />
percezione popolare degli “sbirri” - nel<br />
tradizionale significato tutt’altro che<br />
edificante – a difensori delle libertà e dei<br />
diritti contro le prepotenze mafiose di tutti<br />
i tipi, inevitabilmente sempre a braccetto<br />
con poteri forti e comitati di affari.<br />
L'intimidazione a Rocca e Pellicane<br />
Purtroppo, questa strategia della Questura<br />
– sicuramente avallata e tollerata dal<br />
Comune – volta a dare alla città un eclatante<br />
segno autoritario, va rilevata anche<br />
nell’intimidazione inviata – preventivamente,<br />
nell’immediata vigilia del Festino<br />
– a tanti uomini e donne che tengono fede<br />
a gravi istanze popolari – spesso sporche<br />
di sofferenza e per questo senza voce - attraverso<br />
il trattamento riservato persone<br />
come Nino Rocca e Toni Pellicane – leader<br />
miti ma appassionati del movimento<br />
dei senzacasa – non a caso convocati in<br />
Questura e denunciati per manifestazione<br />
non autorizzata, con una consequenzialità<br />
temporale più che sospetta e una motivazione<br />
risibile, se non si trattasse di un inquietante,<br />
quanto immotivato atto persecutorio.<br />
A questo punto, ogni cronaca che si rispetti<br />
– o anche che non si rispetti – si<br />
chiuderebbe con l’annotazione sullo spettacolo<br />
tenutosi sul Piano e sulla mura della<br />
stupenda Cattedrale, con testi, forse un<br />
po’ troppo didascalici e tradizionali, ma<br />
con una macchina scenica complessivamente<br />
stimolante e convincente.<br />
Una città che si autodivora<br />
Ma, in realtà, probabilmente, altro si è<br />
imposto sulla scena di questo Festino di<br />
una città, forse come il suo Genio, condannata<br />
- ineluttabilmente - a divorare,<br />
con i suoi figli migliori, i suoi aneliti e le<br />
sue speranze.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 67
www.isiciliani.it<br />
Anni Settanta<br />
Hippies a<br />
Terrasini<br />
Peppino, Lotta Continua<br />
e i radical-chic<br />
di Salvo Vitale<br />
www.peppinoimpastato.com<br />
Dell’esperienza della Comune hippie di<br />
Terrasini ho parlato nel mio libro Nel<br />
cuore dei coralli, Peppino Impastato, una<br />
vita contro la mafia (Rubbettino editore).<br />
La partecipazione, per un breve periodo,<br />
di esponenti della Comune a Radio Aut è<br />
stata simpaticamente tracciata nei Cento<br />
passi. Carlo Silvestri non ne esce bene,<br />
Peppino è molto diffidente, sino a<br />
scimmiottare, mettendosi col culo di fuori,<br />
alla radio, la proposta di Carlo del “nudo a<br />
chiappe selvagge”. Va detto che quelle<br />
scene sono state girate a Torre Alba e non<br />
a Villa Fassini, luogo di stanza della Comune,<br />
poiché allora l’accesso a Villa Fassini<br />
non era consentito: il regista fece dipingere<br />
sui muri una serie di immagini che<br />
ricordavano molto da vicino quelle dipinte<br />
sui muri di villa Fassini, oggi cancellate e<br />
presenti solo in alcune foto d’epoca.<br />
La collaborazione tra la Comune e<br />
Radio Aut venne presto interrotta per una<br />
forte differenza di vedute, da una parte<br />
nell’intendere la lotta contro la mafia<br />
come una scelta politica di fondo,<br />
dall’altra con la tendenza a ritenere<br />
prevalente occuparsi dei bisogni dell’io,<br />
particolarmente di quelli sessuali, secondo<br />
lo slogan allora molto in voga “il<br />
personale è politico”.<br />
Da quel libro riporto alcune pagine,<br />
compreso il testo di una lettera che Peppino<br />
inviò a Lotta Continua, ma che quel<br />
giornale, nel quale scriveva Carlo Silvestri,<br />
non volle pubblicare. Difficile dire<br />
oggi cosa rimane di quell’aspro diverbio<br />
che portò Peppino a dare addirittura un<br />
pugno a Carlo Silvestri e a chiudere<br />
un’esperienza nella quale alcuni redattori<br />
erano rimasti coinvolti e affascinati.<br />
L’impegno politico dei cosiddetti “militanti”<br />
è stato marginalizzato, costretto in<br />
un angolo, come una scelta di pochi esaltati<br />
e provocatori, più vicini all’eversione,<br />
se non al terrorismo, anziché alle pacifiche<br />
manifestazioni di protesta. Il perbenismo<br />
ha finito con l’assorbire vaste frange di<br />
quella borghesia illuminata e benestante, i<br />
cui figli una volta sceglievano di maturare<br />
all’interno delle contestazioni al sistema,<br />
adesso si definiscono moderati e si allineano<br />
sul solco tracciato dal papà. In ultima<br />
analisi Carlo sembra avere avuto ragione,<br />
scegliendo di ripiegare nel proprio privato,<br />
di fare la propria vita, adesso in India, magari<br />
di ottenere dalle istituzioni qualche finanziamento<br />
per parlare delle sue esperienze<br />
e di lasciare a chi ne ha voglia<br />
l’arduo sentiero della rivoluzione.<br />
Ma Peppino è sempre là, dove la crisi<br />
mette in discussione persino la sopravvivenza<br />
di ogni singolo uomo, dove le grandi<br />
ingiustizie sociali lascino che ci sia “cu<br />
mancia e cu talia”, dove le contraddizioni<br />
possono esplodere in ogni momento e portare<br />
a un mutamento collettivo perché,<br />
come ha detto qualcuno, “non si può essere<br />
felici sapendo che c’è al mondo qualcuno<br />
che soffre”.<br />
La “Comune” di Villa Fassini<br />
La palazzina, già residenza degli armatori<br />
Florio, nella sua struttura in mezzo al<br />
verde rappresenta un gioiello d’architettura<br />
tardo ottocentesca, opera di Ernesto Basile,<br />
o comunque della sua scuola. Nel ’69<br />
diventa la prima “Comune” d’Italia e un<br />
punto di riferimento quasi mitico per le<br />
varie fasce del movimento hippye europeo<br />
e per tutti coloro che avevano vissuto una<br />
serie di esperienze post-sessantottesche e<br />
di tematiche espresse in Italia dalla rivista<br />
Re Nudo.<br />
Animatore della “Comune” è Carlo Silvestri,<br />
collaboratore di quella rivista e di<br />
altri settimanali nazionali. Sino al ’72 il<br />
posto conserva la sua struttura di Comune,<br />
da quella data in poi, pur continuando ad<br />
essere punto di ritrovo e di passaggio per<br />
molti <strong>giovani</strong> in cerca di nuove forme di<br />
vita e di socializzazione, diventa quasi un<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 68<br />
fatto personale di Carlo Silvestri, che ne<br />
assume interamente la gestione.<br />
Il posto aveva problemi di ricezione, di<br />
sussistenza economica e di controllo interno<br />
tra tante persone di provenienza eterogenea.<br />
A frequentarlo erano anche personaggi<br />
noti del mondo dello spettacolo,<br />
come la Premiata Forneria Marconi, Paola<br />
Pitagora, la cantante Giovanna, l’attrice<br />
Teresa Ann Savoy, Pino Masi ecc.<br />
Regole indispensabili non “fumare”,<br />
non bucarsi, non consumare carne, per il<br />
resto c’era massima libertà e tolleranza,<br />
anche nel praticare il nudismo.<br />
Il rapporto della Comune con l’ambiente<br />
in principio fu traumatico: in paese, a Terrasini,<br />
si guardavano con meraviglia, con<br />
ironia, talora con scandalo gli strani tipi<br />
che passeggiavano vestiti con fogge strane,<br />
lunghi capelli, orecchini, campanellini<br />
alle caviglie: circolavano tutte le dicerie<br />
possibili, tipiche di un paese bigotto, ma a<br />
poco a poco ci si abituò a queste presenze<br />
e parecchi <strong>giovani</strong> del luogo cominciarono<br />
a fare “un salto” alla Comune, forse anche<br />
attratti dall’idea di qualche possibile o facile<br />
esperienza sessuale.<br />
Migliore, senza dubbio, il rapporto con i<br />
contadini della zona, che accettavano volentieri<br />
l’aiuto nei periodi di raccolta e trasporto<br />
degli ortaggi.<br />
La prima Comune aveva alcune sue tipiche<br />
forme di sopravvivenza nella lavorazione<br />
di stoffe e di prodotti artigianali e<br />
cercava anche un rapporto all’esterno attraverso<br />
l’organizzazione di spettacoli e di<br />
recitals; successivamente il posto rimase<br />
solo un luogo di villeggiatura. L’incontro<br />
con Radio Aut, cioè la partecipazione di<br />
questa gente con l’unica emittente democratica<br />
e di movimento della zona, fu quasi<br />
spontaneo, a seguito di alcuni contatti<br />
avuti a “Musica e Cultura”, ma non fu<br />
esente da contraddizioni: da una parte<br />
Peppino e pochi militanti che della politica<br />
rivoluzionaria avevano fatto una scelta di<br />
vita, dall’altra i “creativi” del ’77, per i<br />
quali contava solo esprimere i propri bisogni,<br />
i propri problemi, la propria oscura ribellione<br />
ai pregiudizi e alla repressione di<br />
qualsiasi espressione autenticamente liberatoria.
www.isiciliani.it<br />
“Una lettera<br />
che non fu<br />
pubblicata”<br />
Nella gestione degli spazi di trasmissione<br />
diventava indispensabile crearsi il problema<br />
di chi “stava a sentire” e cresceva<br />
l’antitesi tra la volontà di creare gratuitamente<br />
lo scandalo e la denuncia aperta e la<br />
necessità di mediare alcune posizioni per<br />
non rischiare l’isolamento.<br />
La rottura si verificò nell’agosto del ’77,<br />
allorché Carlo Silvestri lanciò la proposta<br />
del “nudo a chiappe selvagge” dai microfoni<br />
di Radio Aut e trasmise la notizia<br />
dell’iniziativa all’Europeo, a Panorama e a<br />
Lotta Continua: si trattava di un invito a<br />
fare il bagno nudi, in tutta Italia, il 15 agosto<br />
e di creare un caso nazionale: nel proporre<br />
l’iniziativa Carlo Silvestri non badò<br />
a concordare la proposta con la redazione<br />
della radio che, a seguito di un acceso dibattito,<br />
rifiutò di essere coinvolta, sentendosi<br />
strumentalizzata.<br />
Quel giorno, mentre alcuni scesero al<br />
“molo” a fare il bagno nudi, Peppino ed<br />
altri rimasero alla radio a scrivere a Lotta<br />
Continua una lettera che il giornale non<br />
pubblicò.<br />
Lettera (non pubblicata) a LC<br />
Cari compagni,<br />
abbiamo letto su L.C. di mercoledì 12<br />
ottobre (p. 11) un annuncio col quale una<br />
fantomatica comune, che tra l’altro si definisce<br />
“la più vecchia d’Italia” indice tre<br />
giorni di amore e di lotta contro le mire<br />
speculative della mafia locale che, a quanto<br />
pare, avrebbe l’intenzione di togliere la<br />
“casa” a Carlo Silvestro, che della comune<br />
in questione è titolare, general manager ed<br />
unico componente. Ma procediamo con<br />
ordine. È dal 1969 che il Silvestro, con notevole<br />
strombazzo pubblicitario, lascia intendere<br />
a mezza Europa che, a Villa Fassini<br />
risiede una comune di cui l’ambiente locale<br />
non ha avuto neppur sentore. In realtà<br />
Villa Fassini ha funzionato sempre come<br />
un vero e proprio ostello, se non luogo di<br />
villeggiatura, per Carlo Silvestro e i suoi<br />
amici che, rispetto al mondo esterno “indigeno””,<br />
si sono posti, fatte le dovute eccezioni,<br />
in termini di rifiuto o tutt’al più di<br />
tentativi sporadici di colonizzazione sottoculturale.<br />
Mai uno sforzo è stato fatto da parte loro<br />
per collegarsi con le realtà politiche e culturali<br />
presenti in zona. Ma c’è molto di<br />
più. In luglio, dopo aver ricevuto un invito<br />
a sfrattare entro l’anno, il Silvestro ha cercato<br />
e trovato, dopo averli snobbati per<br />
otto anni, contatti con i compagni di Lotta<br />
Continua, del Circolo Musica e Cultura e<br />
di Radio Aut: chiedeva appoggio per “salvare<br />
la casa” (parole sue testuali).<br />
Le proposte dei compagni sono state<br />
chiare e precise: una campagna di stampa<br />
per denunciare la mafia e i suoi rapporti<br />
con il territorio (si stava allestendo proprio<br />
in quel periodo una mostra fotografica<br />
sull’argomento) e un raduno musicale, da<br />
tenere entro ferragosto a Villa Fassini, propagandato<br />
su scala nazionale e aperto a<br />
tutte le istanze politiche e culturali presenti<br />
nella zona.<br />
La risposta del Silvestro è stata laconica:<br />
“in verità io punto ad una congrua buonuscita;<br />
se non mi si daranno i venti milioni<br />
che intendo richiedere allora faremo la<br />
battaglia”. In realtà Carlo Silvestro non<br />
aveva, come non ha, alcuna intenzione di<br />
promuovere o di accettare proposte di battaglie<br />
politiche di qualsiasi genere: sarebbe<br />
ben strano da parte sua dopo otto anni<br />
di insignificante presenza a Terrasini.<br />
Egli puntava essenzialmente a due cose:<br />
1) aumentare il suo peso contrattuale in<br />
funzione della “congrua buonuscita”, visto<br />
che i compagni le battaglie contro la mafia<br />
le hanno fatte sul serio da lungo tempo;<br />
2) penetrare all’interno del gruppo di<br />
compagni presenti localmente e a Radio<br />
Aut per portarne alle estreme conseguenze<br />
il processo di disgregazione e per tentare,<br />
successivamente, di riagganciarne una parte<br />
su un suo progetto di rivista (“Amore”)<br />
che, a quanto ci è sembrato di capire, altro<br />
non vuole essere che un pastone qualunquistico<br />
che, dietro il paravento della “politica<br />
del corpo” e del “recupero dell’erotismo”,<br />
avrà un’impostazione a metà strada<br />
tra il pornografico e la cronaca mondana<br />
(d’altra parte il Silvestro ha un suo “rispettabilissimo”<br />
passato di porno fotografo).<br />
E lo abbiamo visto all’opera a Radio<br />
Aut: dopo quindici giorni di sua presenza,<br />
l’incredibile provocazione dell’appello al<br />
nudo: L.C. del 10 agosto pubblicava una<br />
lettera del Silvestro e di due suoi collaboratori<br />
nella quale era contenuto un appello<br />
a spogliarsi nudi alle dodici in punto del<br />
15 agosto. Due giorni dopo lo stesso Silvestro,<br />
senza neppure consultare i compagni,<br />
lanciava lo stesso appello dai microfoni<br />
di Radio Aut spacciandolo per una iniziativa<br />
di Lotta Continua e invitando alla<br />
“trasgressione a chiappe selvagge” da mettere<br />
in atto a Sant’Agata di Militello in occasione<br />
di “un raduno di L.C. dove tutti si<br />
sarebbero spogliati” (si trattava invero di<br />
una festa di D.P.). Sulla cosa, su sollecitazione<br />
dello stesso Silvestro, veniva imbastita<br />
una campagna di stampa tra lo scandalistico<br />
e il sensazionale.<br />
Repubblica, La Stampa, Il Giorno,<br />
L’Europeo, si scatenavano nella narrazione<br />
delle varie fasi della “rivolta a chiappe<br />
selvagge” e della “trasgressione di massa”.<br />
Radio Aut, come Radio Popolare di Milano,<br />
veniva presentata come promotrice<br />
dell’iniziativa e: “due redattori di Radio<br />
Aut si sono spogliati, esattamente alle dodici,<br />
sul molo di Terrasini” (L’Europeo, n.<br />
34, pagg. 18-19). Tutto falso. Solo in poche<br />
decine si sono spogliati. Nessun redattore<br />
di Radio Aut ha “trasgredito”. Ma tutto<br />
questo è sicuramente servito al Silvestro<br />
per farsi un po’ di pubblicità e per lanciare<br />
l’idea della rivista “Amore”.<br />
Così come è bastato ai compagni di Lotta<br />
Continua, del Circolo Musica e Cultura<br />
e di Radio Aut per rompere definitivamente<br />
i ponti con Carlo Silvestro e Villa Fassini<br />
(sono la stessa cosa), data la sua latitanza<br />
quasi decennale e la sua fuga opportunistica<br />
dallo scontro politico con la mafia<br />
locale, contro cui i compagni hanno concentrato,<br />
da anni e pagando di persona, il<br />
loro intervento politico a partire dalle reali<br />
esigenze e dai bisogni dei disoccupati, dei<br />
proletari e dei non garantiti della zona.<br />
Ed è a partire da tutto questo che hanno<br />
deciso di prendere le distanze dalle iniziative<br />
di Carlo Silvestro, in quanto completamente<br />
estranee a qualsiasi esigenza politica,<br />
culturale e di liberazione. Saluti Comunisti.<br />
I Compagni di L.C., Radio Aut, Circolo<br />
Musica e Cultura di Cinisi e Terrasini<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 69
www.isiciliani.it<br />
Memoria<br />
L'isola<br />
di Danilo Dolci<br />
Conosceva pastori, pescatori,<br />
braccianti dei<br />
più sperduti paesi.<br />
Non li consolava con<br />
belle parole, ma li aiutava<br />
a guardare dentro<br />
la vita che era loro imposta.<br />
E, anche, dentro<br />
se stessi<br />
di Giancarla Codrignani<br />
Il 28 giugno avrebbe compiuto novant'anni:<br />
uno come lui ci farebbe ancora<br />
comodo. Perché era uno che credeva<br />
che la conoscenza fosse il principale<br />
mezzo di cambiamento delle società. E<br />
Dio solo sa quanto poco e quanto male<br />
siamo cambiati in questi anni pur definiti<br />
"età della conoscenza".<br />
A tutti la vita di Danilo dovrebbe sembrare<br />
quella di un uomo con una marcia in<br />
più, ma normale: dotato di buona cultura,<br />
desideroso di cambiare il mondo (c'era<br />
stata l'esperienza di Nomadelfia), arrivato<br />
in Sicilia per ricerche archeologiche,<br />
"vede" (forse i guai iniziano proprio dal<br />
fatto che non sappiamo davvero "vedere")<br />
la situazione di degrado che lo circonda e<br />
se ne sente responsabile. Quindi resta e si<br />
impegna per una cosa 'romantica' che si<br />
chiama il "riscatto" degli esclusi. Solo che<br />
lui fa sul serio e si dedica a tre obiettivi:<br />
fare conoscenza; fare denuncia; fare rivoluzione<br />
(che è cosa serissima e nonviolenta).<br />
Le sue indagini sul campo (Racconti siciliani,<br />
1952/60, Banditi a Partinico, 1955<br />
e Inchiesta a Palermo 1956) sono testi di<br />
storia italiana. Per capire il nostro tempo i<br />
<strong>giovani</strong> e i meno <strong>giovani</strong> smemorati, se<br />
vogliono rifare il punto sulle trasformazioni,<br />
formali e non formali, dell'Italia repubblicana,<br />
possono utilmente partire dalla<br />
Sicilia degli anni Cinquanta e Sessanta,<br />
alla scoperta delle radici del continuo<br />
scorrere sotterraneo e pieno di diramazioni<br />
di quella linfa carsica e piena di vita,<br />
ma anche di tossico, di cui tutti gli italiani<br />
sono portatori.<br />
Dolci registra le piaghe dell'analfabetismo,<br />
delle diverse forme di sfruttamento e<br />
di conseguente passività, della rassegnazione<br />
disposta all'obbedienza ai potenti di<br />
chi non ha lavoro e della corruzione di chi<br />
vuol comandare. Piaghe endemiche, interiorizzate,<br />
persistenti anche nel graduale<br />
benessere che via via avanza: le denunce<br />
di Dolci davano fastidio ai governanti del<br />
tempo che lo perseguitarono. Oggi quelli<br />
attuali possono celebrarlo senza problemi<br />
(ma è interessante constatare che non lo<br />
fanno): se la gente passa le domeniche nei<br />
centri commerciali, i diritti di cittadinanza<br />
nel segno della dignità comune possono<br />
restare ignorati.<br />
Eppure è anche la rimozione di certi autori<br />
del passato che impedisce di prendere<br />
atto che i problemi "sociali" vanno ancor<br />
oggi condotti a soluzioni funzionali al<br />
bene "sociale". Invece vengono prima le<br />
ragioni del mercato e quindi degli interessi,<br />
e quindi della corruzione.<br />
Ed è per questo che oggi un'inchiesta<br />
sulla mafia Dolci la farebbe a Milano, non<br />
a Palermo; a Modena e non a Partinico.<br />
Negli anni Cinquanta del secolo scorso<br />
stava per realizzarsi il boom economico:<br />
ne derivarono i "carrozzoni" e le metaforiche<br />
Casse del Mezzogiorno. E' ingenuo<br />
dirlo, ma era possibile che i sacrifici che<br />
la gente allora sosteneva per uscire dalla<br />
miseria, insegnassero quel senso dello stato<br />
di cui gli italiani non riescono mai a<br />
farsi responsabili.<br />
Dire pubblicamente come stanno le cose<br />
Come cittadino scomodo, Dolci diceva<br />
pubblicamente come stavano le cose, perché<br />
ciascuno si assumesse la sua parte di<br />
responsabilità, a partire dal basso.<br />
Diceva le cose che non si volevano vedere:<br />
bambini "affittati" per fare i pastori<br />
o per imparare il borseggio; ragazzi sfruttati<br />
che "non so se ho 17 o 19 anni... a<br />
scuola mai ci sono andato", "sono analfabeto";<br />
altri finiti ignari in galera ("gli sbirri<br />
ci portarono tutti in prigione"); contadini<br />
arrestati "per due mazzi d'erba", malati<br />
a cui "per qualunque malattia servono le<br />
mignatte"; crolli di case per frane prevedibili<br />
perché "quando c'è vento le case si<br />
muovono" e, dentro, "essendo il tetto quasi<br />
sfondato, quando piove devono mettere<br />
sui letti le bacinelle".<br />
In Sicilia Dolci "conosceva" pastori, pescatori,<br />
braccianti, mezzadri, campieri e<br />
tanta gente che, quando uno veniva ucciso<br />
per strada, "sparato", ed era conosciuto<br />
come un violento appartenente ad una "famiglia",<br />
diceva "bono fecero" e taceva.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 70
www.isiciliani.it<br />
Quando i cittadini andavano a votare<br />
"non capiscono ciò che significa un partito"<br />
perché vedevano morire i sindacalisti<br />
e i politici di sinistra, i soli che gli insegnavano<br />
il senso dei loro diritti. "I delinquenti<br />
- dicevano - sono protetti dal governo".<br />
Nel 1954 Dolci denuncia il "disavanzo<br />
del Comune di Palermo", il fatto<br />
che "il 50 % dell'acqua immessa nella rete<br />
va dispersa", che "le condizioni abitative<br />
nei quartieri della vecchia Palermo",<br />
come nei bassi di Napoli, "è spaventosa":<br />
noi oggi leggiamo con qualche perplessità<br />
sulla data.<br />
C'erano, non lo si deve dimenticare,<br />
quelli come Placido Rizzotto, che "cercava<br />
l'interesse della gente" e si era messo<br />
contro i mafiosi: "ci rubavano l'olio ai<br />
contadini… e tra gli esercenti c'è sempre<br />
la mafia".<br />
Quanto alle terre incolte da dare ai contadini<br />
"queste terre le avevano tutte i mafiosi<br />
nelle mani". C'era il razionamento:<br />
"anche i magazzini li avevano i mafiosi<br />
nelle mani e intrallazzavano con il zucchero,<br />
intrallazzavano con la farina, intrallazzavano<br />
con la pasta, e oltre a questi<br />
intrallazzi erano riusciti a mettere un sovrapprezzo<br />
a questi generi mediante<br />
l'accordo con un assessore comunale".<br />
L'amico di Placido che racconta a Dolci<br />
queste cose conservando l'anonimo, certamente<br />
"un compagno", conclude tragicamente:<br />
"per questo l'ammazzarono". E<br />
confessa che, se vuol lavorare e sopravvivere,<br />
"devo uniformarmi all'ambiente".<br />
Un ambiente che descrive così: "gente<br />
che ammazza e poi porta la Madonna in<br />
processione… I ricchi, la Chiesa hanno<br />
paura che le cose possano cambiare in<br />
loro danno, ma i poveri sono enormemente<br />
sfiduciati. Per i ricchi il mondo è quello<br />
che è, adoperano tutti i mezzi per tenerlo<br />
nello stesso stato in cui si trova. E il Municipio,<br />
di sinistra, non li manda via perché<br />
uno dice 'qui comanda la scopetta e<br />
io mi devo far ammazzare?'… i braccianti,<br />
i contadini ci credevano che le cose potessero<br />
cambiare, oggi non più…. La Camera<br />
del lavoro si è rifatta più forte di prima<br />
che ci fosse Placido, molto più forte.<br />
Ma come fruttò? non abbiamo ottenuto<br />
niente, la gente si è sgretolata…".<br />
Non è fatalismo meridionale: capita tuttora<br />
in tutti i paesi poveri che subiscono<br />
l'urto della crisi. E' un dato umano su cui<br />
contano i poteri forti. Danilo Dolci insegnava<br />
- e dimostrava - che non è fatalità.<br />
A Trappeto, dove visse, l'idea del riscatto<br />
sociale si fece realtà mediante la<br />
creazione (che gli riuscì di realizzare con<br />
l'aiuto degli amici solidali) di strutture e<br />
programmi: assistenza, in primo luogo sanitaria,<br />
scuola e asili per i bimbi, università<br />
popolare e biblioteca, interventi per il<br />
diritto al lavoro. Il 2 febbraio 1956 fu arrestato<br />
alla testa di un gruppo di lavoratori<br />
che autonomamente riassestavano una<br />
trazzera, una strada abbandonata: una provocazione<br />
che, arrivata alla stampa, fu<br />
chiamata "sciopero alla rovescia". A tutti i<br />
manifestanti fu negata la libertà provvisoria<br />
per "occupazione di suolo pubblico e<br />
resistenza alla forza pubblica”.<br />
Diritto dei cittadini, dovere dello Stato<br />
Dolci, una volta scarcerato (ma condannato,<br />
non assolto, nonostante le reazioni<br />
in tutta Italia) scrisse Processo all'art.4<br />
della Costituzione, quello che rende il lavoro<br />
non solo un diritto dei cittadini, ma<br />
anche un dovere dello Stato.<br />
Se il territorio di Partinico non cambierà<br />
- diceva Danilo - e i motopescherecci<br />
pescheranno ancora fuori legge, i poveri<br />
non avranno assistenza o i ragazzi scuola<br />
e se continueranno le "ammazzatine",<br />
questo processo almeno impedirà che si<br />
possa dire "non sapevamo". Quanto a lui,<br />
"meglio in galera con le vittime che liberi<br />
se privilegiati". Uno così ha incrociato altre<br />
volte la "giustizia", da ultimo quando<br />
denunciò, insieme con il giornalista Franco<br />
Alasia e con ampiezza di documentazione<br />
(cfr. Spreco, 1960 e Chi gioca solo<br />
1966) l'incrocio mafia/politica di esponenti<br />
importanti della vita politica siciliana<br />
e nazionale, tra cui i democristiani on.<br />
Calogero Volpe e il ministro Bernardo<br />
Mattarella democristiani, che querelarono.<br />
Fu un processo-scandalo: durò sette anni e<br />
finì con una condanna non scontata in carcere<br />
per amnistia.<br />
Anche in questo caso valeva la testimonianza<br />
pubblica: non si poteva dire che<br />
non si sapeva che cosa fosse la mafia.<br />
“Subire e tacere è peggio del ricatto”<br />
Ai tempi di Trappeto e del "Borgo di<br />
Dio" non si parlava comunemente di "mafia",<br />
si usava il più anodino "banditismo".<br />
Ma Dolci denuncia fin dagli anni Cinquanta<br />
che in quel paese di 3.000 anime,<br />
in cinque anni un mugnaio era stato sequestrato<br />
tre settimane "per 20 milioni", si<br />
era verificata una ventina di estorsioni<br />
forti, oltre ad una cinquantina per cifre inferiori<br />
al milione.<br />
Nessun dubbio, dunque, sulla qualità<br />
della presenza criminale. Ma "subire e tacere"<br />
è peggio del ricatto. Dolci non si<br />
stancò , come è noto, di denunciare e fare<br />
digiuni di protesta: altrimenti "mi vergognerei<br />
di sopravvivere".<br />
Noi non ci vergogniamo abbastanza.<br />
Ma non noi di Palermo o di Partinico,<br />
bensì noi di Milano, di Modena. Di Roma.<br />
Eppure viviamo nell' "età della conoscenza".<br />
“C'è chi insegna / guidando gli altri<br />
come cavalli / passo per passo: / forse c'è<br />
chi si sente soddisfatto / così guidato. /<br />
C'è chi insegna lodando / quanto trova di<br />
buono e divertente: / c'è pure chi si sente<br />
soddisfatto se si sente incoraggiato. / C'è<br />
pure chi educa senza nascondere / l'assurdo<br />
che è nel mondo, aperto ad ogni / sviluppo,<br />
ma cercando / d'essere franco<br />
all'altro come a sé, / sognando gli altri<br />
come ora non sono: / ciascuno cresce solo<br />
se sognato”<br />
(Poema umano, Einaudi, 1974)<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 71
www.isiciliani.it<br />
Chiesa<br />
Un decreto<br />
contro la mafia<br />
Ma c'è chi fa finta di<br />
non sentire...<br />
di Salvo Ognibene<br />
www.diecieventicinque.it<br />
«Non possono essere accolti coloro<br />
che si sono resi colpevoli di reati<br />
disonorevoli o che con il loro<br />
comportamento provocano scandalo;<br />
coloro che appartengono ad<br />
associazioni di stampo mafioso o ad<br />
associazioni più o meno segrete<br />
contrarie ai valori evangelici ed hanno<br />
avuto sentenza di condanna per delitti<br />
non colposi passata in giudicato».<br />
Il decreto dell’arcivescovo di Monreale,<br />
mons. Michele Pennisi, rappresenta un<br />
vero e netto spartiacque nel rapporto tra<br />
mafia e Chiesa.<br />
E' il primo documento che ha la forza<br />
per intervenire, veramente, sia in modo<br />
formale ma soprattutto in modo<br />
sostanziale, a bloccare quel processo di<br />
“cattolicizzazione dei mafiosi”.<br />
Aveva fatto scalpore, lo scorso anno, il<br />
decreto del vescovo di Acireale, mons.<br />
Antonino Raspanti, che vietava le<br />
pubbliche esequie ai soggetti condannati<br />
per mafia. Un documento rivoluzionario<br />
sul tema, che agisce post mortem, sempre<br />
che prima non si fosse verificato un<br />
pentimento (e quindi un ravvedimento)<br />
durante la vita degli stessi. Il decreto<br />
emanato da Pennisi, rompe, senza alcuno<br />
indugio, il rapporto tra mafia, Chiesa e<br />
quei “fedeli” che grazie alle confraternite<br />
riescono ad accaparrarsi quella<br />
legittimazione sociali derivante dalla<br />
presenza alle feste religiose.<br />
Del resto, ed è bene ricordarlo, questo<br />
decreto è stato reso necessario dopo i fatti<br />
che hanno coinvolto la Confraternita delle<br />
Anime Sante di piazza Ingastone, a<br />
Palermo, e l’arresto del suo superiore,<br />
Stefano Comandè. Pregiudicato per droga<br />
e boss di “cosa nostra”, è stato arrestato il<br />
19 aprile scorso, nel bel mezzo dei riti<br />
pasquali.<br />
Poche ore prima dell'arresto...<br />
Proprio poche ore prima dell’arresto,<br />
durante la solenne funzione religiosa del<br />
Venerdì Santo, Comandè portava in<br />
processione le statue del Cristo morto e di<br />
Maria addolorata. E ancora qualche<br />
giorno prima, accompagnava con il<br />
gonfalone della sua confraternita, il<br />
defunto boss Giuseppe Di Giacomo,<br />
freddato mentre stava rientrando verso<br />
casa. Un funerale di “mafia”, con gli<br />
onori del caso e nuovi e vecchi padrini<br />
dietro al feretro.<br />
In seguito a questi fatti e al successivo<br />
silenzio di Paolo Romeo, cardinale di Palermo<br />
(silenzio che dopo due settimane<br />
dall’arresto di Comandè comportava che<br />
questi manteneva ancora il posto di superiore<br />
della Confraternita delle Anime Sante),<br />
interveniva proprio Pennisi che durante<br />
un convegno a Monreale sull’importanza<br />
delle stesse confraternita in relazione al<br />
territorio asseriva: «Tutti coloro che appartengono<br />
ad associazioni di stampo mafioso<br />
o ad associazioni più o meno segrete<br />
contrarie ai valori evangelici non possono<br />
Chiesa<br />
La Madonna non s'inchina<br />
dinanzi alla mafia<br />
di don Ezio Coco<br />
parroco di S.Cristoforo alle Sciare, Catania<br />
Abbiamo tutti partecipato allo scandalo mediatico dell’inchino<br />
della statua della “Madonna delle grazie” dinanzi alla casa del<br />
boss Peppe Mazzagatti, durante la processione a Oppido Mamertina<br />
in Calabria.<br />
È un gesto paradossale perchè comprendiamo come strida questo<br />
segno “religioso” con il messaggio rivoluzionario del Vangelo<br />
che invece proclama, in maniera incontrovertibile, la liberazione<br />
dei poveri e degli oppressi. Sembrerebbe quasi che si sia “costretta”<br />
la Madonna a compiere questo gesto, ma tutto ciò ci fa sorridere,<br />
anzi ridere, uno scherzo beffardo, pensando all’immagine di<br />
quella giovane vergine che dice incondizionatamente “sì” alla volontà<br />
di Dio per compiere il Suo progetto di liberazione a favore<br />
del Suo popolo.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 72<br />
Nonostante il mio modesto parere possa sembrare di parte per il<br />
ruolo che ricopro, ritengo che in queste occasioni si additi con faciloneria<br />
la Chiesa come unica responsabile, dimenticando però,<br />
che queste processioni popolari di statue e di fercoli, sono completamente<br />
gestite da gente che durante i percorsi cittadini si “appropriano”,<br />
nel vero senso della parola, di queste effigi di culto.<br />
Un percorso che potrebbe aiutarci a comprendere con verità le<br />
posizioni della Chiesa in merito, sarebbe quello di rileggere alcuni<br />
ultimi eventi della storia della chiesa, partendo dall’omelia di<br />
Giovanni Paolo II il 9/5/93 ad Agrigento “convertitevi! Un giorno<br />
verrà il giudizio di Dio!”, all’Angelus del 26/5/13 di Papa Francesco,<br />
alla scomunica pronunciata da Papa Francesco il 21/6/14<br />
“La ’ndrangheta è questo, adorazione del male e disprezzo del<br />
bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna<br />
dirgli di no! Coloro che nella loro vita seguono questa strada<br />
di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio:<br />
sono scomunicati!”; a livello locale, il presidente dei vescovi<br />
calabresi, “Bisogna fermare le processioni!”.<br />
Tutto questo per indicare una direzione, un movimento, un desiderio<br />
a cui la Chiesa stessa tende. Ci affidiamo in modo speciale<br />
alla Vergine Maria, che non si inchina ai mafiosi, ma al contrario,<br />
ci sostiene nella lotta contro questo cancro sociale che tanto affligge<br />
e causa morte.
www.isiciliani.it<br />
“Applicando,<br />
semplicemente,<br />
il Vangelo”<br />
Don Giuseppe Diana,<br />
Don Pino Puglisi.<br />
far parte di associazioni religiose, confraternite,<br />
comitati festa o consigli<br />
pastorali». Due giorni dopo Pennisi firmava<br />
il decreto in oggetto e subito dopo<br />
la Curia palermitana lasciava decadere<br />
Comandè dal suo ruolo di superiore della<br />
Confraternita che veniva sospesa a tempo<br />
indeterminato e affidata ad un commissario<br />
visitatore.<br />
Una situazione paradossale ma sicuramente<br />
non è la prima volta che vi sono<br />
delle commistioni di questo genere.<br />
Il caso del boss D'Ambrogio<br />
Per fare alcuni esempi in terra di Sicilia<br />
si potrebbe citare il caso, avvenuto<br />
nell’estate del 2012, del boss Alessandro<br />
D’Ambrogio che con tanto di pettorina,<br />
utile per distinguere i confrati dalla massa,<br />
sfilava dietro la vara della Madonna<br />
del Carmelo nel quartiere di Ballarò, a Palermo.<br />
Una festa religiosa che a Palermo,<br />
é seconda solo a quella della “Santuzza”,<br />
di Santa Rosalia.<br />
In questi due anni, D’Ambrogio, 40<br />
anni e una condanna definitiva per associazione<br />
mafiosa, è tornato in carcere nel<br />
corso dell’operazione Alexander e proprio<br />
pochi giorni fa, mentre lui si ritrovava rinchiuso<br />
nella sezione 41 bis a Novara, la<br />
“Madonna” si è inchinata davanti al covo<br />
del boss, l’ agenzia di pompe funebri della<br />
sua famiglia.<br />
Ma se Comandè è stato rimosso dal suo<br />
ruolo di superiore ad Alessandro<br />
D’Ambrogio, «nessuno l’ha ancora sospeso<br />
dalla confraternita di Ballarò. Anche il<br />
suo vice, Tonino Seranella, è un devoto<br />
speciale della processione di fine luglio,<br />
pure lui due anni fa spingeva la vara per<br />
le strade del popolare mercato palermitano».<br />
Sarebbe auspicabile un maggiore controllo<br />
sui soggetti facenti parte della Confraternita,<br />
anche richiedendo il certificato<br />
penale, se necessario. A differenza di<br />
quanto pensa monsignor Barbaro Scionti,<br />
parroco della basilica cattedrale di Catania,<br />
che così rispondeva in merito alle infiltrazioni<br />
mafiose nel circolo di<br />
Sant’Agata: «Non siamo qui per cacciare<br />
la persone, non possiamo chiedere il certificato<br />
penale a chiunque chieda di entrare<br />
in un’associazione religiosa. La Chiesa<br />
non può imporre questi limiti, ma siamo<br />
chiamati a pronunciarci affinché i suoi<br />
membri siano dei buoni cittadini,<br />
rinnovando le coscienze e fissando delle<br />
regole che ci impegneremo a far<br />
rispettare».<br />
Quello delle infiltrazioni mafiose nelle<br />
Confraternite e la loro strumentalizzazione<br />
per fini diversi da quello del culto cattolico,<br />
non rappresenta però, l’unico fronte<br />
da arginare. Anzi, il problema é molto<br />
più complesso. Il decreto di Pennisi, così<br />
come quello di Raspanti citato all’inizio,<br />
rappresenta l’elemento quasi ultimo per<br />
porre fuori, definitivamente e veramente, i<br />
mafiosi dalla Chiesa.<br />
Incompatibilità religiosa ed etica<br />
Sicuramente può svolgere una funzione<br />
eterrente per giungere al provvedimento<br />
più naturale che la Chiesa nazionale<br />
dovrebbe adottare e su cui ha perso tempo<br />
prezioso: la scomunica. Certo, le parole di<br />
Papa Francesco, forti e precise, non<br />
lasciano dubbi sull’incompatibilità<br />
religiosa ed etica tra la mafia e la Chiesa.<br />
Rimangono parole però a cui nessuna<br />
diocesi, nessun parroco è tenuto a sottostare,<br />
così come accaduto in tutti questi<br />
anni. È arrivato il momento di trasformare<br />
le parole in azioni affinché non accadano<br />
più fatti come quelli avvenuti recentemente<br />
in Calabria, e che per fortuna sono<br />
stati oggetto dell’attenzione dei media nazionali.<br />
Mi riferisco a Oppido Marmetina,<br />
San Procopio e Vibo Valentia.<br />
Escluderli una volta per tutte<br />
Urge, sempre più, un provvedimento<br />
che escluda, una volte e per tutte, i mafiosi<br />
dalla Chiesa. Provvedimento, che dia<br />
attuazione ai buoni intenti di Francesco e<br />
della sua Chiesa e che spieghi come cambiare<br />
l’ordinamento canonico ed ecclesiastico<br />
per evitare l’accesso dei mafiosi alla<br />
comunità ecclesiastica.<br />
Del resto, nel corso degli anni, la varie<br />
Conferenze Episcopali, nazionale e regionali,<br />
hanno prodotto dei buoni documenti<br />
per sancire l’incompatibilità tra la mafia e<br />
la Chiesa. Per questi motivi non c’è più<br />
tempo per aspettare. E ce lo conferma la<br />
beatificatio di Puglisi quale martire della<br />
Chiesa, ucciso in odio alla fede. Proprio<br />
lui, non appena giunto nella sua parrocchia<br />
a Brancaccio, non perse tempo a<br />
sciogliere la Confraternita di San Gaetano<br />
per infiltrazioni mafiose e a mettere fuori<br />
i boss dalla comunità della Chiesa. Chiesa<br />
che ha continuato ad accoglierli e Chiesa<br />
che può dimostrare al suo popolo di aver<br />
sbagliato, prima, e di seguire l’esempio<br />
del suo beato, ora.<br />
Applicando, semplicemente, il Vangelo.<br />
1<br />
S. Palazzolo, Mafia nelle confraternite, Romeo tace e<br />
Pennisi attacca: “Fuori i collusi dalla Chiesa”, palermo.repubblica.it/cronaca/2014/05/03/news/mafia_nelle_confraternite_il_vescovo_pennisi_all_attacco_fuori<br />
_i_collusi_dalla_chiesa-85096000/<br />
2<br />
S. Palazzolo, G. Ruta, La Madonna si inchina al covo<br />
del padrino, processione shock tra i vicoli di Ballarò,<br />
palermo.repubblica.it/cronaca/2014/07/29/news/la_ma<br />
donna_si_inchina_al_covo_del_padrino_processione_<br />
shock_tra_i_vicoli_di_ballar-92633490/?ref=HRER3-<br />
1#gallery-slider=90944559<br />
3<br />
A. Sessa, Sant’Agata, la festa religiosa che “dava la<br />
tessera” al boss Santapaola, www.linkiesta.it/santagata-catania-santapaola#ixzz2iXgn549N<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 73
www.isiciliani.it<br />
Pozzallo<br />
Le stragi<br />
e il Nostrum Mare<br />
Il muro che “difende”<br />
la Fortezza Europa. La<br />
drammatica testimonianza<br />
di Nello Lo Monaco,<br />
della locale Protezione<br />
Civile<br />
di Giuseppe Cugnata<br />
www.generazionezero.org<br />
Gli uomini in tuta bianca e con le mascherine<br />
sono vigili del fuoco. Armati di<br />
motosega, ricavano un varco nel ponte<br />
del peschereccio appena attraccato al<br />
molo. Dalla botola risalgono ad uno ad<br />
uno i cadaveri di quarantacinque uomini,<br />
morti per asfissia durante una delle<br />
tante tratte che dal Nordafrica portano<br />
alle coste siciliane.<br />
Siamo a Pozzallo, alla periferia meridionale<br />
della Sicilia, in quella località che<br />
per numero di sbarchi è seconda forse<br />
solo a Lampedusa e in cui, a ritmo costante,<br />
si consuma la tragedia delle morti in<br />
mare.”<br />
La sensazione che si prova all’inizio è<br />
lo sgomento, ma dopo due minuti si ritorna<br />
alla solita vita, come se nulla fosse”,<br />
dichiara Enzo De Benedittis, gestore della<br />
bottega solidale di Pozzallo, luogo di incontro<br />
per i <strong>giovani</strong> migranti e per gli abitanti<br />
del paese, e continua: “Noi in bottega<br />
ne parliamo molto tra di noi. Per quanto<br />
riguarda i nostri amici africani cala il<br />
silenzio.”<br />
I morti di Pozzallo non sono che la punta<br />
d’iceberg dell’immane tragedia delle<br />
morti in mare che puntualmente si compie<br />
durante l’arco della stagione estiva, quando<br />
il mare è più calmo e la densità degli<br />
sbarchi aumenta. E proprio in seguito ad<br />
un’altra tragedia – stavolta quella del 3 ottobre<br />
del 2013, quando morirono a largo<br />
di Lampedusa quasi quattrocento uomini<br />
– è stata attivata l’operazione “Mare Nostrum”<br />
da parte della Marina Militare italiana,<br />
che prevede la sostituzione del piano<br />
di soccorso della Guardia Costiera, con<br />
un programma di salvataggio in mare da<br />
parte delle navi militari.<br />
Per capire meglio come funziona il nuovo<br />
programma di salvataggio in mare e<br />
come operano, invece, i volontari sulla<br />
terraferma abbiamo intervistato il capo<br />
della Protezione Civile ragusana Nello Lo<br />
Monaco. Pochi giorni dopo l’ennesima –<br />
e non ultima – tragedia del mare.<br />
Il barcone dei migranti<br />
- A soccorrere il barcone con a bordo<br />
i cadaveri dei migranti è stata la “Grecale”,<br />
un’imbarcazione della Marina<br />
Militare: crede che uno dei motivi della<br />
strage possa essere stata una cattiva gestione<br />
dell’operazione di salvataggio?<br />
“Non ho alcun motivo per esprimermi<br />
in questo senso né positivamente né negativamente,<br />
a quanto so la tragedia si era<br />
già consumata quando i militari sono intervenuti”.<br />
L'operazione “Mare Nostrum”<br />
- Il 18 ottobre scorso è stata attivata<br />
l’operazione Mare Nostrum: cos’è cambiato<br />
realmente nella gestione del soccorso<br />
in mare dei migranti?<br />
“La nuova modalità di recupero dei migranti,<br />
che prima venivano intercettati e/o<br />
soccorsi in prossimità delle nostre coste<br />
mentre adesso vengono intercettati in<br />
mare, cambia il quadro delle operazioni e<br />
rende imperativa la predisposizione di un<br />
piano di emergenza per questo evento che<br />
è completamente differente dagli “spiaggiamenti”<br />
delle “carrette del mare”; mi risulta<br />
che la Prefettura abbia allo studio<br />
una revisione del Piano sbarchi del febbraio<br />
2010.<br />
Scheda<br />
EXODUS<br />
6 agosto (ANSA). A Pozzallo arrivati 948 tra uomini donne<br />
e minori. Ad Augusta altri 549. Nella notte a Palermo annuncianti<br />
altri 530 arrivi e ieri sera nel Trapanese un altro sbarco<br />
sulla spiaggia di Triscina...<br />
* * *<br />
Fra il 1988 al 2007 (ultimi dati relativamente certi) almeno<br />
8165 emigranti sono morti nel tentativo di attraversare il Mediterraneo;<br />
per metà di loro non è stato possibe nemmeno recuperare<br />
i corpi. Delle vittime, 2487 erano dirette in Sicilia, 885<br />
in Grecia, 4030 in Spagna.<br />
Dei 245531 emigranti che hanno cercato di sbarcare in Italia<br />
ne sono annegati in totale, secondo il Viminale, 6323.<br />
Il massimo delle vittime accertate, fra quelle che cercavano<br />
di raggiungere il nostro Paese, si è avuto nel 2011 (fughe di<br />
massa per cause di guerra da Tunisia e Libia), quando di 64261<br />
emigranti ne morirono in mare ben 2353.<br />
In Italia, come in molti altri Paesi europei, da tempo l’immigrazione<br />
d’emergenza è vietata per legge.<br />
Viene fra l'altro disattesa di fatto la disposizione costituzionale<br />
(art.10, comma tre) secondo cui “Lo straniero, al quale<br />
sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche<br />
garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto<br />
d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni<br />
stabilite dalla legge”.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 74
www.isiciliani.it<br />
“Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese<br />
l'effettivo esercizio delle libertà democratiche<br />
garantite dalla Costituzione italiana,<br />
ha diritto d'asilo<br />
nel territorio della Repubblica”<br />
Ma a mio avviso più che di revisione si<br />
dovrebbe trattare della redazione di un<br />
nuovo piano, nuovo in quanto si riferisce<br />
a un evento completamente differente; viceversa,<br />
sarebbe come fronteggiare un<br />
evento sismico con un piano di emergenza<br />
per il rischio idrogeologico.<br />
In ogni caso, la Prefettura non ha sinora<br />
ritenuto opportuno il coinvolgimento dei<br />
vari attori dell’emergenza, dimenticando<br />
che la protezione civile è un sistema,<br />
come più volte ribadito nella stessa<br />
legge”.<br />
Mancano mezzi e strutture<br />
- Nelle ore successive alla strage, il<br />
sindaco di Pozzallo, Luigi Ammatuna,<br />
denunciava la mancanza perfino delle<br />
celle frigorifere per i cadaveri dei migranti:<br />
qual è la la situazione reale di<br />
Pozzallo e come riesce la Protezione Civile<br />
a lavorare, nonostante la mancanza<br />
di mezzi e di strutture?<br />
“Non è possibile prevedere in maniera<br />
strutturale celle frigorifere in numero idoneo<br />
a contenere una tale quantità di cadaveri;<br />
la Protezione Civile della Regione<br />
Siciliana, che integra e coordina il “sistema”<br />
di p.c. presente sul territorio, è al momento<br />
carente di mezzi ma soprattutto il<br />
coordinamento è affidato a chi ha autorità<br />
e ritiene di restare da solo nella “stanza<br />
dei bottoni”.<br />
Anche in occasione dell’ultimo evento<br />
disastroso, è stato il Dipartimento Regionale<br />
a reperire, mediante il censimento in<br />
proprio possesso, la struttura della Ex<br />
Provincia e a renderla fruibile in tempi rapidi<br />
mediante l’allertamento dei propri<br />
funzionari.<br />
Il nostro Dipartimento è composto da<br />
varie professionalità, uomini addestrati<br />
alla gestione di varie emergenze, sia in<br />
fase di pianificazione che di prevenzione,<br />
ma questo sembra non essere un requisito<br />
preferenziale”.<br />
L'assenza delle istituzioni<br />
- La Protezione Civile di Ragusa lavora<br />
costantemente per gestire il soccorso<br />
dei migranti: venite sostenuti dalle istituzioni?<br />
“Il sostegno delle istituzioni manca del<br />
tutto per quanto attiene alla parte finanziaria,<br />
e spesso assistiamo sconcertati anche<br />
a richieste di materiali e mezzi, o prestazioni,<br />
con la pretesa che la protezione civile<br />
debba e possa provvedere a tutto, che<br />
si tratti di attrezzature o uomini disponibili<br />
a farsi carico di ogni cosa (anche il trasporto<br />
di rifiuti speciali); dimenticando<br />
che la nostra principale risorsa è data dai<br />
volontari, che dedicano il proprio tempo<br />
ed energia a colmare le inadempienze della<br />
macchina pubblica, ma che non possono<br />
comprensibilmente investire anche i<br />
propri soldi.<br />
Andrebbe tributato il massimo plauso e<br />
ringraziamento a queste persone che troppo<br />
spesso vengono invece bistrattate e<br />
considerate alla stregua della servitù in un<br />
palazzo nobiliare, un atteggiamento discutibile<br />
che mette in dubbio legittimamente<br />
la collaborazione del volontariato ad attività<br />
che andrebbero pianificate e organizzate<br />
in maniera strutturata.<br />
Come mai si impiegano i militari (Marina)<br />
nelle operazioni di mare, e al momento<br />
dello sbarco, a terra, non ci sono altri<br />
militari (Esercito) a fornire bus, tende,<br />
medici?<br />
E come mai troppo spesso le navi militari<br />
non attraccano al porto, rendendo le<br />
operazioni di sbarco dai tempi incerti e<br />
quadruplicati a causa dei trasbordi?”.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 75
www.isiciliani.it<br />
Ecomafie<br />
Torna la Summer School<br />
La scuola di lotta al crimine<br />
organizzato gestita<br />
dalla Facoltà di sociologia<br />
dell'Università<br />
di Milano: quest'anno<br />
si fa il punto sulle ecomafie<br />
Dopo la prima, la seconda e la terza edizione,<br />
torna la Summer School in Organized<br />
Crime. Quest’anno l’attenzione sarà<br />
dedicata al tema delle Ecomafie, attualissimo<br />
e pressante. Abbiamo chiesto al suo<br />
direttore, Nando dalla Chiesa, il perchè di<br />
questa scelta: “Ecomafie perché è la questione<br />
che sta esplodendo in tutti i modi:<br />
dall’uso e abuso del suolo all’inquinamento,<br />
dallo smaltimento dei rifiuti tossici<br />
(la terra dei fuochi…) alle agromafie,<br />
all’eolico… Insomma: ambiente, cibo, salute…mai<br />
così in profondità”. Questa<br />
quarta edizione, che si terrà presso la Facoltà<br />
di Scienze Politiche Economiche e<br />
Sociali dell’Università degli Studi di Milano<br />
dall’8 al 12 settembre, pone molti<br />
importanti interrogativi su cui vale la pena<br />
riflettere. Se volete informarvi sul programma,<br />
sui costi e sulle modalità di iscrizione,<br />
potete cliccare qui.<br />
http://www.stampoantimafioso.it/2014/07/<br />
19/ecomafie-torna-summer-school-inorganized-crime/#sthash.ZfxGmb0H.dpuf<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 76
www.isiciliani.it<br />
Pianeta<br />
Le banche<br />
contro Bitcoin<br />
La moneta senza banche<br />
Trend, tecnologia, applicazioni, mercati<br />
Tutto sul bitcoin, in tempo reale<br />
Un bancomat<br />
per bitcoin<br />
Unicredit chiude il conto<br />
bancario a Bitstamp.<br />
Novità sulla Bitlicense<br />
a New York<br />
di Fabio Vita<br />
www.bitcoinquotidiano.com<br />
Una delle cause della recente stagnazione<br />
di prezzo di bitcoin, attorno ai<br />
500 dollari, viene attribuita ai problemi<br />
bancari di Bitstamp; il principale exchange<br />
bitcoin in occidente per liquidità<br />
e volumi (quanti soldi ci stanno dentro<br />
e quanti ne vengono scambiati).<br />
Unicredit, nel dettaglio Unicredit banka<br />
Slovenija d.d., ha chiuso, sembra senza<br />
fornire spiegazioni l'account bancario di<br />
Bitstamp; compagnia slovena con sede<br />
nel Regno Unito, che utilizzava Unicredit<br />
come base europea per i bonifici, sostituita,<br />
ma non senza creare disagi per i bonifici<br />
già in corso, con la terza banca svizzera<br />
Raiffeisen (usando la sede austrica).<br />
La scelta di questa banca ha suscitato<br />
stupore e perplessità nella comunità Bitcoin,<br />
proprio perchè un memorandum interno<br />
di Raiffeisen contro Bitcoin uscito<br />
su Reddit nell'aprile scorso; in cui si diceva<br />
tra le altre cose: "per la vostra sicurezza<br />
raccomandiamo a tutti gli impiegati di<br />
astenersi dal minare, comprare o vendere<br />
bitcoin"). Ora il principale exchange occidentale<br />
(ma Kraken e Bitfinex potrebbero<br />
in breve mostrarsi come piattaforme più<br />
mature) si poggia proprio su di loro.<br />
Bitlicence<br />
Mentre la California nel giugno scorso<br />
ha cambiato le poprie leggi monetarie<br />
vecchie di qualche secolo; prima era possibile<br />
accettare solo dollari in pagamento;<br />
adesso criptomonete come Bitcoin, Litecoin,<br />
Dogecoin, ma anche monete delle<br />
multinazionali: come Amazon Coin e<br />
Starbucks Stars.<br />
New York invece propone una regolamentazione<br />
di Bitcoin (chiamata Bitlicense<br />
perchè le aziende che operano con bitcoin<br />
a New York dovranno registrarsi e attenersi<br />
alla regolamentazione).<br />
La proposta ha creato subito aspre e<br />
estese polemiche. Tante nuove aziende,<br />
principalmente della Silicon Valley, hanno<br />
raccolto finanziamenti per centinaia di<br />
migliai di dollari, (nel solo 2014 più di<br />
250 milioni di dollari) numeri superiori a<br />
quelli raccolti dalle aziende nei primi anni<br />
di Internet.<br />
Le loro proteste hanno già portato il<br />
procuratore, Benjamin Lawsky, (del New<br />
York Department of Financial Services.<br />
NYDFS) a prendere altri 45 giorni di tempo<br />
e a fare una serie di precisazioni. Intervistato<br />
da Coindesk dichiara che "è stato<br />
impressionato dal numero di aziende e<br />
singoli che prendono seriamente l'industria<br />
e seguono con attenzione la tecnologia<br />
che gli sta dietro". Il suo dipartimento<br />
– precisa - non cerca l'approvazione di<br />
ogni pezzo di codice creato dalle aziende<br />
che operano con Bitcoin, anche se le parole<br />
usate prima potevano lasciare questa interpretazione.<br />
"I creatori di software non devono chiedersi<br />
se si applica a loro la Bitlicense, infatti<br />
non si applica a loro, ma vale per gli<br />
intermediari finanziarsi". "Noi – aggiunge<br />
- non siamo il tipo di agenzia che pensa di<br />
avere il monopolio della verità e fare sempre<br />
la cosa giusta.<br />
Ci sentiamo<br />
forti su<br />
molte delle<br />
disposizioni<br />
contenute<br />
nei regolamenti<br />
proposti<br />
ma<br />
sappiamo anche che ci potrebbero essere<br />
cose che possiamo migliorare". "Se facciamo<br />
le cose giuste, penso che le prospettive<br />
per la monete elettronica in una<br />
forma o in un'altra sono ottime nello stato<br />
di New York, ma dovremo fare una cosa<br />
alla volta, giorno per giorno".<br />
Ue su Bitcoin e Iva<br />
La Corte di Giustizia dell'Unione europea<br />
(Cgue) sta considerando se debbano<br />
essere aggiunte o meno tasse come l'Iva<br />
per gli exchange di monete digitali.<br />
La domanda è stata presentata alla Cgue<br />
dalla Svezia a giugno di quest'anno. Estoban<br />
van Goor, avvocato specialista in tasse<br />
europee, avvisa che la corte potrebbe<br />
impiegare anche più di due anni per prendere<br />
una decisione; il risultato della dicisione<br />
avrebbe valore per l'intera Unione<br />
Europea. Altrove, sempre in Europa, il<br />
Regno Unito aveva già esplicitamente dichiarato<br />
a marzo che il trading di Bitcoin<br />
è esente da Iva.<br />
Link:<br />
http://www.reddit.com/r/Bitcoin/comments/22i76<br />
8/raiffeisen_bank_international_internal_memo/<br />
http://www.coindesk.com/price-bitcoin-falls-500-<br />
lowest-level-since-may/<br />
http://www.coindesk.com/ben-lawsky-bitcoinregulation/<br />
http://www.coindesk.com/europe-inchestowards-decision-bitcoin-vat/<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 77
www.isiciliani.it<br />
DA’ UNA MANO<br />
AI SICILIANI GIOVANI:<br />
IT 28 B 05018 04600<br />
000000148119 BANCA ETICA<br />
oppure: C/C 0010008725614<br />
Assoc.Culturale I Siciloiani Giovani<br />
via Cordai 47 Catania<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 78
www.isiciliani.it<br />
Storie<br />
La leggenda<br />
del beato Matteo<br />
dajackdaniel.blogspot.it/<br />
Narrasi che il Beato Matteo, ascesa la collina de<br />
lo Fiesole, la città di Florentia giuso rimirasse...<br />
di Jack Daniel<br />
Narran le chronicae come qualmente<br />
‘l Beato Matteo iovane ascendesse a la<br />
collina de lo Fiesole, et ivi stando e la<br />
cittade di Florentia giuso rimirando,<br />
vide ch’ella cittade repleta era da vitii<br />
et dimoni et in cor suo ripromisesi di<br />
mondarla d’onne peccata.<br />
L’erta collina discendendo, capitolli<br />
d’imbattersi in povero tapino, da<br />
molt’anni ormai di scrofola paziente, e ‘l<br />
Beato Matteo, le mani imposte sul suo<br />
capo, tosto ‘l<br />
sanò. Et avvenne<br />
puro, dismesso ‘l<br />
scrofoloso, che in<br />
passerotti, merli,<br />
cinciallegre, pettirossi<br />
et financo in<br />
uno Albatros de le<br />
Galapagos s’imbattette e con ciascheduno<br />
d’essi uccelli amenamente disquisì d’Aristotile<br />
et Platone non disdegnando l’economica<br />
congiuntura.<br />
Repente la Fama di tali prodigi diffusesi<br />
nel contado e, saio vestita, s’avanzò la<br />
Beata Maria Elena a implorar considerazione.<br />
L’ebbe, e subitamente principiò<br />
quel pio Ordine delle Boschive, ch’ a riformar<br />
lo Mundo cum implorazioni et decretazioni<br />
si votò.<br />
Nell’appressarsi a le mura di Florentia,<br />
cospicua moltitudine s’approprinquò, le<br />
Porte aprendo e le chiavi donando e primus<br />
super alios nomandolo.<br />
Non giunto era anchora a la Signoria<br />
ch’ecco una voce di plurimo cencioso alta<br />
levossi “Guai a te, anima prava”.<br />
Venia, il cencioso, d’oltre Ponte Vecchio,<br />
anima assatanata, che il mondo in<br />
genere, e il capitalismo in specie avea in<br />
gran dispitto. Erat elli da li sette demoni<br />
de lo socialismo posseduto sì da bestemmiar<br />
le presenti cose et le sorti magnifiche<br />
e progressive.<br />
“Guai a te, anima prava!”<br />
Avea in juventude la rossa bandiera levata<br />
e di rivoluzion fantasticato ma, a tarda<br />
età ormai giunto, raminghi gl’ideali,<br />
s’accostumava a trascorrer breve vecchiezza<br />
maledicendo li maggior sui ch’a<br />
sperar lo crebbero. Bestemmiava l’ordine<br />
e ‘l sistema ma, deficitando l’uno et<br />
l’altro di presenziare, s’appagava nel contumeliar<br />
ciascheduno che incautamente<br />
transitasse per sua via.<br />
Da lunge dismesse le speranze di mutar<br />
del mondo ‘l destino, non s’era del tutto<br />
placato ‘l desio di mutar lo destino suo.<br />
Che, siccome insegnaci Eraclito, a inseguir<br />
vani ideali sovente s’abrinunzia a<br />
concreti guadagni. Era poi l’Eraclito? O<br />
forse trattavasi del Briatore, l’illustre pensatore<br />
coevo del Beato?<br />
Come che sia, capitovvi in sui passi ‘l<br />
Beato Matteo lo quale, pur riprovato e<br />
contumeliato siccome costumanza,<br />
s’appressò al posseduto e mirandolo in<br />
angustie domandolli s’elli di minestra abbisognasse.<br />
E ‘l satanasse, mal intendendo “Ministero<br />
dici?”<br />
“Oh no, intendea minestra”.<br />
Al che l’ossesso, rassettandosi “Sia Ministra,<br />
se tal dee esser, acconcerommi<br />
all’uopo”.<br />
E ‘l Beato, levati gl’occhi al Cielo<br />
“Minestra, dicea, ma cosa fia una vocale<br />
dianzi all’avvenir?”.<br />
E fu questa la prima conversion che<br />
l’aurea historia ci tramanda de le molti e<br />
molti che seguiron nelli tempi avvenire.<br />
Dopo picciol tempo, sanata e mondata<br />
et in fide mani lasciata Florentia,<br />
s’incamminaron su la Francigena che<br />
mena a Roma per la Toscana.<br />
Et ivi giunti l’ossesso di minestre si saziò<br />
e ‘l Beato Matteo miracol mostrò, a<br />
principiar da la moltiplicazion de le mercedi<br />
con la trasmutazion del nulla in octaginta<br />
euri e della mirifica apparizion d’un<br />
bastimento inabissato nel porto di Genua.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 79
www.isiciliani.it<br />
Bologna<br />
Reti di memorie:<br />
2 agosto 1980-2014<br />
Info:<br />
www.prendiparte-bo.it<br />
www.piantiamolamemoria.org<br />
www.diecieventicinque.it<br />
Gruppo fb:<br />
www.facebook.com/groups/587095351403343/<br />
Un'iniziativa di tre associazioni<br />
bolognesi<br />
per i trentaquattro anni<br />
dalla strage alla Stazione<br />
che coinvolge l'intera<br />
cittadinanza, non<br />
solo bolognese<br />
di Valeria Grimaldi<br />
www.diecieventicinque.it<br />
Insieme alle associazioni PrendiParte e<br />
Piantiamolamemoria, la nostra redazione<br />
è stata coinvolta nell'organizzazione di<br />
un'iniziativa per il giorno della commemoriazione<br />
della strage.<br />
Dopo una serie di incontri organizzativi,<br />
l'idea che si è voluta rappresentare è stata<br />
quella della “rete”, a partire da una foto<br />
ritrovata tra gli archivi dell'Associazione<br />
familiari delle Vittime che riprende una<br />
rete metallica issata per dividere l'ala ovest<br />
colpita dalla bomba e la zona antistante<br />
la stazione, sulla quale i cittadini bolognesi<br />
si ritrovarono ad appendere oggetti,<br />
foto e simboli di cordoglio, dolore e vicinanza<br />
per l'evento che aveva colpito la<br />
cittadinanza.<br />
Si vuole ricostruire questa rete, insieme<br />
all'intreccio di una rete più moderna: la<br />
rete di internet.<br />
E' stato infatti creato un gruppo facebook<br />
dove chiunque può iscriversi e raccontare<br />
proprie impressioni, ricordi di<br />
quel tragico 2 agosto; ma soprattutto, pubblicare<br />
foto degli oggetti che si vorrebbero<br />
appendere sulla rete che sarà fisicamente<br />
allestita il giorno della commemorazione.<br />
Chi potrà esserci fisicamente appenderà<br />
l'oggetto che ha scelto, chi non ci<br />
sarà lo vedrà comunque raffigurato. E'<br />
quindi un'iniziativa estesa non soltanto<br />
alla cittadinana bolognese e dell'Emilia-<br />
Romagna, ma a tutta Italia, proprio per<br />
esprimere l'idea della rete che unisce persone<br />
e tempi tra lodo distanti.<br />
Riportiamo qui la descrizione dell'evento<br />
e invitiamo chiunque voglia a condividere<br />
e a partecipare.<br />
Un oggetto di quel giorno<br />
“Una rete metallica, trentaquattro anni<br />
fa, separava la zona colpita dalla strage<br />
dal piazzale davanti alla stazione. Su<br />
quella rete tanti cittadini vollero esprimere<br />
il loro dolore annodando fazzoletti, appendendo<br />
fogli e riquadri. I bolognesi la<br />
chiamavano “rete del pianto”.<br />
Quella rete (ma non quella memoria!)<br />
purtroppo è andata perduta.<br />
Trentaquattro anni dopo vogliamo ricostruirla,<br />
insieme a voi. Sabato 2 agosto<br />
2014, alla commemorazione della strage,<br />
un'altra rete è stata eretta nei pressi della<br />
stazione: su di essa chiunque - da qualunque<br />
parte di Bologna, dell'Emilia-Romagna<br />
o del mondo provenga - potrà venire<br />
ad appendere alla rete un oggetto che gli<br />
ricordi quel giorno, quella strage, quelle<br />
85 vittime, o che semplicemente lo leghi<br />
ad essa da un profondo senso del ricordo.<br />
Chi c'era e chi non era ancora nato, chi si<br />
trovava nelle vicinanze o invece da<br />
tutt'altra parte. Chi non potrà veire a Bologna<br />
può utilizzare questa bacheca per “appendere”<br />
foto, pensieri, canzoni...<br />
Per riannodare i fili di una storia che ha<br />
colpito tutti. Per ricostruire una rete tra<br />
presente e passato. Per rafforzare un legame<br />
fra le persone che, dopo 34 anni, chiedono<br />
ancora verità e giustizia. Perché,<br />
come disse Torquato Secci, primo presidente<br />
dell'Associazione Familiari delle<br />
Vittime, alla prima commemorazione, il 2<br />
agosto 1981:<br />
“Un Paese che rinuncia alla speranza di<br />
avere giustizia ha rinunciato non soltanto<br />
alle proprie leggi, ma alla sua storia stessa.<br />
Per questo severamente, ma soprattutto<br />
ostinatamente, aspettiamo.”<br />
E ALLORA, TU: COSA RICORDI<br />
DEL 2 AGOSTO 1980?<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 80
www.isiciliani.it<br />
Questionario/ Chiesa, mafia e religione<br />
Mafia: cosa ne pensa<br />
la comunità dei fedeli?<br />
“La scomunica per i<br />
mafiosi è necessaria?<br />
di Salvo Ognibene<br />
www.diecieventicinque.it<br />
Sesso [] F [] M<br />
Residenza ................................<br />
Età ...............................<br />
Data ................................<br />
Praticante [] Si [] No<br />
1. Quante volte frequenta la Chiesa<br />
durante la settimana?<br />
[] Nessuna<br />
[] Soltanto la Domenica<br />
[] Meno di tre giorni<br />
[] Tutti i giorni<br />
2. Secondo lei, è più importanti essere<br />
credibili o credenti?<br />
[] Credenti<br />
[] Credibili<br />
3. Si definisce più cattolico o più<br />
cristiano?<br />
[] Cattolico<br />
[] Cristiano<br />
[] È uguale<br />
[] Non so la differenza<br />
4. Devozione e fede sono sinonimi?<br />
[] Si [] No<br />
5. Secondo lei il maggior male della<br />
società è la mafia?<br />
[] Si [] No<br />
6. Se la risposta è no, qual è secondo lei<br />
il maggior male della società?<br />
…………………………..........................<br />
..................................................................<br />
..................................................................<br />
7. Secondo lei è giusto “accogliere”<br />
all’interno della comunità della Chiesa<br />
persone che nonostante i tanti mali<br />
compiuti non si siano mai ravveduti?<br />
[] Si [] No<br />
8. Secondo lei in cosa consiste il<br />
pentimento?<br />
…………………………..........................<br />
..................................................................<br />
..................................................................<br />
..................................................................<br />
9. C’è differenza tra massoneria e mafia?<br />
[] Si [] No<br />
10. Se la risposta è sì, è più grave<br />
appartenere alla massoneria o alla mafia?<br />
[] massoneria<br />
[] mafia<br />
[] entrambe [] nessuna<br />
11. La scomunica per i mafiosi é<br />
necessaria?<br />
[] Si [] No<br />
[] Sono scomunicati<br />
[] Non sono scomunicati<br />
12. Se durante la santa messa il prete<br />
somministrasse il sacramento della<br />
comunione a un mafioso, lei rimarrebbe<br />
indifferente?<br />
[] Si [] No [] Farei notare il fatto<br />
13. Lo sa che in molte processioni<br />
religiose, le statue vengono portate a<br />
spalla da adepti alla mafia?<br />
[] Si [] No [] Non è vero<br />
14. Ha mai notato episodi del genere?<br />
[] Si [] No<br />
15. É a conoscenza del fatto che alcune<br />
confraternite sono gestite dai clan o dai<br />
boss stessi?<br />
[] Si [] No<br />
16. Secondo lei una persona condannata<br />
per favoreggiamento alla mafia o per<br />
concorso esterno in associazione mafiosa<br />
che non si è mai pentita di quanto fatto, è<br />
meritevole di appartenere alla sua stessa<br />
comunità da cui le derivano i diritti<br />
concessi ad un fedele di Dio?<br />
[] Si [] No<br />
17. E se in mancanza di una condanna si<br />
accertassero comunque gravi fatti che<br />
riconducono il soggetto ad ambienti più<br />
o meno vicini a quelli mafiosi da cui<br />
l’organizzazione criminale ne consegue<br />
sicuramente un vantaggio?<br />
[] Si [] No<br />
18. Crede sia giusto concedere i funerali<br />
(in forma pubblica) ai condannati per<br />
reati di mafia?<br />
[] Si [] No<br />
19. Crede che la Chiesa abbia nascosto<br />
delle verità sui misteri che l’avvolgono?<br />
[] Si [] No [] Sono tutte menzogne<br />
20. Lo sa che all’interno dello IOR<br />
(Istituto per le Opere Religiose) sono<br />
stati riciclati i soldi della mafia?<br />
[] Si [] No<br />
Le informazioni ricavate tramite questo<br />
questionario saranno utilizzate in forma del<br />
tutto anonima per uno studio sul rapporto tra<br />
Chiesa, mafia e religione. Non ci sono risposte<br />
corrette o errate, pertanto la invitiamo a<br />
rispondere con la massima sincerità,<br />
rispettando le proprie opinioni personali.<br />
È possibile barrare una o più caselle.<br />
La invitiamo a inviare il questionario<br />
compilato a:<br />
ognibene.salvatore@libero.it<br />
La ringraziamo anticipatamente per la<br />
collaborazione e la disponibilità.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 81
www.isiciliani.it<br />
Giornalismo/ Baldoni<br />
“Chi sogna di giorno<br />
vede molte più cose”<br />
Il 26 agosto 2004 veniva<br />
ucciso in Iraq<br />
Enzo Baldoni, uno<br />
dei più interessanti<br />
giornalisti del nostro<br />
tempo. Lo ricordiamo<br />
con i suoi post di allora<br />
sulla “Catena di<br />
San Libero”, l'e-zine<br />
indipendente antenata<br />
dei twitter d'informazione<br />
di oggi<br />
*<br />
La Catena di San Libero<br />
3 agosto 2004 n. 242<br />
Enzo Baldoni wrote:<br />
< L'americano coi baffoni da tricheco si<br />
sposta al mio fianco. Attacchiamo discorso.<br />
E' del Texas, si chiama Lee e, come<br />
immaginavo, è un contractor che sta andando<br />
a Baghdad. Lavorerà a rimettere in<br />
piedi una fabbrica di corn flakes per la<br />
Kellog's. Ha già lavorato in Cile, in Brasile,<br />
in Colombia. Molto americano: prima i<br />
Bradley, poi i Caterpillar. E' convinto di<br />
riportare la libertà all'Iraq. Gli iracheni<br />
sono contenti che noi americani siamo intervenuti,<br />
dice. E probabilmente, per una<br />
buona fetta della popolazione, è anche<br />
vero. Nel cuore tatuato sul braccio sono<br />
incise tre lettere: "L.A.L." Qualche società<br />
segreta? Ma no. Più modestamente,<br />
sono le iniziali di Lee And Linda: "Venticinque<br />
anni di matrimonio e una figlia di<br />
diciassette anni" borbotta con orgoglio.<br />
Ha l'aria di un brav'uomo><br />
Bookmark: bloghdad.splinder.com<br />
______________________________<br />
10 agosto<br />
Enzo Baldoni, from Bagdad, wrote:<br />
< Finalmente ho un angelo custode. Si<br />
chiama Ghareeb, è palestinese, è molto<br />
bene introdotto nei posti che contano e di<br />
più non posso dire. Come l'ho conosciuto?<br />
Un colpo di culo, e che altro? Stasera, finalmente<br />
a cena fuori dal compound del<br />
Palestine - Sheraton, che è pesantemente<br />
controllato dagli americani e dalla neonata<br />
polizia irachena. Ceniamo in un kebab<br />
sulla strada, nessuno parla inglese, non<br />
esistono menù e nemmeno la birra, ma il<br />
pollo è delizioso (si mangia con le mani,<br />
chiaro).<br />
Ghareeb è ingegnere, è intelligente e<br />
molto colto, come gran parte dei palestinesi,<br />
parla un discreto inglese e conosce<br />
bene la storia. Una compagnia piacevole.<br />
E poi è più grosso di me e somiglia moltissimo<br />
a un certo Giodi di cui sono molto<br />
amico. Cosa chiedere di più alla vita?<br />
Lontano scoppia una bomba. Poi<br />
un'altra. Poi un'altra. Allora cominciamo a<br />
contare.<br />
Booom! - Quattro.<br />
Boom! - Cinque.<br />
Booom! - Sei.<br />
Boom! - Sette.<br />
Questa è la reazione alla conferenza<br />
stampa del primo ministro Allawi, che<br />
oggi non ha dato la minima chance alla<br />
resistenza: ha detto che sono fuorilegge,<br />
che saranno cacciati e arrestati.<br />
Boom! - Otto. Mmmm ... As Sadr sta<br />
veramente incazzato.Nella Zona verde<br />
partono le sirene.<br />
- Le suonano adesso, le sirene: a chi è<br />
ferito non serviranno gran che.<br />
Boom! - Nove.<br />
Passano veloci quattro Humvees dell'<br />
esercito Usa, saettando un faro sulla folla.<br />
Sembra che scappino. Tutti gli avventori<br />
del ristorante mettono si a ridere e<br />
schiaazzano all'indirizzo degli americani.<br />
Boom! - Dieci.<br />
La gente è tranquilla, continua a mangiare<br />
e a ridere. I missili sono diretti sulla<br />
Zona Verde, quartier generale dei sempre<br />
più odiati statunitensi.<br />
Boom! - Undici.<br />
Boom! - Dodici.<br />
Dodici bombe nel giro di un'ora. Difficile<br />
sottovalutarne il significato.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 82
www.isiciliani.it<br />
“Dove non c'è<br />
l'attenzione dei<br />
media le cose<br />
non succedono,<br />
la gente non muore”<br />
Fantastici americani. In un anno di arroganza,<br />
violenza, maltrattamenti in carcere,<br />
arresti illegali e disordini sono riusciti a<br />
sprecare tutto il capitale di credibilità che<br />
si erano costruiti con la cacciata di<br />
Saddam. Adesso anche chi li aveva festeggiati<br />
all'arrivo non aspetta altro che si<br />
tolgano dai coglioni. ><br />
Bookmark: bloghdad.splinder.com<br />
______________________________<br />
17 agosto<br />
Enzo Baldoni, Bagdad, wrote:<br />
< Si parla tanto di Najaf, giustamente.<br />
Ma nel frattempo nessuno dice che, a Kut,<br />
ci sono state decine di morti per i bombardamenti<br />
dgli F 16. E' che dove non c'è<br />
l'attenzione dei media le cose non succedono,<br />
la gente non muore ><br />
* * *<br />
< Sono nella sede della CRI di Baghdad,<br />
l'unico centro iracheno dove si curano<br />
i grandi ustionati. Ho ancora nelle<br />
orecchie le urla di due soldatini iracheni<br />
orribilmente bruciati dal "fuoco amico"<br />
degli F16. Il personale qui è ammirevole,<br />
non si risparmia. Stanno caricando camion<br />
e ambulanze di medicinali destinati<br />
a Najaf. Hanno già l'autorizzazione delle<br />
autorità islamiche.<br />
Ma più di tutti hanno paura degli americani,<br />
che hanno il curioso vizietto di sparare<br />
sulle ambulanze. Partiranno appena<br />
avuta la clearance. Assieme al convoglio<br />
va Pino Scaccia, della RAI e uno sconosciuto<br />
Volontario del Soccorso con un<br />
gran culo ><br />
* * *<br />
< ...Anna è un'infermiera volontaria di<br />
Messina, una bella faccia italiana, sorridente<br />
e concreta: "Lo stress più grande,<br />
per noi, sono i bambini. Arrivano qui,<br />
ustionati, hanno dolori terribili, urlano,<br />
piangono: come fai a non affezionarti? Le<br />
loro mamme sono dolcissime, fra donne<br />
ci capiamo. Ma ne abbiamo persi tre, in<br />
questi ultimi giorni. E questo pesa, pesa.<br />
Siamo quasi tutte mamme anche noi".<br />
Beppe: "Anche qui ci sono i pregiudizi.<br />
Tempo fa una donna m'ha detto, baciandomi<br />
le mani (e ero imbarazzato): "Grazie,<br />
grazie per aver salvato la mia bambina.<br />
Mi avevano detto che voi cristiani<br />
avete il cuore nero. Ho scoperto che non è<br />
vero". Ecco, queste sono le cose che ci<br />
aiutano a tirare avanti" ><br />
* * *<br />
< Facciamo in giro per i reparti. Ci avviciniamo<br />
a un piccolo paziente sdraiato.<br />
Vicino a lui c'è il papà, un bel signore<br />
elegante nella sua lunga dishdasha blu.<br />
Lo chiama: "Ahmed? Ahmed? Guarda<br />
questo signore italiano che ti vuol fare<br />
la fotografia!". Io vorrei dire: no, no,<br />
lasciatelo in pace, povero cristo. Ma<br />
anche Anna, l'infermiera, che sa quel<br />
che fare, lo chiama: "Ahmed? Ahmed?<br />
Get up!".<br />
Forse gli fa bene reagire agli stimoli.<br />
Allora, tremolando, aiutato dal padre,<br />
un troncone umano annerito e parzialmente<br />
coperto di creme che forse è stato<br />
un ragazzino si alza a fatica, senza dire<br />
parola. La faccia è una crosta immobile<br />
in cui solo gli occhi riescono a roteare<br />
verso di me. Impressionante.<br />
Misericordiosa morfina ><br />
Bookmark: bloghdad.splinder.com<br />
* * *<br />
< tornato da najaf, consegnati medicinali,<br />
portati fuori donne e bambini nascosti<br />
nel camion, stato in casa as sadr,<br />
entrato mausoleo ali, visto morire guerrigliero,<br />
incontrato comandante esercito al<br />
mahdi, cagato sotto causa torretta bradley<br />
che si spostava tenendomi di mira, incontrati<br />
marines che stavano pian piano<br />
entrando a piedi in najaf, lussata clavicola,<br />
ricoverato osped. italiano. scusate imprecisioni<br />
e stile telegrafico, scrivo solo<br />
mano sinistra, tutto bene. forse dovrò interrompere<br />
viaggio. presto racconto. vi<br />
voglio bene, grazie per starmi vicini ><br />
Bookmark: bloghdad.splinder.com<br />
______________________________<br />
18/08/2004 14:20<br />
E via: con un giorno di ritardo, ma si va<br />
a Najaf assediata con la copertura della<br />
Croce e della Mezzaluna Rossa. Scendo:<br />
nel piazzale alcuni volontari stanno staccando<br />
dai camion le bandiere e i manifesti<br />
con la Croce.<br />
"Ma Beppe!"<br />
Beppe è più nero che mai:<br />
"Ordini di stamattina. Il carico non può<br />
avere nessun simbolo della Croce Rossa:"<br />
"Stai scherzando, spero."<br />
"Ordini precisi da Roma."<br />
"Ma è un suicidio. Gli elicotteri americani<br />
dall'alto vedranno solo dei camion<br />
bianchi.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 83
www.isiciliani.it<br />
“Ghareeb è veramente teso. Continua a dirmi<br />
di non sembrare straniero: niente foto, niente appunti<br />
sul taccuino, stai dritto, non ti voltare, niente cintura”<br />
“Tocca a me. Prendo la bandiera della Croce Rossa fissata a un<br />
manico di scopa, apro la portiera e scendo lentamente in strada”<br />
Il primo mitragliere un po' cowboy prima<br />
ci spara e poi chiede chi siamo."<br />
"E' arrivato il divieto formale di usare la<br />
bandiera di guerra della Croce Rossa per<br />
questa missione."<br />
"Ma qui siamo a Kafka! E' ridicolo!"<br />
"Senti, Enzo: lo sai. Se potessi decidere<br />
io, salterei immediatamente su quei camion<br />
e andrei a Najaf. Ma io non posso.<br />
Tu sei libero: se non te la senti, resta a Baghdad."<br />
"Figurati. Ma così davvero è un suicidio,<br />
Beppe."<br />
Non risponde, mi volta le spalle e se ne<br />
va, furibondo.<br />
Va bene, ci penso io. Vado in una stanza,<br />
stacco la bandiera della Croce Rossa<br />
dal muro e me la infilo nello zaino. Ne<br />
vedo un'altra ripiegata su un ripiano e<br />
ops! dentro anche quella.<br />
Vado in cucina da Doriana e Francesco<br />
e gli chiedo un manico di scopa. Capiscono<br />
al volo e lo svitano dallo spazzolone<br />
che stanno usando. Trattasi di furto? Mi<br />
faccia causa, la Croce Rossa Italiana: ci<br />
facciamo due risate, quando torno.<br />
* * *<br />
19/08/2004 17:17<br />
Ripartiamo con l'unico camion<br />
sovraccarico: dovremo andare lentamente,<br />
e speriamo che tenga botta.<br />
Salah commenta: "Bene. Quello che poteva<br />
andar male è andato male. Ora, se saremo<br />
puri nelle nostre menti e nei nostri<br />
cuori, tutto andrà bene." E' un duro, Salah.<br />
Mi piace.<br />
Ghareeb è veramente teso. Continua a<br />
dirmi di non sembrare straniero: niente<br />
foto, niente appunti sul taccuino, stai dritto,<br />
non ti voltare, niente cintura. Ho insistito<br />
sul fatto che lui sia il capo indiscusso<br />
della spedizione e che tutti - io per primo<br />
- obbediremo ai suoi ordini senza far domande.<br />
Lui penserà ai rapporti con gli irakeni<br />
e io a quelli con gli americani.E poi,<br />
dopo molta, molta strada e molti, molti<br />
posti di blocco – oops: a questo posto di<br />
blocco non ci sono le camicie azzurro<br />
ATM dei poliziotti iracheni.<br />
Ci sono dei signori molto armati. Vestiti<br />
di nero. Con la fascia verde in testa.<br />
Tana.<br />
* * *<br />
19/08/2004 17:21<br />
"Si apprende che il convoglio della Croce<br />
Rossa attaccato sulla strada per Najaf<br />
non era stato autorizzato dalla sede centrale<br />
ed anzi vietato, per motivi di sicurezza,<br />
dal Commissario Straordinario Maurizio<br />
Scelli. Quest'ultimo ha disposto<br />
l'immediato rientro in Italia del capo missione<br />
per riferire sull'iniziativa."<br />
questa non ci voleva.<br />
19/08/2004 19:57<br />
Nel caldo feroce del primo pomeriggio,<br />
seguiti dal vecchio Ford sovraccarico, entriamo<br />
nella periferia di Najaf. La situazione<br />
è pesante, si sentono esplosioni dappertutto,<br />
ci sono combattimenti molto duri<br />
intorno al cimitero. Dobbiamo prendere<br />
strade e stradine polverose.<br />
Un sistema invisibile di staffette ci sta<br />
guidando: qui un uomo esce dal portone e<br />
ci fa segno di voltare a destra, qui un ragazzino<br />
ci manda a sinistra, là un vecchio<br />
accovacciato a vendere cavolfiori ci suggerisce<br />
di andare diritto.<br />
Ora Ghareeb è sudatissimo, basterebbe<br />
una strada sbagliata per portarci dritti dritti<br />
tra le braccia degli americani che stanno<br />
accerchiando la città.<br />
* * *<br />
Ogni tanto, prima di un incrocio, Ghareeb<br />
chiede:<br />
"Uko dabbaba?" (C'è un carro?<br />
Dabbaba è un'antica parola che significa<br />
"qualcosa che cammina pesantemente e<br />
con rumore")<br />
Oppure:<br />
"Uko dabbabat?" (Ci sono carri?)<br />
Fino a un certo punto la gente risponde:<br />
"Makow." (non ce ne sono).<br />
E poi, alla fine, qualcuno risponde:<br />
"Ey!" (sì)<br />
Tocca a me. Prendo la bandiera della<br />
Croce Rossa fissata a un manico di scopa,<br />
apro la portiera e scendo lentamente in<br />
strada.<br />
* * *<br />
20/08/2004 08:36<br />
ANSA - Della ingannevole atmosfera di<br />
speranza che si era creata ieri dopo le offerte<br />
di resa di Sadr ha fatto le spese anche<br />
un convoglio della Croce Rossa italiana<br />
che stamattina era partito da Baghdad<br />
con aiuti per la popolazione di Najaf ed e'<br />
stato investito dall'esplosione di una mina<br />
nei pressi della citta' di Babilonia. I vetri<br />
di un'ambulanza e di un camion sono andati<br />
in frantumi, ma gli operatori della Cri<br />
sono rimasti illesi. Il convoglio ha poi<br />
proseguito per la citta' santa, per trovarla<br />
nuovamente in preda ai combattimenti e<br />
riamanendo bloccato per alcune ore,<br />
prima di poter fare rientro nella capitale.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 84
Diario<br />
“IL TEPORE DELLA TERRA<br />
CHE MI RISCALDA IL CULO”<br />
24 luglio 2004 enzo wrote:<br />
< E' tornato. E' tornato il momento di<br />
partire. Da un po' di tempo la solita<br />
vocina insistente tra la panza e la coratella<br />
mi ripeteva: "Baghdad! Baghdad!<br />
Baghdad!". Ho dovuto cedere.<br />
Come sempre, quando si prepara un<br />
viaggio importante, cominciano a grandinare<br />
le coincidenze. E chissà quanto sono<br />
segni e quanto le provochiamo noi.<br />
Ancora una volta, prima di una partenza,<br />
mi sono sdraiato sotto le stelle, nella<br />
Romagna dei miei nonni e della mia infanzia,<br />
in cima a Monte Bora, sulla terra<br />
notturna ancora calda del sole di luglio.<br />
La terra, sotto, mi riscaldava il corpo.<br />
La brezza, sopra, lo rinfrescava.<br />
Lucciole, profumo di fieno tagliato, il<br />
canto di milioni di grilli.<br />
E' qui che da piccolo studiavo spagnolo<br />
su un libro trovato in soffitta. E' qui, davanti<br />
a un piatto di tagliatelle, che tre anni<br />
fa si è fatta sentire la solita vocina che ripeteva:<br />
"Colombia, Colombia,<br />
Colombia!"<br />
Si è parlato molto di morte in questi<br />
giorni: della morte serena di Zio Carlo, filosofo<br />
e yogi, che forse sapeva la data del<br />
suo trapasso. Guardando il cielo stellato<br />
ho pensato che magari morirò anch'io in<br />
Mesopotamia, e che non me ne importa<br />
un baffo, tutto fa parte di un gigantesco<br />
divertente minestrone cosmico, e tanto<br />
vale affidarsi al vento, a questa brezza<br />
fresca da occidente e al tepore della Terra<br />
che mi riscalda il culo ><br />
20/08/2004 19:00<br />
Bene, ci siamo. Ora tocca a me. Dietro<br />
quest'angolo c'è un carro armato americano.<br />
Forse l'equipaggio è nervoso. Forse<br />
hanno l'ordine di sparare o forse no, ma<br />
noi non lo sappiamo. Non posso togliermi<br />
dalla testa quel che è successo all'amico e<br />
collega di penna Raffaele Ciriello, ucciso<br />
in mezzo alla strada dalla raffica di un mitragliere<br />
nervoso quando era di fronte -<br />
armato solo di una macchina fotografica -<br />
a un Merkava israeliano.<br />
Bon, vediamo che succede.<br />
Sventolo cautamente da dietro l'angolo<br />
la bandiera con la croce rossa. Poi la<br />
sventolo più forte. Sbircio dietro lo spigolo.<br />
E' un Bradley. E' una specie di rospo<br />
color sabbia su una strada color sabbia tra<br />
case color sabbia. Sta lì, indifferente, tetragono,<br />
acquattato, pronto a sparare la<br />
sua lingua vischiosa per catturare l'insetto.<br />
Solo che l'insetto sono io, cazzo.<br />
www.isiciliani.it<br />
Ricordo<br />
UN MEZZO SORRISO<br />
AUTOIRONICO<br />
27 agosto 2004<br />
Non c'era pacifista più pacifista di Enzo<br />
Baldoni, con la sua bandiera della croce rossa<br />
sventolata fisicamente fra i due fuochi.<br />
Non c'era giornalista più giornalista, col<br />
suo "dilettantismo" sofisticatissimo, figlio di<br />
internet, una generazione piu in là della carta<br />
stampata. Non c'era sessantottino più coerente,<br />
a cinquantasette anni, morto così.<br />
Qualcuno ha pensato che il primo video<br />
fosse fasullo perché il viso "non rivela contrazioni<br />
inevitabili per chi si trovi sull'orlo<br />
dell'abisso". Infatti. Cosa doveva fare, tremare,<br />
supplicare, gridare viva l'Italia? No.<br />
Un mezzo sorriso autoironico, tranquillo,<br />
quello dei personaggi di Doonesbury, senza<br />
nemmeno bisogno di fumetto.<br />
E' morto un grande, un grande piccolo<br />
uomo, uno di noi tutti. Del resto ne parleremo<br />
dopo, quando ci sarà la mente più tranquilla.<br />
* * *<br />
"A che serve vivere, se non c'è il coraggio<br />
di lottare?"<br />
Sventolo ancora la bandiera, faccio un<br />
passo, mi riparo dietro un palo della luce<br />
e urlo:<br />
"Ehi, boys! Italian Red Cross! Don't<br />
shoot! We are here for humanitarian reasons!<br />
Can we come forward?"<br />
"Ehi, boy, don't shoot! I'm coming!"<br />
Faccio un passo laterale e mi metto in<br />
vista, pronto a schizzare al riparo del palo<br />
di cemento. In una mano ho lo bandiera e<br />
nell'altra il distintivo dei Volontari del<br />
Soccorso, è ridicolo, da laggiù non riescono<br />
certo a leggerlo, ma forse per un ragazzotto<br />
dell'Ohio o del Wisconsin fa "legality",<br />
come quando un poliziotto viene<br />
avanti tenendo il distintivo in una mano e<br />
la pistola nell'altra.<br />
Solo che qui i distintivi, come le chiacchiere,<br />
stanno a zero.<br />
Sono le tre del pomeriggio, ho la gola<br />
secca, ma non credo dipenda dalla calura.<br />
Faccio un altro passo di lato, cauto.<br />
Sbircio indietro: al riparo dietro l'angolo<br />
Gareeb e Salah mi guardano, tesi.<br />
Vaffanculo, vaffanculo, vaffanculo, mi<br />
porto in mezzo alla strada sventolando disperatamente<br />
la bandiera con la sensazione<br />
che da un momento all'altro mi faranno<br />
secco, continuo a urlare red cross don't<br />
shoot, con la sensazione di camminare in<br />
equilibrio su un filo.<br />
Faccio segno a Ghareeb di avanzare<br />
lentamente con la Nissan.<br />
“Ehi, boys!<br />
Italian<br />
Red Cross!<br />
Don't shoot!”<br />
L'imbecille accelera e schizza via brusco,<br />
alle mie spalle. Lo segue il camion<br />
dei medicinali. Wew, passato: raggiungo<br />
anch'io piano piano l'altro lato, gridando<br />
"Thank you! Thank you!" all'indirizzo dei<br />
carristi invisibili.<br />
* * *<br />
20/08/2004 19:01<br />
"Uko dabbaba?"<br />
"Uko dabbabat?"<br />
C'è un secondo Bradley sul nostro cammino,<br />
e poi un terzo: la procedura è la<br />
stessa. Smonta, sventola, urla, dirigi il<br />
traffico, e nel frattempo càgati sotto. Al<br />
terzo è già routine. Nessuno spara, e questo<br />
è buono, anche se vicino si sentono<br />
raffiche e colpi di mortaio.<br />
Gli abitanti di Najaf si sporgono dalle<br />
case, salutano, ci indicano la via verso il<br />
Mausoleo di Ali. Vediamo i primi armati<br />
vestiti di nero con la fascia verde sulla<br />
fronte. Poi irrompiamo nel corso principale:<br />
in fondo la splendida piastrelltura multicolore<br />
del Mausoleo, una fantasmagoria<br />
araba di grande bellezza.<br />
Il corso è pieno di armati, Ghareeb comincia<br />
a suonare i clacson, tutti alzano in<br />
aria i mitragliatori aprono le dita a V, ci<br />
applaudono, urlano, passiamo tra due ali<br />
di uomini festanti armati fino ai denti,<br />
anch'io sporgo le dita aV fuori del finestrino,<br />
è una festa.<br />
* * *<br />
In fondo al corso un gruppetto di uomini<br />
vestiti di nero ci punta le armi. Ci fermiamo.<br />
Ghareeb scende. Questo è compito<br />
suo. Cominciano a urlare in arabo.<br />
Ghareeb sembra furibondo. Urla fortissimo.<br />
Un ragazzino con la fascia verde sulla<br />
fronte si mette dietro di noi e punta il lanciagranate<br />
RPG-7 sul camion. Porca troia.<br />
L'autista della Mezzaluna scende, pallido,<br />
e aziona il portellone.<br />
Lentamente, il portellone si abbassa: si<br />
vedono le casse di medicinali con la scritta<br />
Italian Red Cross. Il giovanotto alza il<br />
lanciagranate e sorride.Gli armati rimettono<br />
il mitra in spalla e abbracciano Ghareeb,<br />
che è sudatissimo. Via libera per il<br />
Mausoleo di Ali.<br />
Bookmark: bloghdad.splinder.com<br />
______________________________<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 85
Mestiere<br />
IL GIORNALISMO<br />
AI TEMPI<br />
DI INTERNET<br />
Modello Feltri o modello Baldoni?<br />
www.isiciliani.it<br />
Giornalismo. Che differenza c'è fra il<br />
giornalismo - per esempio - di Feltri e<br />
quello - per esempio - di Baldoni? Non<br />
parlo di differenze "politiche". Da un<br />
punto di vista tecnico, voglio dire.<br />
La differenza è che Feltri grida, mentre<br />
Baldoni parla a bassa voce. Non è una novità:<br />
anche Appelius gridava ("Il generale<br />
Badoglio è entrato ieri ad Addis Abeba") e<br />
anche Hemingway ("Vecchio al ponte")<br />
parlava a bassa voce. Destra e sinistra<br />
dunque, attraverso le generazioni? Non<br />
solo. C'è qualcosa di più, che attiene proprio<br />
alle radici profonde del mestiere.<br />
Il giornalismo di Feltri nasce in un<br />
mondo sostanzialmente povero di notizie.<br />
Un mondo in cui ciò che succede accade<br />
lontano, arriva tardi, e incide relativamente<br />
poco sulla vita quotidiana. Quest'ultima,<br />
a sua volta, è una vita "normale". Di<br />
una normalità che nessuno mette in discussione.<br />
"Il generale è entrato ad Addis<br />
Abeba"? E che ce ne frega. Non ha importanza,<br />
poi, sapere che cosa ne pensa il barbiere<br />
di Addis Abeba. Tanto non lo incontreremo<br />
mai - il mondo in cui viviamo<br />
non ha nulla a che vedere col suo.<br />
La notizia e lo scoop<br />
Da questo discendono subito due cose.<br />
La prima è che la notizia coincide con lo<br />
scoop, deve avere un "effetto" traumatico<br />
immediato e dev'essere gridata.<br />
La seconda è che il gestore di questa<br />
notizia, essendo uno dei pochissimi autorizzati<br />
a gestirla, è una persona importante.<br />
Poiché non mette assolutamente in discussione<br />
(e perché dovrebbe?) la "normalità"<br />
del sistema, e poiché questo sistema<br />
è basato su una gerarchia - ristretta e<br />
distinguibile - di piccole e grandi Autorità<br />
locali, di notabili insomma, ecco che il<br />
giornalista diventa un notabile anche lui.<br />
Feltri, e Appelius, in fondo non sono dei<br />
giornalisti "fascisti". Sono semplicemente<br />
dei gerarchi, dei notabili, esattamente<br />
come il sottosegretario dei trasporti o il<br />
podestà di Ravanusa.<br />
Gridare è inutile: meglio parlare tutti<br />
In più, hanno il bisogno fisiologico di<br />
"alzare" emotivamente le "notizie" che<br />
danno ("il Negus è semianalfabeta", "Baldoni<br />
è d'accordo coi terroristi") perché il<br />
valore delle loro notizie dipende principalmente<br />
dall'emotività che veicolano qui<br />
e ora.<br />
Nel caso di Baldoni - del giornalismo di<br />
Baldoni - il background è ben diverso.<br />
Non siamo più in un mondo in cui si aggirano<br />
pochi e stenti segnali. Siamo in un<br />
mondo pieno di informazioni, piccole e<br />
grandi, per lo più immediatamente visibili<br />
nella nostra vita quotidiana.<br />
Il somalo, per me, non è un oggetto esotico<br />
che trovo sul giornale: è semplicemente<br />
il tizio che sta sull'autobus accanto<br />
a me. Siamo nello stesso mondo. Da lui, e<br />
dal suo mondo, mi giungono continuamente<br />
delle informazioni.<br />
Il mondo non è nemmeno più un mondo<br />
notabilare, retto da pochi. E' un mondo ramificato<br />
e complesso, in cui il potere è<br />
dato dal consenso. Se al mio nipotino non<br />
piacciono le patatine McDonald, e questo<br />
finisce nei sondaggi, il presidente Mc Donald<br />
- un uomo potente - è nei guai. Questa<br />
è una novità, una novità che pesa.<br />
Così lo scoop, l'effetto, perdono di valore.<br />
Gridare è quasi inutile, perché qua parlano<br />
tutti.<br />
Un vecchio Mac<br />
Scrivo da un vecchio iMac, in Sicilia, che<br />
era (me lo fece avere mesi fa, sapendo che<br />
ero senza) di un amico pubblicitario, uno<br />
che nel tempo libero se ne andava in giro a<br />
raccontare il mondo ed era, fra le altre cose,<br />
fra i nostri primissimi lettori.<br />
Si affaccia, non malinconico nè debole ma<br />
sereno, un senso di struggimento per chi<br />
avrebbe potuto essere qui a ridere con gli<br />
altri e invece è rimasto là, sulla via dell'umanità<br />
e dell'impegno. Vorremmo che la gioia<br />
collettiva di queste ore, la solidarietà, la forza<br />
che genera, viaggiassero fino a raggiungere<br />
coloro che ne hanno più bisogno e più<br />
merito adesso, i figli di Enzo Baldoni.<br />
(ott.2004)<br />
Una vociata occasionale può turbare il<br />
lettore d'oggi, ma non persuaderlo. Bisogna<br />
convincerlo a poco a poco, sommessamente.<br />
Ragionare. Parlare. Portare le<br />
cose "piccole", ma fondamentali, su cui la<br />
nostra vita si basa, dappertutto. Perciò, se<br />
il giornalismo vecchio era quello dell'"effetto",<br />
il giornalismo moderno è quello<br />
della "storia di vita".<br />
La storia si può raccontare con molti<br />
trucchi tecnici, per lo più molto antichi<br />
(presente Erodoto?). Ma i suoi strumenti<br />
fondamentali appartengono all'intellettuale<br />
umanistico, alla persona; non al "giornalista"<br />
nel senso (specialistico) feltriano.<br />
Io per esempio sono un giornalista perché<br />
so usare XPress, calcolare un battutaggio,<br />
passare un pezzo, mettere in piedi<br />
un cartaceo e così via. Non sono un giornalista<br />
per quel che scrivo. Questo può<br />
farlo "chiunque", con una determinata formazione,<br />
e lo farà tanto meglio quanto più<br />
sarà vivo.<br />
Lo strumento culturale di base non è più<br />
cioè l'appartenenza a un notabilato specialistico,<br />
ma la partecipazione colta e cosciente<br />
alla vita quotidiana delle persone.<br />
Questo significa subito che, se faccio il<br />
giornalista, non sono necessariamente un<br />
notabile: sono semplicemente un tecnico<br />
specializzato (in XPress). Per il resto, valgo<br />
quanto vale la mia sensibilità e la mia<br />
cultura: come tutti.<br />
Come ti libera la tecnologia<br />
Il giornalismo antico aveva dei mezzi di<br />
distribuzione assai limitati. Marco Polo è<br />
riuscito a raccontare quel che aveva visto<br />
solo grazie a una serie di colpi di culo (finire<br />
in cella con un intellettuale) del tutto<br />
imprevedibili. Kipling aveva bisogno di<br />
un editore. E tutti abbiamo avuto bisogno<br />
di rotative, di distributori, di macchine, in<br />
ultima analisi (salvo eccezioni: I <strong>Siciliani</strong>,<br />
Avvenimenti e altri pochi) di un padrone.<br />
Il giornalismo antico è, per sua tecnologia,<br />
coartabile e centralizzato.<br />
Il giornale di Baldoni invece si chiama<br />
Bloghdad.splinder.com. Se vai su Splinder,<br />
puoi farti il tuo giornale - non dico i<br />
contenuti - nel giro d'un paio di ore.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 86
Una mail, un sito, una e-zine...<br />
Difatti, ce ne sono migliaia. Puoi farlo<br />
benissimo anche tu. O puoi fare una mail,<br />
un sito, una e-zine come questa. Puoi comunicare.<br />
Il giornalismo moderno ha dei mezzi di<br />
distribuzione illimitati. Non è centralizzato,<br />
e non è coartabile da nessuno. L'unica<br />
cosa che gli manca è l'antico status notabilare.<br />
Questo è un guaio per il giornalista.<br />
Ma non per il lettore.<br />
Questa trasformazione è avvenuta ormai<br />
da diversi anni, il suo strumento tecnico<br />
è l'internet, la sua ideologia l'umanesimo<br />
e il suo backgound storico la globalizzazione.<br />
Baldoni c'era dentro fino al<br />
collo.<br />
Adesso, naturalmente, è un "giornalista"<br />
anche lui, ora che è morto. Come la Cutuli<br />
(promossa inviata dopo), come Ciriello,<br />
come Beppe Alfano ucciso dai mafiosi in<br />
Sicilia e pagato tremila lire a pezzo, come<br />
quel collega di Catania che in questo momento,<br />
per sopravvivere, sta scaricando<br />
casse e imballaggi all'aeroporto. "Giornalisti"<br />
tutti.<br />
Ma forse è arrivato il momento di separare<br />
le razze. Se Feltri è giornalista, evidentemente<br />
Baldoni non lo è. E viceversa.<br />
Non è un discorso moralistico, come si<br />
dice. E' semplicemente un fatto tecnico, di<br />
mestiere. Fra vent'anni, vedremo chi dei<br />
due sarà considerato storicamente un giornalista<br />
e chi no.<br />
“Amico dei terroristi”, disse Farini<br />
Sarebbe bene che anche coloro che -<br />
notabilarmente - tengono i registri del<br />
"giornalismo" comincino a riflettere un<br />
po' su queste cose. Mi riferisco all'Ordine<br />
dei giornalisti e alla Federazione della<br />
stampa. Sono dei club simpatici, che hanno<br />
avuto una loro funzione ai tempi del<br />
giornalismo antico. Adesso però debbono<br />
decidere se vogliono continuare a occuparsi<br />
di giornalismo o no.<br />
Che fine fanno - tanto per dirne una -<br />
tutte le polemiche di salotto su Farini?<br />
Roberto Farini, braccio destro di Feltri, è<br />
quello che ha affermato che Enzo Baldoni<br />
era amico dei terroristi iracheni.<br />
Promemoria<br />
Gli insulti<br />
a Baldoni<br />
dei “giornalisti”<br />
Feltri e<br />
www.isiciliani.it<br />
L'ha scritto nero<br />
su bianco, avendone<br />
dunque (visto<br />
che è un giornalista)<br />
le prove. Non<br />
l'ha scritto perché<br />
ce l'avesse in particolare<br />
con Baldoni<br />
- che gliene frega -<br />
ma così tanto per<br />
fare lo scoop, per<br />
l'"effetto". Bene:<br />
questo Farini è un<br />
"giornalista" o no?<br />
In questo<br />
momento, nel<br />
sistema dei notabili,<br />
c'è un'autorità<br />
precisa che può<br />
stabilirlo, ed è<br />
l'Ordine dei giornalisti.<br />
Mi aspetto che<br />
esso risponda a<br />
questa domanda,<br />
visto che tocca a lui<br />
rispondere. Se no,<br />
bisognerà pur trarne<br />
qualche conseguenza.<br />
Non è solo l'Ordine il problema...<br />
Non è solo l'Ordine, il notabilato, ad essere<br />
stato povero in questa vicenda. Io<br />
temo che anche la categoria nel suo complesso<br />
abbia capito poco di quel che è<br />
successo con Baldoni.<br />
Il sito non ufficiale più autorevole del<br />
giornalismo italiano è, secondo me, il<br />
Barbiere della Sera. E' nato come "giornale"<br />
spontaneo dei giornalisti, col preciso<br />
intento di mettere in piazza ciò che<br />
succedeva dietro le quinte dell'informazione.<br />
Povero, scattante, appassionato, ha<br />
avuto un suo ruolo preciso in quegli anni.<br />
Poi, come a tanti succede, s'è ingrassato e<br />
s'è ingrandito, e ora è un bel portale di<br />
quelli che appena li clicchi ti sparano subito<br />
i flash di pubblicità. Non lo leggevo<br />
da qualche tempo, l'ho fatto adesso per<br />
vedere il dibattito su Baldoni. Ho trovato<br />
quanto segue:<br />
"Poi però al fine settimana, il nostro si<br />
mette la tutina da Superman e va a giocare<br />
all’inviato di guerra".<br />
"Lo spirito da avventuriero con cui affronta<br />
le sue imprese".<br />
"E non è un caso che anche ai dirigenti<br />
della nostra categoria non sia piaciuto<br />
questo finto inviato di guerra".<br />
"Deaglio, snob della sinistra, vergognati!".<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 87<br />
"Non conosco personalmente Enzo Baldoni,<br />
ma che sia un personaggio un po'<br />
egocentrico, e forse anche leggero ma non<br />
per questo buono...".<br />
"Baldoni è simpatico, ma, ripeto, NON<br />
lo considero un giornalista".<br />
"Una persona così è un danno per la categoria".<br />
Questa, naturalmente, non era l'opinione<br />
di tutti. La maggior parte degli interventi<br />
erano complessivamente civili. Ma<br />
c'erano anche questi - una consistente minoranza<br />
- e facevano opinione.<br />
Notabili o giornalisti?<br />
Anche le giornaliste Rai, se ve lo ricordate,<br />
erano "amiche dei terroristi". Quelle<br />
inviate in Iraq, durante e dopo la guerra:<br />
sono state insultate esattamente come Baldoni,<br />
perché "non erano professionali",<br />
erano "simpatizzanti di Saddam" e compagnia<br />
bella. Va bene: in questo momento,<br />
purtroppo, la cultura di destra in Italia è<br />
ridotta a un livello molto basso, e ne escono<br />
cose come queste.<br />
Potremmo "buttarla in politica", e finirla<br />
qui. Purtroppo, il problema è più profondo<br />
e riguarda la complessiva concezione<br />
del giornalismo in Italia, l'uscita - per<br />
chi vuole e può - dal notabilato e il ruolo,<br />
nel giornalismo moderno,dei "giornalisti".<br />
(La Catena di San Libero, 30 agosto 2004 n. 246)
www.isiciliani.it<br />
IL FILO<br />
Vivere<br />
sotto le bombe<br />
di Giuseppe Fava<br />
“Lungo la strada,<br />
accanto al cimitero,<br />
c'erano quattrocento<br />
miei<br />
compaesani morti nel<br />
bombardamento di sette<br />
giorni prima, una<br />
montagna di corpi<br />
spezzati, divelti, gonfi,<br />
dilaniati, putrefatti, e<br />
in mezzo a loro c'erano<br />
esseri umani che per<br />
anni io avevo salutato<br />
per strada”<br />
Le bombe che distrussero il mio paese<br />
Io ero un ragazzo e rimasi ferito sotto<br />
un bombardamento aereo che distrusse il<br />
mio paese. Ebbi una gamba e un braccio<br />
spezzati, e un occhio quasi lacerato da una<br />
scheggia. Mi tennero una settimana in un<br />
ospedale da campo, mi ricucirono le ferite<br />
e tolsero le schegge senza anestesia.<br />
Ci davano un pomodoro al giorno per<br />
sopravvivere, dopo una settimana finirono<br />
anche i pomodori. Allora scappai; avevo<br />
ancora le stesse bende insanguinate e putrefatte<br />
del primo giorno, avevo perduto<br />
dieci chili, con quella gamba spezzata<br />
percorsi venti chilometri per tornare al<br />
mio paese, volevo soprattutto disperatamente<br />
sapere se mia madre era ancora<br />
viva.<br />
____________________________________<br />
La Fondazione Fava<br />
La fondazione nasce nel 2002 per mantenere<br />
vivi la memoria e l’esempio di Giuseppe Fava,<br />
con la raccolta e l’archiviazione di tutti i suoi<br />
scritti, la ripubblicazione dei suoi principali libri,<br />
l'educazione antimafia nelle scuole, la promozione<br />
di attività culturali che coinvolgano i <strong>giovani</strong><br />
sollecitandoli a raccontare<br />
Il sito permette la consultazione<br />
gra tuita di tutti gli articoli di Giuseppe<br />
Fava sui <strong>Siciliani</strong>. Per consultare<br />
gli archivi fotografi co e teatrale,<br />
o altri testi, o acquistare i libri della Fondazione,<br />
scrivere a elenafava@fondazionefava.it<br />
mariateresa.ciancio@virgilio.it<br />
____________________________________<br />
Il sito “I <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava”<br />
Pubblica tesi su Giuseppe Fava e i <strong>Siciliani</strong>, da<br />
quelle di Luca Salici e Rocco Rossitto, che ne<br />
sono i curatori. E' un archivio, anzi un deposito<br />
operativo, della prima generazione dei <strong>Siciliani</strong>.<br />
Senza retorica, senza celebra zioni,<br />
semplicemente uno strumento di<br />
lavoro. Serio, concreto e utile: nel<br />
nostro stile.<br />
“Seppellisci quei morti!”<br />
Quando arrivai alla periferia del mio<br />
paese distrutto, c'erano i soldati inglesi<br />
che rastrellavano i vecchi contadini e i ragazzi<br />
delle campagne. Presero anche me e<br />
mi dettero una vanga. “Seppellisci quei<br />
morti!” dissero.<br />
Lungo la strada, accanto al cimitero,<br />
c'erano quattrocento miei compaesani<br />
morti nel bombardamento di sette giorni<br />
prima, una montagna di corpi spezzati, divelti,<br />
gonfi, dilaniati, putrefatti, e in mezzo<br />
a loro c'erano esseri umani che per anni<br />
io avevo salutato per strada, ragazzi con<br />
cui avevo giocato, certo anche miei compagni<br />
di scuola, nessuno tuttavia riconoscibile<br />
poiché nessuno aveva sembianza<br />
umana. Con le baionette innestate i soldati<br />
inglesi ci spinsero verso quella cosa orrenda.<br />
“Seppelliteli!”.<br />
Con i bulldozer avevano scavato<br />
un'immensa fossa in un campo. Io ero un<br />
ragazzo, con la gamba e il braccio spezzati,<br />
una crosta di sangue su mezza faccia e<br />
almeno cinque o sei schegge ancora dentro<br />
che l'ufficiale medico non aveva avuto<br />
tempo di estrarmi, pesavo altri dieci chili<br />
di meno e soprattutto ero convinto che sarei<br />
morto per la fame.<br />
Ero cioè in uno di quei momenti eccezionali<br />
della vita (può capitare una volta,<br />
talvolta non capita mai) in cui ci si sente<br />
disposti a un gesto di eroismo.<br />
Perciò finalmente dissi: “Perché io?”. E<br />
l'ufficiale inglese, con la benda bianca sul<br />
naso e il berretto rosso disse dolcemente<br />
su per giù: “because you fall the war and<br />
those are your dead people!”. Pressappoco:<br />
perché tu hai perduto la guerra e questo<br />
è il tuo popolo sconfitto!<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 88
www.isiciliani.it<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
Rivista di politica, attualità e cultura<br />
Webmaster: Max Guglielmino max.guglielmino@isiciliani.org<br />
Net engineering: Carlo Gubitosa gubi@isiciliani.it<br />
Art director: Luca Salici lsalici@isiciliani.it<br />
Revisione testi: Sabina Longhitano ignazia@mail.com<br />
Web editing: Salvo Ognibene salvatoreognibene@hotmail.it<br />
Ebook editing: Carmelo Catania carmelo.catania@gmail.com<br />
Coordinamento: Giovanni Caruso gcaruso@isiciliani.it<br />
Segreteria di redazione: Riccardo Orioles riccardo@isiciliani.it<br />
Progetto grafico di Luca Salici<br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>/ Reg.Trib.Catania n.23/2011 del 20/09/2011 / d.responsabile riccardo orioles<br />
redazione:<br />
redazione@isiciliani.it<br />
tel. 3481223253<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 89
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
www.isiciliani.it<br />
Una piccola<br />
Giambattista<br />
Scidà e Gian<br />
Carlo Caselli<br />
sono stati fra<br />
i primissimi<br />
promotori della<br />
rinascita dei <strong>Siciliani</strong>.<br />
Lo spirito di un<br />
giornale<br />
"Un giornalismo fatto di<br />
verità impedisce molte<br />
corruzioni, frena la<br />
violenza e la criminalità,<br />
accelera le opere<br />
pubbliche indispensabili.<br />
pretende il funzionamento<br />
dei servizi sociali. tiene<br />
continuamente allerta le<br />
forze dell'ordine, sollecita<br />
la costante attenzione<br />
della giustizia, impone ai<br />
politici il buon governo".<br />
Giuseppe Fava
libertà<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
www.isiciliani.it<br />
SOTTOSCRIVI PER I SICILIANI GIOVANI<br />
IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
Associazione I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
Cronache<br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> rivista di politica, attualità e cultura<br />
fatta da: Gian Carlo Caselli, Nando dalla Chiesa, Antonio Roccuzzo,<br />
Giovanni Caruso, Margherita Ingoglia, Norma Ferrara, Michela<br />
Mancini, Sara Spartà, Francesco Feola, Luca Rossomando, Lorenzo<br />
Baldo, Aaron Pettinari. Salvo Ognibene, Beniamino Piscopo, Giulio<br />
Cavalli, Paolo Fior, Arnaldo Capezzuto, Pino Finocchiaro, Luciano<br />
Mirone, Rino Giacalone, Ester Castano, Antonio Mazzeo, Carmelo<br />
Catania, Giacomo Di Girolamo, Francesco Appari, Leandro Perrotta,<br />
Giulio Pitroso, Giorgio Ruta, Carlo Gubitosa, Mauro Biani, Kanjano,<br />
Luca Ferrara, Luca Salici, Jack Daniel, Anna Bucca, Grazia Bucca,<br />
Luciano Bruno, Antonello Oliva, Elio Camilleri, Fabio Vita, Diego<br />
Gutkowski, Giovanni Abbagnato, Pietro Orsatti, Roberto Rossi, Bruna<br />
Iacopino, Nerina Platania, Nadia Furnari, Riccardo De Gennaro, Fabio<br />
D'Urso, Sabina Longhitano, Salvo Vitale.<br />
www.isiciliani.it<br />
SOTTOSCRIVI IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
Associazione I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica
dalla vita com'è<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
redazione@isiciliani.it<br />
Webmaster: Max Guglielmino. Net engineering: Carlo<br />
Gubitosa. Art director: Luca Salici. Coordinamento:<br />
Giovanni Caruso e Massimiliano Nicosia. Segreteria di<br />
redazione: Riccardo Orioles.<br />
Progetto grafico di Luca Salici<br />
Gli ebook<br />
dei <strong>Siciliani</strong><br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> sono stati fra i primissimi in Italia ad<br />
adottare le tecnologie Issuu, a usare tecniche di<br />
impaginazione alternative, a trasferire in rete e su Pdf i<br />
prodotti giornalistici tradizionali. Niente di strano,<br />
perché già trent'anni fa i <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava<br />
furono fra i primi in Italia ad adottare ad esempio la<br />
fotocomposizione fin dal desk redazionale.<br />
Gli ebook dei <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, che affiancano il<br />
giornale, si collocano su questa strada ed affrontano<br />
con competenza e fiducia il nuovo mercato editoriale<br />
(tablet, smartphone, ecc.), che fra i primi in Italia hanno<br />
saputo individuare.<br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>/ Reg.Trib.Catania n.23/2011 del 20/09/2011 / Dir.responsabile Riccardo<br />
Orioles/ Associazione culturale I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, via Cordai 47, Catania / 30 agosto 2012<br />
www.isiciliani.it
www.isiciliani.it<br />
Ai lettori 1984<br />
Caro lettore, sono in tanti, oggi, ad accusare la Sicilia<br />
di essere mafiosa: noi, che combattiamo la mafia in<br />
prima fila, diciamo invece che essa è una terra ricca di<br />
tradizioni, storia, civiltà e cultura, tiranneggiata dalla<br />
mafia ma non rassegnata ad essa. Questo, però,<br />
bisogna dimostrarlo con i fatti: è un preciso dovere di<br />
tutti noi siciliani, prima che di chiunque altro; di fronte<br />
ad esso noi non ci siamo tirati indietro.<br />
Se sei siciliano, ti chiediamo francamente di aiutarci,<br />
non con le parole ma coi fatti. Abbiamo bisogno di<br />
lettori, di abbonamenti, di solidarietà. Perciò ti<br />
abbiamo mandato questa lettera: tu sai che dietro di<br />
essa non ci sono oscure manovre e misteriosi centri di<br />
potere, ma semplicemente dei siciliani che lottano per<br />
la loro terra. Se non sei siciliano, siamo del tuo stesso<br />
Paese: la mafia, che oggi attacca noi, domani<br />
travolgerà anche te.<br />
Abbiamo bisogno di sostegno, le nostre sole forze non<br />
bastano. Perciò chiediamo la solidarietà di tutti i<br />
siciliani onesti e di tutti coloro che vogliono lottare<br />
insieme a loro. Se non l'avremo, andremo avanti lo<br />
stesso: ma sarà tutto più difficile.<br />
I <strong>Siciliani</strong><br />
Ai lettori 2012<br />
Quando abbiamo deciso di continuare il percorso,<br />
mai interrotto, dei <strong>Siciliani</strong>, pensavamo che questa<br />
avventura doveva essere di tutti voi. Voi che ci avete<br />
letto, approvato o criticato e che avete condiviso con<br />
noi un giornalismo di verità, un giornalismo giovane<br />
sulle orme di Giuseppe Fava.<br />
In questi primi otto mesi, altrettanti numeri dei<br />
<strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> sono usciti in rete e i risultati ci<br />
lasciano soddisfatti, al punto di decidere di uscire entro<br />
l'anno anche su carta e nel formato che fu<br />
originariamente dei <strong>Siciliani</strong>.<br />
Ci siamo inoltre costituiti in una associazione<br />
culturale "I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>", che accoglierà tutti i<br />
componenti delle varie redazioni e testate sparse da<br />
nord a sud, e chi vorrà affiancarli.<br />
Pensiamo che questo percorso collettivo vada<br />
sostenuto economicamente partendo dal basso,<br />
partendo da voi. Basterà contribuire con quello che<br />
potrete, utilizzando i mezzi che vi proporremo nel<br />
nostro sito.<br />
Tutto sarà trasparente e rendicontato, e per essere<br />
coerenti col nostro percorso abbiamo deciso di<br />
appoggiarci alla "Banca Etica Popolare", che con i suoi<br />
principi di economia equa e sostenibile ci garantisce<br />
trasparenza e legalità.<br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong><br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
Chi sostiene i <strong>Siciliani</strong><br />
Una pagina dei <strong>Siciliani</strong> del 1993<br />
Nel 1986, e di nuovo nel 1996, i <strong>Siciliani</strong><br />
dovettero chiudere per mancanza di<br />
pubblicità, nonostante il successo di<br />
pubblico e il buon andamento delle<br />
vendite. I redattori lavoravano gratis, ma<br />
gli imprenditori non sostennero in alcuna<br />
maniera il giornale che pure si batteva per liberare anche<br />
loro dalla stretta mafiosa.<br />
Non è una pagina onorevole, nella storia dell'imprenditoria<br />
siciliana.<br />
SOTTOSCRIVI IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
Associazione I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
In rete, e per le strade<br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> che cos'è<br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> è un giornale, è un pezzo di storia,<br />
ma è anche diciotto testate di base - da Milano a<br />
Modica, da Catania a Roma, da Napoli a Bologna, a<br />
Trapani, a Palermo - che hanno deciso di lavorare<br />
insieme per costituire una rete.<br />
Non solo inchieste e denunce, ma anche il racconto<br />
quotidiano di un Paese giovane, fatto da <strong>giovani</strong>, vissuto in<br />
prima persona dai protagonisti dell'Italia di domani. Fuori dai<br />
palazzi. In rete, e per le strade.<br />
facciamo rete!<br />
www.isiciliani.it
“a che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?”<br />
Per dare una mano:<br />
IT 28 B 05018 04600 000000148119