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Nuova sede Università Bocconi Tra audacia architettonica e sfide ...

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PROGETTI<br />

<strong>Nuova</strong> <strong>sede</strong> Università ‘L. <strong>Bocconi</strong>’ di via Roentgen, Milano, ingresso<br />

<strong>Nuova</strong> <strong>sede</strong><br />

Università <strong>Bocconi</strong><br />

<strong>Tra</strong> <strong>audacia</strong><br />

<strong>architettonica</strong><br />

e <strong>sfide</strong> costruttive<br />

Quando la nuova <strong>sede</strong> dell’università ‘Luigi <strong>Bocconi</strong>’ di Milano<br />

era ancora un progetto, l’area tra Viale Bligny e via Roentgen<br />

dove sorge ora, imponente, l’edificio inaugurato l’autunno<br />

scorso con l’apertura dell’anno accademico, ospitava l’ultimo<br />

ciclo di vita dei depositi della SGEA, la società di trasporto<br />

interurbano degli autobus che per anni avevano collegato la<br />

bassa Lombardia con Milano.<br />

Anni di gloriosa attività che, però, lasciarono in eredità<br />

l’inevitabile inquinamento del suolo e il compito a chi avviò<br />

i lavori sull’area di operare una salutare quanto laboriosa<br />

bonifica. Subito dopo iniziarono gli scavi sul rettangolo del lotto<br />

arrivando sino ad una profondità di circa 19 metri ben oltre a<br />

dove si trova, in quel punto, la falda acquifera di Milano.<br />

foto fbi-milano.com per GDM Costruzioni Spa<br />

28


Il cantiere, fondazioni e prime elevazioni<br />

foto fbi-milano.com per GDM Costruzioni Spa<br />

Jet grouting e impermeabilizzazione del cantiere<br />

“Noi arrivammo poco dopo quella fase mentre si stavano<br />

concludendo le opere provvisionali che la <strong>Bocconi</strong> aveva<br />

fatto realizzare”, ricorda l’ingegnere Alessandro Boe che<br />

ha svolto, durante i lavori, il ruolo di Responsabile Ufficio<br />

tecnico per “GDM Costruzioni”, l’impresa costruttrice<br />

dell’edificio. “Vinta la gara d’appalto, nel luglio del 2004<br />

iniziammo le nostre attività in cantiere e ci trovammo<br />

subito di fronte ad una sfida molto impegnativa. I piani<br />

interrati dovevano collocarsi a circa 18 metri sotto terra e ci<br />

trovavamo di fatto in piena falda con un battente d’acqua<br />

di sei metri d’altezza, era in corso l’attività di jet grouting,<br />

un trattamento che prevede l’iniezione ad alta pressione di<br />

cemento nel terreno allo scopo di consolidarlo. L’obiettivo<br />

era quello di realizzare un tampone di fondo di 5 metri<br />

di spessore che doveva contrastare la spinta idrostatica<br />

dell’acqua e consentire a noi di lavorare per costruire su<br />

tutto il lotto una vasca impermeabile di 18 metri di altezza<br />

sulla quale erigere le fondazioni. Il problema era che, data<br />

l’estensione del lotto, queste attività ad un certo punto si<br />

accavallavano con le nostre. Abbiamo lavorato, come si dice<br />

in avanzamento. Appena un’area finiva di essere trattata<br />

con il jet grouting si scavava via il materiale e l’acqua<br />

soprastanti e poi si procedeva con l’impermeabilizzazione.<br />

Siamo andati avanti così per oltre un anno. Non è stato<br />

semplice”.<br />

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<strong>Tra</strong>vi di copertura, fasi realizzative<br />

Le fondazioni<br />

Così come l’innalzamento delle fondazioni. “La parte<br />

più difficile di un cantiere - riprende il tecnico di GDM<br />

Costruzioni - è, come noto a chi lavora nel settore, quella<br />

di uscire dalle fondazioni. Quando sei arrivato a piano terra<br />

hai già fatto la metà del lavoro. Nel nostro caso abbiamo<br />

realizzato una platea uniforme di fondazioni delle dimensioni<br />

della vasca, un getto di calcestruzzo con uno spessore di due<br />

- tre metri a coprire l’ingombro in piano dell’edificio che è<br />

largo 60 metri e lungo circa 160”.<br />

“Se si tiene conto che una macchina betoniera porta al<br />

massimo 10 metri cubi di calcestruzzo si può immaginare<br />

quanto questa fase abbia richiesto in termini di energie e<br />

capacità organizzative. Certi giorni siamo arrivati anche a getti<br />

di 500 metri cubi con l’arrivo sul cantiere di 50 betoniere. I<br />

mezzi partivano dall’impianto di produzione, attraversavano<br />

Milano e dovevano arrivare al cantiere entro il tempo limite<br />

stabilito di 120 minuti, perché oltre il calcestruzzo trasportato<br />

dalla betoniera degrada e non ha più le caratteristiche per<br />

essere gettato e utilizzato”.<br />

Il ceppo di Grè<br />

Sul tavolo della sala riunioni della <strong>sede</strong> GDM Costruzioni<br />

di Peschiera Borromeo ci sono alcune immagini dell’edificio<br />

completato. “Inizialmente - dice l’ingegnere Boe - per quanto<br />

riguarda la finitura estetica delle facciate il progetto delle<br />

Grafton non era come lo vediamo oggi con il rivestimento<br />

in pietra. Era, anzi, completamente in cemento armato a<br />

vista e non venne molto gradito dalla committenza che<br />

preferiva, invece, l’uso di materiale lapideo che si avvicinasse<br />

molto di più al calcestruzzo. Allora le architette fecero una<br />

cosa molto semplice quanto intelligente. Effettuarono<br />

alcune ‘passeggiate’ per Milano e si ripresentarono con<br />

la nuova scelta, il ceppo di Grè, definendolo ‘geological<br />

concrete’. E fu, a mio parere una scelta molto azzeccata.<br />

Questo materiale, che viene da una cava situata nei<br />

pressi del Lago d’Iseo, è stato, infatti, largamente usato<br />

a Milano negli anni ’50, e anche dopo, per realizzare la<br />

zoccolatura dei palazzi e proteggerne la base dalla pioggia.<br />

È un materiale che si legge molto nel tessuto urbano della<br />

città”.<br />

foto fbi-milano.com per GDM Costruzioni Spa<br />

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foto fbi-milano.com per GDM Costruzioni Spa<br />

Fase esecutiva di realizzazione dei solai appesi<br />

Il calcestruzzo autocompattante per l’interno dei muri in<br />

elevazione<br />

Tornando alle ‘<strong>sfide</strong>’ “il secondo problema di rilevo che<br />

abbiamo risolto – spiega il tecnico di GDM Costruzioni<br />

– è stato quello relativo al calcestruzzo da utilizzarsi per<br />

l’interno dei muri in elevazione, quelli dei setti verticali<br />

sui quali poi avremmo posato le travi della copertura.<br />

Da progetto questi muri dovevano essere realizzati con<br />

estrema cura riguardo all’aspetto estetico. Ci venne quindi<br />

richiesta l’adozione di un calcestruzzo particolare, molto<br />

fluido e non tanto utilizzato in Italia. Questo calcestruzzo<br />

si chiama SCC, acronimo di Self-Conpacting Concrete, in<br />

italiano autocompattante. La sua caratteristica è quella di<br />

comportarsi particolarmente bene nel confezionamento di<br />

elementi di cemento che presentano molte irregolarità delle<br />

superfici e una fitta rete di armatura. E una volta seccato<br />

risulta più liscio al tatto e gradevole alla vista. Ma per ottenere<br />

queste prestazioni occorre fare molta attenzione alla miscela.<br />

Nel nostro caso, infatti, nelle prime prove eseguite sui modelli<br />

riscontrammo un problema di ‘vaiolature’ sulla facciata del<br />

Quantità di opere e componenti<br />

Opere di jet grouting (cemento iniettato) 55.000,00 mc<br />

Calcestruzzo per opere<br />

di sottofondazione non armate (Magroni) 3.472,20 mc<br />

Calcestruzzo in opera per opere<br />

in cemento armato (fondazioni)<br />

65.472,50 mc<br />

Calcestruzzo autocompattante<br />

(travi parete e pilastroni)<br />

16.528,50 mc<br />

Fornitura, lavorazione e posa<br />

di tondo per cemento armato,<br />

barre ad aderenza migliorata 8.620,00 t.<br />

Fornitura, lavorazione e posa,<br />

rete elettrosaldata per pavimenti industriali 50.627,50 kg.<br />

Piastra tipo F e B 430 inserite<br />

nel getto del solaio 151,66 t.<br />

Carpenteria metallica per strutture portanti<br />

in opera (tubi verticali) 339,00 t.<br />

Struttura in carpenteria metallica<br />

tipo F e B 510 (p. tecnico + testate) 845,00 t.<br />

Casseforme per getti in calcestruzzo,<br />

rampe scale, carraie ed elevazioni<br />

108.900,00 mq<br />

Casseforme per getti in calcestruzzo,<br />

travi, pilastri, solette<br />

154.500,00 mq<br />

Cavi scorrevoli per sospensione solai (verticali) 36.000,00 ml<br />

Cavi scorrevoli per trave post-tesa (orizzontali) 302.000,00 ml<br />

Corrimani e parapetti metallici<br />

4.044,00 ml<br />

Facciate in alluminio e vetro esterne 20.520,00 mq<br />

Intonaci<br />

23.111,00 mq<br />

Lattoneria in acciaio inox<br />

20.588,00 kg<br />

Manto impermeabile<br />

10.829,00 mq<br />

Murature e tavolati<br />

15.253,00 mq<br />

Rivestimenti di facciata e coperture in pietra 11.200,00 mq<br />

Pavimentazioni industriali<br />

14.465,00 mq<br />

Pavimenti in pietra interni, esterni e scale 19.378,00 mq<br />

Pitturazione con idropittura nei colori RAL 25.090,00 mq<br />

Idrorepellente per getti in C.A.<br />

148.815,00 mq<br />

Porte n. 356<br />

31


ANNO I | n. 4 | LUGLIO - AGOSTO 2009<br />

calcestruzzo, causate da un mancato rilascio dell’aria. Un<br />

problema non semplice da risolvere perché questo tipo di<br />

calcestruzzo non può essere ‘vibrato’ come quelli tradizionali<br />

e deve rilasciare l’aria in modo naturale. Prima di raggiungere<br />

un risultato ritenuto accettabile dalla committenza abbiamo<br />

dovuto effettuare numerose prove con diverse ricette e diversi<br />

possibili fornitori. Sul cantiere è venuto anche il Politecnico<br />

di Milano che ha condotto degli studi e ha raccolto dati<br />

importanti per aggiornare la normativa su questo tipo di<br />

calcestruzzo. Al termine dei lavori anche noi abbiamo fatto<br />

dei calcoli al proposito ed è emerso che in questo cantiere<br />

è stato utilizzato il maggiore quantitativo di calcestruzzo<br />

autocompattante a livello nazionale”.<br />

I solai appesi e l’assenza di pilastri a terra<br />

Dal punto di vista strutturale, però, la difficoltà maggiore<br />

riscontrata nella realizzazione dell’edificio, come spiega<br />

ancora Alessandro Boe, “sta nel fatto che è caratterizzato<br />

da solai fuori terra appesi. A differenza di quanto si fa di<br />

norma, ovvero si crea un piano, si fa il solaio, poi si fa il<br />

piano successivo e un altro solaio, con la <strong>sede</strong> della <strong>Bocconi</strong><br />

si è dovuto procedere in modo differente. Abbiamo prima<br />

realizzato i setti in cemento armato alti circa 30 metri e<br />

posti ad un intervallo di 24 metri l’uno dall’altro. Abbiamo<br />

quindi posato delle travi di cemento armato a collegare i<br />

setti. Poi abbiamo calato dei tiranti in acciaio e siamo<br />

ripartiti dal basso verso l’alto realizzando sei piani di solai.<br />

Se uno cammina al piano terra non trova dei pilastri perché<br />

le loro veci in realtà vengono fatte dai tiranti che sono<br />

foto fbi-milano.com per GDM Costruzioni Spa<br />

L'esterno dell'edificio visto dall'angolo tra viale Bligny e via Roentgen<br />

Il progetto<br />

L’edificio della nuova <strong>sede</strong> dell’Università ‘Luigi <strong>Bocconi</strong>’ di<br />

Milano è stato realizzato su progetto dello studio irlandese<br />

Grafton Architects di Shelley McNamara e Yvonne Farrell<br />

che ha vinto, nel 2001, il Concorso internazionale bandito<br />

dall’Ateneo milanese.<br />

Premiata nel 2008 dalla giuria del World Architecture<br />

Festival di Barcellona quale migliore edificio dell’anno nella<br />

categoria ‘formazione’, la nuova struttura, dislocata fra viale<br />

Bligny e via Roentgen (dove è situato l’ingresso) si sviluppa<br />

su una superficie complessiva di circa 68.000 metri quadrati<br />

distribuiti su 6 piani fuori terra e tre interrati.<br />

Al suo interno trovano posto, oltre alla magnifica e futuristica<br />

Aula magna con 1.000 posti, 731 uffici per 1.240 postazioni<br />

di lavoro per i dipartimenti e centri di ricerca dell’Università,<br />

un foyer di 2.500 metri quadrati, uno spazio espositivo di<br />

500 metri quadrati. Il parcheggio, interrato, può ospitare<br />

200 auto.<br />

Dal punto di vista architettonico il progetto, che si<br />

caratterizza, nella forma, per la sapiente combinazione fra la<br />

serie di parallelepipedi che ospitano gli uffici e il sottostante<br />

blocco dove è situata l’Aula magna, “ruota – come si legge<br />

nella presentazione dell’Università <strong>Bocconi</strong> – intorno a due<br />

idee di base: volumi flottanti e diffusione della luce naturale.<br />

Le solette dell’edificio Grafton non poggiano su pilastri ma<br />

sono appese, attraverso tiranti in acciaio, a grosse travi: un<br />

principio strutturale simile a quello dei ponti. L’effetto è un<br />

susseguirsi di ambienti aperti, scale ed elementi in cemento<br />

armato che sembrano sospesi nell’aria. L’impatto visivo è<br />

ulteriormente alleggerito dall’ampia e generosa presenza di<br />

vetrate e aperture, che convogliano la luce naturale fin nel<br />

sottosuolo”.<br />

All’esterno, invece, “in risposta alla personalità di Milano” i<br />

cui palazzi hanno “le facciate fredde e gli interni accoglienti”,<br />

come scrivono Shelley McNamara e Yvonne Farrel di<br />

Grafton Architects, l’edificio presenta un profilo “che è<br />

come uno ‘scudo’ roccioso”. Una ‘cortina’ realizzata con il<br />

ceppo di Grè, materiale che ha ben corrisposto alle esigenze<br />

delle progettiste che volevano “dare un senso di profondità,<br />

densità e massa, poiché questa è la caratteristica di molti<br />

edifici milanesi”.<br />

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in appensione attaccati alla trave in alto. La trave in alto<br />

scarica sui setti ed è così che si è potuto evitare la consueta<br />

maglia fitta di pilastri a terra creando quello spazio aperto<br />

che tanto caratterizza l’edificio”.<br />

Il cemento armato post-teso per le travi di copertura<br />

Proprio per il ruolo importante che giocano all’interno<br />

della struttura, per le travi di copertura (52 tra primarie e<br />

secondarie) è stato utilizzato cemento armato post-teso che<br />

prevede l’inserimento di cavi di post tensione in acciaio che<br />

attraversano la trave andando ad aumentarne le prestazioni.<br />

I cavi, circa 160 per trave, sono stati inseriti all’interno<br />

dell’armatura prima delle gettata e tesati con delle testate<br />

di tiro. “Questa soluzione - riprende l'ingegnere di GDM<br />

Costruzioni - è risultata molto più conveniente rispetto a<br />

quella prevista inizialmente: travi in acciaio alte 3,40 metri<br />

e lunghe 24 metri che dovevano essere fatte realizzare<br />

da qualche parte in Italia e poi trasportate in cantiere<br />

con tutte le problematiche in termini di logistica che si<br />

possono immaginare. Così, invece, come si è convenuto<br />

con i progettisti, abbiamo confezionato le travi in quota,<br />

portando prima su l’armatura e i cavi e poi gettando”.<br />

“Di questo edificio ammiro l’<strong>audacia</strong> degli aggetti”<br />

Un ultimo sguardo all’edificio è una domanda d’obbligo.<br />

Ora che è finito, ingegnere Boe, che ne pensa, cosa la<br />

colpisce di più? “Dipende da dove e come lo si guarda<br />

- la risposta - . C’è <strong>audacia</strong> in determinate scelte. Se<br />

guardo l’Aula magna dall’esterno, guardo lo spigolo<br />

dalla via Roentgen, riesco a percepire un elemento<br />

massiccio che è un grande aggetto, un grande sbalzo<br />

che dà una sensazione di imponenza, di forza. E questo<br />

mi piace molto. Gli sbalzi nelle costruzioni sono, a mio<br />

parere, gli elementi che esprimono meglio l’<strong>audacia</strong> dei<br />

progettisti. Si parla spesso di edifici alti, di grattacieli<br />

di centinaia di metri di altezza presupponendo che<br />

l’<strong>audacia</strong> sia quella di andare in elevazione. Invece in<br />

realtà non è così. Il limite è in orizzontale. Sa perché,<br />

per esempio, si parla tanto del ponte di Messina?<br />

Perchè la difficoltà di una costruzione di quel genere<br />

sta nell’unica campata da 3.300 metri. E le assicuro che<br />

è più difficile costruire un ponte con una grande ‘luce’<br />

piuttosto che un edificio di grande altezza. La tecnologia<br />

ci supporta molto di più nel procedere in altezza e la<br />

vera sfida non è salire di altri 50 metri ma vincere la<br />

gravità con un elemento in aggetto. L’aula magna della<br />

<strong>sede</strong> <strong>Bocconi</strong> dà questa sensazione. Così come il resto<br />

dei blocchi dell’edificio per le modalità con le quali<br />

sono stati concepiti. Questo effetto probabilmente non<br />

viene percepito pienamente da chi si muove in interno<br />

o passa dall’esterno. Ma chi ha vissuto le fasi realizzative<br />

e ha incontrato problematiche sulle grandi luci, sulle<br />

grandi campate tra gli appoggi, ne ha un’altra lettura”.<br />

CAODURO ® s.p.a<br />

CAVAZZALE - VICENZA<br />

info@caoduro.it - www.caoduro.it

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