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IL METABOLISMO GLUCIDICO RICHIAMI SULLA ... - life and fitness

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MODULO 3 – <strong>IL</strong> <strong>METABOLISMO</strong> <strong>GLUCIDICO</strong><br />

<strong>RICHIAMI</strong> <strong>SULLA</strong> CHIMICA DEI CARBOIDRATI<br />

Introduzione<br />

I carboidrati sono macromolecole organiche molto abbondanti in natura. Essi svolgono funzioni<br />

metaboliche e strutturali in diversi sistemi biologici: sono sintetizzati dalle piante tramite la fotosintesi,<br />

ed alcuni di essi rappresentano la fonte di energia principale per i sistemi non fotosintetici. Dal punto di<br />

vista chimico sono poliidrossialdeidi o poliidrossichetoni.<br />

In base alla loro complessità sono distinti in:<br />

monosaccaridi,<br />

oligosaccaridi<br />

polisaccaridi.<br />

Il glucosio rappresenta il monosaccaride più importante per la biochimica dei mammiferi, essendo il<br />

combustibile principale. Il ribosio, il galattosio e il glicogeno sono altri zuccheri con rilevanza biomedica.<br />

Obiettivi<br />

La lezione riprenderà le caratteristiche chimiche e fisiche fondamentali dei saccaridi, informazioni<br />

necessarie per meglio comprendere il ruolo biologico e l’importanza biochimica di questa classe di<br />

composti.<br />

I carboidrati<br />

La maggior parte dei carboidrati, detti anche saccaridi o glucidi, è riconducibile alla formula chimica<br />

generale C n (H 2 O) n .<br />

Presentano almeno un gruppo aldeidico o chetonico e funzioni alcoliche coniugate a ciascun atomo di<br />

carbonio. I carboidrati che non possono essere idrolizzati a saccaridi più semplici sono detti monosaccaridi.<br />

L’unione tra più unità monosaccaridiche porta alla formazione di oligosaccaridi e polisaccaridi.


I monosaccaridi comprendono polidrossialdeidi e poliidossichetoni non ramificati con tre-nove atomi di<br />

carbonio. Sono distinti in aldosi e chetosi in base al gruppo funzionale presente e quindi nominati triosi,<br />

tetrosi, pentosi, esosi, etc in base al numero di atomi di carbonio.<br />

Gliceraldeide e diidrossiacetone (triosi) sono i monosaccaridi più semplici.


Esistono due stereoisomeri della gliceraldeide, la forma D e la forma L, che si distinguono per la diversa<br />

conformazione dell’atomo centrale della molecola, che è un atomo chirale o asimmetrico. I due<br />

stereoisomeri sono l’uno l’immagine speculare dell’altro e presentano proprietà chimiche identiche, ma<br />

diverse proprietà fisiche. Tipicamente presentano proprietà ottiche diverse (potere rotatorio specifico<br />

identico per valore assoluto ma opposto per segno) e, per questo, vengono anche definiti isomeri ottici. D-<br />

ed L-gliceraldeide possono essere considerati le molecole capostipite di due famiglie di isomeri di<br />

monosaccaridi: gli isomeri della serie D e quelli della serie L. I monosaccaridi contengono infatti più atomi<br />

chirali e quindi esistono in natura come stereoisomeri. L’appartenenza di un monosaccaride all’una o<br />

all’altra classe viene determinata in base alla conformazione dell’atomo chirale più distante (nella<br />

proiezione di Fisher) dal gruppo funzionale aldeidico o chetonico.


I monosaccaridi con cinque o più atomi di carbonio esistono in natura non solo sotto forma di molecole<br />

lineari, descritte dalla rappresentazione di Fisher, ma anche come molecole cicliche. Queste sono<br />

prodotte dalla reazione del gruppo aldeidico o chetonico con una funzione alcolica della stessa molecola, a<br />

formare rispettivamente un semi-acetale o semi-chetale.<br />

Tale reazione intracatenaria dà luogo ad un anello eterociclico (un vertice occupato dall’ossigeno) che<br />

presenta un’ulteriore atomo chirale in posizione 1 e dà luogo a due isomeri ottici definiti anomero α e β.<br />

Nella rappresentazione di Haworth, l’anomero α presenta l’ossidrile semiacetalico, legato al carbonio<br />

anomerico, al di sotto del piano dell’anello, mentre l’anomero β presenta lo stesso ossidrile al di sopra del<br />

piano.<br />

Qu<strong>and</strong>o i monosaccaridi con più di cinque atomi di carbonio sono in soluzione, si crea un equilibrio<br />

dinamico tra forme cicliche, generalmente più stabili ed abbondanti, e forme lineari.


Il glucosio, un esoso, è il monosaccaride biochimicamente più importante. Le forme più diffuse in natura,<br />

perché più stabili, sono il β-glucopiranosio (62%), anello esagonale con l’idrossile anomerico sopra il piano<br />

dell’anello, e l’α-glucopiranosio (37%), anello esagonale con l’idrossile anomerico sotto il piano dell’anello.


Molto meno rappresentate sono le forme cicliche pentagonali (glucofuranosio) e quella lineare aperta. La<br />

vera forma tridimensionale del glucopiranosio è descritta dalle rappresentazioni a sedia e a barca, che<br />

descrivono la reale disposizione reciproca degli atomi che costituiscono la molecola. La disposizione<br />

equatoriale piuttosto che assiale dell’ossidrile anomerico giustifica la maggiore stabilità dell’anomero β<br />

rispetto all’α.<br />

Altri monosaccaridi di importanza biochimica sono:<br />

gliceraldeide e diidrossiacetone, prodotti nella glicolisi,<br />

ribosio che fa parte dei nucleotidi,<br />

fruttosio e galattosio presenti in disaccaridi abbondanti come il saccarosio e il lattosio,<br />

mannosio, importante per la glicosilazione delle proteine.


La condensazione del gruppo ossidrilico anomerico di un monosaccaride con il gruppo di un altro composto<br />

porta alla formazione di glicosidi. In particolar modo, se il secondo gruppo è un ossidrile si ha un legame<br />

O-glicosidico, mentre se è un’ammina, sia ha un legame N-glicosidico.<br />

Se il legame coinvolge il glucosio, si utilizza anche il termine più specifico di legame glucosidico. Le unità<br />

monosaccaridiche connesse tramite legami glicosidici formano oligosaccaridi (fino a 10 unità) e<br />

polisaccaridi (molte unità). I disaccaridi invece sono formati da due unità monosaccaridiche. Essi<br />

comprendono diverse molecole di importanza fisiologica: il maltosio,


il saccarosio<br />

e il lattosio.<br />

I polisaccaridi sono molecole complesse, formante da numerose unità monosaccaridiche. Quelli di<br />

importanza fisiologica sono l’amido, il glicogeno e la cellulosa. Sono tutti omopolimeri costituiti<br />

esclusivamente da molecole di glucosio, legate da legami glicosidici. L’amido rappresenta la principale<br />

fonte di carboidrati alimentari.


In esso si distinguono due componenti: l’amilosio, che ha una struttura ad elica non ramificata costitutita<br />

da molecole di glucosio legate da legami α-1-4-glucosidici, e l’amilopectina,<br />

parte preponderante, che presenta catene ramificate in cui le porzioni lineari presentano legami α-1-4<br />

glucosidici, mentre i punti di ramificazione presentano legami α-1-6-glucosidici.


Il glicogeno è il polisaccaride di riserva degli organismi animali. Contiene lo stesso tipo di legami<br />

dell’amilopectina, ma si distingue da essa per una maggiore ramificazione.<br />

La cellulosa è un polisaccaride con importanza strutturale nelle piante in cui partecipa alla formazione<br />

della parete cellulare. Presenta lunghe catene lineari, unite tra loro da ponti idrogeno e formate da unità<br />

di glucosio unite da legami β-1-4-glucosidici. Proprio la natura di questi legami, diversa da quella di amido<br />

e glicogeno, rende il composto non digeribile per l’uomo, che non possiede enzimi capaci di idrolizzare<br />

questo tipo di legami.


Glicoproteine e mucopolisaccaridi<br />

Il principale ruolo biochimico dei carboidrati è certamente quello di essere la fonte energetica principale.<br />

Tuttavia monosaccaridi e polisaccaridi svolgono, anche nelle cellule umane, importanti ruoli strutturali.<br />

Molte proteine presentano legami covalenti con carboidrati semplici o complessi, che ne influenzano in<br />

modo determinante la stabilità e la funzione.<br />

Numerose sono infatti le glicoproteine cellulari e la loro componente saccaridica può svolgere funzioni<br />

diverse quali:<br />

contribuire al raggiungimento di una conformazione attiva,<br />

determinare l’interazione specifica con i recettori,<br />

regolarne la sensibilità a proteasi,<br />

creare specifici determinanti antigenici.<br />

Un esempio di questo tipo è rappresentato dagli antigeni eritrocitari che determinano i diversi gruppi<br />

sanguigni (A, B, AB e 0). Altri saccaridi con ruolo strutturale importante sono i mucopolisaccaridi, che,<br />

grazie alla loro capacità di attrarre numerose molecole di acqua, servono come lubrificanti ed<br />

ammortizzatori nelle articolazioni e nel tessuto connettivo.<br />

L’acido ialuronico e la condroitina solfato sono le molecole mucopolicassaridiche più diffuse.


Anche l’eparina è un mucopolisaccaride prodotto da cellule dell’organismo umano (mastociti) che<br />

presenta attività anticoagulante.<br />

Riepilogo<br />

I carboidrati sono macromolecole organiche contenenti esclusivamente carbonio, ossigeno ed idrogeno,<br />

secondo il rapporto descritto dalla formula generale C n (H 2 O) n .<br />

Dal punto di vista chimico sono poliidrossialdeidi e poliidrossichetoni, caratterizzati rispettivamente dal<br />

gruppo funzionale aldeidico e chetonico, e da vari ossidrili alcolici. In base alla complessità strutturale<br />

sono distinti in monosaccaridi, costituiti da singole unità, oligosaccaridi, con fino a 10 unità, e<br />

polisaccaridi, con numerose unità.<br />

Il legame che unisce le diverse subunità di oligosaccaridi e polisaccaridi viene definito legame glicosidico. Il<br />

glucosio, un esoso, rappresenta il monosaccaride più importante dal punto di vista biochimico,<br />

rappresent<strong>and</strong>o la principale fonte energetica. Saccarosio, maltosio, lattosio sono disaccaridi.<br />

Il glicogeno è un polisaccaride costituito esclusivamente da unità di glucosio e rappresenta un importante<br />

forma di riserva glucidica.


DIGESTIONE E ASSORBIMENTO<br />

Introduzione<br />

I carboidrati rappresentano la fonte energetica più importante per il nostro organismo. Come per tutte le<br />

molecole che assumiamo con la dieta, devono generalmente subire processi di demolizione e<br />

semplificazione, complessivamente definiti con il termine di digestione, per poter essere assimilati.<br />

La maggior parte dei carboidrati viene assimilata sotto forma di monosaccaridi, e in particolar modo di<br />

glucosio. Non tutti i carboidrati che assumiamo con la dieta possono essere digeriti e assimilati. Anche<br />

l’assorbimento è un processo specifico, che avviene per la maggior parte tramite meccanismi di trasporto<br />

attivo che quindi consumano energia. Dopo l’assorbimento intestinale, il glucosio è ridistribuito ai diversi<br />

tessuti ed organi. Ormoni specifici, quali l’insulina e il glucagone, intervengono per regolare questo<br />

fenomeno e contribuire al mantenimento di valori glicemici costanti.<br />

Obiettivi<br />

In questa lezione saranno trattati gli aspetti biochimici della digestione e dell’assorbimento dei<br />

carboidrati. Verranno elencati i processi che, all’interno del tubo digerente, portano alla semplificazione di<br />

molecole complesse come l’amido. Verrà posta anche particolare attenzione ai processi di trasporto<br />

transepiteliale dei carboidrati, seguendo quindi la molecola di glucosio dal lume intestinale all’enterocita,<br />

da questo al sangue e dal sangue alle diverse cellule dell’organismo. Saranno anche introdotti i meccanismi<br />

ormonali che intervengono a regolare la glicemia.<br />

La digestione dei carboidrati<br />

I carboidrati costituiscono una delle principali sorgenti di energia nell’alimentazione umana. Sono assunti<br />

soprattutto sotto forma di amido e saccarosio e, nel lattante, di lattosio. Tutti hanno contenuti energetici<br />

simili e forniscono circa 4 kcal per grammo; per poter essere assorbiti devono essere idrolizzati ai<br />

monosaccaridi costituenti. Nessun carboidrato è essenziale, in quanto possono comunque essere<br />

sintetizzati dall’organismo a partire da altre molecole, tuttavia svolgono funzioni fondamentali<br />

nell’organismo. La loro importanza può essere ben compresa consider<strong>and</strong>o per esempio il fatto che il<br />

metabolismo neuronale si basa prevalentemente sul glucosio: infatti il cervello ne consuma circa 120<br />

grammi al giorno.


L’amido è il polisaccaride principale con cui viene soddisfatto la maggior parte del fabbisogno individuale<br />

di zuccheri. Presente soprattutto nelle patate e nei cereali, è costituito solo da glucosio ed è organizzato<br />

in:<br />

una componente esclusivamente lineare, con legami α -1-4 glicosidici,<br />

una componente ramificata, l’amilopectina, che presenta anche legami α -1-6-glicosidici.<br />

Il suo assorbimento passa attraverso la semplificazione prima a disaccaride maltosio o isolmaltosio e poi a<br />

glucosio. Altre fonti di carboidrati molto comuni sono lo zucchero di canna e di barbabietola, il saccarosio,<br />

idrolizzato nelle sue componenti monosaccaridiche (glucosio e fruttosio) e il latte, che contiene lattosio,<br />

idrolizzato per l’assorbimento a galattosio e glucosio.<br />

La digestione dei carboidrati complessi inizia in bocca, grazie a specifici enzimi idrolitici presenti nella<br />

saliva, e si completa a livello intestinale per l’intervento di enzimi secreti dal pancreas o presenti sulla<br />

parete degli enterociti.<br />

La saliva è composta prevalentemente da acqua, mucina (un lubrificante per la masticazione), e l’enzima α<br />

-amilasi salivare.


L’acqua e la masticazione contribuiscono a sciogliere i cibi secchi e a creare un ambiente idoneo per<br />

l’attacco enzimatico. L’amilasi salivare è un’endoglicosidasi e idrolizza in modo specifico i legami α -1-4-<br />

glucosidici. L’amido inizia così ad essere parzialmente demolito in composti più semplici come le α -<br />

destrine, con 5-10 residui di glucosio ed eventuali punti di ramificazione, maltotriosio e maltosio.<br />

L’azione dell’amilasi viene interrotta qu<strong>and</strong>o il cibo raggiunge l’ambiente fortemente acido dello stomaco.<br />

Il succo gastrico non esercita alcun effetto enzimatico sui carboidrati, la cui semplificazione viene invece<br />

continuata nel piccolo intestino.


Qui il secreto del pancreas esocrino contiene enzimi digestivi capaci di attaccare alimenti di diversa natura,<br />

tra cui anche i carboidrati. L’α -amilasi pancreatica continua l’azione di quella salivare attacc<strong>and</strong>o lo stesso<br />

tipo di legami glicosidici. Il completamento della digestione avviene ad opera di enzimi localizzati<br />

sull’orletto a spazzola degli enterociti. Qui l’enzima isomaltasi è in grado di scindere il legame α -1-6-<br />

glicosidico presente nelle destrine limite, mentre le maltasi semplificano oligosaccaridi lineari e maltosio<br />

a glucosio. Eventuali disaccaridi, quali il saccarosio e il lattosio, sono attaccati in questa sede da enzimi<br />

specifici denominati rispettivamente lattasi e saccarasi. La mancanza di enzimi capaci di digerire i legami<br />

presenti nella cellulosa (β -1-4-glicosidico), rende conto del fatto che tale polisaccaride non è digeribile e<br />

costituisce il componente principale della cosiddetta fibra alimentare.<br />

L’intestino tenue è la principale sede dell’assorbimento dei prodotti della digestione. Le sostanze<br />

idrosolubili, come gli zuccheri, vengono trasferite all’interno dell’organismo attraverso il sistema portale<br />

epatico; quelle liposolubili raggiungono invece il sangue attraverso i vasi linfatici e il dotto toracico. Il<br />

passaggio dei nutrienti digeriti dal lume intestinale al sangue prevede il superamento della membrana<br />

apicale dell’enterocita (fase 1) prima e di quella baso-laterale poi (fase 2). I principi che regolano il<br />

passaggio di macromolecole attraverso il doppio foglietto fosfolipidico delle membrane valgono poi anche<br />

per l’ingresso dei nutrienti nelle cellule dei diversi organi e tessuti (fase 3).


In termini generali il passaggio di molecole attraverso le membrane può avvenire secondo tre modalità<br />

diverse:<br />

(1) la diffusione semplice,<br />

(2) la diffusione facilitata<br />

(3) il trasporto attivo.<br />

Nel primo caso si tratta di un flusso spontaneo secondo un gradiente di concentrazione. La diffusione<br />

facilitata si distingue da quella semplice per la presenza di proteine trasportatrici, che veicolano<br />

specificamente un composto attraverso la membrana. Il terzo meccanismo prevede l’intervento di<br />

proteine di trasporto specifiche, che richiedono energia e funzionano anche contro un gradiente di<br />

concentrazione.<br />

L’assorbimento dei carboidrati<br />

L’assorbimento dei monosaccaridi avviene nell’intestino tenue. Il primo passaggio è il superamento della<br />

membrana apicale; a questo livello glucosio e galattosio sono trasportati attivamente mentre il fruttosio<br />

fluisce tramite trasporto facilitato. Il trasporto attivo del glucosio è mediato dalla proteina SGLT (Sodium<br />

Glucose Transporters), che fa entrare nella cellula anche ioni sodio.<br />

Il mantenimento di una bassa concentrazione intracellulare di Na + dipende dall’azione di una pompa del<br />

sodio che espelle attivamente lo ione consum<strong>and</strong>o ATP; l’enterocita consuma quindi energia per captare il<br />

glucosio nel lume e portarlo all’interno, anche contro un gradiente di concentrazione. Questo tipo di<br />

assorbimento si trova a livello intestinale e anche in corrispondenza del tubulo renale, dove viene<br />

riassorbito il glucosio passato inizialmente nell’urina.<br />

L’ingresso del fruttosio negli enterociti avviene invece secondo un gradiente di concentrazione ed è<br />

facilitato da una proteina appartenente alla famiglia dei GLUT (Glucose Transporters): il GLUT 5 presente<br />

sulla membrana apicale di queste cellule.<br />

Il glucosio e gli altri monosaccaridi lasciano l’enterocita per raggiungere lo spazio interstiziale e quindi il<br />

torrente circolatorio (fase 2) tramite l’intervento di trasportatori non attivi GLUT e l’energia è fornita dal<br />

gradiente di concentrazione. Isoforme appartenenti alla famiglia GLUT sono distribuite sulle membrane<br />

delle cellule dei diversi organi e mediano, con diversa affinità, l’ingresso del glucosio ed altri monosaccaridi<br />

(fase 3).<br />

La presenza di trasportatori con diversa affinità per il glucosio fa sì che, qu<strong>and</strong>o la glicemia è bassa, la<br />

captazione del monosaccaride dal sangue è favorita nei tessuti che utilizzano quasi esclusivamente il<br />

monosaccaride come fonte energetica (cervello) rispetto ad altri tessuti con alternative energetiche o<br />

minore priorità funzionale.<br />

Un tipo di trasportatore GLUT molto particolare è il GLUT4, che è espresso nelle cellule adipose ed in<br />

quelle del muscolo scheletrico e cardiaco. Viene attivato dall’insulina e quindi, in condizioni di glicemia<br />

elevata, incrementa sensibilmente (fino a 20-30 volte) la velocità d’ingresso del glucosio in queste cellule.<br />

Come vedremo, questo è il meccanismo fondamentale attraverso il quale l’insulina contribuisce alla<br />

normalizzazione dell’iperglicemia post-pr<strong>and</strong>iale.


Il nostro organismo mantiene la concentrazione del glucosio plasmatico (glicemia) entro valori compresi<br />

tra 4,0 e 5,5 mmol/l (70-100 mg/dl) e l’anomalo e costante incremento di tali valori configura uno stato<br />

patologico definito diabete. La glicemia aumenta anche sensibilmente dopo un pasto ricco in carboidrati,<br />

ma si innescano meccanismi che ripristinano abbastanza rapidamente le condizioni di normalità.<br />

L’efficienza di questi meccanismi può essere studiata nel dettaglio con una prova di carico di glucosio,<br />

ovvero l’assunzione a digiuno di una quantità nota di glucosio, seguita dallo studio della determinazione<br />

della glicemia a diversi intervalli nelle ore successive.<br />

Il grafico descrive l’<strong>and</strong>amento normale della glicemia, con un incremento sensibile nella prima fase,<br />

seguito dal ritorno ai valori basali entro le due ore successive.


Questa rapida risposta al carico di glucosio evidenzia l’efficienza dei meccanismi di assorbimento del<br />

glucosio da parte delle cellule dei diversi tessuti. Un contributo fondamentale in questo senso è dovuto alla<br />

secrezione di insulina, un ormone prodotto dal pancreas esocrino, e stimolata proprio dall’iperglicemia.<br />

L’ormone innesca diversi fenomeni: uno di quelli che più contribuisce alla normalizzazione della glicemia<br />

coinvolge il trasportatore GLUT4.<br />

Normalmente il trasportatore si trova sulla membrana di vescicole intracellulari di cellule muscolari ed<br />

adipose, ed è quindi non funzionante. L’insulina captata da recettori sulla membrana provoca il<br />

trasferimento dei recettori sulla membrana plasmatica, con sensibile incremento della velocità di<br />

assorbimento. Data la numerosità delle cellule muscolari ed adipose nel nostro organismo, è comprensibile<br />

come tale fenomeno contribuisca significativamente a contrastare l’iperglicemia.


L’incapacità di normalizzare l’iperglicemia indotta da un pasto o da un carico di glucosio è una condizione<br />

tipica del diabete, una patologia in cui la mancata produzione di insulina o l’impossibilità per l’ormone di<br />

indurre i propri effetti determina una persistente iperglicemia.


Abbiamo visto che l’ingresso del glucosio ematico nelle cellule dei diversi organi avviene grazie al trasporto<br />

facilitato delle proteine GLUT.


Questo fenomeno procede secondo un gradiente di concentrazione ed è facilmente intuibile che, in<br />

assenza di meccanismi di correzione, la concentrazione del glucosio nelle cellule potrebbe rapidamente<br />

superare quella ematica (volumi molto diversi), e quindi indurre un’inversione del flusso del<br />

monosaccaride. Questo non succede perché il glucosio, appena superata la membrana va incontro a<br />

fosforilazione, con formazione di glucosio-6-fosfato.<br />

Questa modificazione (l’aggiunta di un fosfato) rende impossibile per il glucosio fluire attraverso la<br />

membrana, e al tempo stesso rappresenta la prima tappa chimica dei processi metabolici cellulari che<br />

utilizzano il glucosio (glicolisi, glicogenosintesi), togliendo quindi di fatto la molecola intracellulare<br />

dall’equilibrio con quelle presenti nel sangue. La differenza di concentrazione di glucosio tra interno<br />

(citoplasma cellulare) ed esterno (sangue) viene così mantenuta, e il flusso verso l’interno può proseguire<br />

a lungo.<br />

In tutte le cellule la fosforilazione del glucosio a glucosio-6-fosfato è catalizzata dall’enzima esochinasi.<br />

L’enzima, un enzima costitutivo, ha un’affinità elevata per il glucosio e lavora normalmente alla sua<br />

massima velocità. L’enzima è tuttavia inibito dal proprio prodotto e quindi, se la concentrazione di<br />

glucosio-6-fosfato aumenta, l’esochinasi viene bloccata, con conseguente rallentamento anche<br />

dell’assorbimento. L’insulina facilita e mantiene nel tempo l’assorbimento del glucosio a livello epatico<br />

inducendo in queste cellule una chinasi, la glucochinasi, che contribuisce alla formazione del glucosio-6-<br />

fosfato, mantenendo quindi bassa la concentrazione del glucosio libero. La glucochinasi non è inibita dal<br />

proprio prodotto e, avendo un’affinità piuttosto bassa per il glucosio, è in grado di incrementare la propria<br />

velocità d’azione all’aumentare della concentrazione intracellulare di glucosio. In questo modo l’insulina<br />

fa sì che il fegato, l’organo fondamentale per il metabolismo dei carboidrati e la regolazione della<br />

glicemia, possa assumere glucosio in abbondanza nelle fasi postpr<strong>and</strong>iali o comunque iperglicemiche.


Riepilogo<br />

L’amido rappresenta la principale fonte di carboidrati per il nostro organismo. La sua digestione inizia in<br />

bocca per opera dell’amilasi salivare, ed è completata a livello intestinale con l’intervento degli enzimi<br />

pancreatici e delle cellule intestinali, che scindono i legami glicosidici producendo glucosio ed altri<br />

monosaccaridi. Il glucosio è trasportato attivamente (consumo di ATP) all’interno dell’enterocita e fluisce<br />

poi per trasporto facilitato (GLUT) nel sangue. Dal sangue, sempre per trasporto facilitato, il glucosio<br />

passa nelle cellule dei diversi organi.<br />

L’insulina normalizza l’iperglicemia post-pr<strong>and</strong>iale tramite due meccanismi:<br />

(1) facilitazione dell’assorbimento a livello muscolare ed adiposo tramite la mobilizzazione sulla<br />

membrana plasmatica dei trasportatori GLUT4;<br />

(2) induzione della glucochinasi epatica, che incrementa la capacità cellulare di fosforilazione del<br />

glucosio, impedendone il flusso retrogrado verso il sangue.


GLICOLISI: TAPPE E REGOLAZIONE<br />

Introduzione<br />

La glicolisi, detta anche via di Embden-Meyerhof, rappresenta la prima fase dei processi di ossidazione<br />

completa del glucosio, dai quali la cellula trae energia chimica con cui svolgere le proprie funzioni.<br />

L’insieme delle reazioni della glicolisi trasformano una molecola di glucosio in due molecole di piruvato.<br />

Potendo decorrere anche in assenza di ossigeno, viene anche definita fermentazione lattica. La resa<br />

energetica della glicolisi anaerobia è sensibilmente inferiore a quella della glicolisi aerobia, che fornisce<br />

equivalenti riducenti per la fosforilazione ossidativa.<br />

Obiettivi<br />

La lezione illustra le tappe chimiche fondamentali della glicolisi e della gluconeogenesi, ed analizza i<br />

meccanismi di regolazione dei due processi.<br />

Caratteristiche generali della glicolisi<br />

Utilizzo del glucosio<br />

I glucidi sono una delle principali fonti energetiche, e il glucosio rappresenta il carboidrato centrale del<br />

metabolismo cellulare. Alcuni tipi cellulari dipendono interamente (eritrociti) o prevalentemente (neuroni)<br />

dall’ossidazione del glucosio, mentre altri presentano una richiesta minima. Tuttavia la glicolisi o via di<br />

Embden-Meyerhof avviene in tutte le cellule. Essa rappresenta la principale via di utilizzo del glucosio, ma<br />

anche del fruttosio e del galattosio provenienti dall’alimentazione. Si tratta di un insieme di razioni<br />

chimiche, catalizzate da opportuni enzimi, che portano alla trasformazione di una molecola di glucosio,<br />

con sei atomi di carbonio e fosforilato in posizione 6 dall’esochinasi, in due molecole di piruvato, ciascuna<br />

con tre atomi di carbonio.


A differenza di altri processi ossidativi intracellulari, può avvenire anche in assenza di ossigeno molecolare<br />

(glicolisi anaerobia). Questa è una caratteristica molto importante, specie se si considera il tessuto<br />

muscolare. Infatti, tessuti ad alta capacità glicolitica come quello muscolo-scheletrico, possono, grazie alla<br />

glicolisi anaerobia, produrre ATP e quindi svolgere la propria attività e sopravvivere anche in momenti di<br />

ipossia. Tessuti con bassa capacità glicolitica, come il muscolo cardiaco, sono invece molto più sensibili a<br />

fenomeni ipossici.<br />

La glicolisi anaerobia culmina con la trasformazione del piruvato in lattato ed è una fermentazione<br />

omolattica, paragonabile ai processi ossidativi anaerobi che, nei lieviti, portano alla trasformazione del<br />

glucosio in etanolo. La resa energetica della glicolisi anaerobia è di sole due molecole di ATP, molto<br />

inferiore a quella ottenibile in presenza di ossigeno. In questo caso infatti, gli equivalenti riducenti generati<br />

dalle razioni ossidoriduttive possono esser fatti fluire verso il mitocondrio per “alimentare” la catena di<br />

trasporto degli elettroni e la fosforilazione ossidativa. In presenza di ossigeno, il piruvato prosegue il<br />

percorso ossidativo: viene trasformato in acetato, che rifornisce il ciclo degli acidi tricarbossilici.<br />

La glicolisi<br />

Il glucosio esogeno, proveniente dalla dieta, o quello endogeno, proveniente dalla demolizione del<br />

glicogeno o dalla gluconeogenesi, entra nella glicolisi come glucosio-6-fosfato (glucosio-6-P). L’esochinasi,<br />

o eventualmente la gluocochinasi nel fegato, catalizzano l’attacco del gruppo fosfato in una reazione che è<br />

essenziale ai fini di tutti i destini metabolici della molecola. La glicolisi trasforma un esoso in due molecole<br />

di trioso, con contemporanea produzione di due molecole di ATP e due di NADH.


Si tratta quindi di un processo ossidoriduttivo in cui il NAD + è l’agente ossidante e il glucosio è l’agente<br />

riducente. In aerobiosi, gli elettroni trasferiti sul NAD + a formare NADH possono essere trasferiti ai<br />

mitocondri (rigener<strong>and</strong>o così il NAD + necessario per la glicolisi) e all’ossigeno molecolare attraverso la<br />

catena di trasporto degli elettroni, con conseguente produzione di altro ATP. Sempre in aerobiosi, il<br />

piruvato, il prodotto finale ottenuto dall’esoso, può essere trasformato in acetil-CoA e proseguire nel<br />

cammino ossidativo. Possiamo dire che un ulteriore ruolo della glicolisi è quello di fornire substrati per il<br />

successivo metabolismo ossidativo o per la sintesi di altre molecole organiche.<br />

Al contrario, in anaerobiosi, il NADH viene riossidato a NAD + nell’ossidoriduzione che trasforma il piruvato<br />

in acido lattico. In questo caso non si ha alcuna ulteriore produzione di ATP. Essendo la disponibilità<br />

intracellulare di NAD + finita, la riossidazione del NADH a NAD + è necessaria per mantenere attiva la glicolisi.<br />

In caso contrario, esaurite le riserve di NAD + , si bloccherebbe anche il flusso ossidativo del glucosio.<br />

La glicolisi: fasi e resa energetica<br />

La glicolisi avviene nel citosol cellulare. In essa possiamo distinguere tre fasi successive:<br />

una prima fase preparatoria che consuma molecole di ATP;<br />

una seconda fase in cui si ha la scissione dell’esoso in triosi, seguita dall’ossidoriduzione del NAD +<br />

dipendente;<br />

una terza fase in cui avvengono trasformazioni biochimiche capaci di estrarre energia chimica dalle<br />

molecole per generare ATP e, quindi, piruvato.<br />

La prima fase comprende due reazioni di fosforilazione con consumo di due molecole di ATP per molecola<br />

di glucosio. La prima fosforilazione è quella che trasferisce un gruppo fosfato dall’ATP sull’ossidrile legato<br />

al carbonio n° 6 del glucosio, con formazione di glucosio-6-P.


La reazione, catalizzata generalmente dall’esochinasi, si associa alla perdita di energia libera sotto forma di<br />

calore ed è quindi irreversibile. La fosforilazione del glucosio a glucosio-6-P è seguita dall’isomerizzazione a<br />

fruttosio-6-P ad opera della fosfoesoso isomerasi, in una reazione reversibile. Il fruttosio-6-P viene<br />

ulteriormente fosforilato con consumo di ATP e formazione di fruttosio-1,6-bi-P.<br />

L’enzima che catalizza la reazione è la fosfofruttochinasi, enzima sia allosterico che inducibile, la cui<br />

regolazione ricopre un ruolo fondamentale nel determinare la velocità della glicolisi.<br />

La seconda fase comprende la scissione ad opera dell’aldolasi del fruttosio-1,6-bi-P in due molecole con<br />

tre atomi di carbonio: la fosfogliceraldeide ed il diidrossiacetone fosfato. Le due molecole sono<br />

interconvertibili e, sotto forma di gliceraldeide-3-P proseguono nella glicolisi con l’ossidazione a 1,3-<br />

bifosfoglicerato. La reazione è catalizzata dall’enzima gliceraldeide-3-Pisomerasi, proteina cui è legato il<br />

NAD + che, nel corso della reazione, si riduce a NADH e si distacca dall’enzima, con contemporaneo attacco<br />

di un fosfato inorganico al substrato. L’energia liberata dall’ossidazione della gliceraldeide-3-P viene<br />

mantenuta all’interno della molecola a formare un legame fosfato ad alta energia.


La terza fase della glicolisi comprende le reazioni in cui avviene l’effettiva produzione di molecole di ATP<br />

tramite processi che possono essere genericamente detti di fosforilazione a livello di substrato. Essi<br />

comportano la rottura di legami altamente energetici con liberazione di energia sufficiente alla formazione<br />

di un legame fosfoanidride tra ADP e fosfato, e a produrre ATP. Il legame altamente energetico della<br />

molecola 1,3-bifosfoglicerato viene utilizzato in tal modo nella reazione catalizzata dall’enzima<br />

fosfoglicerato chinasi, a produrre 3-fosfoglicerato. Poiché da ogni molecola di glucosio si formano due<br />

molecole di trioso, a questo stadio della glicolisi si ottengono due ATP, che pareggiano quelle consumate<br />

nella prima fase. Il 3-fosfoglicerato viene convertito tramite due reazioni in fosfoenolpiruvato, che contiene<br />

un legame altamente energetico.<br />

La rottura di quest’ultimo nella reazione catalizzata dalla piruvato chinasi, porta alla formazione di un’altra<br />

molecola di ATP per ogni trioso formato e al prodotto finale piruvato. La reazione è associata alla perdita di<br />

energia libera ed è quindi irreversibile.<br />

Il recupero di NAD + (anaerobiosi)<br />

Il NADH generato nel corso della glicolisi deve essere riossidato per consentire ulteriori cicli glicolitici. In<br />

assenza di ossigeno l’obiettivo viene raggiunto tramite un processo di fermentazione che comporta la<br />

riduzione del piruvato ad acido lattico.


La produzione di lattato è tipicamente associata a sforzi muscolari intensi, ed il suo accumulo eccessivo<br />

nelle cellule muscolari è responsabile dei cospetti crampi muscolari. L’acido lattico può essere immesso nel<br />

sangue e captato dal fegato, che può riconvertirlo in glucosio. In presenza di ossigeno la riossidazione del<br />

NADH avviene invece tramite la catena respiratoria mitocondriale.<br />

Resa energetica della glicolisi anaerobia<br />

La resa energetica netta della glicolisi anaerobia è di due molecole di ATP. Infatti sono prodotte due<br />

molecole di ATP per ogni trioso formato nel corso di reazioni di fosforilazione a livello di substrato, che<br />

trasformano 1,3-bi-P-glicerato in 3-P-glicerato e il fosfoenolpiruvato in piruvato. Due molecole di ATP<br />

sono invece complessivamente utilizzate per fosforilare prima il glucosio a glucosio-6-P e poi il fruttosio-6-<br />

P a fruttosio-1,6-bi-P. In condizioni aerobie invece, il computo complessivo delle molecole di ATP generate<br />

deve considerare oltre ai due ATP derivati direttamente dall’ossidazione del glucosio a piruvato, anche<br />

quelli prodotti dalla riossidazione del NADH citosolico, prodotto dalla glicolisi; questo fenomeno,<br />

complessivamente denominato respirazione mitocondriale, prevede il flusso degli elettroni del NADH<br />

attraverso la catena di trasporto degli elettroni mitocondriale e libera energia sufficiente per la sintesi di<br />

ATP (fosforilazione ossidatva). Questo processo può generare anche 6 ulteriori molecole di ATP,<br />

aument<strong>and</strong>o la resa energetica netta della glicolisi a 8 molecole di ATP. Consider<strong>and</strong>o la variazione di<br />

energia libera ottenuta da ciascun legame fosfoanidride dell’ATP, si può calcolare come il rendimento della<br />

glicolisi aerobia sia nettamente superiore (80% circa) rispetto a quello della glicolisi anaerobia (20% circa).<br />

Funzioni glicolisi<br />

Abbiamo visto come le due funzioni principali della glicolisi sono la produzione di molecole di ATP e quella<br />

di intermedi necessari per l’anabolismo, ovvero la sintesi di altre molecole organiche.<br />

La regolazione della glicolisi dipende essenzialmente da due fattori:<br />

(1) il fabbisogno cellulare di ATP, misurabile tramite il parametro della carica energetica;<br />

(2) il fabbisogno cellulare di intermedi metabolici.<br />

Il controllo della velocità del flusso glicolitico si manifesta tramite l’intervento di diverse strategie di<br />

regolazione enzimatica, di cui quelle principali sono la regolazione allosterica, imputabile alla presenza di<br />

molecole che, interagendo con l’enzima, sono in grado di modularne l’attività in senso positivo o negativo,<br />

e la regolazione tramite modifiche covalenti degli enzimi chiave, spesso indotte da meccanismi ormonali<br />

strettamente correlati alla disponibilità dei substrati.<br />

Regolazione della glicolisi<br />

Variazioni di energia libera delle reazioni della glicolisi<br />

Un concetto fondamentale della regolazione di percorsi metabolici è che complesse trasformazioni<br />

biochimiche, costituite da numerose, successive reazioni chimiche, possono essere modulate nel loro<br />

insieme vari<strong>and</strong>o l’attività catalitica di pochi enzimi, responsabili di tappe spesso irreversibili che<br />

determinano il flusso complessivo dei metaboliti lungo lo stesso cammino biochimico.<br />

La regolazione della glicolisi rappresenta un esempio evidente di questo fenomeno. Dall’analisi delle<br />

variazioni di energia libera associate alle numerose reazioni della glicolisi, si osserva come tre di queste<br />

presentano valori decisamente lontani da zero, ovvero lontani dall’equilibrio. Le reazioni catalizzate da<br />

esochinasi, fosfofruttochinasi 1 e piruvato chinasi hanno infatti Δ G francamente negativo: sono quindi<br />

reazioni che decorrono spontaneamente e in modo irreversibile verso la formazione dei rispettivi prodotti.


La trasformazione del glucosio a glucosio-6-P, del fruttosio-6-P a fruttosio-1,6-biP e del fosfoenolpiruvato<br />

a piruvato sono le reazioni limitanti dell’intera glicolisi, le strettoie lungo il flusso dei metaboliti dal<br />

glucosio al piruvato. Regol<strong>and</strong>o l’attività degli enzimi che le catalizzano si ottiene il controllo della glicolisi e<br />

del destino del glucosio all’interno delle cellule di vari tessuti.<br />

Regolazione di Glicolisi: L’esochinasi è il primo enzima della glicolisi. Catalizza la conversione del glucosio<br />

a glucosio-6-P associata al consumo di un legame altamente energetico dell’ATP. La regolazione<br />

dell’enzima è essenzialmente di tipo allosterico: il prodotto stesso della reazione, se accumulatosi oltre<br />

determinate concentrazioni, agisce da inibitore allosterico dell’enzima, con un meccanismo detto anche di<br />

inibizione retrograda. Questo succede solo se il consumo di glucosio-6-P da parte della cellula è<br />

notevolmente rallentato. Il glucosio-6-P ha diversi destini: oltre a procedere verso l’ossidazione glicolitica,<br />

può <strong>and</strong>are incontro ad un altro percorso ossidativo, noto come via dei pentoso fosfati, oppure essere<br />

utilizzato per la sintesi di glicogeno (polisaccaride di riserva). Un rallentamento esclusivo della glicolisi,<br />

imputabile ad un’elevata carica energetica intracellulare, non comporta un blocco immediato<br />

dell’esochinasi, consentendo così il flusso del glucosio verso altri destini metabolici. Possiamo quindi<br />

concludere che l’inibizione da prodotto dell’esochinasi non è il meccanismo fondamentale di regolazione<br />

della glicolisi; piuttosto rappresenta un meccanismo per determinare il destino del glucosio intracellulare.<br />

È importante ricordare che a livello epatico, in fase postpr<strong>and</strong>iale (quindi con abbondanza di glucosio) si<br />

osserva l’inibizione di una seconda forma di esochinasi, la glucochinasi, che non subisce l’inibizione da<br />

prodotto e contribuisce quindi a mantenere attivo il flusso d’ingresso dell’esoso nelle cellule epatiche<br />

(contribuendo ad abbassare l’iperglicemia postpr<strong>and</strong>iale), anche qu<strong>and</strong>o il suo arrivo supera sensibilmente<br />

la velocità di consumo.


Regolazione allosterica della Fosfofruttochinasi: Un ruolo fondamentale nel controllo del flusso di<br />

metaboliti lungo la glicolisi è invece giocato dalla regolazione dell’enzima fosfofruttochinasi 1, che<br />

catalizza la conversione del fruttosio-6-P a fruttosio-1,6-biP. L’enzima è attivato allostericamente da AMP,<br />

ADP e fruttosio-2,6-biP, mentre è inibito da ATP, citrato e abbassamento del pH.<br />

È quindi evidente la correlazione tra attività glicolitica e fabbisogno cellulare di ATP. Qu<strong>and</strong>o la carica<br />

energetica intracellulare è elevata, ovvero è elevata la concentrazione di ATP, il flusso di glucosio lungo la<br />

glicolisi è rallentato o interrotto dall’effetto inibitorio dell’ATP stesso sulla fosfofruttochinasi 1. L’opposto<br />

succede se la concentrazione di ATP è ridotta, ovvero sono aumentate quelle di ADP e AMP. Il fenomeno<br />

allosterico è ben descritto dall’<strong>and</strong>amento sigmoide della curva di saturazione enzima-substrato, che<br />

mette in correlazione la velocità iniziale della reazione con la disponibilità di substrato. Si osserva come la<br />

variazione della concentrazione intracellulare di ATP o AMP e ADP modifichi la curva rispettivamente nel<br />

senso dell’inibizione o dell’attivazione. Anche il citrato agisce da modulatore negativo della<br />

fosfofruttochinasi 1; il citrato è un intermedio del ciclo di Krebs, alimentato dalla glicolisi tramite il<br />

piruvato. L’abbondanza di citrato indica un’elevata disponibilità cellulare di intermedi metabolici e<br />

giustifica un rallentamento dell’utilizzo catabolico del glucosio.


Fruttosio 2,6 biP e PFK-2: Un altro potente modulatore dell’attività della fosfofruttochinasi è il fruttosio-<br />

2,6-biP. La molecola si forma dalla fosforilazione del fruttosio-6-P catalizzata dall’enzima<br />

fosfofruttochinasi 2, enzima che, con la propria attività fosfatasica, determina anche la reazione inversa.<br />

L’enzima è controllato allostericamente dallo stesso fruttosio-6-P; al tempo stesso è attivo qu<strong>and</strong>o<br />

defosforilato, ed inattivo qu<strong>and</strong>o fosforilato. Se il glucosio è disponibile, aumenta la concentrazione di<br />

fruttosio-6-P che, attiv<strong>and</strong>o la fosfofruttochinasi 2, aumenta la concentrazione del fruttosio-2,6-biP, che<br />

stimola notevolmente l’attività della fosfofruttochinasi 1 e quindi della glicolisi. Qu<strong>and</strong>o la concentrazione<br />

del glucosio è scarsa, l’ormone glucagone induce, a livello epatico, la fosforilazione della fosfofruttochinasi<br />

2 tramite l’attivazione cAMP dipendente della Protein Chinasi A. Questa modifica covalente inibisce<br />

l’enzima e quindi rallenta la glicolisi, rendendo possibile l’utilizzo del glucosio per il mantenimento di livelli<br />

glicemici adeguati. La concentrazione del fruttosio-2,6-biP varia quindi anche in relazione a segnali<br />

extracellulari (glicemia), e rappresenta l’effettore finale tramite il quale molecole a funzione ormonale,<br />

come il glucagone, regolano la glicolisi ed altre attività metaboliche.<br />

Gluconeogenesi: Un ulteriore punto di controllo del flusso del glucosio lungo la glicolisi è rappresentato<br />

dall’enzima che catalizza la conversione del fosfoenolpiruvato a piruvato, la piruvato chinasi. Diversi<br />

effettori intervengono a modulare l’attività dell’enzima: ATP e alanina sono inibitori, il fruttosio-1,6-biP è<br />

un attivatore.


Come per la fosfofruttochinasi 1, l’elevata carica energetica intracellulare (alta *ATP+) inibisce la glicolisi.<br />

Stesso effetto ha l’alanina, un amminoacido che essendo sintetizzato dal piruvato, può essere considerato,<br />

come il citrato, un indicatore della disponibilità di intermedi anabolici. L’attivazione da parte del fruttosio-<br />

1,6-biP, un prodotto della prima parte della glicolisi, garantisce il mantenimento di un flusso adeguato una<br />

volta che il percorso è stato avviato. Come per molti altri enzimi, cellule appartenenti ad organi e tessuti<br />

diversi esprimono isoforme diverse della piruvato chinasi; si distinguono per esempio l’isoforma L del<br />

fegato, da quella M del cervello. La presenza di isoenzimi dà luogo a dettagli regolatori distinti nei diversi<br />

tipi cellulari. Infatti ciascuna isoforma ha generalmente K m e V max particolari e diversa sensibilità agli<br />

effettori; inoltre meccanismi regolatori specifici possono esistere in alcuni organi e non in altri; per<br />

esempio, l’isoforma epatica della piruvato chinasi è regolata anche tramite fosforilazione cAMP<br />

dipendente, indotta dal glucagone. Nel fegato, quindi, in condizioni di ipoglicemia, il glucagone blocca la<br />

glicolisi inducendo fosforilazione e inattivazione di due enzimi, la fosfofrutochinasi 2 e la piruvato chinasi.<br />

Enzimi regolatori: La secrezione di ormoni ha un ruolo importante nel controllo del flusso metabolico<br />

della glicolisi, non solo tramite interventi di modulazione rapida dell’attività enzimatica, quali quelli<br />

innescati dal glucagone nei confronti di piruvato chinasi e fosfofruttochinasi, ma anche tramite fenomeni<br />

meno rapidi, ma più persistenti nel tempo, ovvero tramite l’induzione o la repressione dell’attività<br />

enzimatica. I tre enzimi che catalizzano le reazioni irreversibili della glicolisi sono infatti sottoposti,<br />

soprattutto nel fegato, a controllo trascrizionale opposto da parte del glucagone e dell’insulina, i due<br />

ormoni fondamentali per la regolazione della glicemia e del metabolismo glucidico nel nostro organismo.<br />

L’insulina, l’ormone prodotto dal pancreas in condizioni di iperglicemia, favorisce la glicolisi provoc<strong>and</strong>o<br />

un aumento della concentrazione cellulare dei tre enzimi regolatori; al contrario, il glucagone, l’ormone<br />

che contrasta l’ipoglicemia, provoca la diminuzione della concentrazione degli enzimi.


Riepilogo<br />

La glicolisi è un percorso biochimico fondamentale per l’utilizzo del glucosio ed altri esosi a scopo<br />

energetico. Rappresenta la prima tappa dell’ossidazione del glucosio ed avviene nel citosol cellulare. Si<br />

caratterizza per la peculiarità di poter avvenire anche in assenza di ossigeno. In questo caso, la<br />

riossidazione del NADH prodotto nel corso della glicolisi, necessaria per mantenerla attiva, avviene con la<br />

contemporanea trasformazione del piruvato a lattato; per questo si definisce anche fermentazione lattica.<br />

In anaerobiosi la resa energetica è ridotta e pari a 2 ATP per molecola di glucosio. In aerobiosi, la<br />

riossidazione del NADH utilizza la catena respiratoria mitocondriale e la resa energetica sale anche a 8<br />

molecole di ATP.<br />

La glicolisi viene regolata attraverso la modulazione rapida dell’attività di tre enzimi che catalizzano<br />

reazioni irreversibili del percorso metabolico. Elemento fondamentale che determina la velocità del flusso<br />

del glucosio lungo questa via biochimica è la carica energetica intracellulare. Qu<strong>and</strong>o è elevata, viene<br />

ridotta la velocità del flusso e viceversa. Insulina e glucagone, gli ormoni essenziali per la regolazione della<br />

glicemia, intervengono sulla glicolisi, specie a livello epatico, modific<strong>and</strong>o la velocità di sintesi e, quindi, la<br />

quantità degli stessi enzimi.


LA DECARBOSS<strong>IL</strong>AZIONE DELL’ACIDO PIRUVICO E <strong>IL</strong> CICLO DELL’ACIDO CITRICO<br />

Introduzione<br />

I processi catabolici possono essere idealmente distinti in tre fasi:<br />

(1) la prima consiste nella demolizione delle macromolecole assunte con la dieta a molecole<br />

organiche più semplici, quali il glucosio, gli acidi grassi e gli amminoacidi,<br />

(2) la seconda prevede la conversione di queste molecole in acetato;<br />

(3) la terza consiste nell’ossidazione finale dell’acetato ad anidride carbonica ed acqua.<br />

Poiché all’ultima fase convergono i catabolismi delle diverse classi di molecole organiche, può essere<br />

identificata con il termine di metabolismo terminale. Quest’ultima fase avviene nei mitocondri ed è<br />

comunemente definita ciclo di Krebs o dell’acido citrico. Grazie alla stretta connessione con la catena<br />

respiratoria mitocondriale è in grado di produrre notevoli quantità di energia chimica, ovvero di molecole<br />

di ATP. Diversi sono i meccanismi con cui i processi catabolici di carboidrati, acidi grassi ed amminoacidi<br />

confluiscono al ciclo di Krebs. Particolarmente importante è la connessione con il metabolismo glucidico,<br />

che avviene prevalentemente attraverso la decarbossilazione ossidativa del piruvato, prodotto terminale<br />

della glicolisi.<br />

Obiettivi<br />

La lezione prenderà in esame due processi biochimici importanti:<br />

(1) la connessione tra glicolisi e ciclo di Krebs,<br />

(2) le reazioni chimiche del ciclo di Krebs.<br />

Verranno approfonditi i principali meccanismi di regolazione dei due processi e le loro correlazioni con gli<br />

altri percorsi biochimici intracellulari.<br />

I destini del Piruvato<br />

In condizioni di anaerobiosi il piruvato prodotto nel corso della via glicolitica viene rapidamente<br />

trasformato in acido lattico. Questo consente la riossidazione del NADH generato nel corso della glicolisi, e<br />

quindi garantisce la necessaria presenza di NAD + per successive ossidazioni. In presenza di ossigeno, i<br />

coenzimi ridotti possono fluire verso la catena respiratoria mitocondriale e il piruvato prosegue nel<br />

percorso ossidativo entr<strong>and</strong>o nella matrice mitocondriale e venendo convertito in acetil-Coenzima A<br />

(acetil-CoA).


L’ingresso del piruvato nella matrice mitocondriale è mediato da una proteina trasportatrice, che sfrutta il<br />

gradiente protonico che esiste tra i due lati della membrana interna del mitocondrio.<br />

La decarbossilazione del Piruvato<br />

Produzione di Acetil-CoA: La conversione del piruvato ad acetil-CoA è catalizzata da un complesso sistema<br />

enzimatico, denominato piruvato deidrogenasi. La reazione è una decarbossilazione ossidativa<br />

irreversibile (Δ G°’ = - 33 kJ/mol) che, per ogni molecola di glucosio che entra nella glicolisi e poi nel ciclo di<br />

Krebs, produce due molecole di CO 2 e riduce due molecole di NAD + a NADH.<br />

Il NADH formatosi contiene uno ione idruro, i cui due elettroni (:H - ) (NB.i due punti rappresentano i due<br />

elettroni sull’atomo di idrogeno) saranno ceduti alla catena respiratoria. L’acetil-CoA generato dalla<br />

reazione contiene un legame tioestere altamente energetico e quindi il gruppo acilico può essere<br />

facilmente trasferito ad altre molecole tramite scissione del legame tioestere stesso.<br />

Il complesso enzimatico che catalizza il processo di deidrogenazione e decarbossilazione del piruvato<br />

consiste di tre diverse proteine che intervengono sequenzialmente nella reazione, in associazione a ben<br />

cinque tipi di gruppi prostetici o coenzimi:


la timina pirofosfato,<br />

il FAD,<br />

il Coenzima A,<br />

il NAD<br />

il lipoato.<br />

Regolazione (del ciclo di Krebs): La regolazione dell’attività della piruvato deidrogenasi è un fenomeno<br />

estremamente importante in quanto, controll<strong>and</strong>o la principale connessione tra metabolismo glucidico e<br />

metabolismo terminale, rappresenta un meccanismo essenziale per correlare l’intensità dei processi<br />

catabolici capaci di produrre energia, con le necessità energetiche della cellula. La piruvato deidrogenesi è<br />

regolata allostericamente per inibizione da prodotto finale, e tramite modifiche covalenti. Acetil-CoA e<br />

NADH, i prodotti della decarbossilazione del piruvato, inibiscono fortemente l’enzima, mentre AMP, CoA e<br />

NAD + agiscono da attivatori allosterici. Ancora una volta è evidente come la regolazione di una tappa<br />

fondamentale di un processo che può generare energia (ciclo di Krebs) dipende dalla carica energetica<br />

cellulare e quindi dal valore dei rapporti:<br />

[ATP]/[ADP],<br />

[Acetil-CoA]/[CoA]<br />

[NADH]/[NAD + ].<br />

Alla regolazione allosterica si aggiunge anche una regolazione mediata da fenomeni di fosforilazione<br />

/defosforilazione a carico di residui di serina di una subunità del complesso.<br />

Qu<strong>and</strong>o il valore dei rapporti sopra citati è elevato, viene attivata una chinasi che, fosforil<strong>and</strong>o la piruvato<br />

deidrogenasi, ne provoca l’inattivazione. Al contrario, bassi valori di carica energetica, mantengono<br />

l’enzima in condizioni basali (non fosforilato) e quindi attivo.<br />

Nel muscolo, anche lo ione calcio (indice di attività contrattile) attiva l’enzima.


Ciclo di Krebs o ciclo dell’Acido Citrico<br />

L’acetil-CoA può <strong>and</strong>are incontro a destini metabolici diversi, ma il principale è l’ossidazione completa nel<br />

ciclo citrico. Il ciclo di Krebs è una via metabolica che appunto ossida i residui acetitici ad anidride<br />

carbonica, trasferendo nel contempo gli equivalenti riducenti ai coenzimi NAD + e FAD + . Il processo avviene<br />

nella matrice mitocondriale, catalizzato da una serie di enzimi che qui risiedono. Inizia con la<br />

condensazione di una molecola di acetil-CoA con una di ossalacetato a dare acido citrico, e termina con la<br />

trasformazione dell’acido malico ad ossalacetato.


Non vi è quindi consumo netto di ossalacetato, ed una sola molecola di questo composto è in teoria<br />

sufficiente a consentire l’ossidazione di molte molecole di acetato. Nel corso del ciclo l’energia chimica<br />

estratta dai processi di decarbossilazione è per buona parte trasferita ai coenzimi ridotti che fluiranno<br />

nella catena respiratoria, ed in parte utilizzata per produrre direttamente nucleotidi trifosfato tramite<br />

fosforilazione a livello di substrato. Complessivamente la stechiometria del ciclo è la seguente:<br />

Acetil-CoA + 3NAD + + GDP + Pi + FAD + + 2H 2 O -> 2 CO 2 +3NADH + GTP + FADH 2 + 2H + + CoA.<br />

Possiamo analizzare brevemente le diverse tappe del ciclo.La prima reazione è la formazione dell’acido<br />

citrico a partire da acetil-CoA e ossalacetato. La trasformazione è catalizzata dalla citrato sintasi e, grazie<br />

alla rottura del legame tioestere dell’acetil-CoA, è fortemente esoergonica e, quindi, praticamente<br />

irreversibile. Ciò garantisce l’innesco del ciclo anche qu<strong>and</strong>o la quantità di ossalacetato è ridotta. Il citrato<br />

è convertito ad isocitrato dall’aconitasi, e quest’ultimo ad α -chetoglutarato dall’isocitrato deidrogenasi.<br />

Nell’ultima reazione si ha la prima riduzione di una molecola di NAD + e la liberazione di una molecola di<br />

CO 2 . Un enzima molto simile alla piruvato deidrogenasi (anch’esso è costituito da tre tipi di subunità<br />

proteiche complessate a cinque coenzimi diversi), l’ α -chetoglutarato deidrogenasi, catalizza la<br />

conversione dell’ α -chetoglutarato a succinil-CoA, con decarbossilazione e riduzione di un’altra molecola<br />

di NAD + . La successiva scissione del legame tioestere di questo composto, mediata dall’enzima succinil-CoA<br />

sintetasi, libera sufficiente energia da rendere possibile la contemporanea sintesi di un nucleotide<br />

trifosfato (GTP o ATP). Il succinato liberato da questa reazione va incontro a deidrogenazione (fumarato<br />

deidrogenasi) con produzione di fumarato. Gli elettroni estratti dal succinato vengono trasferiti al<br />

coenzima FAD. Il fumarato è idratato a malato, che infine, nell’ultima reazione di deidrogenazione NAD +<br />

dipendente, è trasformato ad ossalacetato con completamento del ciclo.


La resa energetica del ciclo di Krebs<br />

In un giro completo del ciclo di Krebs un gruppo acetato con due atomi di carbonio viene completamente<br />

ossidato ad anidride carbonica. Di per sé il ciclo produce una sola molecola di ATP (o GTP), tuttavia<br />

l’energia liberata nel corso delle reazioni ossidoriduttive è trasferita sui coenzimi NAD + e FAD + , che<br />

confluiscono, tramite la catena respiratoria mitocondriale, alla fosforilazione ossidativa.<br />

Con notevole approssimazione possiamo affermare che ogni molecola di NADH, che giunge alla catena<br />

respiratoria, rende possibile la produzione di 3 molecole di ATP. Due molecole di nucleotide trifosfato<br />

sono invece prodotte per ogni molecola di FADH 2 . Quindi complessivamente, nel corso di un giro completo<br />

del ciclo, si determina la produzione di 12 molecole di ATP.<br />

Torn<strong>and</strong>o alla molecola di glucosio, in condizioni di aerobiosi due molecole di piruvato sono trasportate<br />

attraverso la membrana mitocondriale alla matrice mitocondriale e quindi convertite in due molecole<br />

acetil-CoA con produzione di due molecole di NADH, da cui derivano molecole di ATP.<br />

Le due molecole di Acetil-CoA innescano due cicli di Krebs, producendo quindi direttamente e<br />

indirettamente 24 molecole di ATP. Al termine del ciclo, l’ossidazione di due molecole di piruvato rende<br />

possibile la produzione di 30 molecole di ATP.


É evidente che vi è una drastica differenza di rendimento tra l’ossidazione del glucosio in assenza di<br />

ossigeno, garantita dalla sola glicolisi anaerobia, e quella in presenza di ossigeno, che sfrutta anche il ciclo<br />

di Krebs e la fosforilazione ossidativa. Nel primo caso si ha la produzione di sole due unità di ATP per<br />

molecola di glucosio ossidata, nel secondo caso la produzione complessiva sale a 36/38 molecole di ATP.<br />

Consider<strong>and</strong>o l’energia ottenibile dalla combustione completa di una mole di glucosio in un calorimetro<br />

(circa 2840 kJ) e l’energia liberata dalla scissione di un legame fosfoanidridico dell’ATP, si può calcolare che<br />

il rendimento dell’ossidazione catabolica del glucosio nell’ambito di glicolisi e ciclo di Krebs ha un<br />

rendimento elevato e vicino al 70% .<br />

Ciclo di Krebs: processo anfibolico<br />

Anche se il ruolo fondamentale del ciclo è quello di produrre energia, in associazione con la fosforilazione<br />

ossidativa, intermedi della via metabolica possono fungere da precursori biosintetici per diversi composti.<br />

Il ciclo citrico è quindi una via anfibolica, che serve sia ai processi catabolici sia a quelli anabolici. L’ α -<br />

chetoglutarato e l’ossalacetato possono per esempio essere utilizzati come precursori degli amminoacidi<br />

aspartato e glutammato nelle reazioni di transamminazione.<br />

Lo stesso ossalacetato rappresenta un intermedio della gluconeogenesi, ed il succinil-CoA è invece<br />

essenziale per la sintesi del gruppo prostetico eme, trasportatore di ossigeno nell’emoglobina e di<br />

elettroni nei citocromi. Per garantire un regolare flusso lungo il ciclo di Krebs, esistono una serie di<br />

reazioni, dette anaplerotiche, che consentono il rimpiazzo degli intermedi sottratti alla via metabolica per<br />

scopi biosintetici.<br />

Tra queste una delle più importanti è quella che consente la trasformazione di piruvato ad ossalacetato,<br />

reazione catalizzata dalla piruvato carbossilasi. Lo stesso acetil-CoA è un forte attivatore di questo enzima,<br />

garantendo così la presenza del secondo substrato necessario per l’innesco del ciclo.


Regolazione del Ciclo di Krebs<br />

Abbiamo visto come il flusso di atomi di carbonio dal piruvato al ciclo di Krebs dipenda dalla reazione<br />

catalizzata dalla piruvato deidrogeasi e come tale enzima sia sottoposto ad un forte controllo inibitorio di<br />

tipo allosterico e tramite fosforilazione ad opera dei prodotti della stessa reazione (Acetil-CoA, NADH,<br />

ATP). La modulazione di questa attività enzimatica influenza direttamente la velocità dell’intero ciclo, in<br />

quanto è la principale via di rifornimento di Acetil-CoA, il substrato di partenza del processo metabolico.<br />

La velocità del ciclo è inoltre determinata dalla concentrazione di inibitori allosterici che controllano<br />

l’attività degli enzimi coinvolti nelle reazioni irreversibili:<br />

la citrato sintasi,<br />

l’isocitrato deidrogenasi<br />

l’ α -chetoglutarato deidrogenasi.


Gli effettori negativi che interagiscono con questi enzimi sono:<br />

l’ATP,<br />

il NADH<br />

il succinil-CoA.<br />

Ancora una volta quindi, i metaboliti immediatamente a valle delle reazioni, o comunque composti che<br />

indicano un’elevata disponibilità di energia e di possibili intermedi biosintetici, agiscono retroattivamente<br />

rallent<strong>and</strong>o il flusso lungo il processo biochimico. ADP e ioni calcio agiscono invece da effettori positivi nei<br />

confronti delle stesse reazioni.<br />

Riepilogo<br />

In presenza di ossigeno, le molecole di piruvato prodotte dalla glicolisi sono trasportate nella matrice<br />

mitocondriale e convertite in acetil-CoA ad opera dell’enzima piruvato deidrogenasi. Questa tappa è<br />

fondamentale per l’innesco del ciclo di Krebs, di cui l’acetil-CoA costituisce, con l’ossalacetato, il substrato<br />

di partenza. Il ciclo di Krebs o ciclo citrico è un processo biochimico che avviene nella matrice<br />

mitocondriale: consiste di una serie di reazioni chimiche che iniziano con la condensazione di acetil-CoA e<br />

ossalacetato a citrato e terminano con la formazione di ossalacetato a partire dall’acido malico.<br />

Nel complesso due atomi di carbonio dell’acetil-CoA sono trasformati in anidride carbonica in reazioni<br />

ossidoriduttive che determinano la riduzione di tre coenzimi NAD + ed un coenzima FAD + per ciclo. I<br />

coenzimi sono riossidati tramite la catena respiratoria mitocondriale e contribuiscono alla produzione di<br />

ATP. Nel corso del ciclo avviene anche una fosforilazione a livello di substrato con produzione diretta di<br />

una molecola di GTP (o ATP).<br />

Complessivamente un ciclo genera ben 12 molecole di nucleotide trifosfato. La regolazione del ciclo<br />

avviene tramite il controllo degli enzimi che catalizzano l’apporto di acetil-CoA al ciclo (piruvato<br />

deidrogenasi) e quelli che catalizzano le prime tappe irreversibili del processo. Il meccanismo regolatorio<br />

fondamentale è quello allosterico (feedback negativo) che pone in relazione la velocità di queste tappe<br />

fondamentali, con la carica energetica cellulare e la concentrazione cellulare di metabolici utilizzabili nei<br />

processi biosintetici.


LA GLUCONEOGENESI<br />

Introduzione<br />

La gluconeogenesi (o neoglucogenesi) è il processo metabolico opposto della glicolisi, ovvero la sintesi di<br />

glucosio a partire da molecole organiche di natura non glucidica. Dal punto di vista biochimico, non è<br />

tuttavia un cammino a ritroso rispetto alla glicolisi, ma presenta alcune reazioni enzimatiche specifiche.<br />

Avviene soprattutto nel fegato, che dispone di tutto il corredo enzimatico necessario. Glicolisi e<br />

gluconeogenesi sono regolate con modalità reciprocamente opposte: effettori comuni danno luogo a<br />

fenomeni opposti sui due cammini metabolici; ciò che stimola l’uno, inibisce l’altro.<br />

Obiettivi<br />

La lezione descrive le reazioni chimiche che costituiscono il processo anabolico della gluconeogenesi ed i<br />

meccanismi di regolazione delle attività enzimatiche che catalizzano tali reazioni, mettendoli in relazione a<br />

quanto avviene nella glicolisi e correl<strong>and</strong>oli al metabolismo glucidico in generale.<br />

La gluconeogenesi: aspetti generali<br />

La gluconeogenesi è un percorso metabolico essenziale per gli organismi animali eterotrofi. Garantisce<br />

infatti il mantenimento di adeguati livelli di glucosio nel sangue anche in fasi di digiuno, consentendo<br />

quindi l’apporto dell’esoso ai tessuti che ne fanno la fonte prevalente di energia.<br />

Oltre al cervello e agli eritrociti, si deve ricordare che il glucosio è essenziale per il muscolo scheletrico in<br />

anaerobiosi e che è necessario per la sintesi del lattosio (ghi<strong>and</strong>ola mammaria).<br />

La gluconeogenesi rappresenta inoltre un meccanismo importante per il riutilizzo di metaboliti quali il<br />

lattato, prodotto da eritrociti e muscolo, e il glicerolo, generato dal tessuto adiposo.<br />

Dal punto di vista quantitativo, i precursori più significativi della gluconeogenesi sono il lattato e<br />

l’amminoacido alanina, entrambi convertibili tramite opportune reazioni in piruvato.<br />

Reazioni della glicolisi: Se, concettualmente, la gluconeogenesi è il processo metabolico opposto alla<br />

glicolisi, dal punto di vista strettamente biochimico questo non è vero.<br />

La glicolisi, in condizioni fisiologiche, presenta tre reazioni chimiche irreversibili, vere e proprie barriere<br />

energetiche che impediscono il semplice flusso a ritroso, dai prodotti ai reagenti.<br />

Queste reazioni sono quelle catalizzate dall’esochinasi (da glucosio a glucosio-6-P), dalla fosfofruttochinasi<br />

1 (da fruttosio-6-P a fruttosio-1,6-biP) e dalla piruvato chinasi (da fosfoenolpiruvato a piruvato).<br />

Il Δ G di queste reazioni è nettamente negativo e quindi il flusso chimico è unidirezionale.<br />

Tutte le altre reazioni hanno invece Δ G prossimi allo zero e quindi il flusso chimico dipende dalle<br />

concentrazioni dei metaboliti sui due lati della reazione.


Le tappe chimiche della gluconeogenesi<br />

Enzimi necessari per la gluconeogenesi: Le tappe irreversibili della glicolisi sono aggirate grazie alla<br />

presenza di attività enzimatiche diverse che catalizzano in modo diretto o indiretto il percorso biochimico<br />

in senso inverso. Questi enzimi sono la piruvato carbossilasi e la fosfenolpiruvato carbossichinasi, che, in<br />

associazione ad altre trasformazioni all’equilibrio, consentono la conversione del piruvato in<br />

fosfoenolpiruvato.<br />

Quindi la fruttosio-1,6-bifosfatasi, che consente la trasformazione del fruttosio-1,6-biP in fruttosio-1-P, e<br />

la glucosio-6-fosfatasi, che defosforila il glucosio-6-P per generare glucosio.<br />

Piruvato -> PEP: La conversione del piruvato a fosfoenolpiruvato avviene attraverso più tappe chimiche, in<br />

parte localizzate nei mitocondri ed in parte nel citosol. La piruvato carbossilasi, un enzima mitocondriale<br />

che contiene quale coenzima la biotina, catalizza, con dispendio di energia chimica, la formazione di<br />

ossalacetato a partire da piruvato.<br />

L’ossalacetato esce dal mitocondrio ed è decarbossilato e fosforilato per intervento dell’enzima<br />

fosfoenolpiruvato carbossichinasi. In entrambe le reazioni, la forza motrice termodinamica è fornita<br />

dall’idrolisi di un legame altamente energetico di un nucleotide trifosfato (ATP e GTP).<br />

FRT-1,6-bi-P -> FRT-6-P e GLC-6-P -> GLC: Ottenuta la produzione di fosfoenolpiruvato la gluconeogenesi<br />

percorre a ritroso le tappe della glicolisi fino alla formazione di fruttosio-1,6-biP. Un enzima specifico della<br />

gluconeogenesi, la fruttosio-bifosfatasi, catalizza l’idrolisi del legame estere-fosfato del fruttosio-1,6-biP<br />

con produzione di fruttosio-6-P.


Quest’ultimo è interconvertito a glucosio-6P e quindi, un altro enzima specifico della gluconeogenesi, la<br />

glucosio-6-fosfatasi, determina il distacco del gruppo fosfato e la liberazione di glucosio. L’enzima è<br />

presente pressoché esclusivamente nel fegato e il glucosio prodotto viene liberato dagli epatociti nel<br />

torrente sanguigno, contribuendo alla regolazione della glicemia. Nelle altre cellule, il glucosio-6-P<br />

eventualmente prodotto dalla gluconeogenesi, rimane all’interno delle stesse per essere utilizzato per fini<br />

energetici. Confronto tra gluconeogenesi e inverso della glicolisi: Il confronto tra l’energia libera del<br />

percorso inverso della glicolisi (Δ G = +84 kJ/mol) e quello della gluconeogenesi (Δ G = - 38 kJ/mol)<br />

evidenzia come solo il consumo di energia chimica sotto forma di legami altamente energetici di ATP (o<br />

GTP), renda possibile il processo anabolico.<br />

La regolazione opposta di glicolisi e gluconeogenesi<br />

Se glicolisi e gluconeogenesi avvenissero contemporaneamente si otterrebbe esclusivamente uno spreco<br />

di energia chimica con idrolisi inutile di nucleotidi fosfato. Per evitare che ciò avvenga i due processi sono<br />

regolati reciprocamente in senso opposto. Questa è una caratteristica tipica di vie metaboliche opposte.<br />

Consider<strong>and</strong>o le tappe enzimatiche specifiche dei due processi si osserva come gli effettori allosterici, che


aumentano l’attività di un enzima della glicolisi, inducono contemporaneamente un effetto opposto<br />

sull’enzima che catalizza la tappa inversa nella gluconeogenesi, e viceversa. Con una semplificazione<br />

piuttosto drastica si può affermare che la logica regolatoria in atto è ancora quella che correla la velocità<br />

dei flussi metabolici alla carica energetica intracellulare. Così se AMP e fruttosio-2,6-biP (indici diretti e<br />

indiretti di bassi livelli energetici) agiscono da attivatori della fosfofruttochinasi, contemporaneamente<br />

inibiscono la fruttosio-1,6-bifosfatasi: la glicolisi è attivata e la gluconeogenesi inibita. ATP e citrato, indici<br />

di elevati livelli energetici, sortiscono invece l’effetto opposto. Lo stesso fenomeno, anche se meno<br />

evidente, si osserva nella trasformazione piruvato/fosfoeneolpiruvato. ATP ed alanina inibiscono<br />

l’enzima glicolitico, mentre l’ADP inibisce gli enzimi gluconeogenetici.<br />

Gli enzimi gluconeogenetici che realizzano la conversione piruvato/fosfoenolpiruvato sono attivati<br />

allostericamente anche da un altro effettore, l’acetil-coenzima A. Il principio di fondo è ancora lo stesso; la<br />

molecola, prodotta principalmente dalla conversione del piruvato, è il metabolita iniziale del ciclo di Krebs.<br />

L’aumento della sua concentrazione indica disponibilità di substrati per il ciclo, che produce notevoli<br />

quantità di energia chimica. In queste condizioni, l’acetil-CoA favorisce la decarbossilazione del piruvato


in ossalacetato con un doppio effetto: facilitare la gluconeogenesi e, al tempo stesso, garantire la<br />

disponibilità di ossalacetato per la reazione con l’Acetil-CoA stesso nel ciclo di Krebs. Alla regolazione<br />

allosterica degli enzimi chiave della glicolisi e della gluconeogenesi è associata anche una regolazione<br />

ormono-dipendente che modifica la concentrazione intracellulare degli enzimi chiave delle due vie<br />

metaboliche, tramite alterazioni della velocità trascrizionale dei rispettivi geni. Anche in questo caso,<br />

l’effetto degli ormoni coinvolti, insulina e glucagone, è reciprocamente opposto.<br />

L’insulina, secreta dal pancreas esocrino in condizioni di iperglicemia, induce gli enzimi della glicolisi e<br />

reprime quelli della gluconeogenesi, favorendo quindi l’utilizzo del glucosio per produrre energia. Il<br />

glucagone, prodotto al contrario in condizioni di ipoglicemia, contrasta la glicolisi reprimendo la sintesi dei<br />

suoi enzimi chiave, e favorisce la gluconeogenesi, agendo da induttore trascrizionale aument<strong>and</strong>o la<br />

disponibilità di glucosio libero, che può essere rilasciato nel sangue per elevare la glicemia. Gli effetti<br />

opposti su glicolisi e gluconeogenesi di questi due ormoni sono soprattutto visibili a livello epatico e sono<br />

generalmente interpretabili quali meccanismi che consentono il mantenimento di livelli adeguati di<br />

glicemia.<br />

Riepilogo<br />

La gluconeogenesi è un processo biochimico che mira a trasformare composti non glucidici in glucosio.<br />

Substrati fondamentali del processo sono gli amminoacidi (soprattutto l’alanina), il lattato e il glicerolo. Il<br />

processo avviene soprattutto nel fegato dove esistono alcuni enzimi in grado di catalizzare, in senso<br />

opposto, le reazioni irreversibili della glicolisi; questi enzimi sono:<br />

la piruvato carbossilasi,<br />

la fosfoenolpiruvato carbossichinasi,<br />

la fruttosio-1,6-bifosfatasi,<br />

la glucosio-6-fosfatasi.<br />

Gluconeogenesi e glicolisi sono vie metaboliche opposte sottoposte ad una stretta regolazione,<br />

reciprocamene opposta: la stimolazione dell’una comporta l’inibizione dell’altra, e viceversa. Tale<br />

regolazione si attua principalmente tramite effettori allosterici che correlano i flussi metabolici alla<br />

disponibilità o meno di energia. Meccanismi ormonali, mediati da insulina e glucagone, intervengono a<br />

regolare le due vie a livello epatico, al fine di mantenere adeguati livelli di glucosio nel sangue.


LA VIA DEI PENTOSO FOSFATI<br />

Introduzione<br />

Oltre che nella glicolisi e nella glicogenosintesi, il glucosio-6-fosfato può essere metabolizzato in un’altra<br />

via ossidativa che avviene a livello citosolico, definita via dei pentoso fosfati o shunt dei pentosi. Due<br />

sono le funzioni principali di questo processo metabolico:<br />

(1) produrre pentosi, necessari per la sintesi di macromolecole quali gli acidi nucleici;<br />

(2) produrre equivalenti riducenti sotto forma di NADPH, necessari per i processi anabolici cellulari.<br />

Nel complesso, attraverso più cicli di questa via metabolica, il glucosio viene ossidato a CO 2 , senza che<br />

venga però prodotto ATP.<br />

Obiettivi<br />

La lezione fornisce una rapida panoramica sui passaggi chimici fondamentali e sulle finalità metaboliche<br />

della via dei pentosi.<br />

Via dei pentoso fosfati: aspetti generali<br />

La via dei pentoso fosfati è un processo metabolico alternativo per l’ossidazione del glucosio. Avviene nel<br />

citosol cellulare ma, a differenza della glicolisi, non ha l’obiettivo di generare ATP. Consuma invece<br />

glucosio per generare, da un lato, ribosio, un pentoso necessario per la sintesi dei nucleotidi e degli acidi<br />

nucleici, e dall’altro, NADPH, utilizzato nel corso della biosintesi degli acidi grassi e del colesterolo.<br />

È una via molto più complessa della glicolisi, che a partire dal glucosio-6-P, attraverso cicli chimici multipli,<br />

determina l’ossidazione dell’esoso secondo la seguente stechiometria: 3 glucosio-6-P + 6 NADP + -> 3 CO 2 +<br />

2 Glucosio-6-P + Gliceraldeide-3-P + 6 NADPH + 6 H +<br />

Poiché due molecole di Gliceraldeide-3-P possono generare glucosio-6-P, attraverso più cicli, lo shunt può<br />

ossidare completamente il glucosio a CO 2 .<br />

Fase ossidativa<br />

Fase ossidativa: P. La via dei pentoso fosfati può essere suddivisa in due fasi:<br />

(1) la prima parte, di natura ossidativa, in cui avvengono i processi di deidrogenazione NADP-dipendenti;<br />

(2) la seconda parte, non ossidativa, che genera i precursori del ribosio.<br />

La fase ossidativa comprende due reazioni di deidrogenazione successive che avvengono con la<br />

contemporanea riduzione del NADP + a NADPH.<br />

La prima reazione è catalizzata dall’enzima glucosio-6-P deidrogenasi e determina la trasformazione del<br />

gruppo aldeidico del glucosio in gruppo carbossilico (glucosio-6-P -> 6-fosfogluconolattone). La seconda<br />

deidrogenazione, catalizzata dalla 6-fosfogluconato deidrogenasi, porta alla formazione di un intermedio<br />

instabile, che decarbossila e si trasforma nel pentoso ribulosio-5-P.<br />

Nella fase ossidativa si generano così due molecole di NADPH e un atomo di carbonio del glucosio è<br />

convertito in anidride carbonica.


La riduzione del NADP + : La riduzione del NADP + (come per il NAD + ) coinvolge il trasferimento di 2 e - e 1 H +<br />

al nicotinamide. Il NADPH, prodotto della via dei pentoso fosfati funziona da riducente nei processi<br />

anabolici (sintetici).<br />

Il NAD + serve invece da accettore di elettroni nei percorsi catabolici, in cui i metaboliti sono ossidati. Il<br />

NADH risultante è riossidato dalla catena respiratoria, producendo ATP. Il NAD + e il NADP + differiscono<br />

solo per la presenza di un fosfato extra legato al ribosio dell’adenosina del NADP + .


Questa piccola differenza non incide sull’attività redox del coenzima, ma è riconosciuta dal sito specifico<br />

degli enzimi. E’ un meccanismo per separare le vie cataboliche da quelle sintetiche.


Regolazione della Glucosio-6-P Deidrogenasi. La reazione limitante della fase ossidativa è quella<br />

catalizzata dall’enzima glucosio-6-P deidrogenasi; l’attività catalitica di questo enzima è controllata<br />

essenzialmente dal rapporto intracellulare tra NADP + e NADPH. Qu<strong>and</strong>o il NADPH è carente, la via<br />

ossidativa viene attivata, mentre è rallentata qu<strong>and</strong>o la concentrazione del coenzima aumenta.<br />

Fase non OSSIDATIVA. La fase non ossidativa dello shunt dei pentosi avviene in modo significativo solo<br />

qu<strong>and</strong>o la produzione di ribulosio-5-P, nel corso della fase ossidativa, eccede le necessità della biosintesi<br />

dei nucleotidi; la disponibilità di substrato consente quindi alla fase non ossidativa di procedere. Dapprima<br />

enzimi specifici (isomerasi ed epimerasi) catalizzano la trasformazione del ribulosio-5-fosfato ad isomeri<br />

quali lo xilulosio-5-P o il ribosio-5-P; successivamente altri enzimi (transchetolasi e transaldolasi) mediano<br />

il trasferimento di gruppi bicarboniosi e tricarboniosi da uno zucchero all’altro, port<strong>and</strong>o alla formazione<br />

di intermedi della glicolisi che possono essere interconvertiti in glucosio-6-P.


Infatti, il risultato netto di più cicli dello shunt è la trasformazione di tre molecole di pentoso fosfato in<br />

due molecole di esoso fosfato ed una di gliceraldeide-fosfato, che, per l’intervento di enzimi della<br />

gluconeogenesi, possono essere convertite in glucosio-6-P e rientrare quindi nel ciclo.<br />

Più cicli della via dei pentosi possono quindi portare all’ossidazione completa del glucosio-6-P: ogni sei<br />

molecole di esoso che entrano nel ciclo, una viene ossidata completamente a CO 2 .


Funzioni della via dei pentoso fosfati<br />

L’ossidazione del glucosio. L’ossidazione del glucosio realizzata tramite la via dei pentosi è molto diversa<br />

da quella della glicolisi in quanto produce NADPH e non ATP. Il suo significato metabolico è quindi quello di<br />

garantire la disponibilità di equivalenti riducenti per le sintesi riduttive. Ciò giustifica la distribuzione della<br />

via metabolica nei tessuti dell’organismo umano, essa è particolarmente evidente:<br />

nel tessuto adiposo,<br />

nel fegato,<br />

nella corteccia surrenale,<br />

nei testicoli,<br />

nella ghi<strong>and</strong>ola mammaria,<br />

negli eritrociti.<br />

In tutti questi tessuti la sintesi di acidi grassi e/o colesterolo è particolarmente importante; negli eritrociti,<br />

invece il NADPH è utilizzato per la sintesi del glutatione ridotto. Quest’ultimo serve per mantenere allo<br />

stato ridotto il ferro emoglobinico e per contrastare i perossidi d’idrogeno generati nell’ambiente ricco di<br />

ossigeno. Gli idroperossidi possono causare l’ossidazione degli acidi grassi insaturi presenti nelle<br />

membrane e causare loro danni. Ciò spiega perché la deficienza di glucosio-6-P deidrogenasi eritrocitaria<br />

determina l’insorgenza di un’anemia emolitica.<br />

Riepilogo<br />

La via dei pentoso fosfati è un processo ossidativo a carico del glucosio-6-P che tuttavia non produce<br />

energia chimica, come la glicolisi, bensì NADPH e ribosio-5-P, substrati rispettivamente necessari per le<br />

sintesi riduttive e quella di nucleotidi ed acidi nucleici.<br />

Avviene nel citosol e può essere distinta in due fasi:<br />

la prima in cui avvengono reazioni di ossidoriduzione che utilizzano e riducono il coenzima NADP + ,<br />

liber<strong>and</strong>o una molecola di anidride carbonica e termin<strong>and</strong>o con la sintesi di ribulosio-5-P, isomero<br />

del ribosio-5-P;<br />

la seconda fase in cui i pentosi, tramite reazioni all’equilibrio, vengono interconvertiti ad altri<br />

zuccheri e potenzialmente, attraverso più cicli, di nuovo in glucosio-6-P, substrato di partenza dello<br />

shunt.<br />

La via metabolica ha importanza significativa nei tessuti che producono attivamente acidi grassi e<br />

colesterolo e negli eritrociti, dove il NAPH contribuisce a mantenere la disponibilità di ferro (II).


<strong>IL</strong> <strong>METABOLISMO</strong> DEL GLICOGENO<br />

Introduzione<br />

Il glicogeno è la principale forma di riserva di carboidrati negli animali. Il suo metabolismo è connesso alla<br />

disponibilità di glucosio nel sangue (glicemia). Enzimi specifici e sotto stretto controllo di particolari<br />

ormoni (insulina e glucagone) catalizzano la rimozione o l’aggiunta di unità monosaccaridiche al glicogeno<br />

al fine di rendere disponibili o immagazzinare tali unità relativamente ai fabbisogni dell’organismo.<br />

Anomalie a carico del metabolismo del glicogeno si manifestano in patologie genericamente definite<br />

glicogenosi.<br />

Obiettivi<br />

In questa lezione saranno presentate:<br />

la natura, la distribuzione e le funzioni del glicogeno nell’organismo umano,<br />

le modalità di accumulo e degradazione del polisaccaride nelle cellule,<br />

i meccanismi di regolazione del suo metabolismo,<br />

alcuni cenni alle principali glicogenosi.<br />

Struttura e distribuzione tessiturale del glicogeno<br />

Il glicogeno è un polisaccaride costituito da unità di α -glucopiranosio, unite tra loro tramite legami α (1-<br />

4)-glucosidici (porzione lineare della molecola) e α (1-6)-glucosidici (punto di attacco delle ramificazioni).<br />

Il glicogeno è molto ramificato e il suo peso molecolare varia in relazione all’organo in cui è depositato ed<br />

allo stato metabolico generale dell’organismo.<br />

Metabolismo del glicogeno: glicogenosintesi e glicogenolisi. Il glicogeno rappresenta la più importante<br />

modalità di accumulo e riserva di glucosio negli animali. Si localizza prevalentemente nella muscolatura<br />

scheletrica, dove costituisce circa l’1% del peso, e nel fegato (fino a 6% del peso). I due contingenti di<br />

glicogeno hanno funzioni molto diverse: quello muscolare rappresenta una fonte di glucosio esclusiva per<br />

il muscolo, mentre quello epatico è strettamente correlato al mantenimento di adeguati livelli di glucosio<br />

nel sangue (glicemia), ed è quindi una fonte di glucosio disponibile per i diversi organi.


Glicogenosintesi<br />

Qu<strong>and</strong>o la disponibilità di glucosio è elevata la massa dei depositi di glicogeno presenti nel fegato e nel<br />

muscolo può essere accresciuta tramite processi biochimici che determinano la progressiva aggiunta di<br />

unità monosaccaridiche alla macromolecola preesistente. Tale processo viene definito glicogenosintesi.<br />

Substrato fondamentale della glicogenosintesi è il glucosio, che, per poter essere incorporato nelle catene<br />

del glicogeno, viene opportunamente attivato: il glucosio 1-fosfato, derivato dal glucosio 6-fosfato per<br />

intervento dell’enzima fosfoglucomutasi, reagisce con UTP a formare UDP-glucosio, secondo la reazione:<br />

GLUCOSIO-1-P + UTP -> UDP-GLUCOSIO + PPi (UDP-Glucosio pirofosforilasi).<br />

La successiva idrolisi del pirofosfato inorganico spinge la reazione verso destra.<br />

Successivamente l’enzima glicogeno sintasi catalizza l’incorporazione dell’UDP-Glucosio nella molecola del<br />

glicogeno. Si ha la formazione di un legame tra l’ossidrile legato al Carbonio 1 dell’UDP-Glucosio e il<br />

carbonio 4 dell’ultimo residuo di glucosio di una delle catene del glicogeno, con contemporanea<br />

liberazione di UDP. La catena viene quindi estesa di un’unità, tramite la formazione di un legame α 1-4<br />

glucosidico: UDP-GLUCOSIO + (GLC) n -> (GLC) n+1 + UDP.<br />

Affinché la reazione possa avvenire è necessaria la preesistenza di una molecola di glicogeno. In alcuni casi<br />

una proteina, la glicogenina, può fungere da innesco per la reazione.<br />

L’introduzione di una nuova ramificazione nel contesto di una molecola di glicogeno prevede l’intervento di<br />

un enzima specifico (enzima ramificante), capace di trasferire una porzione di una catena lineare, con<br />

esclusivi legami α (1-4)-glucosidici, ad una catena vicina.<br />

Si ha la formazione di un legame tra l’ossidrile legato al Carbonio 1 di una molecola di glucosio e il carbonio<br />

6 di un’altra unità monosaccaridica (legame α 1-6)-glucosidico(), con inserimento di un punto di<br />

ramificazione.


Glicogenolisi<br />

La degradazione del glicogeno consiste nel progressivo e sequenziale distacco di singole unità<br />

monosaccaridiche a partire dalle catene più esterne della macromolecola. Tale processo è definito<br />

glicogenolisi. Come nel caso della glicogenosintesi, due attività enzimatiche diverse catalizzano l’idrolisi dei<br />

legami glucosidici presenti nella molecola di glicogeno. La fosforilasi è l’enzima fondamentale, che scinde i<br />

legami α (1-4)-glucosidici; dalla sua attività dipende la velocità di degradazione del polisaccaride.


L’enzima deramificante scinde invece i 1-6)-glucosidicilegami α (. In entrambi i casi, l’idrolisi del legame<br />

procede con la contemporanea introduzione di un residuo fosfato sul carbonio1 del glucosio che si libera,<br />

gener<strong>and</strong>o in questo modo glucosio-1-fosfato.<br />

(GLC) n + Pi -> (GLC) n-1 + GLUCOSIO-1-P<br />

L’unità di glucosio 1-fosfato generata dalla glicogenolisi viene trasformata in glucosio 6-fosfato dalla<br />

fosfoglucomutasi. Quest’ultima molecola ha un destino diverso nel muscolo e nel fegato. Nel muscolo<br />

viene ossidata per soddisfare le esigenze energetiche del tessuto. Nel fegato, la presenza di un enzima<br />

specifico, la glucosio 6-fosfatasi, rende possibile il distacco del fosfato e la formazione di glucosio, che può<br />

così diffondersi dall’epatocita al torrente ematico, innalz<strong>and</strong>o così la glicemia.<br />

Glicogenosintesi e glicogenolisi: Regolazione<br />

Come generalmente accade nel caso di processi metabolici opposti, glicogenolisi e glicogenosintesi sono<br />

finemente regolate in modo reciprocamente opposto da meccanismi ormono-dipendenti ed allosterici,<br />

che fanno sì che l’attivazione dell’una avvenga contemporaneamente all’inibizione dell’altra.<br />

Perno centrale di tali meccanismi di regolazione, soprattutto nel fegato, è la molecola del cAMP, secondo<br />

messaggero i cui livelli intracellulari sono controllati da cascate di segnali indotte da ormoni quali<br />

glucagone, insulina e adrenalina.


Variazioni della concentrazione di cAMP determinano l’attivazione o l’inibizione degli enzimi chiave delle<br />

due vie opposte, la fosforilasi e la glicogenosintasi. Glucagone ed adrenalina determinano l’innalzamento<br />

del cAMP e la conseguente attivazione della protein chinasi cAMP dipendente (PKA). Questa induce la<br />

fosforilazione della fosforilasie della glicogenosintasi, attiv<strong>and</strong>o la prima (aumento della glicogenolisi) e<br />

inattiv<strong>and</strong>o la seconda (blocco della glicogenosintesi). Agendo a livello epatico, glucagone e adrenalina<br />

hanno un effetto iperglicemizzante, rendendo possibile la diffusione del glucosio dall’epatocita al sangue.<br />

L’insulina provoca la riduzione dei livelli di cAMP tramite attivazione dell’enzima fosfodiesterasi.


Questo comporta il venir meno dell’azione di PKA e quindi l’attivazione della glicogenosintasi<br />

(defosforilata) e l’inibizione della fosforilasi (defosforilata). L’azione dell’insulina sul fegato, facilit<strong>and</strong>o la<br />

trasformazione del glucosio in glicogeno, e favorendo quindi il continuo assorbimento del glucosio dal<br />

sangue, contribuisce all’effetto ipoglicemizzante provocato dalla secrezione dell’ormone. A livello<br />

muscolare, la regolazione del metabolismo del glicogeno dipende anche dai livelli intracellulari di ione Ca ++<br />

e di AMP. In questo modo l’utilizzo del glucosio viene legato all’attività contrattile. Infatti la glicogenolisi<br />

nel muscolo aumenta di diverse centinaia di volte subito dopo l’inizio della contrazione. Ciò è imputabile<br />

alla stimolazione indotta dallo ione calcio nei confronti dell’enzima fosforilasi chinasi, che, una volta<br />

attivato, fosforila la fosforilasi, responsabile della demolizione del glicogeno.<br />

Punti salienti sulla glicogenosi<br />

Difetti a carico del metabolismo del glicogeno si manifestano in rare malattie genetiche<br />

complessivamente denominate glicogenosi, perché caratterizzate dall’accumulo anormale, per tipo o<br />

quantità, di glicogeno. Più frequenemente il difetto è a carico della via degradativa (glicogenosi di tipo I,<br />

III, V, VI, sintesi solo nel tipo IV). Nel tipo I e VII il difetto non riguarda il metabolismo del glicogeno, che si<br />

accumula solo come effetto secondario. Le forme epatiche (I, III, VI) sono associate alla presenza di<br />

ipoglicemia, mentre quelle muscolari manifestano sintomi quali ridotta tolleranza all’esercizio, astenia ed<br />

eventualmente insufficienza cardiaca.<br />

Riepilogo<br />

Il glucosio può essere depositato nel fegato e nei muscoli sotto forma di glicogeno. La demolizione<br />

(glicogenolisi) o la sintesi (glicogeno sintesi) di tale polisaccaride sono vie metaboliche opposte che<br />

dipendono dalla disponibilità cellulare ed ematica di glucosio. Tuttavia solo il glicogeno epatico può<br />

essere degradato per aumentare la glicemia; quello muscolare è una riserva energetica tessuto specifica.<br />

Il metabolismo del glicogeno è controllato, specie a livello epatico, da insulina e glucagone, che, regol<strong>and</strong>o<br />

in modo opposto la via anabolica e quella catabolica, determinano rispettivamente l’innalzamento e la<br />

riduzione della glicemia.

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