Impatto Magazine: Dubbi su Spotify // N. #8 // 25 novembre 2014
www.impattomagazine.it // info@impattomagazine.it // Impatto Magazine: Dubbi su Spotify. Questa settimana in primo piano: La società moderna e la psicoeconomia spiegate con i Peanuts. Follow Us on Facebook: https://www.facebook.com/impattomagazine
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Editoriale
N.8 | 25 Novembre 2014
Usi ed Abusi
del burocratese
Il potere d’ufficio come una valanga di carta e inchiosto.
Bisogna insegnare la non-lingua ai funzionari del domani?
Emanuela
Guarnieri
Ah, benedetta
burocrazia! Quante
volte ci siamo
arrovellati tra
scadenze, ultimi
minuti, linguaggi
incomprensibili?
Perché quando ci troviamo a
pensare al cosiddetto potere
d’ufficio ci vengono in mente
i nostri corpi sepolti sotto una
montagna di carta e “nero su
bianco”? Imbustati in foderine
trasparenti e attaccati a sangue
come protocolli da una spillatrice.
Domande in carta semplice
che semplice non è mai, carte
intestate, timbri e contro-timbri,
bolli e firme che ci provocano
tachicardie e bile, impiegati col
dito puntato che paiono dirci “sei
arrivato tardi” o al massimo “beh,
sei arrivato in tempo, ma di queste
carte non c’hai capito niente”.
Una lingua a parte, distante
dall’uso comune, documenti
e formule di saluto che mai ci
sogneremmo di utilizzare nel
linguaggio vivo: signorie vostre
e generalità declinate come casi
latini, arcaismi e latinismi da
far impazzire i più grandi cultori
dell’antichità. Ghirigori giuridici
da rendere l’Azzeccagarbugli
manzoniano un facilitatore della
comunicazione. Il nostro Italo
Calvino in un geniale articolo del
1965 coniò il termine “antilingua”
e ci raccontò come un fatto banale
potesse essere raccontato in un
linguaggio comune e come, lo
stesso “fattarello”, l’avrebbe
verbalizzato un agente di polizia,
aggiungendo elementi innecessari
e ridondanti, tutt’altro che
chiarificatori. Sono passati
quasi 50 anni da quell’articolo,
eppure, la situazione, non
pare essere migliorata. Nel
frattempo, negli ultimi anni,
varie amministrazioni si sono
riempite la bocca con termini
come “sburocratizzazione”,
“semplificazione degli atti” e
“procedure online”, vantando
“geniali” legende esplicative in
cui, punto per punto, si riescono a
confondere ulteriormente le idee
del malcapitato “richiedente”,
qualora fosse stato possibile.
Chi controlla i controllori? Chi
stabilisce il limite tra uso ed
abuso di questo potere d’ufficio?
Per quanto il cittadino deve
sentirsi ignorante di fronte a
un’istituzione che probabilmente
ignorante lo è davvero ma si fa
scudo dietro i paroloni obsoleti
che utilizza in maniera meccanica
dal I secolo dopo Cristo?
Senza generalizzare oltremodo,
sono troppi i funzionari che
non funzionano ed eccessive
le parole che non parlano. La
“buona scuola” del domani dovrà
inserire tra le sue materie lo
studio della lingua burocratese
oppure insegnerà ai funzionari
del domani a non abusare della
nobile ars dicendi? Non volendo
disconoscere a codesto ufficio il
diritto di non ingerenza, viene
tuttavia fatta richiesta che
siano comunicati gli esiti della
Commissione. Post scriptum:
fateci sapere!
2
“
Chi di voi
vorrà fare il
giornalista,
si ricordi di
scegliere il
proprio padrone:
il lettore!
Indro Montanelli
stanco della vecchia
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3
In Europa novembre si sta caratterizzando come il mese
delle privatizzazioni. E l’Italia lavora per il passaggio di Enav.
I
Marco
Tregua
Editoriale
N.8 | 25 Novembre 2014
Adesso chiedo
l’aiuto del privato
l mese di novembre
si sta caratterizzando
sempre più come il
momento di passaggio
di mano dal pubblico
al privato per tante
attività e senza distinzioni
territoriali; sono, difatti, tante
le operazioni in corso che
porteranno alla cessione di attività
detenute dagli enti statali ai
privati, il cui intervento è ormai
una necessità inderogabile per le
casse pubbliche.
Partendo dal caso che ha fatto più
“rumore” negli ultimi giorni, lo
stato francese ha deciso che cederà
parte delle sue partecipazioni
nel settore dell’energia entro
la fine del 2015 per favorire il
miglioramento delle performance
economico-ambientali e una
parziale copertura del debito
accumulato. Le prime cessioni
riguarderanno le strutture negli
aeroporti di Tolosa e Parigi; tra i
potenziali acquirenti si vocifera
che ci siano degli operatori cinesi,
soprattutto per la struttura di
Tolosa.
Più netta la condizione espressa
dal governo portoghese, che si
appresta a cedere la totalità delle
quote della compagnia aerea
di bandiera entro il prossimo
settembre; particolarmente
preoccupante è stata
un’affermazione del Ministro
dell’Economia portoghese,
secondo cui “l’unico criterio che
conta è l’ammontare dell’offerta”,
a testimonianza della finalità di
copertura della posizione debitoria.
Tra gli acquirenti figurano alcuni
investitori di Spagna e Brasile, i
due paesi con il maggior numero di
rapporti commerciali via aerea con
il Portogallo.
Anche in Italia la condizione
sembra simile e ancora una volta il
settore aeroportuale è al centro di
un’operazione di ristrutturazione
del bilancio, dato che la
privatizzazione dell’Enav è sempre
più vicina, seppur limitatamente
al 49% delle quote in portafoglio.
L’introito atteso si aggira intorno
al miliardo di Euro e l’operazione
è vicina alla conferma, benché
i risultati dell’ultimo esercizio
siano stati estremamente positivi.
In direzione del tutto inversa va,
invece, la Germania, dove alcune
municipalità hanno deliberato
circa l’acquisizione di alcune
aziende private impegnate
nell’erogazione di pubblici servizi,
dopo che, un quinquennio fa,
l’operazione era avvenuta a
parti invertite. La spinta della
cittadinanza è stata decisiva,
viste le proteste legate alla
riduzione della qualità dei servizi,
accompagnata dall’impennata dei
costi.
Cosa accadrà tra un quinquennio
in Francia, Portogallo, Italia
e negli altri paesi che stanno
privatizzando le aziende
pubbliche? Le attuali condizioni
delle finanze statali sembrano
far intravedere l’impossibilità di
una riacquisizione, mentre resta
la speranza che i sacrifici attuali
possano servire a salvaguardare
quanto ancora nelle mani dei
governi centrali.
4
Sommario
N.8 | 25 Novembre 2014
!MPATTO
magazine di approfondimento
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info@impattomagazine.it
Direttore Responsabile
Emanuela Guarnieri
Responsabile Editoriale
Guglielmo Pulcini
Attualità
Anna Annunziata
Giorgia Mangiapia
Marina Finaldi
Flavio Di Fusco
Economia
Pierluigi Patacca
Gennaro Battista
Marco Tregua
Cultura
Liliana Squillacciotti
Giangiacomo Morozzo
Scienze
Claudio Candia
Gastronomia
Eleonora Baluci
Editorialisti
Valerio Varchetta
Traduzioni
Dario Rondanini
Grafica
Ennio Grilletto
Vittoria Fiorito
10
Scatti in
Acqua
Una galleria fotografica sugli
attimi all’interno dell’oro blu.
55.
Natura
Domani
Le recenti alluvioni in
Italia ripropongono il tema
del rapporto tra progresso
e impatto ambientale.
13.
37.
Tre luoghi di assoluta
magia architettonica
Tre meraviglie italiane che
affascinano il mondo.
39. Il Radicchio
48.
51.
60.
L’oro rosso del Veneto
completa le tavole italiane.
Storie all’interno
di baracche: Plastic
Avventure noir in un futuro
che non riconosce l’umanità.
Finalmente ti ho
Trovata
Cronaca di un omicidio
firmato Jack the Ripper
Il principe Pasta
Frolla
La fantastica leggenda
del bacio avvelenato.
Edito da
Gruppo Editoriale Impatto
IT 07802041215
gruppo.impattomagazine.it
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Coordinamento
Pulseo
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Testata Registrata presso il tribunale
di Napoli con decreto presidenziale
numero 22 del 2 Aprile 2014.
Le foto presenti su Impatto Mag sono state in larga parte prese da
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autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, lo possono
segnalare alla redazione (tramite e-mail: info@impattomagazine.it)
che provvederà prontamente alla rimozione delle immagini utilizzate.
7. 28.
La psicoeconomia per
Charlie Brown.
Un romanzo di Matteo
Motterlini spiega le interazioni
socioeconomiche attravero i
Peanuts di Schulz.
Due più Due. Il gabbiano
Jonathan Livingston.
Un breve viaggio nel famoso
romanzo di Richard Bach.
Un romanzo filosofico che ha
segnato una intera generazione.
5
Che
guaio
Spotify
Taylor Swift si scaglia contro Spotify
e rimuove tutti i propri album dalla
piattaforma di streaming musicale.
Intanto i musicisti chiedono al CEO
Ek maggiore equità di trattamento.
23.
30. 31. 45.
Cesare Pavese: il diavolo
sulle colline torinesi.
Quando l’isola non è solo
un elemento geografico.
God is not a magician.
Pope is not a politician.
Qualcosa in grado di trafiggere
l’ora, sempre la stessa, della
noia adolescenziale. Fare
mattino è una questione morale.
Quando l’isola non è solo un
elemento geografico. Simbolismo
dei lembi di terra in mezzo al
mare nella cultura moderna.
La lotta delle Femen continua a
suon di blasfemia. Intanto Papa
Francesco presenzia all’UE da
politico o da religioso?
6
Società
N.8 | 25 Novembre 2014
Psico
economia
e Charlie
Brown
Un romanzo di
Matteo Motterlini
spiega le interazioni
socioeconomiche
attravero i Peanuts. Il
passaggio dall’approccio
istituzionalista
all’approccio
comportamentale.
Redatto da
Giorgia Mangiapia
7
Lucy - detiene il
chiosco psichiatrico,
dove Lucy dispensa,
per cinque centesimi,
consigli spesso inutili
agli altri personaggi.
Cosa accade se un economista
unisce la razionalità scientifica
alla psicologia, la metodologia
scientifica alla sociologia?
Nasce un nuovo ambito di
studio, nuova teoria e pratica
definita del nudge, la spinta
felice, che risulta ormai aver
acquisito un’importanza non
ai margini nel migliorare
le nostre decisioni, il
comportamento sociale e la
convivenza. Matteo Motterlini
e la sua “Psicoenomia di
Charlie Brown” si concentrano
su vari aspetti della cognizione
umana, partendo dal
linguaggio per tener conto
del rapporto tra la mente e
il cervello, dell’economia
comportamentale, delle
neuroscienze cognitive e
della decisione ponendo
particolare attenzione
all’indagine sperimentale
multidisciplinare e alle
ricadute pratiche applicative.
Sin pensi al delpolicy making –
il principio di precauzione
che prevede il dar via libera
ad un’innovazione solo dopo
aver stabilito forme decisionali
trasparenti che prevedano il
coinvolgimento dei cittadini– e
all’evidence–based policy – il
termine evidence richiama e
rimanda all’idea di validazione
empirica e di prova scientifica
e comporta l’uso di metodi,
inizialmente nell’ambito
medico che poi hanno visto
un’estensione dei loro approcci
in vari ambiti di azione,
destinati a creare degli stati
dell’arte sintetici per l’azione,
elaborati per rispondere a
questioni pratiche specifiche
secondo criteri espliciti e su
meta-analisi quantitative a
cui seguano valutazioni della
qualità delle conoscenze
disponibili e una riflessione
sul loro carattere, sulle prove
che le corroborano e sui
principi di gerarchizzazione
delle prove stesse per poter
realizzare dei metodi per
orientarsi nella letteratura
scientifica. Risulta chiaro come
le conoscenze scientifiche non
Charlie - Capace di
infinita determinazione e
testardaggine è in realtà
dominato dalle sue ansie
e manchevolezze, nonché
dai suoi compagni.
8
Società
N.8 | 25 Novembre 2014
Schroeder - È un bambino che ama
suonare il suo pianoforte giocattoloed ha
una profonda venerazione per Beethoven,
di cui ne festeggia la nascita. È anche
oggetto dell’amore non corrisposto di Lucy.
possano rimanere relegate
nel proprio ambito ma
entrino nell’elaborazione
delle politiche pubbliche
invitando ad una riflessione
di fondo sul modo in cui
possono essere prodotte,
valutate e rese accessibili
delle conoscenze e delle
meta-conoscenze affidabili
per l’aiuto alle decisioni.
Bisogna quindi prendere in
considerazione un campo
di studi multidisciplinare
sviluppatosi all’interno
della scienza politica e
contaminato da altre
scienze e discipline come
la sociologia, la statistica
e l’economia. Il focus
dell’analisi cambia:
spostato dal potere e dalle
istituzioni allo studio dei
comportamenti dei soggetti
operanti nell’arena pubblica.
Dall’approccio istituzionalista
a quello comportamentale.
Quindi viene a crearsi un
lavoro di ricerca che ha come
unità d’ analisi il problema
collettivo nei confronti del
quale le autorità pubbliche
stabiliscono di operare
ed agire per poter fare
o non fare qualcosa con
l’uso di metodi scelti che
possono variare, induttivi
o deduttivi, e con finalità
descrittive o prescrittive. È in
quest’ambito che si muove il
filosofo e neuroeconomista
italiano Motterlini che
parte dal presupposto che
le varie metodologie vadano
confrontate con la storia
della scienza in quanto i
canoni della logica della
scoperta non sono fissati una
volta per sempre ma mutano
nel tempo anche se con
ritmi non necessariamente
uguali a quelli delle teorie
scientifiche. Focalizzando
i suoi studi su questioni di
metodologia dell’economia
attraverso una prospettiva
interdisciplinare – in cui
s’intrecciano la riflessione
epistemologica, delle scienze
cognitive e dell’economia
9
sperimentale con la teoria della
scelta e della decisione individuale in
condizioni d’incertezza – Motterlini
analizza “lo status delle assunzioni
della teoria della scelta razionale,
valutando l’impatto delle violazioni
comportamentali sistematiche alle
restrizioni assiomatiche imposte dai
modelli normativi di razionalità”.
Nel suo studio assumono valore
le ragioni epistemologiche per
la composizione della frattura
economia e psicologia cognitiva
nell’ambito della teoria della
decisione e suggeriscono di guardare
ai risultati recenti dell’economia
cognitiva in prospettiva di una
nuova prospettiva quasi razionale
in cui si possano rafforzare le
previsioni del comportamento
economico degli esseri umani
con i modelli neoclassici. E così
nasce la sua psicoeconomia di
Charlie Brown: “Siamo casi da
fumetto e non casi da manuale?
Non c’è niente di male. Anzi è un
presupposto che apre a strategie
utili e ad applicazioni sorprendenti.
La psicoeconomia di Charlie Brown
non è uno schema filosofico,
né tantomeno una coperta di
Linus, afferrata per confortare lo
specialista in un mondo che tanto
non funziona e mai funzionerà.
È una proposta di un approccio
concreto per cambiare in meglio i
comportamenti che influenzano il
benessere di tutti. Consigli pratici
come quelli di Lucy: “Psychiatric
help: 5 cent”. Tutto questo ha
un fascino meno irresistibile
dell’economia esatta? Può darsi.
Ma, giunti a questo punto, basta che
funzioni”. Le ricerche di Motterlini
indagano le basi neurobiologiche
della razionalità umana attraverso
lo studio dei correlati neurali,
ovvero la rete o circuito di neuroni
biologici, dei processi decisionali
nei contesti economico-finanziari
ponendo particolare attenzione
al ruolo svolto dalle emozioni, dal
rimpianto e dall’apprendimento
sociale. Allo stesso tempo analizza,
progetta e sperimenta i modi
in cui i risultati dell’economia
comportamentale e della
neuroeconomia possono realizzare
e informare politiche pubbliche più
efficaci e basate sull’evidenza. In
Da un lato - Charles M.
Schulz, creatore dei Peanuts.
Dall’altro - Matteo Monterlini,
filosofo in materia socioeconomica.
10
Società
N.8 | 25 Novembre 2014
My dear Friend
Charlie Brown ha un “amico di
penna”, cui scrive lettere mai
corrisposte, anche perché si è
spesso dimenticato di metterci
il francobollo, con ortografia
errata e macchie d’inchiostro.
un’intervista, afferma:
“Anche in un campo che
si vorrebbe razionale
come la nostra azione
economica, tendiamo a
cadere nelle più disparate
trappole mentali. Ci
piace pensare di essere
freddi e calcolatori,
capaci di soppesare
vantaggi e probabilità.
Invece siamo un po’
tutti come Peanuts: ci
lasciamo trasportare
dalla collera come Lucy,
bloccare dall’indecisione
come Linus, ingannare
dall’egocentrismo come
Snoopy o dominare
dall’insicurezza e dalla
paura come Charlie
Brown sulla pedana del
lanciatore nel campo
di baseball, sballottato
tra pensieri troppo
negativi o illusioni
inutilmente rosee.
Contrariamente a quanto
siamo portati a credere,
le decisioni economiche
che prendiamo ogni
giorno non riguardano
solo il denaro. Sono
dettate anche da motivi
immateriali, ma non per
questo meno influenti
e concreti, come evitare
le perdite e i rimpianti.”
C’è un coinvolgimento
della paura, della rabbia e
frustrazione, dell’invidia
e dell’orgoglio, dell’onore
e dell’ingiustizia e della
mancanza di ottimismo e
di fiducia.
Mancanza di ottimismo
e di fiducia sono lo
specchio della nostra
società - È per questo
che si sente il bisogno
di ricondurre al mondo
reale i modelli economici
dei manuali, secondo
Motterlini, su cui
sono state costruite
le fondamenta di un
sistema di vita, lavoro
e commercio che sta
crollando. Si avverte
sempre più l’esigenza di
trovare nuovi strumenti
per risolvere problemi
anziché complicarli. Se
finora i Governi hanno
elaborato ideologie e
luoghi comuni, ora si deve
cominciare a verificare
l’efficacia di quello che ci
presume per poter usare
la nostra “irrazionalità”
per il nostro bene. Un
esempio dell’effetto
della pressione sociale
sui comportamenti
ecosostenibili è presente
in uno studio fatto:
sul sito di Opower,
startup che offre servizi
per ridurre i consumi
energetici, il risparmio
ottenuto dal 2007 ad
oggi a circa la metà del
prodotto dell’industria
americana dell’energia
solare, ovvero quello che
serve per alimentare
una città con 850mila
abitanti per un anno
intero. In questa maniera
salgono a 340 milioni di
euro i soldi risparmiati
dai consumatori in
bolletta. Oltre 3 milioni di
tonnellate di Co2 in meno
e il car sharing si stima
abbia permesso di evitare
750mila tonnellate di
anidride carbonica dalla
sua introduzione. Ora
Opower ha ottenuto
un risultato 4 volte
maggiore. In che maniera
è riuscito nell’intento?
Ha aggiunto alla bolletta
il consumo energetico
dell’abitazione del cliente
confrontato con quello
medio del quartiere. il
semplice fatto di aver
fornito alla persone una
comparazione dei propri
11
Woodstock
Si tratta dell’unico personaggio
principale che parla (o pensa)
senza utilizzare le lettere
dell’alfabeto latino.
Linus van Pelt
Benché molto giovane, Linus è molto
saggio (ma a volte spiccatamente
ingenuo) ed è, con le sue frequenti
citazioni delle Sacre Scritture, di fatto
il filosofo ed il teologo della striscia.
consumi rispetto a quelli
dei vicini ha consentito
di aumentare i risparmi
energetici in media tra
il 2 e il 6%. Ecco come
si possono cambiare e
migliorare efficacemente le
situazioni se si fa leva sulla
volontà. Sempre Motterlini
pone l’esempio della
Nandahome, una società che
produce sveglie per così dire
“intelligenti”, in quanto
fanno leva sulla forza di
volontà intervenendo su un
punto cruciale: la differenza
tra svegliarsi e alzarsi.
Intenzione e azione. “la sera
puntiamo la sveglia per il
mattino, ma quando arriva
quel fatidico momento il
40% di noi ricorre più volte
al bottone dello snooze, la
funzione per cui la sveglia ci
consente altri cinque minuti
di sonno prima di suonare
ancora, e poi altri cinque e
altri cinque ancora. Come
tutte le sere, siamo certi che
la mattina dopo saremo in
piedi puntuali. Ma, comen
tutte le mattine, siamo
ancora a letto. Clocky – è
questo il nome della sveglia
intelligente – non ce lo lascia
fare. Clocky ci conosce bene,
sa esattamente quando
intenzione e azione non
si incontrano, e puntuale
come una sveglia, è quello
che è, quando arriva l’ora
non solo suona, ma salta dal
comodino e inizia a correre
per la stanza sulle due ruote
si cui è accessoriata. […].
Una spinta gentile e un po’
odiosa che aiuta a tener fede
ai nostri impegni.” Se ne
deduce che lo scarto tra ciò
che si pianifica di fare e ciò
che effettivamente si fa è
uno dei maggiori sprechi di
tempo, di soldi, di energie
della nostra vita. come i
personaggi di Peanuts si deve
far leva sui processi cognitivi
e verificare la validità delle
intuizioni teoriche nel
mondo reale. Passando così
dall’intenzione all’azione.
12
Attualità
N.8 | 25 Novembre 2014
progresso e
sviluppo
il futuro della
natura
Redatto da
Valerio Varchetta
“Un sasso è caduto in un
bicchiere colmo d’acqua
e l’acqua è traboccata
sulla tovaglia. Tutto qui.
Solo che il bicchiere era
alto centinaia di metri
e il sasso era grande
come una montagna e
di sotto, sulla tovaglia,
stavano migliaia di
creature umane che non
potevano difendersi.
Non è che si sia rotto
il bicchiere quindi
non si può [...] dare
della bestia a chi l’ha
costruito. Il bicchiere
era fatto a regola d’arte,
testimonianza della
tenacia, del talento, e
del coraggio umano. “
“Ecco la valle della
sciagura: fango,
silenzio, solitudine
e capire subito che
tutto ciò è definitivo;
più niente da fare o
da dire. Cinque paesi,
migliaia di persone,
ieri c’erano, oggi sono
terra e nessuno ha
colpa; nessuno poteva
prevedere. In tempi
atomici si potrebbe dire
che questa è una sciagura
pulita, gli uomini non ci
hanno messo le mani:
tutto è stato fatto
dalla natura che non è
buona e non è cattiva,
ma indifferente. E ci
vogliono queste sciagure
per capirlo! Non uno
di noi moscerini vivo,
se davvero la natura si
decidesse a muovere
guerra...”
Così scrivevano
rispettivamente Dino
Buzzati e Giorgio Bocca
all’indomani della
tragedia del Vajont,
13
dopo la gigantesca ondata che
distrusse ciò che trovò sul suo
cammino in quella valle tra le
montagne al confine tra Veneto e
Friuli. Uno solo il denominatore
comune: sciagura, disgrazia,
imprevedibilità, un capriccio
della natura cattiva o al più
indifferente, per usare le parole
di Bocca, costato la vita a quasi
2000 persone. Oggi, dopo varie
inchieste, sappiamo che non
fu così, che aveva ragione chi
accusava già prima del fatto i
costruttori della diga di aver
realizzato l’impresa lì dove non
si poteva, perché l’impianto
poggiava su una montagna che
presentava una gigantesca frana
che si trovava lì da migliaia
di anni, e che forse avrebbe
continuato a stare ferma se non
si fosse andati a sollecitarla con
l’acqua di un lago artificiale.
Una lezione non ancora
imparata - Questa è stata
forse la prima grande lezione
che la natura ha inflitto in
Italia all’uomo che pensava
che il progresso tecnologico e
il guadagno potessero fare a
meno del rispetto dell’ambiente
“
Si invoca
sempre meno
il “progresso”
e sempre più il
“cambiamento”,
e quel che si
adduce per
illustrarne i
vantaggi sono
soltanto i sintomi
molteplici di una
catastrofe senza
uguali.
Emil Cioran
L’inconveniente
di essere nati
14
La divina
provvidenza
provoca
catastrofi
affinché i
contemporanei
più intelligenti
scrivano
stupidaggini.
“
Nicolás Dávila
circostante, ma a quanto pare
i fatti di questi ultimi tempi
dimostrano come la lezione non
sia stata compresa fino in fondo.
Diverse città del Nord Italia messe
in ginocchio dal maltempo, da
torrenti che esondano e riempiono
di acqua e fango le strade,
mietendo a volte delle vittime.
Non si può più invocare la disgrazia
se fiumiciattoli che a stento
compaiono sulle cartine creano
questi danni: l’urbanizzazione
selvaggia, l’avanzamento della
città e dell’asfalto a scapito del
Giovani genovesi
De Andrè cantava
Dolcenera con i
suoi spilli fittpi
di acqua che
penetravano
tra i tetti, nelle
case, sulla carne
della gente e
spingevano
ad alzarsi, a
muoversi per
un sostegno
reciproco colmo
di umanità. Tutte
le foto sono di
Marco Bertorello/
AFP/Getty
Images.
terreno e delle campagne
ha reso tutto più
vulnerabile, più difficile
il drenaggio delle acque
dei torrenti che spesso
vengono convogliate
nelle fognature, senza
però che questo sia
sufficiente quando le
piogge sono più copiose.
L’alluvione di Genova e
i danni subiti da Milano
non sono purtroppo una
novità in Italia, che da
tempo si trova a dover
fronteggiare emergenze
di questo tipo, senza
che vengano però prese
misure strutturali o che
ci sia un vero e proprio
cambio di mentalità.
Infatti, non solo non
vengono attuate le
misure necessarie per
una vera e propria messa
in sicurezza (espressione
con cui ci si riempie la
bocca, magari senza
sapere cosa realmente
sia) che comporterebbe
un rafforzamento degli
argini con un’adeguata
manutenzione, ma si
continua a costruire
e a togliere lo spazio
naturale ai corsi d’acqua
senza badare all’impatto
che ciò potrebbe avere.
Il clima cambia, e noi?
Una volta era Marzo il
mese che nella cultura
15
Angeli del fango
Tra calcinacci, abiti luridi e pelle sporca,
corpi bagnati, la solidarietà riscalda
dove la spietatezza dell’acqua ha colpito
lasciando il gelo. Dove l’indifferente
incompetenza delle istituzioni si è
fermata solo a guardare.
In foto - Quando dalla
stanchezza fisica si trae gioia
morale. Le giovani di Genova, gli
Angeli del Fango e i loro sorrisi.
In foto - Scendere per
strada per smuovere i resti
ma soprattutto le coscienze.
Forse le
alluvioni ci
insegnano
Con l’Europa
che gli errori
non si
dell’uomo
afferma
sono i migliori
un’idea di
insegnanti,
pace, ma di
vanno
guerra: paesi
ascoltati con
l’un contro
quell’impegno
l’altro armati.
che poi porta
all’azione.
“
“
Stephen
Littleword
popolare era considerato
pazzo, ora invece l’intero ciclo
delle stagioni non sembra più
corrispondere a quello a cui
siamo abituati, con estati e
inverni molto più lunghi del
normale. Le conseguenze
non saranno probabilmente
quelle apocalittiche descritte
in diversi film come “The
day after tomorrow”, ma
già adesso si possono notare
ingenti danni, soprattutto
all’agricoltura. L’aumento
delle temperature, infatti, e
la conseguente diminuzione
delle piogge in molte
zone, rischia di portare a
conseguenze importanti, sia
dal punto di vista nutritivo,
vista lo scarseggiare delle
colture, sia da quello
economico, con variazioni
importanti del rapporto
tra domanda e offerta, con
danni ingenti per le comunità
che vivono soprattutto
del lavoro della terra. Non
solo: l’alterazione del clima
può causare una maggiore
proliferazione di parassiti e
di erbe infestanti, con danni
a lungo termine sulla catena
alimentare.
Questo è avvenuto soprattutto
per l’emissione incontrollata
di CO2 e CFC nell’atmosfera,
che ha fatto sì che avanzassero
le aree desertiche in seguito a
un surriscaldamento globale.
16
Attualità
N.8 | 25 Novembre 2014
In foto - Dal fango prende forma la forza
di ricominciare di nuovo, di non annegare
tragicamente nella disperazione. Dopo la
catastrofe bisogna ristabilire l’ordine in un
caos dove in cui non ci si riconosce più.
Un’altra conseguenza
importante è stato il
verificarsi di fenomeni
temporaleschi gravi, tipici
delle aree tropicali, anche in
zone del mondo dove questi
fenomeni non erano diffusi
e dove si era impreparati a
fronteggiarli.
Natura cattiva? - Il
discorso, che può sembrare
leopardiano, potrebbe
far pensare a una natura
che ha deciso di muovere
guerra all’umanità, come
disse Bocca all’indomani
del Vajont; la verità è però
che la natura sta solo
reagendo alle sollecitazioni
che l’uomo le sta inviando,
è più che una madre una
sorella che si difende da chi
le vuole male con i mezzi
che ha, che cerca anche di
mandare segnali a chi, in
nome del profitto, pensa di
poterne disporre a proprio
piacimento, di poterla
distruggere e modificare,
come è avvenuto al Vajont,
come è avvenuto nell’Asia
centrale con il Lago d’Aral,
al confine tra Uzbekistan
e Kazakistan. Quello che
era uno dei più grandi
laghi del mondo, infatti,
ora quasi non esiste più,
completamente prosciugato
artificialmente da un’opera
del governo sovietico che ha
utilizzato per scopi agricoli
l’acqua dei due immissari
del lago, che così non ha
più potuto compensare
la perdita d’acqua dovuta
all’evaporazione.
Le recenti alluvioni e i
continui cambiamenti
climatici mostrano come non
sia più possibile procedere
indiscriminatamente con
l’evoluzione tecnologica
senza tenere conto
dell’impatto ambientale,
perché la Terra in cui viviamo
è una sola e non è detto che
non si raggiunga un punto di
non ritorno.
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19
Economia
N.8 | 25 Novembre 2014
Redatto da
Dario Rondanini
Dopo oltre un decennio di vendite
in completo declino, l’industria
della musica ha cambiato la propria
strategia commerciale investendo
in servizi di streaming audio come
Spotity. Ma davvero questi ultimi
possono offrire una strada lineare
verso il ritorno alla crescita delle
vendite nel breve futuro?
Purtroppo, non tutti i musicisti si
ritengono favorevoli a questo tipo
di innovazione distributiva e la
fila degli obbiettori sta divenendo
sempre più lunga e rumorosa. Da
Thom York che non teme nel definire
Spotify “l’ultimo, disperato peto di
un corpo morente” a Taylor Swift
che rimuove tutti i suoi album dalla
applicazione. La serie di artisti di
spicco che iniziano ad interrogarsi
Una bomba su
sulla legittimità del servizio è ormai
vistosa e non può essere ignorata
dalle analisi di mercato. Infatti, la
rimozione degli album operata dalla
Swift ha generato un nuovo dibattito
sul servizio streaming. Una dicotomia
di impostazione filosofica che si
riduce nel chiedersi se il pacchetto
gratuito, supportato dalle pubblicità,
abbia lo stesso valore del pacchetto
con abbonamento “premium”, che
elimina completamente qualsiasi
forma di promozione commerciale.
“Secondo me, gli utenti con l’account
premium sono quelli che sul serio
comprano i dischi, pagando la loro
somma mensile”, ha sentenziato
Jonathan Dickins, manager della
nota cantante britannica Adele,
al Web Summit di questo mese.
“Personalmente credo che per
superare il problema del pacchetto
indifferenziato sia per abbonati che
per utenti free, senza compiere gesti
estremi come quello fatto da Taylor
Switf, si potrebbe rendere disponibile
una serie di prodotti, in via esclusiva
e per un arco temporale ben definito,
prima sull’account premium, e solo
alla scadenza distribuirlo anche per la
versione gratuita. Ma ad oggi questo
sistema non è consentito da Spotify.”
Dickins ha poi affermato di credere
che lo streaming sia il futuro,
indipendentemente dalle preferente
del grande pubblico, ma allo stesso
tempo ha dichiarato che Spotify
ha bisogno di nuovi meccanismi di
funzionamento, specialmente per
quanto concerne la retribuzione
economica. “Spotify funzionerà solo
se ci saranno abbastanza persone
disposte a sborsare del denaro”.
L’urlo della Swift che terrorizza
l’occidente - Ma perché la diatriba
con Taylor Swift è una questione
davvero spinosa per Spotify? Il portale
svedese creato da Daniel Ek è utilizzato
da molti artisti di fama internazione
come Coldplay, Beyoncé e la stessa
20
Economia
N.8 | 25 Novembre 2014
Adele, i quali pianificando
una messa in vetrina dei
loro album, impedendone
temporaneamente lo
streaming, massimizzano –
per un paio di mesi - i profitti
sulle vendite dei dischi e sui
download nelle piattaforme
di selling e non di sharing.
Rimuovendo tutti i suoi
album dal catalogo, la
Swift ha fatto sorgere un
nuovo quesito, ossia se gli
album debbano essere resi
disponibili senza limitazioni
di sorta sia agli utenti
premium che ai non pagati,
su tutti i servizi di streaming
simili a Spotify. Infatti,
non cambiando termine
di paragone, la musica di
Taylor Swift, dopo l’esodo
della piattaforma svedese,
è rimasta comunque
disponibile, su Rdio, Napster
e Beats Music (quest’ultima
di proprietà della Apple),
ma solo per utilizzatori
abbonati. Le motivazioni
della Swift, su questa
operazione esplosiva, sono
state ben contornate, in un
breve commento su Yahoo,
ed non hanno lasciato
spazio ad ulteriori obiezioni
da parte degli operatori del
mercato musicale. “Non
ho intenzione di rendere il
lavoro di una vita disponibile
per un esperimento
commerciale che a mio
giudizio non gratifica
pienamente produttori,
compositori, artisti e creatori
di musica”, ha dichiarato
l’artista statunitense, che
ha poi aggiunto: “Non sono,
nemmeno, d’accordo sul
fatto che la musica non abbia
valore e che debba essere
gratuita”.
Scott Borchetta, che dirige
l’etichetta discografica della
Swift, la Big Machine, ha
dichiarato, in seguito, che
altri artisti, insieme con i
In foto - Daniel Ek, CEO
e fondatore di Spotify.
loro manager, condividono
questa presa di posizione.
“C’è molta confusione
attorno a questa scelta di
Taylor. Indubbiamente
Spotify è un ottimo servizio,
ma così come è ottimizzato
per l’utenza, deve puntare
a diventare anche un
partner migliore per le case
discografiche”.
Le ragioni di Ek e i
numeri straordinari di
Spotify - Ed è attorno a
questo folto intrecciarsi
di considerazioni che il
dibattito sullo streaming
musicale si è alimentato così
tanto fino a spostare il punto
focale della questione dalle
contestazioni sull’ideologia
anti – streaming della Swift
al quesito se Spotify debba
essere più flessibile riguardo
ai timori di taluni artisti,
i quali vorrebbero la loro
musica disponibile solo per
gli utenti premium.
A difesa della libertà
gestionale della piattaforma,
è intervenuto il CEO
dell’azienda Daniel Ek, il
quale ha dichiarato che con 50
milioni di utenti attivi, di cui
12 milioni e mezzo di utenti
premium e due miliardi
21
Taylor Swift - Classe 1989,
la giovane cantautrice
statunitense di genere folk e
pop, è in attività dal 2006.
Scott Borchetta - Gestore della
The Big Machine, è il manager
della cantante Taylor Swift.
“
Per me
questo non è
mainstream.
Per me questo
è l’ultimo,
disperato peto
di un corpo
morente. La cosa
importante è
cosa verrà dopo.
Thom Yorke
Radiohead
di dollari elargiti alle casse
discografiche e ai produttori
dal 2008, la politica di non
restrizione del contenuto da
parte di Spotify, è la miglior
strategia competitiva per
guidare le vendite della
piattaforma e non alternarne
il successo. Il giovane
imprenditore svedese, infatti,
ha puntualizzato sul suo
blog: “Ecco la nostra chiave
di lettura: più dell’80% dei
nostri utenti ha iniziato
come un utilizzatore free
della piattaforma. Se non ci
fossero gli utenti free, oggi
non ci sarebbero oltre dodici
milioni di utenti premium
e allo stesso tempo non ci
sarebbero quei due miliardi
distribuiti ai realizzatori della
nostra materia prima, ossia la
musica”.
Ed infatti i numeri non danno
torto a Spotify, che con 12,5
milioni di abbonati supera
in blocco i numeri cumulati
dei suoi diretti rivali. Deezer,
infatti, somma 5 milioni di
utenti premium, Rhaspdoy
(e la sua versione europea
Napster) si contrappone con 2
milioni, mentre sono ignoti i
paganti di Rdio e Beats Music.
The Big (War) Machine
Inoltre, la dichiarazione
22
Spotify versa il
70% dei profitti
ai musicisti e
ai depositari
dei diritti
d’autore. Se
oggi dovessi
pubblicare
‘Thriller’ state
certi che lo
farei su Spotify.
“
Ed Sheeran
(favorevole)
“Ho suonato
per un pubblico
che conosceva
tutte le parole di
tutte le canzoni,
nonostante
fossero uscite
quella stessa
settimana. E
tutto perché i
ragazzi andavano
su Spotify e le
ascoltavano.
Questo è quello
che aiuta la
visibilità di un
album.”
Quincy Jones
dell’amministratore delegato
Daniel Ek secondo cui Spotify era
in procinto di versare il saldo di 6
milioni annui per gli streaming di
una “top artist come Taylor Swift”
prima della rimozione delle sue
playlist, ha fatto infiammare una
disputa con Borchetta, il quale,
a sua volta, ha rivelato al “Time”
che la Big Machine aveva ricevuto
solo un pagamento di quasi
cinquecentomila dollari, nell’anno
precedente, per lo streaming su
Spotify della musica di Taylor
Swift, e solo per gli ascolti nel
territorio americano.
Un tira e molla che ha consentito
un ulteriore rilancio
da parte di Spotify. La
piattaforma, infatti,
ha dichiarato di aver
pagato due milioni di
dollari, nel periodo
preso in considerazione
da Borchetta, per la
diffusione della Swift
in tutto il globo, e che il
mezzo milione tirato in
ballo dal produttore della
cantante statunitense era
riferito solo alla frazione
mensile (dei sei milioni
annui) prima che la Swift
decidesse di abbandonare
il circuito.
Analizzando le due
versioni, comunque, è
facile intuire che un fondo
di verità vi è in ambo
parti. Resta comunque
difficile comprendere
come – nonostante
le considerevoli cifre
in palio – la diatriba
scatenata dal gesto
della Swift e supportata
dal suo management
sia stata enfatizzata
pubblicamente anche da
Spotify, accentuando così
una rottura che avrebbe
sicuramente portato a
discussioni da parte da
analisti e operatori di
mercato sull’equità della
piattaforma svedese per
la diffusione musicale.
La situazione, poi, si è
ulteriormente aggravata
quando gli album di
Taylor Swift sono stati
resi disponibili sul più
grande competitor
futuribile di Spotify,
ossia su Youtube Music
Key, lanciato nel web
da qualche settimana e
Billy Bragg (favorevole)
“Ho sempre pensato che il predicare
contro Spotify da parte degli artisti,
abbia la stessa utilità che avrebbe
avuto protestare conto i walkman
Sony negli anni ‘80”.
23
di proprietà di Google.
La scelta di abbracciare
questo nuovo circuito di
streaming, attuata dalla
cantante statunitense,
difatti, ha destato più di
un dubbio considerando
che la piattaforma
musicale della azienda di
Mountain View ha deciso
di attuare la stessa politica
decisionale di Spotify in
materia distributiva, ossia
la non differenziazione
contenutistica tra
pacchetti free e accessi
premium.
I timori di Spotify e le
strategie per il futuro
Ciononostante, nella
guerra tra Spotify e la Big
Machine, per il momento,
l’azienda di Daniel Ek sta
avendo la peggio. Difatti,
l’ultimo album della Swift,
“1989”, ha venduto più di
1,2 milioni di copie solo
negli Stati Uniti ed ha fatto
convergere molti fan della
giovane cantante sulla
neo piattaforma musicale
di Google; mentre,
Spotify - sull’onda della
contestazione da parte di
molti artisti - ha iniziato a
considerare delle possibili
revisioni sulla politica di
non restrizione.
La disputa tra la Swift e
l’applicazione svedese,
tra l’altro, è venuta
fuori nel momento in
cui il management di
Spotify stava cercando di
ottenere il beneplacito di
quei musicisti che ancor
oggi si lamentano di non
guadagnare abbastanza
attraverso i servizi in
streaming. Proteste
alimentante anche dalla
sfiducia che questi stessi
artisti nutrono nel fatto
che le grandi etichette
possiedono almeno il 18%
della compagnia svedese
mediante i pacchetti
azionari ricevuti durante
la negoziazione delle
prime licenze, nel 2007 e
nel 2008.
Difatti, alcuni operatori
del settore musicale
sospettano che questi
colossi discografici stiano
aspettando un guadagno
inatteso - che potrebbe
verificarsi qualora Spotify
diventasse una compagnia
David Byrne (contrario)
“Siti come Spotify, sono
semplicemente una versione
legalizzata di piattaforme
come Napster e Pirate Bay,
con l’unica eccezione che
con i servizi streaming, le
case discografiche ottengono
considerevoli anticipi”.
Dov’è Spotify?
Spotify è un servizio musicale che offre
lo streaming on demand di una selezione
di brani di varie case discografiche ed
etichette indipendenti, incluse Sony,
EMI, Warner Music Group e Universal.
Lanciato nell’ottobre 2008 dalla startup
svedese Spotify AB, il servizio è disponibile
in Australia, Austria, Belgio, Danimarca,
Estonia, Finlandia, Francia, Germania,
Hong Kong, Islanda, Isole Faroe, Italia,
Lettonia, Lituania, Malesia, Messico,
Norvegia, Nuova Zelanda, Olanda, Polonia,
Portogallo, Regno Unito, Singapore,
Spagna, Svezia, Svizzera e States.
24
Economia
N.8 | 25 Novembre 2014
pubblica o qualora venisse
acquisita da qualche
multinazionale del settore
digitale – e, allo stesso
tempo, temono che i fatturati
(oltre che i grossi anticipi che
Spotify rilascia alle etichette
quando si ridiscutono le
licenze) saranno soggetti di
asimmetrie distributive, e
che queste ultime andranno
a penalizzare in maniera
considerevole i musicisti.
Un clima ostile per via della
poca trasparenza
Dunque, non è difficile
immaginare, che l’acre
disputa tra Swift e Spotify
non sia altro che frutto del
clima rancoroso che iniziano
a nutrire i musicisti verso
l’intero panorama musicale.
Un punto, tra altro,
profondamente analizzato
da una icona della musica
contemporanea come Bono,
alla Web Summit Conference.
“Il vero problema non sta tra
lo streaming o i download
digitali.” - ha sottolineato il
frontman degli U2 - “Il vero
problema, la vera lotta, sta
tra l’opacità e la trasparenza.
L’industria della musica
si è sempre evoluta con
l’inganno”.
Una questione su cui,
ancora una volta, Daniel Ek
ha prontamente replicato
attraverso il suo blog.
“Molti problemi che hanno
colpito l’industria musicale
fin dalla sua creazione ci
sono ancora. Abbiamo già
elargito oltre due miliardi di
dollari con le royalties verso
le etichette musicali, e se
questi soldi non arrivano
alla comunità creativa con
la giusta trasparenza e il
giusto tempismo, sarà un bel
problema”.
Insomma, Spotify, dal canto
suo, ha già superato i propri
Peter Sterky - è l’analista
dati ufficale di Spotify.
Io credo che si
debba ancora
discutere se
questo sia il
progresso, o se
si sta lentamente
togliendo la
parola ‘musica’
dall’insegna
dell’industria
musicale.
“
Taylor Swift
rivali nella trasparenza,
in primis pubblicando i
dettagli di come calcola
le royalties che elargisce
alle case discografiche per
l’utilizzo dei diritti musicali
sulle opere da loro prodotte,
ma soprattutto fornendo
agli artisti dei dati analitici
che attestano con quanta
frequenza la loro musica
viene ascoltata dagli utenti
della piattaforma.
Ad ogni modo, l’asimmetria
informativa citata da Bono
non va ricercata in una
carenza illustrativa sui dati di
utilizzo e sulla diffusione dei
parametri economici attuati,
ma sta tuttavia nell’ignorare
quali siano i termini degli
accordi di licenza con le
case discografiche, e come
i pagamenti anticipati
vengano poi ripartiti tra
proprietari del diritto e
creatori del prodotto. Un
problema che, però, non
attanaglia solo Spotify ma
anche Youtube, i canali
distributivi di Apple e ogni
compagnia che estende
il proprio operato nella
diffusione musicale in
formato digitale.
La battaglia sulla ricerca
della trasparenza in ambito
25
Oskar Stål
il brillante svedese
è il Chief technical
officer della
piattaforma Spotify.
Il giovane svedese
Daniel Ek, 21 Febbraio 1983, prima
di Spotify è stato CEO di uTorrent
e BitTorrent. Nonostante la sua
giovane eta è già stato in copertina
sulla prestigiosa rivista Forbes.
musicale, dunque, è
combattuta da una schiera
sempre densa di artisti e
operatori del settore, che
forse intravedono nello
streaming un’opportunità
per bypassare il filtro
oppressivo delle case
discografiche. Al momento
la posizione scomoda di
Spotify è nel trovarsi nel
bel mezzo di questo tira
e molla tra produzione
creativa e sfruttamento
economico della stessa.
Tuttavia l’apertura
comunicativa e distributiva
della rete sembra favorire,
in maniera consistente, lo
schieramento dei musicisti,
i quali hanno sicuramente
l’arma più potente a loro
disposizione, ossia quella di
non rifornire più il mercato
musicale di materia prima,
fin quando non verranno
modificati gli equilibri
economici e la simmetria
informativa. Lo streaming,
quindi, è sicuramente
l’alternativa più importante
per il futuro dell’industria
musicale, e quindi come ogni
progetto va bene ragionato
e preservato. Si deve creare
un’area di mercato capace
nel soddisfare non solo le
pretese di chi investe negli
artisti, ma anche le ragioni di
questi ultimi. Le proiezioni
del settore musicale, non
dovranno più contemplare
musicisti raggirati o
parcheggiati, ma dovranno
consentire un accesso
libero, meritocratico
e economicamente
sostenibile a chi vorrà
diffondere le proprie
produzioni verso il vasto
pubblico. La dinamitarda
Taylor Swift, nel suo
piccolo, ha lanciato un
sasso contro un sistema e
adesso sta a quest’ultimo
evitare una sassaiola che
impedisca la crescita
della musica e lo sviluppo
armonioso e funzionale
dell’arte moderna.
26
Cultura
N.8 | 25 Novembre 2014
DUE
più
due
Redatto da
Liliana Squillacciotti
Due più due, è sempre
due più due. La
staticità dei numeri.
Proprietà commutativa,
cambiando l’ordine
degli addendi il
risultato non cambia.
Si impara quando? In
prima elementare? E
poi rimane lì. Niente
da rispolverare, niente
da rivedere, niente
di diverso da cercare.
Statico, sicuro, certo.
Con le parole è diverso,
con i libri è diverso. Un
libro muta perché noi,
per primi, mutiamo.
Cambia a seconda
della sensibilità di chi
lo sfoglia, può essere
allo stesso tempo
meraviglioso e pessimo,
basta cambiare gli occhi
di chi legge. Cambiando
gli occhi il risultato
cambia. Due più due,
è sempre due più due.
Non esistono “libri per
tutti”, nessun libro è
davvero “per tutti” ,
esistono, quello sì, libri
che “crescono”. Quelli
che crescono insieme
al lettore. Crescono
insieme alle mani di
chi ha la pazienza di
rileggerli, di chi non si
stanca di interrogarli,
sapendo, che le risposte
cambiano proprio come
le domande, e che,
entrambe, sono figlie
dell’età. Quelli sono i
libri che si amano di più,
quelli con cui si crea un
legame quasi affettivo,
con i quali si scivola in
un do ut des continuo.
Favolette prima,
metafore poi. A otto
anni c’è un gabbiano da
27
qualche parte lassù che fa parte
dello Stormo Buonappetito, e
vuole imparare a volare, meglio
di tutti. A sedici anni c’è un
gabbiano che si sente intralciato
da se stesso, allontanato dallo
Stormo perché “diverso”,
simbolo di una crescente voglia
di evadere e di non conformarsi.
A ventiquattro anni c’è sempre
lo stesso gabbiano che su se
stesso decide di lavorarci, che
cerca di imparare da chi ha
più esperienza, che si batte
per insegnare agli altri più che
sgomitare per un posto in primo
piano. “Il gabbiano Jonathan
Livingston” è senza dubbio
uno di quei libri che sanno
“crescere”. Perfetto per un
primo approccio alla lettura, chi
lo legge, sa di doverlo rifare. E’ un
libro che sa aspettare, si prende
il suo tempo, sulle librerie, sulle
mensole, spesso in versioni
fotocopiate (se tramandato!)
… raccoglie la sua buona dose
di polvere, fin quando mani
pazienti e più adulte non sentono
di dover contribuire ad appagare
un desiderio che parte da una
Scegliamo il nostro
mondo successivo
in base a ciò che
apprendiamo in
questo. Se non
impari nulla, il
mondo di poi sarà
identico a quello
di prima, e avrai
anche là le stesse
limitazioni che
hai qui, gli stessi
handicap.
“
Richard Bach
Il gabbiano
Jonathan Livingston
28
Attualità Cultura
N.3 N.8 | 21 25 Ottobre Novembre 2014 2014
Hall Bartlett - nel 1973
diretto la pellicola tratta
dall’omonimo romanzo.
Richard Bach - ha scritto
nel 1970 il celebre romanzo
generazionale Il gabbiano
Jonathan Livingston.
Ciascuno di
noi è, in verità,
un’immagine
del grande
gabbiano,
un’infinita
idea di libertà,
senza limiti.
“
Richard
Bach
zona più profonda, diventata
a sua volta più adulta. Una
grande metafora sulla
libertà, individuale prima,
universale poi. Sull’impegno,
sull’importanza del coraggio,
quello che serve ad andare
via e lo stesso che occorre
per tornare, per restare. Un
viaggio al di là del “qui” e
dell’ “ora”, quell’obiettivo
di autoperfezionamento che
si trasforma in una voglia,
più matura, di condivisione.
Risvegliare le anime
intorpidite; “D’ora in poi
vivere qui sarà più vario e
interessante ... Noi avremo
una nuova ragione di vita. Ci
solleveremo dalle tenebre
dell’ignoranza, ci accorgeremo
di essere creature di grande
intelligenza e abilità. Saremo
liberi! Impareremo a volare!”.
Avere voglia di creare qualcosa
di nuovo, di far vedere, di
testimoniare agli altri che
un’alternativa c’è. Best seller
negli anni ’70, il romanzo
breve di Richard Bach non
perde mai la propria attualità,
e non perde mai la capacità di
far riflettere. “Ciascuno di noi
è, in verità, un’immagine del
grande gabbiano, un’infinita
idea di libertà, senza limiti.”
Non è un libro per tutti, ma
tutti dovrebbero provare a
leggerlo. Almeno una volta, o
forse due.
29
Letteratura
N.8 | 25 Novembre 2014
Cesare Pavese: Il
diavolo sulle colline
Qualcosa in grado di trafiggere l’ora, sempre la stessa, della
noia adolescenziale. Fare mattino è una questione morale.
Amara è la
giovinezza
sui ciglioni
neri di
Torino. Lo
sanno bene Pieretto e
Oreste, e lo sa bene il
Poli, nel suo squallido
valzer di cocaina e
frustrazione. La notte
non è mai un avanzo del
giorno per loro, ma un
regno insaziabile di noia
e speranza: un incedere
fra le vie e le piazze,
sulle colline, sulle
strade deserte, che è un
inseguire la sensazione
di andare, di viaggiare
ancora, di trovarsi nel
mezzo di qualcosa; e
sperare che prima o
poi, per qualche assurda
ragione, al di là del
viaggio, della strada e
del tedioso abbraccio che
avvolge la bella Torino, ci
sia finalmente qualcosa
di diverso. Qualcosa in
grado di trafiggere l’ora,
sempre la stessa, della
noia adolescenziale.
Così, fare mattino è
una questione morale:
resistere al crepuscolo
più di quanto non sappia
fare il tedio, girovagare
sui colli come disperati,
nell’incedere della notte,
in attesa, sempre in
attesa. Ma tutto ciò che
si avverte è l’incedere
di un sapore: quello del
sangue e della terra
di cui è colma la poesia della
vita nelle notti di Torino. Ed è
pur bella la città, dai ciglioni
neri: l’unico sguardo che
rompe, forse per un attimo,
l’immagine della noia. Ma
non è sufficiente a chi viaggia
per viaggiare, a chi sente per
sentire. Nulla si spende più
volentieri della bellezza, e nulla
dura meno, se non il piacere
della stessa. Così l’insistere dei
colli, delle strade e dei discorsi
alle quattro del mattino è un
treno inarrestabile, carico di
tragedia.
Giangiacomo
Morozzo
D’altronde erano già neri di
tigli di Gozzano, nei Colloqui;
come se Torino fosse marchiata
da un destino troppo intenso,
che trasforma l’adolescenza
in un rito di passaggio tra
la vita e la morte. L’intero
intrico di vie, piazze e strade,
è l’intrico esistenziale da cui
nasce Lavorare stanca. Pavese
regala il ritaglio di una città
perduta per sempre nella sua
irresistibile e triste bellezza,
una perla sempre grigia e viva,
un inesauribile stato di cose
che avvolge Torino.
30
Cultura
N.8 | 25 Novembre 2014
L’anima di
un’isola
Quando l’isola non è solo un elemento
geografico. Simbolismo dei lembi di
terra in mezzo al mare nella letteratura
moderna e nella cinematografia.
Sogno - L’isola rappresentata
come un luogo all’interno di uno
spazio indefinito. Una navicella di
preservazione e di perdizione. Un
deserto in cui possono nascere gioie e
paure. Dove regna la vita e la morte.
Redatto da
Lorenzo Turriziani
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Un’isola è un susseguirsi
vertiginoso di immagini
contrastanti, l’archetipo dello
stesso spazio immaginario,
dello spazio non perfettamente
conosciuto, della differenza e
finanche dell’estraneità. Nella
letteratura, così come in seguito
sugli schermi cinematografici di
tutto il mondo, i lembi di terra
circondati dal mare sono stati,
di volta in volta, proposti come
luoghi carichi di un simbolismo e
talvolta di un misticismo sempre
nuovo ed evocativo. Emblemi della
lontananza, del distacco dalla civiltà
per un ritrovato stato di natura,
microcosmi del paradosso e della
limitazione, spesso banchi di prova
della vita da poter vivere e del
premio da raggiungere.
Il signore e le mosche - Sull’isola
tutto sembra correre a velocità
doppia, gli eventi si susseguono
più in fretta e con ritmi più
enfatici. Le sue misure ristrette e
il suo isolamento non consentono
mediazioni tra forze opposte; quasi
Siamo isole nell’oceano
della solitudine, e
arcipelaghi le città dove
l’amore naufraga, giù dai
marciapiedi un cuore
rotola, lo accarezza solo
la musica.
Giovanni Scialpi
Cigarettes and Coffee
fosse una riproduzione
in scala ridotta di eterni
conflitti e pulsioni
sociali. Un esperimento
di laboratorio nel quale
osservare reazioni e
comportamenti umani di
una comunità costretta
alla convivenza. Che
poi è un qualcosa che si
realizza ogni giorno su
più ampia scala, nella
realtà quotidiana. Con la
“
Da un lato - Sir James M.
Barrie, creatore di Peter Pan.
Dall’altro - William Golding,
Nobel per la letteratura nel 1983.
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Cultura
N.8 | 25 Novembre 2014
differenza che da un’isola
non si può scappare.
Lo spiega bene William
Golding, premio Nobel per la
Letteratura nel 1983. Il suo Il
signore delle mosche (o, se
preferite, Lord of the flies)
è un romanzo d’avventura
di gran successo. Ma è
anche un’amara analisi
sulla degradazione e il
decadimento dei rapporti
umani a seguito della
diffusione di ideologie
contrastanti, vera e
propria provocazione
pessimistica circa la
concezione dell’uomo, una
creatura irrimediabilmente
malvagia, sia in società che
in natura. Ed è la giovane
età dei protagonisti a
rendere ancora più cruda ed
estrema la visione fatalista
dell’autore. Nella classica
dicotomia bene-male
d’ascendenza manichea
sono gli istinti animaleschi
a prevalere sull’intelligenza
e il senso del peccato. Ma
questo è l’evidente sintomo
di un imbarbarimento dei
costumi ormai imperante
e di una tendenza alla
crudeltà instillata nell’uomo
fin dai suoi germogli, se
quest’odio sconfinato
proviene dai bambini, che
nell’immaginario anche
letterario sono gli innocenti
per antonomasia. La giovane
comunità riesce a mutare
un paradiso naturale in
un inferno di incredibile
desolazione, trasformando
in velleità l’ambizione
utopistica di creazione di un
nuovo eden.
Il borghese - In tante storie
di naufraghi e di mare, l’isola
cui approdavano i parecchi
sventurati o fuggiaschi,
oltre che salvezza era un
luogo quanto mai simbolico
di purezza e libertà in cui
sfuggire ai mali della storia
Il signore delle mosche
Una rappresentazione.
Nessun uomo
è un’isola,
completo in
sé stesso;
ogni uomo è
un pezzo del
continente,
una parte del
tutto.
“
John Donne
saggista inglese
e della società, un archetipo
paradisiaco che consentiva
di naufragare in un mare
d’incertezze e di rinascere
per nuove avventure.
Robinson Crusoe è il libro
d’avventura per eccellenza,
il primo bestseller della
storia, uno di quei racconti
spesso vittime di rifacimenti
o semplificazioni a scopo
didattico, una pietra miliare
nell’immaginario collettivo
di grandi e piccoli. Per
Robinson l’isola si carica di
un sentimento patriottico.
Nonostante simboleggi
l’unica ancora di salvezza
e sopravvivenza, viene
dapprima patita come
esilio dalla civiltà e solo
successivamente goduta
quasi come colonia. Il
territorio selvaggio diviene
il banco di prova ideale per
l’intraprendenza borghese
dell’epoca di Defoe,
di cui Robinson ne è il
rappresentante più riuscito,
oltre che prototipo ante
litteram del più classico selfmade
man statunitense.
In lui si intrecciano istanze
33
Peter Pan
Si tratta di un
bambino in grado di
volare e che si rifiuta
di crescere.
Gli instinti di viaggio
Robinson Crusoe è figlio di un
mercante di Brema emigrato in
Inghilterra. Nato nel 1632 nella città
portuale di York, il padre lo educa
severamente alla nuova condizione
di rappresentante cadetto della
classe media; il giovane però decide
d’imbarcarsi.
religiose di matrice
protestante, come il
bisogno di rigenerarsi
in completa solitudine
ma anche l’inclinazione
al lavoro. E la solitudine
e il distacco dal mondo
civilizzato che fanno da
cornice all’intero racconto
rafforzano ed enfatizzano
con vigore l’esaltazione
dell’individualismo e la
rivendicazione dell’attività
economica e del mondo
degli affari come vero
campo d’applicazione per
l’impegno cristiano.
L’isola che non c’è - Gli
unici esempi di isole
“positive” sembrano essere
quelli legati maggiormente
all’immaginario dei
bambini. L’irrequieto Peter
Pan è il personaggio che più
di altri riesce a stigmatizzare
il bisogno di evasione e di
esplorazione dei bambini,
la loro capacità di costruire
un rapporto con la realtà a
partire dalla percezione di
realtà immaginarie. L’Isola
che non c’è è chiaramente
un luogo ideale, frutto
della più ingenua fantasia
infantile, ma sopratutto
l’esplicazione di un
pensiero creativo, che
riesce a concepire spazi e
tempi diversi da quelli reali
e a plasmare luoghi utopici
che fanno da sfondo ai sogni
dei bambini.
Ed in questo filone, oltre
che il Peter Pan di Barrie,
si innesta un autentico
capolavoro della letteratura
d’evasione, L’isola del
tesoro di Stevenson: una
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Cultura
N.8 | 25 Novembre 2014
nuova dimensione che
permette di prendere le
distanze dalla realtà, ma al
tempo stesso dominarla per
imparare a gestire le proprie
emozioni.
FedEx - Di isole, il cinema
ne ha viste tante. In Cast
Away un Tom Hanks in
forma smagliante si traveste
nei panni di Chuck Nolan,
che a seguito di un incidente
aereo si ritrova ai confini del
mondo, perso in un’isola
deserta sulla quale dovrà
lottare per la sopravvivenza,
imparando il rispetto per le
forze della natura. Chuck è
il perfetto rappresentante
della caotica civiltà
occidentale, un affermato
agente della Federal
Express con l’ossessione
per la puntualità. Le sue
avventure su quel lembo
di terra incontaminato lo
condurranno ad un rapporto
intimo con la natura. L’isola
diviene un banco di prova
in cui l’essere umano è
costretto a riconoscere la
sua limitatezza in confronto
a forze troppo grandi per
poter essere domate. Un
chiaro rovesciamento di
ruoli rispetto all’epopea
di Defoe; senz’altro più
attuale. Ma la natura può
rivelarsi allo stesso tempo
salvatrice per coloro che
sanno comprenderla.
Lo stesso mare che lo
avvinghiava a quelle spiagge
selvagge gli dona un detrito
di vetroresina per poter
fuggire. L’esperienza
catartitca dell’isola lo
cambierà radicalmente,
da razionale cittadino del
terzo millennio Chuck
è ora un uomo diverso,
un uomo più spirituale e
legato all’essenza della
vita. Del resto, in un’epoca
storica ipertecnologica la
sensazione di non entrare
Steve McQueen - protagonista
del film drammatico Papillon.
più in contatto con il mondo
circostante si fa sentire in
maniera sempre maggiore.
L’era della globalizzazione
e della contrazione spaziotemporale
ha condotto
al paradosso dello
smarrimento.
Dispersi - Lost è stata una
delle serie più importanti
della storia della televisione,
un successo di proporzioni
enormi, se non planetarie,
in un’epoca in cui i serial
(in special modo gli
statunitensi) hanno
raggiunto livelli qualitativi
altissimi. Incentrato su
un gruppo di sopravissuti
ad un terribile incidente
aereo in un’isola misteriosa
e sperduta nell’Oceano
Pacifico, la serie è riuscita
a conquistare milioni
di persone incollandole
davanti agli schermi,
grazie alla particolarissima
descrizione dei personaggi
e un’ambientazione capace
di mostrarsi al contempo
paradisiaca e terrificante,
uno scrigno di misteri
sempre più inquietanti
di puntata in puntata. Il
filo conduttore che lega
l’intera serie è quello della
Redenzione. La maggior
parte dei superstiti del
volo sono infatti convinti
di essersi comportati
male nel loro passato e
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Tom Hanks - nei panni di
Chuck Nolan in Cast Away.
cercano dunque nell’isola
il modo di redimersi. E
questa terra che è talmente
misteriosa da oscillare tra
realtà e immaginazione,
incarna alla perfezione la
volontà dei protagonisti
di ritrovare se stessi in un
viaggio introspettivo. E
così uno spazio geografico
acquisisce un’anima e
diviene il palcoscenico delle
inquietudini e dei sentimenti
più vari dei naufraghi.
Papillon - L’isola non è solo
un luogo geografico, e su
questo non ci piove. A volte
è frutto di immaginazione
e bisogno d’evasione dalla
realtà, o l’artificio di uno
scrittore per sfruttarne
tutte le potenzialità
narrative e metaforiche.
Ma spesso è anche un
luogo reale, il teatro di
atroci e brutali accadimenti
storici. L’Isola del Diavolo
si trova nella Guyana
francese, nell’America del
sud. Durante l’impero di
Napoleone serviva un luogo
da utilizzare come “discarica
sociale” per allontanare dalla
Francia le persone scomode
o pericolose per la nazione.
E quel territorio impervio
e lontano dal mondo
occidentale sembrava
l’ideale. Nella Guyana
francese si moriva per
malattie e maltrattamenti,
i carcerati erano costretti
a subire continui abusi. Ed
una cronaca della vita che
vi si conduceva si legge nel
Papillon di Henri Charrière.
Il suo racconto ha segnato
un’ epoca oltre che gli animi
di migliaia di lettori. L’
avventura di un detenuto
sino al suo epilogo finale,
l’evasione da quell’isola
che idealizzava in pieno
l’alienazione e l’oppressione
dei carcerati, sembrano
quasi riecheggiare l’orrore
dei campi di concentramento
nazisti.
Una metafora - In definitiva
il concetto stesso di isola
è uno scrigno pieno di
metafore. Una serie di realtà
differenti che non passano
mai inosservate proprio
perché esse si differenziano
rispetto a ciò che le circonda.
Che sia desiderio di evasione
o luogo immaginario di
purificazione, quel che è
certo è che scrittori o registi
continueranno sempre ad
essere affascinati da uno
scoglio in mezzo al mare.
Un posto nel quale potranno
affacciarsi ed entrarvi senza
pagare il biglietto, per
cercare di darsi delle risposte.
Come uno scienziato nel
suo laboratorio. Come
un sognatore nei luoghi
sconosciuti della sua mente.
Dottor Jack Shephard- il
protagonista della serie Lost.
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Scorci
N.8 | 25 Novembre 2014
Pantarei. Tutto scorre. Tutto è in
divenire. Come la sua laguna. Mentre
tutto scorre, Lei, la Serenissima,
s’innalza maestosa, come una
matrona. Nella sua fermezza e nella
sua forza dominatrice, Venezia è
Donna, Matrona, Signora. Lascia
che tutto scorra e cambi nel proprio
divenire ai suoi piedi, baciati dalle
acque come uno schiavo bacia la
sua padrona. Una gondola e un
uomo, un remo che s’immerge
nell’acqua come una carezza fatta
di nascosto tra le mura protettive
che li circondano. Poco importa se
da una finestra occhi guarderanno
e bocche parleranno. Mentre
tutto scorre, quell’attimo eterno
resterà intatto nei ricordi della sua
Laguna, nel sorriso consenziente
della Matrona, protettrice di
amori e amanti.
Come in un sogno. Passeggi
per strade che sanno di antico,
alzi lo sguardo e vedi palazzi
e monumenti che hanno un
sapore di arte, in un misto
di pittura, di scultura e di
architettura. I colori assumono
sfumature diverse, più intense:
il colore del bronzo, del
mattone, della certo e del sicuro.
Di qualcosa di stabile realizzato
con destrezza, con precisione e
con la metodicità del pensiero.
L’aria porta con sé il sapore della
storia in costume, di quelle che
vedi muoversi, con eleganza, in
un teatro. Di quelli medievali.
E ovunque spira un vento di
poesia che sa di lingua. Quella
lingua italiana che ispirava versi,
svegliava le menti e scaldava
cuori.
La monarchia. La Repubblica.
L’impero. Roma caput mundi.
Il tutto in un ritorno circolare al
potere. Roma è il Potere. Roma
è luogo di partenza e arrivo. È la
città cosmopolita immersa nella
tradizione del passato più lontano.
Roma è ricordo, nostalgia. Roma è
la dolce vita in bianco e nero. È la
possibilità di cambiare. È aria, è fulcro
di un mondo contraddittorio di limiti
e risorse, di maestosità e passato in
rovina. È specchio di un’ Italia di
cui è regina. Dove l’arroganza si
mescola alla schiettezza. Dove le
radici s’intrecciano allo straniero.
Dove la Grande Bellezza si risveglia
ogni giorno al suono dello scroscio
del suo fiume che la bagna e
l’assapora. All’ombra del ricordo
di un Colosso. Un ricordo che non
si vuol lasciare andar via.
37
venezia
firenze
ROMA
38
39
Gastronomia
N.8 | 25 Novembre 2014
L’oro rosso
del Veneto
Viaggio nelle varietà di radicchi coltivate
sul territorio nazionale. Un alimento che
arricchisce di gusto i piatti, donando
una vibrante e piacevole croccantezza.
Redatto da
Eleonora Baluci
L’autunno dai colori caldi.
L’autunno del rosso della creta,
del marrone del fango divenuto
terra, del giallo delle foglie stese
come un tappeto scrosciante ai
passi di chi passeggia frettoloso
nel freddo che avanza, nel
vento che scompiglia e nella
prima pioggia che bagna. Passi
veloci in cerca di calore, passi
desiderosi di aprire un porta,
varcare un uscio e potersi
sedere assaporando i frutti di
stagione, dal sapore aspro o
dolce, per la protezione che
profondono e assicurano.
Frutta e verdura dell’autunno
ricordano i rimedi della nonna,
le premurose attenzioni di un
mondo che a volte non si sente
più vicino ma che, in realtà,
ritroviamo in natura. Sotto i
nostri occhi. Nelle forme più
semplici e umili.
Primo a presentarsi sui taglieri
in legno che rimanda al
contatto verace con la terra se
solo si pensa all’etimologia del
suo nome è il radicchio. Tra le
verdure più versatili, adatto
ad essere consumato crudo e
cotto che sia, maggiormente
conosciuto ed apprezzato nel
nord Italia, da secoli luogo di
eccellente produzione, ma
meritevole di prendere posto
sulle tavole di tutto il Belpaese.
Con il termine radicchio
si indica un particolar tipo
di cicoria, a foglie rosse o
variegate. Il nome deriva dal
latino volgare “radiculum”,
diminutivo di “radicula”, a sua
volta diminutivo di “radix”,
radice. La cicoria (cicorium
intybus) da sempre cresce
spontanea lungo le strade;
nei secoli scorsi tale pianta
veniva usata come foraggio o
consumata cotta dai contadini
che la raccoglievano nei campi
mentre le sue radici venivano
tostate e macinate per essere
usate come surrogato del caffè.
La varietà di cicoria a foglia
rossa invece sembra sia di
origine orientale, portata nel
corso del ‘400 nella Repubblica
di Venezia, dove poi fu
intrapresa la coltivazione.
Il più famoso e diffuso di tutti i
radicchi coltivati è il Radicchio
Rosso di Treviso IGP, del
quale esistono due varianti:
la varietà precoce e la varietà
tardiva. Il Rosso di Treviso
precoce si presenta con cespo
allungato e viene raccolto
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Gastronomia
N.8 | 25 Novembre 2014
In foto - Una insalata di quinoa, mele
verdi, noci, uvetta e radicchio rosso.
Cuocete la quinoa. Una volta fredda
mescolatela con il radicchio tardivo di
Treviso, la mela verde, le noci e l’uvetta.
a partire dal 1° settembre
quando, dopo l’estate, viene
legato per consentire al cuore
di sviluppare nuove foglie
di colore viola intenso. La
varietà precoce può essere
consumata sia cotta sia
cruda, data la sua modesta
amarezza. La sua zona di
produzione comprende
l’intero territorio di 28
comuni della provincia di
Treviso, 6 comuni della
provincia di Padova e 7
comuni della provincia di
Venezia. Maggiormente
pregiato, a causa del suo
lungo processo di produzione,
è il Rosso di Treviso tardivo,
considerato il “padre di
tutti i radicchi del Veneto”;
esso va raccolto, secondo il
disciplinare di produzione, a
partire dal 1° novembre e solo
dopo almeno due brinate, tali
da favorire una colorazione
maggiormente intensa.
La sua zona di produzione
comprende il territorio di
17 comuni della provincia
di Treviso, 2 comuni della
provincia di Padova e 5
comuni della provincia di
Venezia. Il tardivo, dopo la
raccolta, viene legato e la
sua radice (detta fittone)
immersa per 15-20 giorni
in acqua purissima di
risorgiva, a temperatura
costante attorno ai 13
gradi, ed in assenza di luce:
questo processo è detto
imbianchimento e serve ad
eliminare le note amarognole
della pianta ed a conferirle
il caratteristico colore
acceso. La fase seguente
è la toilettatura, fase in
cui vengono eliminate le
foglie esterne e scortecciato
il fittone; il radicchio
quindi è pronto per essere
commercializzato, sempre
conservato in posizione
orizzontale.
Il Radicchio Variegato di
Castelfranco IGP nacque
dall’incrocio tra il radicchio
rosso di Treviso e l’indivia
scarola, verso la fine dell’800;
è di colore bianco crema, con
foglie dal bordo frastagliato
e variegate in tinte dal viola
chiaro al rosso, e cespo tondo.
Esso è coltivato in 25 comuni
della provincia di Treviso,19
41
Penne - con radicchio rosso,
speck croccante e salsa di noci.
della provincia di Padova e
8 della provincia di Venezia.
La raccolta del Variegato
di Castelfranco inizia il 1°
ottobre, sradicato dal terreno
con 10 cm di fittone e messo
ad imbiancare al buio per far
sviluppare nuove foglie prive
di clorofilla.
Il radicchio Variegato di
Castelfranco ed il Rosso di
Treviso sono stati i primi,
fra i tipi di radicchi coltivati
in Veneto e primi ortaggi
a livello nazionale, ad aver
acquisito dal
1° luglio 1996 il
riconoscimento IGP;
proprio per salvaguardare e
promuovere queste pregiate
varietà nello stesso anno è
nato il “Consorzio Tutela
Radicchio Rosso di Treviso e
Variegato di Castelfranco”.
Il Radicchio di Chioggia
IGP ha forma sferica
molto compatta e foglie
viola intenso; viene anche
chiamato rosa di Chioggia
per la somiglianza con il
fiore. È maggiormente
indicato per il consumo da
crudo. La sua storia ha inizio
nei primi decenni del ‘900
quando i contadini locali,
con un’opportuna selezione
delle piante con cuore più
raccolto, diedero vita alla
coltivazione del variegato di
Chioggia, poi sostituito con
la varietà dal colore uniforme
che oggi è coltivata e venduta
in ambito nazionale ed
internazionale. Anche
del radicchio di Chioggia
esistono due varietà: la
precoce, raccolta dal 1° aprile
al 15 luglio, e la tardiva,
raccolta dal 1° settembre al 31
marzo. Le zone di produzione
della tipologia precoce
comprendono i comuni di
Chioggia e Rosolina, mentre
la varietà tardiva viene
prodotta nei comuni di
Chioggia, Cavarzere e Cona,
nella provincia di Venezia,
Codevigo e Correzzola,
nella provincia di Padova,
Rosolina, Loreo, Porto
Viro, Taglio di Po e Ariano
Polesine, nella provincia di
Rovigo. La raccolta avviene
recidendo la radice pochi
centimetri sotto il cespo,
segue poi la toelettatura
con coltellini ricurvi detti
roncole, operazione di solito
attuata nel campo stesso di
produzione. Il “Consorzio
di Tutela del Radicchio
di Chioggia” è nato nel
novembre 2009, dopo che, a
fine 2008, il radicio de Ciosa,
come è chiamato in dialetto
chioggiotto, ha ottenuto il
riconoscimento IGP.
Il Radicchio di Verona
IGP (anche detto cicoria
rossa o cicoria trevigiana)
è prodotto nel basso
Veneto, in 32 comuni della
provincia di Verona, 13
comuni della provincia di
In foglia - delle orecchiette
insaporite con radicchio rosso.
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Gastronomia
N.8 | 25 Novembre 2014
“
Consar radici
co l’azeo, sal e
ciciole. Polenta,
radici e ozei
par aria zera el
magnar de i primi
migranti talian.
Chi magna radici
e salata fa la vita
beata!
Emigrati del
Triveneto
Fresca insalata
Il radicchio
è il perfetto
abbinamento per
molte insalate. La
sua croccantezza
arricchisce il
gusto del piatto
e lo completa.
In foto vi è una
insalata di rucola,
radicchio e grana
padano, arricchita
da olio al basilico
e crostini di pane.
Vicenza e 12 comuni in
provincia di Padova. Ha
forma allungata e foglie
compatte rosso scuro;
anch’esso presenta
una varietà precoce,
raccolta dal 1°ottobre
ed una tardiva, raccolta
da dicembre a febbraio.
La varietà tardiva
prevede, dopo la raccolta,
un’ulteriore fase di
imbianchimento, in
modo che, in determinate
condizioni di umidità,
luce e temperatura, la
pianta possa riprendere
il processo vegetativo e le
foglie possano acquisire
croccantezza ed un
sapore inconfondibile.
Il 27 novembre 2013 è
nato il “Consorzio per la
tutela e valorizzazione
del Radicchio di Verona
IGP” che “ha la funzione
di tutela, di promozione,
di valorizzazione,
di informazione del
consumatore e di
cura generale degli
interessi relativi alla
denominazione IGP”.
L’oro rosso della Bassa,
così come spesso è
definito, deriva dal
più famoso radicchio
di Treviso e la sua
coltivazione su larga
scala, destinata al
commercio nazionale ed
internazionale, nacque
solo dopo la seconda
guerra mondiale, pur
essendo il radicchio,
nei territori del Veneto,
coltivato già dal
Settecento. Esso infatti
veniva piantato nei
broli, gli orti cittadini,
43
Risotto
Il risotto salsiccia e radicchio è una
saporita ricetta che vede il radicchio
fatto saltare in padella con lo
scalogno e l’olio e poi aggiunto alla
salsiccia sbriciolata fatta rosolare
a parte. Si aggiungerà poi il riso
lasciandolo cuocere con il brodo.
negli interfilari delle
piante da frutto e della
vite; in seguito, alla fine
del XIX secolo, il belga
Francesco Van den Borre
portò in Italia la tecnica
dell’imbianchimento. Le
piante venivano poi pulite
nelle stalle e vendute con il
nome di zermoii (germogli
in dialetto locale).
Meno conosciuto è il
Radicchio variegato di
Lusia, nato, per esigenze
commerciali, dal Rosso di
Treviso precoce. Ha forma
sferica, con foglie molto
compatte color crema e
leggera variegatura viola;
dal gusto amarognolo,
è ottimo da consumare
crudo nelle insalate.
La qualità variegata ha
sostituito sui mercati
quasi interamente, dagli
anni ’70-’80, la qualità
bianca, sempre ottenuta
per derivazione da altri
radicchi, nella zona di
Lusia, in provincia di
Rovigo.
Oltre ai già citati esiste
anche un altro tipo di
radicchio, il radicchio
dell’orso, nome con cui è
indicata la Cicerbita alpina
(o Cicerbita violetta),
pianta erbacea perenne che
cresce spontanea sull’arco
alpino, sopra i 1400
metri. Ha forma simile ad
un asparago, verde con
sfumature violacee; la
raccolta avviene dopo lo
scioglimento dei ghiacciai,
tra aprile e giugno. A causa
della sua prelibatezza tale
pianta sta diventando
sempre più rara, tanto
che, in alcune zone la sua
raccolta è regolamentata
dal 2006, fissandola a 2
kg al giorno per persona
e limitandone anche gli
orari. La cicerbita è ottima
lessata, anche come
condimento per la pasta;
conservata in agrodolce o
sott’olio diventa un ottimo
antipasto.
L’autunno, in questa veste,
è una stagione appetitosa.
Rende possibile la magia
del passato. Il ricordo delle
radici e il ritorno ad esse.
La certezza che l’uomo
appartiene alla terra, alla
propria Terra e da essa
trae benefici, Ne trae
memoria e da essa – dalla
memoria e dalla terra -
trae nutrimento.
Farfalle
Ottimo abbinamento per il
radicchio rosso sono le farfalle.
Condibili con salsiccia, speak
croccante o tonno, possono
essere servite sia fredde che
calde. A fine cottura possono
essere mantecate con un po’ di
burro ed acqua di cottura.
Amaro al radicchio
L’amaro al radicchio rosso di Treviso
è un liquore che si ottiene dall’I.G.P.
radicchio rosso di Treviso. La zona
di produzione è l’intera provincia
di Treviso. Per ottenere l’amaro si
utilizza la varietà tardiva del radicchio
I.G.P. Il prodotto viene pulito e messo
in infusione in alcool mescolato ad
acqua per raggiungere la gradazione
di 50 gradi. Dopo macerazione per
60 giorni, il prodotto subisce una
distillazione e poi si imbottiglia.
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Editoriale
N.8 | 25 Novembre 2014
God is not a magician
Pope is not a politician
La lotta delle Femen continua a suon di blasfemia. Intanto
Papa Francesco presenzia all’UE da politico o da religioso?
Flavio
Di Fusco
Non sono certamente
delle novelline
del panorama
politico mondiale,
non aspirano
ad alti scranni
istituzionali né – tantomeno – a
quelli religiosi; il loro obiettivo è
quello di combattere il machismo
occidentale e far capire al mondo
che la donna non è soltanto un
balocco sessuale.
Queste ragazze, anzi, queste
donne sono le Femen, da sei anni
girano per l’Europa ed al grido di
slogan più o meno condivisibili,
lottano contro il sessimo e le altre
discriminazioni…rigorosamente a
seno nudo. Circa trecento donne di
età compresa fra i diciotto ed i venti
anni sono il nucleo pulsante, il
cervello di questa organizzazione,
a cui devono aggiungersi le venti
“sciagurate” che periodicamente
fanno inorridire e gridare al
pubblico scandalo le frange più
radicali del bigottismo mondiale.
Ma perché proprio il corpo?
“È l’unico modo per essere
ascoltati in Ucraina). Se avessimo
manifestato con il solo ausilio
di cartelloni le nostre richieste
non sarebbero state nemmeno
notate, affermano, il femminismo
tradizionale non avrebbe
attecchito, né con le donne né con
la stampa, né tanto meno con la
società.”
Ognuno combatte con ciò che ha e
con ciò che pensa possa portare ai
migliori frutti, nei limiti di ciò che
è lecito e legale, ça va sans dire. Le
Femen sono da poco tornate alla
ribalta in seguito all’accaduto di
una settimana fa davanti Piazza
San Pietro, dove quattro di loro
– emulando autoerotismo con
un crocifisso – hanno attirato i
passanti al grido di “Your morals,
your religion? Keep it inside” o
ancora “God is not a magician,
Pope is not a politician”. Sebbene
si possano non condividere le
pratiche tendenti alla blasfemia
ed a ledere la sensibilità dei
credenti, a coloro i quali si fanno
portatori indiscussi della grazia di
Nostrosignore, stigmatizzando tali
forme di protesta come “offensive
alla dignità umana”, bisognerebbe
ricordare quanto siano state e
siano offensive posizioni che
l’Istituzione ecclesiastica ha da
sempre tenuto nei confronti del
progresso scientifico e tecnologico,
dell’omosessualità, della
possibilità di autodeterminarsi
in punto di morte e nei confronti
della donna stessa. Insomma,
come si suole volgarmente
dire: chi semina odio, raccoglie
tempesta.
Oggi martedì 25 Novembre – come
ricordato dalle stesse Femen
durante il programma di Giulia
Innocenzi – il Pontefice è stato
al Parlamento Europeo. È forse
questo un esempio di deficit di
laicismo? E’ forse questo l’esempio
della perpetua immistione della
Chiesa all’interno della Politica?
Sicuramente sono da condannare
i modi con cui le Femen hanno da
ultimo manifestato a San Pietro,
ma quando i ferventi Cattolici
condanneranno le intromissioni
della Curia nella politica? Pope is
not a politician.
45
FEUILLETON
Numero IV
25 Novembre 2014
Una baraccopoli
Plastic
Quando il futuro si incrocia
con la disumanità. Firmato
da Marina Finaldi.
Finalmente ti ho
Trovata
La storia di una notte con
Jack lo Squartatore. Firmato
da Laguna Morgan.
Il principe
Pasta frolla
e la leggenda del bacio
avvelenato. Firmato
da Josy Monaco.
Feuilleton!
N.8 | 25 Novembre 2014
Scritto da
Marina Finaldi
Plastic ttt
Da che ho memoria, ho sempre vissuto nella Baraccopoli sulla
collina, appena fuori dalla città. Costruita prima che io nascessi.
PARTE I - Il ticchettio
della pioggia sul pavimento
fangoso scandiva lo
scorrere del tempo; le
gocce picchiavano con
insistenza ciò che restava
del tetto di lamiera. Dal
mio sontuoso giaciglio di
stracci potevo osservare
l’acqua rugginosa colare giù
dalla grondaia scalcagnata.
Il rumore tonante del
cielo mi aveva strappata al
dolce e ovattato oblio del
sonno, scaraventandomi
nella banale realtà di un
mondo freddo e incolore.
Controvoglia, gli occhi
cisposi, mi alzai cercando
di ignorare un altro
genere di suono, quello
vuoto e gorgogliante del
mio stomaco. Indossai
velocemente la felpa e i jeans
sdruciti; mi avvicinai allo
specchio che campeggiava
sulla parete di fianco alla
porta d’ingresso, rotto in più
punti e con i bordi anneriti.
Ero riuscita a recuperarlo
qualche settimana prima
durante una sortita alla
discarica. Non senza sforzi,
riuscii a districare con le
dita la folta matassa di
capelli. Lanciai un’occhiata
supplichevole all’immagine
nello specchio: a ricambiare
lo sguardo era una giovane
donna con gli occhi e gli
zigomi sporgenti, resi
ancor più evidenti dal volto
sottile ed emaciato. Dalla
bocca della donna facevano
capolino due file di denti ben
allineati e ricoperti da una
patina giallastra; l’incisivo
superiore di sinistra era
visibilmente scheggiato. Mi
allontanai dallo specchio,
mi calai il cappuccio della
47
felpa sulla testa e uscii. A
darmi il benvenuto, l’odore
nauseabondo dei cumuli
di rifiuti marcescenti
accatastati lungo la
strada. Mi feci largo tra
pozzanghere melmose e
schiere di abitazioni del
tutto identiche alla mia.
Da che ho memoria, ho
sempre vissuto nella
Baraccopoli sulla collina,
appena fuori dalla città. Era
stata costruita prima che io
nascessi per dare seguito a
una normativa del governo,
che prevedeva un nuovo
piano di urbanizzazione
per prevenire il
sovrappopolamento. Doveva
essere una soluzione
provvisoria. Ogni baracca
si componeva di un’unica,
spoglia camera. I bagni erano
in comune e si trovavano
appena più in basso, vicino
al canale di scolo della
fogna metropolitana. I
Felpa e cappuccio
In una baraccopoli si è
nudi. Un capuccio copre,
difende. Protegge il
proprio sguardo.
Glia allevamenti
Ali che si sollevano al
di sopra della sporca
realtà delle baracche.
La vita delle baraccopoli
Dove impossibile sembra poter
vivere, la giovane energia.
più svegli, quelli che per
primi avevano intuito il
carattere permanente di
quel trasferimento nella
Baraccopoli, erano riusciti
a ritagliarsi, all’interno del
proprio spazio, un piccolo
cortile nel quale allevare
piccioni e altri uccelli
da usare come merce di
scambio al mercato nero.
Quest’ultimo si teneva una
volta alla settimana, nella
vecchia scuola abbandonata.
Era lì che mi stavo dirigendo.
Era un edificio ancora
solido, uno dei pochi della
zona che potesse vantare
un tetto in cemento.
Lungo tutto il perimetro
erano state disseminate
delle rudimentali trappole
anti intrusione; alcuni
bambini, probabilmente
ingaggiati come sentinelle,
si aggiravano lì intorno
furtivi, stando bene attenti
a rimanere nascosti tra
i cumuli d’immondizia
che lo circondavano.
Sicurezza e discrezione
erano fondamentali per la
buona riuscita del mercato:
non c’erano più state
infiltrazioni delle Creature
da anni, tuttavia sapevamo
che le autorità erano sempre
in agguato, pronte ad agire
non appena avessimo messo
il piede in fallo. Andai
spedita verso la palestra,
dove ero sicura di trovare
Saul. Il trambusto festoso
degli ambulanti mi travolse.
Si potrebbe pensare che
un’atmosfera così vitale e
48
Feuilleton!
N.8 | 25 Novembre 2014
La scuola abbandonata
interni decadenti della struttura.
Il medico
Ogni ruga parla. Ogni
ruga è un ricordo.
Una cicatrice. Una
firma del destino.
Del destino, della
sorte o dell’agire?
Come sentieri sul
volto si confondono
le domande a cui
forse non si possono
dare risposte.
caotica si addicesse poco
all’aspetto decadente
e misero della sala. Si
potrebbe pensare che il
pavimento scrostato, le
pareti coperte di muffa e
l’accumulo di calcinacci
caduti dal soffitto
cozzassero con i vividi
colori delle bancarelle,
il profumo fragrante dei
fiori di campo, lo scambio
acceso di trattative o
il risuonare di pacche
sulle spalle e risate a
conclusione di un affare.
Qualcuno potrebbe
addirittura obiettare
che non avessimo molto
di cui gioire o ridere,
che le uniche emozioni
legittime che un abitante
della Baraccopoli possa
provare siano il disagio
e l’invidia del prossimo
benestante. Nei casi più
estremi, si arriva persino
a concederci il diritto di
provare rabbia (a patto
che quest’ultima non
sfoci in un sentimento
manifesto e rivoltoso,
che comporterebbe a
sua volta l’esercizio
altrettanto legittimo,
per questi individui, del
diritto di tapparci la bocca
con qualunque mezzo).
Notai una piccola folla
di persone in cerchio
che si accalcavano
e si spintonavano
per guadagnare una
posizione migliore per
vedere qualcosa. Al
centro di quel cerchio,
accovacciato sul suo
sgabello sbilenco,
stava Saul. Raccontava
una storia. Gli piaceva
raccontare storie del
vecchio mondo, quando
lui era ancora un
bambino e le Creature
non erano neppure una
lontana minaccia. Saul
era uno dei membri
anziani della comunità.
Capelli e barba erano
ormai completamente
bianchi e non ci sentiva
quasi più dall’orecchio
destro, tuttavia, a quasi
ottant’anni, conservava
ancora il vigore e la forza
di un uomo di mezza
età. Tempo addietro
era stato un medico.
Si era trasferito di sua
spontanea volontà
nella Baraccopoli con la
famiglia dopo un brutto
incidente che aveva
causato alla moglie Sara
la perdita di entrambe
le gambe. Aveva
sorpreso l’infermiera
del reparto ortopedia
49
Medicine - Un baratto per continuare.
Pillole da barattare. Come per vendersi
l’anima. Pillole in fondo ad una discarica.
Luogo di ladra necessità in cui tutto è
lecito e nulla è giudicabile.
cercare di iniettarle il veleno
mentre dormiva: il nuovo
governo non tollerava gli
invalidi. Mi avvicinai e gli
feci un cenno con la mano.
A sua volta, Saul, senza
interrompere il suo racconto,
m’indicò con l’indice dritto
il giovane Sacha, che si
stava momentaneamente
prendendo cura del banchetto
di suo padre. Saul scambiava
consulenze e prestazioni
mediche con cibo e merce
utile all’esercizio della sua
professione. Speravo di poter
barattare alcuni medicinali
che avevo trovato giù alla
discarica, insieme allo
specchio, con l’ottima zuppa
fredda di piccione di Sara.
Sacha esaminò ogni blister,
accatastando i farmaci
ancora utilizzabili da una
parte e scartando con mala
grazia tutti gli altri. Stava
osservando con attenzione
minuziosa l’ultima scatola
da un minuto buono quando
aggrottò le sopracciglia.
“Papà, vieni qui un secondo!”
L’anziano medico fece
spallucce alla folla e si
incamminò verso di noi. “Il
dovere mi chiama”, esclamò
a mo’ di scusa. Senza una
parola, prese la scatola dalle
mani del figlio e cominciò a
studiarla. Era stranamente
intatta: tutte le pillole erano
al loro posto; il foglietto
illustrativo, schiacciato
contro le pareti della scatola,
non era mai stato spiegato
e letto. Era evidentemente
nuova. L’unico dettaglio
mancante era il nome del
farmaco, che lasciava un
bianco vuoto sul cartoncino
sottile. Saul lesse e rilesse
il foglietto senza posa, alla
ricerca di un indizio. Poi,
d’improvviso, le rughe sulla
fronte del medico divennero
più evidenti: “Dove hai
trovato questa?”. “Giù alla
discarica, al confine con la
città”. Lanciò un’occhiata
penetrante a Sacha, che
annuì, poi disse: “Mi ci puoi
portare?”
Continua
50
Feuilleton!
N.8 | 25 Novembre 2014
finalmente
ti ho
trovata
Redatto da
Laguna Morgan
L’avevo inseguita a
lungo, Zenzero, prima di
trovarla a Whitechapel.
E anche lì avevo avuto
difficoltà a mettere
le mani su di lei. Era
famosa e sfuggente. E
quattro puttane avevano
pagato per lei. Una di
loro mi aveva fornito il
miglior rene fritto della
mia vita.
Ma adesso avevo
finalmente messo le
mani su di lei. Su quei
capelli rossi come le
fiamme dell’inferno,
quei fianchi che
avrebbero fatto dannare
un santo, e quegli occhi
azzurri distanti quanto il
paradiso.
La stanzetta malmessa
in cui esercitava non
prometteva bene, ma,
in effetti, non ero lì per
una visita di cortesia.
Dentro quattro mura,
avrei avuto il tempo di
fare tutto quello che
volevo. Di farle tutto
quello che volevo.
«Posso offrirVi del
the?», propose,
armeggiando con il
bollitore.
«No», risposi, asciutto.
Non ero lì per fare
conversazione, e lo
sapevamo entrambi.
Zenzero mi offrì
un sorriso carico di
sottintesi, dirigendosi
allo squallido letto
addossato alla parete,
ondeggiando i fianchi.
«Avete preferenze?»
chiese, sedendosi sul
letto e iniziando a
slacciarsi il corsetto.
In tre passi fui davanti a
lei, la punta del coltello
51
premuta contro quella gola
bianca… e un fastidioso gonfiore
nei pantaloni.
Non è lei da viva che ti eccita,
Jack. È la prospettiva di
ucciderla.
Zenzero reclinò la testa
all’indietro, guardandomi
con occhi che avevo assunto
le dimensioni di piattini da
the. Potevo vedere il frenetico
pulsare del sangue nelle vene ai
lati del collo, il respiro sempre
più veloce per la paura, il seno
niveo alzarsi e abbassarsi,
invitante… e i miei lombi dolere
dal desiderio di possederla,
almeno una volta, una sola…
Soffocai un gemito, abbassando
lentamente il coltello, facendolo
scorrere sulla sua pelle, senza
lasciare traccia, fino a tagliare
di netto non solo i lacci ma tutto
il corsetto. Zenzero sussultò,
lasciandosi sfuggire un verso
inarticolato, senza urlare.
Saggia scelta.
Indugiai per un attimo ad
osservarla. Pallida per la paura,
gli occhi sgranati, i capelli rossi
scomposti e la veste stracciata,
era ancora più invitante. Seguii
con gli occhi un ricciolo fulvo
che, dalla tempia, le accarezzava
il viso, scivolava sulla clavicola e
poggiava sul seno.
Il mio coltello
è così bello e
affilato che mi
viene voglia di
rimettermi al
lavoro subito
se ne ho la
possibilità.
Buona fortuna.
Sinceramente
vostro. Jack
“
Lo Squartatore
Lettera al direttore
52
Feuilleton!
N.8 | 25 Novembre 2014
Gli occhi nella notte
Il volto di The Ripper.
Era sufficiente. Feci un altro
passo, e la vidi sussultare.
Spalancò ancora di più gli
occhi.
«Vi prego, no… farò tutto
ciò che volete», implorò. Un
leggero velo di sudore aveva
iniziato a imperlarle la fronte.
Allungai una mano,
afferrandola malamente per
una spalla. Tremante, si lasciò
trattare come una bambola di
pezza. Poggiai il coltello sul
comodino, fissandola. Cercava
di ricoprirsi alla meglio ed
evitava il mio sguardo. La
prima puttana pudica che
avessi mai incontrato.
«Spogliati», ordinai. Lei
tentennò. Non avevo la
pazienza per aspettare i suoi
comodi e ripresi il coltello.
Distruggere quel suo orribile
vestito tra le sue proteste e
singhiozzi fu soddisfacente,
ma mai quanto lo sarebbe stato
ciò che le avrei fatto dopo.
«Vi prego, non uccidetemi…»
pigolò. Posai di nuovo l’arma,
prendendole il volto tra le
mani
«Prima che abbia finito con te,
mi implorerai di ucciderti»,
dissi, per poi spingerla sul
letto. «Oh, se mi implorerai»,
aggiunsi, slacciandomi le
braghe.
Non ebbi bisogno di
ordinarglielo: Zenzero
spalancò le gambe senza
indugi. Non era pronta e non
mi interessava che lo fosse. Più
dolore le infliggevo, maggiore
sarebbe stata la soddisfazione
finale. La possedei con forza,
gioendo dei suoi singhiozzi
e delle lacrime. E più lei
esprimeva disagio e sconforto,
più io mi eccitavo. Ma non
era abbastanza. Mancava
qualcosa. Qualcosa di
fondamentale. C’era un solo
difetto: era ancora viva.
Uscii da lei e afferrai il coltello.
Zenzero notò il gesto e lanciò
un grido. Fu breve. La lama
le penetrò nel collo come
se fosse burro, una, due, tre
volte, aprendo una voragine e
innaffiandomi copiosamente
di sangue. Non vi badai. Non
badai nemmeno al suo sguardo
sempre più vitreo, ma solo alla
sua carne che si raffreddava
nella fredda mattina di
novembre, mentre scopavo il
cadavere di Mary Jane Kelly,
prostituta irlandese meglio
nota come Zenzero.
Le afferrai i fianchi – quei
fianchi che non avrebbero più
ondeggiato per nessuno – e
la presi ancora, e ancora, e
ancora…
«Sei mia, ora, sgualdrina!»
grugnii, riversando il mio
seme nel suo ventre freddo.
Col fiato corto, mi alzai dal
letto e osservai la donna che
mi aveva dato il tormento,
avvelenandomi l’anima. Nuda.
Bianca. Rossa.
E ancora così maledettamente
invitante.
Non doveva essere invitante.
Non doveva esserlo per
nessuno.
Iniziai dal volto, affondando
il coltello più e più volte.
Nemmeno sua madre
l’avrebbe riconosciuta. Poi, le
tagliai le orecchie, lasciandole
sul comodino.
Poco. Troppo poco.
Percorsi il suo corpo con
lo sguardo, alla ricerca
di ispirazione. Proseguii
incidendole le braccia. Poi mi
concentrai sui seni. Quei seni
che mai, mai più avrebbero
provocato qualcuno, rotondi
e ammiccanti, soffocati dal
corsetto. Sollevai il primo
e iniziai, lentamente e
minuziosamente, a incidere
la carne alla base. Tagli
piccoli e lenti, come affettare
del roastbeef, ognuno più
profondo del precedente,
fino a poter tenere tra le
mani l’ambito premio,
viscido di sangue e flaccido
53
Carnefice - Jack lo
Squartatore e la vittima.
come un pesce morto.
Glielo misi sotto la testa,
a mo’ di cuscino. Ripetei
l’operazione con l’altro, per
poi abbandonarlo con mala
grazia in fondo al letto.
Poco, ancora poco.
Mentre decidevo come
procedere, che altro togliere,
mi gingillai col coltello,
aprendole degli squarci fra le
costole, grandi abbastanza
da vederci attraverso. Poi le
incisi l’addome, aprendole
le carni come i petali di
un fiore. Affondai le mani
nelle sue viscere. L’odore
del sangue che iniziava
già ad irrancidire e del
contenuto delle sue budella
era nauseante, e il tatto non
era da meno: viscide, molli,
morte.
E qualcosa di me smetteva
di essere flaccido, di nuovo
reclamava il corpo morto
di Zenzero. Lo accontentai,
ma non come prima,
affondando nello squarcio
che le avevo fatto nella gola.
Sfogata di nuovo la lussuria,
tornai al mio lavoro. Con
perizia asportai le viscere
e gli organi femminili,
disseminandoli sul letto e
per la stanza. Proseguii con
lo stesso lavoro di incisione
e asportazione anche per
le cosce, quelle stesse
cosce che si erano aperte
per un’infinità di uomini
– anche per me – e che ora
nessuno avrebbe più avuto
allacciate intorno ai fianchi.
Quando mi ritenni
soddisfatto, feci un passo
indietro, quasi scivolando
nella pozza di sangue che
si allargava sul pavimento.
Raccolsi le vesti di Zenzero
e le usai per ripulirmi alla
buona, prima di gettarle
nel camino acceso, insieme
alla mia camicia, ormai
irrimediabilmente rovinata.
Con un ultimo sguardo di
desiderio e astio al cadavere,
indossai il soprabito e lasciai
la squallida stanzetta di
Mary Jane, portando via –
letteralmente – il suo cuore,
come lei aveva fatto col mio.
Mi allontanai rapido per
vicoli e viottoli dove nessuno
mi avrebbe notato. Ora,
potevo riposarmi. Ora, Jack
poteva ritirarsi dalle scene.
Fumo di Londra - La nebbia
nelle strade della capitale inglese.
54
Galleria
N.8 | 25 Novembre 2014
L’oro blu
nel Mondo
Per festeggiare i suoi primi 111 anni Hansgrohe (azienda
che realizza rubinetteria di design) ha scelto di indire
un concorso internazionale dedicato all’Oro Blu: è nata
così la pubblicazione “Magical: 111 luoghi d’acqua più
belli al mondo” edita da Merian/Travel House Media. Il
primo premio è andato al tedesco André Becker per uno
scatto realizzato sulla spiaggia di Cape Town in Sudafrica.
In questo giro del mondo attraverso l’acqua, l’Italia è
rappresentata da una poetica immagine del Lago di Garda
all’alba e da uno dei partecipanti selezionati, il fotografo
friulano Yan Bertoni di Buja (UD), con una fotografia
scattata sul fiume Salar de Uyuni in Bolivia.
55
Pescatori al tramonto
8 Mui Ne Beach. In
uno specchio di sabbia
bagnata, ombre riflesse e
l’immensità dell’oro blu.
(Ph Carmen Vetter)
56
Sud Africa e
l’elemento
Le onde, la spuma del
mare. Un richiamo
naturale. La libertà la
senti dentro.
(Ph. Andrè Becker)
Si confondono i
confini fino a perdersi
l’uno nell’altro nella
distesa di sale di Salar
de Uyuni.
(Ph. Yan Bertioni)
Come un
puntino
8 Dove a dominare
è il ghiaccio. Dove la
natura non consente
invasioni, il suo
spettacolo ha inizio.
(Ph. Dieter Brecheis)
nell’isola
di Elephant
57
Tra nuvole
e ali
Il vento che sfiora, ali
spiegate e piccoli passi
mentre il pensiero vaga.
(Ph. Andrea Hinterleitner)
L’equilibrio stabile e
instabile di un ponte
sul mare fin dove la
vista si perde.
(Ph. Frank Hromadka)
fascino
dell’ignoto
Sfumature di colori,
dimensioni e forme.
La pace interiore della
musica del mare.
(Ph. Alexander Luders)
gradini
di sassi
58
Una canoa, un
uomo, un fiume.
La bellezza naturale e
senza inganni dell’India
(Ph. Martin Winter)
Pennellate lucide,
precise, dipingono la
solitudine appagante di
una casa solitaria.
(Ph. Thomas Oser)
Un affresco
perfetto
Un sorriso e la
spontaneità di un
gioco. Nell’acqua ci
si confonde e con
essa si fonde.
(Ph. Antonio Perez)
GOCCE
DI GIOIA
59
Il principe Pasta Frolla
uuu
Scritto da
Josy Monaco
e la leggenda
del bacio avvelenato
Kinokia sorgeva un tempo in
una valle dove il sole era
sempre alto nel modo giusto
e le stelle facevano da
scenografia alle storie più
romantiche. Il popolo dei
kinokiani, era fatto di gente
umile e dal buon cuore. Le
donne erano di piccola
statura con il corpicino
aggraziato e i capelli ramati.
Gli uomini erano di media
statura e robusti. Non
presentavano un fisico da
guerrieri ma erano forti e
massicci. I loro abiti erano
vivaci e le stoffe
richiamavano i colori delle
caramelle. Ogni giorno
lavoravano operosamente
per mantenere vivo il clima
di pace che si respirava.
Vivevano dei prodotti dolciari
che producevano. Di buon
mattino tutto il popolo si
riuniva a fare colazione
attorno ad una tavola
imbandita con dolci di ogni
tipo, forma e sapore. C’erano
poi gruppi di kinokiani
specializzati nell’ideare
nuove ricette. Di sera si
ritrovavano tutti intorno al
fuoco a cantare e creare
storie intorno al fuoco fatato.
C’era sempre un buon odore
e spesso si intravedeva un
pizzico di polvere magica.
L’odio era sconosciuto a
Kinokia. Victor Bewyasm era
un sovrano che si distingueva
da quelli di ogni tempo. Non
viveva in un castello in cima
alla collina. La sua casa color
crema pasticcera era al
centro del villaggio accanto a
quelle dei kinokiani. Questo
non solo per le sue doti da
leader ma anche per aiutare
il popolo a proteggere il
segreto dei segreti: la
formula dominante dei
sentimenti del mondo.
Nessuno degli abitanti era a
60
Feuilleton!
N.8 | 25 Novembre 2014
conoscenza del segreto tranne due
persone: il sovrano Victor
Bewyasm e la principessa Peruaci.
Solo loro avevano il privilegio di
sapere dove fosse custodita la
formula. Se un giorno qualcuno dal
cuore non puro avesse avuto tra le
mani il segreto dei segreti, sarebbe
giunta la fine del regno di Kinokia
e di ogni altro regno. Il male
avrebbe regnato per sempre. I
cuori sarebbero diventati di pietra.
Il mondo sarebbe scomparso per
sempre. Il sole non avrebbe più
illuminato i giorni e le stelle
sarebbero diventate pezzi di
carbone. Il buio avrebbe governato.
Arrivò il giorno in cui il sole
sembrava tardare a sorgere. Le
stelle erano alte nel cielo ma non
brillavano in modo splendente. Il
popolo di Kinokia attribuì la causa
al cambio delle stagioni ma Victor
Bewyasm aveva uno strano
presentimento. I tempi erano
ancora prematuri per una nuova
stagione. Qualcosa stava
accadendo. Mentre tutti erano
intorno al fuoco e la principessa
Peruaci cantava con la sua
melodiosa voce, uscì dal fuoco un
essere con un cappuccio nero.
Senza mostrarsi in volto, prese la
principessa Peruaci tra le sue
grinfie e la risucchiò nel fuoco. Era
Dostoluk sovrano del male ed era lì
per rubare il segreto dei segreti. In
un lampo spuntarono migliaia di
uomini incappucciati e armati. Gli
I forti
Uomini forti
con abiti coloro
caramello
lasciavano
intatta l’armonia
di questa valla
incantata.
uomini di kinokia
lottarono fianco a fianco
con Victor Bewyasm per
sconfiggerli. Nel
frattempo le donne
utilizzarono ogni
incantesimo per liberare
la principessa. Purtroppo,
ogni singolo cittadino di
kinokia fu sconfitto e
ucciso. Donne e uomini.
Solo Victor Bewyasm era
rimasto indenne con
addosso una maledizione:
sarebbe stato immortale
per vedere sorgere su
Kinokia tanti altri regni
senza mai più amare ed
essere amato. Così fu per
qualche tempo durato
secoli. Arrivò l’anno 2014
e Victor Bewyasm era
conosciuto tra la gente
come il vecchio
cioccolatiere e pasticcere
che viveva in un cottage
di montagna in un luogo
dedicato alla cultura
sciistica dove la luce del
sole era fioca e nevicava
tutto l’anno. Victor
Bewyasm era parecchio
affascinato dalla
evoluzione che il mondo
e la società avevano avuto
grazie ai nuovi mezzi di
comunicazione. Non solo
la radio e la TV che
pullulavano di canali e
frequenze rispetto al
tempo della sua
giovinezza ma anche il
web con tanti contenuti e
aggiornamenti in tempo
reale. In particolare era
colpito e stupito dalla
moda dilagante dei tanti
cuochi e pasticceri
improvvisati che ogni
giorno intrattenevano la
sua solitaria vita. L’amore
che lo nutriva ogni giorno
era quello per il suo
laboratorio.
Un
meraviglioso laboratorio
dolciario. Era un
ambiente colorato e
profumava di zucchero.
Le donne e gli uomini
In una fiaba incantevole
compaiono donne con
capelli ramati e uomini
in abiti vivaci color
caramelle.
61
Non c’era forma, non
c’era creatura che non
riuscisse a riprodurre in
dolcezza. Era rimasto
solo da quando Kinokia fu
distrutta molti secoli
addietro da Dostoluk.
Victor Bewyasm riempiva
il suo cuore preparando
torte e biscotti per i
turisti che passavano
dalle sue parti. Era
definito un mago
pasticciere e farciva i suoi
dolci con della polvere
magica tale da generare
amore in tutti coloro che
li assaggiavano. Non
c’era mai stato giorno
durante il quale non
aveva in mente il ricordo
degli abitanti di Kinokia
che combattevano, fianco
a fianco a lui, con i
matterelli magici contro
l’esercito di Dostoluck.
Viveva con l’obiettivo di
rivendicare il regno di
Fuoco - attorno si cantano e si
ballano storie tutti insieme.
Kinokia distrutto e la
memoria della principessa
Peruaci. Kinokia era
scomparsa per sempre e
Victor Bewyasm era
condannato a vivere la sua
vita in solitudine per tutti i
secoli dei secoli. Di Kinokia
era rimasto solo il nome e
molti anni dopo era sorto il
villaggio di montagna dove
viveva dove il clima era
sempre incerto e i prati
erano candidi. Ogni tanto
conversava con qualche
turista o vacanziero che si
trovava nei paraggi.
Sorrideva ai bambini che gli
saltavano al collo come se
fosse il loro nonno. Aveva
guanciotte rosse e una
coppola a scacchi in testa.
Dei jeans blu scuro, un
maglione a collo alto giallo e
delle bretelle. Era grazie ai
contatti con la gente che
passava le vacanze dalle sue
parti che si informava
costantemente sugli
avvenimenti del mondo. Un
bel giorno, ispirato dai tanti
programmi di cucina e cake
design, decise di dare un
senso alla sua vita, creare
una pasta diversa, provare a
riprodurre l’antica formula
dei dolci di Kinokoia.
Realizzare la ricetta con il
segreto dei segreti per
riportare Kinokia a nuova
vita. Mancava un piano
specifico. Il vecchio Victor
Bewyasm era in attesa di un
lampo di genio. Un
pomeriggio, mentre vedeva
il sole tramontare, si accorse
di due persone. Un padre ed
un figlio che si abbracciavano,
conversavano e ridevano tra
loro amorevolmente. Il
senso di solitudine provato
in quel momento fu la molla
che gli fornì l’idea giusta:
realizzare un uomo di pasta
frolla con dentro al cuore il
segreto dei segreti. Avrebbe
creato l’uomo prescelto per
far risorgere Kinokia a nuova
vita in nome dell’amore.
Chiuse a chiave la porta del
cottage, serrò le finestre,
spense la luce, accese la
fiaccola, aprì una botola e
lentamente con le ginocchia
scricchiolanti e il busto
ancora bene eretto, scese le
scale che lo portavano nel
suo vero laboratorio. Alle
persone che gli facevano
visita, aveva sempre solo
mostrato un classico
laboratorio colorato pieno
di dolciumi e leccornie. In
realtà il laboratorio vero era
sotto il cottage, in una
cantina. Arrivò all’ultimo
scalino.
Accese
l’interruttore. Aprì una
credenza e prese gli
ingredienti. Uova, latte,
burro, farina ma non il
lievito. Vicino la credenza
mosse una levetta che ruotò
la parete e si aprì quasi in
un’altra dimensione. Le
pareti erano giallo canarino,
al centro una grande tavola
con ingredienti di ogni tipo.
C’erano il barattolo con la
sigla “amore”, il vasetto
con la sigla “allegria” e il
vasetto con la scritta
“desideri”. Fu quest’ultimo
che prese. Appoggiò uno ad
uno gli ingredienti sul
tavolo bene illuminato e
Col cappuccio
l’essere che arriva.
62
Feuilleton!
N.8 | 25 Novembre 2014
Il vecchio cioccolatiere
viveva in un cottage.
ricco di mestoli, formine,
mattarelli, scodelle. Di fronte
una grande cucina di mattoni
con un forno enorme. Victor
Bewyasm scelse il recipiente
più adatto e cominciò a
versare gli ingredienti uno
lasciando in sospeso il vasetto
con la scritta “ desideri”. Per
l’impasto si servì delle sue
ossute mani. Lavorò con
molta energia fino a quando
non venne fuori una bella
palla di pasta frolla. La
cosparse di farina e con
l’ausilio di un coltello rosso
iniziò a tagliarne alcuni pezzi.
Il primo pezzo e il secondo
pezzo li allungò facendone
venire fuori delle gambe. Il
terzo pezzo lo stese con il
mattarello. Era la parte
centrale del corpo. Passò poi
al quarto e al quinto pezzo che
allungò per formare braccia e
mani. Con tanta minuzia
prese una forchetta e ricavò
dalla pasta cinque dita.
L’ultimo pezzo era la testa.
Quell’enorme biscotto aveva
davvero le sembianze di un
uomo di pasta frolla. Si
allungò verso una credenza
rosa pesca e prese vari tipi di
colorante. Spennellò una ad
una le singole parti del corpo.
Con degli avanzi di pasta creò
dei bottoni verdi, lilla e gialli.
Guardò quel corpo di pasta
frolla con tanta emozione e
timore. Prese poi il barattolo
con la scritta “desideri” e
pronunciò le parole: «Vai o
mio desiderio, parti e torna da
me con ciò che sta in fondo al
cuore mio: Kinokia». Si
avvicinò al forno sempre
pronto a cuocere qualsiasi
cosa e ripose il vassoio con
l’impasto di pasta frolla. Lo
chiuse e girò la manopola
della temperatura di colore
turchese. Poi girò il suo antico
timer a forma di biscotto e lo
programmò per venti minuti
circa. Venti minuti
cominciavano a sembrare
un’eternità. Chissà cosa ne
sarebbe venuto fuori. Sarebbe
stato deforme il suo uomo di
pasta frolla? Sarebbe stato in
grado di far risorgere Kinokia?
Si sarebbe spezzato al minimo
movimento? Victor Bewyasm
impaziente andò su e giù per il
passaggio segreto del
laboratorio molte molte volte.
Con il suo orecchio arrossato
cercava di capire se c’erano
persone fuori. Sentiva voci di
bambini entusiasti di aver
utilizzato gli scii per la prima
volta. Guardava quel timer
girare e mentre girava
ripercorreva con la mente
tutti i momenti della sua vita.
Insieme al ticchettio giravano
le immagini delle quattro
stagioni. In ogni stagione
c’era lui con un suo momento
speciale. C’era lui con la sua
dolce solitudine a chiedersi
perché la principessa Peruaci
fosse stata brutalmente fatta
fuori. C’era lui nell’ultimo
minuto di timer ad
immaginarsi il suo uomo di
pasta frolla. Il timer suonò.
Venti minuti erano trascorsi.
Aprì il forno. Tirò fuori un
uomo biscottato. Purtroppo
non aveva l’aspetto che
sperava. Così, deluso, lo
ripose sul tavolo e lo coprì con
della carta forno. Al massimo
l’avrebbe servito ai bimbi che
passavano dalle sue parti a
sciare. Fece per spegnere la
luce del laboratorio quando
sentì qualcosa muoversi. Si
voltò. C’era un ragazzo seduto
in mezzo al tavolo. Era un
fanciullo incantevole con
sembianze umane. Fatto di
carne ed ossa. L’aspetto era
bellissimo e aveva degli occhi
dolcissimi. Felice e pimpante
di gioia Victor Bewyasm si
presentò al giovane uomo
nato dalla pasta frolla e gli
diede un nome: Pesoj.
Conquistando il tempo che
63
Victor Bewyasm - si muove
pensieroso per il suo laboratorio.
sempre scorreva veloce,
iniziò sin da subito ad
impartirgli le giuste lezioni
per essere un valido
guerriero e valido sovrano
del nuovo regno di Kinokia.
Ogni giorno della settimana
era dedicato ad una lezione.
Gli leggeva le più belle fiabe
d’amore attraverso le quali
cercava di insegnargli anche
il galateo. Molto ci teneva il
vecchio Victor Bewyasm
affinché il suo figlio di pasta
frolla avesse buone maniere
con il prossimo. Legge
suprema di Kinokia era
infatti l’amore in ogni sua
forma. Soprattutto gli dava
lezioni di cucina affinché
potesse preparare i dolci
fatati. Un mattino, mentre
scriveva una ricetta morì.
Aveva un segreto da
rivelargli. Si trattava del
segreto nascosto nel
laboratorio che avrebbe fatto
tornare in vita il regno di
Kinokia. Aveva sconfitto il
sortilegio dell’immortalità e
dunque significava che la
ricetta era andata a buon
fine. Il regno di Kinokia
sarebbe presto tornato a
splendere. Sconvolto Pesoj
passò molto tempo a vivere
da solo in solitudine in quel
cottage e non riusciva a
dialogare con nessuno
perché era ossessionato
dalla ricerca del segreto.
Salutava qualche gruppo di
bambini di tanto in tanto ma
si faceva vedere molto poco.
Durante uno dei tanti
tramonti che Pesoi guardava
solo e pensoso, si trovò a
passare di lì, Sojuta, una
ragazza passata da quelle
parti per caso mentre faceva
allenamento sulla neve. Non
era in quel luogo come
turista. Zoppicava perché si
era slogata una caviglia e
non avendo nulla con cui
medicarsi cercava aiuto.
Alzando la testa notò il volto
di Pesoj alla finestra del
cottage di legno. Con
qualche piccolo sforzo si
avvicinò alla porta.
Rendendosi conto che era
Omino di pasta frolla - con
dentro il segreto dei segreti.
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Feuilleton!
N.8 | 25 Novembre 2014
già aperta decise di entrarci.
Si trovò davanti uno
spettacolo sublime. Sculture,
angeli, fate, cuori, bimbi
fatti di pasta frolla. Chiese
più volte se in casa ci fosse
qualcuno ma non ebbe
risposta. Continuò così a
curiosare fin quando non si
trovò sulla botola che
portava al laboratorio
segreto. La alzò e pur con
qualche difficoltà per la
caviglia dolorante, scese le
scale una ad una. Si trovò in
un laboratorio dove al tavolo
c’era un ragazzo dall’aspetto
rassicurante e dal viso
buono, Pesoj. Con la schiena
robusta e i movimenti
eleganti, il giovane uomo si
voltò a chiedere ad Sojuta
come poteva esserle d’aiuto.
Lei gli mostrò la caviglia
dolorante e, tra un impacco
di ghiaccio e l’altro,
iniziarono a conversare. Era
la prima volta che Pesoj si
apriva e raccontava la sua
vita. Raccontò alla piccola
Sojuta, dai capelli mossi
rosso rame e gli occhioni
verdi, che viveva solo da
molti anni e di non avere
nessuno e di essere cresciuto
in maniera atipica. Stava per
spiegarle come era nato ma
la fanciulla intenerita si
propose di aiutarlo. Lo invitò
a seguirla e a stare a casa sua
come ospite per il tempo che
bastava a costruirsi una vita
vera. Quando Sojuta tornò a
casa con un uomo
sconosciuto e mai visto
prima, nessuno dei membri
della sua famiglia era
favorevole. Li dovette
pregare in ginocchio affinché
accettassero di ospitarlo fino
quando non si arresero. A
Pesoj fu dato un posto letto
sul divano e qualche coperta
di lana che profumava di
sapone presa dall’armadio
appositamente per lui.
Sojuta diede la buona notte a
Pesoj. Il giovane intimorito
ma felice di trovarsi in una
casa circondato da persone,
non chiuse occhio tutta la
notte. Aspettò l’alba avvolto
nella coperta di lana
arancione a chiedersi come
poteva
ricambiare
l’ospitalità. Si voltò e vide un
quadro che raffiugrava il
Sole. Fu in quell’attimo che
ebbe un’idea geniale. Si recò
in cucina dove la sera prima
aveva bevuto una tazza di
caffè. Aprì mobili, credenza
e frigorifero e iniziò a
mettersi all’opera. Il
profumo di cannella e
cioccolato cominciò ad
Profumo - di cioccolata e
cannella inebriano l’ambiente.
espandersi per tutta la casa e
a passare sotto il naso di tutti
gli abitanti della casa. Sojuta
scese in cucina incuriosita e
desiderosa di preparare una
buona colazione a Pesoj.
Dovette ricredersi perché
trovò il tavolo imbandito di
ogni cosa. Biscotti al
cioccolato, ciambelle con
marmellata e crostate. Latte
e caffè già miscelati e succo
d’arancia. A seguire
arrivarono i genitori di
Sojuta che sembrarono
apprezzare il gesto di Pesoj.
Mentre mangiavano tutti i
membri della famiglia
iniziarono ad addolcire i
lineamenti del volto e a
65
scambiarsi tenerezze
reciproche. Le doti
culinarie di Pesoj furono
apprezzate al punto tale
che la madre di Sojuta
decise di presentarlo ai
vicini. Pian piano tutti,
iniziando a provare
affetto per il giovane e
provando
gusto
nell’assaggiare i suoi
manicaretti, decisero di
commissionargli la
preparazione di dolci
personalizzati in modo
tale da aiutarlo anche
economicamente. I dolci
di Pesoj sembravano
avere uno strano effetto
sulle persone. Aprivano i
loro cuori e scioglievano
anche quelli più duri.
Molto frequenti furono
gli episodi di
riappacificazione tra
persone che non si
parlavano più. Chi si
odiava improvvisamente
Laboratorio - si apre verso
nuove dimensioni inesplorate.
“
La vita è come i
dolci. Puoi avere
tutti gli ingredienti
e le istruzioni della
ricetta, ma non
basta perché siano
realmente buoni.
Alessandro D’Avenia
si amava. Fu in quel
momento che il giovane
uomo capì che pur non
conoscendo il segreto dei
segreti nascosto nel
laboratorio, stava
iniziando a compiere la
volontà di suo padre Victor
Bewyasm. Più realizzava
prodotti da forno e più
l’anima degli abitanti di
Kinokia veniva fuori. Ogni
giorno che passava Sojuta
si innamorava di sempre
più di Peroj e iniziò a
guardarlo con occhi
diversi. Era incantata da
lui, dai suoi modi di fare e
dalla sua purezza d’animo.
Il sentimento sembrava
reciproco tanto che Peroj,
ogni giorno, preparava dei
biscotti speciali solo per
lei. Aveva scelto di non
dichiararsi ancora. Prima
doveva compiere la
missione per la quale era
stato creato: Kinokia.
Sojuta aveva già un
fidanzato, Tim, un ragazzo
dal cuore non proprio puro
che decise di mettere i
bastoni tra le ruote al
povero Peroj. Fu in
occasione
della
preparazione dei biscotti
per una festa di quartiere
che Tim riuscì a mettere
Peroj nei guai. In realtà, lo
spirito di Dostoluck si era
reincarnato in Tim ma Peroj
non lo aveva ancora capito.
Approfittando della sua
bontà escogitò un diabolico
piano per rovinargli la
reputazione. Fingendosi
appassionato di cake design
e coloranti, indusse Peroj a
provarli per farcire i suoi
biscotti. Si trattava in realtà
di veleno. Peroj passò molte
ore a preparare i biscotti,
erano circa 400. Erano di
varie forme e colori. Il
giorno della festa di
quartiere li portò e li
distribuì con molto
orgoglio. Una donna sulla
cinquantina dai capelli neri
raccolti e con un abito verde
acqua assaggiò con tutta la
sua golosità il primo
biscotto che masticò con le
sue guancette paffute.
Pochi attimi dopo la donna
fu colta da un malore e
Peroj fu accusato di tentato
omicidio. Grazie a
quell’episodio capì che il
momento della rivincita
contro Dostloluk era
arrivato. Decise così di
fuggire via correndo verso
la sua vecchia casa in
montagna alla ricerca del
segreto di laboratorio.
Vasetti - liberano
allegria ed amore.
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Feuilleton!
N.8 | 25 Novembre 2014
Un’alba - Qualcuno con un cappello rosso
si indrodusse nel cottage di montagna,
aprì la botola del laboratorio segreto con la
sicurezza di chi era stato già lì e ruppe le
uova turchesi nella ciotola di cristallo.
Sojuta corse a cercarlo. Non
riusciva a stargli dietro
perché correva troppo. Lo
trovò poi alla riva di un lago
ghiacciato. Peroj avvertendo
la sua presenza le confessò di
aver scoperto il sentimento
d’amore che lei teneva
nascosto nel cuore e di
ricambiarlo. Fu in quel
momento che Sojuta ebbe
prova che Peroj possedeva
qualcosa di superiore,
qualcosa di magico. Non era
di questa terra. Peroj le
raccontò la storia di Kinokia,
dei magici dolciumi e di
Dostoluck che era tornato
per impedirgli di far risorgere
Kinokia. Lui le chiese
dolcemente di assaggiare la
sua anima. Mentre stavano
per sancire il loro amore,
arrivò Dostoluk sotto le
sembianze di Tim
minacciando di sparare se
non avesse lasciato libera
Sojuta. Il gesto di Tim/
Dostoluk acuì ancora di più la
volontà della giovane donna
dai capelli ramati tanto da
schierarsi davanti a Peroj per
proteggerlo. Avrebbe
preferito essere colpita a
morte piuttosto che perdere
il vero amore. Per questo
motivo tirò fuori dalla tasca
uno dei biscotti avvelenati
addentandolo. Peroj, per
evitare che la donna che
amava mangiasse il biscotto
avvelenato, si precipitò sulle
sue labbra. Di conseguenza
Ti/mDostoluk, ferito dalla
sconfitta, gettò la sua arma
tra gli alberi e si trasformò in
una bolla nera che scoppiò
all’istante. Purtroppo nulla
fu utile per salvare la vita di
Sojuta che morì d’amore per
Peroj il quale, ingerendo a
sua volta pezzi del biscotto
avvelenato, tornò pasta
frolla finendo in mille
briciole. La storia, il sortilegio
di Dostoluk sembravano
confermarsi. Sojuta era
scomparsa come la
principessa Peruaci. Eppure,
senza un motivo apparente,
67
Turchesi
Ecco un uovo turchese
che l’uomo dal
cappello rosso ruppe
nella citola di cristallo.
L’amore
E pian piano, tra una ragazza
passata per caso e l’uomo nato
dalla pasta frolla può nascere
un amore puro e sincero.
il cielo si rischiarò, la neve
cominciò a sciogliersi e il
sole iniziò a splendere alto
nel cielo. Il segreto per far
risorgere Kinokia stava
nell’amore puro. Ecco qual
era il segreto nascosto nel
laboratorio. Amore puro
sopra ogni cosa. Kinokia
stava per tornare in auge
perché in quella terra nello
stesso punto dove secoli e
secoli prima la principessa
Peruaci e il popolo di
Kinokia erano stati
cancellati si era compiuto il
più dolce gesto d’amore. Da
quel momento in poi tutti
coloro che avevano
assaggiato i biscotti fatati
iniziarono a parlare di
Kinokia e a definirsi
Kinokiani. Soprattutto si
iniziò a narrare che tutti gli
amanti che si baciavano in
quel luogo dovevano avere
con sé dei biscotti perché è
lì che ebbe origine la
leggenda del bacio sulle
labbra come segno d’amore.
Di Peroj e Sojuta nessuno
più seppe nulla se non che i
loro spiriti avrebbero agito
per sempre insieme agli
angeli dell’amore per fare
incontrare le anime di
fiamma gemella di tutto il
mondo. Eppure all’alba,
qualcuno con un cappello
rosso si introdusse nel
cottage di montagna, aprì la
botola del laboratorio
segreto con la sicurezza di
chi era stato li già altre volte,
accese la luce e ruppe delle
uova turchesi in una ciotola
di cristallo.
68
“
Chi di voi
vorrà fare il
giornalista,
si ricordi di
scegliere il
proprio padrone:
il lettore!
Indro Montanelli
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