PROGETTO EDITORIALE: - ISISS Antonio Scarpa
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SERGIO MOMESSO<br />
LA COLLEZIONE DI<br />
ANTONIO SCARPA<br />
(1752-1832)<br />
BERTONCELLO ARTIGRAFICHE
ANTONIO SCARPA (Motta di Livenza, 1752 – Pavia, 1832)<br />
<strong>Antonio</strong> <strong>Scarpa</strong> nasce a Motta di Livenza il 19 maggio 1752 da Francesca Corder e<br />
Giuseppe <strong>Scarpa</strong>. Dopo la frequentazione del Ginnasio si allontana per sempre dal paese<br />
natale trasferendosi a Padova, dove frequenta la Facoltà di Medicina, laureandosi già il 30<br />
maggio 1770 con Giambattista Morgagni, padre dell’anatomia patologica.<br />
Nel 1771 accoglie l’offerta di una cattedra<br />
presso l’Università di Modena, che lascia<br />
dopo dieci anni di ardente ricerca, di<br />
successo nell’insegnamento, di grande<br />
impegno organizzativo. Nel 1783 viene<br />
chiamato a Pavia per l’insegnamento<br />
dell’Anatomia. Nel 1785 assume anche la<br />
direzione della Scuola di Clinica<br />
Chirurgica e nel 1786 la direzione della<br />
Facoltà Medica.<br />
Come negli anni modenesi, i suoi sforzi<br />
vanno anzitutto all’organizzazione della<br />
strutture didattiche. Il grande talento<br />
organizzativo, arricchito dalle esperienze<br />
europee, insieme alla passione per<br />
l’insegnamento, hanno modo qui di<br />
esprimersi completamente. Oltre al Museo<br />
di Storia Naturale, che dirige fino al 1832,<br />
il Teatro Anatomico, inaugurato il 31<br />
ottobre 1785, è forse la più spettacolare<br />
delle opere promosse nel suo tempo.<br />
A Pavia, del resto, si rinsalda il rapporto con Alessandro Volta, assieme al quale ottiene di<br />
recarsi in Austria e in Germania.<br />
L’attività pavese è segnata inoltre da incarichi accademici (Rettore dalla fine del 1797),<br />
successi scientifici, così come da accese polemiche. Non si contano, infine, il carico di<br />
onorificenze e di regalie: dalla Corona di ferro alla Legion d’onore.<br />
Nel maggio del 1796 ha inizio un lungo periodo di instabilità politica che investe anche<br />
l’Università. <strong>Scarpa</strong> è confermato tuttavia Rettore ancora dal 1800 al 1804, quando<br />
ottiene di essere messo a riposo. Meno di un anno dopo, però, Napoleone Bonaparte<br />
stesso, lo invita a ritornare in cattedra, perché: «gli uomini celebri in tutta Europa<br />
destinati all’insegnamento devono morire nel mestiere» (la lettera ad Alessandro Volta del<br />
10 maggio 1805). Alla fine del 1806 è di nuovo Rettore. Chiude l’insegnamento, nel<br />
novembre del 1813, ma prosegue, anche dopo il ritorno degli austriaci, a dirigere la<br />
Facoltà Medica.<br />
È da questo momento che <strong>Scarpa</strong> si dedica sistematicamente alla raccolta di opere d’arte,<br />
assistito da amici, colleghi o conoscitori come Giuseppe Longhi (1766-1831).<br />
Nonostante l’indebolirsi della salute, fino agli ultimi anni continua ad essere legato<br />
all’Università, seguitando a dare alle stampe nuovi studi e a raccogliere le sue opere più<br />
importanti.<br />
Muore nella sua casa di Pavia il 31 ottobre 1832.<br />
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LA COLLEZIONE SCARPA (1808-1895)<br />
Collezione di circa ottantacinque dipinti formata da <strong>Antonio</strong> <strong>Scarpa</strong> (Motta di Livenza<br />
1752 - Pavia 1832), grande anatomico e chirurgo, molto celebre ai suoi tempi per le<br />
importanti scoperte scientifiche, così come per il suo talento organizzativo e didattico.<br />
Collega e amico di Alessandro Volta e di Lazzaro Spallanzani all’Università di Pavia,<br />
dove fu a lungo anche Rettore e Preside delle Facoltà mediche.<br />
Da Pavia, con l’aiuto di alcune delle figure più importanti della cultura neoclassica<br />
lombarda (Luigi Bossi, Giuseppe Longhi, Faustino e Pietro Anderloni), nell’ultima parte<br />
della sua vita, si dedica alla raccolta di quadri delle principali Scuole pittoriche, che<br />
incrementa costantemente fino alla morte, avvenuta nell’ottobre 1832.<br />
Il primo nucleo di opere è acquisito nel 1808 e deriva in gran parte dal patrimonio delle<br />
raccolte estensi di Modena, provenienza tra le più illustri nella storia del collezionismo.<br />
Poiché <strong>Antonio</strong> <strong>Scarpa</strong> muore senza avere discendenti diretti, nel 1833 la sua collezione è<br />
ricevuta in eredità dal fratello e dal nipote di Motta di Livenza, il quale inaugura nel 1869<br />
un edificio costruito appositamente per contenerla ed esporla al pubblico. Edificio ancora<br />
oggi esistente, sebbene in stato di totale abbandono.<br />
Nel corso dell’Ottocento la “Pinacoteca <strong>Scarpa</strong> di Motta di Livenza” è una delle più<br />
importanti collezioni private aperte al pubblico nel Veneto. È meta obbligata di un eletto<br />
turismo e soprattutto dei grandi conoscitori che hanno fondato la moderna Storia<br />
dell’arte (Passavant, Waagen, Mündler, Eastlake, Cavalcaselle, Morelli).<br />
A fine secolo però i successivi eredi <strong>Scarpa</strong> decidono di mettere in vendita la collezione,<br />
che viene battuta all’asta a Milano nel 1895. È uno degli eventi mondani più clamorosi di<br />
quell’anno, dal momento che se ne conosceva bene l’importanza per la presenza di alcuni<br />
assoluti capolavori. Il celebre San Sebastiano di Andrea Mantegna era già entrato nella<br />
collezione di Giorgio Franchetti (Venezia, Ca’ d’Oro), ma proprio allora alcuni altri<br />
dipinti giungono nei maggiori musei del mondo: un affascinante Ritratto di Sebastiano<br />
del Piombo al Museo di Budapest, una molto nota Giuditta di Orazio Gentileschi alla<br />
Galleria Nazionale di Oslo, una Sacra Famiglia su tavola del Sodoma al Museo di Vercelli<br />
(insieme ad altre 14 opere). Altri importanti dipinti, databili tra inizio Cinquecento e fine<br />
Settecento, sono oggi a Londra (National Gallery), Parigi (Museo del Louvre), Milano<br />
(Pinacoteca di Brera e Pinacoteca Ambrosiana), Anversa (Casa Rubens), Zurigo<br />
(Fondazione Bürhle), Vaduz (Collezione dei principi del Liechtestein) e negli Stati Uniti<br />
(Boston e Princeton).<br />
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(Estratto dalla Tesi di dottorato in Storia e critica dei beni artistici e musicali, Università degli Studi<br />
di Padova, coordinatore prof. Alessandro Ballarin, a.a. 2003-2004)<br />
PREFAZIONE<br />
Oggetto della ricerca condotta nel corso del XVI ciclo di dottorato è la storia della<br />
collezione di <strong>Antonio</strong> <strong>Scarpa</strong> (Motta di Livenza, 1752 – Pavia, 1832), grande anatomista<br />
e chirurgo, celebre professore dell’Università di Pavia tra Settecento e Ottocento. È una<br />
raccolta famosa durante tutto l’Ottocento, soprattutto dopo la morte del professor <strong>Scarpa</strong>,<br />
quando le opere vengono trasferite nel suo paese natale, a Motta di Livenza, presso il<br />
fratello e il nipote, per la presenza di grandi capolavori come il San Sebastiano di Andrea<br />
Mantegna (ora a Venezia, Ca’ d’Oro), il presunto Ritratto di <strong>Antonio</strong> Tebaldeo di Raffaello<br />
(in realtà Sebastiano del Piombo, ora al Museo di Belle Arti di Budapest), o la Giuditta<br />
con la serva di Caravaggio (in realtà Orazio Gentileschi, ora alla Galleria Nazionale di<br />
Oslo). Nonostante la notorietà e l’esistenza di dettagliate Descrizioni del patrimonio (edite<br />
nel 1859 e nel 1872), è rimasto un episodio collezionistico scarsamente frequentato dagli<br />
studi storico-artistici, che ha ricevuto un parziale contributo solo molto recentemente ad<br />
opera di Marco Albertario (2000), sulla scorta di una ricerca che ha per protagonista Luigi<br />
Malaspina di Sannazzaro (1754-1835), un’altra grande figura del collezionismo lombardo<br />
negli stessi luoghi e negli stessi tempi di <strong>Scarpa</strong>.<br />
Poiché al momento della sua dispersione, a Milano, nel novembre 1895, la raccolta<br />
<strong>Scarpa</strong> risultava con certezza costituita da un numero ben preciso e limitato di dipinti,<br />
tutti in qualche modo schedati, misurati e, in gran parte, anche fotografati, le nostre<br />
ricerche si sono concentrate sull’allestimento di un catalogo ragionato, che consentisse di<br />
mettere in relazione materiali anche molto diversi tra loro al fine di inseguire le vicende<br />
storiche di quelle opere, prima e dopo la loro presenza nella collezione del professor<br />
<strong>Scarpa</strong>.<br />
Il risultato finale è quindi oggi un catalogo dalla struttura assai peculiare: ogni quadro è<br />
presentato da una scheda che si apre con il testo ottocentesco delle catalogazioni offerte<br />
ai visitatori della Pinacoteca <strong>Scarpa</strong> di Motta di Livenza. Il testo viene però riportato alla<br />
sua primitiva lezione sulla base di una versione manoscritta datata agosto 1833, pochi<br />
mesi dopo la morte del collezionista, quando le opere giungono in Veneto da Pavia. È<br />
un importante ritrovamento che ha ci consentito di confermare la notizia dell’esistenza di<br />
un testo, ora perduto, realizzato per ciascun dipinto proprio da <strong>Antonio</strong> <strong>Scarpa</strong>.<br />
Nelle schede sono raccolti, come di consueto, tutti i dati tecnici disponibili, le iscrizioni<br />
e la bibliografia, ma la maggiore attenzione è naturalmente prestata alla storia<br />
collezionistica, alle notizie sulle vicende materiali, sui più antichi restauri e sulla fortuna<br />
dell’opera nella letteratura tra Otto e Novecento.<br />
All’apparato di catalogo così strutturato fa riscontro perciò un ampio regesto dei<br />
documenti che organizza tutto il materiale utilizzato per comprendere la formazione<br />
della raccolta, lo sviluppo a Pavia nei primi anni dell’Ottocento, il periodo veneto, dopo<br />
la morte del collezionista, quando diviene tappa obbligata nei viaggi dei grandi<br />
conoscitori, ed infine il momento della dispersione all’asta nel 1895.<br />
Le ricerche hanno finalmente messo in piena evidenza l’ampiezza della storia di questa<br />
raccolta, che non va limitata alla sua fase finale. Non è una collezione cresciuta in Veneto<br />
alla metà dell’Ottocento, come si pensava comunemente, ma un episodio di cultura<br />
neoclassica di primissimo Ottocento, cresciuto tra Pavia e Milano, in un ambito molto<br />
vicino all’Accademia di Brera e alla sua neonata Pinacoteca, con il sostegno di<br />
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intellettuali come Luigi Bossi (Milano, 1758 - 1835) e, soprattutto, di Giuseppe Longhi<br />
(Monza, 1766 - Milano, 1831), grande incisore di riproduzione, che è anche un<br />
importante collezionista e conoscitore. Queste figure emergono come protagoniste dalla<br />
ricerca, poiché si è messo bene in luce come <strong>Scarpa</strong> abbia con essi uno stretto rapporto,<br />
così come con i fratelli Faustino (S. Eufemia, Brescia, 1766 - Pavia, 1847) e Pietro<br />
Anderloni (S. Eufemia, Brescia, 1785 - Galbiate, Milano, 1849) o Giovita Garavaglia<br />
(Pavia, 1789 - Firenze, 1835), grandi incisori di riproduzione che si incontrano dapprima<br />
nell’illustrazione delle sue opere anatomiche, ma, ad un certo punto, anche nella<br />
riproduzione di alcuni dipinti della sua raccolta. Impresa a cui egli si dedica in età<br />
avanzata, nel momento stesso in cui va disimpegnadosi dagli incarichi accademici presso<br />
l’Università di Pavia. Il lavoro compiuto ha consentito inoltre di indicare con estrema<br />
precisione che la fase iniziale dell’attività collezionistica è sicuramente databile a partire<br />
dal 1808, anno in cui il professor <strong>Scarpa</strong> riscatta ventuno dipinti appartenuti a Luigi<br />
Cerretti (Modena, 1738 - Pavia, 1808), poeta lirico, professore di Eloquenza<br />
all’Università di Modena, che muore a Pavia assistito proprio da <strong>Antonio</strong> <strong>Scarpa</strong>, che<br />
aveva trascorso i vent’anni a Modena, come insegnante di anatomia e chirurgia<br />
dell’Università (1772-1783).<br />
Quei ventuno dipinti di Cerretti riscattati da <strong>Scarpa</strong> sono di grande interesse, perché<br />
sembrano avere, se non tutti, certo gran parte, una provenienza dalle prestigiose raccolte<br />
estensi di Modena. Si è cercato di chiarire quindi il ruolo di Luigi Cerretti nel reggere le<br />
sorti della Galleria Estense tra 1797 e 1803, analizzando la complessa vicenda delle<br />
spoliazioni napoleoniche nel territorio di Modena e la costituzione della nuova galleria<br />
annessa all’Accademia di Belle Arti, il nucleo del moderno museo modenese. In questo<br />
modo è emerso anche un più articolato profilo di Cerretti (poeta riscoperto da Carducci<br />
nel 1871) che appare interessato alla pittura dei primitivi assai precocemente (1773) ed è<br />
implicato già a fine Settecento in transazioni di opere d’arte che coinvolgono, per<br />
esempio, figure come Leopoldo Cicognara, Ippolito Pindemonte o il marchese Federico<br />
Manfredini. Egli possiede molti più dipinti di quanti vengono ceduti ad <strong>Antonio</strong> <strong>Scarpa</strong><br />
e che sembrerebbero essere stati dispersi dagli eredi dopo la sua morte a Pavia nel 1808:<br />
un esempio significativo è rappresentato dalla Santa Caterina d’Alessandria di Lorenzo<br />
Lotto ora a Washington (The National Gallery of Art), già appartenuta, appunto, a<br />
Cerretti e poi al principe Eugenio Beauharnais. Questo lavoro ha cercato di consegnare,<br />
quindi, l’immagine di un nuovo importante collezionista, assolutamente atipico e<br />
dispersivo, vero prodotto della burrasca napoleonica, momento di crisi profonda e<br />
travolgente per le antiche raccolte d’arte italiane.<br />
Da un’altra antica e prestigiosa collezione proviene il quadro più rappresentativo tra<br />
quelli acquistati da <strong>Scarpa</strong>, il San Sebastiano di Andrea Mantegna oggi nella collezione<br />
Franchetti alla Ca’ d’Oro di Venezia. Un quadro ricordato già da Marcantonio Michiel,<br />
intorno al 1529-30, a Padova, nella casa di Pietro Bembo, e, prima, documentato nella<br />
bottega dello stesso Mantegna alla sua morte nel 1506.<br />
Per questa ed altre opere della raccolta, alle indagini d’archivio abbiamo affiancato lo<br />
studio del vastissimo epistolario di <strong>Antonio</strong> <strong>Scarpa</strong> (circa 660 lettere), che è stato in gran<br />
parte già pubblicato nel 1938, ma che risulta ignorato dagli studi storico-artistici. È stato<br />
accresciuto con nuovi esemplari ed è stata rivista la lezione delle lettere più importanti<br />
per l’oggetto dello studio. È uno strumento estremamente utile per seguire le vicende<br />
materiali di alcuni famosi dipinti dal 1808 al 1832, compreso lo stesso San Sebastiano di<br />
Mantegna, che risulta acquistato nel 1810 dalla famiglia Gradenigo, erede di Bembo, con<br />
il coinvolgimento di Giovanni De Lazara e Daniele Francesconi a Padova, di Giuseppe<br />
Longhi e i restauratori di Brera a Milano. È inoltre un materiale che consente un<br />
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approccio nuovo all’ambiente neoclassico e preromantico lombardo dove appunto la<br />
collezione di <strong>Antonio</strong> <strong>Scarpa</strong> cresce e si consolida.<br />
Il lavoro sin qui compiuto ha inteso contribuire alla conoscenza anche di numerosi<br />
dipinti, tanto sul versante della storia materiale e collezionistica quanto della fortuna<br />
critica. Ne sono ottimi esempi la ricostruzione dell’acquisto, dei successivi restauri e delle<br />
reali vicende attributive della grande Sacra Famiglia con san Giovannino e un angelo del<br />
Sodoma ora al Museo Borgogna di Vercelli o i contributi documentari per la<br />
ricostruzione del polittico di Maggianico (Lecco) di Gaudenzio Ferrari (ora parzialmente<br />
a Londra, National Gallery), o, ancora, le inedite vicende degli acquisti di una celebre<br />
Giuditta con la fantesca di Orazio Gentileschi (Oslo, Nasijonalgalleriet), dei Pellegrini di<br />
Emmaus di Lelio Orsi (Londra, National Gallery) e di una Madonna con il Bambino e san<br />
Giovannino di Moretto (Vaduz, Sammlungen des Fürsten von Liechtenstein). Vengono<br />
inoltre per la prima volta studiate opere di notevole interesse attribuite a Paolo Veronese,<br />
Lelio Orsi, Caravaggio, Guercino, Domenichino, Luca Giordano, Carlo Dolci, Giulio<br />
Cesare Procaccini, Bartolomeo Schedone, Paolo Borroni e Pelagio Palagi.<br />
Al termine dello scavo documentario compiuto presso gli archivi veneti (Venezia, Museo<br />
Correr e Archivio di Stato; Treviso, Biblioteca Civica e Archivio di Stato), emiliani<br />
(Modena, Biblioteca Estense, Archivio Comunale, Archivio di Stato, Biblioteca Estense;<br />
Parma, Archivio di Stato) e lombardi (Milano, Biblioteca di Brera e Archivio di Stato;<br />
Pavia, Biblioteca Universitaria, Museo Civico Malaspina e Archivio di Stato) e dello<br />
sforzo per pubblicare e connettere quella documentazione al catalogo dei dipinti, viene<br />
proposta quindi una prima fase di riflessione saggistica in un profilo biografico del<br />
collezionista e dei suoi eredi e soprattutto in una cronistoria che dispone in ordine<br />
cronologico la sequenza degli avvenimenti e delle notizie documentarie.<br />
Appare necessaria ora una riflessione in forma più distesa, che inquadri l’intero corpus di<br />
notizie e materiali secondo una prospettiva storica e un discorso critico che abbia<br />
sedimentato l’intera ricerca compiuta. Se ne presenta già in questa tesi una prima parte in<br />
un articolo che, prima di tutto, doverosamente, tenti di mettere insieme il materiale<br />
raccolto per descrivere l’origine della raccolta di <strong>Antonio</strong> <strong>Scarpa</strong>.<br />
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DATI EDITORIALI<br />
Titolo: La collezione di <strong>Antonio</strong> <strong>Scarpa</strong> (1752-1832)<br />
Autore: Sergio Momesso<br />
Editore: Bertoncello Artigrafiche, Cittadella<br />
Formato: cm 28 x 21<br />
Pagine: 500<br />
Illustrazioni: 115 in bianco e nero, 50 a colori<br />
Carta: patinata avorio da 130 gr/mq<br />
Legatura: Rilegatura in cartonato<br />
Cartone da mm 3 con rivestimento in piena tela<br />
Impressioni a caldo, dorso rotondo, capitelli, risguardi in carta «Ingres<br />
cover Fabriano» da gr 160/mq<br />
Copertina: Sopraccoperta stampata a 5 colori su carta patinata da gr 200, plastificata<br />
opaca con riserve e vernice a zona UV<br />
Il libro è composto di un Saggio che ricostruisce la storia della collezione e i rapporti con<br />
la cultura del suo tempo; un Catalogo ragionato che scheda, secondo rigorosi criteri<br />
filologici, le opere della collezione; un’Appendice documentaria in cui pubblicare tutti i<br />
materiali d’archivio, in gran parte inediti, utilizzati nella ricerca; una Bibliografia generale,<br />
comprensiva anche di un catalogo delle opere anatomiche di <strong>Antonio</strong> <strong>Scarpa</strong>; e gli Indici.<br />
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SOMMARIO<br />
PREFAZIONE<br />
TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI<br />
INTRODUZIONE<br />
1. Cronaca della vendita (1895)<br />
2. I quadri di Luigi Cerretti (1797-1808)<br />
3. La Collezione <strong>Scarpa</strong> attraverso le lettere (1808-1832)<br />
4. La Pinacoteca <strong>Scarpa</strong> di Motta di Livenza (1833-1895)<br />
DESCRIZIONE DELLA QUADRERIA (1833) - CATALOGO RAGIONATO<br />
Nota al Catalogo<br />
Avvertimento<br />
Scuola fiorentina<br />
Scuola romana<br />
Scuola veneziana<br />
Scuola bolognese<br />
Scuola modenese e parmigiana<br />
Scuola milanese<br />
Scuola mantovana e ferrarese<br />
Scuola cremonese<br />
Scuola napoletana<br />
Scuola genovese<br />
Altri quadri in abbozzo<br />
Fiamminghi<br />
Appendice<br />
DOCUMENTI<br />
I. Luigi Cerretti e l’Accademia di Belle Arti di Modena<br />
1. Lettere e atti dell’Accademia di Belle Arti di Modena (1797-1801)<br />
2. Relazione Paolucci (1801)<br />
3. Il vitalizio e il testamento di Luigi Cerretti (1808)<br />
4. Lettere sulla restituzione dei dipinti dell’Accademia di Belle Arti (1808-1809)<br />
II. Regesto delle lettere di <strong>Antonio</strong> <strong>Scarpa</strong><br />
III. Elenchi e stime<br />
1. Elenco dei Dipinti (1833)<br />
2. Tavola delle concordanze (1833-1895)<br />
IV. Taccuini di viaggio<br />
1. Otto Mündler (1855 e 1857)<br />
2. Charles Locke Eastlake (1857)<br />
3. Giovan Battista Cavalcaselle (1857, 1864, 1866)<br />
V. Recensioni alla vendita (1895)<br />
BIBLIOGRAFIA DELLE OPERE DI ANTONIO SCARPA<br />
BIBLIOGRAFIA GENERALE<br />
INDICI<br />
13
1. Alcuni dipinti della collezione <strong>Scarpa</strong> esposti prima della vendita<br />
all’asta nel novembre 1895 (Milano, G. Sambon)<br />
14
2. Andrea Mantegna, San Sebastiano, Venezia, Ca’ d’Oro,<br />
Galleria G. Franchetti<br />
15
3. Carlo Maratta, Gesù Bambino e San Giovannino tra due cherubini, Vercelli,<br />
Museo Civico F. Borgogna<br />
16
4. Bernardo Strozzi, Santa Caterina d’Alessandria, Zurigo, Fondazione Emil G. Bürhle<br />
17
5. Giovanni <strong>Antonio</strong> Bazzi detto il Sodoma, Sacra Famiglia con San Giovannino<br />
presentato da un Angelo, Vercelli, Museo Civico F. Borgogna<br />
18
6. Daniele Crespi, Riposo nella fuga in Egitto, Princeton (New Jersey),<br />
Princeton University Art Museum<br />
19
7. Orazio Gentileschi, Giuditta e la fantesca, Oslo, Nasjonalgalleriet<br />
20