la famiglia: il lavoro e la festa - Centri di Preparazione al Matrimonio

l'Umanità, vive temporaneamente e precariamente su questa Terra.
Prendere coscenza di questo ineluttabile, oggettivo e drammatico punto di partenza vuole dire
prendere atto della propria consapevole debolezza antropologica che però trova nella Famiglia, nel
Lavoro e nella Festa, tre leve per dare un senso superiore alla sua precarietà terrena.
Dio ha posto la terra nella mani dell'Uomo – Genesi 1,28 – 2,7 – ma saggiamente gliela data in
forma provvisoria, temporanemante, ovvero sia fino a quando l'Umanità vive.
E alitando il suo Spirito di Vita Dio gli ha donato l'intelligenza per "dominarla e soggiogarla", non da
solo, ma in compagnia con una donna, Eva, da cui discenderanno tutte le generazioni.
Quindi il primo passaggio per il Lavoro e la Festa è la Famiglia, che però non è oggetto della nostra
riflessione se non per riflesso, o meglio quale contenitore di esigenze e di aspettative umane.
Una di questa esigenza è che il "crescete e moltiplicatevi", che purtroppo senza una regola, ha
portato da una parte nuovi soggetti (figli) da inserire nel processo organizzativo e produttivo umano,
ma anche a moltiplicare in forma esponenziale le esigenze di nutrimento, di abbigliamento – vedasi
Genesi 3,21 – di locazione e di ogni altra utile necessità atta a far vivere in modo dignitoso secondo
le necessità.
Quando "nasce" il lavoro La oggettiva considerazione è che il lavoro, antropologicamente
parlando, è nato con il Peccato e quindi non è mai stato un piacere... considerato che, nell'Eden della
Genesi, l'Uomo non conosceva la modalità di vita chiamata "lavoro" - Genesi 2,4-6 - poichè Dio lo
aveva posto a dominio più assoluto su quanto creato, per cui egli non necessitava di "sudare" per
guadagnarsi da vivere, modalità che come ben sappiamo acquisirà solo dopo la cacciata dall'Eden
stesso – Genesi 3,19.
Saltando dall'Antico Testamento al Nuovo Testamento possiamo notare come i Vangeli siano un
quadro di lavori: Giuseppe falegname, Pietro e Andrea pescatori, Matteo esattore delle tasse,
governatori e re e tanti altri uomini al lavoro. Quanti mestieri nei Vangeli E quante immagini del
lavoro nei Vangeli Tanti uomini e donne vengono incontrati proprio nello svolgere il loro lavoro
ordinario, le attività che permettono loro di vivere e di procurarsi il necessario per vivere.
I mestieri compaiono diverse volte nel Vangelo, spesso nelle parabole, come veicolo di un messaggio
per rendere accessibile un linguaggio che rimanda altrove. In particolare, frequentemente, Gesù per
annunciare il Regno di Dio parla attraverso le metafore dei mestieri come lavoro.
E qui non può essere non menzionata la parabola dei lavoratori nella vigna.
In tale parabola Gesù sta parlando del Regno di Dio rappresentato come una grande vigna in cui c’è
ugualmente spazio per tutti e in cui la ricompensa, nell’amore, non si può calcolare come se fosse
denaro.
Se riflettiamo un attimo sulla risposta del padrone all’operaio che si lamenta l’ingiustizia apparente
subita nel ricevere un denaro per il lavoro svolto in una giornata, come per quelli che hanno lavorato
solo una ora: "Amico io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro Prendi il
tuo e vattene; ma io voglio dare a quest’ultimo quanto a te” (Mt 20, 13-14), sembra che il senso
della parabola possa essere questo: non è forse bene che ognuno trovi la sua realizzazione nel suo
lavoro Non è bene che ciascuno venga riconosciuto per la sua fatica e per il suo impegno, senza
essere penalizzato se la vita l’ha portato ad attendere più a lungo prima di essere visto, chiamato e
incaricato a lavorare nella vigna
In questo passo del Vangelo non mancano parole di idealismo, ma, in un tempo di precarietà e di
impossibilità a trovare sempre e facilmente un lavoro fanno sperare che, prima o poi, “stando nella
piazza”, ognuno trovi il suo piccolo e prezioso spazio di realizzazione, responsabilizzazione e
ricchezza, non solo e semplicemente economica, anche se onestamente va riconosciuto che oggi il
Lavoro è sempre più retto da un "do ut des" regolato da contratti collettivi o individuali a seconda
della forza di contrattazione (leggasi sindacati, lobby, ecc.).
Il Signore del Vangelo peò non si lascia imprigionare nello spazio ristretto della proporzionalità
umana. All'Uomo la proporzionalità sembra essere una legge intoccabile, ma questo non vale per
Dio. Se vogliamo sporgerci anche un minimo sul mistero di Dio, dobbiamo liberarci nelle nostre
relazioni dallo schema della rigida proporzionalità del "do ut des", poichè Egli ricompensa secondo al
proporzionalità della gratificazione, della ricompensa che si realizza già nel lavoro stesso, perché
riempimento di un vuoto.
La parabola dei lavoratori nella vigna è anche invito provocatorio a non limitarsi a computare il
lavoro svolto da sé e dall’altro, insomma a non “tirare a campare”, ma a valorizzare le risorse che
ciascuno di noi può impiegare negli spazi in cui è incaricato a collaborare ed ad abitare la Vita senza
calcoli, ma nella ricerca della realizzazione piena a livello umano, sociale e lavorativo.
E allora la riflessione che potremmo fare come singolo, come coppia, come famiglia è: oggi il Lavoro
è uno "strumento per vivere o uno strumento per il quale vivere" modalità purtroppo ormai oggi
che sempre più pesantemente influisce nella nostra vita.
Quale rapporto famiglia-lavoro vogliamo impostare per far sì che la famiglia non venga fagocitata e
spezzata dal lavoro